ANNO I -N. 13-ROMA 26 GIUGNO 1937-XV Un complimento collettivo a sessantamila donne non può dar luogo a inc.onvenienti; dicia- . mo_dunque che, raggruppate m f?lte sch1e:C dalla via dell'Impero al Circo :Vlass1mo, le sessantamila dono~ fa~~te erano tutte bellissime, e agg1ung1:::i.mo che lo spettacolo che offrivano era più bello che se fossero stati sessantamila uomini. A~che l'entusiasmo col quale, più tardi, hanno acclamato il Duce e hanno risposto ai suoi interrogativi è stato di. grado. altrettanto alto, ~a con una mtonaz1one più commovente di quella delle adunate maschili. Sessantamila donne! Ne~un uomo ne aveva n:iai vedute in CO'ìÌ gran numero, e tutte in una volta. Un esercito .... Ma poiché gli eserciti usiamo pemarli di gente. in ~alzo~, così era un poco, come ?1~.. mq~11etante l'idea di migliaia e m1glta1a d1 donne marcianti su Ro. ma da tutti i punti cardinali 1 comitive su comitive, squadre su squadre con viaggi durati, in qualche caso, tu~ta la notte, intrepide e imperterrite dentro le loro lunghissime sottane e dentro (almeno fino a una certa ora) le loro scarpe nuove... Per una volta tanto gli uomini sono stati a guardare, no~ sapendo bene se era il caso di fare i galanti. Siamo ormai abituati alle spettacolo• ~ adunat~. ai movimenti di grandi m;.ssc, alla cordialità delle manifesta- .tion: politiche, ma tutto ciò prende un più icco senso quando si tratta di don. "le, anzi dimostra meglio il suo vero \.C0$0. La saggezza popolare si è sem• p_re espressa con un imperativo categorico le donne sti.1no a casa. Vicever• •a tantt' ne sono tJscite, abbandonando I focok re domest ;:o tali e quali gli uo• mi11i, però semp·,-e alla spicciolata e, -.oprattutto, sempre per ragioni che in fo: ,dn ,iù domeniche di CO!Ì non po,- t~bbero esscre,c1oè per aiutare la barca. Ecco ora le donne chiamate in mas• sa fuori di casa, e per ragioni civi. che. Ecco le massaie al cento per cen• to. qu(")le e rurali>, che abbandonano l'aia e l'orto p~rché convocate in piaz• za. Tutto ciò .: molto significativo. La nuova libertà delle donne, in tal mo. d,>, non ha · ,iù soltanto un senso eco• nomico, ma acquista un senso politi• co. '~. democrazia fascista non è .solo r n~ hile, e~sa immette nella circola• zione anche le riserve femminili. 11 popolo è fatto di uomini e di donne, e gli uni e le altre il regime li vuol vedere, li vuol contare. Il e:popolo • non _L.eveessere una parola del gergo poliuco, ma una realtà plastica. An• che le donne possono far massa, e riempire le strade e le piazze, e grida• re con una bocca sola fatta di migliaia di bc-cche. Il gigantesco raduno fem• minile. che il Partito è riuscito a rea. lizzarc il 20 giugno, rappresenta il trionfo della democrazia intesa come plast:ca politica. Questo non è uno stravagante acconamento di concetti, ma un'idea che può venire a chiunque abbia assistito alle più tipiche manifestazioni pubb)i. che d~I Rt·gime. Nelle quali si vede la mataia < popolo > plasmata a grandi b/incchi, e fon.a ~ consen~ esteriorizzati i, grandi architetture di ma\SC. Una volta - ai tempi del suffragio univerrale - si parlava della e ma.s-- ja > elettorale. Evidentemente non si conoscev4 il valore di questa parola, che è una delle parole.chiavi della vi• ta poli tic a contemporanea. Gli elet• tori erano tanti tizi che se ne anda. vano uno per uno, e ciascuno per suo conto, a votare i e per far ciò bisognava che si ritirassero in un angolo se. greto, ben separati da tutti 1 loro si• mili, t; apprna avevano votato sgat• taiola.., ano via. Invece le vere masse popolari, quelle che si muovono per Musso! ini o per Hitler, si formano al• l'aperto, colano nei grandi spazi e li riempiono e vi diventano un che di wlido e di vibrante, di compatto e di mobile. Ecco la trasformazione dei Molti nell'Uno: rompicapo dei fiJo. 50fi, ma realtà di tutti i giorni per i rel!,:imi totalitari. Al fatto materiale co rriJponde una realtà spirituale : la massa diviene veramente una persona ~:ola, centro unico di sensazioni eguali, •.erbatoio unico di un solo ~ntimento. Chiunque abbia preso parte a un'adu. nata, o abbia marciato per tre ore o per un multiplo di tre, ha potuto veri• ficarc il fenomeno nel suo stesso spirito. Ma occorre l'adunata, occorre la marcia gomito a gomito. La tra,for· mazione dei :Molti nell'Uno occorre che sia provocata. E, infatti, dietro il po· polo che divjene mas~a in azione c'è, normalmente, un disegno, un program• ma, una tecnica. La tecnica delle ma,. ,e è creazione dei regimi totalitari, dei regimi, cioè, che ignorano l'individuo, il quale è sempre « parte >, e comuni• cano unicamente con la collettività, che è il e tutto:,. Ecco perché anche nel Fascismo inquadramenti, schiera• menti, raduni, hanno un'essenziale im• portanz:i. Servono a realizzare, ad esteriorizzare lo spirito collettivo. Trasfor. mano il e:popolo > in qualcosa che si muove, che grida, che esprime visibil• mente la sua anima. Abbandonate a se ste,..,o ciaK:uno dei componenti la massa, e lo avrete perduto come fona politica viva; ridiventerà e parte>, individuo. AI massimo leggerà un giornale, per il piacere di sentirsi di parer contrario a quello deJl'articolo di fondo. Perciò la propaganda è una funzione di Stato tanto difficile quanto irn• portante. Per la stampa e per la radio la materia da pla.smare è sfuggevole, e può dare reazioni imprevi.ste. Bi.so• gnerebbe, se fosse possibile, ridurre tutte le manifestazioni pubbliche della vita politica a rito e a spettacolo. Con quest'ultima par.ola si mette in rilievo un elemento psicolo~ico essenziale. Non è for'\C vero che, nelle parate militari, ha grande importanza lo spettacolo di bellezza e di forza che i soldati dànno a se stessi? Tanto meglio esse riescono quanto più i soldati si ~entono e atto: ri ». Or non è appunto questo lo scopo delle adunate civili - scopo tanto me• glio raggiunto, quanto più intervcn• gono elementi estetici e sentimentali, - quelJo cioè di trasformare ciascuno intervenuto in un partecipante attivo, in una voce di un immenso coro, in un e attore > che vive un dramma entusiasmante? Quali grandi scene co• rali sono i dialoghi fra Mussolini e la folla! Ecco esempi unici al mondo di una superiorità tecnica delle masse, di quella tecnica senza la quale og~i nes• suno potrebbe essere un P'rande uomo di Stato, un Capo. Per tornare alle brave donne fasci. ste, abbiamo già detto che lo spetta• colo del loro raduno è stato belli~imo e grandioso. E benché f<Xsero se~san• tamila, ne è u~ita una immagine sola, quella del!' Italia femminile, materna, ~ag-gia, coraggiosa e fedele. v.c. s. 12 PAGINE UNA llRA SPEDIZIONE IN ABB. POSTALE DIARDIIDUNIDRGHDIIIfIRANG wl~ U)QJ~ià~~ IL SIGNOR DUBOIS ha detto ieri sera al caffè che il Fronte Popolare è l'unica garanzia del· la borghesia france~. S~nza Blum1 noi s.aremmo m pieno bobccvismo. Il signor Legrand senten• zi:t che la Francia, invece, attraversa un periodo di grande deca~enza, e che siamo al servizio dell'Ingh1lterra ! della Russia. Non lo credo. Legrand e nazionalista si sa. Sogna solo guerre e conquist~, e a dargli retta vorrebbe un altro Clemenceau. AÌlche se noi non scriveremo una bella p:i.gina di storia, e vivremo sempre d'accordo con l'Inghilterra, non me ne dolgo. Del resto, essere al servizio con l'Inghilterra è garanzia di pace. ~a Francia è un'idea; è una democrazia; é la concordia degli interessi, e noi an• diamo dove è il nostro interesse. In que• sto momento il nostro interesse è la pace : la pace non ce la può dare che il Fronte Popolare. Dovrebbe ~ompren• derlo il signor Legrand, che 1I Fronte Popolare è la pace, e che ci