Omnibus - anno I - n. 13 - 26 giugno 1937

f [$.:RICH VON STROHEIM è , qui tra noi, fiero, pieno di dignità, con quel suo collo di ~ .. lottatore, la cicatrice sul sopracciglio destro, la sua correttezza militare. e Amare il proprio lavoro>, sospira sorridendo con i suoi occhi vivi e penetr:rnti, « amare il proprio lavoro ed eseguirlo con entusiasmo; esiste for- ~e una gioia più grande sulla terra? ~on si fa niente di buono, per forza. Domandatemi tutto ciò che volete ~- pere. Sono felice di parlare con qualcuno che mi cm1osca meglio di coloro che ho vi.sto giornalmente l>Cf molti anni. Mi è sùccesso di stare mesi e mesi senza dire altro che "buon giorno" o "grazie". A me invece piace discorrere. L'importante è che in Europa non si raccontino su di mc cose noiose. Ho in orrore le leggende sul mio conto. Non mi vergogno davvero di tutto ciò che ho fatto. Ho pulito le scuderie, ho venduto carta moschicida in una stazione ove non c'erano mosche, ho anche lavato i piatti, ho fatto l'usciere, sono entrato negli studios come comparsa: non lo nascondo; ma non voglio che si raccontino fandonie sul mio conto>. I Il biflietto della lotteria Eric Oswald Hans Stroheim von Nordenwall è nato a Vienna nel 1888. Figlio di un colonnello austriaco, entrò all'Accademia militare di Neustadt, quando una disgrazia politica rovinò la sua famiglia. Nel 1909 sbarcò in America. Pt:- meglio rompere ogni legame col mon~v che abbandonava, piuttosto che servirsi delle lettere di raccomandazione di cui era munìto, preferì fare tutti i mestieri. Umiliazioni, viaggi in vagoni merci, e caffè uero invece dei pasti quotidiani. Il suo lungo vagabondaggio terminò a San Francisco. e Affamato, al mio ingresso in quella città >, racconta Stroheim, e decisi di entrare in una trattoria per essere in gamba l'indomani. Disgraziatamente ignoravo i prezzi eccessivi della città californiana, e mi accorsi, dopo essermi sfamato, di avere appena da pagare la metà del con.o che mi presentò un formidabile yankee dagli occhi bovini. Inutile cercare cli discutere con quel tipo. Riuscii a placare la sua collera, offrendogli il solo bene che possedevo: un biglietto per la lotteria messicana, che avevo pagato due dollari. Tre giorni dopo, il biglietto vinse, e l'oste intascò trentamila dollari. e Ricordavo il numero del biglietto. "...rosenza lavoro. Mi recai dall'oste a domandare una parte del guadagno, ma quello non ne volle sapere. Dovetti farmi forza per contenere la rabbia contro quel bruto. JISono io che vi ho portato fortuna", insi(tei dolcemente, "se non volete darmi un soldo su ciò che vi ho fatto guadagnare, pennettete ch'io venga qui a mangiare, finché non mi trovi in grado di pagarvi". « Il padrone del locale mi spinse bruscamente verso la porta d'uscita, ricor• dandomi che la legge americana proibiva il traffico dei biglietti delle lotte• rie, e non mi restava che scomparire se non volevo finire in prigione >. Incontro con Flora Quando von Stroheim J_!ra in cerca di fortuna, negli studi di New Jersey, verso il 191 5, in compagnia di due cineasti irlandesi, d.ì cui uno è oggi morto e l'altro è in prigione, indicò al primo, dietro il vetro del vagone che si approssimava a New Jersey, la scuola militare di West Point. George Hill si chinò, ammirò a lungo i famosi edifici, finché un granello di polvere di carbone gli entrò nell'occhio. La sua palpebra arrossata batteva ancora comicamente all'arrivo a New Jersey. Georgc Hill, che era l'uomo d'azione del trio, gridò imperiosamente a un autista di tassì di condurli in un bUon albergo. e Potete fidarvi di me :t, disse l'uomo, rispondendo a \Ula strizzatina di occhi involontariamente ammiccante di George Hill, e li condusse in una casa così ospitale e confortevole, che il solo abitante mascolino era il portiere. I tre amici, spossati da quattro