Omnibus - anno I - n. 16 - 17 luglio 1937

ANNO I -N 16 · ~OMA Il lUGl/O 1937-XV 12 PAGINE UNA li RA SPEDIZIONE IN ABB. POSTALE ' -"!!~.r. u:-§13..·,,,~~.................. ""'!~"""-- .. u...- ....u.... ,..,.,. "1!!!11!1'"''""'-~------ t kit .:f.J ,.-~-7 W. n ~E'l''l'El\AJJ.IA DliiFATTI UNO SCRITTO INEDITO DI SOREL ~'Jj]~~ REALTÀ SE. I «ROSSI• di Spal?'na vinces- ,;;ero la guerra (ma ormai non la vincono più), che cosa accadrebbe? Si pos~ono fare ,·arie ipotesi, le quali comunque servono per giustificare lo ,for"'.r.O compiuto e quel che resta da compiere dai « nazionali ». Fra esse, creammo che quella su cui si basa la profezia di Trotski - un uomo che di rivoluzioni è pratico - sia da prendere m un:i cena considerazione. Il mortale nemico di Stalin l'ha scritta a conclu- ~ione del ,uo recente libro e La rivoluzione tradita > (s'intende qucll 1 a bolscevica, tradita dallo Zar rosso): se Valcn.ta trionferà, nulla potrà arrestare la marci.1 della rivoluzione in Francia 1 il che riaccenderebbe fatalmente la fiaccola rivoluzionaria in Russia; ma 'iC trionferà Franco, la rivoluzione sovietica sarà finita per ~empre. Or~1 sta di fatto çhe il comuni'imo ru!-sO è entrato con Stalin in una fase involutiva, e che quello che Jetifica oggi centosessanta milioni di ru~si non t: ormai altro, come ha dettç, ~ussolini. che un enorme supcrcapitalismo di Stato j è anche vero che i Sovieti hanno rinunciato a fare e direttamente• la guerra a tutto il mondo per l'imtaurnzione del ~oci:·di,mo mondiale, h:mno cercato di avvicinarsi all'Europa, si sono alleati alla Francia, ~ono diventati paladìni della Società delle Sazioni; appunto per ciò infì.cri~cono contro i vecchi rivolui:ionari, che in qul·sto voltafaccia vedono un tr,tdimento. '.\{.1 la vera rngione di ciò è che contro il bolc:cevismo sono oggi scesi in campo, internazionalmente, il Fasci- ~mo e il Xazi'imo, i quali gli sbarrano la 'itrad,t sul serio e non soltanto pro forma, come fanno, e non possono fare diversamente, le democrazie. Oggi il comunismo è ridotto dall'offensiva .illa difensiva, e quindi la sua tattica è cambiata, consi\tendo nello sfruttare tutte le ragioni di contrasto dei popoli occidentali, all'interno e all'esterno. e nell'inasprirle sino d fa.mc ra- '".oni di ri,..olta o di guerra, e così cparalin.1re » l'Europa. Chi crederà sul scrio che sia puro patriotti,;;mo quel che fa strepitare i comuniHi francesi contro la Germania, e non piutto~to un metodo per alle~~crirc, a ,pese della Francia, la prc'isione tedesca contro la Russia? Qu.tie miglior ,ervizio, per quest'ultima, di una rivoluzione comunista che ,coppia,;;,;;e in Francia, e alla quale Hi1.lcr non •1otrcbt>e ac....istcre indifferentemente? E la parte essenziale che i Sovicti hanno a,;;sunto in Soagna non è for~ spic:-gabilc- 1 31;.1;.amieglio che col dc,-idcrio d' imediarsi materialmente nel '.\!cditnranco occidentale. con la volonta di colpire in un fianco l'Italia con la minaccia bolscevica, e di allar2arc irreparabilmente la frattura fra Italia e Francia-Inghilterra! Del fatto che la rivoluzione ~ia stata tradita e 1;.jafallita in Russia non ci importa un bel niente; tanto, un'altra e a,,ai più vera rivoluzione è in corso. !'unica degna della civiltà del XX secolo, cd è quella fao;cista. '.\.-[aappunto p<'r ciò bisogna crearle attorno, nel mondo, le condizioni più favorevoli. Il Fa~cic:mo non è una dottrina di di- ~~regazionc .sociale, non può costruire - illu,oriamenic - sulle macerie. Dovr c'è concentrazione di energie nazionali. dove queste fanno blocco, ivi c'è J'atmo,;;fcra del Fascismo. Perciò di fronte alla minacciata bolfoCevizzazione della Spagna, alla quale quasi certamente scgu i rcb be quella della Francia, !\i erge implacabile il e no» rleJl'Italia. Ciò che vi è di più pericoloso nel comunic:mo è che esso, per sua natura, tende ad avere i ma,;;simi effetti sul piano internazionale, dove rapprescnt.i '"erarnente l'unione di tutte le fori:e di~truttivc. Xon è rh·endicazione, m.1 n<-gazione di potenza, quindi non ri\'cndicazione, ma negazione della lihert.\ delle :\·azioni. La lotta di classe di,;;tru~~e appunto tutte quelle ener- ~ic, ,cnza cui non c'è affermazione na1ionale nel mondo. f. facile oN•r..-are che quando un popolo rihce a di\"cnt.1rc un blocco solo, dentro il quale dileguano cla,~i e parlL DITODr BOCOADELLAPOLITICABRITANNICA titi, onde non si lotta più sul piano ideologico ma si discute su quello tecnico, la e politica interna» ~compare. t solo apparente il parado-.so per cui, mentre le Nazioni, che davvero contano nel mondo, si chiudono in ~é stesse, materialmente e spiritualmente, come in tanti compartimenti stagni, mai come ora, viceversa, sono stati dominanti i problemi della politica estera. Si cerca il massimo diifercnziamento, si alzano quanti più ponti levatoi è possibile, 'ii cerca di bastare a se stessi, e tt:.ttavia in cima alle preoccupazioni di ogni popolo 'iono, più che ma.i, i rapporti con gli altri popoli, e tutta la \'Ìta della Nazione è proiettata sul piano intcmai:ion::ilc. Forse che quando la politica e interna» è scomparsa, tutte le energie che vi si scaricavano non possono trovare altro sfogo se non nella politica estera? ~fa questa relazione fra causa ed effetto va capovolta. In realtà sono i problemi internazionali, sorgenti per un popolo dalla sua posizione nel mondo, quelli che portano in alto· la politica estera e le subordinano quella interna, perché sono essi, e soltanto essi, che possono trasformare una Nazione in un blocco, in una concentrazione di forze. Tant'è vero che la nazionalizzazione della politica, dovunque è avvenuta in Europa, ha la sua prima origine in necessità di difesa nai:ionalc contro le tragichi.: con,rguenze dèlla grauae guerr:i. La prima origine e la vera natura dd Fascismo si trovano nella difesa della vittoria, il che oggi significa nella rivendicazione della potenza e quindi della libertà d'Italia. La prima origine e la vera natura del Nazismo si trovano nella ribellione contro la sconfitta. DoVunque uno Stato autoritario è sorto, ivi c'è la rivolta contro una guerra perduta, o la preparazione per una guerra che non si vuol perdere. La politica interna passa in seconda linea, e si potrebbe dire che non c'è più tempo per essa. ~,fa dove, come in Francia, tante energie vi si consumano ancora, è loi;ico che il comunismo vigoreggi, e che la guerra civile vibri già nel sòttosuolo. In Spagna le guerre e civili > erano state, finora, episodi di politica interna portata alla massima degenerazione . .E:. naturale che il trasformarsi della guerra spagnola in un affare europeo, e l'affermarsi di una Spagna nazionalmente rigenerata attraverso l'urto tra Fascismo e Comunismo, siano due fatti, ma una sola realtà. W. CESARINI SFORZA Non occorre se1nalare ai letton l'inte• ,.