conviene stare d'accordo con la Banca d'Inghilterra. I comunisti hanno fatto una dimo• strazione e rotto i vetri qui sotto. Ja• queline si è spaventata. Yvonne, la no• stra cameriera 1 era fuori e per rientra• re ha dovuto farsi largo fra i dimostran• ti. Lei dice di averne schiaffeggiati due che la volevano seguire per le sca• le. La dimostrazione era per la Spa• gna. Non amo la violenza. Sono per la pace. Quando gli operai sono in gruppo diventano dei bruti, e non li posso sopportare. Questa gente non ra• giona; è una minaccia per tutti. Se una donna si affaccia alla finestra, l'accol• gono con ,insulti. Sono un democrati• tico come mio padre; ma1 secondo me, la democrazia vuol dire ordine. Ho comprato la Storia d'Inghilterra. Principia l'inverno. Mi chiudo in ca• s.n. In fondo. non c'è altro che la Jet• tura al mondo. Leggiamo tanto, io e mia moglie Jaquelme. Qunlche volta si va al cinem:1 : raramente alla Co• médie.Française. Andare alla Comédie è per noi una vecchia abitudine. Ma ora hanno cambiato il direttore. Il si• gnor Fabre era tanto gentile. Il nuo• vo direttore dicono che sia un amico di Blum; scrive sul Populairt. Il ministro Slum ha parlato di lente riforme sociali. Ciò è molto giusto. La Storia d'Inghilterra è ammirevole; di rado una rivoluzione. Ho prestato il libro al signor Legrand : me lo renderà fra una settimana. Blum pare che non ceda ai comuni• sti, e mi fa una grande rabbia Legrand, quando dice che Slum è un satellite di Stalin. Lcgrand lo dice con soddisfazione. Credo che Blum sia uno che vuole il bene della borghesia francese. Ha la sua tattica, lui. Le sere in casa .sono noiose, e più noiose le sere nl Ca/i des deux Magots. Sono uscito con MarceUe. Siamo andati in un piccolo cinema; poi in un caffè. Ma anche Marcelle é infatuata del Fronte Popolare. Gli piace Thorez; io invece lo aborro, con quella faccia da contadino. Blum sarà. anche lui amico dei bolscevichi, ma è di un'altra razza. e un uomo che ha scritto dei libri. Marcelle ha preso delle brutte abitudini. Quando mi saluta tende il pugno. Frequenta giovinotti che non si levano nemmeno il cappello per s.:i.- lutarti. La Spagna mi preoccupa. Se i rossi vinceranno, ho paura che la Francia sarà. travolta dal comunismo. Credo che Blum lo sappia e che, proprio per que• sto, non dia tanto spago a Thorez e a Cachin. Quel Cachin poi non lo posso soffrire. Mi è antipatico. Sempre dimo• strazioni. Quelle di stamani mi hanno convinto che Blum farebbe bene a but• tare la maschera e a difendere la bor• ghesia francese. I sobborghi non aspet· tano che un momento di confusione per intervenire in piazza. I comunisti non amano la pace : la guerra in Spagna non è, forse, una guerra come tutte le altre- guerre? Poi una dittatura, anche se di proletari. è sempre una dittatura. Thorez dittatore non so vederlo. Biso• gna che la dittatura sia evitata ad ogni costo. Abbiamo abitudini da salvare. La democrazia è la nostra abitudine alla libertà e all'agiatezza. Sì, io sono democratico conservatore. Dobbiamo conservare la nostra democrazia. L'av• venire della Francia è nelle ~ue tradizioni. Quello che conta soprattutto ~O· no i buoni scambi internazionali Con Legrand no{l si vive più. Sarà che deve rendermi il mio libro, ma di. ce cose che mi fanno inorridire. Se• condo lui, Blum non sa quello che fa. Dice che è un temporeggiatore, che domani potrebbe svegliarsi con i Soviet in casa. Oh, io non ho mai creduto che Blum sia un grande uomo politico. Ha i suoi difetti. Indulge troppo alle ma• niere piazzaiole dei compagni di Ca• chin e Thorez. 1·fa, in.somma, credo che, per quanto ebreo, sia un vecchio francese; e che voglia la salute della Francia. Marcclle mi impensierisce. Le sere con lei diventano faticose. Quasi pre• ferisco passare le mie serate in casa, con Jaqueline che legge. Ho compra• to un libro di Dourgct. Anche lui è morto e lo leggo con emozione. Ho de• ciso di vedere :Marcelle una volta alla settimana; e di fare tutto per non parlare con lei di politica. Già, le donne che parlano di politica non mi vanno. Blum fa male ad essere femminista. Non capisco per quale scopo lo sia... llONSIEUll J'EAN DORAlfD.DUPONT ET SON AlllE UROELLE AU o.ut DES DEUI lUGOTS Il signor Legrand mi ha spiegato ieri sera cosa vuole, secondo lui, il Fronte Popolare. Dice che prepara la strada ai comunisti, e che la Spagna porterà alla guerra. Il Governo man• da aeroplani ai rossi. Va bene che li manda Cot, ma insomma Blum non è abbastanza energico. Sta bene che la politica ha le sue necessità; ma mi pare
~he. ~i precipiti. Quel Cot poi passa i lunltl. Non vuole che si onori un francese che ha fatto del bene al paese come Mermoz. La democrazia non deve cedere su certi punti. Io sono per la Marriglìese. I giornali mi amareggiano. Bisognerebbe non leggerli più; limitarsi ai libri : ai vecchi libri. Come vorrei rileggermi tutto Maupassant ... Sui giornali d'oggi non si parla che di guerra. Per fortuna non abbiamo figli. Ma vivere sempre col pensiero di una catastrofe non è bello, anche se non si è troppo 8'iovan~. .. Tutti i giornali si chiedono : e Dove andrà la Francia?>. Dicono che Clemenceau salverebbe il paese. Lo ha detto LenOtre ieri sera. Ma Clemenceau era per la guerra. Non dobbiamo essere per la pace. Il signor Legrand non è poi uno sciocco. Sono stato a casa sua per riprendere il mio libro e abbiamo parlato a lungo. t un uomo colto. Ha viaggiato. Dice delle cose giuste. Secondo lui, Blum fa correre un grande pericolo alla Francia. Tutto rincara, i nostri risparmi vanno male, e poi la Francia non vuole riforme troppo precipitose. 11 signor Legrand ha una bella casa. La sua libreria mi é molto piaciuta abbiamo passato una bella serata. IÌ signor Leerand mi ha reso il libro· un po' sciupato, ma lo farò rilegare, i>crchè questa Storia d'Inghilterra lo merita. Siamo usciti insieme, e abbiamo fatto una passeggiata per la nostra a• dorabile Parigi. La Russia é molto armata : dicono che abbia un'aviazione potente. Con i quattrini dell'Inghilterra e con gli aeroplani della Russia, pare che la Francia possa ~tar sicura. Tutto rincara. Dal giugno •36 i prezzi sono cresciuti di un terzo. E si diceva che la politica del Fronte Popolare avrebbe accresciuto il potere d1acqui- ~to delle ma1SC!Ma se i ~alari sono cresciuti, che vantaggio c'è quando crescono anche i p1ez-zi?La rendita è talmente abbassata che si stenta a vivere. Le imposte aumentano. Senza noi risparmiatori, come vivrà la Francia? L'ultima guerra l'abbiamo vinta noi. Col ri• sparmio abbiamo vinto la Germania. Sì. La Francia è anche valorosa, e i piccoli risparmiatori sanno anche combattere. Caillaux ha detto : e Durante un anno deJ governo di Blum, il debito pubblico è aumentato di 29 miliardi >. Siamo stati ancora una volta traditi. Non noi, ma la Francia é stata tradita. Dicono che i danni che subire• mo con le riforme sociali saranno compensati dai guadagni, con una ma~- giore facilità di scambi; ma i magazzini sono rimasti chiusi per due settimane. Alla Sorbona c'è stato un corso di marxismo e ha parlato Paul Nizan. Il marxismo certo è una grande teoria; ma Mane era un filosofo. Ci manchen;bbe altro che badare ai filosofi! Intanto, nella pratica, si annulla la ricchezza; e così vuol dire che si annullerà la Francia. Ho incontrato il signor Legrand. ~ così bello trovarsi fra amici! ~ il centenario di Descartes. Legrand, che è colto, mi ha detto cose interessanti sul nostro grande filosofo. Io ho gridato: e Abb.. sso Marx, viva Descartes! >. Mi scrive mia sorella. La provincia non ne vuol più sapere. I piccoli proprietari e i commercianti sono stanchi di vivere in una atmosfera di disastri. Mio nipote Jean entrerà nella scuola militare. Fa bene. Gli ho scritto una lunga lettera. I giovani provinciali hanno ancora la testa a posto. A Parigi i giovani o tendono il pugno e cantano l'Internazionale, o fanno gli inglesi. Anche questa mania di andare senza cappello quando piove, con un impermeabile corto, non mi va. Vogliono parere londinesi a tutti i costi. O londinesi o russi. Mi fanno rabbia. Ho scritto a mia sorella che Jaquelinc e io andremo a trovarla. Ho licenziato Yvonne. A· veva troppe pretese. Voglio trovare una bella e brava ragazza del Delfinato. Partiremo presto. Porterò tanti libri ... Léon Blum vuole i pieni poteri. E perché? Da quando è al governo il deficit è spaventoso. In Francia si paga più tasse che in tutti gli altri paesi. A che scopo? E la libertà? Non si sa più cosa pensare. Il governo democratico vuole i pieni poteri; dunque vuole la dittatura? 