- - • - --- ( PALCHETTI ROMANI ) ~~u~ ~~1)~~ ~ .\ PRIMA VOLTA che misi piede in un teatro, avevo Il e no cinque anni. Ciò avveniva a Volo, porto marittimo della Tessaglia, in quel• l'antica Jolco che vide salpare gli Argonauti alla conquista del vello d'oro. Era un teatro estivo che dal nome del proprietario si chiamava Teatro Lanarà, La scena era fiancheggiata da colonne dipinte con l'arte semplice cd efficace dei decoratori, le quali reggevano un timpano, cuo pure dipinto con bel contruto di luci e ombre. L'illuminaz.ionc era ad acetilene. Gli ~r'~:10;;..:~c:::o c:~l~at~~;scf.t:~"; valle da una siepe di girasoli piantati dentro latte della Standard Oil. Dietro i girasoli c'era. il mare. Nelle pause dello spettacolo, in quei vaghi silcn:r.i, in quelle ansios. sospensioni in cui attori e spettatori tranenevano il fiato, cadeva il dolcissimo, invitante frusclo della risacca. All'arte degli uomini, natura. mischiava le sue voci più segrete. Se rievoco questi ricordi lontaniuimi, è perché il Tea1ro Lanarà risolveva a suo modo, e in maniera felice, il problema del teatro estivo. Il Teatro Lanarà era in Tes,aglia - obbieuerc1e voi, - ne11a terra dei Mirmidoni e dei centuari, e qui noi siamo a Roma. Che vuol dire? Anche Roma ha un suo problema del « teatro estivo >, il quale rientra nel più vasto, nel più complesso problema della e vita estiva >, esso pure da risolvere. Siamo in piena epidemia di spettacoli all'aperto: di spettacoli in cui l'c aperto> è in funtione di quadro scenico. Ma sono spettacoli d'<t eccez.ione > e da grande tu• rismo. Non solo il quadro scenico e naturale • a teatro diventa e innaturale > per• ché na1ura del teatro è l'artificio, ma non tutti hanno i mezzi né la voglia di andare all'Arena di Verona per sentire l'Aida, nelle calli di Venezia a fingere di ridere alle Ba,u.ff, Chiouott,, a Sabratha per dolersi alle disavventure di Edipo . ~,feno ancora il problema del teatro estivo è riwho dai teatri invernali con tetto apri• bile, i quali a Roma, salvo errore, sono due: e Barbcrini • e e Quirino >. Anzitutto, il tetto aperto non largisce i suoi problematici benefici se non a quei soli spettatori che occupano il ccn1ro della platea: gli altri, anche se non di natura reuma1ica, sono condannati a un prolungato ba11:nodi vapore. E quelli del centro pure non hanno il ~ntimento di stare all'aria aperta, ma di giacere nel fondo di un pouo come minatori del Galles; meglio, di ripetere il pateticissimo addio dei ire prota~onisti del Viattio al unt,o dtlla tura di Giulio Verne, prima di avventurarsi nei mundri del sottoterra, alla stella che brilla las.sù, nell'occhio del vulcano. Le cose- valgono meno per la loro utilità, che per il loro carattere. Un teatro in\emalc, un teatro che ~rba la corpO• r,1tur11, la gravità, il massiccio del teatro in- •·crnak, con le gallerie sovrapposte e i palchi ad ah·carC", non ,j trasforma in tea• ti° enh·o nC"mmeno se- ci ranno circolare Jtntro taC1:lienti venti polari e lo riempiono di pinll(uini in frac. Il teatro estivo si deve intonare come struttura e come aspetto a quelli che sono i caratteri peculiari dell'C"statc, onia la fluidità di vita, la divina mdifferr-nza, l'abbandono fidente di noi, CONCORSO PERMANENTE DI"OMNIBUS" ... ..Omnibus" a.preda. oggi a tutti i suoi lettori un Concorso perma.