Omnibus - anno I - n. 14 - 3 luglio 1937

IL SOFM DELLE musE DEGLALLASTRONE L MASSAfA m'aveva, il giorno, pregato di tornare verso notte, allorché le galline sono già a pollaio, aUineate nel loro dor• mitorio, lungo il cavallo del tetto della ,;talla; le sarebbe riuscito così pil1 facile sceeliere la gallina da mandare all'altro mondo in frica~a. Secondo l'ordine di preferenza della massaia, l'andata all'altro mondo tocca, prima dei galli buor1i e delle galline fctaiole, ai gallastroni. Io non so se e,;si siano galli castrati - e non ricscita bene la ca.o;;tratura, - se si tratti di specie ermafrodita e sterile. Fatto è che, chi non rende, è legge di natura debba partire da questa terra o andare a nascondersi. 11 gallastrone, del quale b massaia voleva disfaNi, dormiva all'estrema sinistra della lunga. trave. Dormiva non di completo traverso, come le galline produttrici di uova pomposamente dormono, né come dorme il furioso gaTio, in disparte dal suo serraglio; ma dormiva rannicchiato e sospinto dalla compagnia, occupando un minimo posto, con la testa nascosta fra petto ed ali, d,, sembrare uno straccio piumato. La massaia sali per le scale, a gambe dolcissime, ed afferrò le zampe del ~allastrone che scosse la debole cresta, crocorò una specie di arabo aba-ahi! e tentò svolastrare con rischio di rompersi le gambe, già tenute ~lde nel pugno della ma.o;<;aia. Allora, inesperto dcli.i polleria e credendo che galli e galline non aveso;ero - come gli sciocchi credono gli animali non abhiano - la istessa umana memoria e coscienza, mi accinsi a fare l'operazione del torcimento del collo al povero gallastrone, lì, nella :,talla, al lume di una gialla lanterna, accanto alle code e natiche delle candide vacche e a quelle dolci della massaia. Il collo al gallastrone si torce, prima di tutto, girando il collo su se stesso e poi tirando come a strappare sughero da bottiglia di vino antico. E, dico meglio, si afferrano entrambe le zampe dell'animale con la sinistra ·::1ano; si stringono le ginocchia e vi si appoggia il corpo della bestia. Il gallastrone, appena che sia stato preso cosi in una mo~a, e non appena che abbia intesa la mano che gli ha presa la testa e chiuso il becco, eroe.ora ancora, come per una incerta quanto vana protesta. Poi1 accortosi che si fa per davvero e che per lui è arrivato il più pessimo dei momenti mortali, si agita, ristà sorpreso un attimo, come ad esplorare meglio di cosa si tratti, poi, avvilito, perduto, sorpreso, geme, singhiozza confuso come può. Vorrebbe gridare il suo ultimo S. O. S., ma già la mano ha attorto su se stesso il frenetico collo ed allora al gallastrone non rimane se non attendere, tumultuandogli il petto, tremandogli ali e 1,ampe, il vuoto della morte. Onde la bestia non avesse avuto a soffrire più del minimo necessario, mi aiutai con le ginocchia, facendo mor- .,,l, e tirandogli il collo tutto d'una volta, finché sentii, nel pugno, il collo che si era staccato, il ,angue che scen• deva confuso sotto la pelle, avendo esso già abbandonato l'organico armonioso naturale suo refluire nel corpo dell'animale. Ma non avevo ancora iniziata sì fosca (secondo le anime pie e ipocrite) operazione, sì naturale secondo le abitudini e le necessità delle massaie (le quali due minuti dopo eseguita 1 presso a poco ogni domenica, tale operazione, si recano ad ascoltare la santa me!Sa), dicevo: comeché gallo e galline, sul trave, non stessero dormendo, ed anzi avessero capito perfettamente il macabro della operazione, essi si misero a crocorare, gridare i loro S. O. S.1 allarmi, chicchirichì, etc., ed un chicchirichl dietro l'altro, e tutti, gallo e galline, cosl strepitosamente, da fare intendere che proprio intendevano, e cioè che