Omnibus - anno I - n. 12 - 19 giugno 1937

,,... - • • • - rtw --- IL IIIRITD, DELLA PENSIONE O I' I' I!.' li tJ ~~@)~~ a Roma 20TREBBERO rovesciarsi e cadere le pilè di piatti dalla mensola vicina, che la coppia intenta a sorridersi appartata e in silenzio in un angolo della sala non S<' ne accorgerebbe. « Chi sono?> chiediamo al proprietario della pensione, un enorme e maturo !iignore che è venuto a fumare il sigaro con noi e ad offrirci una bottiglia di vino. e Luna di miele! > esclama Ruggero Bolaffio, lanciando una boccata di fumo al soffitto. La coppia si alza. Lo sposo è biondo, vestito di nero. Togliendosi e rimettendo la mano nella tasca dei pantaloni, indugia impacciato davanti alla tavola, in attesa che la moglie riesca a coprirsi le spalle nude con un velo azzurro. Un cameriere li aspetta al varco e ~i inchina atterrando le pupille. « Lei ha quasi i capelli bianchi >, os- ">CrvaAmedeo, l'amico che mi accompagna. Bolaffio si è alzato a metà per ~aiutare. Nel curvarsi, la pancia gli si è rove~iata sulle cosce come un otre. La issa rapidamente col braccio e torna a ~edersi beato. Punta il sigaro contro il mio amico: « Le coppie anziane>, sentenzia inforcando con l'ascella la spalliera della sedi.i. < preferiscono le pen- "ioni. C'è più pace, più tranq1,1illità>. Dall.t tavola accanto, un vecchietto magro si sporge verso Amedeo: « .e vero, anche noi ... >. «Sposi?>. Il vecchietto si alza, si presenta, ci presenta la moglie. « Anche loro hanno intenzione di sposare? > ci domanda quest'ultima. « Siamo già ammogliati >, risponde Amedeo. « E... si trovano bene? >. «Naturalmente>. Gli occhi della vecchia lampeggiano: « Bisogna sposarsi! > afferma con convinzione, agitando in aria il cucchiaio. Il marito è tornato a sedersi e si allaccia la salvietta intorno al collo. « Si va a prendere il caffè?> propone Bolaffio, sollevando la grossa mano inanellata dalla tavola. Salutiamo i due ,·ecchi e abbandoniamo la sala. IL "PISTEUR" La terrazza d("lla pensione di Bolaffio è un finto giardino pensile, con vasi di bambù e di mortella che ne circondano i lati. Due cipressctti fanno da quinte all'orchestra che suona languidamente in un angolo. Intorno, all'ombra dei paralumi colorati e seminascoste dalle piante, stanno sedute alcune coppie che conversano, o guardano danzare le altre nel centro di urta pista rischiaratti da una luce verdastra e radente. Prendiamo posto ~elle poltrone di vimini, intorno ad un tavolo coperto da una tovaglia a quadri rossi e gialli. Amedeo dà. un'occhiata alle coppie che ballano : « Tutti sposi? >. < La maggior parte>, risponde Bolaffio. « Ne vengono molti?> insiste Amedeo. Immerw nei fumi della digestione. Bolaffio interloquisce ormai come dalle profondità di un antro : « Tutto dipende dal pisteur ! >. Interviene il ragioniere della pensione, un giovane bi<,11do,dagli occhi celesti e inespressivi. Una lunga matita gli esce dal taschino della giacca. Sarebbe disposto a fomirci dei dati statistici precisi sul movimento turistico, sui cambi del giorno, sull'afffuenza e l'età media degli sposi, ecc. Lo ringrazia.mo cortesemente : « Ci spieghi che cosa è il pisteur >. A differenza dei grandi alberghi, che hanno il «conduttore> (l'uomo che grida il nome dell'albergo accanto alla vettura, quando i viaggiatori escono in folla dalla stazione), le piccole e accoglienti pensioni come quella di Bolaffio posseggono il pisteur. II pisteur gode particolarmente il favore degli sposi. Stordite dal viaggio e dalla luna di miele, le coppie che arrivano dalla provincia si abbattono sul piazzale della stazione come gli uccelli doj>o una lunga traversata. La ricerca di un albergo rappresenta per