Omnibus - anno I - n. 13 - 26 giugno 1937

~I SATT.\:'v!ENTE un secolo fa un~! ,1cG~nita guerra civile in- ~ ft!_11ayam lspagna. Era scop- . puta nel 1833, alla morte di I n<!inand~ \'II, per una questione din.htica, d1 . \Ucccssione, ma le ragioni ddla "'"'' \ 1olcnza e durata erano ben ,'intcn~c. _a\sai più gravi e prof~nde. Il t<.'rnt?~10 _spagnolo e le sue genti i·rano d1v1,1 m due parti, che si combattc\'.IOO con odio feroce: da un lato ,ta, .1no le pro"ince ~ttentrionali - l' .:\r.1.~ona, la ).lavarra e le province ba,chc· -- che si battevano riel nome d_idon Carlos, daU'altro erano le pro- , mrt• del centro, di ponente e di mczZ?dì, che tenevano le parti della re- ~m.1 habelb. una bimba, e della reggl·ntc C:istina; le province orientali t:r:lno '-Cl'iSC e militavano un po' sotto I una e un po' sotto l'altra bandiera. La guerra, come tutti i conflitti che hanno in~nguinato così di frequente la t('rra di Spagna, dal tempo della lot- !:l per l'indipendenza, contro il dominio napoleonico, ad oggi, si svolgeva lt'nta, a'>pra, '-Cnza grandi splendori di ,tr,1tcgìa e di tattica: era una sequenza di fa_tti d'armi e di limitate impre- ,c, ora 111 un settore ora in un altro· a.zioni di gucrriglier'i, "-pesso fatte di ~rpr~,;e e di astuzie, più che operaziom guidate da piani organici e sistematici. A c_onfcrirc questo carattere alle ~uerre d1 Spagna dei secoli XIX e XX hanno influito, com'è ben risaputo la n,~tura ~e~ paese e il temperamento 'de- ~lt uomm1. Il paese, ch'è fatto di tanti co11:1partimenti geografici distinti, separati da grandi ostacoli naturali i quali diventano ciascuno durante' il conflitt~, un particolare ~acchiere di operazioni; gli uomini che sono ardenti. valorosi, irriducibili nelle loro p;.ts~ioni. ma al tempo stesso sono indolenti, apatici, fatalisti, cosicché - permanente e stridente contraddizion<' - rnentre una volta divenuti sold,1.ti~anno fiC'ramentc battersi e affront.m:· la morte, non accorrono alle armi '-' non stentatamente cd in scarso nu1.lcro: Le forze contrapposte sono pernò rm1ltate di poca entità, e insuffi1cnti a condurre e concludere nel va- <,ti-.simo territorio in cui sor:o come -.pcrdutc1 azioni complesse e ri,;olutive. I "lancerl della morte" Le analogie tra le guerre civili di Spagna sono dunque molte ed evidenti, e_djn quella che divampò per sette anni, dal 1833 al 1840, ,;i ritrovano nomi e fat~i delle altre lotte, antecedenti e "il_tCC~ss1vlc'a:ssedio di Bilbao, le operaz10111per la conquista di Madrid la partecipazione di volontari dei ~ari pac-si d'Europa. In soccorso della Reg- .~~nte! che rappresentava il regime co- ~t"uz1onale e il principio di libertà, di ,-onte all'assolutismo carli.sta, combattrvano infatti un corpo inglese, al comando del generale Lacy-EVftns, una /f',l(Wne straniera d'Africa, organizzata ddlla Francia e comandata dal generai~ f:ancesc Berne!, e due reggimenu d1 volontari di vari paesi, co- \t1tuiti in Portogallo. I governi italiani, o per la loro meschinità o per l'interno travaglio di preparazione ai prossimi eventi del Risorgimento, erano as(:cnti; in genere essi dimostravano maggior fervore alla causa carlista, specie il Regno di Sardegna e lo Stato Pontificio, che tardarono a ricon~ere Isabella 11, fino a che per don Carlo., la partita non apparve perduta. ~fa se gli Stati della nostra penisola erano assenti, molti J1aliani erano in prima linea, nella contesa spagnola, dalla parte dei costituzionali, come combattenti di riconosciuta capacità e di