Omnibus - anno I - n. 16 - 17 luglio 1937

cos'è la mistica cristiana. Gli uomini politici che riposero una sì gran fiducia nel cardinale Lavigerie, non conosceva. no, evidentemente, gli arabi, così esperti nella psicologia. L'arcivescovo d'Algeri aveva molte delle doti che possie• dono i governatori dei paesi inglesi chartered: niuno, però rassomigliò meno del cardinale Lavigcrie a San Francesco d'Assisi. Soltanto dei missionari simili ai primi francescani potrebbero far comprendere ai musulmani che la vita religiosa del cristianesimo è supc• riore a quella dei loro marabutti. Le missioni inglesi dovevano fatalmente subire un deplorevole scacco. LA. FORMULA. DEL CA.SO Io non sono molto propcn<::oa seguire il Le Bon nelle sue teorie sulle razze. Esse presuppongono, infatti, che i miglioramenti intellettuali e morali acquisiti all'individuo possano, divenuti ere• ditari, trasformare, a lungo andare, le generazioni; egli crede che la trasfor. mazione ~ia lenta, ma non ne mette in dubbio il principio : ora è proprio il principio che a mc sembra poco vero• simile. Alcuni anni or sot,o, il Bergson, nel ricercare su che cosa fossero fondate le spiegazioni evoluzioniste che presuppongono l'eredità dei caratteri acquisiti, non trovava altri esempi all'infuori di quelli che si riferiscono alla trasmi~sione di certi vizi organici di una eccezionale gravità: l'epilessia provocata artificialmente da Brown-Séquart nei porcellini d'India e l'alcoolismo, che forniscono due tipi d'eredità degenerante. In tale ·questione, come in molte altre, si è avuto il gran torto nel ·confoJldere i fenomeni che hanno rapporto col benessere fisico con quelli che si riferiscono al male; ciò che è vero in questi ultimi casi1 potrebbe essere falso negli altri. Non si deplorerà mai abbastanza che gli scienziati si siano così poco cur,\ti di approfondire la teoria della degenerazione : si direbbe quasi che essi abbiano indietreggiato inorriditi nello scorgere il dominio rivelato loro1 nel 1897, dal More); o nel sentire vagamente che codesta dottrina avrebbe probabilmente porta~o a risultati contrari al dogma del progresso. Alcuni hanno perfino immaginato che il cattolico Morel fosse stato condotto alla teoria della degenerazione meditando sul peccato originale. Ben poche, dunque, furono le ricerche intraprese per continuare quelle che il gran clinico aveva rese pubbliche nel 1864 sulla e formazione dei tipi nelle varietà degenerate >; né si conosce ancor nulla di preciso sui mezzi per combattere efficacemente il male nelle fa. miglic colpite. 1:: dall'esame di questi fatti, ancor male determinati, che si dovrebbe passare alla teoria delle razze. Disgraziata• mente le formule che ci vengono presentate si rimettono un po' troppo al caso. Quel ch'è più verosimile affermare è che l'eredità sia definitivamente più atta ad accumulare il male che il bene in un popolo. Le famiglie umane che gli europei considerano come inferiori, potrebbero essere state condotte al loro stato attuale da una lunga decadenza. t quanto Martius, nel 1830, volle dimostrare per gli indiani dcli' America del Sud. Non si ha alcuna idea dei mezzi che permetterebbero di portare al nostro livello le nazioni che dominiamo nelle nostre colonie. Una tale elevazione ~ forse puramente chimerica. Queste osservazioni m'inducono ad attribuire, nonostante j suoi difetti, una importanza enorme alla nostra civiltà. Noi dobbiamo, infatti, temere che in• considerati mutamenti non provochino conseguenze irreparabili. La cultura è instabile come quella che si regge su istituzioni che noi poS5iamo lasciar perire : la decadenza, una volta acquisita, sarebbe, viceversa, consolidata dalla natura stessa dell'uomo, che verrebbe, probabilmente, condotto per sempre ad uno stato inferiore. GIORGIO SOREL lii