~ [P~~~~® VIRII SI DELIBERA l "'J PlAZZA Venezi.a, sabato scorso, v.erso le sci. li solito va e vieni tra via dell'Impero e Corso Umberto, 11 solito vuoto nel grande sagrat<i11: per riempirlo ci vogliono almeno qujndici o \"Cntimila uomini in rangh.i compatti: i passanti isolati vi si perdono e si allontanano in tutte le direzioni. Quanti di essi avranno badato a una quindicina di macchine, le quali, allineate in faccia al palazzo, dimostravano che dentro quelle mura silenziose da fortilizio una riunione stava svolgendosi (così si dice, come se le riunioni fosse.o gomitoli), presieduta da :,\;lussolini? Erano arrivate le macchine ad una 11d una, e i loro proprietari avevano mfiluto frettolosamente il piccolo portone, mentre i militi di guardia rettificavano la posizione. Niente di straordinario, in realtà: il Duce chiama spcuo intorno a sé qualcuno del suo stato maggiore•• ed è facile immaginare una corona di personaggi intorno a una grande tavola, che discutono e deliberano. Fuori, nel tranquillo scenario della piazza famosa, sotto il ciclo sereno, la gente va a passeggio, gli autobus rifanno cento volte le stesse curve e il metropolitano ripete cento volte gli stessi gesti; qualcosa di non molto diverso succede contemporaneamente a cento, a cinquecento chilometri, nelle vie o ne1le piazze di Napoli, cli Firenze, di l\lilano, questo è un giorno e un'ora nei quali dappemmo c'è più gente in giro che in casa, gente che ha finito la settimana di lavom e non pensa ad altro che alle proprie faccende, senza troppo affannarsi. Credete che a fermare un passante per Piazza Venezia, sabato scorso alle sci, e a chiedergli che cosa pensasse, ci fossero molte Probabilità cli apprendere ch'egli ,~Avanffettendo giustappun,o all'entità del •'accolto granario nazionale? Quanti erano m tutta Italia - cinquanta persone? cento? - a ricordarsi che in quel momento, dentro Palazzo Venezia, ci si occupava di qualcosa di enormemente interessante per quarantadue milioni di loro concittadini, di qualcosa a cui questi quarantadue milioni in que1 momento non pensavano affatto, benche ne fossero tutti di,ettamente, perso• nalmente toccati nella borsa e nello stomaco? Quelle ,•enti o venticinque persone, presiedute da Mussolini, si chiamano il Comitato del Grano•· Immaginare che sia -uno dei tanti comitati ? Sabato esso ha discusso, deliberato e stabilito quanto il grano deve costare. Cioè, in ultima analisi, quanto si dovrà pagare il pane. Poi tutti hanno ossequiato Mussolini, hanno 1iprcso le loro macchine e sono tornati nei loro uffici e nelle loro case. La gente continuava a passeggiare o a trafficare, senza la minima idea di quel che era accaduto. La maÌtina dopo, molti avranno appena scorso il co• municato, saltandone quattro quinti. La gente che non è della partita non sa niente di grano tenero e di grano duro, d'intenerimento e d'impurità, di ammassi e di enti ammassatori. Bisogna essere produtto,i di frumento, mugnai, fornai. In capo a un anno ognuno di noi ha mangiato almeno un quintale e mezzo di pagnotte o panini, e un chilometro di spaghetti, ma beninteso non siamo noi• consumatori• a stabilire il prezzo delle une e degli altri, non sono ormai neanche gli agricoltori padani o pu• gliesi e tanto meno i Jarmns canadesi 0 australiani, non sono i proprietari dei molini a cilindri o quelli dei panifici-pastifici (compresa la brava gente che s'inorgoglisce dei suoi fantasiosi vapoforni•). La cosa è molto più semplice. Un certo numern di persone, ministri, alti burocrati, qualche esperto•, vengono convocati a P11lazro Venezia, :'vfussolini clirige la discussione e dopo due ore il prezzo del pane è fatto'. Ma quale rivoluzione di secolari abitudini quale sconvolgimento di ben torniti inte: reni, quante novità nei meccanismi comnerciali, sono impliciti, come effetti O come cause, in questo sistema! L'uomo della strada non se ne rende conto. C'è però una cosa ancora più importante da osservare. Ed è la perfezione del meccanismo politico-sociale da cui fatti e realizn'.!i,.,ni di quceto genere sono resi possibili. Esistono macchine grandiose e complicatissime che fanno il lavoro di mille uomini, ma che un uomo solo basta a mettere in moto e a fermare. C'è molta analogia con quel che succede nella vita dello Stato. Il qu.ale è un organismo vivente, ma ata diventando sempre più una macchina, una meravigliosa macchina viva. Quarantadue milioni di italiani - o mettiamo pure soltanto la parte veramente attiva della po• polazione, dicci o qujndici milioni - ne sono, in dati aspetti o momenti della lorn vita, le ruote, i perni, le leve, ,. moltissimi neanche se ne accorgono, perché il loro lavoro è automatico. Non occorre del resto molta gente per mettere in moto questa macchina e farla lavorare in un determinato senso. In ultima analisi, basta un Uomo solo. A Palazzo Venezia c'è il quadro dei• comandi•· Ma non si tratta semplicemente di comandare. Bisogna che l'impulso sia raccolto, trasmesso, distri• buito, amplificato attraverso una serie di azioni e di reazioni rese possibili da un complesso di congegni predisposti. IUBE80ULLI E OENEB.AIJDELL1ESERCITOROSSO ~on penserete che per stabilire il prezzo del raccolto del 1937 basti un comunicato dal quale risulti che il grano tenero deve costare in tutta Italia, per un anno, L. 125 al quintale, e il grano duro L. r40 .. Quest'ordine ha un senso solo in quanto c'è chi può ubbidirgli, ed è ubbidito solo perché non esiste più il mercato libero del grano. In certe città di provincia, fino a poco tempo addietro, si vedevano al sabato mercanti, proprietari di car- gna e fattori tenere lunghi conciliaboli m qualche angolo ombroso di piazza (a Parma, n~I centro della città, c'è ancora il, portico del grano•), scambiarsi i loro campioni, manciate di frumento di tutte le razze dentro canocci gialli o blu, e fa.vi sopra profonde riflessioni. Adesso vi sono gli • ammassi•, grandi magazzini nei quali dev'essere portato tutto il grano della