- nente per la narra.zione di un fatto qualaiaai, rea.lmente a.cca..- duto a chi scrive. La nanazione non deve superare le tre colonne del giornale, e deve esaere inviata &ila Direzione di 110mnibua" in cartelle scritte & ma.e.china, da una sola parte del foglio. Ogni narrazione pubblicata, secondo l'ordine di anivo e d'a.c• cetta.zione, verrà compensata. con L. 500 (cinquecento). I dattiloscritti non accettati non ai restituiscono. Per la validità della spedizione, i concorrenti dovranno servirsi del tagliando stampato qui sotto, incollato sulla busta. DA TAGLIARSI CONCORSO PERM.lllEJITE I Alla Direzione di OMNIBUS Via del Sudario 28 I ROMA anima e corpo, alla dolcissima incertezza della natura. Dirà di più: il repertorio stesso, e fino gli attori dovrebbero variare ~condo 1ta• gione ... Tornerebbe con l'autunno Elsa Mcr• lini, formosa Pomona apportatrice di frutta; il catarro recitatorio di Ermete Zacconi accrescerebbe la tristezza delle lunghe notti invunali; Kild Palmer, fiore perpetuamente in boccio, segnerebbe il risveglio della primavera; l'estate consentirebbe i soli attori della specie di Umberto ~{elnati: raggelanti e fredduristi. Sono queue qualità. simpaticamente frigorifere di Umberto Melnati che avevano richiamato tan10 pubblico quella ~ra al e Quirino > per la commedia di Federico Lonsdale , ... Probabilmente. 1fa raffortate peri> dalla promessa contenuta nel titolo: Aria Nu.ova. Comunque, mille e mille spettatori erano schierati come esercito di solo dileuo armato davanti al boccascena dicato ad Calliopen vir11,u1q11., eam,nas. Umberto Mclnati s'è chiuso dentro il suo stile come dentro un ditale. Quella sua vocetta da grillo che vien Cuori a sputacchietti brevi, come rubinetto che si sia per inaridire ; quei suoi gesti tra l'uomo meccanico e il mandarino che prende il tè; quel suo naso da cucù, quella sua bocca da salvadanaio, quel suo pcrsonalino da nocciolina americana costituiscono un punto inconfondibile ancorché minuscolo dell'universo mondo. Unico timore che incrina la recitazione cosi squisitamente meccanica di Umberto ~{elnati, è che la carica abbia d'un tratto a esaurirsi, e il nostro simpatico attore rimanere con una gambetta in aria, la manina tesa e gli occhi fissi Di Vittorio Dc Sica, non ci stancheremo mai di ammirare la splendida dentatura. Qual genio maligno ha suggerito a Vittorio Dc Sica una parte come quella di Riccardo Sones, nella quale c'è cosl poco da ridere? Il sospetto ci è nato che la dovizia dentaria influisca sfavorevolmente sull'equilibrio della voce. Quella di Vittorio Dc Sica manca di equilibrio. In una frase di sci parole, le prime tre traversano la chiostra dei denti serbando la propria chia• rena; dopo di che, la voce di Dc Sica e perde quota >, e le parole 4, 5 e 6 muoiono in un incomprensibile sussurro, Nei dr.a.mmi e nelle commedie che passano sulle nostre scene, noi sappiamo bene che le perle da mandare a memoria non abbondano; comunque, e siano pur scemenze, noi preferiamo udirle chiaramente, non fosse che per non turbare la nostra certcna che sono scemenze vere. Da quanto ci è ~mbraio capire, Riccardo Soncs, protagonista di Aria Nuoua, è un romanziere di grido. A un certo punto, ~farghcrita Sones, sua moglie (personaggio interpretato simpaticamente dalla signora Giuditta Rissonc), annuncia al marito che gli ha tolto dal cassetto il manoscritto del suo ultimo romanzo e lo ha bruciato. Il romanziere di grido fa: e Ah ... ah >, poi cam• bia discorso. ~gno che, in Inghilterra, i romantieri di grido non sono romanzieri seri. Ovunque altrove, dopo un simile autodaré, un romanziere anche non di grido farebbe subire alla moglie la fine delle fi. danzate di Landru Ottima la signorina Sarah Ferrati in una parte di < tacchettatrice >. Ma perché Sa.