Omnibus - anno I - n. 13 - 26 giugno 1937

IL SOFM DELLE musE [3~@[1 GIORNI FA e•~ stata a Hovalino, paetè ~;~!~~:ra~:~it~~•:~op~~~i. solenne V, partecipò tutto il pubblico di una l~ll.1. posizione sociale del paese; uomini e donne, compresi quelli che hanno fatto solo h1 terza elementare. Le donne, in particolare, lasciarono le occupazioni casalinghe, il ricamo, la cucina e il pianoforte, per correre in ~ran numero nella sala del municipio con le ,est, più eleganti che avevano. Vi partecipò anche una schiera di fanciulle, in parte giovinette, in parte già in età da marno, s1udentessc nel locale Istituto tecnico pri,-ato, le quali giovarono alla buona riuscita della festa, oltre che colla loro presenza, anche con canti patriottici e nostalgici molto r,educenti. Incominciò per primo il canto: il direttore stesso dell'Istituto, con una piccola bacchetta, [(Uidòle giovani masse corali con tatto e precisione: il canto andò bene dal principio smo alla fine, senza una 1tecca. Poi, comparve l'oratore ufficiale: giovane alto, dal ,·iso pallido, dalle lenti posate sul naso come una farfalla. Professore esimio al locale Istituto. Taciturno di solito e malinconico di una malinconia alla Paseofi molto sugge11iva con venature di Gozzano, egli ~ senu dubbio un ottimo tipo d'interprete di Leopardi. Esordi rimproverando con veemenza la madre del poeta. La chiamò cattiva, egoista, ipocrita, senza affetto di madrr. Disse che mai baciò il figlio giovinetto; portò prove e tt"stimonianzc varie per metà e più dell'oraz1one, non troppo lunga a dire il vero. La sfuriata contro la madre del Leopardi non 1oddisfece l'uditorio; chi disse che l'oratore avrebbe potuto passar sopra quella questione, chi affermò che le madri son sempre madri, anche quando son genitrici di grandi poeti, e che vogliono 1JCmpre il bene dei figli. Finita la faccenda della madre, 1i passò a quella dell'amore. E qui la voce dell'oratore 11 ,ciò di pianto.• Pe11sate,signori! Leopardi non ha mai amato! l\ta1 una donna che lo abbia baciato sulla bocca! Mai una che gli 11bbiadetto, con l'ansia del petto: Quanto ti voA:liObene!-. Passò un brivido nell'uditorio; uomini fatti e donne, nga:ue e giòvinette delle scuole, non potevano stare fermi sulle sedie: la commozione, il pensiero della mancanza di amore li tormentava. Anche qui l'or11tore si mostrò molto bene informato: parve anche che Leopardi non avesse la.sciato alcun segreto pu i posteri. L'oratore citò vari pas11 e ricordò qualche 1::~c• ;itn:~~: 0 ~enc la storiai- fssc sotQuindi si paHÒ alla parte centrale della conferenza: l'intcrprctuionc della poesia di l.,copardi. L'oratore si scusò, prima di lutto, di non essersi dilungato troppo, comf"avrebbe voluto; ma pensò che ognuno per conto suo avrebbe potuto studiare la cosa, e che era conveniente limitarti a un'esposizione comprensiva, ma breve. « Senza fare torto a nessuno di voi che m'ascolta1c, non credo che siate tutti leopardiani! Ci mancherebbe ahrol Tenetemi, dunque, per iscusato se dico solo poche cose, ma essenziali•· Il pubblicò approvò. L'oratore, allora, disse: • Poteva un uomo, e sia pur grande come il Leopardi, poteva con tanti dolori non dire che tutti gli uomini ~')ffrono per il dolore? Poteva egli ricordare .:he ci sono gli amanti che godono la vna, i Jtiovani che si divertono, le donne che flirtano? Ma cosa c'~ di più bello, di più spirituale dell'amore, dell'amore come l'intendiamo noi? E il Leopsrdi, poveretto, non lo conobbe! Ecco la sorgente della poesia! Ecco il suo dramm.a ! Non avere conosciuto la donna! Le ebumcc braccia d'una bella donna I >:on avule mai viste altro che in sogno! Poveretto! Il Leopardi era brvtto! Si sai Le donne vogliono i bei gio,-an...,1 i, se ne infischiano della poesia! Voglion{, ..1ltrol,e donne! E quctto il Leopardi non lo poteva dare! Poe11a grande la sua, sublime come quella d1 Pascoli, bcnch~ amara! Poesia triste la sua e che