indic;cusso valore. e una pagina della nostra storia militare che si può dire non sia affatto conosciuta, anche perché non è stata mai, per quanto ci risulta, studiata a fondo. Le memorie delle gesta italiane nella guerra civile spagnola d'un secolo fa sono rare e disperse, ed ~ da augurare che qualcuno dei nrntri valenti storici risorgimentisti, animati dalla volontà di rivalutazione e rivendicazione di tutte le glorie patrie, ch'è propria del nostro tempo, assolva in un avvenire non lontano il compito di raccoglierle, illustr:lflc e diffonderle: compito che è anche dovere verso chi, in giorni oscuri, tenne alto il nome d'Italia sui campi di battaglia iberici. lJna parte dei volont,ui italiani accorrenti in lspagna si arruolava a .Marsiglia, centro principale di recJu. tamcnto per le formazioni liberali, ed entrava a far parte delJa legione straniera, detta. anche legione autonoma francese. D1 alcuni ci è conservata memoria dai registri della polizia pontificia, che iscriveva tra i sospetti politici coloro che avevano partecipato a quella guerra nelle file dei costituzionali. Vanno particol.1rmente ricordati il forlive,;c Sabino s~eri ed i bol<;>g_ncAsinto~i? Serra ed Angelo Ma. sin1, compresi m uno stesso elenco, per la grande figura del Masini, eroico volontario del 1849, caduto nella difesa di Roma, caricando con alcuni dei suoi 'Ja,ueri della morte i Francesi asser- lt . ti nel Casino dei Quattro Venti: odo Ma<sini, come lo chiamò il cci nel di.scorso in morte di Garibaldi. La partecipazione del Masini alla guerra non fu lunga, ma sufficiente a porne in rilievo lo slancio, la disciplina e il coraggio. Arruolato nel maggio 1836 e asseg~ato, come g~anatiere, al 'li) battaglione della legione, era promosso caporale nell'agosto; il 14 settembre combatteva a M. Jura., presso Pamplona, e per la bravura dimostrata era promosso sergente e decorato al titolo di Maria Isabella Luisa. ~cl 1837 chiedeva il congedo, facendosi sostituire da un fuciliere Roffini, certamente italiano egli pure, e rientrava a Bologna, nell'attesa e con la speranza di mettere a servizio della patria l'acquisita esperienza di guerra. I "Cacciatori d'Oporto" JI numero maggiore dei nostri volontari ~i riunì però in uno dei due reggimenti formati in Portogallo e precisamente nel reggimento Cacciatori di Oporto, composto di Italiani, Francesi e Portoghesi, e comandato dal genovese colon,lo Gaetano Borso di Carminati. E uesti uno degli esuli del Piemonte, 1 seguito ai moti del 18'lt, che dopo aver combattuto nella precedente rivoluzione spagnuola, alla testa di un battaglione di volontari catalani, e dopo aver militato in Portogallo, a favore di don Pedro e della costituzione, segnalandosi e guadagnando il grado di colonnello, tornava in lspagna al comando di un reggimento di volontari. In Ispagna, promosso generale, doveva la.sciar la vita miseramente, nel 184~. a guerra vinta; condannato alla fucilazione, per aver partecipato ad una congiura politica, egli mostrava fino all'ultimo, di fronte alla morte, il suo animo intrepido. Si narra che accompagnato al luogo del supplizio, come d'uso, a passo lento, cadenzato dal battere del tamburo, si rivolgesse al tamburino dicendo : < V a• mos, muchacho, baso redoblado > (Via, ragazzo, passo accelerato), e che comandas~ poi egli stesso, in piedi, il fuoco del plotone d'esecuzione. roico artigliere della difesa di Venezia. E~uli in gran parte del Piemonte, del Napoletano, del Modenese, che avevano già provato nelle