provincia, meno quello che serve per i bisogni domestici della gente che vive in campagna. E sono soltanto gli • enti ammassatori, che comprano e rivendono e pagano immediatamente il prezzo agli agricoltori, onde questi sono sicuri di disfarsi di tutto il loro grano senza paura degli alti e bassi causati dalla speculazione, e senza necessità di cederlo troppo presto - quando è ancora in erba•, verde peluria dei campi - o troppo tardi - quando nessuno ne vuole -; in entrambi i casi, sotto costo. Dunque il sistema degli ammassi (che è applicato anche ad altri prodotti, per esempio alla lana) finisce per realizzare una specie di gigantesco •cartello• o consorzio .obbligatorio di tutti i granicultori d'Italia. Che cos'è un , cartello•? All'ingrosso, è un accordo fra più produttori e commercianti di una dàta me,ce allo scopo di clìminarc fra essi la concorrenza e d'imporre il prezzo che loro più conviene. Spesso la manifestazione saliente dell'accordo cartellistico consiste nella creazione di un unico • ufficio vendite•; ciò significa che tutte le ditte consoniate si sono obbligate a vendere la loro produzione (secondo quote stabilite) solo pc, mezzo di tale ufficio, e ai prezzi che esso determina. Natunlmente il cca.rtello• fa l'interesse dei produttori sacrificando, se occorre, quello dei consumatori. :'viaquando interviene lo Sta• to corponti\'o, che tutela l'interesse di tutti, il preno può essere determinato tenendo conto non solo del legittimo profitto dei produttori, ma anche delle giuste esigenze dei compratori. Per lo St•to non giocano soltanto le dure ragioni economiche, ma anche que1le sociali, politiche cd etiche. Gli ag.icoltori non avevano mai pensato (e se ne avessero avuto voglia, non sarebbero stati in gndo di farlo} di consorzia.si per impo,re il prezzo del gnno. t lo Stato, che col sistema degli ammassi li ha fomiti di un unico ufficiolvendite ,, il quale corrisponde un prezzo rimunerativo, quello che lo Stato medesimo stabilisce senza perder di vista che col grano si fa la farina, con la farina il pane e col pane si sfamano tutti, specialmente i poveri. Tlllillll lllla Ecco un po' di corporativismo in iscorcio. Forse le ventidue corporazioni potrebbero essere concepite, sotto un ceno profilo, come altrettanti grandi •cartelli• di Stato. Ma problemi di questo gene,e non sono fatti per l'uomo della strada. E basta d'altronde che qualcuno li mediti dentro gli spazi solenni di Palazzo Venezia. W. L PAROLA è al camerata Tucacevski, mare~iallo del• l'Unione Sovietic.1. commts• sario aggiunto alla Difesa nazionale >. Quando il presidente Kalinin, il 15 gennaio del 1936, pronunziava queste parole, impazientemente attese dalla folla dei deleg:iti convocati nell'immensa Sala bianca per il Congres.so dei Sovieti, il maresciallo Tucacevski era al massimo della sua popolarjtà e del suo prestigio. Un movimento di interesse senza precedenti si diffonde, dovunque prorompono le acclamazioni. Tutti vogliono vedere l'uomo del giorno. Al banco della presidenza i commissari del popolo si stringono intorno a Stalin ed a Voroscilov per far posto al giovane maresciallo che avanza lentamente. Le ovazioni si rinnovano, si accentuano man mano che la folla può vedere, ammirare la figura quasi leggendaria del comandante che disperse l'esercito di Denikin. Eccolo finalmente aHa tribuna. Da tutte le parti si urla, si gestisce, si grida, si applaude. t un uragano, una tempesta di entusiasmo. Voroscilov sorride paternamente, mentre Stalin non nasconde la propria soddisfazione. Non si annuncia già l'ostilità della Germania al bolscevismo? Non c'è qualcuno, in Francia, che dubita della portata militare dell'accordo franco-sovietico? Ogni minaccia e ogni dubbio saranno dissipati da quanto dirà fra poco Tucacevski, che aspetta senza impazienza la fine della dimo• strazione. Si fa finalmente silenzio, un silenzio IL IL\BES-OIALLTOUOAOEVBXI religioso, qua<ii opprimente e il giovane marcsri:,llo, dai lineamenti accentuati, p(;rfino ~uri, eleganti'5imo nella nuova divisa di taglio perfetto, pronuncia le parole che Stalin vuole siano intese in tutto il mondo : a Parigi a Roma a Berl~o, a Londra, ~ !oki~. « Abbia~o, qucst anno, un m1hone trecentomila uomini sotto le armi, L'armata rossa è pro1~ta .a difendere la patria contro tutti gh aggressori, da qualsiasi parte vengano•· Applausi, evviva senza. fine a.ccolgono queste parole. L'entusiasmo M trasforma in delirio. Il maresciallo non si abbandona all'entusiasmo della folla. Ostenta una calma impassibile. Qualcuno ha la sensazione che egli non abbia assolutamente nulla di comune con questa gente che lo esalta che il suo pensiero c la sua anima sian~ altr~:we. 11 comunismo non lo riguarda. ~gli a.ma l'esercito, e, più ancora che I esercno, la guerra, e, più ancora che la guerra, la gloria. IL MARESCIALLO TUCACEVSXI J\,~~i intuizione fu forse più esatta. ~h, e questo eroe del giorno? ~ un ant1~0 ~fficiale zarista. Le sue origini sono d1 piccola nobiltà campagnola la sua edu~azion~ fondamentalmente' aristocr~t1ca. Viene da una di quelle famiglie,. tante volte det;critte nei romanzi ru~1 dell'Ottocento, che la modestia dc~la fortu.na o~bliga a collocare i figli :~c~~tdn dell esercito. Tre figli, tre .