non rispecchia la vita! Ma pure, dttelo voi, o signori e signore sensibili, voi che amate la poesia e l'arte, voi che pensate sempre alle cose dello spirito, chi non si sente, di tanto in tanto, come un Leopardi, chi non rimane suggestionato dalla sua arte a tal punto da credere che la vita ~ dolore? Ecco che il Leopardi ci costringe, mal nostro grado, a pensarla quasi come la pensa lui, ecco che 11 poeta a furia di ripetere che tutto ~ dolore, ci fa dimenticare il piacere, ci persuade, ci costringe a ripetere con lui: Sì, vate, hai pure tu ragione I La vita ~ dolore I•· Applau.si senn fine e sinceri conclu.sero l'ardita conferenza. Si alzò quindi a parlare un prete. profeuore nell'Ist1tuto, e che non aveva resistito all'idea di dire qualche cosa anche lui sul poeta del dolore. Avc,·a aerino una bella e lunga poesia laudatoria, in memoria del grande; tolse i fogli dalla tasca, e con voce vibrante, melodiosa e tra~ica. alta da far rintronare la sala, li lesse. Pareva che da un momento all'altro dovene piangere, come pur sarebbe piaciuto vedere, tanto era il pathos che si sprigionava da quella declamazione; e pure il pubblico a stento tratteneva le lagnme. Parlò di Leopardi come si potrebbe. parlare di un'amante defunta, che si vede sempre ,· 1va e mai si cancella dalla memoria, tanto era il suo entusiasmo per il poeta. Frasi sonr~~f~:~~j' ; ~~t~:.·:~ct~s:_ :~ ~t:inceri: certo 11 discorso piano del primo oratore aveva persuaso di più; e poi si sa che i versi ,ono difficili a capire, a sentirsela recitare. Comunque, anche lui ebbe il suo meritato ,ucccsso. Di nuovo presero a cantare le belle fanciulle: G1001nez:ra, giovintzzo, • Primmxra d, bel/euo ... Infine ),i riunione ai sciolse. Dopo quaJche giorno, u.sci sul Giornale d'/ralùr la cronaca dell'avvenimento. 11 relatore, terminate le giuste lodi, espresse anche lu, il suo parere sul Leopardi; e disse: • Fatalità della vita! E pensare che Leopardi, che mai fu baciato da boe.ca di donna, ora trove• rebbe a migliaia ragazze dle sarebbero felici di suggere il prezioso nenarc dalle sue labbra poetai E pensare che Leopardi, che d'atto fu un uomo brutto e di poca prestanza ca, in poesia creò la vera belle:&iaI> ' GIUSEPPE SCALFANI I ~ ~~\' . .... ' \i , ,/.}; ·'•" , ' LA IL\DB.Et "Ti 1areb~etante pia.clal.O HMrt la SllTia di Leo;>ard•l, 1de110 oha p110I spoiareon g9bbo 111\llourio rai delle 11orie". , r1 ICCARDO 8ACCHELLI ha messo in scena e: Iride>, che .J è il suo ultimo romanzo, il suo romanzo di quest'anno, come un n·gi'ltd metterebbe in scena un film. Ma un regista di quelli che sanno ravvivare le macchine più complicate, col fine di raggiungere sullo schermo effetti ora comici, ora drammatici, ora tragici addirittura. e Iride > è la storia di una ragazza molto bizzarra. Siamo in campagna prima della guerra europea, fra gente che vive all'antica: signori un po' stanchi, un po' superbi, un po' alla mano; e contadinl per definizione furbi e sornioni. Verso la fine del romanzo, quei contadini scioperano, e lì forse Bacchclli vorrebbe accennare a tempi nuovi; ma i tempi nuovi restano estranei al suo racconto, e ai pcr.;o• naggi di esso. Che sono d'un mondo antico, dove nulla è precario. Di personaggi come questi non sa.i intravedere le preoccupazioni minute; le senti risolte di per sé, mentre la maggior p::i.rte dei romanzi e dei racconti con• temporanei, italiani e stranieri, spesso è dalle preoccupazioni più misere che prendono il tono. Anche quelli dove non parrebbe. I personaggi di qu~sto romanzo di Bacchclli sono tutti dilettanti: d'arte o di scienza, o di politica. C'è perfino il vecchio liberale e inCfedulo che contrasta puntualmente col prete reazionario e pio : tutte figure tradizionali. Ma c'è di più. Queste figure, che spesso già abbiamo incontrato in romanzi e racconti, le vediamo scelte, messe avanti dall'autore quasi pc1 recitare una commedia. Bacchelli costruisce un