~,se straordinario di qutsto scritto intdito d, Giorgio Sor,Z, che risale a 11entiutte anni fa, Non isfu11irà. ad alcuno che il g,andt pensatore scorge11a, fin da allora, i p,oblemi che oggi sono di una così tragica attualità. Si vedano sop,a11utto le condusioni, ld dove il teorico del sindacalismo indica i gra11is1imi pericoli per lo stessa na• tura umana implieiti in qualsiasi attentato alta citiiftà., che d soprattutto citii/1à uma• n1111ca, P&rlrt. 27 dlcembre lHO. VOI ~II DOMAl\"DATE per quale ragione nell'articolo che tempo fa dedicai al libro, così interesc;ante, di Gustavo Le Bon: Psychologte politiau.c et difcnse sociale, tralasciai di ricordare i capitoli nei quali l'autore descrive « gli errori di psicologia po!itica in materi:i di colonizza1ionè ». La ragione è questa. Pensavo di occuparmene a parte, data la loro straordinaria importanza, dal punte di vista filosofico più ancora che da. quello politico. Il Le Bon ha viaggiato a lungo in Oriente, ha studiato con somma diligcni:a i caratteri delle diverse razze e le sue conclusioni 'iono degne della più grande considerazione. Xc~~un dubbio che ponendosi a !IC.rivcre intorno ai vari sistemi di coloniz1azionc egli paventava i pericoli di qucll, f, 'l11cù,ation degli arabi. che è pa.tro• ·i. ;:,ta. d,\ dlcuni scrittori. Fone che la Jominazione inglese nelle Indie non è seriamente minacciata dalle agitazioni che fanno capo agli indigeni educati all'europea nei collegi britannici? La francisatio,i degli arabi provoche~ rebbe certamente le proteste unanimi della popolai:ione francese dcli' Algeria; ma il Le Bon la teme egualmente, persuaso com'è che non c'è sciocchezza di cui non siano capaci i nostri legislatori in preda al loro fanatismo egualitario. Nel 1871 non venne naturalizzata di colpo tutta la popolazione israelita dell'Algeria? Le ragioni che spinsero il governo di allora a prendere tale provvedimento non sono precisamente quelle che il Le Bon mostra di ritenere e poiché mi sembrano mal conosciute mi propongo di spiegare come la naturalizzazione degli ebrei algerini non possa costituire in nessun modo un precedente che permetta di prevedere la francisation degli arabi. Crémicux, l'autore del decrero dc) 1871, fu semf --e un grande avversario delle istitui:ioni giudaiche. Furono i ·• LE GRANDI DEMOORAZIE"- CONTRA 8T I (lng:b!lwrra 1937) suoi ..,forti pcr,cveranti che, nel 1846, indussero la Corte di Cassazione a far scomparire la diffrrcni:a giuridica esistente tra gli cbrt; i francesi cristiani. Si decise allora che l'ebreo non sarebbe più stato costretto al giuramtnto more judaico, ma a quello impono ::i tutti gli altri cittndini. Molti ebrei videro a malincuore soppresso un uso che co~tituiva il riconoscimento legale della loro tradizione. Gli ebrei algerini erano, d'altra parte, g-cnL'ralmcnte soddi-.fatti di un regime che rispettava il loro statuto familiare e garantiva alle loro comunità un equo .numero di rappresentanti nei comigli municipali, Crémicux li costrinse a divenir francesi per rovinare in tal modo l'organizza1ione della famiglia israelita. Tutti i viaggiatori ,;crnbrano esser d'accordo col Le Bon sugli inconvenienti dell'educazione europea data agli indiani d.u;li inglesi. Coloro che vantano lo spirito pratico degli anglo-sas- 'iOni, dovrebbero ~piegarci perché mai costoro perseverino in un sistema che l'esperienza h~1 condannato e perché, anzi, rendano più grave il loro errore coll'affidare ogni giorno più degli uffici govcrnati,·i a uomini traviati dall'insegnamento impartito loro nelle Univc:-r,ità inglc~i. Il Le-Ron riti<'nc che ~<'J)uplcix aves- ~c c<.•11qui3t,1t.l1'India, noi l' 1vrcmmo p<'rduta cama I<' noqrc a~~urdità amministrativ<'; ma io mi chiedo se noi avre-mmo mai fatto :dcunché di più :t~- surdo che gli inglesi. Ad ogni modo 1 noi a\'remmo reclutato, fr.t i 50 milioni di mu\ulmani che abitano il pa.e\e, un e- :,ercito di prim'ordine e una tal forza militare ci a\·rebbc posto al riparo da ogni pericolo, ~1.1 la'iciam lì code~te que'itioni pra• tiche e ;\ff1ontiamo, piuttosto, i problemi filowfici che il libro del Le Bon s11ggcri,ce. L'EDUCAZIONE UMANISTICA li nostro autore ci apprende che l'educazione europea impartita agli ina1ani « trac:forma degli esseri inoffensivi ed onc-.!>tin altrettanti individui furbi, rapaci, scn.la scrupoli, insolenti e tirannici vcrw i loro padroni >. :-,;e1 coroo dei suoi vi;-1ggi, il Le Bon ha interrogato molti colti mu:;ulmani su~li effetti dell'educazione europea e tutti gli hanno affermato non aver c~s.1altro risultato che la depravazione dei loro correligionari. Code~ta C'-pericn1a è facilmente spic- ~.1bile e può fornirci dei gravi insegnamenti )Ui nostri propri sistemi d'educa. zione. Gli Orientali che frequentano le ~cuole europee fini,;cono col prendere presto in uggia gli mi tradizionali in onore nelle loro famiglie e diventano, così, degli spostati. L'insegnamento filosofico impartito loro nelle scuole do- \ rcbbe colmare codcst:i lacuna e sostituire con delle ,·ere e nobili dottrine i pregiudizi arcaici. li male è che tale insegnamento non ha nessuna efficacia. Che gli inglesi non si accorgano di tutto ciò, si spiega. li cristiane~imo ha radici così profonde nel loro pac~c, che gli agnostici si comportano né più né meno come i cristiani. Gli insegnamenti universitari si sovrappongono, in tal modo, a.i costumi cristiani e le cose procedono ~em:a inconvenienti. Tutto l'op• po\to accade nelle Indie dove gli indigeni, ~radicati dalle loro tradizioni, precipitano nell'abi,;so dell'amoralità. Osservo di sfuggita che. se il cristiane• ,imo tramonterà in Europa, come si au~urano certi univef'l>irn.ri francc~i, le nuove generazioni si troveranno impreparate alla vita morale né più né mC'no degli indi<.rni educati all'ingle-.e. ~crive il Le Bon : « La povertà morale dell'indigeno istruito non è eguagliau eh(' dalla 'iua incurabile:- m.,1nia di di- ~corrcre a ca1;.accio di tutto e di tutti ». Veramente noi non abbiamo nc~un bi- ~ogno di recarci nelle Indie per vedere come la nostra educ;-1zione, a base di libri, produca dei ri'iultati del tutto corrispondenti. Ciò che v'è di migliore nella no~tra cducai:ionc, è la oartc umanistica1 che ci pone in istretta comunione coi gcnì che furono i maestri della no• stra cultura. Si è potuto dire, e con ragione, che Virg1110commuove le nostre intime fibre più di quanto non le commuovano i romanzieri moderni. Nessun dubbio che l'educazione letteraria giova immensamente a conservare il livello della nost.-a civiltà. I::. da ricordare, peraltro, che molti profe~ri, di cui non si può certo mettere in dubbio il profondo sapere, hanno notato una spiccat.1 tendenza, negli allic,•i delle nostre università, a ocrdl·rsi nella rettorica pìù assurda man mano che il pedantismo diminuiva, ncll'educ.1zionc odi<:rna, l'importanz.l ddl'umariesimo. Per gli indiani il risultato è ancora peggiore, rimanendo essi estranei alle idee classiche come noi possiamo e'i'ierlo al!c idee degli antichi egiziani. Il libro non è, per loro, che un semplice manuale di « fatti :t da ricordare. l\on si apprezza convenientemente la situazione intellettuale e morale degli ori<'ntali qu.lndo si afferma che essi ,;;ono con'.->Crv;1tori.Questo a~getti\'o donc-bt.-.! ew··rc ri~rvato ai noµol: du: hanno una tradizione sorrettl da una teoria di cui pm,ano, a ragione, andare orgoglio~i. Gli orientali non cono• scono che l'abitudine. E appunto per quc-.to chC' essi abb,rn<lonano così facilmente i loro costumi per scimmiottare g:li eurClJ><'iS, i può altreo:.ìosservare che il cattolid'imo è abbandonato 1 con ug-uale facilità, dalle popolazioni rurali chr, in materia di religione, non cono- "?cono che il catechismo. Le cla,;;si colte francc<ii rimJr,gono molto più fedeli alla Chie'ia, in virtù di una larga cultura religio'ia, 1:. per questo che il Papato, a quanto si dice, ritiene che la divulgazione, fra i frdeli, degli studi sui principii cattolici sia, oggi, di gran lunga pili ncces ..a.ria che per il passato. FEDELTA RELIGIOSA La religione ha, in Oriente, un'im• portanza tale, che i conquistatori curo· pci tentarono, sulle prime, di convertin gl'indigeni per tenerli più facilmrnt< sottomc1,si. Gli inglesi hanno rinuni:iato nell'India, a codesta utopia e si studiano di as'-icurarc un'eguale protezione ~ tutti i culti indigeni. I musulmani scm bl'ano essere singolarmente rcf rattari all'azione dei mi1,sionari; il Le Bon afferma chr, dopo dicci anoi di propaganda, la Chiesa anglicana non sarebbe pervenuta a convcrtirc 1 nei paesi ar,lbi e ,iriaci, che una bambina idiota. D'altr.1 parte-, egli è rimasto grandcmC'nte colpito nel constatare come i musulmani non rio:.tiano, soprattutto in Africa, dal difendere la loro religione. Il nostro autore 110!1,1pprofondi'ice il grave problema, del quale fi,sa così bene i termini. 1 musulmani devono· i loro successi allr loro associazioni religiose; i marabutti po1;.sono. è vero, apparirci, talora, gros50(ani, ma es.si sono tuttavia ben .. altri indi,·idui che i fctici,ti africani. Fra le due categorie non v'è già una differenza di gra<lo1 ma una differenza di natura. I marabutti mostrano ai neri a quali atti d'eroismo possa condurre la vita religiosa; i fctici,ti non sono che dei volgari istrioni, del tutto ignari di reli~ione. L'Islam è, dunque, per gli africani, la porta che conduce a un dominio religioso da essi fino ad oggi ignorato. I france,;i che hann0 osservato attent<Hnfntc ìl clero algerino, ,anno Jx-ni~- ,irno perché que.:.to non po'isa 'iedurre i mu,;ulmani; un tale clero non ,aprcbbe mai. in ne~sun modo. ~piegare che