i nuovi arrivati il lato avventuroso del loro ingresso in città. Anche se da parenti ed amici avranno ncevuto indirizzi di alberghi e pensioni, essi preferiranno af. fidarsi al ca!IO.La conoscenza di queste abitudini fa parte della educazione di un ottimo pisteur, il quale perciò preferirà le coppie di sposi ad ogni altra categoria dj viaggiatori. L'incontro della coppia col pisteur ri- \ponde dunque ai desideri e agli interessi di ambedue le parti. Quando l'incontro è avvenuto, vagliate con l'occhio Je possibilità finanziarie della coppia 1 l'abilità del pisteur consisterà semplicemente nel mascherare il prezzò e la lontananza dell'albergo dalla stazione. « Una mattina>, racconta il ragioniere, « assistii per caso all'incontro del pisteur con una coppia. Ero andato al· la stazione con l'automobile dell'albergo a rilevare i bagagli di un gerarca di provincia, il quale aveva dimenticato in una valigia il testo di un pro• memoria che doveva presentare la mat-- tina stessa ad un ministro. Il gerarca era già pronto, in divisa. Estrasse dalla tasca un orologio d'argento e, nel consegnarmelo : " Se torna prima delle undici, l'orologio è suo", mi disse. « Alla stazione cercai del nostro pisteur perché mi portasse le valigie sull'auto. Ero già al volante, e le valigie nell'interno della vettura, quando il pisteur mi fermò per il braccio: "Una coppia! Mi aspetti un momento ". I due sostavano a qualche passo da noi, sotto la pensilina: un giovanottone alto, dall'aspetto di operaio, e una donna bruna e sottile, con una veste a fiorami. Il marito reggeva con la destra una valigia appoggiata contro gli stinchi, e ammiravano il carosello dei tranvai sulla piazza. • « Con simulata timidezza il pisteur abborda la coppia : " Cercano alloggio? 11 • Il giovanotto lo squadra dall'alto: " Quanto si spende? ", domanda. " Poco. Non più degli altri posti". "Ma quanto?". 11 Un signore come voi ... ", insinua if pisteur. Il giovanotto sorride: "Andiamo?", dice alla moglie. Si avviano, quest'ultima si ferma di nuovo e sust . ura qualcosa all'orecchio del marito. Le trattative ricominciano. " Me ne vado, se non vogliono venire me ne vado ", dichiara alla fine il pisteur. Prima di salire nell'automo• bile: "ì. lontano?", domanda ancora il giovanotto. Spingendolo dentro: "Qui a due passi", risponde il piste~r. L'OROLOGIO DEL GERAROA « Attraversammo la città, imboccammo il Muro Torto. Nel vedersi tra alberi e mura, i due si credettero ormai fuori della città e si misero a battere coi pugni sui vetri. Il pisteur si affannava a spiegare che l'automobile era della pensione e non avrebbero pagato un soldo. Non vollero sentire ragioni. Fermai la macchina, il giovanotto scese sulla strada e cominciò ad insultarci. Guardai l'orologio che mi aveva affidato il gerarca : mancavano venti minuti alle undici. Non avevo tempo da perdere, e dissi al giovanotto che se ne andasse in pace. Vidi che si frugava nelle tasche del panciotto, della giacca, dei pantaloni. Impallidì, mi tolse l'orologio di mano, lo osservò di sopra e di sotto : "e mio", affermò freddamente, piantandomi gli occhi in faccia. Non sapevo che dire. Il pisteµr fu più svelto: scese dall'auto, si mise a correre lungo un tranvai che stava fermandosi in quel momento: "Polizia, polizia!", urlava agitando in aria il berretto. Sulle vetLUNA DI KIELE ture pubbliche qualche poliziotto non manca mai. Ne sopraggiunsero infatti due, ai quali esposi con calma i fatti. Il giovanotto si diceva pronto a provare che l'orologio era suo: "Nell'inter• no dev'esserci un'ape inci!a ", dichiarò con sicurezza. Premè col pollice sull'orlo, l'orologio si aprì. Aveva detto la verità. Sulla cassa