romanzo con grandissima disinvoltura. La tradizione italiana gli dà la lingua, e finisce col dargli personaggi, e perfino le situazioni. Del resto, siamo di fronte ad un autore che può riuscire comprensibile soltanto osservando la natura della sua pro'lia. La sua è una pros.1 che mira a visioni generali e panoramiche; è in fondo una prosa adatta al racconto storico, dove l'invenzione resta parziale. Ogni suo racconto inventato così viene scritto come si SC'rive una storia veramente accaduta, e non una storia privata, particolare, e senza eroi. Una storia anzi, i cui personaggi 1embrano già famosi. Ogni personaggio di Bacchelli, anche quello più occasionale, corrispondente alla comp;1.rsa in un dramma teatrale, ha imponenza di eroe. La sua arte di romanziere si assomma dunque in questo : nel sapere fingere come veramente accaduto un fatto che di per sé ha scan.1. importanza. Qu;,i.ndo egli si mette a raccontartelo, par che intervenga ., comegnarlo alla storia, dopo che pubblicamente e a voce se ne è discusso tanto e in così diverse maniere. Bacchclli è lo storico che viene a mettere con certa serenità un po' d'ordine. E l'ordine na ..ce dalla pro'la che U'ia, così piena di modi sintattici che producono effetti retoricamente persuasivi. Bacchelli raccontando non si adatta ad un racconto integrale. Il suo uf• ficio è di scegliere quel tanto che dia alla fine sicura versione d'una cronaca nota. Sa soprattutto di avere una dote; rendere lontano e spassionato qualunque avvenimento r::i.cconti. Ogni dramma, cosl, facilmente ~i scioglie, e ogni tragedia si smorza. Bacchclli, a proposito di drammi e di tragedie, predilige senz'altro le tempeste in un bicchiere d'acqua. Pare che l'aria si carichi di elettricità, che stia per scop• piare la bomba; ma poi tutto, al contrario, si risolve nel migliore dei modi. Nel migliore e nel più tranquillo. Così per esempio la scena centrale di questo romanzo, che è forse, per altro, la più persuasiva. Iride tornata di collegio, e vivendo nella villa di suo padre, conosce un signore di una tenuta vicina e se ne innamora. Il padre, sia per certi vecchi e romanzeschi rancori fra b sua famiglia e quella dell'innamorato, sia per una sorda gelosia, si dimostra in ogni gesto e in ogni parola contrario alle possibili nozze. La madre è morta da poco: lui invoca la sua memoria. Finché si arriva dove si dovrebbe arrivare; allo scontro fra pa• drc e figlia, ad un litigio familiare. Il padre: e ...Mi ripugna fin la parola; mi rincresce d'averla detta. Innamorarsi così presto, Iride ... >. E la ragazza dopo alcune schermaglie di parole e di sguardi: « No, aspetta. Importa tu 1appia che sono innamorata, che amo un uomo ... >. Dopo di che non si arriva alla tempesta creduta: e La cosa tanto temuta era detta, e Agenore stupiva di provarne un segreto sollievo». Certo troppo spesso i drammi e le tragedie di Bacchelli sono tempeste in un bicchicr d'acqua. Questo ultimo è un romanzo di quelli dove muore il protagoni,;ta. Muore Iride che è, nelle intenzioni dell'autore, una eroina moderna. Ma Iride resta eroina soltanto intenzionalmente. Bacchelli ce la presenta in modo che vorrebbe rar prevedere, o anche rendere possibile, certe situazioni e certi fatti che dopo accadranno. Mino, il fratello pittore, che va in coJlegio per annunciarle la morte della madre, la trova sul tetto che suona un'arpa. La scena potrebbe volgere al buffo, ma a Bacchelli intercs• sa piuttosto far capire al lettore come l'eroina che sta entrando in scena è una str:ma fanciulla. 