A111'1I0, llUJ{, 18, 17 LUGLIO1937-IV ~!l~!!!t! ,· 1111~ POLITICAE LETTERARIA EBOE IL SABATO IK 1i-1t PAOlNE UBOlUIIIEIUI Itali•• Oolo11.latn1no L. 415 1 aem♦1tre L. 23 Eauro I anno L. 70, H.me■\?9 L. 38 0811 ID■IBO IJaA I.li& )h,11.otorhd, dhtgnl I foto~e 1 anobi 1♦ non pubblicati, :non 11 ruutui■oouo. Dtr1doa.1: Roma • Via del Bndarlo 1 28 T1lefono li, 061.6315 .blalah:trufoa•: Milano • P:luu Oarlo E:ba, 8 Telefono li, 24,808 lo&. .b.OIII.UJtrl~ "ODIIIJI " • IWUlo \ ( I. lf...., . ·::---... fi . \:,, ~ } \ 1r. J I\ fr:, ✓- :(~ / ( . ;' ' -. , ' . ~-~· ~ 11 i fI ì! .,,,. ,.,- I;,._ :~- 1 i; U Ttcu,hlo lordi "Sono molti &11.11l.pi,orina, eb'io pratico Il DOD iDWll"t'lllt4 11 IL SIGNOR M. ì un commerciant, napoletano. Quindici anni fa sposò una fan· cìulla ,· ma ecco eh,, trascorsi pochi mesi di matrimonio, simil, a tutti tli altri matrimoni, credendo di scoprire nella mo1lie certe deficrnie fisiche, troncò improVuisa• mente 01ni ,apporto seuuale eon lei. La loro vita soltanto in apparenta continua come prima. I du, sposi vivono insi,m,, , d'accordo: la motli, non lradi.rc, il marito, e il marito per conto suo all'appar,nia non t,auu,a la motlie. Senonchl, sotto qu,sta apparente t,an• quillittl, 14-~i1nora M., inutee, si rod, l'anima. Finehl un bel tiorno prende 1o1na rìsoluiione: si reca dal Proeuratore del Re di Napoli e tli espone il suo caso. CosJ il marito astinente fliene eondot:o sul bonco detli accusati e la cort, napoletana lo condanna seni'altro. e perch, U rifiuto all'ampl,uo coniutale costituisce violaiione detli obbl(thi di assistenia familiare >, , precisamente violaiione di quella norma che impone all'uomo di non soltrarsi agli obblithi di assisten{.4 inerenti alla sua qua• lità di coniu1e. Ciusti<ia è stata fatta; ma la mo1Ue non h• ra11iunto nulla. Come donna aveva i suoi fini naturalmente tiusti; solo che per ra1giun1erli ave,1a preso r.:na strada naturalmente intiusla. Il si• 1nor M. va in pri1ione, ma, uuendon,, è dubbio che proprio abbia voglia di andare ad abbracciare chi lo ha /alto dormire sulla panca di le1no. Certo i 1iudici si sono proposti il ben, e il tiusto, Ma per ro11iun1ere il giusto hanno preso una via eh, conduce sentaltro all'opposto. La le11e sancisce per i coniuti la coabitaiione; il diritto canonico addirittura, con meno reticeri{a e con più precisione, porla di e debito dell'tJtto confutale>. Si tratla d'un problema che umanament.! non può trovare uno definitiva solu<ione. Risolu"lo vuol dire cadere fuori dello tìustitia, e spesso nel ridicolo, uisto ,h, per quella strada si dovrebbe arrivare semplicemeitte a chiedere eh, i coniutiJ prima delle noite, siano sottoposti ad una prova. Al momento delle notte, o lutti tli sposi ven1ono letti dal parroco o dall'uffieiale di staio civile alcuni articoli d,1 codice, che impon1ono ai coniugi il reciproco do1Jeredella eoabitoiione, dello fedeltà e del· l'oJsisttnta. Otni coniuge coJI ha un dove,e; assistere l'altro, prolett~rlo, 1Ji1Jere con lui sotto lo stesso tetto. Ma la lette pretende dal coniu1, soltanto ci.3 eh, è umano tretendert. Qualunque siano le sorti dtl matrimonio, come unione fiJiea e naturale, la lett• punisce il coniu1e che abbandona e, volontariamente:, il domici/10, il marito che trascura e moralmente ed eeonomicamente:, la motlie. Ma l'impossibilittl di conoscere fino a eh.e punto dipenda dalla volontà dei eoniwti il compimento di qllel e debito coniu1ale > che il codice canonico richiede, rende assurda 01ni pena. Quando due spo,i convivono assieme, il diritto non pu.3 confidare che nella normale inevitabilità dcll'c atto coniutale >. A proposito dello sentenia dei giudici no• poletani, è certo che essa fino a qualche anno fa sarebbe stata applaudita a·o coloro ehe con superfieiatità del tutto positivista , illuministica volevano