interna potemmo tutti ammirare disegnata un'ape, simile a quelle che si vedono sulle monete da due soldi. Senza pronunciare una parola, i poliziotti mi misero addosso le mani. Esibendo i miei documenti, riuscii a persuaderli a salire sull'auto e ad accompagnarci alla pensione, anziché in questura. e Vi giungemmo due minuti prima delle undici. L'orologio fu mio. Il ge• rarca e il giovanotto erano parenti, vivevano nella stessa città, e avevano comperato l'orologio dallo stesso negoziante, il quale aveva la mania di incidervi le api. In quanto al pisteur », conclude il ragioniere, « il giovanotto se lo trovò tra i piedi alla stazione due sere dopo, mentre ripartiva, e lo prese a calci>. Il ragioniere ha finito appena di rac• contarci la sua avventura 1 che un lift accorre a chiamarlo. Ci saluta, si allontana : « Sono giù, se avessero ancora bisogno di me ... >. IL GOBBO GALLONATO Ruggero Bolaffìo si desta dal suo to1pore, ci guarda, estrae un sigaro dalla tasca, lo annusa ripetutamente : «Ebbene?>. « li pisleur ... >. « .e un uomo straordinario! > tuona Bolaffio. < Vedrete che prima di mezzanotte si farà vivo con qualche coppia>. Le luci si attenuano. Scorgiamo in fon?o, nell'angolo, dei sombreros agitarsi nella penombra. Sono i suonatori che, accompagnandosi con la voce, attaccano una canzone messicana. I ballerini invadono la pista, il languido tango incomincia ... A un tratto un rumore affrettato di sportelli che si aprono. L'azzurro lift è apparso sulla soglia dell'ascensore: « Il pisteur ! >. Uno schiocco di dita, come a dire: « Ci siamo! > e Bolaffio, ormai dimentico di noi, si lancia come una palla verso l'ascensore che io inghiotte insieme col piccolo lift. Abbasso troviamo il nostro amico alle prese con una sparuta coppia di provinciali. Spaventati dal prezzo, vorrebbero andar via. « Vengano almeno a vedere la camera >, insiste Bolaffio. La coppia arrossisce, ringrazia e se ne va. In disparte; sotto la rampa della scala, scorgiamo un piccolo gobbo con un berretto gallonato, che sta arrotolando una sigaretta tra le dita. Nel congedarci dal nostro ospite: e Chi è?> gli domandiamo. Bolaffio lancia un'occhiata di disprezro al gobbo: « 11 pisteur >, risponde tra i denti. S. T. VIADEVLANTAGGIO NESSUNO in quuti tempi si anarda a varcart il portont di ftrro del Mwto Napo/tonico, d(ltl{lnti al pontt Umberto. S'intratltde, dal di fuori, una vtcchia banditra, una mtz:ra colonna ntoclassica. Il custode t1tstt co• mt vt1tiwno i diplomatici t i fun~i'onori governativi in gtntre fino a 1,•tnti anni fa. Ha l'aspttto di u11 t•tccllio signore. Ora cht fa caldo, ha osato ltt!ars1 la giacca; in maniche dì cam,da si siede sulla porta, e la ud1a, s'intmdt, t stile Impero. La brtzza ltggtra che vitne dal TttJtrt dà ,m po' dì rtfri"gfflo a quel pot)UO uomo, conda11natoo custodire tante Illustri numortt. li col/ttlo inamidato tuttavia continua a serrargli la gola,· sembra cht gli moa:ri il rt• spiro. SI SPERA che il GotJtTnotorato pr01'biua di costruire case con l'interrato. È NOTA l'insuffiunza del urvi:tio postale ,n Pia:ua di San Silvtstro. Ma, almtno, per gli uffici che si trooono ntl cortilt dtl pa~ leuzo non manca il rt1piro d'un piccolo giardino. Il pggio capita a chi debbo servirti dtgli uffici ndl •. prossima tna dtlla Mn-ude, dow si rictt1ot10 1 vag/r'a. Si tratta d'un corridoiostmrf>uio,ed t un infn-no, col caldo di questo giugno, atttndue davanti agli sportelli. Aggi11,igi la calma degli impitgat1, cht mtlgarì, mtntrt 1maniì, mordono la ptnna, e si distraggono dittro una mosca che tiola. Sono giovanotli che hanno l'aria di scontareuna condanna. Sotto la cappa di satm nero, hOflnOa/tiuimi co/let11. U pirì