~ome. tutti i figli delle famiglie nobili, M1c~efe Tucacevski passò per il CorP? dei cadetti e nel f 9 f 4, a 2 r anni termmava gli studi al Collegio mili~ tare Aless~ndro. Era appena licenziato che scoppiava la guerra e veniva inviato al fr~nt~ col grado di sottotenente. I~co'"!1rn~1aa vivere secQndo le sue aspi~a~i~ni e le sue attitudini. fino dall m1_z10appare un ottimo ufficiale, coraggioso, mtraprendente. Ha in som- ~o grado una qualità: ,;a farsi obbedire dai soldati. d Ne~. '915,, è fat_to prigioniero dii teesc I e v~ene mv1ato al campo di S~r~sund, m Pomerania. Evade, ragg~ungc _a nuoto l'isola di Rugen ma v!ene npre\O e inviato a Kustrin.' Deciso a. fuggire un'altra volta, scava una gallena con la complicità di qualche camerata .. Scoperto, è denunciato e n:1andato m un altro campo, da dove ricsc~ ancora a fu$gire. Sta già per raggrnngcre la fronttera olandese quand?, per la t~f7.a. volta, ~è scoperto, raggiunto e chiuso nella fortezza di Ingolstadt, sulla via di Monaco. Arrivato .colà nel settembre del 1916, Tucacevsk1 doveva restarvi fino all'a- 'rOSto del J9J 7 preparando, come sempre, un'eva"ione: cosa, stavolta, c;uprc• ma.mente malagevole. A I ngolstadt trova un forte gruppo di ufficiali pri- , gionicri, in gran parte russi e francesi. Negli ozi della prigionia Tucaccvski si fa apprezzare per il suo brio. la sua co,-c:11alità,le sue c;pmtosa~gini e i suoi paradossi. Diceva di adorare Perun, il dio slavo della guerra, ingiuriava San Vladimiro, che evangelizzò la Russia, e si proclamava ateo. Ammirava, nella storia, i personaggi che avevano avuto il coraggio di calpestare i pregiudizi e che avevano soggiogato le masse: Pietro il Grande, Caterina II, Napolèonc. Ai suoi occhi, Nicola I I era un povero im~cille; occorreva un despota, alla Russia. che non era fatta per il regime costituzionale. Per proprio conto dichiarava di voler essere un capo di avere sete di eroismo. La cosa che' più pa~entava era una carriera piatta, tranquilla e grigia in una città di provincia. Non gli importava d~ denaro· come la ~naggior parte dei russi, non' aveva mai saputo contare. Gli interessi dei proprietari lo lasciavano indifferente: rideva della suddivisione delle terre. Si sentiva nato per dominare. I sogni più ambiziosi lo seducevano. Voleva rappresentare una parte. La mediocrità gìi faceva nau,;:ea. Disprezzava la morale, det~st.av~ ~li !chiavi, i socialisti, gli ebrei, 1 cristiani. In fondo era un aristocratico e un imperialista russo. "EPOPEA" Un bel giorno i giornali tedeschi portano a Ingolstadt una notizia che desta dapprima diffidenza, poi sbalordimento: in Russia è scoppiata la rivoluzione 1 prigionieri rw.si sono presi da un scn~ so ~i angoscia e di trepidazione. Che avviene lassù? Chi sono questi nuovi domin":t?ri ~cl .Popolo russo? Quali P;.obab1htà d,1 v1.ncere? O i! principe N 1cola non nu<;c1rà a domare la rivolta~ Tucacev"ki non si abbandona a ipotesi ed a riAessioni teoriche · non si rifu~ia in un'attesa paziente. 'Nella rivoluzione egli vede unicamente un campo d'azione, e la pos..sibilità di affermarsi. Yia la Russia è lontana e le sentinelle v~gilano più che mai intorno al campo d1 concentra!11ento_. Eppure bisogna evadere. ~a nvoluz1one ! Quale occasio- ~~~~r diventare generale a venticinque A.ttravcrso le notizie confuse dei giornah tedC5chi si forma un'opinione. Cosa fa Kercnski? t uno sciocco che non sa imporsi col terrore. Uomini verl"-sono i ?'>l~vi0i, t gente di fegato che non s1 lascia imporre dai pregiudizi. La loro ~rasco!o~ia serve, in fondo, gli interessi stonc1 della Russia. Lo zarismo ha perduto la guerra e la Russia è costretta a rinumiare alla Polonia, Ma la ri~oluzio~c può ridargliela. Una Repubblica 50V1euca polacca potrebbe venire annessa ad una Repubblica federativa russa. Il suo odio per gli inglesi divampa. e Sono loro che hanno voluto la nostra ~confitta >, dichiara a Pierre Ferva.eque, che si trova prigioniero in un gruppo di ufficiali francesi. e Gli ingle\i vogliono farci a pezzi. Gli interessi della Russia e della Francia sono identici. Sr il \'O· sti-o paese volesse! Non oggi, for:.-c. Oggi noi non contiamo più nella guerra. Ma più tardi. La Gran Bretagn:i ha dei punti invulnerabili: le Indie, l'Egitto, la Persia, l'Estremo Orientt>. ~1a voi non vorrete. E allora noi ~paueremo via la polvere della civiltà occidentale che mortifica la Russia. Scuoteremo la Ru~ia come si scuote un tapJX'"to sporco, e poi faremo lo stCS.$0col mo11do ! >. C'è in questi propositi l'idea ~<'olarc della missione storica del popolo rus,;o: popolo eletto. dw d,,\c port:ire al mondo la formuln dclL.tMlute. Comr- aveva previsto ~lichelet, la Russia oggi dice: « lo sono il socialismo ,,., come ie-ri diceva : « lo sono il cristianesimo •· Prr tutti coloro che al pari di Turnc(;vski hanno compreso che sotto la di"cnit:\ delle formule il bolscevismo è impregnato di messianismo slavo, l'adc-..,iom•alla nuova fede è immediata e inevitabile. Finahnente, grazie a un'a,tuzia, r.iesce ad evadere da I ngolstadt. L:. nuscita del tentativo venne ignor.ttn dai suoi compagni di prìgionia che lo temette,o perduto. Soltanto rwl tcJ20 essi vennero a ~pere che rc,crcito rosso chi" m;\ici:1,·a I ontro V.-1.r,aviaera rapi1,mritn eh Tu<';u:cvski. Pit·rrC' Fcrva.<.,1uedire chc.'<:'è un punto oscuro nelh sua eva"ione : non si sa, cioè, se, tentando di passare per l'Austria, egli fu ripreso e liberato poi alla fine del 1917, oppure se riuscì a recarsi in !svizzera, e di là in Francia, per farsi rimpatriare. Tucacevski narrò più tardi di aver raggiunto la Svizzera dove il console russo gli diede modo di p'a~re in Francia. Breve soggiorno a Parigi e colloquio con Gustave Hcrvé. Poi, attraverso Londra, la Scozia e la Norvegià, rientra in Finlandia e di là a Pietrogrado. Era l'ottobre del r917 e la rivoluzione dominava ancora le 5trade. Tucacevski non ha un attimo di indecisione. Passa subito all'esercito rosso. Riceve il comando di una compagnia.. Il 5 aµrile 1918 elllra nel partito comunista e da quel momento percor• re con celerità non mai vista tutti i gradi della carriera militare. Alla fine del i g 18 lo mandano sul fronte orientale in qualità di comandante del primo corpo d'armata contro la Cecoslovacchia. Riprende Simbirsk. Il suo sogno è già, in parte, realizzato: a venticinque anni è generale. ;'Jel 1919 comanda il V Corpo d' Armata contro Kolcia.k. Nel 1920 partecipa allo schiacciamento di Denikin. Nel 0'20 il vecchio generale Brussilov rivolge un disperato appello a tutti gli ufficiali dell'esercito dello zar « dovunque ,i trovino _. perché accorrano a difendere le frontiere della patria minacciata .dai polacchi. Russi patrioti e bolscevichi internazionali mar• ciano