giorni di viaggio in treno, non si accorsero se non dopo qualche ora di come l'autista aveva interpretato l'infermità pas• <eggera di Gcorge Hill. Essendosi or• mai installati, restarono in quell'albergo fino a quando la polizia lo fece definitivamente chiudere. Durante una sinistra notte di un inverno ne\',ryorkese, Stroheim, le mani tasche, errava senza soprabito, lo aco vuoto, attendendo il momento norire congelato, quando s'imbatI - tè in una donna, vestita con eleganza chiassosa, che gli lanciò uno sguardo di pietà. Avendola riconosciuta, traversò la strada, vergognoso di offrirle lo spettacolo della sua miseria. Ma essa pure l'aveva riconosciuto e lo raggiunse. Era Flora, una sua antica amica. Essa lo condusse in casa su,., lo vestl a nuovo, gli dette di che vivere fino al momento in cui potè ritrovare lavoro e rimborsarla. Eric von Stroheim visse da Flora, e dormì su un sofà. nella camera ove essa pure viveva insieme a un suo amante. Vita di comparsa La vita dell'antico cadetto austriaco è piena di contrasti. Affamato, scoraggiato, grazie alle sue qualità di cavallerizzo riuscì a trovare un posto di agente di polizia a cavallo. Promosso maestro di equitazione, filò a gran galoppo verso Los Angeles, dove sapeva che si facevano film. Come comparsa, fu impiegato regolarmente in parti CIJ personaggi odiosi. Ogni mattina andava a piedi ad uno studio, mentre tutti gli altri vi si recavano in vettura. Hollywood era ancora un villaggio. Non avendo mai i quaranta cents neceS$ari per pagare un tassì, Stroheim subì ogni giorno l'af - fronto dì essere ricoperto di polvere dalle automobili di attori oggi dimenticati, mentre compiva con accanimento la sua passeggiata di cinque miglia. Ma ecco che gli Stati Uniti dichia. rano la gueua alla Germania. Gli studi girano una serie di film di propaganda, nei quali c'è di solito una e.arte di ufficiale tedesco. Nessuno, a Hollywood, è in grado di avere una faccia di boche come lui. Un personaggio del cinematografo era nato così e s'imponeva. Questo ufficiale di una eleganza gelida, educato, corretto e ipocrita, con la sua impassibilità convenzionale, rivelava una sensibilità e una crudeltà insolite agli schermi di Hollywood. Quelle prime composizioni valsero a von Stroheim una scrittura di Cari Lacmmle, il fondatore dell'Universal, nel I 91 g. Egli stesso diresse lo scenario che aveva composto. Il suo nome divenne subito celebre. «La legge delle montagne > (Blind H usbands) ebbe un tale successo che, subito dopo quel film, gli permisero di ricostruire Montecarlo alla Universal City, per girare e Femmine folli>. L'uomo che amereste odiare Gli agenti di pubblicità circondarono Strohcim di una réclame strepitcxa. e Si pubblicò la mia fotografia e mi si chiamò "l'uomo che amereste odiare". Si può essere più idioti? > grida Stroheim spegnendo il furore della sua collera in un bicchiere colmo di whisky. « Come se la gente amasse odia• re! ... E mi recarono un danno immenso, facendomi apparire una specie di energumeno megalomane e arrogante. lo ero il fauno, il sadico, il munifico, il genio pazzoide. Credevano di farmi piacere! Non hanno visto che l'appa. renza delle cose ed hanno cercato di influenzare il pubblico, nella pcrsua• sione di assecondare i suoi vizi. Ho avuto il torto di non darvi subito peso, perché in seguito, quando ho avuto dei fastidi coi produttori, tutti dicevano : "Non è da stupire, è uno stravagante, egli ha buttato abbastanza denaro dalla finestra". e Si dimenticava che i miei film dovevano durare tre volte più degli altri. Oggi si ammette che un film occu"pi tutto il programma d'una serata. Ciò che il ben noto Capra è riuscito~- porre con Deeds e Lost Horilon mi faceva passare, dodici anni fa, per un demente. Ci volevano sci ore per vedere Grud, nel mio montaggio originale. Ero