vistose camicie di Roma, che t la città dalle camicit più vistose dtl mando, le abbiamo tiistt addosso agli i,npitgati dtll'Uffkio oog/ia in via della Mtrctdt. Ma c'l di più: dawnti a loro ti stnti un::'a/tro un povero disgraziato. Ti tiedono soffrire, sudare, smaniare; sanno che prtsto arrititrai a protestare i diritti del eittadino; e impasnbili non u nt curano. UN LETTORE contraddice una nostra nota sul garage in Piazza Monttt:ìtorìo. Noi ci dichiarmJOmapartigiani co11t1intdi i una piazza ,\1ontecitorio con banche, caffi, ritrovi; ma il nostro amico ei awerte che ptcchiama di gusto borghtse. CW cht non solo t tino, ma ci conftrma inoltre nella nostra opinione; stn::a contart, i11fint,cht non si tratta di un peccato da rimprOtJtrar# a chicchtssia. Rispettosissimi del lavoro, dtgli operai, dtllt officine, amiamo tutto qutllo che nei cittadini rotla il gusto di una dtcorosa trita sociale. ROMA t 1pr0Vt1istadi orologi lrmgo le vie. Sarebbe opportuna prOt11Jtdtrt. IL PONTE Vitton·o Emanutlt, che congiungt Pia:::ta Pasquale Paoli all'opposta riva dtl Ttvtrt dOtJtsorge la chitsetta di Santo Spirùo, t, fra tutti i ponti di Roma, il piil brutto: cosa n'saputa, Ma cù} che molti non sanno t cht la sua bruttt:ua non ha ntmmtno il prtg10 di tJSn-t originale. Infatti questo ponte, costruito circa trtnt'anni fa, t copiato di sana pianta dal ponte Altuandro lii a Parigi. Crtdianw cht .sia duoroso abbattn-e gli om'di gruppi Slrnbo/ici e i dut alti pitdtstalli delle vittorù alate, n'pu/irlo d'ogni ornato, e ridurlo un snnplice pontt, co11due forti muriccioli ai fianchi, listtllati di travertino, e qualche btl fanalt dt bronzo. IL COLONNATO di Pia.ua San Pietro ha luoghi mal tenuti. Ciò si 1piega con la grandt ajflutnJ:a di pelltgrini, Abbiamo 1:isto p,::::,, di legno tra quelle t•tntrab1li colonne: e mn.cchit d'umidità che nel caldo pomtnd,ano ti asàugano mandando fuori acutiuimt odon·. VIALE COLA DI RJENZO, co,r i suoi cintmatografi ogni due passi, con i 1uoi caffi, cht in questa stagiont hanno meuo i ta• tiolini sui larght marciapiedi. l un tstmpio di quella che pud esstrt Ran,a moderna. Non vi sono restauri, non pala::V da riadattare.: l'ar• chiuttura di q11tsti luoghi, anche Jt non btlla, t ,empre dignitosa. Ha soprattutto il prrgìo di non farsi notare. La gente, di 1tra, circola tranquilla: si siede con soddisfazione a prtndn-e il gtlato. Le ca1t con le p,rsiant chirue, i portoni, i tram, gli autobus cht passano stnza invadn-t l'ampia strada, le automobili fcrmt da1.JO,itaille case e ai ritr01.1i,l·e raga%::tche passeggiano, i nottambuli- t f>tTfino i mttropolitani in biciclttta, tutti hanno gra11dt naturale:uo. I.A naturalt::%a di chi 1,1·vtin ca.s11sua. E ciiJ non stn.za ragion,. La gente sa di avere intorno un mondo, noti soltanto comodo, ma un:ia presun,zione. Un mondo fotto appo,ta ptr i gusti , i comodi dei romani rhe vivono oggi. MOLTI pubblici edifici sono adornati da scritte romane cui manca l'austtr1tà che una scritta romana dovrebbe avnt. C't in tut qualcosa dì futilt; dirti di dtcorotit.-o. E che lt frati romane dicono poco ai passanti. E in una eittd tlltto dt:1_,eutrt fatto pc,; il cuore dei' pananti. Sono frasi, di cui aih!he chi sa 1/ latino, ptrché glielo instgnaro110 o tcucla, non si cura di aff,rrare il sen,o. /)0(,•e c't una frase latina, l'occhio non n· ferma. Si sa che dice cose IHJ/issime; troppo !Hl/e pn- fnmarci un momento con lo scopo di gustar!,. Si guardi poi quali caratteri n· usa,io ptr inci.drrt tali frasi. Caratteri approuimatit.