cos'è la mistica cristiana. Gli uomini politici che riposero una sì gran fiducia nel cardinale Lavigerie, non conosceva. no, evidentemente, gli arabi, così esperti nella psicologia. L'arcivescovo d'Algeri aveva molte delle doti che possie• dono i governatori dei paesi inglesi chartered: niuno, però rassomigliò meno del cardinale Lavigcrie a San Francesco d'Assisi. Soltanto dei missionari simili ai primi francescani potrebbero far comprendere ai musulmani che la vita religiosa del cristianesimo è supc• riore a quella dei loro marabutti. Le missioni inglesi dovevano fatalmente subire un deplorevole scacco. LA. FORMULA. DEL CA.SO Io non sono molto propcn<::oa seguire il Le Bon nelle sue teorie sulle razze. Esse presuppongono, infatti, che i miglioramenti intellettuali e morali acquisiti all'individuo possano, divenuti ere• ditari, trasformare, a lungo andare, le generazioni; egli crede che la trasfor. mazione ~ia lenta, ma non ne mette in dubbio il principio : ora è proprio il principio che a mc sembra poco vero• simile. Alcuni anni or sot,o, il Bergson, nel ricercare su che cosa fossero fondate le spiegazioni evoluzioniste che presuppongono l'eredità dei caratteri acquisiti, non trovava altri esempi all'infuori di quelli che si riferiscono alla trasmi~sione di certi vizi organici di una eccezionale gravità: l'epilessia provocata artificialmente da Brown-Séquart nei porcellini d'India e l'alcoolismo, che forniscono due tipi d'eredità degenerante. In tale ·questione, come in molte altre, si è avuto il gran torto nel ·confoJldere i fenomeni che hanno rapporto col benessere fisico con quelli che si riferiscono al male; ciò che è vero in questi ultimi casi1 potrebbe essere falso negli altri. Non si deplorerà mai abbastanza che gli scienziati si siano così poco cur,\ti di approfondire la teoria della degenerazione : si direbbe quasi che essi abbiano indietreggiato inorriditi nello scorgere il dominio rivelato loro1 nel 1897, dal More); o nel sentire vagamente che codesta dottrina avrebbe probabilmente porta~o a risultati contrari al dogma del progresso. Alcuni hanno perfino immaginato che il cattolico Morel fosse stato condotto alla teoria della degenerazione meditando sul peccato originale. Ben poche, dunque, furono le ricerche intraprese per continuare quelle che il gran clinico aveva rese pubbliche nel 1864 sulla e formazione dei tipi nelle varietà degenerate >; né si conosce ancor nulla di preciso sui mezzi per combattere efficacemente il male nelle fa. miglic colpite. 1:: dall'esame di questi fatti, ancor male determinati, che si dovrebbe passare alla teoria delle razze. Disgraziata• mente le formule che ci vengono presentate si rimettono un po' troppo al caso. Quel ch'è più verosimile affermare è che l'eredità sia definitivamente più atta ad accumulare il male che il bene in un popolo. Le famiglie umane che gli europei considerano come inferiori, potrebbero essere state condotte al loro stato attuale da una lunga decadenza. t quanto Martius, nel 1830, volle dimostrare per gli indiani dcli' America del Sud. Non si ha alcuna idea dei mezzi che permetterebbero di portare al nostro livello le nazioni che dominiamo nelle nostre colonie. Una tale elevazione ~ forse puramente chimerica. Queste osservazioni m'inducono ad attribuire, nonostante j suoi difetti, una importanza enorme alla nostra civiltà. Noi dobbiamo, infatti, temere che in• considerati mutamenti non provochino conseguenze irreparabili. La cultura è instabile come quella che si regge su istituzioni che noi poS5iamo lasciar perire : la decadenza, una volta acquisita, sarebbe, viceversa, consolidata dalla natura stessa dell'uomo, che verrebbe, probabilmente, condotto per sempre ad uno stato inferiore. GIORGIO SOREL lii A111'1I0, llUJ{, 18, 17 LUGLIO1937-IV ~!l~!!!t! ,· 1111~ POLITICAE LETTERARIA EBOE IL SABATO IK 1i-1t PAOlNE UBOlUIIIEIUI Itali•• Oolo11.latn1no L. 415 1 aem♦1tre L. 23 Eauro I anno L. 70, H.me■\?9 L. 38 0811 ID■IBO IJaA I.li& )h,11.otorhd, dhtgnl I foto~e 1 anobi 1♦ non pubblicati, :non 11 ruutui■oouo. Dtr1doa.1: Roma • Via del Bndarlo 1 28 T1lefono li, 061.6315 .blalah:trufoa•: Milano • P:luu Oarlo E:ba, 8 Telefono li, 24,808 lo&. .b.OIII.UJtrl~ "ODIIIJI " • IWUlo \ ( I. lf...., . ·::---... fi . \:,, ~ } \ 1r. J I\ fr:, ✓- :(~ / ( . ;' ' -. , ' . ~-~· ~ 11 i fI ì! .,,,. ,.,- I;,._ :~- 1 i; U Ttcu,hlo lordi "Sono molti &11.11l.pi,orina, eb'io pratico Il DOD iDWll"t'lllt4 11 IL SIGNOR M. ì un commerciant, napoletano. Quindici anni fa sposò una fan· cìulla ,· ma ecco eh,, trascorsi pochi mesi di matrimonio, simil, a tutti tli altri matrimoni, credendo di scoprire nella mo1lie certe deficrnie fisiche, troncò improVuisa• mente 01ni ,apporto seuuale eon lei. La loro vita soltanto in apparenta continua come prima. I du, sposi vivono insi,m,, , d'accordo: la motli, non lradi.rc, il marito, e il marito per conto suo all'appar,nia non t,auu,a la motlie. Senonchl, sotto qu,sta apparente t,an• quillittl, 14-~i1nora M., inutee, si rod, l'anima. Finehl un bel tiorno prende 1o1na rìsoluiione: si reca dal Proeuratore del Re di Napoli e tli espone il suo caso. CosJ il marito astinente fliene eondot:o sul bonco detli accusati e la cort, napoletana lo condanna seni'altro. e perch, U rifiuto all'ampl,uo coniutale costituisce violaiione detli obbl(thi di assistenia familiare >, , precisamente violaiione di quella norma che impone all'uomo di non soltrarsi agli obblithi di assisten{.4 inerenti alla sua qua• lità di coniu1e. Ciusti<ia è stata fatta; ma la mo1Ue non h• ra11iunto nulla. Come donna aveva i suoi fini naturalmente tiusti; solo che per ra1giun1erli ave,1a preso r.:na strada naturalmente intiusla. Il si• 1nor M. va in pri1ione, ma, uuendon,, è dubbio che proprio abbia voglia di andare ad abbracciare chi lo ha /alto dormire sulla panca di le1no. Certo i 1iudici si sono proposti il ben, e il tiusto, Ma per ro11iun1ere il giusto hanno preso una via eh, conduce sentaltro all'opposto. La le11e sancisce per i coniuti la coabitaiione; il diritto canonico addirittura, con meno reticeri{a e con più precisione, porla di e debito dell'tJtto confutale>. Si tratla d'un problema che umanament.! non può trovare uno definitiva solu<ione. Risolu"lo vuol dire cadere fuori dello tìustitia, e spesso nel ridicolo, uisto ,h, per quella strada si dovrebbe arrivare semplicemeitte a chiedere eh, i coniutiJ prima delle noite, siano sottoposti ad una prova. Al momento delle notte, o lutti tli sposi ven1ono letti dal parroco o dall'uffieiale di staio civile alcuni articoli d,1 codice, che impon1ono ai coniugi il reciproco do1Jeredella eoabitoiione, dello fedeltà e del· l'oJsisttnta. Otni coniuge coJI ha un dove,e; assistere l'altro, prolett~rlo, 1Ji1Jere con lui sotto lo stesso tetto. Ma la lette pretende dal coniu1, soltanto ci.3 eh, è umano tretendert. Qualunque siano le sorti dtl matrimonio, come unione fiJiea e naturale, la lett• punisce il coniu1e che abbandona e, volontariamente:, il domici/10, il marito che trascura e moralmente ed eeonomicamente:, la motlie. Ma l'impossibilittl di conoscere fino a eh.e punto dipenda dalla volontà dei eoniwti il compimento di qllel e debito coniu1ale > che il codice canonico richiede, rende assurda 01ni pena. Quando