- rah con l'acca? In omaggio for~ all'insopportabile unigambina? Come morale, Aria Nuova di Federico Lonsdale trae direttamente dall'immortale libro di ;\fax N'ordau · L~ meniotnt conuenàonali Con rclice ~orpreJa abbiamo rilevato quanto poco tagliati sono i nostri attori per impt"rtonarc i gelidi personaggi inglesi, :,..~cl primo atto di Aria }/uaua, un tale arriva di volata in una riunione di inglesi corretti e compassati e, distratto, salu1a romanamente. A. S. 01f lilTRIKONIO EBREONELLASUUOOOADI ROli J L Qt:ARTIFRE ebreo di R~ma è: ormai ridotto a una !!Ola'-trada: via del Portico d'Ottavia. L Sembra una strada di paese; è sempre piena di chia'50, di gente e di venditori ambulanti, come un porto di mai e. Ricchi, lì intorno, non ce ne sono; si vedono roltanto dei venditori di ferro vecchio, di abiti usati e di terraglie. Sono loro, però, quelli ·che frequentano la Sinagoga, o meglio il Tempio. Questa è una bella costruzione, unico e~emplare in Roma di quello stile assiro-babilonese che trionfava nelle stazioni delle ferrovie tedesche del tempo di Guglielmo I I e nella ~loie Antonelliana di Torino. E: circondata da una cancellata artistica coi paletti mc..,si a spigolo. Prima sorpresa : quc,;;tc sbarre, che vorrebbero essere quadrangolari, sono invece formate ~mplicemente da due fogli di ghi"a che, incontrand05i sul davanti, salvano l'apparenza c.enza intaccare la smtanza. Fanno pcmare alle '-Carpe dei ~!dati, il giorno della rivi-.ta, lucide sulla punta e sporche sui calcagni. Il re,;to del ferro rnrà stato economizzato per l'erezione del Tempio. La -.orpresa è lun~a quanto tutta la cancellata. Gira intorno al giardinetto pieno di palme e di piante e-.otiche come un lembo di terrJ. promcs~a e si conchiudc sulla facciata. Qui abbordammo iJ portiere degli ebrei. Cmtui abita con tutta la sua fa. miglia, moglie, figli e nonnaJ in una stanzetta al secondo piano della Sinagoga. Seconda sorpresa : il portiere è: cattolico-romano. Crede nell'infallibilità dd Papa e si inchina al Gran Rabbino, dice il Rosario e si toglie il cappello gallonato davanti a Piperno Alcol°'o. Ci accol~e guardandoci t_orto e ci rivelò la sua religione ammirando,. come <.e li vedes'-e per la prima volta, gli alberi che fanno bello il Lungotevere Cenci nac.condendo l'ospedale di San Bartolomeo all'Isola Tiberina. « Ci dica qualche cosa sui frequentatori del Tempio>, gli dicemmo. « ~fa, sa... ho paura di sbagliare; vadano dal ~agrestano >, rispose. Il sagrestano è un ometto vestito di marrone e dagli occhi bovini. Stava chiacchierando, quando ci avvicinammo a lui, con il cocchiere di una carrozza padronale ferma sulla strada. Ci accolse gentilmente, sorridendo mansueto e chiamandoci e signorini >. Appena -.eppe cosa volevamo da lui si fece ancora più dolce e sembrava ancor più di.spo,;to ad accontentarci. Tanto che ci chie~dieci minuti per sbrigare un affare e avere, così, più tempo da dedicare a noi. St •ne andò di corsa, mo• strando gran premura; svoltò l'angolo, passarono dieci minuti e non lo vedemmo più. Delusi, ritornammo dal portiere cri- ~tiano che ci conce-.