gli animali hanno anima eguale alla nostra. E quale delle galline, per paura di sé, allungava il collo; quale starnazzava con rapide ali; quale non so cosa d'altro facesse, giacché io mi ritirai in buon ordine fuori della mia stalla, pagai alla massaia, che già teneva la mano distesa, le cinque lire del gallastrone e me ne andai via. Ed ero lontano, ed ancora si udiva dalla stalla il gridio di cordoglio degli animali. LUJGI DARTOLINI " ...!, dODDI eh, ti p:ofllman110 1!.IUH0 l' cOpopo11u•:• n • Patobovll •···" SARFATTI L~o s~~~~~~r~:~r~~:i1• èAs:ra~tl,t~ America, non ti dà il suo viaggio per distesa cronaca. Si veda il suo Am~n·ca, riurca dtlla felicità (Mondadori, Milano, 1937). La natura della corrispondenza giornalistica menerebbe questa scrittrice a descrivere; ma il suo gusto per la piana e ben composta descrizione è brevissimo. Il suo interesse non va verso i nuovi pae• saggi, e nemmeno verso la visione eccezionale dell'architettura americana. La Sarfatti non è autrice di • cose viste•· Se accenna a djrci come è fatto un grattacielo, presto smetterà d1 mformarccnc per passare a considerazioni che riguardano la storia e la moralità di quell'architettura. Oppure ha il gusto della cruda informazione mediante dati. Usa i dati con certa civetteria: quella delJa donna che sfugge le piacevolezze delle immagmi, e che si picca di serietà. Si guardi per esempio il capitolo: • Volti di città,. Vi si ragiona di Filadelfia, di \Vashington, di Salt Lake City, di Chicago ... E a proposito di Filadelfia: • ~ la città dei quaccheri. Grandissima; due milioni di abitanti, la terza degli Stati Uniti, subito dopo Nuova York e Chicago ... • Qualcosa da manuale di geografia, e non è una povertà involontaria. Altrove, poiché si ragiona dei contrasti fra due grandi quotidiani americani, ti attendi un po' di pittoresco. E sembrerebbe davvero che la corrispondenza diventasse racconto. Si inizia con la descrizione del direttore del più anziano dei due giornali; poi il quadretto sfuma. La signora Sarfatti passa a ragionarti d1 due mentalità che dominarono e dominano l'America. Il contrasto fra i due giornali l'ha messa sulla buona stradll. Del resto, quando si visita un paese si finisce collo scoprirlo a modo nostro. Un paese straniero è come una matassa da svolgere, di cui ognuno può trovare un bandolo. Il modo con cui la signora Sarfatti scopre l'America si potrebbe dire che è quello di una scrittrice naturalmente incline alla storia dc, costumi. L'America è carica d1 storia proprio per il suo scarso panato.• :\Ili sono convinta,, dice la Sarfatti fin dal primo capitolo, •che l'antichità è tutta un'opinione. Di fronte a1 tre o quattro milioni d1 anni che, a farla ristretta, è l'età della Terra, noi paroenus umani duriamo un batter d'occhio. Allora fra le piramidi del Cairo e le case coloniali d'America, virtualmcnte,non esiste differenza. Quel che importa, non è il numero dei secoli che noverano i monumenti, è il senso storico, il ,cnso di continuità, l'atmosfera di cui sono pregnat1 ,. PESTELLI LEO PESTELLI pubblica presso Vallecchi cinque lunghi racconti, e il volume s'inutola: L'attaccabottoni. Un titolo che rammenta le commedie di c::rattcre; e infatti Pestelli ha 1 suoi personaggi; ma sta a vedere in che modo sa farli recitare. t il caso di alcuni scrittori contemporanei: hanno i personaggi, e attendi che si muovano. lnu.nto, al prìncipio d'ogni racconto, il lettore crede di avere a che fare con un piano e bonario narratore toscano. Toscano Pestelli mostra d'esserlo aJmeno nella lingua; poi invece niente d1 regionale è nei tipi e nelle situazioni delle sue novelle. Dove sarebbe, e in parte è, un grande merito. Tanti narratori italiani, e i più giovani diremmo