11 governo vuole la pace e combatte in Spagna. Non si può più andare in campagna : si rischia di es- ~rc picchiati dai soviet i operai! Monsieur Legrand mi ha consigliato di investire i miei risparmi in Olanda. Sì, l'Olanda mi piace. Potrei aprir• vi anche un negozio. Io cerco la pace. La Francia è per mc un ricordo. Quando non 11:i ha figli, tutto il mondo è la patria. JEAN DURAND-DUPONT DAIUBI~ P ER LA PRIMA VOLTA si sono riuniti sul Danubio i capi di go• vemo degli Stati della Piccola Intesa, Le altre volte a queste periodiche riunioni partecipavano soltanto i ministri degli esteri. La novità non è trascurabile. Che cosa hanno deciso i tre presidenti? Il comunica• to non dice gran che. Una sola dichiarazione veramente esplicita : la concor• de avversione a qualsiasi riforma del Patto della S. d. N., che non significhi un suo rafforzamento. Subito dopo il convegno si sono avute le dichiarazioni particolari di Stojadinovic, di Tataresco e di Hodza, che hanno utilmente perfeiionato le magre proposizioni del comunicato ufficiale. Si è saputo cosi che i tre capi di governo hanno attentamente esaminato la situazione internazionale in rapporto ai loro singoli Stati; gli ultimi avvenimenti della Russia specie per le possibili ripercussioni sugli attuali aggruppamenti delle forze europee; la politica dell'Europa centrale con particolare riguardo all'Ungheria. A proposito dell'Ungheria, si ammette nei suoi confronti il principio della parità giuridica a condizione che essa offra alla Piccola Intesa delle garanzie di sicurezza e equivalenti al disarmo>. Non si ammette una denuncia unilaterale delle clausole militari del Trianon. In questo caso, i tre si vedrebbero costretti a ricorrere a delle sanzioni : alla denuncia, per esempio, di quelle clausole del Trianon che sono e vantaggiose > per l'Ungheria. Sereno, ma. non troppo Nel convegno del Danubio si è voluto vedere, in Francia, un e raddrizzamento > della Piccola Intesa e nelle dichiarazioni dei tre presidenti un opportuno correttivo a quelle che parevano essere le immediate conseguenze dei viaggi di von Nèurath a Belgrado, a Sofia1 a Budapest e del ministro degli esteri di Polonia colonnello Beck a Bucarest. Aveva destat_o un certo scandalo il comunicato di Belgrado nel quale si parlava di una perfetta e identità> di vedute fra la Germania e la Jugoslavia e si era notato con rammarico che nel brindisi a re Caro) il colonnello Beck non aveva fatto un solo accenno al Patto della S. d. N. ed alle amicizie comuni ai due paesi, cioè all'amicizia con la Francia. Ora tutto pare rasserenato. t vero? Certo è più facile mettere d'accordo delle frasi sulla carta che degli indirizzi pratici di politica. Che la Piccola Intesa si risvegli e ritrovi una certa unità quando si tratta di reagire contro le aspirazioni dell'Ungheria, nessun dubbio; ma basta questo a conferirle una vera unità e il rango di un'effettiva grande potenza? Nessuno potreb• be sostenerlo in buona fede. La verità vera è che l'Ungheria è un pretesto, che l'Ungheria fa le spese di una politica che esula dal suo limi• tato raggio d'azione, perché col pretesto dell'Ungheria si vuol tenere in vita una coalizione che deve impedire il blocco europeo contro il pericolo CO· munista rappresentato dalla Russia. Tutte le volte che 1:imuove il colonnello Beck1 tutte le volte che il colon• nello Beck si reca a Berlino o, peggio, a Bucarest, la Piccola .1ntesa sussulta. E si comprende. La Polonia confina con due degli Stati della Piccola Intesa. : con la Cecoslovacchia, con la quale è in pessimi rapporti, e con la Rumenia con la quale è in relazioni di ottimo vicinato. La primitiva alleanza fra Polonia e Ru.mcnia aveva un indubbio significato antirusso, allo stesso modo che aveva un indubbio significato antirusso la primitiva alleanza fra la Polonia e I~ Francia. Che cosa si teme, allora? Un ritorno all'intesa polacco-rumena, che potrebbe determinare un nuovo equilibrio dell'Europa centrale in senso antirusso. ~a chi lo teme? Belgrado? No di certo, perché Belgrado non ha ancora riconosciuto il governo sovietico. Lo teme Praga. Si spiega, così, il quos ego del Quai d'Orsay del maggio scorso a Vanavia e a Bucarest contro un'estensione dell'intesa polacco-rumena erga omnes. Carta. fisica. d'Europa. Ecco una carta geografica dell'Europa. Dal punto di vista fisico, è la catena dei Carpazi che rappresenta la linea Maginot della vallata del Danubio. L'ha provato in maniera decisiva il fatto che a.I principio della grande guerra, fra l'autunno e l'inverno del '14, la Russia sacrificò mezzo milione di uomini per espugnare quella linea, e I' Ungheria perdette centomila dei suoi migliori soldati per difenderla. Quella eroica difesa impedì ai cosacchi di giungere alle porte di Budapest e di Vienna per imporre la pace. Oggi, in virtù del suo trattato di alleanza con la Cecoslovacchia, la Russia può prendere possesso della linea quando voglìa. Dal tempo dei Turchi non ci fu mai minaccia più seria per le nazioni non slave viventi nel bacino danubiano. Su questo vasto territorio possono individuarsi tre grandi centri di gravi• tazione, i quali sembrano designati dalle stesse condizioni naturali. 11 primo, a settentrione della linea dei Carpazi, è costituito dalla vasta pianura polacco-lituana, che si protende verso il Baltico e la cui zona centrale è occupata dalla Polonia. Dalle sue tradizioni storiche e politiche, dalla sua vecchia e gloriosa civiltà come dalla sua forza militare, il popolo polacco è predestinato ad essere ìntermedìario fra l'Oriente e l'Occidente. E non è accessibile al bolscevismo. Il secondo centro di gravità è il bacino danubiano ungherese cinto dai Carpazi. La sua zona preponderante è costituita dal territorio abitato dana nazione magiara, la sola che sia stata capace di costituirvi, mille anni fa, uno Stato e di mantenervelo. Non vi può sussistere altra vita nazionale e altra organizzazione statale. Perché essa po~a svolgere tutta la necessaria azione difensiva occorre porla al sicuro dalle invasioni attraverso i Carpazi. Infine il terzo centro è il bacino ru• meno del Basso Danubio, comprendente nel medesimo tempo la cerchia orientale dei Carpazi. L'oceano slavo da cui è circondato su tre lati rappresenta un gro!so pericolo per il popolo che l'abita. Questo popolo sarà capace di assolvere la propria missione e di cu.stodire la propria indipendenza solo a patto di accordarsi con la nazione ungherese contigua. Altrimenti sarà ineluttabilmente costretto a lasciarsi rimorchiare dalla Russia. Il che segnerebbe il suo tramonto nazionale. L'avvenire dipende dalla possibilità di sviluppare e rafforzare questi tre centri di gravitazione, di armonizzarli a vicenda, di instaurare fra di loro rapporti invulnerabili sotto la raffica di qualsiasi uragano. M PARLANTI COLORO CHE, ntllt Ftstt dtl Libro, si otttndano sotto le inugnt dtl Sindacato Auwri t Scrittori 1ono un po' eome th • 110lati • al Giro d'Italia; la gn1uo1itd dtl Sin- / da&ato li confina in un angolo l~rduto, qualche volta inacctuibilt. dti Mtrcatt Tratan,i o della Basilica di Montnzio, t inwmo, fHr tre quatlro cr.rtqru giorni, 111golano t ti 1braccranoptr richiamar,: l'atttn.:nont dti rari pa,santr. Es11 umo i dirgra:ziati dtlla circostanza, , rntltl dal dutino, i dimn1ticati; ne1nmo prnide tn con. siderazione l'troùmo dtl volumt a s~st proprit; la gente pas,a dawnti alle loro lirrcht, ai loro romanzi, al/t loro navtllt, con mdifferttr:za, comt u non o· fo11tto: non una parola, non un 1orri10,non un 1nnpliu ,guardo. Ntanehe i ragazzini che fanno colle.