8:icchclli vagheggia Iride come una donna che compie atti sciocchi e inconmlti quasi'per una sua segreta missione. Più tardi, sul punto di andare a none, la vediamo scherzare futilmente col fidanzato. Lo sfugge ridendo, finché scompare. E non è una scompan..1. d'un momento, anzi definitiva. Arriva la 'polizia, la ragazza certo è fuggita; tutta l'attenzione di Bacchelli lascia i familiari di Iride e si fcnna ~ul funzionario che fa la sua parte. Bacchelli ama le situa"Zioni dove c'è qualcuno che facendo un penoso dovere, scopre insieme di essere umano. I lettori rammenteranno come nel migliore rom:m'ZO forse scritto da questo scrittore, nel e Diavolo al Pontelungo >, le pagine più belle siano dove i ribelli romagnoli vengono raccolti d'a un ufficiale dei c.:trabinicri. E una ragione non manca : Bacchelli è un uomo d'ordine non solo nella prosa; gli piacciono le strettoie dell'autorità, al punto da saperle umane sotto la diversa apparenza. Ma msomma I ride scompare, pa~sano mesi cd anni : i tempi mutano e viene la guerra; il fidanzato addirittura cerca la morte e diventa uu eroe; fino a quando un bel giorno, in villa, si scoprirà per caso in un baule abbandonato in una parte deserta del palazzo il corpo della ragaua. L'eroina come si vede muore, ma non come soluzione di forti contrasti. Si divertiva; andò a nascondersi, e per un caso morì. Niente altro che un caso. Ma Riccardo Bacchclli anche quan. do nei suoi libri corre dietro a personaggi così peregrini, e forse poco lontani dai suoi gusti di narratore, mette nello sfondo personaggi e casi dove sa svelarti una diversa felicità d'invenzione. I pregi di quel romanzo che si diceva, del « Diavolo al Pontclungo >, riescono ormai comprensibili : là descriveva un ambiente e persone care alla sua fantasia. Cafiero è forse il personaggio più giusto che ci abbia descritto Bacchclli. In quel libro era prota~oni,ta, e seguito da figure che gli si confacevano. Anche le persone storiche, come Bakunin e Costa, magari con infedeltà alla storia, entravano nell'aria di lui. Una certa melanconia e una certa forza di poca durata era in loro. Poi c'era una donna, bella e com• plicata come piacciono le donne a Bacchelli, almeno quando scrive romanzi. Quei personaggi erano il segno della sua arte, e poi li ritroviamo perfino in e Oggi domani e mai >, sviati sia pure da tante altre preoccupazioni. E anche or.1., accanto ad Iride, a Agenore, allo zio Palcario, che restano generici e comuni, vi sono Ingcborg e Mino. Yiino è il fratcJlo di Iride, un pittore mancato che vive a Parigi; un tipo che sarebbe facile architettare secondo una delle maniere che servono ai romanzieri che vogliono raccontarci i casi d'un artista. E così per lngeborg, che è una scultrice, una nordica un po' ih~niana, di quelle che hanno invaso la letteratura. Al contrario, questi personaggi non sono letterari in Bacchclli. Perfino le loro complicazioni sentimentali cd intellettuali, che potrebbero farci sorridere, si vede che hanno in lui una loro vcntà e ragione. Si pensa che 'ie Bacchclli, un giorno o l'altro, nei momenti che gli lascia Ji. heri la sua fatica quotidiana di romanziere sulle quattrocento pagine, troverà qualche ora per scrivere, senza interferenze dannose, la storia di due o tre pcNOnaggi di quella razza, t.i uà un racconto esemplare. ARRIGO BENEDETTI • (Dii, di Maocarl) ( LETTURE ITALIANE) ROMANZI (llUSEPPE MAGGrORE: Due itt una carne, romanzo (Treves, Milano, L. 12). • Noi siamo dei composti chimici, che una corrente elettrica può in un attimo scomporre negli clementi originari. Soltanto quando io veggo operanti entro di me le lontane forze ancestrali, posso rendermi conto perché abbia sposato Sere:n;.i... > (pag. 1 7). E Serena: e Un gran divertimento è il pasto di Dick. Egli mi palpa e trova il fatto suo come uno che si serva a un bar automatico. Non gli manca che di <,alare nell'apparecchio una monetina per avere la sua ruione di latte fresco> (pag. 264). RACCONTI JN Cacciucco (Società Editrice Novissima, Roma, L. 10), Krimer ha raccolto una decina d.i bozzetti viareggini. I titoli (meno il primo che dà il titolo al volume) son tutti nomi di • ottimi marinari •, • gnm marinari a o • vecchi marinari >. Nella prefazione di questo libro, Lorenzo Viani dice: • Krimer l'ho sempre visto