<amtnte ramarti; onch'tm btlli, addin'ttura troppo belli. Tanto che ci stmbrn opportrmo riltt1are come 1iano più vivt e attuali altre frasi scritte in italiano. Qutllt a inchiostro e sui muri nei patsi e ntllt piccole città, riportate per tstmpio dai discorsi di Mussolini. La gtnte le ltggt, sa di cht si 1rat10: tii trOtJaun inttrtut attuale; dOtJe t soprattutto il fi11t àtllt iscrfaioni da pot ,cl,e monde t mondo. SOTTO gli alti alberi orientali che fanno ombra a ,W,tastasio e alla fontana a :mp• pitra, nella piaz=etta della Chiesa N110tJa,appan·oono, fino a pochi mtsi fa, quattro panchint di legno, clu pcrmtttttJano ai pow:ri di prtnder frtsco attorno alla Jontt. Oro, qutlle panchine vtrdi sono ,comparse, t non restano cht poc:himetn· quadri di orribile gl,ioietla: il pubblico t obbligato a sedersi sui bordi del/afontt, t a ttnne i piedi nellt po::::angkre, chi la conduttura t snnpre guasta e l'acqua tsce da tutte le parti. UN INSEGNA.MENTO delle r,unti piogge torrenziali: molte grondaie di pala:::ri romani' sono in Ptuimo stato. li ttmporale pauo rapido: /e grondait invtce continuano a pt:rdtre acqua ptr molto tnnpo. Que1to a1/1/itne qua t Id: in luoghi dove gli edifici sono antichi palanl, e allora IJO rimprOtJtrata l'incuria di alcune famiglie romant: 1n luoghi dovt tutto t nuovo, t lo colpa quindi t.'a tutta alla dtficir,,:io di alcune nuove architttture. MASSIMINO ( PALCHETTI ROMANI ) (S~~a~ ~a~a~~i SI LAVORA in silenzio, non ti pen.sn se e qu_ali effetti il nostro lavoro sorte fuori d, noi, e un giorno, inaspettatamente, veniamo a sapere che queato nostro lavoro, quuta parte ineffabile dj noi, ataccata prima dal nostro cervello, poi dai tasti della linotype, ha marciato allo scopo, ha compiuto 11 auo ufficio di meuo, ha vinto. Quale consolazione! In una di queste nottre cronache, accennavamo all'aspetto fisico del teatro Elisco. Non una critica, non un appunto: la constatazione appena dell'affinità tra l'mgresso dell'Eliseo, e quello dello stabilimento termale m cui Felice Cavalloni soleva fare la doccia quotidiana. Pure, ! ba.stato quell'accenno lievissimo a capovolgere la sorte di uno dei più gloriosi teatri della capitale. L'Elùt0 sarà nnnot.•atol Questa la straordinaria notizia recata a noi da una voce precorritrice. Squadre di alacri lavoratori, diretti dai maghi più famosi dell'architettur1, della decorazione e della scenotecnica, trasformeranno l'antico sta.bilimento termale nel più sontuoso tempio d1 Comos l fortunati spettatori che nel prossimo au• tunno entreranno m questo simpatico teatro, che oltre ad altre qualità. ha quella di fare da vis-à-vis (hanno voglia• i puristi a proporre dirim_ptttol(;;.J) alla Banca d'Italia, no!l lo riconoaceranno più. Nell'atrio e nel ridotto trasformati in palazzo d'Alcma, i portoghesi passeggeranno tra un 1tto e 1'1ltro mollemente staccati di trenta centimetri dal piantito, e senza la minima spesa riceveranno, dalle mani di fanciulle ignude e bellissime, coppe di beveraggi che infondono delizia senza pari; sul palcosc:enico multiplo, girevole, capovolgibile. le scene si succederanno con tale ripidità, che del lavoro rapptescntato non si -.·edrà ni!: si udrà nulla, con pro• fitto grande dell'autore e della sua reputazione, e gioia vivissima degli spettatori; nella sala, fornita di potenti apparecchi deodoranti, le poltrone saranno tutte ad acqua corrente fredda e calda, e le poltronissime avranno per di più lo zampillo sul sedile, c:omc richiede una ben intesa civiltà idrotenpica. La direzione aveva pensato in principio a un tipo di poltrona psicologica, che aussuha di riso quando la commedia vuol eeserc ~mica e non ci riesce, accompagna con mota ondulatori le scene sentimentali, accentua con violenti scossoni gli effetti drammatici, e, nel momento più pauroso del dramma giallo. si sfascia