=1ondei cataloghi t fogli volanti vogliono sa~rnt d~li •isolati•; intiano tui offr<molibri, gridano, ii autoproclamano grandi potti t c,lebri roman~1tri. Ntl n1tito rtcinto dow il Sindacato 1uolt ridurrt i woi iicritti menofortunati e 1tnza editori, ntan• cht una prtfa~ione di Lucio d'Ambra rlt1ce a vincere il cini11noe l'indifltrtn:za dd pubblico. {}ut1t'anno, alla Basilica di Mmsnt:zio, ntllt ullimt or, dtllo Ftsta dtl Libro, un vintotort di mtdia ttà, grauoccio t dallo ,guardo bonario, 016 avwnturarn' nella cripta d0t1e gh 1cr1ttori dtl Sindacato da tre giorni non vtdt:t1ano faccia umana. Un raggio di luce, finalmtntt, fH· nttr6 nelle anime dtgli autori dtrtlitti; c'tra anc11roqualamo al mondo cht si ricordava di loro, non lutlt lt 1fHran::etrono fHrdut.t. Arginando alla m,glto l'imfHIO dtgli offtrntti (wrsi, pro1t liriche, romanzl, racconti, ltatro non rapprtuntato) eyl1dichiari, cht i 1uoi acquisti non 1art~ro andati al di Id d, un wlumt, t che quindi gli dwtro la pouibibtà di 1ctgl1trt. Col cuore in gola, pallidi ptr l'tmo::tont, gli tcrittori aUturo lo dtcùione. Fr'nalmntU, In mano dtl 11"gnorgerauocào cadde 1u un wlumt di Vtrli di un ~la iiciliano. • Quanto costa? • chiese il gtntro10 visitatore, E ti potta: • Sei lire, sntza r'I lilwo mttà prt2::o •· GIORNI FA, il 11"gnorMarx Dormoy, mim'1tm dtgl' /ntt'fnr ntl gnbinttlo Blum, an<Mo pranzare in una graa1oti11ima t costola trattoria di compa.gnn, la Sosta Fiorita, prtuo Pouilly mila Loira. Tra lt frutta t , liquon·, il libro d'oro gli fu ruato, OtJt l'ecctlln1:a 1cns• u: • Pat.1agg10magnifico, pa1to succulento, Cht ti pu6 dt1idtrart: di più? ... Nullo•. L'indom.ani, un altro illustrt uomo, il colonntlto dt. la Rocque, ti /trm/J a pranzo allo So1ta Fiorùa, e a luJ pure il ITattort. prnnuro10 poru il libro d'oro. Letto ,I pen11t:rodtl nn·nistro, il leader dtl partito ton'al~ franct1t vi aggiunst qutlta rùposta: • SI, una cosa ,i dtt:e dt.1idt'fart: l'uniont di tutti i franctti di buona wl<mtà•. La lotta politica 1n Francia si roolgt rugli album ricordo ddlt trattont.. UN INGEGNERE americano, incaricato di costruirt dtllt stradt in l1P<Wna,trovi') che le cou andavano avanti incrtdibilmtntt adagio perchi i nativi erano lmtim'r,ti, non mo1travano alcun intneue t. attitudine al lavoro. Ma il ~io vtnnt. quando arriW dall'Amtricn uno di quei: grosri rt.a.pitnti I>" mt1colart il cttnnrto. Appena mt110in mettimtnto, gli opt'rar, gettati a ttrra i loro arnt.1i, cominciarono a ballare ltl(Utndo dtliranti il suo ritmo. 1r.NllO 1. NOii. 13. ,e GIOONO 1937-XV 11 OMNIBUS I SETT!MANALEDI ATTUALITÀ POLITIOAE LETTERARIA ESCE IL SABATO IN 12·16 PAOINB ABBONAMENTI Italia, Cclonle1 ano L, f5, umenre L. 23 Enero I inne L, 701 11me1tre L. 36 OGMI NUMERO VJU, LIRA )hnoacrlttl, dlugnl • fot.ognB.e, 111ehe " DOU pabblieail, non ti n,i.iiul,cono, Dlrnloat: Roma • Vla del Sndario, 28 Telt!ono N. li6l.695 .lm.m.IAl1trulo11a: !filano • Piana Oarlo Erba, 6 TelefonoN, 24,808 IK. lllon. Edltrtc• .. ODIJIOS " • lllJ.luo ESA!JIIDI COSCIEXZA E' TRASCORSO appena un anno dalla fine del confluto italo-etiopico. La distanza ~ troppo brnc per poter valutare in modo adeguato le conseguenze che esso ha avute e avrà per la politica monWalt. Antiche tradizionali amicizie intcrnuionali sono state 1pezzate; nuo"e amicizie s1 sono costituite; la bilancia delle fonc ~ sconvolta; la Lega delle Nationt ~ infranta; gli :armamenti awnentano a dism11ura, ccc.; sono questi, alcuni degli clementi della situazione odierna; e tutti traggono origine da.Jla crisi 1Q35•1936. Non crediamo di esagerare affermando che il conflitto italo-etiopico, chiusosi nel maggio 1936. contmua ad cssue il fatto dominante della scena politica mondiale; e, in un certo senso, lo ,ari ancora a lungo. Il fatto più importante di quella crisi mtmorabile non fu la vittoria 1t1liana, e ancora meno la liquidazione dcli' Impero etiopico, e molto meno ancora il fallimeQtO della Lega; il fatto cu1mmante fu la sconfitta de1J'lngh1I. terra, t vano cercare eufemismi, I.A ,·erità ~ confessata chiaramente dagli stessi inglesi. Dalla guerra d'indiptnden:r.a delle colonie d'America m poi, l'Inghilterra era stata sem• pre vittoriosa. Per la yruna volta, dopo un secolo e mezzo, ~ stata sconfitta nel 1936. Non può, perciò, destar mt.raviglia il fatto che in Inghilterra si senta Vl\'O il bisogno di un esame di coscienza; e ne son prova I numerosi libri e scr1tt1 e articoli, di vario mdirizzo e di diverso colore, sulla questione etiopica, che continuamente vi si pubblicano. In che consistette l'errore dell'Inghilterra? - è questo il problema che in esSI v1t>neprevalentemente uam.Jn1to. Sbagliò l'lnghiltcrr• pcrcht si impegnò troppo a fondo? Sbagliò percht si fermò a mezza strada? Sbagliò Sir Samuel Hoare? o l'opinione pubblica, che insorse contro Sir Samucl? o Eden? F. quale parte ebbe ciascuno dei protagonisti nei vari episodi del dr11rnma? Errò l'Inghilterra ne.I fare troppo assegnamento su11a Lega? o nel sostenere troppo debolmente la Legs? E perche non era preparata milnarmentt.? Di eh.i, di chi la colpa? di Baldwm? di Hoare? di Eden? Questi ed altri quesiti vengono agitati e discussi nelle suddette pubblicazioni, "ABTSSDIIA AlfD ITAI.T" F RA QUESTE pubbli<'azioni, merita un posto a parte ti secondo \'Olume dell'annuario di poli11ca internazionale (Sun~y on /nternational Ajjnrr1) per il 1935, interamente dedicato al conflitto 1talo•etiop1co. Esso ~ s1ato tutto scritto dal professore Toynbee, ad eccezione dtl capuolo sulle san• zioni, che è stato senno da Mr Hodson, consta di 568 pagine, più 11 di prefaziont>. porta il molo , Ab}·mnia and ltaly, (e non già beninteso, • /taly and Aby11,nia •), e costa 21 scellini, pari a circa 96 lire italiane. Per una lettura cosi sgradc"ole. ~ un po' caro. Comunque, e m attesa che 11 volume ci giunga e che possiamo sprofondarci nella let• tura, ci acconuntertmo. per ora, di parlarne m bue alla re<:enaione che ne ha fatta E. H. Carr nella rivista lntt.rnallonal Affarr, di man-o-aprile d1 quest'anno. UIIATU!lPITD'DlllllMORALE UNA TL'RPITVOJ!'••;E MORALE fu, secondo il Toynbee, l'atteggiamento che il Governo e l'opm1onc pubblica m Inghilterra assunst.ro d1 fronte alla questione etiopica ncll'uJuma fase della cr1s1. Il Carr non è d'accordo col To}'nbee su questa questione, nt condivide il suo punto di vista generale. La difficoltà d1 capire l'attegg1arnento della pubblica opmiont inglese d, fronte alla queftione abissina consistt ndlo spiegare la seguente strie di a\'n~nimenu: 1) Sette miliont di persone votano nel P~aet.Ballot per • l'azione militare• contro un 1ggressorc2) Il piano Hoare•Laval ~ respinto per acclamazione generale. 