scrivere. Intendiamoci su questo: noi si mangiava, e Krimer mangiava e scriveva, noi si beveva, e Krimer beveva e scriveva, noi si cantava, e Krimer cantava e scriveva ... • Krimer andava a trovare la fidanzata munito di carta, penna e buste, e ne usciva e con dei plichi confezionati che di poi istradava a riviste e giornali>. SAGGI LE SUE piccole esperienze letterarie Silvio Guarnieri le racconta in prima persona, con un andamento quasi patetico e una serietà terribile che non saisc dovuta a ingenuità piuttosto che a presunzione. Il tono di questo libro (Il cosl11me lett"ario, Fratelli Parenti, Editori, Firenze, L. 10), vorrebbe un titolo meno infelice di quello scelto dall'autore. Del costume letterario, infatti, si parla per modo di dire; si tratta invece di una malinconica indagine di sentimenti letterari pe.s,onali. • Certo anch'io mi sento preso da una sorta di smarrimento nell'indagare me stesso ... Il dubbio mi ha sempre dato la gioia di una forza non esaurita e vi ho trovato possibilità prima non sospettate, perciò ho amato di rifare la storia di mc stesso ... ,. e Mi prese dunque un amareggiato scontento nel vedere quanti amavo ed ammiravo non avere quel riconoscimento ch'io ritenevo doveroso, si trasferiva per altri quel movimento sentimentale ch'io sovtnte avevo provato per me, ritenni che la mia opera avesse a giovare in questo sen.so e mi sentii un rivendicatore perseguendo ogni ingiustizia che fosse contraria ad una evidente graduatoria di valori >. Però Guarnieri non fa che rivendicare se stesso. La cosa più appariscente di ogni argomento è sempre l'intelligenza del Guarnieri. Anche quando scrive il Saggio m d'Annunzio (Fratelli Parenti, Editori, Firenze, L. 10) in primo piano troviamo sempre lui nell'atteggiamento ossessionante di un maestro. Il d'Annunzio, come l'ambiente letterario fiorentino, diventa un episodio del suo dilettantismo, di cui si mette a scrivere con stile sicumeroso e ingubugliato. Tra continue e inutili digressioni si arriva a pag, 159, ossia alla fine del volume, senza riuscire a comprendere tanto sciupìo di carta e stampa per un sa@io che in .sostanza poteva esaurirsi in venti pagine di mediocre intcrcs.se. ( CORRIERRUESS)O RINASCITA DEL ROMANZO STORICO lI ~ TUTTI i paesi d'Europa il genere« ro manzo storico • fiori, sulle orme di WaJ. ter Scott, soltanto nella puma metà del secolo scorso: poi, si può dire, scomparve. In Russia Pusckin riusci a darne un mirabile esempio nella Figlia del Capitano: ma !"opera più originale della letteratura russa in questo campo resta pur sempre G11erra e Pau, enorme epopea a rovescio, dove il pa.ssivo e mediocre Kutusov ~ più grande di Napoleone, e le figure comuni, i Rostov e i Bolkonski, 1uperano, con le loro vicende personali e familiari, anche il famoso Fabio ruHO, e dove infine tutti i personaggi cedono il campo a un eroe inerte, anonimo e gigantesco, il semplice e ignorante contadino Karataiev. In fondo, malgrado che ,,i appariscano, con un certo rilievo, anche il ribelle Pugaciov e la Grande Ca1erina, già la Figlia del Capitano non i che una cronaca familiare, o un'avventura amorosa, in margine a un'epoca storica: in quanto a Ou"ra t Pact, ciò che vi b di autenticamente epico ~ addirittura antistorico. Dopo questi due grandi esempi, il genere in Russia decadde forse anche più che altrove: certo esso non parve pili. concepibile in una letteratura tutta vòlta al reale presente e immediato. Ed ceco che dopo la Rivoluzione il romanzo storico vi risorge come ma.i in nessuna epoca. e in nessuna letteratura d'Europa: e anzitutto per una ragione esterna e materiale, che ha un'importanza non trascurabile. Continuamente alla ricerca d'un'evasione dal giogo dell'ordinazione politica, gli scrittori sovietici credettero di trovarla nella rievoca:iionc del panato, che non li costringeva all'esaltazione del Piano Quinquennale, dell'industriali.zzszione e dell'edificazione