arrivare alla e ri- /uJion, scientifico dell'amore:,. Lo 1oeialdemocratia progressista parla di dsitt prenuiiali, di seleiione e di certificati. C'è stata sempre gente smaniosa di risolvere una volta per sempre il problema ltS· sual, che ì invece un problema ehe non esist,. Esisterà magari individualmente: ed è sperabile che vtnto sempre risolto nel mitliore dei modi possibile. PERCHB non sentiuo rimorso rinunciando afla cittodinant.a intlese ptt prendere quella americana? Non era come se 1rid0Jsi ai miei ,,nitori: "Mi avete allevato, mi avei, nutrito, avete avuto cura di me, ma io ne ho abbastant.a di voi e vi sa· luto per sempre"? clnvece provavo llna profonda esalt0<ione, un senso di emancipat.ione. Perch, final• mente ero libero! Libero di divenire un indi1Jiduo, Ero stato 1of!ocato sotto la ttadiiione t ora all'improvviso potevo respirare grandi boccate di libertà spirituale. e Un momenlo prima ero un 1uddito ingltst · o,a tto un eittadino americano. e li siJtema intles, comincia a /untionare fin dalla nascita, Si va ali, scuole inglfli dove il grido "Tradition,!" vien, spieta• tamenlt soillato nelte nostre tiooani couitn• ie. E-tu111 (l'intlesi si per1uadono di essere per lo meno s11periori a tulle le altre na• t.ioni; si eonti1n,ono di essere al posto più alto nella scola 1ocial1 del mondo. E il loro pi:ct;n;::,g~vr:~: :: ~:::r:• !:;~oir:g~:;-:;} tliori. Per centinaia d'anni si ì cost,uitu questo mito. E quel clte più conia ha inlrt:p· polalo meuo mondo a credere lo stessa cosa. e La traditione li aeetca. Anche s, fosuro ir: capo al mondo prendono il tè alle quattro e meuo s,mplìcemente perchi tli intlesi, da zeneroiioni, prendono il tè a quell'ora. e Oro, la sola naòont eh, tl'intlt1i non sc;no riusciti o iobbart 10110tli Stali Uniti. Ptrch,? Perchl l'Americo un tempo era una colonia intlese. E, l'America non può dimenticare c'" una volta flnghilterra 011 come una madre sleal, lJerso i suoi fi1li; <,ppunto essendo quasi parenti. 1li Stati Uniti hanno un deJiderio umano , naturale di eludere quella madre per la sua mancont.a di comprensione. e In lnthilterra ero semplicemente un simbolo di una classe, ni più né meno. Qui in Americo sono diventato parte nello sviluppo di una no{ione giovane e ordente>. Boakc Carter: .- Perché divenni americano>. DURANTE UN BANCHETTO, Stalin mot1e11iaua il ,,nerale Petukeff, dittndotli, fra l'altro, eh, rassomi1liava a un bue. e: Non so a chi mai io 1omitli, compotno Stalin>, rispose i( 1enerale 1ranquillament,, e ma 10 di avere avuto l'occasione di rappresenlarvi in diverse circostante>. I L Dr. KNUD RASMUSSEJ,I ha portato alcuni esehimesi dal Polo Nord nelle città moderne, Il loro primo stupore /1,1 la ma• niera in cui tli abitanti di N,w York si pro• curano il cibo: nessuno porta il fucile, nesiuno parie per la caccia. Un eschimese, in• dicando i 1rattocieli e 1li autobus esclamò: e Adesso ,api1co a cosa servono queste cos,. Cli uomini sal1ono su in alto per vedete di lonlano gli animati e poi li rincorrQr:o con quelle uetture >. IL CARATTERE di Goethe si rivelo nelle sue relaiioni con Buthoven. I due ,,andi non riuseirono mai ad ìnt,ndersi. Per d1,1.e volte il sommo musicista aveva mandalo al poeto alcun, composiiioni: tre superbi Lieder su ve,si di Cotthe e lo partitura d,1l'Egmont. e Anche la uoslra disapprovoiio• ne sarà un bene per me , per la mia arte >, In due anni il nume di, Weimar non dttnò Beethoven di un cenno di risposta. Nel 181~ i due 1randi /incontrano a Toeplitt. Beethoven 1i mette al piano/q_rte. e improvvisa sotto una specie di delirio. Ma Goethe resla di thiacc10. « Se non mi comprendele voi, s, non mi tiudicale voi vostro po,i, chi, dunque, mi capirtll, pro• rompe Beethoven in un accesso di dolore. Purtroppo Goethe, in fatto di mutico, J1 affidava al maestro