di colpo sotto il sedere dello apctta_- tore. Ma poi ha pensato che la poltroni psicologica poteva esser preu per una parafrasi meccanizzata dell'indimenticabile teatro dtl colore e, sulla poltrona pricologica, la direzione ha soprasseduto. ll nostro ottimismo, già grande, alla notizia dcli• trasformazione dell'Eliseo ingigantl. Se un breve accenno pub restituire un teatro da rudere • nuova vita, quali effetti sortir1nno le rampogne, le redarguazioni, le parole talvolta asprette che di settimana m semmana noi elargiamo dall'alto di queste .colonne a.d autori e ad attori! Il teatro italiano ne diverrà tale mirabil cosa, che davanti a lui i teatri delle altre parti del mondo dovr1nno chinare la fronte rossa di vergoRna. t a braccetto di questa illusione che, sere fa. in mezzo a un'afa che ci aveva ridotti ali• condizioni di spaventapasseri, entrammo nel dorato Argentina, per udire Cugino Filippo, commedia in 3 atti di Sergio Pugliese, rappresentata dilla compagni& di Armando Falconi. Ma mentre il sipario si sta,,.. aprendo sullo scenario dell'1tto primo, l'occhio pollino ci avvertl che la pohrons alla nostra de• stra era vuota. Cerca di qua, cerca di là: l'Illusione s"era squagliata. Di Armando Falconi si usa dire che è un attort simpatico. Noi diremo di più: è un simpatico tipo. E anche più: è un tipo cosl sparso per le itale regioni, che la simpatia diventa affinità. Falconi - precedente la grande trasformazione operata dallo sport - ! il tipo già anuquatello dell'itali1no estivo. Paglietta sulle vc.ntitr!, virginia all'angolo della bocca, narra storielle sc1brosette d1 quando face,·a l'ufficiale, prende l'americano, continua a far saltare fra i denti la buccia di limone con cui il barista uaa profumare l'inebriante aperitivo. Per paura di guastarla, questa sua simpatia natural~ Falconi la trasporti tale quale dalla vita sulla ,cena. No~ truccatura (unica truccatura di Falconi sono le sopr•ccigli1, ma t truccatura naturale), non sforzo di dizione, non studio d1 gesti. Neppur la fatica di mutar abito. Dopo lo spettacolo all'Argentina, ci avvenne di rivedere Falconi in certa birreria di piazza Santi Apostoli, che t l'1ccademia notturna della Roma intellettuale: gli riconoscemmo lo stesso completo, 11 steuo camieia dentro la qu1le poco prima egli aveva t.'1Jsuto il personaggio di Filippo Batt1ra. On quando un attore spinge il naturalismo a questi eccessi, non c'è bisogno di andarlo a udire a teatro: basta incontrarsi al caffl. La signorina Morelli, che 1omiglia • un ben4 galino e cammina come le bambole di Norimberga, interpretava nella parte della aignora Ebc Trani una donna che si annoia. Che spontaneità! Nella signora Dondini, invece, la • volontà di potenza• era manifesta. Essa sola recitò, interpretò. Del che le va tenuto conto, considerate la temperatura e•la formosità di questa brava lttrice. La comroedia, abbiamo detto, è di Pugliese. Quanto al testo, esso non ! nt pugliese ni!:: italiano, ma di un linguaggio cosl inaspettato, che Roberto Overa, ricco industriale del Varesotto, per manifestare alla signora Trini il desiderio di frequentare assiduamente la sua casa, dice: • Lei, signora, mi avri. spesso tra i piedi•. Il che, nell'1potyi di quali amori di zampette han da esser quelli di una giovine attrice che somiglia a un bengalino, ! una posizione tutt•a1tro che spiacevole. A'\.BERTO SAVINlO LEO LONGANESI - Direttore responsabile '> A. F.UITRICE ., O~1~11u.;s" • MILASO Pmprittà ttrti•Cita t ltelltruia ri~u1r1 RIZZOLI & C.•:•• \n. per l'Arte dtl11 St11mp1. Milano Rll'RODCZIO~I ESF.GUITE COS \IATERIAl.li f'OTOGRAF:'ICO • f'ERRA'.\IA •·

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