tutti con gioia contro Varsavia: quelli per la restaurazione della Russia di ic,i, questi per la rivoluzione europea. « La strada dell'incendio della rivoluzione >. dice Tucacevski ai suoi soldati, « passa, sul' cadavere della Polonia ». E:. un'idea chiara. Le ~rti di quella guerra sono no• te. Giunto alla Vistola, Tucacevski dovette tornare indietro. Egli non perdonò mai il concorso dato in quell'occa~ione dalla Francia alla Polonia; e quando si trattò di riannodare attraverso i Sovieti l'alleanza francoru'5a, Tucacevski fu per un pezzo re• ticcntc. IL BASTONE I DELLA CARRIERA Nel mar.lo , 921, a capo della setti• ma armata, annegò nel sangue la rivolta dei marinai di Kronstadt, gli stc!.Si che Trotski ;weva proclamato « orgoglio e gloria della rivoluzione>. Poi venne la pace. Dal 1922 al 1924, Tucacevski fu messo a capo della Scuola di guerra. In quello stesso anno viene promosso sottocapo di Stato Maggiore dell'esercito rosso; nel 19'25 comanda la regione militare della Russia bianca e tiene il suo quartiere generale a Smolensko. La leggenda dice che sua moglie ,;i uccise per gelosia della segretaria di lui, figlia di un generale russo, che Tucacevski, in seguito, sposò. Ma questo riguarda la vita privata. La carriera prima di tutto. Torna a Mosca come capo di Stato ~,faggiore. ~cl 1928, comanda le truppe di Lenmgrado, e finalmente è nominato Commissario aggiunto alla difesa na1:ionale. Non gli basta ancora. Le sue aspirazioni sono ìllimitate. Egli comprende benissimo che la sua origine nobiliare è sempre motivo di diffidenza e di -.ospctto; avverte perfettamente che la -.orveglianza su di lui è continua e incc"ante, che gli si attribuiscono ambizioni napoleoniche. Per questo raddoppia di prudenza e ,i tiene lontano,
al di fuori delle competizioni politiche. Non parteggia, Egli sa che, presto o tardi, alla dittatura staliniana succederà una dittatura militare e che, in ogni caso, Stalin non potrà prescindere dall'elemento militare. Almeno in apparenza egli non si occupa che dell'esercito. Lo riorganizza, lo istruisce, ne perfeziona i quadri, lo provvede degli strumenti della tecnica moderna. Le difficoltà sono immense, nonostante il piano quinquennale in azione, ma la sua volontà è dcci!;a1 pronta a tutto, instancabile. La sua opera viene apprezzata e finalmente riconosciuta. Il bastone di maresciallo soddisfa le sue ambizioni. Gli bastava? Chi può dirlo? Poche settimane fa, quando si scatenò la spietata offc-miva di Stalin contro le spie e i sabotatori del regime comunista e-al servizio rlcllo straniero>, fu fatto anche il nome di Tucacevski. Possibile? L'accu'-.t era partita da Radek, il quale ad onor del vero escluse in modo assoluto qualsiasi intelligenza da parte di Tucacevski col nemico. Colpevole, traditore, era il suo aiutante di campo, il generale Samarnik. Al ma(,Simo, Tucaccvski poteva essere accusato di negligenza, di leg~rezza. Entro questi limiti il maresciallo fu punito con una misura di carattere amministrativo. Fu mandato, col suo grado, in un posto subalterno, in un estremo angolo della Russia. Stalin l'aveva allontanato per meglio indagare. Improvvisamente si seppe che il condottiero più illustre dell'esercito rosso era .iccusato di alto tradimento insieme con sette generali, e che sarebbero stati tutti quanti giudicati dalla Corte Suprema, composta per la occasione di' generali e di marescialli. La senten.za è stata di condanna per tutti e la fucilazione immediata. Null~ si è saputo di questo processo, svoltos11 data la natura dell'istruttoria a porte chiuse. Si sa soltanto che alcun; mogli degli accusati hanno deposto contro i mariti. Il comunicato ufficiale diramato dall'« t\genzia Tass > dice che gli accusati si wno riconosciuti colpevoli senza cercare nemmeno delle attenuanti. ~a è poi vero? Comunque sia, questo processo, che ha portato alla fuàiazione dei comandanti più illustri cir!l'cscrcito ro<:.so- solo il maresciallo Bwlienny pote\'a rivaleggiare con costoro, - ripropone i vecchi interroga- (i,•; rc~i più assillanti dalla qualità delle persone. Sono i creatori dell'esercito ro~, sono coloro che hanno sconfitto gli eserciti bianchi, sono coloro che hanno reso pos5ibile l'imtaurazione del regime comunista, le ultime vittime. I COSACCHI DELLO ZAR Non si fa più questione di tendenze e di correnti politiche, di modi di governo, di forme sociali ri~uardanti la proprietà o i diritti del lavoro. t ìl tradimento vero e proprio, la collusione col nemico, che viene invocata dal governo di Mo..c.t per giustificare le nuove esecuzioni. Se le accuse sono infondate nessun dubbio che ci troviamo davanti a un fenomeno inaudito, mostruoso, di follia sanguinaria da parte di Stalin, fhc riassumerebbe in sé tutta la crud<'ltà fanatica e capricciosa degli antichi ,;;atrapi asiatici. Se, viceversa, le accuse sono vere, come si spiega un simile traviamento da parte di soldati come il Feldmann, che sotto lo zar passò venti anni in Siberia, come l'Eidemann e il Kork, che erano universalmente ritenuti figure immacolate? Il danaro? E: ridicolo solo il pensarlo. L'ambizione? Ma quale? E rivolta a <1uali fini? Se nell'animo di costoro ha potuto in.sinuarsi e mettere radici l'idea del tradimento, si deve immaginare che la '-ituazione in Russia sia tale da annullare nell'animo dei più alti servitori dello Stato qualsiasi resistenza, qualsiasi ripugnanza al peggiore dei tradimenti. E, d'altra parte, vien fatto di domandarsi : come può Stalin mandare impunemente. al patibolo le più alte gerarchie e restare inamovibile al suo posto di comando? l corpi di questi otto sciagurati che accorsero a difendere la patria al supremo appello del vecchio generale za. rista Brussilov sono ancora caldi e già si parla di un processo contro Voroscilov, il capo dei capi, e si annuncia un clamoroso processo contro i maggiori esponenti della politica estera sovietica. Chi si salva più? Alla vigilia di questo processo che ha mandato al patibolo sette generali e