d'accordo anch40 che fosse un po' lungo, ed ho passato diversi mesi a cercare di ridurre alla metà il film. Hanno trovato che era ancora troppo lungo. Allora ho piantato tutto. Hanno tratto dal mio lavoro un film che non ho mai voluto vedere. e Fui accusato di aver fatto durare Greed più a lungo di un film normale per guadagnar denaro. La verità è che avevo ricevuto una somma a forfait, per girare il film. Dopo aver lavorato quasi due anni, mi restava appena di che sfamarmi, e mia moglie non aveva che un solo abito. e Se mi sono intestato su Greed, è perché sapevo che era la cosa migliore che avrei mai fatto. Il dramma, per chi fa il cinema, non è l'insuccesso, ma il fatto che il film non può resiuere per sempre. Il metallo, il marmo, la pergamena, la carta, talvolta, resi~tono al tempo, ma la pellicola è fragile. Non si conosce il valore d'un'opcra d'arte che molti anni dopo che ha visto la luce. Tra venti anni, che ne sarà dei nostri film? Se frattanto non sono stati distrutti! :t. Superstizioni Fervente cattolico, Eric von Strohcim è, nondimeno, estremamente superstizioso. Se a tavola rovesciate il sale, diventa verde e vi obbliga a buttare come lui un pizzico di sale dietro le spalle. Essendosi accorto, in istrada, che il fusto di un fanale ci aveva separati, mentre parlavamo, tornò indietro e fece il giro del fanale per venire a prendermi a braccetto. e Non voglio perderç la vostra amicizia», mi disse, impemfalito per il mio sorriso ironico. A Parigi, ha scelto il suo alloggio in un appartamento ammobiliato, di cui ti lu$<;0fai)() f.' ~tupido avrebbe dovuto d'accento ;•mtkee, ha le meraviglie puerili di un americano. Cosl, vi spiegherà che non capi~e come in Franci,i si !:\sci il pane a portata di mani anche non pulite, invece d'involtarlo nella cellofan come negli Stati Uniti, nonostante che la Francia sia la patria di Pasteur! Peccatore pentito e E passato molto tempo>, racconta Eric von Stroheim, e dall'epoca in cui ebbi la possibilità di scrivere, di dirigere e d'interpretare le mie produzioni. Quando fui obbligato a girare film di altri, ho incontrato qualche regista che mi ha trattato gentilmente, ma troppi colleghi gelosi mi hanno fatto duramente capire che era giunto il mio turno d'ubbidire. Ho serbato un triste ricordo di quelle umiliazioni, e, sul piroscafo che mi conduceva in Francia, mi domanda1,o quale accoglienza avrebbero fatto, a me che parlavo appena il francese. Vestito della mia uniforme tedesca, mi trovai abbastanza a mio agio ... giacché sono 23 anni che mi fu affidato per la prima volta la parte di ufficiale tedesco. Entrando nello studio mi dicevo : "Ecco a che punto mi trovo; ricominciare dal principio" >. Tremava di paura, entrando nello studio dove si girava e Marta Richard >. Tempo fa, Stroheim è stato colpito da una zampata di un cavallo alla nuca, e prima della partenza, soffrendo di quella vecchia ferita, dovet. te subire un intervento chirurgico. « Sulla banchina avevo 38° di febbre >, racconta Stroheim, e e una fasciatura mi copriva la testa. Non potevo toglierla. Siccome la prima scena si svolge al princif.io della guerra, era verosimile che 'ufficiale degli ulani, che dovevo rappresentare, fosse stato colpi• to da uno scoppio di granata. La proposta fu subito accettata dal regista Raymond Bcmard. Tuttavia non mi sentii a mio agio a Joinville, che quando, tra dÙe riprese, un elettrici.sta mi venne incontro e mi parlò in inglese. e Ml trovai talmente bene in quello ERIO VON 8TR0HEil( NEL 1927 allontanarlo a prima vista. Fu necessario che, nel corso d'una discussione teldonìca con un produttore, alzasse gli occhi al cielo e che il suo sguardo scoprisse dei pavoni nei riquadri decorativi del soffitto, perché si decidesse a sgomberare. Poiché le penne, il grido e l'effige del volatile consacrato a Giunone gli