due spo,i convivono assieme, il diritto non pu.3 confidare che nella normale inevitabilità dcll'c atto coniutale >. A proposito dello sentenia dei giudici no• poletani, è certo che essa fino a qualche anno fa sarebbe stata applaudita a·o coloro ehe con superfieiatità del tutto positivista , illuministica volevano arrivare alla e ri- /uJion, scientifico dell'amore:,. Lo 1oeialdemocratia progressista parla di dsitt prenuiiali, di seleiione e di certificati. C'è stata sempre gente smaniosa di risolvere una volta per sempre il problema ltS· sual, che ì invece un problema ehe non esist,. Esisterà magari individualmente: ed è sperabile che vtnto sempre risolto nel mitliore dei modi possibile. PERCHB non sentiuo rimorso rinunciando afla cittodinant.a intlese ptt prendere quella americana? Non era come se 1rid0Jsi ai miei ,,nitori: "Mi avete allevato, mi avei, nutrito, avete avuto cura di me, ma io ne ho abbastant.a di voi e vi sa· luto per sempre"? clnvece provavo llna profonda esalt0<ione, un senso di emancipat.ione. Perch, final• mente ero libero! Libero di divenire un indi1Jiduo, Ero stato 1of!ocato sotto la ttadiiione t ora all'improvviso potevo respirare grandi boccate di libertà spirituale. e Un momenlo prima ero un 1uddito ingltst · o,a tto un eittadino americano. e li siJtema intles, comincia a /untionare fin dalla nascita, Si va ali, scuole inglfli dove il grido "Tradition,!" vien, spieta• tamenlt soillato nelte nostre tiooani couitn• ie. E-tu111 (l'intlesi si per1uadono di essere per lo meno s11periori a tulle le altre na• t.ioni; si eonti1n,ono di essere al posto più alto nella scola 1ocial1 del mondo. E il loro pi:ct;n;::,g~vr:~: :: ~:::r:• !:;~oir:g~:;-:;} tliori. Per centinaia d'anni si ì cost,uitu questo mito. E quel clte più conia ha inlrt:p· polalo meuo mondo a credere lo stessa cosa. e La traditione li aeetca. Anche s, fosuro ir: capo al mondo prendono il tè alle quattro e meuo s,mplìcemente perchi tli intlesi, da zeneroiioni, prendono il tè a quell'ora. e Oro, la sola naòont eh, tl'intlt1i non sc;no riusciti o iobbart 10110tli Stali Uniti. Ptrch,? Perchl l'Americo un tempo era una colonia intlese. E, l'America non può dimenticare c'" una volta flnghilterra 011 come una madre sleal, lJerso i suoi fi1li; <,ppunto essendo quasi parenti. 1li Stati Uniti hanno un deJiderio umano , naturale di eludere quella madre per la sua mancont.a di comprensione. e In lnthilterra ero semplicemente un simbolo di una classe, ni più né meno. Qui in Americo sono diventato parte nello sviluppo di una no{ione giovane e ordente>. Boakc Carter: .- Perché divenni americano>. DURANTE UN BANCHETTO, Stalin mot1e11iaua il ,,nerale Petukeff, dittndotli, fra l'altro, eh, rassomi1liava a un bue. e: Non so a chi mai io 1omitli, compotno Stalin>, rispose i( 1enerale 1ranquillament,, e ma 10 di avere avuto l'occasione di rappresenlarvi in diverse circostante>. I L Dr. KNUD RASMUSSEJ,I ha portato alcuni esehimesi dal Polo Nord nelle città moderne, Il loro primo stupore /1,1 la ma• niera in cui tli abitanti di N,w York si pro• curano il cibo: nessuno porta il fucile, nesiuno parie per la caccia. Un eschimese, in• dicando i 1rattocieli e 1li autobus esclamò: e Adesso ,api1co a cosa servono queste cos,. Cli uomini sal1ono su in alto per vedete di lonlano gli animati e poi li rincorrQr:o con quelle uetture >. IL CARATTERE di Goethe si rivelo nelle sue relaiioni con Buthoven. I due ,,andi non riuseirono mai ad ìnt,ndersi. Per d1,1.e volte il sommo musicista aveva mandalo al poeto alcun, composiiioni: tre superbi Lieder su ve,si di Cotthe e lo partitura d,1l'Egmont. e Anche la uoslra disapprovoiio• ne sarà un bene per me , per la mia arte >, In due anni il nume di, Weimar non dttnò Beethoven di un cenno di risposta. Nel 181~ i due 1randi /incontrano a Toeplitt. Beethoven 1i mette al piano/q_rte. e improvvisa sotto una specie di delirio. Ma Goethe resla di thiacc10. « Se non mi comprendele voi, s, non mi tiudicale voi vostro po,i, chi, dunque, mi capirtll, pro• rompe Beethoven in un accesso di dolore. Purtroppo Goethe, in fatto di mutico, J1 affidava al maestro Zelten, un compcsitore da eonseruatorio. Il so11iorno a Toepliti non fu lieto pe, l'autore dell'Eroica. Passe11iando, un tiorno, per le vie della piccola citttl boema, i due s'imbattono in una folla che segue l'imperatrice e la sua corte. Immediatamente Goethe accenna ad oecoda,si al pubblico e a fare allo d1 omaggio. e ResttJte con me>, tli ordina Beethoven; e sono loro che debbono ctderei il passo>. Ma Coethe si libera dalla stretta del compa1no e 1i irchina cerimonioso, mentre l'altro accenna appena un saluto senia levarsi il cappello. Poi la passe11ia1a pro111ue, Dovun• qu, inchini , riverenie. Goethe se ne mos1ra infastidito. Ma Beethoven, impa.,;iente, ua1perato, esclama: e Ma chi vi dic,, si• 1nore, che queJti omatti siano tutti per voi e non piuttosto per me?>. IN U}I RECENTE libro su Sainte-Beuve, Bell,ssort racconta un grotioso aneddoto i,1 cui sono prota1onisti Cre1orio XVI e Lamennais. Rteatosi a Roma, il vulcanico abate aveva thitsto un'udienia al Papa nella speron1.a di rendere accette lt sue audaci idee riformatrici. Si preparava ad un grande incontro. Papa Cre10,io che era uomo fine e di gran torbo, nonostante l'opinione d1 Mattini, che fec, di lui un ritratto te• nebroso, lo accolse amabilmenle e, come rirt:-i tesa~ tli off,; una presa di t.lbacco."' Poi gli domandò bruscamente: e E voi, amate l'arte?>, e L'amo a suo tempo e 111010 >, rispose LtJmennais; e mo Otti... >. e Eppure ì ancora ciò che vi è di metlio in qu,sta Roma>, interruppe il Papa. Lamennais finse di non comprendere e Jtava per uscire dal s,minato, quando il Papa insistetle: « Avete 1JistoSan Pietro in Vincoli? >. e SI, Santo Padre, t volesse lddio che qutlta fosse l'unica chit1a " in vincoli ., in tutto la cristianità ..• >. Il PlJpa lauiò cadere l'ollusion, e con• tinuò: < Avell" visto il Mosè di Mith,lantelol >. ce il 1uo copolauo,o>, replicò Lamennais. « Potu1te inzannarvi > commentò il Pa• pa; e aspettate e vi mostrerò un altro capolavoro di Michelantelo >. Così dicendo, si diresse verso una scrit..ania, sulla quale era una staluetto di argento. e Vedete? > domandò Sua Santitd all'aLate; e vi scor1ete l'unthia del lume?> Qviridi, con paterna ,,al.!ità: « Vorrei potervela donare; ma, qua dentro, nulla mi appartiene, L'ho avuta in eonse,tna e debbo trasmetterlo ... >. Così dicendo ili pose la mtJno sui capo t lo conttdò: e Adieu, monsitu, l'abbi>. Probabilmente quella statuetta si trova al medesimo posto. RACCONTA BAUDELAIRE che un gio,no, duideroso di confessarsi, si portò da un curato di compagna. L'aue• va scelto umile, bom~, per trion/tJre di lui senta troppa fatieo. Etli provava una 1ioia perfida ad investirlo con sofismi e ragionamenti capiiosi, a suscitare dubbi inso• liti sui sae,1 misteri. E limmatinava di avere confuso il mod4Jto prete quando que• sri lo ridusse al silendo cosi: < Fitlio mio, questi uostri pensieri derivano dal fotto cht i;i /at• urt'iclea troppo trandt di D;o >. Quale galant tireur ! NEGLI ULTIMI d1 sua vita il celebre 1Jetcovo Dupanloup amava incontrarsi con Alessandro Dumas, eh, si divertiva a sottoportli dei difficili casi di coscienta. Erano i tiorni in cui il commediografo e 1l teoloto si studiavano di fa, inhod11rr, nel codice la ricereo della palerni1à. Durante uno delle frequenti r.onvtrsn;ior,i n.onsignor Dupanloup chiese a Dumas: e Che cosa pensate di Madame Bovary? > e e un bel libro>, rispose Dumas. E il vescovo gravementt: e Un capolauoro, si1nore; sJ, un eopolovo,o, per chi è stato con/usore in pro· vincio :,. Ecco un ,lotio che nor: tocche,à mai ad And,, Gide, che si ostina a proclamare che Flaubert e scrive mal,>. MAI COME DOPO lo lettura di Cloudel si comprende e si ammira la bou• ta.de con la quale il barone ricevellt H. de R,tnier ali' Accademia: e l'i ho letto anch'io, signore. Sono .1lato, o trent'anni, &ti· pitano d,i dro.,1oni >. Sicureua collettiva e reUcfone Sotto questo titolo, nel numero del 26 giugno di questo giornale, occupandoci del volume Abyssinio and llaly edito dalla Chatam House, ac«nnammo al concetto sulla indipendenza della politica dalla reli· gione e dalla morale.