Zelten, un compcsitore da eonseruatorio. Il so11iorno a Toepliti non fu lieto pe, l'autore dell'Eroica. Passe11iando, un tiorno, per le vie della piccola citttl boema, i due s'imbattono in una folla che segue l'imperatrice e la sua corte. Immediatamente Goethe accenna ad oecoda,si al pubblico e a fare allo d1 omaggio. e ResttJte con me>, tli ordina Beethoven; e sono loro che debbono ctderei il passo>. Ma Coethe si libera dalla stretta del compa1no e 1i irchina cerimonioso, mentre l'altro accenna appena un saluto senia levarsi il cappello. Poi la passe11ia1a pro111ue, Dovun• qu, inchini , riverenie. Goethe se ne mos1ra infastidito. Ma Beethoven, impa.,;iente, ua1perato, esclama: e Ma chi vi dic,, si• 1nore, che queJti omatti siano tutti per voi e non piuttosto per me?>. IN U}I RECENTE libro su Sainte-Beuve, Bell,ssort racconta un grotioso aneddoto i,1 cui sono prota1onisti Cre1orio XVI e Lamennais. Rteatosi a Roma, il vulcanico abate aveva thitsto un'udienia al Papa nella speron1.a di rendere accette lt sue audaci idee riformatrici. Si preparava ad un grande incontro. Papa Cre10,io che era uomo fine e di gran torbo, nonostante l'opinione d1 Mattini, che fec, di lui un ritratto te• nebroso, lo accolse amabilmenle e, come rirt:-i tesa~ tli off,; una presa di t.lbacco."' Poi gli domandò bruscamente: e E voi, amate l'arte?>, e L'amo a suo tempo e 111010 >, rispose LtJmennais; e mo Otti... >. e Eppure ì ancora ciò che vi è di metlio in qu,sta Roma>, interruppe il Papa. Lamennais finse di non comprendere e Jtava per uscire dal s,minato, quando il Papa insistetle: « Avete 1JistoSan Pietro in Vincoli? >. e SI, Santo Padre, t volesse lddio che qutlta fosse l'unica chit1a " in vincoli ., in tutto la cristianità ..• >. Il PlJpa lauiò cadere l'ollusion, e con• tinuò: < Avell" visto il Mosè di Mith,lantelol >. ce il 1uo copolauo,o>, replicò Lamennais. « Potu1te inzannarvi > commentò il Pa• pa; e aspettate e vi mostrerò un altro capolavoro di Michelantelo >. Così dicendo, si diresse verso una scrit..ania, sulla quale era una staluetto di argento. e Vedete? > domandò Sua Santitd all'aLate; e vi scor1ete l'unthia del lume?> Qviridi, con paterna ,,al.!ità: « Vorrei potervela donare; ma, qua dentro, nulla mi appartiene, L'ho avuta in eonse,tna e debbo trasmetterlo ... >. Così dicendo ili pose la mtJno sui capo t lo conttdò: e Adieu, monsitu, l'abbi>. Probabilmente quella statuetta si trova al medesimo posto. RACCONTA BAUDELAIRE che un gio,no, duideroso di confessarsi, si portò da un curato di compagna. L'aue• va scelto umile, bom~, per trion/tJre di lui senta troppa fatieo. Etli provava una 1ioia perfida ad investirlo con sofismi e ragionamenti capiiosi, a suscitare dubbi inso• liti sui sae,1 misteri. E limmatinava di avere confuso il mod4Jto prete quando que• sri lo ridusse al silendo cosi: < Fitlio mio, questi uostri pensieri derivano dal fotto cht i;i /at• urt'iclea troppo trandt di D;o >. Quale galant tireur ! NEGLI ULTIMI d1 sua vita il celebre 1Jetcovo Dupanloup amava incontrarsi con Alessandro Dumas, eh, si divertiva a sottoportli dei difficili casi di coscienta. Erano i tiorni in cui il commediografo e 1l teoloto si studiavano di fa, inhod11rr, nel codice la ricereo della palerni1à. Durante uno delle frequenti r.onvtrsn;ior,i n.onsignor Dupanloup chiese a Dumas: e Che cosa pensate di Madame Bovary? > e e un bel libro>, rispose Dumas. E il vescovo gravementt: e Un capolauoro, si1nore; sJ, un eopolovo,o, per chi è stato con/usore in pro· vincio :,. Ecco un ,lotio che nor: tocche,à mai ad And,, Gide, che si ostina a proclamare che Flaubert e scrive mal,>. MAI COME DOPO lo lettura di Cloudel si comprende e si ammira la bou• ta.de con la quale il barone ricevellt H. de R,tnier ali' Accademia: e l'i ho letto anch'io, signore. Sono .1lato, o trent'anni, &ti· pitano d,i dro.,1oni >. Sicureua collettiva e reUcfone Sotto questo titolo, nel numero del 26 giugno di questo giornale, occupandoci del volume Abyssinio and llaly edito dalla Chatam House, ac«nnammo al concetto sulla indipendenza della politica dalla reli· gione e dalla morale.