IL SOFM DELLE musE ~~~a~a (!)l~~ll[! ~~~li~~ ià ~~lit.I~ GIOVANNI PAPINI pubblica il primo volume di una storia della letteratura italiana. (Stona della Letteratura ltalia,ia, Vallecchi, Firenze, i937). Sono capitoli su Iacoponc da Todi, su Cavalcanti, ~u Angiolicri, "" Dante, su Petrarca, su Boccaccio, su Compagni, su Caterina da S(cna, su Sacchetti; e in pili due che vogliono cs~rc di commento, o di complemento, quale quello introduttivo e l'altro. il quinto, che -.i intitola « :'-.!orti e Rinascite>, e che sta fra mezzo agli stilnovii;ti e a Dante. Ma Papini i· meno bravo in questi capitoli di trapa:,so; che è come dire che è meno bravo nella storia letteraria vera e propria, la quale, proprio perché storia, sorge su dalla umiltà e povertà della cronaca. Papini non ha inteso fare una cronaca della nostra letteratura; per lui: e Fare la storia di un'arte significa modell.uc le statue dei geni creatori, innovatori, dominator{ : il re:,10 è borghesia trascurabile e zuppa ipcommestibìle ». E dài con la borghesia! Rc- ~ta ancora, quando proprio non .,j di- -ebbe, il punto nero per questi ribelli di venti anni fa. :-.fa se storia è fare a quel modo profili dei grandi, trascurando il resto come del tutto inesistente, "i ~rridc rileggendo quanto Papini -.crive nella prefazione che intitola: « Xovità dell'Opcrà > : e Qualunque sorte l'aspetti è questa mia, a ogni modo, la prima storia della letteratura scritta da uno dei padroni di casa - sia pure l'ultimo dei condòmini - e non già, come !'altre, da portieri impacciosi, da ispettori di fuorivia, da subaffittuari abusivi o da scritturali di passa~gio >. Non se n'escc: Papini mira ai suoi consueti effetti. t. come un pianista di quelli in voga, i quali, ti suonino Beethoven o DebU'ìsy, sempre finiscono con deformarli J. loro modo. Papini batte il pugno sul tavolo, e insieme vorrebbe invitare gli altri alla docilità: senza contar la botta che dovrebbe andare diritta a De Sanctis e qualche altro, con un solo scopo : quello di "qualificarli prima che come critici come scrittori. Ma, sul scrio, De Sanctis, quando parla di letteratura. non sappiamo vederlo ne e portiere», né e ispettore di fuorivia>, né e ,;;ubaffittuario abusivo >, né e scritturale di passaggio,. Ci pare uno scrittore italiano, insomma, e semplicemerite uno dei più nuovi e dei più umani del suo secolo. Giovanni Papini è come un romanziere che non persegue la verità dei suoi ;>ersonaggi e delle sue situazioni narrative, ma c.he, inteso un carattere, lo cs.1spcra al massimo, arrivando a farsi apprezzare proprio per tale deformazione. Scrivendo poi una storia letteraria, i peNOnaggi sono davvero esistiti, altri hJ. narrato i loro casi, quindi ceco naturale il contrasto di Papini con chi lo precedette. Chi precede ha sempre torto. Non l;(! ne salva uno. Davanti a De Sanctis magari, sia perché lo riconosca dentro di sé come il più alto, sia che tema di spararla troppo grossa, tanto più che conosce il suo pubblico fatto di gente che applaude alle bravate, ma che e ha certi principi>, Papini non a.Male di faccia. Indirettamente gli dice quel che si è visto; comunque è da rilevare in tal punto una certa cautela. Ricono- ~e che « si leva dalla cintola in su dal ,;;epolcro ,;;coperchiato dai suoi csum<1tori », poi lo chiama « discorritore filosofante». E Dc Sanctis davvero aveva mente e studi filosofici, di quelli che servirono non poco al formarsi dcli' Italia moderna .. Ma Papini è del tutto in quella parafrasi; non filosofo, ma e dfscorritore ecc. >. E in più soccorrono le note, dove, qua,i volendo correggete certa moderatezza, lo storico avverte i 5uoi lettori : e Io ve l'ho salvato, De Sanctis, ma guardate un po' CO'-a ne dissero i vostri Carducci ed' Annunzio>. Dove c'è, senza dubbio, grandissima abilità oratoria. Nella prefazione, sono tali