· L'Avvenire d'Italia ha riportato il passo del nostro scriuo, e, dopo averci chiesto, con grande cortesia, e il permesso di fare una sosta e di dire due parole non di litigio, ma di spirgazione >, ci ha dedicato un articolo di confutuionc, che, per contro, non ~ in ogni puntò cor1cse, come la premessa faceva sperare. Cominciamo col fare una professione di fede; dichiariamo che siamo crist.iani e fi. gli di cristiani. E, con umiltà cristiana aggiungiamo che non pre1endiamo affauo di non potere incorrere in errore e che, cri• 51ianamente, siamo sempre disposti a fare ammenda degli errori, nei quali, eventualmente, e nonostante i nostri sforzi, incorriamo. Ma nella fattispecie, come si dice in gergo giudiziario, non crediamo di avere errato. E prima di tutto non abbiamo affatto in100, né intendiamo e cacciare > - come àice l'Avvenire, - e il cristianesimo di dove lo troviamo >, ma 10hanto constatare dove eMo sia e dove non sia. Quando abbiamo u:riuo che rdigione e politica sono indipendenti, non abbiamo affatto pretc10 di separa:e noi l'una dall'altra: abbiamo solo voluto constatare che la storia le ha separate. Ciò premesso, esaminiamo ordinat:imcntc i punti su cui l'Aovenire di»tnte da noi. Sul primo punto del no,tro articolo, l'Avvenire si pronuncia con una frase, che non ci sembra del tutto chiara: « Che il concetto di, sicurez.z.a c.olletfr .. a soucnuto da inglesi e francesi non abbia in sé nulla di pili rristiono di un altro concetto quahi~i di c..quilibrio politico, è cosa trOp!)O evidt"nte per doverci insistere •· Noi avevamo detto che il concetto di sicuruu mlleuiva non ha in d niente di cristiano. L'Avvenire dice: e non è più cristiano di un altro equilibrio>. Questa è una comparazione, non una negazione. Non siamo sicuri di avere ben capito il pensiero del nostro contradditore: a suo avviso, il suddetto concetto di sicurezu colle1tiva ha in K alcunchC di cristiano, sia pure in misura non maggiore di un altro concetto di equilibrio, o non ha in ~ nulla di cristiano? Secondo punto. Dice l'Avvenir,: e Bella soddi~fazione a noi cattolici venirci a dire, per esempio, che i cattolici di altre nazioni hanno ragione di rimproverarci la guerra d'Etiopia come anticristiana >. Quella è una falsificazione di quel che abbiamo detto. Noi abbiamo scritto che da ~fachiavelli in poi e la religione. può costi• tdre in politica una forza st~rica, non una re.gola o un criterio di legittimazione o di condanna >, e che e in politica non esiste il giusto o l'ingiusto >. Con ciò evidentemente abbiamo escluso che, cosi la guerra d'Etiopia come qualsiasi altra guerra o impresa, poua eucre oggetto di un giu· dizio religioso cristiano o anticristiano. Terio punto. e (Bella soddisfaz.ione a noi cattolici venirci a dire)... che la sola risposta che ci resta ~arebbe questa: e voi, non a\.ele anche voi un impero, e dunque non siete anticristiani? Codesta è polemica, ma di lavandaie >. Rispondiamo: a) Mai abbiamo detto che ques1a sia la ,ola risposta cht' ci rcui da dare ; tan10 vero che noi slcssi ne abbia• rno da1a subito un'altra di carattere assai più ampio. b) Mai abbiamo detto che i cattolici italiani dovrebbero rispondere a quel modo. Abbiamo detto che gli inglesi do,•rebbero rispondere a se stessi così. E molto diverso. e) Infatti, la rispos1a, che non piace all'Av1Jenire, non era nostra; era un riassunto nonro della critica faua al libro AbysJinia and ltaly dal Carr, che è un pubblicista eminente. Ed era importante, quindi, appunto perché dimostra,a che anche in Inghilterra si tende a procedere a un csar di coscienza d) Quanto alla definizione e polemica di lavandaje >, ringruiamo il nostro critico di questa prima prova di cortesia, ma gli ricordiamo che quella polemica, che, come sopra abbiamo detto, si agita in Inghilterra, è l'eco di un discorso famoso di Mu$$0lini. Il nos1ro critico ricorderà che, un giorno, il capo del Governo disse che noi italiani intendevamo fare quel che altri - gli inglesi - hanno fatto in pauato. Quella battuta, che fu un capolavoro d'arte polemica, è tuttora la freccia nel fianco della ipocrisia inglese:. L'Avvenire, evidentemente, non ha avvertito che le discussioni su questo punto non sono che variazioni su quella balt'uta m,uuoliniana. Politica e rellrtone Quarlo punto. L'Avvenire riconosce con noi e l'indipendenia mutua dei concetti di religione e politica >; poi parla anche della indipendenia dell'arte e del commercio e di altri « concetti > che non ci inte• renano affatto. Prendiamo atto del riconoscimento della e indipcndenu mutua dei concetti di religione e politica >. Almeno su questo punto sembriamo d'accordo. Ve• diamo subito, invece, quali conseguenze ne discendono. Quinto punto. Infatti l'Auvenire dichiara che e dall'indipendenza mutua tra co· desti concetti non segue, né potrebbe seguire, che un politico ... sia libero dalla morale e, - se cristiano, dalla morale cristia• na >. t questo, se non incorriamo in errore, il punto di maggior diucnso fra noi e il nostro critico. Egli ha rkonosciuto l'indipendenta della politica dalla reli~ione. Ma qui afferma che e escludere il cristia· nesimo non si può > e che es~ 4. entra da per lutto >. E questa è una paten,f> tontraddizione, perché la religione, se e enlra >, entra per comandare. Qui non si tratta di e entrare :, e. uscire. Qui si tratta di norme: o impera l'una norma o impera l'altra, In quella deter,ninata ,fcr~ di attività umana, che conveniamo di chiamare politica, lo Stato è sottoposto ~Ila morale cristiana (o alla morale canohca e alla Chiesa) o deve perseguire i suoi fini indipendentemente dalla detta morale? t questo il nodo. La Chiesa lo risolveva ponendo lo Stato alla sua d1pendenta Donde un sistema che la modernità rifiuta, ma che, dal punto di vista della logica in1erna, era perfetto. N~ era pouibile eh~ il singolo si trovasse mai al bivio tra i suoi doveri verso lo Stato e i suoi doveri religiosi, perché una antitesi fra norma sta· 1ale e norma della Chiesa era concettualmente impouibile. Ma l'Avvenire ammette la indipendeTL(.a fra religione e politica E allora tutto il sistema cade. e Entri > pure la norma religiosa, ma se non e entra > per comandare, non sappiamo che cosa e en• tri > a fare. Per mettere la qu'"stione in termini qu:into più sia possibile non suscettibili di equivoco, diremo: 1) Posto che in un dato momeoto storico l'interesse dello Stato e la morale cristiana (o cattolica) siano in c-onRìtto, che cosa deve fare lo Stato? Se la politica dipende dalla religione, lo Stato sacrificherà il suo intere$tt e obbt-diri alrimpcrativo della religione. Se religione e politica sono indipendenti, lo Stato farà quel che ad esso è più utile e violerà la nonna religiosa. Non S<'mbra che ci s.ia via di mezzo. 2) Po~to che in un dato momen• 10 il cittadino, nella sfera della sua attività civica o politica, si trovi di fronte a due doveri inconciliabili, quello verso lo Stato e quello religioso, a quale obbedirà? Questa siluazìone non cra possibile ~con• do la rigida dottrina cattolica. 