un maresciallo ricomparvero per la prima volta, in una rivista militare, nelle loro antiche uniformi vistose, i cosacchi. Il comandante del sesto corpo della cavalleria cosacca «Stalin>, il generale di divisione Goriaccv, era fra i giudici. .t un particolare importante. Forse non si è lontani dal vero quando si pensa che Stalin preferisca, ormai 1 i cosacchi, i vecchi cosacchi dello zar, agli ufficiali usciti dalla Scuola di guerra. Questi sono di origine contadina, non portano il frustino, non fanno venire da Londra gli stivalonj, non si circondano di cani levrieri come amava, con troppa ostentazione, fare il maresciallo Tucacevski. Non leggono i giornali perché, non di rado, non capiscono nemmeno il russo. Sono una buona guardia del corpo. Nella solitudine del Kremlino, il dittatore deve pcmare che, dopo tutto, lo zarismo aveva del buono. All'indomani deU'eccidio, Stalin ha dichiarato : « Noi non manchiamo affatto di uomini di valore. Ne abbiamo delle migliaia. Basta scoprirli e mandarli avanti>. .t una teoria che porta lontano. Coi suoi cento e settanta milioni di uomini, la Russia ofTre un largo margine. Si può continuare. GIULIO VENTURI 19 GIUGNO 1v1~xv O ■ NIBUS PAG)NA t "la Ru.uia t nato coUi'111to n qudriomdnt.o 11 (dal gioraall) 8TALlll'1 11E &duao faooio 0.11,ri~rintol" LITUROU DEL FRONTEPOPOLARE1D II mea C1Llpa II di Dal.&dlu AB.TEDEL FRONTEPOPOLARE- J'eaa Anq11.1th1 1 -.ioeprtaidta14dol partho 1oelalllt1. f;uoeN, dipinge a.rit, 11.1turamerla Una mlnlone dltticlle I L 7 DICEMBRE 1898 P1ul Cambon giungeva • Londra e 1i recava subito in quel palazzo dcll'Ambasci1u di Franci1, dove doveva tnscorrere ventidue anni dcli• sua vita. Nessuno, in quel momento, avrebbe potuto prevedere che la sua missione sarebbe durata cosi a lungo e avrebbe avuto tanta importanza per la storia dell'Europa. Raramente la missione di un Ambasciatore ebbe inizio in condizioni co1l difficili. La crì1i di Fascioda era in via di hquida7.ionc. Alla Fnncia non rimaneva che ritirar.i. Mai la sua ~plomazia aveva 1ubìto una coai grave umiliazione. Profonda diffidenu dell'Inghilterra verso la Francia, profondo risentimento della Francia contro l'Inghilterra: era questo lo stato d'animo dei due paesi. Mai, in tempo di pace, i rapporti fra i due Governi erano atati cosi tesi. Un mese dopo, 1'11 gennaio 1899, Paul C.mbon annunziava ufficialmente al Marchese di Salisburv l'evacuazione di Fascioda e subito gli ricorda,•a che egli atcslO, Salisbury, aveva p11rla10 al preccdent1.: Amhasciatore dt Francia, de Courccl, della pos,1luli1à d1 studiare, una voha che Fascioda fosse stata liquidata, la ripartizione delle zone da attribuire a ciascuno dei due paesi nel Bahr-elGazal. Il Miniatro inglese riconosceva di aver detto ciò, ma rimaneva sulla difensiva, perché temeva che la Francia avrebbe rinnovato la pretesa di piantare la sua bandiera sulle rive del Nilo. Fu allora che, per la prima volta, Paul Cambon si valse di un metodo di cui doveva, poi, servirsi largamente - e ai può anzi <lire costantemente - nelle trattative con gli uomini di ttato britannici. Rjproduciamo, dal volume recentemente edito dalla Libreria Plon (Pauf C.tlmbonAmbassadtur de Frana, 18,43-192-4, par un di'plomate), il riassunto di quella converuzionc. D metodo di Cambon A UN TRATTO Paul Cambon propose a Salisbury sotto la forma di un suggerimento improvvisalo e come una sua idea personale un tracciato generale di delimitazione delle zone francese e inglese, che tagliava obliquamente il Bahr-el-Gazal, seguendo la lmca dello spartiacque fra i bacini del Nilo e dell'L:banghi. L'uno dei due bacini sarebbe stato assegnato a una na,aone e l'altro all'altra; e la Francia avrebbe goduto di uno sbocco commerciale nella valle del Nilo. Come ai cominciò a parlare di stabilimento commerciale e non pili di sovranità, il Primo Ministro inglese abbandonò la rigidità che fino allora aveva sempre dimostrata, e dichiarò di essere disposto a impegnarsi per questa via. Paul Cambon profittò all'istante di quella buona dispoaizione per porre il problema generale dei rapporti franco-inglesi. Disse di essere stupito dell'acrimonia contro la Francia, che coal nella stampa come nei discorsi degli uomini politici inglc,i continuava a manifestarsi, e di cui egli non vedeva le ragioni: t Se avete qualche cosa sul C"uorc, vi prego di dirmelo. lo sarò a vostra disposizione per esaminare con voi tutti gli affari nostri, nel più sincero spirito di conciliuione • Questo fu il punto di partenza della lunga serie di convcruz1oni, d1 negoziau, che per anni dovevano intervenire fra l'ambasciatore di Francia e il Governo britannico, e che, attraverso difficoltà innumerevoli, attraYerso soste ed ar~sti, ma senza indietreggia.menti, doveva metter capo agli accordi del 1904 e all'Entmte cordiale. Ma 11 colloquio, che abbiamo dianzi riferito, i interessante anche da un altro punto dì vista. Noi abbiamo detto che Paul Cambon presentò la proposta della spartizione del Bahr-cl-Gual come una idea sua personale e, in certo modo, improvvisata nel corso della conversazione, sotto la riscn·a - beninteso - della approvazione del Ministro francese degli Esteri. In realtà Cambon, che era stato pochi giorni innanzi a Parigi, era già d'accordo con Dclcassé. Fu questo il metodo al quale abbiamo accennato: metodo che, poi, egli segui costantemente prima con Lord Salisbury, e poi col Marchese di Lansdowne. I suoi interlocutori cn~ravano volontariamente nel giuoco, il che conferiva al negoziato una perfetta elasticità. in contatto stretto con Delca.ssé, non 10!0 per meno della corrispondenza ufficiale, ma anche di lettere pri,•atc e di visite quasi settimanali a Parigi, Cambon presentava le sue proposte al Foreign Office come idee sue personali, che non impegnavano menomamentc 11suo Governo. Se queste sue propo8tc erano accettate, egli si assumeva di farle conoscere al suo Ministro, che, nella maggior parte dei casi, era già d'accordo con lui. Se, in'1ece, erano