· L'Avvenire d'Italia ha riportato il passo del nostro scriuo, e, dopo averci chiesto, con grande cortesia, e il permesso di fare una sosta e di dire due parole non di litigio, ma di spirgazione >, ci ha dedicato un articolo di confutuionc, che, per contro, non ~ in ogni puntò cor1cse, come la premessa faceva sperare. Cominciamo col fare una professione di fede; dichiariamo che siamo crist.iani e fi. gli di cristiani. E, con umiltà cristiana aggiungiamo che non pre1endiamo affauo di non potere incorrere in errore e che, cri• 51ianamente, siamo sempre disposti a fare ammenda degli errori, nei quali, eventualmente, e nonostante i nostri sforzi, incorriamo. Ma nella fattispecie, come si dice in gergo giudiziario, non crediamo di avere errato. E prima di tutto non abbiamo affatto in100, né intendiamo e cacciare > - come àice l'Avvenire, - e il cristianesimo di dove lo troviamo >, ma 10hanto constatare dove eMo sia e dove non sia. Quando abbiamo u:riuo che rdigione e politica sono indipendenti, non abbiamo affatto pretc10 di separa:e noi l'una dall'altra: abbiamo solo voluto constatare che la storia le ha separate. Ciò premesso, esaminiamo ordinat:imcntc i punti su cui l'Aovenire di»tnte da noi. Sul primo punto del no,tro articolo, l'Avvenire si pronuncia con una frase, che non ci sembra del tutto chiara: « Che il concetto di, sicurez.z.a c.olletfr .. a soucnuto da inglesi e francesi non abbia in sé nulla di pili rristiono di un altro concetto quahi~i di c..quilibrio politico, è cosa trOp!)O evidt"nte per doverci insistere •· Noi avevamo detto che il concetto di sicuruu mlleuiva non ha in d niente di cristiano. L'Avvenire dice: e non è più cristiano di un altro equilibrio>. Questa è una comparazione, non una negazione. Non siamo sicuri di avere ben capito il pensiero del nostro contradditore: a suo avviso, il suddetto concetto di sicurezu colle1tiva ha in K alcunchC di cristiano, sia pure in misura non maggiore di un altro concetto di equilibrio, o non ha in ~ nulla di cristiano? Secondo punto. Dice l'Avvenir,: e Bella soddi~fazione a noi cattolici venirci a dire, per esempio, che i cattolici di altre nazioni hanno ragione di rimproverarci la guerra d'Etiopia come anticristiana >. Quella è una falsificazione di quel che abbiamo detto. Noi abbiamo scritto che da ~fachiavelli in poi e la religione. può costi• tdre in politica una forza st~rica, non una re.gola o un criterio di legittimazione o di condanna >, e che e in politica non esiste il giusto o l'ingiusto >. Con ciò evidentemente abbiamo escluso che, cosi la guerra d'Etiopia come qualsiasi altra guerra o impresa, poua eucre oggetto di un giu· dizio religioso cristiano o anticristiano. Terio punto. e (Bella soddisfaz.ione a noi cattolici venirci a dire)... che la sola risposta che ci resta ~arebbe questa: e voi, non a\.ele anche voi un impero, e dunque non siete anticristiani? Codesta è polemica, ma di lavandaie >. Rispondiamo: a) Mai abbiamo detto che ques1a sia la ,ola risposta cht' ci rcui da dare ; tan10 vero che noi slcssi ne abbia• rno da1a subito un'altra di carattere assai più ampio. b) Mai abbiamo detto che i cattolici italiani dovrebbero rispondere a quel modo. Abbiamo detto che gli inglesi do,•rebbero rispondere a se stessi così. E molto diverso. e) Infatti, la rispos1a, che non piace all'Av1Jenire, non era nostra; era un riassunto nonro della critica faua al libro AbysJinia and ltaly dal Carr, che è un pubblicista eminente. Ed era importante, quindi, appunto perché