2- possibile, se si ammette la indipendenza. Come la risolve il nostro critico? Ritorno al llachlanlll li problema diventa più chiaro se, per un istante, torniamo agli autori che avevamo citati, il Machiavelli e il Guicciardini; del che l'Avvenire ci ha fieramente rimproverati. e Quanto poi al citar Ma· chiavellì >, così e»o dice, e anzi al mostrare di saperla ancora più lunga e indicar Guicciardini, non dispiaccia a Omnibus, ma codesta è politico da lute,ati; e cioè da retori o da poeti. Mai, dunqut, una cosa seria Il Machiavelli e ancora più ., Guicciardini non sono che due temperamenti vigoros.i di scrittori e di artisti; ma, quanto o conu~ioni, oon sarà male ricordare che in quegli anni nasceva a Sala· manca, col grande domenicano Vitoria, il diritto internazionalr > ccc. Non dispiaccia all' A uvenire: ma leggendo questo passo, abbiamo creduto di se>- gnare. Citar Machiavelli e è politica• da ITtori >? Prima ,li tutto non abbiamo in• teso fare della politica, ma solo discorrer• ne. E per discorrerne, abbiamo creduto di citare il Machiavelli perché Machiavelli ~ il padre dcJ mondo moderno, e, in aggiunta, il Guicciardini, non e per mostrare di saperla più lunga > (di chi?), ma percht fra la posizione dell'uno e quella dell'altro è grande difft>renz.a. Il pensiero dd Machiavelli si può riassumere così: Calpesta morale e religione~ purché questo giovi alla patria. Il pensiero del Guicciardini è il seguente: Calpesta morale e religione, purché cosi facendo conquisti o con~rvi il potere (vedi p. e. le.- pagine sulla politica di Lodovico il Moro). La difft>renu, dunque, è netta e profonda, e> per essa abbiamo citato il Guicciardini in aggiunta al Machiavelli. Dice l'Auveni- ,e che il M. e il G. crano e temperamenti d, scrittori >, e ma quanto a conuiioni > ci ru il domenicano da Vitoria. Noi ci inchiniamo alla grande scuola teologica spagnola del sec. XVI, ma cht>: c'entra? Dunque il M. e il G. non ebbero e concezioni > o ne furono incapaci. e Concezioni :, di che? Ed è possibile essere scrittori ,cnza concezioni ? Ci sia permesso di riportare il pano di Treitsehke che citammo nel primo articolo. e t soltanto fra la dissoluzione dd· l'llntico ordinamento tradizionale>, cosi lo storico tedesco, e che si può comprendere il potente pensatore, che ha tanto contribuito alla cmaneipa-tione dello S1ato. Fu Machiavelli che espresse l'idea che quando ne va della salvezza dello Stato, non è a farsi questione della moralità del mr:t• zo,.. Per capire Machiavelli, è necessario coglierlo int<-ramcnte n<-lla sua ~ituazione storica. Egli è figlio di una generazione che è proprio in procinto di pa~\are dalla compressione medievale alla libertà soggct• tiva del pensiero moderno ... E sarà semprt glorio di Machiavtlli l'ave, piantalo lo Stato sulle vere basi, l'ave,gli ridato la sua propria morali:d affrancandolo dallo Cl,iesa e, soprattutlo, l'auue e1li per la prima uolta eJpreuo eh.iaramente il pensiero: lo Stato J fort.a >. Queno ru il Machiavelli, questa fu l'importanza della sua opera. E potremmo, a questo punto, fare a meno di rispondue all'ultima frecciata che· ci tira il giornale cattolico. e Omnibus>, esso dice, e sta coi modernisti, coi liberali, coi democratici, con tutti coloro coi quali in tutte le altre cose non sta, né vuole stare >. Noi stiamo puramente e 5cmplicemente con Machiavelli. Noi professiamo la e morale • del grande patriota fiorentino, e C'ioè che lo Stato debba seguire unicamente il fine della propria forza e il cittadino quello della grandezza della patria. Dcnunz.iandoci alla pubblica esecrazione come modernis1i, liberali e democratici, il giornalc cattolico fa una azione non bella c. dice una cosa non intelligente. Esso dovrebbe prima dimostrare che la morale politica (o la amoralità) di Machiavelli, intesa come sopra si è detto, era modernista, liberale e democra1ica, Pcr quanto abitu=v.i a sentirnr di ogni gencre, questa non la abbiamo ancora sentita. Ma non bisogna di· sperare dell'ardimento di un giornalista OMNIBUS

BI ON OCCORRONO particolari indagini per intendere immediatamente lo spirito che ha animato e guidato la Commissione d'inchiesta che il Governo Inglese nominò nel novembre 1936 in seguito ai cruenti torbidi che avevano tenuto, per quui un anno, in subbuglio la Palestina. La Commissione presieduta da Lord Peci ha riassunto le sue conclusioni in una relazione che il Governo britannico ha fatto propria e ha presentato al Parlamento perché sia discussa, approvatJ e sottoposta poi all'approvazione dcfiniti,,a della Società delle Xazioni. Trattandosi di un '\llandato, l'Tnghiltcrra non può decidere dei provvedimenti che non riscuotano il suffragio dell'istituto che l'ha designata mandataria. In perfetta conformità con la trodizionale politica britannica in territorio di colonia e di controllo, la relazione della Commissione ha perpetuato, se non proprio accentuato, in territorio palestinese quei dissensi e quelle rivalità che consentono alla sua egemonia annata di dire sempre l'uhima parola. Di questo metodo l'lndb offrì in ogni tempo il campo sperimentale per eccellenza. f:: una novità che il predominio britannico si asside arbitro e sovrano sulle rivalità irreconciliabilì di hinduisti e di musulmani? Gli ottanta milioni di musulmani disseminati nella penisola indiana non sono stati sempre uno strumento prezioso nelle mani dell'Impero britannico per esercitare su tutto il paese e su tutta la sterminata popolazione di oltre trecento milioni di indiani il suo potere assoluto? Nessun dubbio che l'Inghilterra si prepara a rinnovare l'esperimento nella Palestina. Vi riuscirà? Se il territorio è straordinariamente più angu.sto, le passioni appaiono tanto più pericolose in quanto alle spalle della popolazione arabica in Palestina è tutta la cornice degli Stati arabi in fermento, mentre i sionisti sembrano risoluti a difendere strenuamente i loro diritti acquìsiti. LA NUOVA SINGAPORE Le dichiarazioni dei rappresentanti degli uni e degli altri non la-.ciano dubbi al riguardo. Proprio ieri, il segretario dell'Alto Comitato arabo Fuad Saba dichiarava esplicitamente:, La Palestina è il centro religioso, commerciale, strategico del~ l'intero mondo arabo e nessun arabo permetterà mai a qualsiasi comunità d'altra razza o religione di controllarne le coste •. .\uni Dey Abdulk'ldi ha rincalzato:• Se le voci di una dh,isione della Palestina risulteranno esatte, la questione araba di questo paese dovrà essere affrontata con molta maggiore serietà di quel che non lo sia stato fino ad oggi,. Dal canto suo, un autorevole orgJno sionista, lo Haya,-den,ha minacciato: • Abbi,mo aperto gli occhi. Comprendiamo tutto e abbiamo tagliato i , incoli che ci legavano al carro del Colonia/ ùfriu di Londra. Gli ebrei sono pronti a versare il loro sangue fino all'ultima gocci.i, nella guerra dj difesa della loro ultima speranza. L' r nghilterra deve meditare sulle possibili conseguenze di una delusione inAitta a quattrocentomila ebrei della Palestina ed a sedici milioni di ebrei al di fuori di questo paese. Lo Stato ebraico sar-à costitujto sulle due sponde del Giordano. L'unica cosa che rimane da vedere è se esso sorgerà con il suo consenso o contro la sua ,·olontà •· La queiuione si fa difficile. Del reMo, a prescindere da ogni considerazione di natura extm politica, l'interesse per il territorio palestinese è cosa del tutto indipendente dalla volontà e dal capriccio degli uomini. €. legato, piuttosto, alla configurazione fisica del vicino Oriente e alla posizione delraltopiano gerosolimitano gettato, come un ponte, fra la pressione etnica scendente dal bacino mesopotamico ,·erso il mezzogiorno e verso il mare e l'altra risalente dall'Egitto verso ;a Siria. Nell'equilibrio grandioso della civiltà mediterranea, il primato spettò all'Occidente. E quando i regni successori di Alessandro Magno si disfecero nelle. ri"alità e nel corrompimento, Roma raccoglieva a levante l'antica consegna che imponeva l'unificazione in una superiore civiltà di tutte le genti rivierasche del Mare r,Ostrum. Fra la Siria e la :\lesopotamia, Roma difese per secoli la civiltà mediterranea dalla minaccia dei Parti e dei Sassanidi. Le coste siro-fcnicie e palestinesi furono costantemente. dall'epoca di Pompeo, la linea gelosa e delicata, da cui si irrag~iò Ja penetrazione romana a Levante. L'importanz..i della Palestina è tutt'altro che affo.!,·olita nella tecnica moderna e nella funzione politica del "icino Oriente. Se all'indomani della campaJlna di Pompeo in Palestina del 63 av. Cr. si avverti il bisogno di tr.tsformare la vecchia torre di Strabone nd s;::r.tndeporto che fu Cesarea, oi:c~•. per l'utilizzazi<>ne del petrolio di .