convinzioni e sfoghi. La e Storia della letteratura » che ~gue non mostra che raramente diversità di tono e di piglfo. Tutto al più, se Papini parla di Dante e Petrarca, quasi rammentando a se stesso come accostò quei poeti, trovi una certa verità; che è quella delle cose levate dall'intimo. Ma Papini di rado ascolta quell'intimo. C'è una pratica letteraria che lo svia: ha ~mpre davanti agli occhi qualcuno da graffiare e da amareggiare; quando non vuol combattere luoghi comuni e sfatare leggende. Insomma, nella mi~liorc delle ipotesi, è tutto fotento ai suoi lettori che conosce meraviglio.,amente: per ammazzar Dc SanC'ti'i lo fa conic si è visto; per esaltar Dante <;egue .soprattutto il metodo del contraddire i luoghi comuni danteschi. Un contraddire che può essere utile su di un giornale lettcrar!g.,,.di tendenza, ma_pon \U pagine che vogliono e,;;-;eredefinillv<·. e Dante non ha creato l'italiano, com·• certi antichi favoleggiarono, ché non ;. dato a un uomo solo creare una linqua ». Affermazione affatto nuova : la ~rprcsa potrà c"~rvi in alcuni lt•ttori, ma è senza dubbio da prevc-dcr'-i nc·lla parte più tra'-curabilr di t'-'-i iliì è P;;pini ~torfro d~lla n()'i,tra ktteratura,vòlto a smentire e;\ contraddì, re, non a scrivere una storia E .i ,;mrntire leggende che spl·s-.o non merita110 la .,mentita, data la qualità delle per<;0ne che le conservano, e a contraddire opinioni comuni, secondarie. Papini, fino dalla prefazione, ammazu i tratt,ttisti e i filosofanti. Li liquid~1; volge loro le ,;;palle; e sì che mc~lio l' di maggior interes\e ,;;a-rebbema~ari "tata una vera polemica con essi. Più interc,;;sante e proficua dello sprezzo. Solo. ,arcbbc occoN.a una prosa di\'er ..a; un fare tnL'- no superbo: una mente da '-torico, in- '-Omma, e non l'abilità di un n•c-chio polcmi~ta. Eppure Papini ebb<-1 moi mt.·riti, pur se è fin troppo vero chc- non occorre grand~ coraggio per le battaglie con ti penna. Ebbe i meriti di uno che sparan. do '.'>Ulmucchio, e cercando di amma,:;- z..·ue tutti, finiva n;Jturalmente con ammazz.are anche i catti\'i. ~la le ~ue e stroncature » non mostrano una moralit,\ vcrJ. e propri.1, ancht.· v• da es<5e è nato uno scrittore sing-ol.m:. Un tanto di maniera ci fu fin dal principio: e di lì na,ce il Papinì di ora. Papini ha ~m,mic di grandi altezze, e ,a abilmente m0!ttran.i nei panni di quello che alla fine parla dicendo pane Jl pane ccc. Ha un suo pubblico che ornmi lo vuole come lo ha conosciuto. Ieri alle prese con Cristo, poi con .\gostino e Dante, ora con tutta una letteratura. C'è qualco~a del processo clamoro~, in cui si ~a che il grande avyocato non guarda in bocca a nessuno. J lettori a(frzionati a Papini ,;;onoquf'lli che di pii\ hanno certi rispetti; se non li ave--,cro non godrebbero tanto a vedere sconsacrate tante cose rispettabili. Papini oram:1i è tutto in questo sforzo di fedeltà all'immagine che è in voga di lui. In passato, una certa coscenza di vanità la ebbe, e scrisse pagine accorate, in quell' « Como finito :t che è la sua opera più giusta . .E: un'opera che non presuppone ne'-~un pubblico, e che almeno in alcune parti svela quale può e~strl! la condizione umana di un letterato. ARRIGO BENEDETTI E rr~neamtnte si uedt cht il Primo Premio per 1l libro araldico spetti al si1nor Proiut, che coltivi> duchuse come si coltiuan tulipani; ma lo fec, soltanto /ur ornarne Jln giardino tià foltiJSimo, e grasse borghesi ebbero da lui altrettanto luc,, t diuen,aero sgargianlinime eipoll, dorate. No, vozliamo lodare la signora Eugénie Marlitt, di cui per molto tempo ignorammo fino il nome: le Ed1(.ioni Saloni dei suoi romond la indicouan con il cognome soltanto, apperta prtaduto da una piccolo E. Già le copertine eran strabilianti, con e,oùit esilissime a cavallo, pr"tdute do un levriero, seguite da un velo