dimostra,a che anche in Inghilterra si tende a procedere a un csar di coscienza d) Quanto alla definizione e polemica di lavandaje >, ringruiamo il nostro critico di questa prima prova di cortesia, ma gli ricordiamo che quella polemica, che, come sopra abbiamo detto, si agita in Inghilterra, è l'eco di un discorso famoso di Mu$$0lini. Il nos1ro critico ricorderà che, un giorno, il capo del Governo disse che noi italiani intendevamo fare quel che altri - gli inglesi - hanno fatto in pauato. Quella battuta, che fu un capolavoro d'arte polemica, è tuttora la freccia nel fianco della ipocrisia inglese:. L'Avvenire, evidentemente, non ha avvertito che le discussioni su questo punto non sono che variazioni su quella balt'uta m,uuoliniana. Politica e rellrtone Quarlo punto. L'Avvenire riconosce con noi e l'indipendenia mutua dei concetti di religione e politica >; poi parla anche della indipendenia dell'arte e del commercio e di altri « concetti > che non ci inte• renano affatto. Prendiamo atto del riconoscimento della e indipcndenu mutua dei concetti di religione e politica >. Almeno su questo punto sembriamo d'accordo. Ve• diamo subito, invece, quali conseguenze ne discendono. Quinto punto. Infatti l'Auvenire dichiara che e dall'indipendenza mutua tra co· desti concetti non segue, né potrebbe seguire, che un politico ... sia libero dalla morale e, - se cristiano, dalla morale cristia• na >. t questo, se non incorriamo in errore, il punto di maggior diucnso fra noi e il nostro critico. Egli ha rkonosciuto l'indipendenta della politica dalla reli~ione. Ma qui afferma che e escludere il cristia· nesimo non si può > e che es~ 4. entra da per lutto >. E questa è una paten,f> tontraddizione, perché la religione, se e enlra >, entra per comandare. Qui non si tratta di e entrare :, e. uscire. Qui si tratta di norme: o impera l'una norma o impera l'altra, In quella deter,ninata ,fcr~ di attività umana, che conveniamo di chiamare politica, lo Stato è sottoposto ~Ila morale cristiana (o alla morale canohca e alla Chiesa) o deve perseguire i suoi fini indipendentemente dalla detta morale? t questo il nodo. La Chiesa lo risolveva ponendo lo Stato alla sua d1pendenta Donde un sistema che la modernità rifiuta, ma che, dal punto di vista della logica in1erna, era perfetto. N~ era pouibile eh~ il singolo si trovasse mai al bivio tra i suoi doveri verso lo Stato e i suoi doveri religiosi, perché una antitesi fra norma sta· 1ale e norma della Chiesa era concettualmente impouibile. Ma l'Avvenire ammette la indipendeTL(.a fra religione e politica E allora tutto il sistema cade. e Entri > pure la norma religiosa, ma se non e entra > per comandare, non sappiamo che cosa e en• tri > a fare. Per mettere la qu'"stione in termini qu:into più sia possibile non suscettibili di equivoco, diremo: 1) Posto che in un dato momeoto storico l'interesse dello Stato e la morale cristiana (o cattolica) siano in c-onRìtto, che cosa deve fare lo Stato? Se la politica dipende dalla religione, lo Stato sacrificherà il suo intere$tt e obbt-diri alrimpcrativo della religione. Se religione e politica sono indipendenti, lo Stato farà quel che ad esso è più utile e violerà la nonna religiosa. Non S<'mbra che ci s.ia via di mezzo. 2) Po~to che in un dato momen• 10 il cittadino, nella sfera della sua attività civica o politica, si trovi di fronte a due doveri inconciliabili, quello verso lo Stato e quello religioso, a quale obbedirà? Questa siluazìone non cra possibile ~con• do la rigida dottrina cattolica. 