ispirano la più grande sfiducia. Inutile dire che tutti gli affari che trattò durante il suo soggiorno nella casa dei pavoni, ebbero un esito disgraziato. Attu:i.lmente, Eric von Stroheim, diventato divo del cinema francese, è in causa con due produttori. Se è evidente che una certa sfortuna lo perseguita e che attraversa spesso lunghi periodi neri; se è penoso che quest'uomo, la cui fede gli impedisce di naufragare nella disperazione, sia stato colpito nella persona di suo figlio, che è restato diversi anni paralitico, e di sua moglie, che è stata atrocemente sfigurata neli1incendio di una sala di parrucchiere, è permesso di pensare che questo leone potente e indomabile ha talvolta dei colpi di zampa malde• stri o si regola come un gatto spaventato dalla tempesta imminente. A dispetto della sua affabilità e della sua intelligenza, le reazioni di Strohcim sono molto spesso inattese e inquietanti; e quantunque viennese, colto e di spirito lucido e maturo, dopo venti anni di soggiorno negli Stati Uniti, questo americano naturalizzato, che non ~a più parlare tedesco senLa una punta studio, e restai così commosso per l'a• miclZia che mi dimostrava tutta la compagnia dt!gli attori, cominciando dalla stella Edvige Feuillère, che dimenticai l'attitudine grave e contegnosa che esigeva la mia parte di spia, e, alla fine di un lung6 giorno di lavoro, esscn-.lo stato obbligato a rappresentare la parte di chi combatte il proprio paese, caddi a un tratto in una crisi di pentimento, e mi ricordai di non essere altro che un tremendo peccatore>. Strohcim racconta come pretese che lo trasportassero a Santa Rita, affinchf potesse inginocchiarsi davanti al suo confessore abituale. Durarono molta·ra. tica a convincerlo che era a Parigi, e non a Vienna, e che dovevano essere passati trent'anni da che aveva cambiato confessore. Le laC'rinie sollevarono la sua disperazione momentanea, e tutto sarebbe terminato dignitosamente e dijCretamente se l'infermiera, che era stato costretto ad assumere per vegliare sulla sua salute, non avesse creduto, da buona puritana, di dover assumere una sfumatura d'ironia per le parole consolatrici con cui gli amici colmavano Stroheim. L'attore prese fuoco di colpo, e in un momento d'isterismo ingiuriò e i miserabili mangiatori di ranocchi >, che sembravano dimenticarsi l'onore di aver presso di sé un genio. Questo genio voleva confessarsi a Santa Rita, ed essi non erano capaci di dargli ciò che voleva. La serata finl alla Basilica del Sacro Cuore di Montmartr~. J. G. AURIOL I L TEMPO della Baciocchi. Per i Luc• chcsi il tempo della Baciocchi ~ un tempo felice, assai lontano, in cui succedevano cose che ora non succedono e si viveva la vita di una volta. La Baciocchi, se ne parlano, quasi tutti se la figurano una signora grossa, ricco, che spendeva e si divertiva, che qualcosa di strambo deve aver fatto se ~ rimasta pro- \'erbiale col suo tempo. Pochi ne pensano di più, cd era Elisa sorella di Napoleone. Il cognome, che la fa ridicob. oggi, le era venuto dal marito, Pasquale Baciocchi principe di Piombino, che, fatto principe di Lucca da Napoleone cui piaceva sfare le repubbliche, si accorse che a chiamarsi Baciocchi e Pasquale i sudditi non lo avrebbero preso sul serio, e cambib il Pasquale in Felice. A regnare poi, e bene, pensò Elisa, mentre Pasquale Felice non fu che principe consorte. Ma Elisa Bonaparte diventò la Baciocchi. Nel dicembre del 1813, i principi di Lucca stavano a Firenze nominati da quat• tro anni Granduchi di Toscana; veramente lei Granduchessa Governatrice e il principe Felice comandante in capo le soldatesche. Era il tempo in cui i collegati pensavano di impaurire Napoleone minacciandogli dal mare la Toscana. E la sera del 9 dello stesso dicembre apparvero e dettero fondo davanti a Viareggio sette navi inglesi