tutti, vogliono liberarsi ad ogni costo delle strettoie della provincia e della regione. Caratteri troppo particolari hanno le piccole e vecchie &O· cietà provinciali di Trieste, di Milano, di Firenze, di Siena, di Catania. Portano a novelle dove vale, ai p10, una certa vivezza di colore. Tutta una letteratura, che magari non ha cime, quasi che nessuna cima si possa raggìungcrc seguendo tale strada, ci ha descritto i piccoli borghesi delle nostre piccole città. Un'Italia un po' vecchia, un po' troppo tranquilla. Cc l'hanno ripetuta recentemente Fucini e anche Cicogmmi. E prinu di loro ne avevano tratto cose non spregevoli De Marchi, Capuana e la Scrao. Forse si potrebbe aggiungere Verga: non quclJo rusticano, ma l'altro provincìale: di certi capitoli di .Mastro Don Gesualdo: un Verga più descrittore di costumi che di caratteri. Pestelli non batte una strada tanto battuta: rigorosamente tende a che dietro le spalle dei suoi personaggi sia un mondo non ridotto a folclore. E forse arriva fino troppo avanti: i personaggi li vedi soli: dietro di loro è come una parete bianca. Su quella uomini e donne si muovono avendo qualcosa di fantomatico. 01 fantomatico hanno molto le figure di Pestelli. Ogni suo racconto mostra gente colta in speciali situazioni. Pestelli non è lo storico dei suoi tipi, ne è soltanto il ritrattista ingegnoso. Una figura lui te la ritrae nella posizione più scomoda e inattesa. Talvolta hai l'impressione che faccia come fanno certi fotografi; che si buttano a terra, che si contorcono per raggiungere gli effetti di prospettive straordinarie. Comunque, Pestelli è più bravo nel ri• tratto che nel disteso racconto.• L'Attaccabottoni, che è il quinto racconto della raccolta, è anche il migliore. B un ritratto un poco alla Palazzeschi. E anche là, fin che Pestelli ·atteggia il ritratto, tutto è na_tuni.lc: la sua prosa e le sue immagini; poi, come la figura descritta dovrebbe compiere certi gesti, avverti qualcosa di falso. Gli atti sono gratuiti. Gattonchi, l'attaccabottoni, compie gesti a caso. Potrebbe averne compiuti altri, e forse sarebbe stato lo stesso. Ma letti tutti e cinque questi racconti, ci si avvede come Pestelli persegua un certo suo ideale narrativo, dove i personaggi e la prosa, si ritrovino in armonia nella caricatura. Caricatura nei personaggi, in tutti, anche in quelli più comunemente mondani del racconto "Torneo•; caricatura nella prosa. E non caricatura, in questa e m quelli, tale da volgere al comico. La caricatura di Pestelli vuole soltanto che le cose suano su di un piano non consueto. Se scrive: • Si nempl avida• mente di cibo•, non si tratta solo di goffo realismo. Il conte del racconto • Mattinata, si desta, e sul suo guanciale sono • giacimenti minerari di pclt bianchi•· E più avanti leggiamo:• Si avvi.dc che quella era l'ultima sera d'un gruppetto di sere,. Immagini cht ci farebbero ridere altrove: ma in queste pagine, dove sono personaggi strambi, che ora hanno dell'umano, ora, quando proprio per l'umanità di poco prima non te l'aspetti, della marionetta; ti fanno capire che non sono stati scelte a caso. A lungo andare finiscono con infastidirti, come t'infastidisce ogni gioco troppo ingegnoso; eppure non resta che accettare. Sono i segni d'uno S\ilc che domani potremo trovare chiarito. A. OENEOETTl "ANAGRAFE MILANESE ) ™ilfiU! E UN LIBRO DELLSAERAO f. A CA:11:ERAdi Maria-Michela era ..cmpre in penombra, ma ,lccanto alla finestra ,;occhiusa luceva lo specchio della pettinatrice. Sul marmo un bicchiere di vetro spesso lavorato a torciglione, con dentro un assortimento di dicci ,panolini da denti inutilizz:i.ti, poi due ..catolc rotonde- con la \Critta « Pomata all'olio di ricino Bertelli • e « Vellutina Venus Bertelli ». Ad aprirle c'erano dentro bottoni automatici, francoOOlli usati e spilli, alcuni dei quali sormontati da una piccola colomba azzurra, specialità dei cenciaioli che li <lavano in cambio del• le vecchierie. Le due scatole erano il ricordo di un'ondata . pubblicitaria in provincia, cd è probabile che altre donne più raffinate di Maria-Michela vi siano rima- ~te fedeli, rinnovando scatole e bar:ntoli via via. Questo nome di Bertelli, dopo aver rabescati i lastroni della piazza del Duomo e della Galleria, si era allargato nei pac<;i e incuneato negli angoli segreti delle case dove le donne avide e nostalgiche compulsavano i cataloghi, sommavano le lire disponibili e studiavano il mezzo più sicuro per mandare a Bertelli il vaglia e riceverne il pacchetto, senza che il marito o il padre ne avesse sentore. Allora la co<-metica era l'impronta del vizio e l'arte delle « donne perdute•; la ,tessa casa Bcrtclli non aveva fra i suoi prodotti alcuno che suscitao;se idee pcccarninoo;e, meno un certo e Viriaigre de rouge » per colorire le labbra, ultimissimo nel catalogo, a cui il nome di Aceto da\·a un'aria casalinga di cui ne,;suno poteva diffidare, e alcune e Tinte antisettiche profumate » alle quali la denominazione in tono quasi farmaceutico toglieva ogni suggestione morbosa. .Ma questo farmacista lombardo tornato dall'America con piccolo capitale e programmi assai vasti, stupì il suo tempo dando l'esempio delle prime campagne reclamistiche. Le vie e gli edifici furonc o,;sessionati da un solo nome:« Ca tra mina .. Catramina ... », mentre palloni aerostatici sorvolavano le città italiane lasciando cadere nevicate di manifesti. E il concorso per chi scoprisse un tipo di bottiglia irriempibilc una volta vuotata e tale da garantire che il prodotto venduto in essa non potcs..,;eessere che genuino, fece il chiasso che gli si reclamava. Il premio non fu assegnato perché ne\suna bottiglia soddisfece la commi~ione, e vi fu uno strascico di processi assai propizio. Ma dopo che i tenori e le celebri cantanti dell'ultimo '800 ebbero dato in scritto e in effigie il loro certificato 1>er le pillole efficacissime, Bertelli volle ampliare la .battaglia, fabbricò i profumi, le cipne e le creme, r seppe come doveva rivolgersi alk donne. Era il tempo della polca e dei e Lancieri », delle musiche di Tosti e Tagliafico, le donne che si profumavano mav~no l'Opoponax o il Patchouli) e se il cinematografo non offriva ancora la imggcstionc di questa o quella div:\, il gusto era tuttavia determinato dagli astri del varietà che si chiamavano Bella Otero, Lina Cavalieri o Cléo de Mérode. Nelle provincie la vita procedeva in tono minore, appena marezzata dagli echi cittadini, e le tante Bovary erano senza storia. Per esse Bertelli ricorse alla letteratura. . Imperava allor.a una donna di pessimo gu.sto, ma d1 grande t?lcnto, i cui romanzi avevano fatto lacrimare molte fanciulle sviandole un poco dal buon senso quotidiano e invogliandole ad apparire soprattutto delle «strane creature •· Parafrasando il d'Annunzio dei roman~i, e più nobile della lnvernizio, Matilde Serao fece passare alla letteratura la bellissima dal cuore di sasso, l'incompresa, l'isterica e la donna biz• zarra a vitino di vespa e calze di cotone. A lei doveva naturalmente rivolgersi Bertelli per raggiungere le donne di ogni paese d'Italia e istruirle sulle necessarie cure di bellezza. Cocteau in seguito doveva divenire il poeta dei profu.mieri di Rue dc la Paix, e Turno e Trilussa dovevano firmare pingui contratti coi nostri fabbricanti. li libro Fa.rcino muliebre di Matilde Serao, dalla copertina avvolta in motivi floreali, rimane il prezioso documento di. un'epoca e di una psicologia, il primo clao;.,;icotesto della letteratura di propaganda. A confrontarlo con gli opuscoli di oggi suggerisce curiosi raffronti. Seria preoccupazione erano allora la tortura del busto, le scarpe troppo strette, che w, i gelonii una marcata insi• 11;tent.1sui vantaggi di lavature frequenti, sulla nt•cc-ssità di pulini i denti, suggerisce il dubbio di una incuria gene- '' ...era Il tempo ... d,111 mnlch di Tc,ti ..," raie, e mentre vengono consigliati i mi- ; gliori saponi - con « profumi .