3) Quando le san,:1ona economiche st dimostr.ino inefficaci, non c'è alcuna richiesta di azione militare, e il Go\'t>rno ha facilmente ragione della r1chics111dt agsi:ra\amento de.Ile sant.ioni economiche col pretesto eh.e esso implicherebbe il rischio da un'azione militare. 4) 1A completa disfatla della politica delle sanzioni e la revoca di esse non determinano alcun11 r('u.ionc popolare conuo il GoHrno. Quesla serie di avvenimenti richiede e,•j. denteme?tc un'accurata analisi, e le deduzioni più importanti sono le seguenti; a) Che le opinioni espresse su questioni 1potetich ..... otto la pressione d, sollecnazioni, non sono una gi.;ida sicura per il caso m cui la 11tuazione concre1a, che era stua prevista per 1pote1u, 11 presenti, b) Che l 'md1gnazione popolare contro il piano Hoare•La\'al non a,·eya alcun legame con le sanzioni, ma era diretta contro una politica che si ritentva nurasst a tirue l'Italia fuori della posizibnc imbarauan1e nella quale la grandissima rna~gtoranza del popolo in- (::icse - compreso il Go\'erno crtdcva che essa fosse. (Se il popolo in!'lese, in quel momento, a\'use creduto cht. l'Italia era sull'orlo della "ittoria, la ,ua rea;i:tone sarebbe stata del tutto differ<'nte). L'annotazione fra parentesi è del recensore inglese: E.H. Carr. E ci sembra prczioss Segue, subito dopo, un·osse1,·nione che ci sembra ancora più dt>g:nadi nota. Il Professore Toynbu - scrive ancora il Carr - dà tr_oppa importanza (e troppo spazio) alle opinioni dei vescovi, dei professori, dei d1ploma11ci a ripoto e d1 tutta quella genie che scri"eva ltttcrc al Tir,1ts, e non ne dà abbas1anza ai circoli e alla irande massa di popolo, che non sono affatto gu1dat1 da una utralta concezione ddla !\icurezia collettl\·a. Come si ,·ede, c'è, finalmtntc, anche in In• ghilterra ~ualcuno cht> assegna a qutlle CR· tekOrte d, persone loquaci e grafomani il posro che loro spelta! i\la il sig. Carr rrova difficili a spiegare tropp<' cose: a cominciare dal PMct Ballot. Sette milioni di persone votarono per l'a• :r.~oncmilitare . Ed è. questo, un fatto d1ffic1le a capire? S1 \'Ota con ditm\'oltura per le guerre che d<',·ono fare gli altri e si sostengono sempre con ardore le caust che non costa ni<'nte soslenere. Ci si pensa due volte quando si tratta di pagare di persona. Questo ~ il punto. F. se coloro che presero parte al Ptau Bnllot a\'essero do,·uto ag~iungerc al voto anche soltanto un lt>nue contributo - ad esempio uno scellino per l'Abissinia, - a qua_nti _mai si sarebbe_ro ridotti quei sette nuhon1 d1 guernafonda1? Del che è prova il fauo che quando, poco dopo. Tafari invocò soccorsi, non raccolse che poche diecine di sterlint. E\'ident<'mcnte altro è votare e altro è pagare, E si può gmrare eh<' di tutti quc, ,·<'sco,·i, quei profet,itori, qu<'i diplomauci in pensione, che, allora, scri\'C\'ano lettere al Timts, non uno perdeva un penny per effetto delle sanzioni e non uno, m caso di guerra, avrebbe versato una goccia di tangu,. SICUl\EZZA COLLETTIVA E CRISTWIE81M0 LE CONCLUSIONI morali e politiche del prof. Toynbee sono, secondo 11 Carr, ancora più discuti bi.li: :\tolta gente, ad eccezione dei pac1fist1 cri- ~t.~i~r<:rà cott~ 1 ~~~;i:o ~=I ;~t;.;:n~:C~: mettere la sicurezza collettiva m connessione con gli ideali etici della cnstiarutà. (.;'n siffatte tentativo urta contro sene difficoltà. Il Toynbce ammette francamente che il signor Mussolini cerca,·a di fare nel secolo \'t.ntes1mo 11emplicemente quello che la Gran Bretagna ha fatto nel decimonono._ In un passo carattenJllcam<'nte vigoroso, egli paragona Kli mgles1 alle zecche sazie• e gli italiana alle zecche voraci• della favola di Esopo. Se si ammette quetto, allora sembra che la con• ccz;1one del dO\'ere morale de.Ila Gran Brtta• gna di 1mped1re all' ha.Jia di conquistare l'Abissinia aia fondata 11uuna singolare per• ,·en1one de.I tuta cristiano. • Togli prima la pagliuzza che ~ nell'occhio di tuo fratello, e poi sari tempo d1 considuare la trave che è nd tuo•. Il professore Toynbee non può certo pretendere che, una \'olta rimossa la pagliuzza, egh sarebbe pronto a fare un scrio attacco alla trave: e ne è prova 11fatto che tn più di un passo &lei 1,uo libro considera la 1,i• curezz.a collett1va come 1I più sicuro in"est1• mento per gli 1mperialìsu britannici. LA interdipendenza fna sicurezza colletti\'a e cristianesim,:i o altro sutema etico 1,embra un usun10 assai dubbio; ed è quesu tesi che ha provocalo le più serie critiche. di questi yolum1 da parte della stampa. E 11Carr d1ch1ara che avrebbe preferito vederla trattata più completamente altrove prima che essa facesse la sua apparizione come ipotesi fondamentale m una pubblicazione ,tandard CQme l'an• nuario della Ca.sa Chatam. Questa critica ci sembra definiti\'a. E constatiamo con profonda soddisfazione che alcune verità, alle quali la stampa e l'opinione pubblica m Inghilterra si mostrarono del tutto refrattarie durante la cnsi et1op1ca, CO· minc1ano, ori, a farsi strada in quel paese: ad esempio questa, che dal punto dt vista morale nessuna d.tfft.renza intercede fra l'impuia.Jismo inglese e l'italiano. La connessione fra sicurezu collett1va e cristianesimo, che il Toynbee tenta di stabilire, non ~ che una put.ril11à. Per poterla accettare, occorrerebbe ammettere che gh im• peri e gli imperialismi già costituita siano conformi al crist1ancs1mo e quelli d1 là ,.i. venire siano ant1cnst1an1. E c'è d1 più. Treitschke attribuiva al :\ltflchia• velli il mento di avere iniziato la speculazione politica moderna, appunto in quanto separò la politica da ogni t>lemento o religioto o etico o d'altra natura Il che I t)n è vero che in parte, perchl nel l\taehiavelli furono sempre vivi cl ;menta ideali. Ma sarebbe veriu1mo per it Guicxiardini. Questi fu \'eramente il pnmo · contemplare con H· soluta fieddezza la rea•tà politica. Questa fu il primo a cercare il fine della politica nella polnica stt.ssa: la lolla 1-.er il potere, e non m elementi ideali l:.pperb, 1n questo sehso, fu il Gu1cciardm1 il veio Machiavelli. Ma sia come si vuole, una co,a è ben certa: che ~ gloria dei grandi &torici fiortntm1 l'aver ,eparato definiti,·amente la pohtic:a dalla r:li• gione o dall'e11ca. La n;1g1one, la morale possono ancora apparire n•l quadro poluico, ma come forz:e storiche, -ion più come regole o come cri1cri d1 lcr1tt1mazione o di condanna. In altri te1m1n1 ,n politica non etistc 11 giusto •o l'ingiusto; ~uò essere politicamt>nte necessario o utile 1ue 1I giusto, 1na non esiste un imperat1"0; e può, in alcuni cui, esser necessario o utile fare l'in~1un,:i. Ciò premesso, ogni confutione che s1 facc.ia fra politica e religione o fra politica e morale costituisce un regresso della a.oeculazione po liuca e una contaminazione rlella religione e;.• della morale. Il tcnurn·o del prof. Toynbee parte appunto da una 11ffatta confusione. Pt>rciò la sua concez1onc del!., sicurezza col- 1 lcttl\'a appartiene all'mfan1:111idell'arte. E il'" suo cnu111nesimo de,e accet1Are la realtà de-) gli imperialismi inglese e francese Ci~ non! ~ più cristianesimo. conmERlllOlfl SVLLB 1&1'11011 \ LE QUESTIONI pohu<.·he, che la tesi ' del To)·nbee mvolge, devono essere meditate più sernunen-'e. Le ultime considerazioni che fa il ,uo critico, 11 Carr, sulle sanzioni, possono m sost,mza euere accolte m bJocco: la tola lezione perfetta.mente chiara, che 1i possa trarre dalla crisi abissina, è che non si possono imporre san1.,oni economiche efficaci ad una granc\e potenza, se non si è preparali ad assumer-li il ri1ch10 di appoggiarle con l'azione militare. Out.sto rischio potrà essere piccolo o grw.nde. Nel caso che si tratti di qualche grande potenza, uso potrebbe anche superare una c<.