\lossul, il porto d1 Haifa, poco più al nord, dovrebbe a','lurgerc, nella pre\'i,_ione dcll'Inghiltara, alla efficienza di una Sin- .'(apore del \Icditerranco. Si comprende perfettamente come la prcoccupazionc più ,·i"a dcll')nj{hiherra c. di rimbalzo, dei Cummis~ari i.:he hanno lavor,1to sotto hl presidenza di Lord Peel, sia stata quella di non far correre ad llaifa nessuna alea rischiosa. Come si vede, di fronte alla relazione d'inchiesta, occorre la massima attenzione e la massima serenità se si vogliono com• prendere le ragioni più profonde della politica britannica in Oriente, mentre si prepara una radicale trasformazione del mandato, e dalla ;\lesopotamia a Kabul, con l'incoraggiamento di Ankara, si sta stringendo un Patto asiatico che potrebbe rappresentare una risurrezione islamica di tipo statale del tutto moderno. LE MIRE DI BALFOUR La famosa dichiartwone di Lord Dalfour sulla home nazionale ebraica in Palestina, del 2 novembre 1917, usci da una complessa combinazione diplomatica. Quando, sulla fine del 1916, il Balfour fu inviato in missione :-agli Stati Uniti, i suoi più proficui rapponi furono qud11 reni con le grandi banche isr.1clitiche di Ne,, York. Si convenne allora, con una specie di gentlnnen's ag,-ument, che l'aha Banca avrebbe spiegato tutta la forte azione di cui disponeva presso la stampa, per preparare l'opinione pubblica ad una diretta partecipazione degli Stati Uniti alla guerra. A vittoria conseguita, gli alleati avrebbero instaurato in Palestina il • focolare nazionale• per gli ebrei. La dichiarazione Aalfour fu seguita da dichiardzioni analoghe di Pichon e di Orlando. Il patto era stipulato. La vittoria, conscguit:l mercé il concorso americano, creava per gli alleati un onere e un impegno indeclinabili. Il sogno di I lerzl, di 0en Jehuda, di Zangwill. di Xord,1u, di \Veizmann e di Sokolow otteneva, dal groviglio diplomatico determinato dalle sorti oscillanti della grande guerra, inattese e imprevedibili pos-,ibilità di sollecita attuazione. A che cosa, esattamente, aveva mirato e si era impegnata l'Inghilterra con la dichiarazione Balfour? Come si er.1 proposta di disciplinare la coabitazione di ebrei e di arabi nel medesimo territorio palestinese? Previde essa fin dal principio tutte le vastis~ime ripercussioni della sua iniziati\'a? E lo sfondo su cui veniva a pro- ~pettansi e ad ÌO'Jt•rin,i la politica sua, nelle apparenze filosionista. non è stato profondamente alterato dai nuovi avvenimenti nel ,•icino Oriente? Quesiti grnvi, cui occorre rispondere, se si vuole comprendere l'antefatto che ha portato all'inchiesta e intravedere l'indomani, tutt'altro che sereno, della Palestina. Il mandato britannico in Palestina fu calorosamente caldeg'l'.iato dall'opinione israelitica e dai giornali consacrati alla propaganda sionistica. Questi sostennero a spada tratta che a favore del mandato britannico militavano circostanze di molto rilievo. Due sopra tutte: il Regno Unito era la più esperta fra le potenze colonizzatrici e il Paese nel quale l'antisemitismo era più raro che allrove. La Franci11, che da secoli in Oriente spiega un'azione di potenza cattolica; che deve agli elementi cristiani il più e il meglio della sua azione culturale e politica in quelli che furono i territori dell'Impero ottomano, non poteva, in pratica, sobbarcarsi all'onere di tentare il difficile esperimento dell'emigrazione sionistica nella vecchia • terra promessa•· Non esercitò quindi alcuna pressione per farsi aggiudicare il mandato palestinese. Donde una prima conseguenza perniciosa: la divisione dell'unità politica della Siria-Palestina in due diversi mandati. ).l'ei lontani tempi biblici la separazione del Regno del ::'-;ordda quello del Sud fu, sotto ogni punto di ,·ìsta, fatale ad Israele. Non si sareblx: avuta, con la scissione, una ripresa di quellz. lotta fr.t Israele e Ismaele che riempie di ricordi epici l'età patriarcale? In ogni caso bisogna ben distinguere gli elementi di cui si compone l'attuale popofa?ionc paleMinese. Lo stesso clcm.;nto ebraico non è omogeneo. Ci sono, prima di tutto, 1 residui dell'antica popolazione giudaica rimasti in Palestina dall'epoca della prima istallazione in <.:anaan o tornatiYi dopo la cattività babilonese. Si tratta di residui che nel con;o dei secoli sono riusciti a sopravvivere a una serie così svariata di dominazioni successive, solo a prezzo di umiltà, di ingegnosità, di miseria e di dolore. Si tr".J.tta di elementi del tutto orientali, il livello di "ita dei quali è pari a quello degli arabi coi quali vivono in buoni rapporti. Costoro accolsero con molta soddisfazione la presen7.a dell'lnghiltcrr.l, garante di sicurezza e di normalità. :\la per quanto riguarda il flusso dei loro correligionari europei era tutt'altra cosa. L'eventuale, prevedibile reazione araba, non avrebbe compromesso anche la loro tranquillità? Tanto più che i sopravvenienti non ,c:-iungevano per allinearsi con i vecchi contingcnli giudaici. macerati da millenni di rasse,2nazionc e di fede, ma ,·cnivano ad occupare la terra della loro nuova speranza mcssi,\nica con una coscìcnza fin troppo alta delle loro capacità e dei loro dintti ,·on tutti, d'altra partc, nc-ll'ammini-.trazione hritannit.:a i.i crano formati la medl· ·ima concl·zionc della dichi.trazione Baifour. Se il suo testo ufficiale lasciava inviolati e invioltlbili tutti i preesistenti diritti degli arabi e, più genericamente, di tutte le popolazioni residenti nel territorio, in pratica i funzionari e parecchi interpreti del documento dimenticarono non pochi essenziali particolari di fatto. Questo ad esempio: che ritirandosi dalla Palestina, i turchi non avevano lasciato alle loro spalle territori spopolati e che ad Israele non era stata promessa una Patria, mrt solamente un • focolare nnionale •· ln\'eCe proprio Churchill dicem nel libro bia,uo, pubblicato dopo i massacri del 1()29, che • l'israelita non è in Palestina in virtù di un atto di tolleranza, ma in nome di un autentico diritto "· Questo a Londra. Sul posto, non mancarono burocrati che avvertirono subito la minaccia al predominio britannico costituita dalla prospera emigrazione sionistica, e facendo largamente uso di quella tattica dissolvitrice delle forze locali, in cui l'Inghilterra è maestra, versarono molta acqua negli iniziali entusiasmi filosionistici. Gli inglesi - tale 11 loro segreto pensiero - potevano mostrare la migliore volontà nell'accogliere in Palestina numerosi gruppi di ebrei, ma dovevano ben guardarsi dal favorire senza riserve l'instnllazione di un popolo europeo, capace di contendere all'Tmpero il governo e l'amministrazione del paese. L', INTELLIGENCE SERVICE, A Londra, le istruzioni del Governo potevano anche rappresentare la traduzione pratica della dichiarazione Balfour, ma ;,, loco qlleste iS1ruzioni furono spesso snaturate o eseguite senza buona volontà e senza fervore. Anche quando l'Alto Commissario fu apertamente favorevole alle aspirazioni sionistiche, come Sir Samuel, non giunse mai a farsi obbedire. T funzionari provenienti dall'Egitto erano spesso accompagnati da subalterni siriani, libanesi, maltesi, al ~aspetto dei quali, specie subito dopo la rivoluzione russa, ogni ISRAELEZANOWILL,1po1tolo dtl SlooJ,mo ebreo era sinonimo di bolsce,·ico. Gli ufficiali dell'lntdliRenu Serviu, guadagnati per conto loro al miraggio grandioso dell'Impero arabo, badarono molto più a non urtare gli indigeni musulmani che a fa\'orire i coloni israeliti. Quando a Gerusalemme o a Tcl-Aviv s'interrogano i dirigenti del mo"·imento sionista, si può facilmente indo,·inare, attraverso