tocialista. Più tardi, siccome ciò avveniva sopra.Uutto nel periodo più nettamente marxista dell'interpretazione del paHato nuionale, per evitare il nuovo sooglio del materialismo storico, passarono al romanzo storico i.nteso come ricostruzione d'un ambiente e d'una personalità letteraria: e quelli che non vollero rinunziare a un certo colorito politico, scelsero a tale scopo qualche episodio o figura che a.i nuovi padroni potessero parere m un certo senso come preparazioni, o diane precoci, della rivoluzione futura, A dire il vero, al romanzo storico-culturale gli scrittori sovietici furono portati anche da qualche precedente del decadentismo: così Olga Forach riprese il vecchio tema mercjkovskiano dei Deccmbristi, cui aveva pensato anche Tolatoi; Tynianov dedicò un'altra opera a un amico di Pusckin e congiurato nella famosa e fallita insurrezione, Kochelbecker; qualche scrittore più d'ac• cordo con le nuove tendenze, come il proletario cd cx-marina.io Novikov-Priboi, osò perfino toccare temi più scottanti, come quello della battaglia di Zu-Scima. Fra quelli che si tennero rigorosa.mente al tema letterario, vi fu qualcuno che esulò dai confini della patria, come Bulgakov e Vinogradov, che tirarono fuori Moli~re e Stendhal, ma anch'essi cercarono dì truformare, a scanso d'cqui·,oci, la biografia romanzata in documentazione pura e semplice, creando un genere nuovo e curioso, il cosiddetto litmontagt, o montaggio letterario, che consiste in una raccolta ragionata e commentata, a scopi non scientifici, ma evocativi, di lettere e testimonianze varie dell'epoca: e questo nuOvo genere raggiunse l'apogeo m quelle vere e proprie antologie cr1tiche che sono il Gogol vioo e il Puscltin vivo del vecchio 1crittore Vercsaiev. Al romanzo storico classico si tenne in foado fedele il miglior maestro del genere, che ~ un adoratore di Napoleone, l'emigrato Aldanov, autore di una Sant'Eltn.n, piccola i1oltJ, che ha ottenuto un meritato successo. Il fatto che sia stato uno scrittore emigrato a raggiungere i migliori resultati in questo campo, può forse dimostrar molte cose: ma può anche provare che questo gusto ~ nato nella recente letteratura russa, oltre che per pr~ssioni esterne, anche dall'intima volontà di studiare i ~lori di quella tradizione cosl recente, che anche in Russia ~ l'unico modo per trovare delle patenti di nobiltà spirituale. Un poato a sé va attribuito fra gli scrittori di romanzi storici a Roman Gul, che s•~ spccialinato in un periodo particolare, quello del terrorismo prcrivoluzionario: i suoi due romanzi: Il Gntn-o/e della B. O. (sigla dcll'orianizzazionc di combattimento del partito social.rivoluzionario}, e Lanciatori di ~. dedicati rispettivamente alla curiosa personalità dell'avventuriero Savinkov e dell'agente provocatore Azcf, sono infatti delle fedeli e vivaci, se pur superficiali, ricostruzioni di quello strano e fos.co periodo. Nel primo romanzo l'autore si occupò dell'attività di Savinkov soltanto fino a prima della rivoluzione, e non ebbe il coraggio di trattare il periodo posteriore, che fu antibolscevico: m11.passato anch'egli nell'emigrazione, ha ridotto il suo roman2.0 per le scene e l'ha completato fino al famoso processo intentato dai Sovi~ti contro l'accanito «controrivoluzionario•· La prima del Generale della B. O. ha avuto luogo in questi giorni al • Teatro Russo• di Parigi, cd ha suscitato un'emozione straordinaria, dinanzi a una platea fatta in gran parte di vittime, d"amici e di testimoni: e non 1i à certo chiusa col ;ucccsso dell'autore, che da qualcuno~ stato accusato di malintesa apologia. Ma il tema~ indubbiamente interessantissimo: e Omnibus si permetterà d'offrire presto ai propri lettori una breve biogrtfia di colui che fu detto • il principe Amleto•, ma che in realtà fu anche il Casanova e il Cagliostro, • della Rivoluzione•. G, V.

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