accolte male, egli le modificava o sembrava rinunziare a una semplice idea personale; il che era senza conseguente. Dall'altra parte si procedeva "ell'iste110 modo, Durante la lunga negozi•done degli accordi del 1904, la maggior parte dcllt. proposte di Lord Lansd.owne forono formulate a titolo personale o in lei• tere di carattere privato. Quando la proposta sembrava conveniente, Cambon rispondeva: • lo conosco abbastanza il pensiero del signor Dclcassé per assicurare che egli accct1eri •; e il punto era acquisito. Nel caso contrario, egli si trincerava dietro la necessità dell'approvazione del suo Ministro oppure su1u1:enva qualche emendamento per potere ottenerlo. Gli affari non diventavano impegnativi che dopo questi preliminari di carattere intimo, in cui Paul Cambon esercitava un'azione per cosi dire clastica e nel corso della quale, poiché i due governi non erano a contano diretto, non c'era mai ritinta, nt obbligo di concludere. Un'arte clllfic!le F U QUESTO, dunque, il metodo di Paul Cambon. Ma quale lontana lettura rievoca questa pagina di storia diplomatica, Ecco farsi avanti il vecchio La Oruy~rc, conoscitore profondo degli uomini e delle loro virtù e dei loro viti. Fu lui, fu lui c'1e descrisse, con msupcrabile precisione, il meto- ~:g1!on:~i~:~t:h:u:~~~oC:Ì::'~e;o~i ~~~ tardi. La Bru}'tre parlò della diplomazia con perfetta conos«:nza di causa e dipinse con grande vivezza di colori le fatiche che continuamente affronta un diplomatico, le astuzie alle quali deve ricorrere, le insidie che deve sventare, gli ostacoli che deve superare. Per lui, il ministro o il plenipotenziario i un carnaleontc, un Proteo. Egli deve simulare i! carattere me_glio rispondente agli scopi che 11 propone e a, bisogni in cui si trova. Alcune volte deve essere fermo e inflessibile. Altre facile. Alcune volte profondo e dissimulatore. Altre franco ed aperto. Alcune p:ran parlatore. Altr~ f,cJdo e taciturno. Deve saper parlare in termini chiari e formali. Deve saper parlare anche meglio in modo ambiguo e copcrto. Domanda poco, quando non vuole dare molto; domanda molto per avere poco e per averlo con maggior sicurezza. • Prende: direttamente o indirettamente l'intercue di un alleato, se vi trova il suo vantaggio ... Non parla c.he di pace, di alleanze, d1 tranquillità pubblica, d1 int~rcsse pubblico; e in realtà non pensa che ai suoi intercaai, ci~ a quelli del suo signore o della sua repubblica•· (Di un diplomatieo dei ttmpi nostri •i direbbe: Non parla che di a1curezza colleuiva, e non pensa che alla sicurezza del suo paese. Come si vede, neanche la fraseologia i molto cambiata). • A volte riunisce coloro che cran fra loro nemici e a volte divide altri, che erano uniti. Jntimiducc i forti e i potenti, incoraggia 1 deboli. Crea l_egami di interesse fra più deboli e li mette 1ns1eme contro un forte, per rendere pari la bilancia; poi 1i congiunge ai pnmi, e vende a caro prezzo la sua protezione e la sua alleanza•· (E qucfti aiatemi non sono andati perduti). Ma veniamo al metodo di negoziare d1 Paul Cambon. Scriveva La Bruyhe: • Tutto qu,l che ha da fare (il diplomatico) è r~olato dalla Cort,, tutti i suoi passi sono misurali, 1, ,,11nim, ap,rtur,, che fa, gli sono state prtscritu; e, cil ,wnost,mU, egli ngùa nti punti difficili t r,egl, art1colt co11uttati come st si risolt.-ene sul momnito e come per uno spi11to d'au()modammto; ,gli spinge la sua audacia fino a promettere che farà g,adlrt la proposta e cht non sarà scortfnsato •. E Paul Cambon: t lo conosco abbastanza 11 pensiero del signor Oclcaué per potere assicurare che egli accetterà•· La coincidenza t perfetta. La tela di Cambon NOI NON POSSIAMO, qu_i, ricottruìre neppure pC"r sommi capi l'opera di Paul Cambon. • Quando si getta uno sguardo d'insieme alla sua missione a Londra•, acnve il ,uo odierno biografo, • ai ! colpiti dalla fermezza dcll11 sua condotta. Se acconsentiva a modificazioni di particolari, si trattava sempre di transazioni, che implicavano compensi. Ma aui punti fondamentali della sua poli1ica, egli rimaneva fermo aulle sue posizioni, a.spettando con calma che la fon.a delle cose producesse l'c\·oluz1one, che egli prevedeva•· Pau1 Cambon attese per lunghi anni; e ogni giorno apportò una pietra al grande edificio della mtesa anglo-francese. Dovette superare difficoltà 1nunense. A qualche anno di distanza da Fascioda, la guerra del Transvaal determinò una nuov-a crisi dei rapporti fra le due nazioni. La stampa, la caricatura, il teatro, il caffè-concerto fecero tutto quel che potevano per inYclcnirli. Ma Cambon non disperò. Con paz1enu instancabile, egli ritl"sseva la tela sottile d1 un'amicizia, nella quale l'imprudenza di un giornale o la volgarità di un caricaturista, oome \Villette, facevano, ogni giorno, larghi squarci. Intanto assumeva il Ministero dl"gli es,eri Lord Lamdowne e sali,,a al 1rono Edoardo VII. A uno a uno gli ostacoli ,·en1vano rimoui. 1.'8 aprile 1904, Lord. Lansdownc e Paul Can,bon firmavano l'accordo per l'Egitto e 11 Marocco. Fu un a\•,·cnimcnto storico. L'Intesa anglo-francese era nata Subito dopo l'Entente CQrdrale rice\'l"V& il batteaimo in occasione del • colpo , di Guglielmo 11 a Tangeri, Come SI ddincò l'offensiva tedesca, il Marchese di l...ansdownc comunicò a Parigi che il suo Co\emo intendeva concedere tutto il auo appo,1:~io al Mintstro franccae degli Affari Esteri; e aggiunse che se la Gcnnania avesse chil"stO un porto al Marocco, il governo britannico s1 sarebbe unito a quello francese • per opporsi fortemente•· i:: noto che il Go\·erno francese non ebbe il coraggio e l'indipendenza di resistere alla intimidazione tedesca e la crisi si chiuse con le dimissioni di Dclcaué. Ma un fatto d'1mporta.nu storica rimaneva acquisito: l'Inghilterra ave\·a preso posizione riso~ lutamentc al fianco della Franci11.. I I I s gennaio 1 ()06 ai apriva la Conferenza di Algcsiras. E. fin dal principio, Sir Edwud Grey dichiarava a Cambon: • Noi vi sosterremo fino in