·rtezza al 100 per cento. In altre parole, c'~ u,i errore nell'arl. 16 del Counanr:ed~ che esso~ fondato sul presupposto che le sanzion,' economiche possano esse.re obbligatorie e c:uclle militari facoltatl\'C. li prof. Toynbee nor\ indietreggia dt fron1e alla conclu11one che la sicurezza collettiva significhi, in ultima 1sta,nu, ,·olontà di combattere. i\1a altri si sent, r..nno meno disponi d1 lui ad accettlre una te,)na che invol~e una siffatta conclusione .I .a guerra, certo, non emana un otlore più grade,·ole per il fatto d1 chiamarsi • sanzioni militari•. L"csperienza di meno d1 venti anni fa ha sfatato l'illusione che la guerra sia come una corrente elettrica, che l'in1crruttor<. poss.a far passare o tagliare a volontà L'idta che un gruppo d1 potenze della Lega pot, ,1e,con le sanzioni militari. bloccare all'ltaJ.a la ,,ia della conquiua dell'Abissinia, ment,.e il resto del mondo se ne sarebbe stato a b uardare e ad 11;pplaudire, è una d1 quelle "111oni uto• p1S1tche, che non hanno 1lcun "·aloi-e nd mondo reale della pol1t1ca internazionaJ"e Al giorno d'oggi due opposte conce~iom dt>ll:1guerra trovano credito: secondo J' una, la guerra non arreca benefici ad alcuno; secondo l'altra, la guerra può es~erc usat11 a ,·antag'Cio della comunità mondiale, cons\ Je rata come un tutto. En1rambt" sono fond.,te non '<Uifatti, ma su quello che I fat11 donc b. bt"ro essere. I.a prima ~ quella det paran1'li, e non può essere discu,sa qui. La tcconda ~ quella del prof. Toynbee, e non è confortal \ dalle lezioni della storia, n~ dall'esame d qut>llo che sarebbe accaduto se le ,anz1on m1~~:::sc;~c~::::di~:r~~~cn1;~~:!~:1;;. i1oni sono, m genere, ra~ionevoli. Tutta\"ia ci S<'mbra che abbiano un difcuo: non ci conducono ad una conclusiont>. l\Ia vi ci mcamminan_o. li lettore non ha da fare che un passo per gmnger\'1. ÙM:,,;11u:s
~I SATT.\:'v!ENTE un secolo fa un~! ,1cG~nita guerra civile in- ~ ft!_11ayam lspagna. Era scop- . puta nel 1833, alla morte di I n<!inand~ \'II, per una questione din.htica, d1 . \Ucccssione, ma le ragioni ddla "'"'' \ 1olcnza e durata erano ben ,'intcn~c. _a\sai più gravi e prof~nde. Il t<.'rnt?~10 _spagnolo e le sue genti i·rano d1v1,1 m due parti, che si combattc\'.IOO con odio feroce: da un lato ,ta, .1no le pro"ince ~ttentrionali - l' .:\r.1.~ona, la ).lavarra e le province ba,chc· -- che si battevano riel nome d_idon Carlos, daU'altro erano le pro- , mrt• del centro, di ponente e di mczZ?dì, che tenevano le parti della re- ~m.1 habelb. una bimba, e della reggl·ntc C:istina; le province orientali t:r:lno '-Cl'iSC e militavano un po' sotto I una e un po' sotto l'altra bandiera. La guerra, come tutti i conflitti che hanno in~nguinato così di frequente la t('rra di Spagna, dal tempo della lot- !:l per l'indipendenza, contro il dominio napoleonico, ad oggi, si svolgeva lt'nta, a'>pra, '-Cnza grandi splendori di ,tr,1tcgìa e di tattica: era una sequenza di fa_tti d'armi e di limitate impre- ,c, ora 111 un settore ora in un altro· a.zioni di gucrriglier'i, "-pesso fatte di ~rpr~,;e e di astuzie, più che operaziom guidate da piani organici e sistematici. A c_onfcrirc questo carattere alle ~uerre d1 Spagna dei secoli XIX e XX hanno influito, com'è ben risaputo la n,~tura ~e~ paese e il temperamento 'de- ~lt uomm1. Il paese, ch'è fatto di tanti co11:1partimenti geografici distinti, separati da grandi ostacoli naturali i quali diventano ciascuno durante' il conflitt~, un particolare ~acchiere di operazioni; gli uomini che sono ardenti. valorosi, irriducibili nelle loro p;.ts~ioni. ma al tempo stesso sono indolenti, apatici, fatalisti, cosicché - permanente e stridente contraddizion<' - rnentre una volta divenuti sold,1.ti~anno fiC'ramentc battersi e affront.m:· la morte, non accorrono alle armi '-' non stentatamente cd in scarso nu1.lcro: Le forze contrapposte sono pernò rm1ltate di poca entità, e insuffi1cnti a condurre e concludere nel va- <,ti-.simo territorio in cui sor:o come -.pcrdutc1 azioni complesse e ri,;olutive. I "lancerl della morte" Le analogie tra le guerre civili di Spagna sono dunque molte ed evidenti, e_djn quella che divampò per sette anni, dal 1833 al 1840, ,;i ritrovano nomi e fat~i delle altre lotte, antecedenti e "il_tCC~ss1vlc'a:ssedio di Bilbao, le operaz10111per la conquista di Madrid la partecipazione di volontari dei ~ari pac-si d'Europa. In soccorso della Reg- .~~nte! che rappresentava il regime co- ~t"uz1onale e il principio di libertà, di ,-onte all'assolutismo carli.sta, combattrvano infatti un corpo inglese, al comando del generale Lacy-EVftns, una /f',l(Wne straniera d'Africa, organizzata ddlla Francia e comandata dal generai~ f:ancesc Berne!, e due reggimenu d1 volontari di vari paesi, co- \t1tuiti in Portogallo. I governi italiani, o per la loro meschinità o per l'interno travaglio di preparazione ai prossimi eventi del Risorgimento, erano as(:cnti; in genere essi dimostravano maggior fervore alla causa carlista, specie il Regno di Sardegna e lo Stato Pontificio, che tardarono a ricon~ere Isabella 11, fino a che per don Carlo., la partita non apparve perduta. ~fa se gli Stati della nostra penisola erano assenti, molti J1aliani erano in prima linea, nella contesa spagnola, dalla parte dei costituzionali, come combattenti di riconosciuta capacità e di indic;cusso valore. e una pagina della nostra storia militare che si può dire non sia affatto conosciuta, anche perché non è stata mai, per quanto ci risulta, studiata a fondo. Le memorie delle gesta italiane nella guerra civile spagnola d'un secolo fa sono rare e disperse, ed ~ da augurare che qualcuno dei nrntri valenti storici risorgimentisti, animati dalla volontà di rivalutazione e rivendicazione di tutte le glorie patrie, ch'è propria del nostro tempo, assolva in un avvenire non lontano il compito di raccoglierle, illustr:lflc e diffonderle: compito che è anche dovere verso chi, in giorni oscuri, tenne alto il nome d'Italia sui campi di battaglia iberici. lJna parte dei volont,ui italiani accorrenti in lspagna si arruolava a .Marsiglia, centro principale di recJu. tamcnto per le formazioni liberali, ed entrava a far parte delJa legione straniera, detta. anche legione autonoma francese. D1 alcuni ci è conservata memoria dai registri della polizia pontificia, che iscriveva tra i sospetti politici coloro che avevano partecipato a quella guerra nelle file dei costituzionali. Vanno particol.1rmente ricordati il forlive,;c Sabino s~eri ed i bol<;>g_ncAsinto~i? Serra ed Angelo Ma. sin1, compresi m uno stesso elenco, per la grande figura del Masini, eroico volontario del 1849, caduto nella difesa di Roma, caricando con alcuni dei suoi 'Ja,ueri della morte i Francesi asser- lt . ti nel Casino dei Quattro Venti: odo Ma<sini, come lo chiamò il cci nel di.scorso in morte di Garibaldi. La partecipazione del Masini alla guerra non fu lunga, ma sufficiente a porne in rilievo lo slancio, la disciplina e il coraggio. Arruolato nel maggio 1836 e asseg~ato, come g~anatiere, al 'li) battaglione della legione, era promosso caporale nell'agosto; il 14 settembre combatteva a M. Jura., presso Pamplona, e per la bravura dimostrata era promosso sergente e decorato al titolo di Maria Isabella Luisa. ~cl 1837 chiedeva il congedo, facendosi sostituire da un fuciliere Roffini, certamente italiano egli pure, e rientrava a Bologna, nell'attesa e con la speranza di mettere a servizio della patria l'acquisita esperienza di guerra. I "Cacciatori d'Oporto" JI numero maggiore dei nostri volontari ~i riunì però in uno dei due reggimenti