~e d'entrare nel Tempio. Fummo aV\·<'lltida una fredda luce verde pio\·Cnte dalle alte vetrate. Capimmo qual (' l'affascinante mistero dei vecchì tempi indù che conoscevamo dalle pagine del Salgari: anche le '-Critte dor.ue in caratteri ebraici accrescono il carattere e~tico del luo~o. Le file di poltroncine lucidate dalla schiena dei fedeli che as,.istono alle funzioni col c,1.ppcllo in te~ta, ci fecero invece pcn• ..a.re a un cinemato~rafo popolare. Difatti l'alt.ire è eretto come su di un palco'-Ccnico cui fanno da \fondo i candelabri a sette bratci, e da quinte delle colonne. C'è un tronetto di marmo, un pulpito con la lampadina verde e un tavolo ricopctto di un tappeto ros- ~o. Sulla parete vicino all'ingre11,.o.una lapide avverte che. trentacinque anni fa, Vittorio Emanuele inaugurò il Tempio dC"glicbrri con un gesto di magnifica eguag:lianza. l'n ometto che lucida i mobili con un.i gran voglia di parlare ci accoglie con il più lumino,o dei ~rric.i. Piccolo e gentile, pare un ninnolo orientale. Lucida le \Cggiole da trent'anni. e E: conten!o? > gli domandiamo. < Certo, anch...:mio padre faceva queno mcc.tiere ». « Ci potrebbe dire ... > « Oh! io sono l'ultimo dei funzionari qua dentro>, ci interrompe, mentre raccatta la -.copa che è c.aduu per terra. suscitando un gran rumore d'eco nel Tempio vuoto. < ~la \'ogliamo ,;aper poco. Dica: quali ~no i più av~idui frcqut.>ntatori? » « I J)O\'Cri.E credo, signorini. che \\3 CO\Ì di qualunque rrligione •• e ammicca furbe,;co." < ~la anche i ricchi. via, non ,;iamo maligni ... <.a... forse gli affari ... >. « Eh "'ì, è vero. Però vengono qua"i ogni sabato e nelle altre ricorrenze. Poi, ~no loro che pensano ai poveri >. Uscimmo un po' scontenti per non aver 11aputo un gran che, tranne che i ricchi aiutano i poveri, cosa, del re- ~to, risaputa. Ci avviammo con le mani in tasca ver-o il Portico d'Ottavia. Entrammo nel primo negozio che ci capitò davanti. Si vendevano abiti usati, portati prima da grandi signori, per una '-ciocchezza. Il padrone ha una grande somiglianza con André Gide, ma non è poeta. Quando gli raccontiamo chi ,;ia cui egli somiglia, ci fa un leggero inchino, sorride, ringrazia e il ghiaccio è rotto. Anche egli ha ereditato il suo mestiere dal padre, il quale a sua volta lo aveva avuto dal nonno; ed è diventato, ci dice, quel negozietto, quasi un'i~ti• tuzionc nella famiglia Anticoli : come la banca per i Rothschild. « Come vanno gli affari?> diciamo. e :\fai<-, male! ... non si lavora più, tempi da cani. ,;ignorini. Fino a dieci anni fa, quando c'era ancora piazza :\1ontanara, si vendeva bene ai cafoni che venivano a Roma nei mesi di estate. I ciociari arrivavano a dozzine; anda• vano nell'Agro romano a miet<"rc. ~fa ade~so· ~i sono disper,.;i, perché il loro luogo di ritrovo è: stato demolito. Sic• ché ade\SO, per trovarli e per vendere qualche cosa, bisognerebbe andare ai giardinetti della stazione. Quelli almeno speri.imo che li lascino stare ». < :-.ra c'è ancora Campo di Fiori per vendere >. « E le tas,.e? non le conta le tasse? anche lì non si batte un chiodo. PenSi che per 1l poiteggio di una bancarella hi:.0gna cavare quattrocento lire l'anno, e