congiure e nei moti la propria fede nelle risorgenti fortune della patria, e che ave• vano imbracciato un fucile, in terra straniera, un po' per spirito guerriero, insofferente di inerzia e quietismo, molto per un'idea di libertà, ma soprattutto per essere più pronti alla invocata guerra santa d'Italia. "La tigre del Maestrazgo" Tra i volontari italiani, tutti uguali per valore di fronte all'avversario, con qualunque grado essi combattessero - non pochi, del .resto, che avevano avuto in Italia un grado, anche d'ufficiale, militarono nelle formazioni volontarie come semplici gregari, - alcuni ebbero modo di emergere per doti di intelletto e per dottrina militare. Ricordiamo Giovanni Durando e Manfredo Fanti. li Durando che, al comando di truppe, salì al grado di generale, ebbe ai suoi ordini un corpo di tre battaglioni e seicento cavalli, e partecipò ai consigli di guerra, chiamatovi dal gen. Espartero, duca della Vittoria. Jl Fanti - compagno di Ciro Menotti, sfuggito agli artigli e al capestro del tirannello di Modena, - laureato in matematiche e ingeç-neria civile, e studioso di fortificazioni, che arruolatosi, al pari di molti altri mo• denesi suoi amici, nelle unità dei co• "itituzionali spagnoli, attese dapprima, quale tenente del 5<Jreggimento fra(lChi furono.e quanti furono gli Italiani del reggimento Cacciatori d'Oporto? L'elenco esatto e completo non si potrà forse ricostruire mai, e ci si do. vrà contentare dei nomi, relativamente scarsi, di coloro cl,e per l'attività suc• cessiva, più assai che per le azioni di Spagna, hanno acquistato il diritto ad un posto nella nostra storia. Perché i corpi volontari italiani in Ispagna sono stati scuole di combattenti e di capi delle nostre guerre dell'indipendenza e dell'unità. Una schiera di generali è uscita di là : il Cialdini, Giovanni e Giacomo Durando, Nicola Fabrizi, Manfredo f'anti, Domenico Cùcchiari, Giacomo Medici ... Ma quanti altri erano a fianco di questi celebri soldati nostri, come ufficiali, come graduati e gregari! Quanti di essi cadevano oscuramentr, nelle operazioni alle quali i Cacciatori d'Oporto partecipavano, nei cinque anni, dal loro sbarco a Barcellona, nel gennaio 1 8361 alla fine della guerra! Giacché il reggimento dei volontari italiani non fu mai risoanniato; impiegato dapprima in Catalogna, e poi nell'armata del centro, che operava nel reame di Valenza, nel Maestrazgo e nel!'Aragona, fu sempre all'avanguardia nelle avanzate, e ultimo a ritirarsi nei ripiegamenti. _e stato scritto che i Cacciatori d'Oporto per- I dettero i due terzi dei loro effettivi sui campi di battaglia, ma della schiera dei valorosi ben pochi, oltre quelli ricordati, sono sfuggiti' fino ad ora al• l'oblio: Arduino, Ribotti, Gherardi, Vecchi, Clerico, Chiesa, Rouarol, l'e- GRUPPODI SOLDATI "OARLISTI" (da 1:111& 1tampa "cullata" del 1834). co di Catalogna, ai lavori di difesa di Brulk {Barcellona) e respinse un attacco nemico meritando~i una prima medaglia al valore, e che passò poi, ~cmp~e c~me tenente., nel reggimento Cacctoton d'Oporto, chiamatovi dal Dur~ndo. Addetto subito al comando della brigata, per lavori di carattere operativo, tornò in seguito alle truppe, acquistandosi, per merito di guerra, il grado di capitano. Mentre il Fanti face\'a ,crvizio al com,rndo della brigata, tra lui e il Durando si stabiliva un'attiva corrispondenza, nella quale si discutevano i problemi della guerra. Ci sono rimaste alcune lettere del Durando. di notevole intcre~(,C per la storia