di alto bordo. La mattina del 10 sbarcarono mille uomini, lo storico dice • al soldo tlegli Inglesi•, e forse non erano tutti In• glesi; guidati da un Catinelli, valente ufficiale italiano adatto a quella arriaicata fazione. Perché nessuno si azzardò a contrastare lo sbarco, quelli, sicuri, in circa ottocento, con un cannone che tirava le palle di tre libbre, marciarono su Lucca. In dicembre fa notte presto, e la strana schiera arrivò alla città. di buio, si avvicinò alle mura dalla via Sarunese andando a fermarSi sotto I.aporta più vicina, che fu quella di San Donato. Dentro Lucca già sparso l'allarme, era pronta la difesa; ma di uomini pronti e armati se ne trovarono I so soli. Mentre gli altri cittadini non pensavano neppure a lasciace le faccende, tanto erano indifferenti e avvezzi a fani comandare dall'uno o l'altro dei vincitori d'Europa. Ai difen• sori rimase solo una speranza sull'effetto imponente delle belle murn, finite dopo cento anni di lavoro, costate uno spro• posito: chiusero le porte, puntarono i cannoni accanto a quella minacciata, e, per maggiore scrupolo, dentro quella calarono anche la saracinesc.a, una specie di grata di travi fasciate di ferro da calarsi a metà dell'androne. Gli' uomini, poi, si nascosero e aspettarono il fatto. Incominciò da quelli di fuori col suonare un.<\tromba, m11a. quel segnale nessuno rispose; dopo un po', spararono il loro cannone a salve, e di dentro nulla. Allora, ricaricato il cannone con la palla da tre libbre, la tirarono contro la porta, che si forò. A vedersi sciupar la porta, i Lucchesi si fecero ft.:ori per evitare il peggio, e, costretti a patti, si accordarono di lasciarli entrare con qualche condizione, soprattutto salvi la sovran1tà e i beni del Principe. Subito gli Inglesi, con le bandiere, i tamburi e il cannone, si mossero per entrare. Ma li fermò la saracinesca. Era ancora abbassata, dura a rimuoversi, e attraverso que1la non si passava: le mura fedeli continuavano la difesa oltre la volontà dei poveri difensori. Essi stessi dovettero pregare i nemici di andare a un'altra porta; tanto che l'ingresso avvenne da quella di Santa Maria, che era stata soltanto chiusa e fu riaperta. 11 comandante, il Catinelli, andò al palazzo, dove era adunato il Consiglio, a protestare con piglio da vincitore perché non le avevano accolto subito magari con onori, ma aggiunse che non sarebbero successi disordini; cosa che poi mantenne. Parte dei soldati si acquartierb, altri andarono a guardia delle porte. La popolazione, più divertita che altro, andava alle porte a vedere gli Inglesi; fra le curiosità, trovò scritto sulla loro bandiera • Indipendenza d'Italia•. Era uh richiamo, ma non colpl, perché ai Lucchesi se mai premeva l'indipendenza di Lucca, quella d'Italia era ancora vaga per loro e, proposta da stra• nicri, non era da prendere sul serio. Di fronte a questa indifferenza, mai t tn• dogli la rivoluzione, il capitano si scoraggiò, e quando seppe che da Firenze • si erano mossi con forze da vincerlo, dopo ventotto ore di occupazione lascib Lucca in pace come era entrato. A Viareggio, sul punto di imbarcarsi, si azzuffb con soldati francesi venuti da Pisa, ma li vinse e finl l'imbiuco per tentarne un'altra a Livorno. Saputa Lucca libera, intant('I, arrivava la Baciocchi fuori di sé: a Lei, sorella di Napoleone, avevano occupato lo Siato soltanto col forare una portai. Guai se lo sapeva l'Imperatore ... E c'en di brutto che, per patti fatti con Lui, dovevano esserci sempre 500 armati a difesa di Luc .. ca, e non 150 come ne avevano trovati i nemici. Pur di risparmiare, i Lucchesi non avevano badato neanche a imbrogliare Napoleone. Ebbero fortuna che, dati i tempi, a Napoleone mancb la vogha e il modb di pensare a Lucca. ARCASIO ARDINGHI

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