il trasporto dove lo mettete? Biso~na noleggiare il carrettino, dare cinque lire a chi aiuta a portarlo al mercato. due lire a chi lo sorveglia: c;ommate e guardate un po' quanto viene. E poi il mercoledì piove i.empre •. Più in là c'è: un ferrivccchio: Giorgio C.oen. È un vecchiotto ben pa'-tiuto, siede ..u..l!a porta del \UO neA'ozio c;opra una ,eggiolina alta un palmo. ~lentre ci av,·iciniamo a lui un donnone chiama magnacna il marito. che, sdraia.to a dormire -.u un carro, ha già cominciato il c.abato 31Je 1 7 del venerdì. Il marito apre un occhio: « Sta zitta e va .1d accendere il fuoco», dice. Ci sorride e <.ivolta beato dall'altra parte. Torniamo a Giorgio Coen. A lui gli affari vanno meglio. Le dC"molizionigli rendono bene : può compr;,ire parecchio ferro <\ buon prezzo. < Qui al ghetto, però, ...,j lavora poco oramai; presto mi trasferirò a Piazza Bologna •, dice. fof"e Giorgio ha trovato l'America. Infatti ci racconta che dei quindicimila ebrei che sono a Roma, una buona parte è andata a tra- ..,ferirsi lass.ù. < Ci wno tante storie sul vo,;tro conto>, diciamo, « ma possibile che siano vere?> < Oh! quelle non ci dànno fasti dio; ,mzi >, ri,.ponde Cocn, < <.evogliono ve ne racconto una >. « Dica, dica >. < Salomone va dal Rabbino e gli do. mand.t: " Scmate, Rabbino, qual è la differenza fra me e il mio pross.imo? ,, " Oh! è semplice ". fa il Rabbino e lo porta davanti ad una finestra dai vetri chiu~i. "Guarda giù, che vedi?" "La gente,,. "Be', quello è: il tuo prossimo. Ora vieni qua e guarda in questo spcc• chio: che vedi?"." Vedo me stesso!'', risponde Salomone. " Bravo, ora pen4 ,;a che hai guardato, in tutti e due i ca- ,,j, attraverso un vetro. Ma dietro al vetro dello specchio c't una foglia d'argento">. Giorgio Coen ride con noi e dice : < ::-..ra, queste ,;ono storie- ,. Veniamo poi a parlare del Rabbino. « E: un uomo geniale. Viene da Alessandria d'Egitto e lì faceva l'ambascia• tore dell'Italia >. CO<'n vuol dire che svolgeva opera di italianità : « ... t un dotto e fa delle conferenze. ~lus,;olini lo rice\·e tutte le '-Cttlmane ». In quel momento arriva un camion di ferrovecchio e Giorgio Coen ci saluta dicendoci : « Scusino, signorini, ma ora c't da lav6rare ... ,. Cr ne andiamo inciampando fra delle vr-cchie spalliere arru~ginite. GIUSEPPE THEODOLI VERSO LA META. di luglio, mese di ardori e di bonaccia totale, il gran tempio della musica tace, in mano al cuuode, I Aauti e i violini chiusi a chiave nelle loro cassette riposano dolcemente nel ve!• luto,. i violoncdli e i bassi dormon già della grossa, ma in piedi e JCnu russare, den1ro i sinistri sarcofaghi allineati in fon4 do al golfo mistico, e le arpe monauli avvolte e abbottonate in camicie di tela greua van su a far le vacan:ic in soffitta. E non odi più voce né suono, se non apri le valvole allo straripar della radio. Luglio ~ nemico giurato della mu.sica. . Le mirifiche spaziosità estive si sauano d,~ silenzio. Cli ultimi accordi sonori si disperdono dondolando e dileguano nella gran luce. E i suonatori s'internano nel gran verde ombroso dei viali, scomparendo alla vista. Sulla piazza assolata e dc~rta, una voha c'era ancora il palco della banda, adesso l'hanno smonta10. La diserzione si allarga e si aggrava Fra poco i critici saran ridotti a fare dei soliloqui. Tuttavia, fin che nell'aria