svolou.ante. Oppure sdegnose si rifac,van le irecc,; mcc,deua anche che 1mpastaJSero la torta, nello cucina auito; meg[iQ ancora, strisCla• vano il grande inchino di Corte dauanti ad un principe beneuolo ed a una pnncipeJSa intelo1ita. Apoteo1i meritata perché twt:e que1tc si1nonne, tutte, con intera costanca rhe il 1i1nor Prou1t non ebbe mai, appartt'nevano a fami1lie di nobiltà estr,ma, compiutissima. Tulle von e %U • fitlie di martravio le meilio, di barone le meuhine, e rouinate qutJ.si ,empr,, ridotte alle avite cucine, appunto, o aì calltlli diroaat1, o atli tJbitini dtlla bi.snonna indo.ssat1 con iraòa tait da far impallidire lt più uicco.se signore dtlla Cortt. Alla Corte un clima nobilesco e malua1io le auuiluppava, , I. 1el<,su, e le 1nuidie. Ne .se1uiuan lacrime e malinusi, finché il Duca rinunciava ad insidiarle t:on il swo colpevole amore, la Mar1ravia perfid~na si ravvedeva, td il t:onte AndrdslJ, re del Cotha, discendente di Carlo Ma1no, o.iriva il suo t:wore, i suoi baffoni ed i suoi 36 quarti: la print:{Pt:sta Rettt:nte donava pa l'ouasione ,mo stemma III brillanti, e monttJto a pcndcntif. Ci domandiamo 1t i tiovani di otti l"ttano la Marlitl. Forse sì, se 1n Germania ed in Austria il ànquantenario della •ua morte suuita t:lamorosi rimpitJnti, biotrafie minu(iose, e si parla della Marlitt come di tloria na~ionale: an~i, della sitnor1na Eutlnie ]ohn, chl tale era il suo nome c,ero: fitliola del si1nor commerciante John, niente von t: niente zu. Nat:que ad Armstadt nel 18~5: e prestissimo il genio araldico riat:que in lei, quando la FUrstin di St:h1c-ar- ~enburt prese a protetttrla Eutinie atJeva una bella voce, un tran talento musit:al,, a Vienna studiò il solfettio, debwtrò, comparr.,e sulle 11:tne: ve lo sart1te mai immaguiato da parte 1ua.> lnfelit:t, fu una carriera finita pre1to. Euilnie divenne sorda, tornò dalla sua FUrstin, 1n qualitd di ltttrire ufficiale, ,id t:he evidentemente con la 1ordità si auorda btniuimo: tirò con 14 ,ua 1i1nora il mondo t: lt Corti Non le 1i t:ono11:e uita priuata, erto non ne ebbe: tli archiui, tli alberi 1en,alotici, le pruedtnr.e, il cerimoniale, l"ttit:httta, le ba1tauano. Fu buona, paia, sommu,a, la 1ua lnfermitd. la isolava felicementt con la Jt.ta nobile protett,ict td i 1uoi nobilissimi protaionisti, , tranquilla mori, nella cittd natalt, alttJ fine 11u1no dt'l 1887. Andd In Paradi10, naturalmtnt, td tb• bt un buonissimo po1to, lo ,oppiamo, accanto alla rttina Edwiit di Polonia, o accanto alla r.•tina EliJab,tta d'Uniheria Com, nrtli antichi quad,i, Euténit sta ìn1inoahiata ai pitdi dtlla Santa, t colla mano qt/orant, le porit uno Jttnda,,lo con a,al• tlicQ f'tMt~. !lno J tltro t una ttnona .\1,\J\J(! MOMENTILIRICI DI VllOIIJO llROCOHl i\PRILE DEL 192~. Quando l~ . rntnamo nel piccolo sa- ,ì \~ ~ lotto Paul \'aléry col pa- ' ' t~ drone di cas., sta parl.rndo ;.\ della ,;ua formazione ar- --.err,~. ti'ltica. Dd nes,;;o fra le ,ul' cog-niz,oni di matematica e i \"Crsi. Parla un po' france~ e un po' italiano. E ci piace il suo italiano così fluido e ricco di \·ocaboli, anche per il fatto che, quando egli parla franCC\C, ,i mangia metà delle parole, e duriamo fatica a tenergli dietro. Parla ,.:on un tono dirne,~ e semplice, che dà grande autorità alle sue parole. Ora in~iste sul valore dei trapassi in poesia: « Bei vcNÌ tutti i poeti ne hanno; ma è il collegamento fra i tratti d'i\pirazionc il più arduo compito del poeta. Trovare l'armonia, la misura, il modo affinché tutto fili e proceda senza scos- ~e e ineguaglianze; come una vettura ,;u un terreno spianato. Di queste leggi di mc,;;tiere, io mi son fatto lo scopo mas,;;irno. lo ,;ono un versificatore, non un pcX'ta ... >. « E allora come \piegate che i popoli primitivi abbiano avuto la poesia e non la pr0'5..'l?