le più prudenti reticenze, che, a loro giudizio, i funzionari britannici sono rei di un metodico sabotaggio a danno del sionismo. Più di una volta intese amichevoli furono abbozzate dai capi sionisti con gli arabi. Ed ogni volta misteriose influenze le mandavano a monte. Fra arabi ed ebrei i funzionari britannici non si contentarono di tenere in bilico la bilancia, ma favorirono nettamente l'elemento musulmano, cercando di rallentare l'afflusso dei coloni ebrci. L'attel{i:,i:iamento anzi di qualcuno di loro fece credcre agli arabi che l'amministrazione non si sarebbe gran che allarmata, se agli ebrei si fosse reso il soggiorno difficile, fino ad annullare questa suprema prova del sionismo. I fatti parevano confermare queste impressioni ~::: ~7:st~:c;~i d~~r~~:o, c~~~eac~~!t;S,?!i lavori forzati. \la quasi rutti furono amnistiati pochi mesi dopo. Lno di essi, lladj Amine cl llusseini, fu, all'età di ventisei anni, nominato gran mufti cd occupa ancora la carica che fa di lu.i il capo religioso e morale dei musulmani della Pale~tina. C'n altro fu prnmo~sn ,icc- ~m·crnatort: dt:lla provint.:ia d1 llir Sheba. Solo durante l'Alto Commissariato del venerabile maresciallo Plumer l'ostilità dei funzionari britannici cessò, per riprendere nel '23 e produrre nel '29 i nuo,·i massacri. SISTEMA IMPERIALE Stando così le cose, per valutare in concreto quanta responc;abilità spetti all'fnghiltcrra nei disordini e nelle inquietudini che cosi furiosamente hanno dilaniato a più riprese la Palestina dalla introduzione del mandato, bisogna tener presente che, per il sistema imperiale britannico, la Palestina è diventata una chiave di ,·alta. L'Egitto e la Palestina, da un lato e dall'altro del canale di Suez, rappresentano un meno di collegamento fra le colonie inglesi dell'Africa e l'impero delle Indie. Da Singapore al Capo di Buona Speranza, attraverso l'fndostan e la Persia, l'Jrak, la Palestina e l'Egitto sì può ,·iaggiare senza uscir rnai da territori sottoposti all'l"nghjherra o soS,?giacen1ial suo diretto controllo. Nel gran sogno dcll'Jmpero Arn.bo sotto l'unico scettro inglese, vaghcgsz:iato da Sir ;\lark Sykcs e da L<lwrence, il sogno che rinasce dalle sue ceneri e affa- ~cina sempre le sfere dcli' /ntdli;:enu Ser1 ice, ci poteva esser posto per una Palesona veramente sionista? L'insurrezione musulmana ha indubbiamente assecondato i disel{ni hritannici. Se la prima venuta di colonie ebraiche in Palestina non a,·eva -,ollc,·ato ne!->sunaoppm,iziont' presso gli arabi, fatti cupidi dal I-ottrr,o dtll' e Intelllgenc-68trv1ce • in l'altniu 1 001111 •i f1bbrln un 1ger,ta pro•oe1t.oM fluire dei nuovi capitali, e se l'accordo fra l'emiro Feisal e il dott. Wcizmann era stato seguito da accordi similari da parte della maggioranza degli altri capi arabi, quando il flusso deg:li immigrati assunse proporzioni imponenti, la situazione non tardò a 1rasfonnarsi. Per quale ragione? Per una ragione prevalentemente economica. I MEDIATORI DI TERRE All'inizio dell'emigrazione ebraica, si determinò un'attivissima compra-vendita di terreni. Gli ebrei comperavano e comperavano senza discutere il prezzo. Fu l'ora felice dei mediatori, che acquistavano a vilisSimo prezzo· quanti terreni più potevano dai piccoli proprietari, a,•idissimi di , realizzare•, e li rivendevano alle società ebraiche di colonizzazione a prezzi di affezione, che consentivano loro ,istosissimi guadagni. Come era prevedibile, in un secondo tempo gli ebrei intrapresero degli acquisti diretti, tagliando fuori i sensali, appartenenti quasi sempre a ricche famiglie, ai •notabili• del luogo. . Ci fu qualcosa di meglio. Gli antichi piccoli proprietari non riuscivano mai a consolarsi delle vendite, alle quali si erano lasciati persu:1dcre, quando "idero che i loro terreni erano saliti a prezzi altissimi e, più ancora, quando videro che l'attività dei nuovi coloni li aveva trasformati fino a renderli irriconoscibili. Per un curioso par.1dosso, che non ha nulla di inspieg.1bile, il loro malcontento, anziché rivolgersi contro i sen~ali, si diresse contro gli ebrei, possessori del loro perduto bene. Si originò, così, quell'inquietudine, presso gli arabi, per il possesso della terra, che è uno degli aspetti più gravi della situazione attuale. NAZIONALISMO ARABO Frattanto la marea sionistica cresceva. li censimento del novembre 1931 dava presenti in Palestina 174.000 ebrei. Al 31 dicembre 1935 erano 375.000. Durante l'anno ne erano arri\'ati 61.854. OgQ:isono più di 400.000. Rappresentano, cioè, il trenta per cento della popolazione totale. Tel-A,·iv è passata repentinamente da 46.000 abitanti a 150.000. In un triennio, dal 1933 al 1935, gli ebrei hanno investito in Palestina tre miliardi di franchi. Alla fine del 1935 i loro depm:iti nelle banche erano saliti a diciassette milioni di sterline. Questo cospicuo s, iluppo non poteva non suscitare focose animosità. Si aggiunga che l'attività sionistica non pone limitazioni alle proprie iniziative. Xon contenti del magnifico successo delle loro imprese agricolt', 1-tliebrei hanno voluto impiantare anche delle industrie, impiegando\'i unic.1mtntc mano d'opera loro. I lanno così scontentato gli inglesi. che, se acquistano i loro prodotti agricoli, vogliono, in cambio, vendere i propri manufatti. Ed hanno allarmato gli arabi, presso i quali la colonizzazione ebraica ha reso superflua l'emigrazione transoceanica. Da questo aggrovigliato complesso di passioni e di interessi dframparono i disordini sanguinosi del 1936. L'Alto Commissario britannico ser,,.brò lusingarsi un istante di placare i rancori e di preparare un più tranquillo avvenire facendo balenare una possibile c.onces~ione alla Palestina della costituzione e del Parlamento! Non si stenta a credere che raccolse l'unanimità delle avversioni. La pacificazione nel 1936 riusci itrnordinariamente malagevole. Gli inglesi vi dovettero impiegare ventimila uomini di truppa, otto squadriglie di aeroplani, il più perfe.r.:ionato materiale di guerra, navi in crociera sulle coste. Non è possibile dire in quale misura più ancora dei soldati del brigadiere generale Diii fossero stati efficaci gli appelli rivolti all'Alto Comitato arabo della Palestina dai capi degli Statj arabi (l leggiaz, Yemen, Transgiordania, lrak) sotto l'1sti• gazione della diplomazia inglese. Sta di• fatto che improvvisamente, il 12 ottobre 1936, l'Alto Comitato arabo imponeva la cessazione dello sciopero e di ogni disordine. Bilancio delle perdite: arabi 200 uccisi, 800 feriti; ebrei So uccisi, 200 feriti; inglesi e polizia, 29 uccisi. 142 feriti. Però gli arabi non decamparono dalle loro rivendicazioni: sospensione definitiva o almeno provvisoria di ogni ulteriore immigrazione ebraica; provvedimenti per impedire nuovi accaparramenti di terreno. L'ln"hihcrra promise e si destreggiò. ::\1a fino da allora poteva notarsi qualcosa di più profondo sotto le apparenze. Fra i giovani arabi si delineava un Cl·rto fermento nazionalista, con riflessi non di rado comunisti, che tendeva a strappare le terre agli ebrei e il governo agli inglesi. L'Inghilterra avvertì il pericolo c.: ,(1.diò cautamente le decisioni del caso. A meno di un anno di di~tanza dall,1 sospensione delle agitazioni cruente dt.·I 1936 la Commissione di inchie!ìta ha trasmesso al governo di Londra le sue proposte. Secondo le prime impressioni esse non son tali da far prevedere una risoluzione stabile del formidabile problema. Tendono piuttosto a perpetuare la di, isione fra arabi cd ebrei lungo tutto il vasto tcrri~ torio che è attraversato dalla preziosa corrente del petrolio di :.\lossul. Il frazionamento del territorio in amministrazioni indipendenti pare la cosa meno ragionevole di questo mondo. Per "ente provcrbi.,lmcntc pratica come "li m~lcs1, la cosa è mconsucta e fa pensare. M.\RIO MISSIROI T

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==