dcglì a\-venimcnti bellici e quale documento della scriC'tà e pas~ione con la quale i nostri "olontari partecipavano alle ooerazio• ni. In una lettera del 1 3 maggio 1839, da Teruel, si legge: « Oggi ho assisti• « to ad una riunione per decidere cosa e dovevamo fare. Cabrera (uno dei e maggiori capi carlisti, noto per la fe- « rocia delle rappres,tglie con cui ven- < dicò l'uccisione della madre, e che e gli procurarono l'epiteto di " tigre del e Maestrazgo ") è tra Gabriel e il Ju• < car ... Ho proposto che due brigate e marciassero a Guadalajara, e che noi e coll'altra brigata marciassimo su Al- « liaga, per forzare Cabrera ad accu- « dire al suo paese, insistendo fortemen- « te che dovevamo portare la guerra e nel paese occupato dal nemico se voe levamo salvare il nostro. Si decide di e marcin.re domani m Molina ... Così e vanno le co~e e si eternizza la guer- « ra. Abbiamo cominciato la guerra in < Catalogna, poi sull'Ebro, poscia in e Valencia, cd ora in Aragona e Cae stilla, e correremo probabilmente la e Spa~na tutta, perché così non si fie nirà. I faziosi fortificano i punti che « loro convengono, noi facciamo altret• « tanto; non li soggiogheremo 1 né essi e noi>. Nella lettera il Durando continua esponendo al Fanti un suo piano d'azione, a forze riunite - secondo i buoni principi di strategia - col quale ideava la raccolta di trenta battaglioni e quattro squadroni : mas"a, d'altra parte, a!,~ai esigua, tenuto anche conto degli scarsi effettivi dei battaglioni. Quasi un anno dopo, il 25 marzo 1840, il D rando ~crive ancora al Fanti, da P:i.lornar: e Ho sempre detc to e sosterrò sempre che la prima « operazione doveva essere quella di e concentrare tutte le fazioni alla sic nistra della strada di Zaragoza a Vae lencia, attaccando successivamente i e forti nemici della Castilla. li Gene- « raie, e,;;sendo nuovo nel paese, ha e dovuto cedere all'opinione pubblica « manifestata in tutti i giornali. Visto e l'erroneo di questo piano se ne deve e adottare uno migliore; vale a dire e fare la guerra sistematicamente ...>. Le idee del Durando non dovevano ptrò tro\'arc applicazione pe•·~hé la guerra finalmente cessava, con la rinuncia alla lotta del generale carlista :Vfaroto, ,;;ce1;0ad accordi, e del Cabrer;1, rifugiatosi in Francia. Un giudizio di Mazzini L'ultin:m lettera del Durando, di cui abbiamo conoscenza, è datata e Villafranca dc Panades, 23 ottobre 1840». Scrive il generale : « Aspetto con ime pazienza l'opportunità per doman- « dare il licenziamento dal corpo. Abe ji:imo finito la nostra mi1;sione, e e compito le- condizioni del patto. Ho e volon_t,l di avvicinatmi ~• se posso, e stabilumi dl)t1c l'Appenmn parte ... >. L'immagine dl'!l' lla)ia, il desiderio del proprio paese, cr,mo st·mprc nel cuore di tutti i volontari combattenti in terra straniera. Anche coloro che, CO• mc il Fanti, eran riusciti ad ottenere posizioni, onori, gradi e a formarsi un.a famiglia, non attendevano che un richiamo, uno squillo di guerra nella patria lontana, per correre - )a,c;ciando ricchezza, sposa, figliuoli - a dare mente e braccio alla causa italiana. I rapporti con la Patria degli esuli combattenti in Ispagna, un secolo fa, non erano stati del resto mai interrotti. A tenerli vivi a"cva contribuito con lettere e messaggi Giuseppe Mazzini, il gr~nde animatore, che ben sapeva quanta virtù fosse in quei prodi che si prodigavano in una guerra tra le più aspre e difficili, e ch'egli condannava con dure parole, < guerra d'orroc