echeggia un filo di melodia, il critico cercherà di ~gnala":ie il punto, l'ora e l'effetto, e di mcllerc 1n evidenza tutto quel che nel c,1,mpo della musica riuscisse a Fugare la noia e a scuotere il sonno di questi pomeriggi divorati dal sole. Tenterà colle mani e coi piedi d'aprire le porte spra:t~ate delle sale di concerti, vigilando per ogni dove il traffico morente del nostro mondo liri~o, fin che vedrà brillare nei paraggi d'un qualche teatro suburbano e spegnersi sotto i portici definitivamente l'ultima lanterna del venditore dì limonate in ghiaccio. Sul finire di una delle giornate più calde che si siano verificate dalla creaziot,e del mondo in poi, ebbe luogo qualche anno fa un concerto sinfonico diretto da Bernardino :'dolinari alla Basilica di ~assenzio Tutto il pomeriggio Roma ru m preda alla vertigine del fuoco. I rari pasunti camminavano sul ciglio del marciapiede co• mc sul era.te re d'un vulcano: inseguiti, bruciacchiali dalle lingue di fiamma del Jimu.n, che si sprigionava ogni tanto, qua e là, dalle inferriate e dalle bocchette sottcr• rance. Il resto della popolazione, ficcata nelle vasche, nt11e tinozze, nti pozzi, o sotto 1 rubinetti dell'acqua, aspetlava smaniando la sera Un caldo, \'i dico, che non si reggeva. ~essuno credeva più al ghiaccio, alla neve, ai geloni e ali' Albero di Natale. Nessuno credeva più alte foche, agli orsi bianchi, all'Alasca, al Polo Nord. Nessuno, col sole che c'era, usciva più di casa per non pestare sul nero asfalto la coda villosa del diavolo nascosto dietro la cantonata Basti dire ehe il fenomeno dell'evapora• zione raggiungna in quel momento un'in• temità tale che, per esempio, nei bar, delle bibite versate, quando portavi il bicchiere alle labbra, non c'era dentro più niente. La sera sul prato a'ntico del Foro assi• stemmo alla reazione. Fu un'impresa energica quella di suonare e di dirigere a forza di braccia e di fia10, con una temperatura simile. Il pubblico accorso in maua mirava trasecolato i nicchioni della navata che bril• lavano di luce come altrettanti specchi Per fortuna, gli applausi a scroscio dirotto suggerivano l'idea di una doccia improv\'isa, cosi che, senza volere, ognuno le- \·.ava il capo su verso l'oscura v0lta con un illusione di diluvio. Intanto, essendo quello un concerto d'addio e di resta, il programma si s\'olgeva fra un continuo manovrare di fotngrarl, che s'arrampicavano sui ruderi, o da.van la scalata ai ,nuri della Basilica, come tanti pompieri alla bisogna c·era chi protestava, chi starnutiva accecato, o si copriva gli occhi con ambedue le mani Molinari, preso di mira da tutti questi agenti pubblicitari, da tutti quegli appa• recchi a scoppio, roteava fra i lampi del magnesio e le nubi di fumo bianco, scompariva e ricompariva alla vista come un ballon d' tJJai o un nume volante, sul punto di prender congedo dal suo pubblico affe:tionato. BRUNO BARILLI LEO LOSGANESI ~ Direttore rt.sponsabile 'i .. \ EDITRH."E "O\l,IDUi,. • \111~\'.'\0 Prop..i-r1t. 1rti111r1 e 1-rn-rnri• ri,,.r, 1u KllZOLJ ,\C.. \n. pc-r 1•\rt.- d-rH• "iu.,np• \li11n.:, RIPROOl 7.IO\"I F.'ii-:C.LITF. CO'.'. \I \TF.RI \LI:: FOTOC.R.\FICO FERRA:'\!\"· /'.,/>bht11t1 \1,;rN1• G. llrf'o<hi • \lil111<>. \'i• Sa].,Ìni 10 • 1.. 1. ,o,.qn; Parigi, 1:1ubourg <;,ainl•Hu. ,r~ '- _ \ò
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