> ~li chiede uno dei prc-<;enti. e ~1a quella poesia là è soltanto lingua.tre-io :t, risponde Valéry. e O piutto~to », obbietta un altro, e rssa era artificio e ..,j è tra,;;mcs~aattra\·er,o le epoche proprio perché era .utificio ». CON D'ANNUNZIO .\ proposito della poesia intesa come musica, il Valéry dice: « Nella musica ci '-0110.~li strumenti. Lo strumento dà il ,;;uono: una cosa cioè che è già di per ,é una condizione eccezionale; una cosa che suggeri"-Ce di per 5é il fatto arte. La poesia invece si fa arte scrvcndo\i dei suoni e dei rumori comuni con i quali ,;;j denominano le cose usuali nella vita degli individui >. Valéry si volge a Prezzolini chieden• do della sua vita e del suo lavoro: e Oh, io scrivo delle cose us~ali ». risponde l'interpellato. e r-.:on apparten- ~o ai 45uoni,io j ma soltanto ai rumori e che re~tan rumori. Domandi a Cecchi, piuttosto; lui è un'altra coc;a >. Era reduce, il Valéry, da una visita a d'Annunzio. Ed era ancora vibrante delle varie impressioni di questa vi- 'lita; soprattuno della rapidità vertiginosa con cui l'automobile del Comand:mte lo aveva trasportato da Brescia a Gardone. Una corc;.a pazzesca. « ~1i 5entivo portar via le palle degli occhi e giuravo dentro di mc che era fini.ta, che non avrei mai più riveduto il <;uolo di Francia .. Mi ritrovai, ancora stordito, in una cella dalle pareti di legno, ~ulle quali si alternavano motti latini e cilizii france~ani. Da un lato1 la fiamma nel camino; dall'altra una goccia d'acqua che cadeva c;,on ritmo lento in una vasca. In quel mistico raccoglimento ebbi agio di rimettermi, <;e non di meditare, come forse era nell'intenzione del mio illustre ospite». Descrive con molto brio il Vittoriale; le sale, il sacrario, l'ara dei sacrifici, il ponticello che anch'egli passò pagando il soldino, le poltrone per tre misteri05i traditori, la sobrietà dei pasti: « C'est un dr6le de tJ•pt. ~1a che uomo meraviglioso di vita, di entusiasmo, di pac;sione, di disciplina. Mi ha detto che crede di incominciare a saper scrivere soltanto ora ». E cc lo fa ved~re, attraver-K> le sue parole, piccolo, piccolo, magro, con la testa completa.- mente calva e sbarbata, pallida, che sembra una palla di bigliardo. Due o tre sere dopo, si era insieme in trattoria. Il Valéry era stanco. Aveva tenuto quel pomeriggio una conferenza su Baudelaire. Tuttavia non tralasciava di interessare i commensali con aneddoti, noti7ie e osservazioni sempre di prima mano. Ha incontrato tanta gente importante e ha pensato su tante cose che ci diverte un mondo raccogliere anche un briciolo dei suoi ricordi. RICORDI DI DEGAS Viene fatto di parlare di Degas. Egli lo ha conosciuto intimamente. Ma, santo Dio, che caratteraccio! gli amici riuscivano appena a sopportarlo, in con- "idcrazione della sua grande arte. E fac-cva parte del suo brutto carattere l,1 sporcizia della persona che non era, a quant0 pare, facilmente trascurabile. Il ben noto diS<"gnatore inglese Bearsdley e~a invece di un'clcgan1..a estrema. Già malato quando il Valéry lo conobhc, girava per Londra con un.i sordla magnifica, vestita c;plendidamentc <' la conduceva nei luoghi pili ,;cand.,lmi della capitale. Ili Anatole France fece, il Valéry. un,1 specie di critica ,;;intetica. « Egli aIT1,111tas<·mprc co--e facili a dirsi, oppurr 1m1ta ,;Ìtuazio,li già espresse. Per lcuofi correnti questo poco conta; perché e,;;~ict:>rcano nella lettura soltanto un'impressione piacevole e vi\'ace. M.:i non è così pl·r i pochi del me~tiere. A questi preme di ricono,;;cere e apprezzare il valore di chi ha tentato d'esprimere qualche cosa di più raro, e difficile, e non ancor detto>. Di un amico suo, pcr<;0nalità politica insigne: e E: un uomo tanto ~mplice e intelligente; ma ha un difetto comune a molti uomini politici: quello di non poter dimenticare -:,é ste-:,so. f. cosa che ho os,;ervato tante volte. Gli uomini politici si chiudono in quella posa di autorità e di commrdia che è loro richieMa, o almeno credono sia loro richiesta, dalla loro autorità. f-: pili forte di loro; è come per i professori che non posc;ono trattcnen,i da ,;;ciorinare a un dato punto una cit.1zione erudita ... > LA VALUTA ORO Xci maggio del '33, il Valéry era di nuovo in Italia, ed ebbi la ,·entura di es!