2- possibile, se si ammette la indipendenza. Come la risolve il nostro critico? Ritorno al llachlanlll li problema diventa più chiaro se, per un istante, torniamo agli autori che avevamo citati, il Machiavelli e il Guicciardini; del che l'Avvenire ci ha fieramente rimproverati. e Quanto poi al citar Ma· chiavellì >, così e»o dice, e anzi al mostrare di saperla ancora più lunga e indicar Guicciardini, non dispiaccia a Omnibus, ma codesta è politico da lute,ati; e cioè da retori o da poeti. Mai, dunqut, una cosa seria Il Machiavelli e ancora più ., Guicciardini non sono che due temperamenti vigoros.i di scrittori e di artisti; ma, quanto o conu~ioni, oon sarà male ricordare che in quegli anni nasceva a Sala· manca, col grande domenicano Vitoria, il diritto internazionalr > ccc. Non dispiaccia all' A uvenire: ma leggendo questo passo, abbiamo creduto di se>- gnare. Citar Machiavelli e è politica• da ITtori >? Prima ,li tutto non abbiamo in• teso fare della politica, ma solo discorrer• ne. E per discorrerne, abbiamo creduto di citare il Machiavelli perché Machiavelli ~ il padre dcJ mondo moderno, e, in aggiunta, il Guicciardini, non e per mostrare di saperla più lunga > (di chi?), ma percht fra la posizione dell'uno e quella dell'altro è grande difft>renz.a. Il pensiero dd Machiavelli si può riassumere così: Calpesta morale e religione~ purché questo giovi alla patria. Il pensiero del Guicciardini è il seguente: Calpesta morale e religione, purché cosi facendo conquisti o con~rvi il potere (vedi p. e. le.- pagine sulla politica di Lodovico il Moro). La difft>renu, dunque, è netta e profonda, e> per essa abbiamo citato il Guicciardini in aggiunta al Machiavelli. Dice l'Auveni- ,e che il M. e il G. crano e temperamenti d, scrittori >, e ma quanto a conuiioni > ci ru il domenicano da Vitoria. Noi ci inchiniamo alla grande scuola teologica spagnola del sec. XVI, ma cht>: c'entra? Dunque il M. e il G. non ebbero e concezioni > o ne furono incapaci. e Concezioni :, di che? Ed è possibile essere scrittori ,cnza concezioni ? Ci sia permesso di riportare il pano di Treitsehke che citammo nel primo articolo. e t soltanto fra la dissoluzione dd· l'llntico ordinamento tradizionale>, cosi lo storico tedesco, e che si può comprendere il potente pensatore, che ha tanto contribuito alla cmaneipa-tione dello S1ato. Fu Machiavelli che espresse l'idea che quando ne va della salvezza dello Stato, non è a farsi questione della moralità del mr:t• zo,.. Per capire Machiavelli, è necessario coglierlo int<-ramcnte n<-lla sua ~ituazione storica. Egli è figlio di una generazione che è proprio in procinto di pa~\are dalla compressione medievale alla libertà soggct• tiva del pensiero moderno ... E sarà semprt glorio di Machiavtlli l'ave, piantalo lo Stato sulle vere basi, l'ave,gli ridato la sua propria morali:d affrancandolo dallo Cl,iesa e, soprattutlo, l'auue e1li per la prima uolta eJpreuo eh.iaramente il pensiero: lo Stato J fort.a >. Queno ru il Machiavelli, questa fu l'importanza della sua opera. E potremmo, a questo punto, fare a meno di rispondue all'ultima frecciata che· ci tira il giornale cattolico. e Omnibus>, esso dice, e sta coi modernisti, coi liberali, coi democratici, con tutti coloro coi quali in tutte le altre cose non sta, né vuole stare >. Noi stiamo puramente e 5cmplicemente con Machiavelli. Noi professiamo la e morale • del grande patriota fiorentino, e C'ioè che lo Stato debba seguire unicamente il fine della propria forza e il cittadino quello della grandezza della patria. Dcnunz.iandoci alla pubblica esecrazione come modernis1i, liberali e democratici, il giornalc cattolico fa una azione non bella c. dice una cosa non intelligente. Esso dovrebbe prima dimostrare che la morale politica (o la amoralità) di Machiavelli, intesa come sopra si è detto, era modernista, liberale e democra1ica, Pcr quanto abitu=v.i a sentirnr di ogni gencre, questa non la abbiamo ancora sentita. Ma non bisogna di· sperare dell'ardimento di un giornalista OMNIBUS

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