fondo, quali che siano le soluzioni che sceglierete•· 1° luglio 1911: colpo di Agad1r. li Governo inglese prende nl"ttamcntc posizione a favore della Francia. Crcy ammonisce Cambon che in ogni caso al pubblico dovrà apparire che la responsabilità della rottura sia tutta della Germania; solo in questo caso, l'Inghilterra marccri/ina infondo. Significativo ammonimcnio, che getta una viva luce sulle esitazioni inglesi del 191-.. Tre anni dopo la tempest• scoppia. L'Austria mobilita, I• Russia mobilita, la Germania e la Francia mobilitano. Ma Grey 4; Asquith esita.no: occorre che il torto aia tutto della Germania. Ormai i fuori dubbio che se l'Inghilterra avesse parlato chiaro, la Germania non si ,,._ebbe. mossa. In questo libro su Cambon i narrata particolareggiatamente la drammatica conversazione che C.mbon iniziò con Grcy il 2:8 luglio e che ebhc termine il 4 agosto. Il 4 aaosto, al mattino, giunse la notizia della violazione del territorio belga. Segui l'ultimatum inglese a Berlino: scadenza alle 11 di sera. Quella sera, Paul Cambon rientrò all'ambasciata alle 10,30 e si trattenne nella cancelleria, con i segretari. Quando suonarono le 11, il vecchio ambasciatore, fra il raccoJ!:limcnto generale, commoaso e con voce aolcnne, annunzib: • Signori, l'Inghilterra ha dichiarato la guerra•. La sua opera era compiuta. Ma esiste ir, Francia, oggi, un Paul Cambon? Può il Quai d'Orsay contare sull'appoggio inglese ineondizionatamentc? OMNIBUS Il~ ANl!OI, NUII. "· ~9 OIUONO 1937,XV 11 OMNIBUS l ii SETTIMANALEDI ATTUALITÀ li I POLITIOAE LETTERARIA ESCE IL SABATO IN 12-16 PAGINE ABBOIIAMEIITI I ltallaeCclonle: aonc L. O, nmoalre L. 23 Eltero I an.110L. 70, 1emeatroL. 36 OGWI R'VMERO UWl 1.IRl !a!!! 0~!{~u!~~.g!~a• ~lto~:~1:!~ho~ Dlrealou: :Boma- Via del Sudario, 28 Telefo110N. 561.635 lmmilllltrll.dou: I!lU1.11•.oPiana Oa~lo Erba, 6 Telefoac N, 24,808 Soc:.boa. Ultrlet " ODIBUS" • llllla.ao 1
m ~vr. ID~CBI1il®~~ilWil~~ll I ~ UNA VIGNETTA umori,,,. ('a di un grande ebdomad:::i.rio fr.u"tccse, due tipici partigiani del fronte popolare, di quegli ,;calmanati che affollano il I'rl d'h1u quando tuona Jouhaux o Thorcz, parlano fra loro; e- uno dice all'altro : e Che razza di democrazia quclb. ìnglcsc! Milioni di persone as- 'iistono al pa~saggio del corteo dcll'ln- ('oronazionc, e neanche un pugno alzato ... •· Il pcriodil:o che pubblica la vignetta vuol colpire la di~rdinata democrazia francese, a lode cd esaltazione della ~ana democrazia britannica che ~a conciliare le pilt audaci riforme ~iali <' politiche con la fede monarchica più ardente e il rispetto alle antiche tradizioni. E i corri,;pondenti da Londra dei giornali fr,rncesi di dc- ,;tra, abbagli,ni dalle cerimonie pittorc,;chc e medievali dell'Incoronazione, hanno, nei giorni scorsi, con identiche intcn1ioni, compmto prose quasi liri• che. Esemplare democrazia imperiale, in cui tutto ,i concilia e si armonizza. Edoardo il Confessore s'immede,;ima con Giorgio VI; le Chie~ si confon. dono con lo St,.uo; l'eterna rivolta del. l'India si sposa :ti credo ~ietario i il capo dd governo si romplcta col capo (stipendiato dall'erario pubblico) della oppo-;izionc di Sua ~laestà. Grande popolo quello della Gran Bretagna. Guardate: un Pum1u si ritira, e le folle applaudono entusiaste della sua modestia e della sua pipa; un nuo. vo Premier ~aie alla ribalta e raccoglie gli stessi plausi popolari. Contrasti e lotte di classi? Tutte apparenze; l'idea imperiale concilia tutto. Un marinaio ubriaco e barcollante trova 'ìubito una dama dell'aristocrazia che lo piglia a braccio per aiutarlo a fare la strada; un' incoronazione imperiale precipita nel comune vortice della frenesi;.1 \\'hi• techapd e Pali Mail. Dinanzi al monarca, non il Regno Unito soltanto, ma l'intero Commonwealth> forma un'unità compatta e sen• ,a fessure. Ciò perché il Re d'Inghilterra, non solo come simbolo ma anche come persona fisica (e ben lo si è visto durante la crisi dinastica dello scorso dicembre), è l'unico legame che tiene insieme le membra dcli' Impero. La Società delle n:tzioni britanniche è infatti, secondo lo ~tatuto di \\'tstminster, una società di Stati completamente autonomi e indipendenti, la cui caratteristica è di avere in comune soltanto il Re. COSTITUZIONE FORTUITA Questa singolare organizzazione imperia.le riesce inevitabilmente misterio- ,;a e strana a noi continentali; nondi• meno è una realtà di fatto. Durevole? Salda? Sentite quel che ne pensa Lord Lothian: « La permanenza di una Co• rona comune in un 'ìÌ'ìtcma nel quale un ,olo re deve agire ~guendo i consigli di sci o sette ministeri diversi, dipende dalla posS1bilità in cui ,;i trovano le sei o sette nazioni di dare al re dei consi~li identici, vale a dire dalle loro possibilità di accordo !iìU tutte le que• stioni importanti della politica imperi,\k ... ~fa que<,to appunto è il credo sul quale riposa il nuovo Commonu.·ealth, per il fatto che sono delle democrazi<', che rappresentano la stes.,;a cultura liberale e che sono eguali nei diritti e nei doveri, non possono non dare consigli politici identici al loro re comune. Così deve essere mantenuta la ,mit..