-cr prc~ente a un'interes.,.:mtissima con\'e~azione in uno dei più illustri salotti rom.1nJ. Ancora di'icussionc sulla poesia, sulla pro,;a, sul romanzo. e Le roman c'esl l'irifiatio,i de la vie; la poésie c'tst lt 'réue.. La prosa narrativa è la circolazione cartacea; la poe~ia è la valuta oro>. L'interesse della prosa narrativa è soltanto un interesse di vit,'\ e di circo,;;tanze, secondo il \';1léry. «Ecco: il barone partì ;ille nove e quarantacinque... lo dico invece : il barone partì alle nove e un quarto; oppure era la baronessa che partì... Si può prendere un romanzo e cambiare tutti i partiCO• lari, senza che il romanzo cambi la sua essenza. On ne peut 'ritn change.,. à la poésic. La forma espressiva di una poesia, il poeta ste~so non la conosce prima che ,;;iaconchiusa a furia di correzioni e di \J>Ostamenti: la forma soltanto crea ciò che si trattava di dire. La poesia, come la musica, è l'essenza suprema della forma. Il romanzo obbe• <lisce a delle ncce~sità di divulgazione, a un interesse per gli avvenimenti > Una signorina interviene : e Ma Matilde di Rouge et rJOir, per esempio, è così e non può essere che così». e Ah ah », esclama Valéry. e Ma quanta parte della vostra vita mettete nell'intere~se per quegli avvenimenti? Forse, signorina, state scrivendo un romanzo? ... ». e No», dice la madre, « lo vive, perché è fidanzata >. Riprendendo il filo della discussione: « Quand j'étais poète ... ». Vedendo gli ascoltatori sorridere conferma: e Oui, lorsqut j'élais, parct que je suis en upos mai,uenant >. ~fa si interrompe per gustare uno squisito lambru,;;co proveniente dalle terre della padrona di casa. « Capisco perché è così buono; c'esl uous~mème qui le /aites aute uos, pieds ». Cita un verso scurrile di Corncille : « Sembra impossibile possa e,;;._scrcdi Comcille : del resto i teologi, per condannare i peccati, debbono averli ben conosciuti, perché non ci può essere fantasia per i peccati della lussuria~. DANTE LIBERTINO Si diverte .t pensare come saranno bruciati e macerati nell'inferno i lussuriosi; e dall'inferno il trapasso .'.l Dante vien naturale. Lo diverte anche il pensiero che Dante sia stato un po'. o molto, libertino. e Conosciamo nove donne di lui », qualcuno dice. e Oh: il y aura des marges, il y aura des marges ... ». Si lancia contro certa scienza medicale e freudiana. « Molto spesso questa scienza è un pretesto per dire impunemente delle porcherie, per occupar,;;i di 1>0rcherie. Si può tutto osare col beneficio della scienza, sia nella teoria che nei rimedi; in ispecie nei paesi nordici e puritani. Se uno scienziato dimostrasse che la carne umana guarisce certe malattie, per esempio il cancro, trovel'ebbe gente che mangia carne umana. Si creerebbero istituti per mangiare carne umana. Già siamo arrivati a togliere certi organi a urf individuo, a beneficio di un altro che può ,;;borsar del denaro. Alla maggior parte degli scienziati manca la penetrazione artistica, psicologica e morale >. Un'altra volta il Valéry ci leJse ad alta voce il suo poema: libauch" d'tm serperit. Ed aiutò gli amici, che gliene avevano fatto richiesta, a trasportare certi passi in italiano. Ma a11a fine, chiudendo il libro e uscendo dalla ,;tann, fece con le mani un gesto come a scacciar dalla testa un pensiero troppo fatico,;o e importuno: « Ah, c'rst difficile; mime nt /rançais: surtout en fra,içais ». T.T. T.
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