formati in Portogallo e precisamente nel reggimento Cacciatori di Oporto, composto di Italiani, Francesi e Portoghesi, e comandato dal genovese colon,lo Gaetano Borso di Carminati. E uesti uno degli esuli del Piemonte, 1 seguito ai moti del 18'lt, che dopo aver combattuto nella precedente rivoluzione spagnuola, alla testa di un battaglione di volontari catalani, e dopo aver militato in Portogallo, a favore di don Pedro e della costituzione, segnalandosi e guadagnando il grado di colonnello, tornava in lspagna al comando di un reggimento di volontari. In Ispagna, promosso generale, doveva la.sciar la vita miseramente, nel 184~. a guerra vinta; condannato alla fucilazione, per aver partecipato ad una congiura politica, egli mostrava fino all'ultimo, di fronte alla morte, il suo animo intrepido. Si narra che accompagnato al luogo del supplizio, come d'uso, a passo lento, cadenzato dal battere del tamburo, si rivolgesse al tamburino dicendo : < V a• mos, muchacho, baso redoblado > (Via, ragazzo, passo accelerato), e che comandas~ poi egli stesso, in piedi, il fuoco del plotone d'esecuzione. roico artigliere della difesa di Venezia. E~uli in gran parte del Piemonte, del Napoletano, del Modenese, che avevano già provato nelle congiure e nei moti la propria fede nelle risorgenti fortune della patria, e che ave• vano imbracciato un fucile, in terra straniera, un po' per spirito guerriero, insofferente di inerzia e quietismo, molto per un'idea di libertà, ma soprattutto per essere più pronti alla invocata guerra santa d'Italia. "La tigre del Maestrazgo" Tra i volontari italiani, tutti uguali per valore di fronte all'avversario, con qualunque grado essi combattessero - non pochi, del .resto, che avevano avuto in Italia un grado, anche d'ufficiale, militarono nelle formazioni volontarie come semplici gregari, - alcuni ebbero modo di emergere per doti di intelletto e per dottrina militare. Ricordiamo Giovanni Durando e Manfredo Fanti. li Durando che, al comando di truppe, salì al grado di generale, ebbe ai suoi ordini un corpo di tre battaglioni e seicento cavalli, e partecipò ai consigli di guerra, chiamatovi dal gen. Espartero, duca della Vittoria. Jl Fanti - compagno di Ciro Menotti, sfuggito agli artigli e al capestro del tirannello di Modena, - laureato in matematiche e ingeç-neria civile, e studioso di fortificazioni, che arruolatosi, al pari di molti altri mo• denesi suoi amici, nelle unità dei co• "itituzionali spagnoli, attese dapprima, quale tenente del 5<Jreggimento fra(lChi furono.e quanti furono gli Italiani del reggimento Cacciatori d'Oporto? L'elenco esatto e completo non si potrà forse ricostruire mai, e ci si do. vrà contentare dei nomi, relativamente scarsi, di coloro cl,e per l'attività suc• cessiva, più assai che per le azioni di Spagna, hanno acquistato il diritto ad un posto nella nostra storia. Perché i corpi volontari italiani in Ispagna sono stati scuole di combattenti e di capi delle nostre guerre dell'indipendenza e dell'unità. Una schiera di generali è uscita di là : il Cialdini, Giovanni e Giacomo Durando, Nicola Fabrizi, Manfredo f'anti, Domenico Cùcchiari, Giacomo Medici ... Ma quanti altri erano a fianco di questi celebri soldati nostri, come ufficiali, come graduati e gregari! Quanti di essi cadevano oscuramentr, nelle operazioni alle quali i Cacciatori d'Oporto partecipavano, nei cinque anni, dal loro sbarco a Barcellona, nel gennaio 1 8361 alla fine della guerra! Giacché il reggimento dei volontari italiani non fu mai risoanniato; impiegato dapprima in Catalogna, e poi nell'armata del centro, che operava nel reame di Valenza, nel Maestrazgo e nel!'Aragona, fu sempre all'avanguardia nelle avanzate, e ultimo a ritirarsi nei ripiegamenti. _e stato scritto che i Cacciatori d'Oporto per- I dettero i due terzi dei loro effettivi sui campi di battaglia, ma della schiera dei valorosi ben pochi, oltre quelli ricordati, sono sfuggiti' fino ad ora al• l'oblio: Arduino, Ribotti, Gherardi, Vecchi, Clerico, Chiesa, Rouarol, l'e- GRUPPODI SOLDATI "OARLISTI" (da 1:111& 1tampa "cullata" del 1834). co di Catalogna, ai lavori di difesa di Brulk {Barcellona) e respinse un attacco nemico meritando~i una prima medaglia al valore, e che passò poi, ~cmp~e c~me tenente., nel reggimento Cacctoton d'Oporto, chiamatovi dal Dur~ndo. Addetto subito al comando della brigata, per lavori di carattere operativo, tornò in seguito alle truppe, acquistandosi, per merito di guerra, il grado di capitano. Mentre il Fanti face\'a ,crvizio al com,rndo della brigata, tra lui e il Durando si stabiliva un'attiva corrispondenza, nella quale si discutevano i problemi della guerra. Ci sono rimaste alcune lettere del Durando. di notevole intcre~(,C per la storia dcglì a\-venimcnti bellici e quale documento della scriC'tà e pas~ione con la quale i nostri "olontari partecipavano alle ooerazio• ni. In una lettera del 1 3 maggio 1839, da Teruel, si legge: « Oggi ho assisti• « to ad una riunione per decidere cosa e dovevamo fare. Cabrera (uno dei e maggiori capi carlisti, noto per la fe- « rocia delle rappres,tglie con cui ven- < dicò l'uccisione della madre, e che e gli procurarono l'epiteto di " tigre del e Maestrazgo ") è tra Gabriel e il Ju• < car ... Ho proposto che due brigate e marciassero a Guadalajara, e che noi e coll'altra brigata marciassimo su Al- « liaga, per forzare Cabrera ad accu- « dire al suo paese, insistendo fortemen- « te che dovevamo portare la guerra e nel paese occupato dal nemico se voe levamo salvare il nostro. Si decide di e marcin.re domani m Molina ... Così e vanno le co~e e si eternizza la guer- « ra. Abbiamo cominciato la guerra in < Catalogna, poi sull'Ebro, poscia in e Valencia, cd ora in Aragona e Cae stilla, e correremo probabilmente la e Spa~na tutta, perché così non si fie nirà. I faziosi fortificano i punti che « loro convengono, noi facciamo altret• « tanto; non li soggiogheremo 1 né essi e noi>. Nella lettera il Durando continua esponendo al Fanti un suo piano d'azione, a forze riunite - secondo i buoni principi di strategia - col quale ideava la raccolta di trenta battaglioni e quattro squadroni : mas"a, d'altra parte, a!,~ai esigua, tenuto anche conto degli scarsi effettivi dei battaglioni. Quasi un anno dopo, il 25 marzo 1840, il D rando ~crive ancora al Fanti, da P:i.lornar: e Ho sempre detc to e sosterrò sempre che la prima « operazione doveva essere quella di e concentrare tutte le fazioni alla sic nistra della strada di Zaragoza a Vae lencia, attaccando successivamente i e forti nemici della Castilla. li Gene- « raie, e,;;sendo nuovo nel paese, ha e dovuto cedere all'opinione pubblica « manifestata in tutti i giornali. Visto e l'erroneo di questo piano se ne deve e adottare uno migliore; vale a dire e fare la guerra sistematicamente ...