ri, di ferocie, di rappresaglie che e fanno rabrividirc >, così scriveva alla Madre, il 27 novembre 1838. Dalla corrispondenza di lui si rileva che il Fabrizi, e sempre buono e caldo>, mentre trovavasi nella penisola iberica aveva proposto al Mazzini uno sbarco in Sicilia, alla testa di una parte degli esuli italiani del corpo Cacciatori d1Oporto. Il disegno era immaturo e irrealizzabile ma è documentcS magnifico dello spirito di quei volontari. Volontari mirabili, uomini superbi di cui dobbiamo essere orgogliosi. Il Mazzini stesso, che li conosceva in buon numero e ne seguiva le imprese, ha da. to di loro un giudizio che non deve essere dimenticato. In una lettera alla :'vladre, del 9 agosto 1837, Egli ha la• sciato scritto: e E vero che il Sorso e e in generale i molti Italiani che sono e con lui si fanno onore, e se le trupc pc di Maria Cristina fossero tutte e com'essi sono, credo che avrebbero fi-' e nito a quest'ora la loro contesa >. Non si possono rileggere oggi, senza un senso di commozione, queste parole, oggi C'he, nuovamente, schiere di volontari italiani dànno prova ,ui campi di batta~lia di Spagna, a Malaga, a Guadala1ara, a Bilbao, di leggendario valore. Di quel valore guerriero che è pura, secolare tradizione della gente italiana. TRlARIO GL1I00MILID Il PIII FIGURINAIO !SILVESTRO POLI, ,barcato a New York, osservarono gli occhi e la bocca: videro che era un ragazzo sano e lasciarono che scendesse a terra. Nuova York era già una grande città e i primi grattacieli s'alzavano turriti, ma gli emigranti italiani abitavano m baracche di legno, prossime all'aperta campagna, che non era la campagna toscana che Silvestro conosceva. Andò ad abitare in una dì queste baracche, comprò gesso e creta e si mise al lavoro. Gli altri italiani del luogo, i siciliani e i napoletani, quasi tutti fruttivendoli, o i veneti che facevano i muratori, dicevano: • li lucchese vuol fare lo scultore; Dio gliela mandi buona!• Silvestro ebbe il suo stand ma non si dava aria d'artista: la sua non era un'arte: fare le statuine di gesso era soltanto il mestiere del suo paese. In ltalill, si facevano con fortuna le statuine di Garibaldi, di Vittorio Emanuele 11, e dì Cavour, ma Poli comprese che si doveva mutar personaggi. A New York, seppe trovare un ritratto di Washington, del quale sapeva una cosa sola: che era il Garibaldi e il Cavour di quei posti, e lo fece in gesso. Poi andò a venderlo in giro. Conosciuti altri eroi della emigrazione e della libertà americana, li ridusse in piccole statue -di gesso. Silvestro ebbe fortuna, Ogni famiglia ebbe un piccolo busto di gesso nella propria casa. Ma l'America, se cominciava a Nuova York, continuava attraverso le grandi pianure: e anche Silvestro parti verso la Californi.a, dove doveva diventare milionario. Silvestro Zeffiro Poli er;i nato verso la metà del secolo scorso a Bolognana, in provincia di Lucca. Quel paese si trova nella valle del Serchio, e poche sono le risorse dei luoghi. Tutto al pi'Ùvi si potrebbe coltivare la pastorizia, tenendo il gregge alle falde dell'Appennino d'estate, e conducendolo nella pianura lucchese d'inverno. Ma la pastorizia, al contrario, viene appena esercitata. Solo gli abitanti dei paesi solitart, lontani dalle strade, vi si riducono: gli altri ormai sono secoli che emigrano in Europa, in America, e anche in Australia. Gente che emigra spesso non per lavorare, come fanno tutti gli emigranti, secondo le esigenze dei nuovi paesi. Il mestìcre se lo portano da casa: è quello degh stucchinai, cioè fabbricanti e venditori di statuette di ·gesso. In tutta la valle del Scrchio e della Lima, 1 contadini, fino da ragazzi, si riuniscono in compagnie per fabbricare e vendere le statuine. Ogni compagnia si trasferisce in qualche città europea, o americana: affitta un magazzino, dove alcuni restano ad impastare la creta e a formare il gesso, mentre gli altri percorrono a piedi i dintorni, vendendo la mer.:.anzia. ~ un mestiere 11ntichissimo,che si serve di poche regole rudimentali, e che quasi non ha progredito. Tutt'al più, variano i soggetti, cambiano gli eroi, ma con molta prudenza. Le figure di Cristo e della Madonna, e poi il putorello e la pastorella: questi i soggetti tradizionali, cui si aggiungono gli altri degli eroi del momento. Trattandosi di gente che ha poche notizie del mondo, se l'effige e la fama d'un personaggio unvarono fino a loro, vuol dire che sono diffutie. Silvestro Zeffiro Poli andò, dunque, verso la California ch'era la terra dell'avvenire. Era il r88o. Lo stucchinaio analfabeta comprende del nuovo paese sopra tutto una cosa: che la gente ama vedere, che ha voglia di svago. Ma presto le statuine di gesso non bastano più. A New Haven, nel Connecticut, Poli pianta una baracc11,un piccolo museo Grévin, dove ci son tutti i personaggi del :empo. Poi, un bel giorl).O,in quella baracca entrano altri personaggi vivi: gli spettacoli hanno Successo e prendono l'animo di un pubblico di pionieri. Cosi Silvestro Poli ha il suo primo teatro. Un teatro in una baracca di legno, aperto fino al 1893. ~ allora che a New Haven si inaugura il teatro di \:Vaterbury: un teatro vero e proprio; il sindaco partecipa all'inaugurazione, con la fanfara del reggimento. Da quel giorno, Mister Poli diventa un impresario. Smette di occuparsi di gesso: è alla testa dell'industria teatrale americana. Presto ogni città ha un teatro Poli; in Broadway come nelle piccole città del \.Vest, dove c'è ancora aria di avventura. E, dopo i teatri, i cinematografi; fino a quando, nel 1929, la Fox dà a Silvestro Poli una. J:aparra di 400 milioni, riservandosi di acquistare senz'altro,dentro un breve periododitempo, tutta la catena dei suoi locali. Ma il 1929 fu anno di diluvio per i norci-americani: ricchezze and11ronoin fumo col tracollo di Wall Street; quella di Silvestro Zeffiro doveva invece raddoppiarsi. La Fox fallisce, cd egli resta proprietario dei suoi teatri avendo in tasca 400 milioni di più. Anni fa, come Silvestro tornò in Italia, tutti a Lucca dissero che Poli, uno degli uomini più ricchi d'America, sarebbe rimasto 11Isuo paese. E non fu cosl. Si sapeva che sua figlia sposava un nobile fiorentino; e ciò parve una risoluzione di una vita dura. A Lucca gli •americani» che concludono la loro vita col rrul.trimonio delle figlie, sono tanti. Parve naturale che Silvestro Poli costruisse una villa grandissima nei pressi di Bolognana, un Castello addirittura, spendendo dei milioni. Gli •americani» mirano senz'altro al castello; molte tnrri e infinite finestre. Anche di Silvestro Poli si disse che avrebbe dato lavoro a centinaia di rw;raton. Invece, all'improvviso, partl per tornare ai suoi affari dì Broadway. Partl e più nessuno, fino ai primi di giugno, hlì parlato di lui, perché a Lucca di" americani• ce ne sono tanti che sarebbe difficile tenere dietro a tutti. Ognuno di essi ha la sua storia: la gente la racconta soltanto il giorno della morte. A. B.

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