\ espansione centrifuga•, - le creme e ld lo- "' zioni per i capelli, non si parla di igieCORRIERCEÈCO) ne intima, per pudore, né di educazione fisica, e il corpo - volutamente o meno, non si sa - è ignorato. Matilde Scrao sciorinava in Fascuw muliebre per la ditta Bertelli la sua notevole cultura abbondando in citazioni r-d c5umazioni : dalla etimologia della parola e teletta » andava enfatica ai qu;\dri di Van Dyck, Tiziano e Albani r:iffiguranti donne intente a farsi belle. Citava Ovidio e Giovenale, e dichiarava in<;0mma, quc·sta buona patriota, che non più Parigi ma e Milano è l'arsenale della teletta igienica », non tralasciando di concludere che in una rinnovellata nascita di Venere, la dea sorgercbbt· da acque più spumose chc- mai, fra una ~hicra di amorini carezzanti il suo dor11;0, olc1.zantc di e Sapo! ». Tutto questo faceva sognare principesse e cameriere le quali a un certo momento dovettero convincersi che per essere come le protagoniste dei romanzi della Scrao era indispensabile adottare le -.ottili armi fabbricate da Bcrtelli e ,;uggcritc dall'autrice del Paese di Cucrngna. b come nella t:amera di Maria-Michela, si diffusero gli odori delle creme e delle brillantine nelle case borghesi. aleggiò un desiderio di bellezza e un più grande coraggio di amore, nclhgrandi case oscure dei paesi. Ma senza voluttà, senza peccato. In realtà, con le scatole rotonde dai disegni floreali, Bertelli è legato al profumo dell'infanzia, della guancia materna, e ai giochi nelle stanze. L'ADDETTO ALLE SCHEDE UN ROMANZO MAc~~~c21t~~~!~o~7'fa1:~e~:·q::i;;:n~: manzo sono quelli su cui t'imbuliscono sposo i romanzi d'appendi«:. Ma nello sule l'A. rivela 1hre letture. Si guardi come facilmente scrive usando il tempo presente. Per molti scrittori europei e americani il tempo presente ~ stata la trovata. Basta servirsene per aver l'aria di dire cose tremende. Attendi di pagina in pagina. col fiato mono, che la tragedia si svolga. E non succede nulla; e inutilmente presto ti avvedi di essere stato col batticuort. Considerazioni che toccano solo in parte l'Albini. Riguardano soprattutto una maniera banalmente narr2tiva oggi m voga, dopo Kijnnendi ecc. UNA TRAGEDIA GUIDO STACCHINI: li Titano, _iragedia. 01 Guido Stacchini non ci stupiscono le tragedie, ma i successi che parrebbero ottenere a credere al foglictcopubblicitario messo nel volume. Frasi staccate di cui vorremmo vedere i complementi. Come se noi dicessimo:• Scrittore profondo ,•olutamentc •; e domani ci ritrovassimo su qualche bollettino di pubblicità ma senza il •volutamente• cui teniamo. Comunque, siano pur autentiche le frasi con cui la starnpa europea più che ita• liana saluta Stacchini, resta che le sue tragedie sono pretenziose e sciocche. Stacchini vuol essere la voce del tempo nuo,·o. Rinnova il teatro, tornando all'antico; e al posto del coro greco mette due Demoni: quello dell'Io vestito di nero, e abbom1ncvolc, l'altro del Noi, vcsttto di bianco, e destinato a portare salute fra gli uomini. Ecco alcuni fiori: il Demone dell'Io~=• Vita sen%aAmore, vita senta Dolore: fiore senza profumo•. E più avanti:• Oggi sappiamo che il dcstmo è autopunizione•· E ancora: 11 genio della latinità mai cessa di germogliare, anche net periodi della carne iorgogliantc •. UN NUOVO TEATRO ITRE GIOVANI All.TISTI che dirigono tecnicamente il piccolo • collettivo che recita nel • ~lozarteum • sotto il nome di D. 37, e che costituisce indubbiamente uno dei nligliori tcatri.ni d'avanguardia d'Europa, hanno pubblicato in una rivista spc~cialiizata il progetto d'un teatro modemissi.m.o, a cui vogliono dare il nome di Ttatro del Lavoro, e che, se sarà realizzato, rapprcscnteri senza dubbio uno dei più perfetti congegni scenici, richiesti dalle ultime tendcnz.c dell'arte dello 1pcttacolo. Invece d'un palcoscenicoe d'una platea contigui e distinti, essi vedono una sola cd unica • saluccna ,, a cui non è ad1b1tancnuna ribalta, e tanto meno I suoi accessori che vanno dalle quinte al sipario. Finora l'uhima novitt. dell'architettura e dcll'ingcgn&ria teatrale era il palcoscenico mobile: avendo rinunziato al palcoscenico, i proget11st1non hanno ,·oluto rinunziare alla legge del movimento, cd hanno inventato una platea mobile con 1cdie girevoli, tali da permettere tutti I ponibili cambiamenli d'orizzonte scenico, non solo negli intervalli, ma anche durante l'az:ione. La saJa-scenadeve aver l'aria più che di un teatro, d'uno studio cinematografico, e proprio questa mobilità della pia.tea dovrebbe sostituire ci0 che r:el film si chiama • vuietà dei punti di ripresa .1. Il vero palcoscenico viene dunque a esser costituito da tutto il perimetro del rettangolo, pur cuo scomponibile come I settori meccanizzati della platea, in modo che a prmri la sala-scena possa realizzarsi in una sene minima di sci V111rianti se nplici, e che rispecchiano altrettante forme storiche e generiche del teatro e dello spettacolo, vale a dire: il teatro d'opera, la sala da concerto, l'arena-circo, l'arena eccentrica, il teatro giapponese e il teatro cinematografico, che combinandosi insieme potranno dare una serie infi~ita di varianti mmori. Intanto, in attesa del definitivo trionfo, il regista Burian e i suoi collaboratori s'accontentano di rendere straordina.riamcnte allegro e divertente l'ultimo spettacolo del D. 37: un curioso Barbiere di Si1,iglia dal testo mo4 dcmizzato e arricchito con commenti sonori di musica sincopata, e la cui azione si ,volge tutta su un piccolo palcoscenico a forma di chitarra inclinata. LA MORTE DI SALDA <> I~! ~!~:~~ .. :.;~2~i·t/;:~c:;~s:~ i\ verio Salda, indubbiamente il pi\l.gran critico boemo del passato e del presente. l'art1to da Tame e da Samte-Bcuvc, panato attraverso l'esperienza di Ruskin, negli ultimi anni era giunto a un raro equilibrio di pensiero e di forma. Le sue cose migliori sono una critica penetrata del romanticismo. L'Anima e l'Opera, che aspira a un'arte serena e gocthiana, e una serie di saggi di letterature 11ranierc, dedicati a Shakespeare e a Rimbaud, e a La Ptrsonalità poetica di Dante, uno dei rara contributi stranieri alla critica dantesca degni della nostra attenzione. Come artista scrisse versi, drammi e racconti, e raggiunse i migliori resultatt in questo campo in opere in cui poterono entrare in giuoco anche le sue attitudini di critico, come in una ricostruzione romanzata degli ultimi istanti di Pascal. Un attimo prima che la aua morte fosse nota, gli veniva assegnato il premio annuale del Prctidcntc della ll.epubblica per il suo ultimo libro, un s~gio sul poeta nazi..r..ialc romantico Macha. Ma più che per le· ,oe fatiche di studioso, la ,ua memoria resterà viva per l'eredità lasciata dal critico miltta.nte, che negli ultimi anni si espresse pienamente anravcrso gli articoli, le polemiche e le notcrelle, che uscivano mensilmente ìi:i un periodico che era tcritto da capo a fondo dalla sua penna, sotto il nome di Taccuino di Salda. R. P.

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