>. Le idee del Durando non dovevano ptrò tro\'arc applicazione pe•·~hé la guerra finalmente cessava, con la rinuncia alla lotta del generale carlista :Vfaroto, ,;;ce1;0ad accordi, e del Cabrer;1, rifugiatosi in Francia. Un giudizio di Mazzini L'ultin:m lettera del Durando, di cui abbiamo conoscenza, è datata e Villafranca dc Panades, 23 ottobre 1840». Scrive il generale : « Aspetto con ime pazienza l'opportunità per doman- « dare il licenziamento dal corpo. Abe ji:imo finito la nostra mi1;sione, e e compito le- condizioni del patto. Ho e volon_t,l di avvicinatmi ~• se posso, e stabilumi dl)t1c l'Appenmn parte ... >. L'immagine dl'!l' lla)ia, il desiderio del proprio paese, cr,mo st·mprc nel cuore di tutti i volontari combattenti in terra straniera. Anche coloro che, CO• mc il Fanti, eran riusciti ad ottenere posizioni, onori, gradi e a formarsi un.a famiglia, non attendevano che un richiamo, uno squillo di guerra nella patria lontana, per correre - )a,c;ciando ricchezza, sposa, figliuoli - a dare mente e braccio alla causa italiana. I rapporti con la Patria degli esuli combattenti in Ispagna, un secolo fa, non erano stati del resto mai interrotti. A tenerli vivi a"cva contribuito con lettere e messaggi Giuseppe Mazzini, il gr~nde animatore, che ben sapeva quanta virtù fosse in quei prodi che si prodigavano in una guerra tra le più aspre e difficili, e ch'egli condannava con dure parole, < guerra d'orroc ri, di ferocie, di rappresaglie che e fanno rabrividirc >, così scriveva alla Madre, il 27 novembre 1838. Dalla corrispondenza di lui si rileva che il Fabrizi, e sempre buono e caldo>, mentre trovavasi nella penisola iberica aveva proposto al Mazzini uno sbarco in Sicilia, alla testa di una parte degli esuli italiani del corpo Cacciatori d1Oporto. Il disegno era immaturo e irrealizzabile ma è documentcS magnifico dello spirito di quei volontari. Volontari mirabili, uomini superbi di cui dobbiamo essere orgogliosi. Il Mazzini stesso, che li conosceva in buon numero e ne seguiva le imprese, ha da. to di loro un giudizio che non deve essere dimenticato. In una lettera alla :'vladre, del 9 agosto 1837, Egli ha la• sciato scritto: e E vero che il Sorso e e in generale i molti Italiani che sono e con lui si fanno onore, e se le trupc pc di Maria Cristina fossero tutte e com'essi sono, credo che avrebbero fi-' e nito a quest'ora la loro contesa >. Non si possono rileggere oggi, senza un senso di commozione, queste parole, oggi C'he, nuovamente, schiere di volontari italiani dànno prova ,ui campi di batta~lia di Spagna, a Malaga, a Guadala1ara, a Bilbao, di leggendario valore. Di quel valore guerriero che è pura, secolare tradizione della gente italiana. TRlARIO GL1I00MILID Il PIII FIGURINAIO !SILVESTRO POLI, ,barcato a New York, osservarono gli occhi e la bocca: videro che era un ragazzo sano e lasciarono che scendesse a terra. Nuova York era già una grande città e i primi grattacieli s'alzavano turriti, ma gli emigranti italiani abitavano m baracche di legno, prossime all'aperta campagna, che non era la campagna toscana che Silvestro conosceva. Andò ad abitare in una dì queste baracche, comprò gesso e creta e si mise al lavoro. Gli altri italiani del luogo, i siciliani e i napoletani, quasi tutti fruttivendoli, o i veneti che facevano i muratori, dicevano: • li lucchese vuol fare lo scultore; Dio gliela mandi buona!• Silvestro ebbe il suo stand ma non si dava aria d'artista: la sua non era un'arte: fare le statuine di gesso era soltanto il mestiere del suo paese. In ltalill, si facevano con fortuna le statuine di Garibaldi, di Vittorio Emanuele 11, e dì Cavour, ma Poli comprese che si doveva mutar personaggi. A New York, seppe trovare un ritratto di Washington, del quale sapeva una cosa sola: che era il Garibaldi e il Cavour di quei posti, e lo fece in gesso. Poi andò a venderlo in giro. Conosciuti altri eroi della emigrazione e della libertà americana, li ridusse in piccole statue -di gesso. Silvestro ebbe fortuna, Ogni famiglia ebbe un piccolo busto di gesso nella propria casa. Ma l'America, se cominciava a Nuova York, continuava attraverso le grandi pianure: e anche Silvestro parti verso la Californi.a, dove doveva diventare milionario. Silvestro Zeffiro Poli er;i nato verso la metà del secolo scorso a Bolognana, in provincia di Lucca. Quel paese si trova nella valle del Serchio, e poche sono le risorse dei luoghi. Tutto al pi'Ùvi si potrebbe coltivare la pastorizia, tenendo il gregge alle falde dell'Appennino d'estate, e conducendolo nella pianura lucchese d'inverno. Ma la pastorizia, al contrario, viene appena esercitata. Solo gli abitanti dei paesi solitart, lontani dalle strade, vi si riducono: gli altri ormai sono secoli che emigrano in Europa, in America, e anche in Australia. Gente che emigra spesso non per lavorare, come fanno tutti gli emigranti, secondo le esigenze dei nuovi paesi. Il mestìcre se lo portano da casa: è quello degh stucchinai, cioè fabbricanti e venditori di statuette di ·gesso. In tutta la valle del Scrchio e della Lima, 1 contadini, fino da ragazzi, si riuniscono in compagnie per fabbricare e vendere le statuine. Ogni compagnia si trasferisce in qualche città europea, o americana: affitta un magazzino, dove alcuni restano ad impastare la creta e a formare il gesso, mentre gli altri percorrono a piedi i dintorni, vendendo la mer.:.anzia. ~ un mestiere 11ntichissimo,che si serve di poche regole rudimentali, e che quasi non ha progredito. Tutt'al più, variano i soggetti, cambiano gli eroi, ma con molta prudenza. Le figure di Cristo e della Madonna, e poi il putorello e la pastorella: questi i soggetti tradizionali, cui si aggiungono gli altri degli eroi del momento. Trattandosi di gente che ha poche notizie del mondo, se l'effige e la fama d'un personaggio unvarono fino a loro, vuol dire che sono diffutie. Silvestro Zeffiro Poli andò, dunque, verso la California ch'era la terra dell'avvenire. Era il r88o. Lo stucchinaio analfabeta comprende del nuovo paese sopra tutto una cosa: che la gente ama vedere, che ha voglia di svago. Ma presto le statuine di gesso non bastano più. A New Haven, nel Connecticut, Poli pianta una baracc11,un piccolo museo Grévin, dove ci son tutti i personaggi del :empo. Poi, un bel giorl).O,in quella baracca entrano altri personaggi vivi: gli spettacoli hanno Successo e prendono l'animo di un pubblico di pionieri. Cosi Silvestro Poli ha il suo primo teatro. Un teatro in una baracca di legno, aperto fino al 1893. ~ allora che a New Haven si inaugura il teatro di \:Vaterbury: un teatro vero e proprio; il sindaco partecipa all'inaugurazione, con la fanfara del reggimento. Da quel giorno, Mister Poli diventa un impresario. Smette di occuparsi di gesso: è alla testa dell'industria teatrale americana. Presto ogni città ha un teatro Poli; in Broadway come nelle piccole città del \.Vest, dove c'è ancora aria di avventura. E, dopo i teatri, i cinematografi; fino a quando, nel 1929, la Fox dà a Silvestro Poli una. J:aparra di 400 milioni, riservandosi di acquistare senz'altro,dentro un breve periododitempo, tutta la catena dei suoi locali. Ma il 1929 fu anno di diluvio per i norci-americani: ricchezze and11ronoin fumo col tracollo di Wall Street; quella di Silvestro Zeffiro doveva invece raddoppiarsi. La Fox fallisce, cd egli resta proprietario dei suoi teatri avendo in tasca 400 milioni di più. Anni fa, come Silvestro tornò in Italia, tutti a Lucca dissero che Poli, uno degli uomini più ricchi d'America, sarebbe rimasto 11Isuo paese. E non fu cosl. Si sapeva che sua figlia sposava un nobile fiorentino; e ciò parve una risoluzione di una vita dura. A Lucca gli •americani» che concludono la loro vita col rrul.trimonio delle figlie, sono tanti. Parve naturale che Silvestro Poli costruisse una villa grandissima nei pressi di Bolognana, un Castello addirittura, spendendo dei milioni. Gli •americani» mirano senz'altro al castello; molte tnrri e infinite finestre. Anche di Silvestro Poli si disse che avrebbe dato lavoro a centinaia di rw;raton. Invece, all'improvviso, partl per tornare ai suoi affari dì Broadway. Partl e più nessuno, fino ai primi di giugno, hlì parlato di lui, perché a Lucca di" americani• ce ne sono tanti che sarebbe difficile tenere dietro a tutti. Ognuno di essi ha la sua storia: la gente la racconta soltanto il giorno della morte. A. B.
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