\ dell'Impero britannico, di questo impero che il sovrano simboleggia ma che non governa>. La spiegazione è chiaris,;ima perché non .1ggiunge nulla ai dati di fatto pre- !li ad esaminare. A un certo momento si pone un credo che, come tale, sostituisce la fede al ragionamento. Le nazioni che compongono il Commonwealth sono tutte democratiche, liberali ed eguali nei diritti e nei doveri; dunque (ecco il credo) devono andare d'accordo, ed i loro ministeri devono dare al loro re comune i medesimi consigli su tutte le questioni importanti. Questa è fede societaria, e spiega in gran parte il « ginevrismo > del governo di Londra; ma chi oserebbe farsene garante per un tempo illimitato? Credete che delle nazioni, per il _solo fatto d'esser democratiche ed eguali, possano andare necessariamente d'accordo? Se così fosse dentro e fuori del Commonwealth, la. formula della pace e del pa~ radiso in terra sarebbe a portata d1 mano di tutti. Eppure, si risponderà, il Commonwealth britannico esiste: forse racchiude in nuce la realtà di domani. Ma consideriamo, innanzi tutto, che il nuovo Commonwealth è di troppo recente istituzione (lo statuto di Wcstminstcr fu approvato alla fine del 1931) per consentire un colla~do de~niti~o, ~ non dimentichiamo, poi, che s1è g1unt1 aJJa eccezionale sistemazione imperiale odierna in seguito a gravi manifestazioni di discordia fra i Dominl e la Madrepatria. Londra, piuttosto che perderli (il ricordo della secessione amcrifana è sempre vivo e ammonitore), ha preferito dare ai Domini l'indipcndenz:t. ~fa queui Dominì, ai quali si è dovuto riconoscere la qualità di Stati indipendenti proprio perché 1'lon approvavano la politica di Londra, in che modo possono rafforzare l'unità dell'Impero? Si è portati a prevedere che la Società delle nazioni britanniche finirà per avere la stessa vitalità dell,t Lcg,, delle n,,zioni. Nell'attc'ìa, ragionare e rottilizzare intorno all'evoluzione costituzionale inglese è fuor di propo,;ito. per la ragionè che il mondo brirnnnico non procede applicando formule e piani razionali. E,;so va innam:i - come onnai tutti sanno empiricamente, affrontando le diffiroltà che via via gli 'ii prc• ,;entano, con provvedimenti e rimedi impo'ìti dalle circostanze. Con1:;idcrate un po' come è nata l'autonomia del governo di fronte alla Corona. :\ un ct.•rto mornentò l'Inghilte1ra ,;i è trovata ad avere un (della c:t~a di llannover) che ignorava la lingua inglese. Dovendo presiedere i! G,\• binetto compo'ìtO di ministri che parlavano tutti una lingua a lui incomprcn,ibile, quel re finì per trov::i~i come « un ,uino in mezzo ai suom •· Si indispettì o ,i annoiò : fatto sta, non trovò di meglio che a,tcnersi dalle 1:;edutc di Gabinetto, il quale continuò a funzionare per ,;uo conto eleggendosi un Pnn11er. Così una circostanza for• tuita produs._e una grande invenzione costituzionale. Que-.ta 1:;cmbra una storiella; invece è 1:;toria. ~la la ~tori:t d'un popolo e le sorti di una nazione non po1:;~no l''-<.ereaffidate interamente agl'incidcnti e ai provvedimenti di fortulla. .. Nes: ,una e,;pericm:a, per lunga che sia, Cl farà ~upcn.tiziosi come i giocatori e ci convertirà a un cr,·do ottimistico. estr,rneo alla ragione. La storia dd1' Inghilterra non è ancora conclusa, e qualche cosa st:t cambiando in seno al gro"o corpo imperiale. UN VINCOLO SUPERSTITE La crisi dinastica dello .;corso dice~- bre, benché ,;uperata come tutte le cn• si di questo mondo 1 no~ è pa-.s~ta senu l.i-.ciare qu.ikhc residuo mqu1ctantc e qualche scalfittura. Non è stata soltanto pericolosa per l'unità dell'Im• pero - come riconosc_e lo stes~ l~rd Lothian, - ma ha evidentemente indebolito l'i')tituto monarchico. Elementi estremisti del Labour Party parlano oggi della monarchia in termini _sc~n• venienti e aggressivi, che orecchie inglesi non avevano mai. udito sinora: un vero scandalo. Il <,1gnor Maxton, uno degli e'ìponenti pili auda~i del partito laburista indipendente, m un recente comizio a Gl.1,;gow, ha detto: « Noi <;0eialisti sapevamo da molto tempo che la monarchia era un'istituzione logora, e che in [nghilterra ~on e~crdtava pili alcuna funzione utile. La crisi dinastica ha dimc,c;trato che avevamo ragione. >'folte per-.one condividono il nostro punto di vista ora che hanno constatato come, senza intaccare minimamente gli interessi nazionali, si può congedi.tre un re allo Mc~1:;mo odo che si licenzia un commes• sor di ufficio, e che lo si può sostituire con la ste'ì'ia facilità con la quale si sostituisce un umile impiegato,. Credete che, un anno fa appena,' si potcs,e impunemente parl~re .a questo modo del e capitello connz10 > dell'Impero? E i comunisti? Questi societari di fresca data non se ne stanno con le mani in mano. Lavorano a corrodere l'Impero in Asia e nei Domini, non trascurano di minare, con industre pazienza, 13. :Madrepatria. Lo ~iope~o degli autobus durante le cenmome dcli' [ncoronazione (fatto grave e senza precedenti in Gran Bretagna) è opera loro. I capi delle Trade Vnions, Bcvin e Citrine, nel loro tradizionale pratici• smo economico, hanno un bel sollecitare - essi, i pacifisti! - pres'ìO l'Ammiragliato, il War Office e l'Aeronautica le ordinazioni di armi, munizioni, navi, aeroplani, maschere antigas, ecc. che si traducono in giornate di lavoro e in aumenti di salari pci loro affiliati. I comunisti, imbattibili nel de~ magogismo economico e politico, rendono loro assai difficile la funzione collaborazionista e conservatrice. Il presidente del parti~o c_omunist_a inglese, signor Harry Polhtt, rn un discorso tenuto pochi giorni or sono al congres...~ del partito, ha annunciato. i! grande ..walto delle masse lavoratrici alle potenze del denaro e della reazione. E poi è passato anche lui all'argomento dell'istituto monarchico deplorando i fasti de!P Incoronazione in un periodo in cui e più di un milio~e e mezzo di disoccupati soffre continue privazioni nelle regioni diseredate>. Quindi e politicamente > ha concluso: e La monarchia è un'anticaglia reazio• naria. I\·on è 50Jtanto un lu~ costosis1:;imo,ma il centro dei complotti reazionari. Es~a è adoperata dal partito cor1servatore ai suoi fini esclusivi. li " circo dello Stato " è, per i conservatori. un pretesto per battere il tamburo di guerra •· Per1:;ine nel mondo la convinzione che il popolo britannico è organica• mente refrattario al -.ocialismo e al comunismo. B una convinzione d'indole « razzistica>, teoricamente insostenibile, e che l'e,;pericnza comincia a smentire. JI comunismo sta piantando salde radici nella terra in cui nacque la prima lntcrnazionalc, e l'ambasciata dei Sovicti a Londra, 'iOttO l'abile guida del signor Maisky, è diventata un cen• tro di propaganda e d'irradiazione intellcttu:tle d'imµortanza tutt'altro che tra-.curabilc. CIVETTERIA POLITICA Fra gli studenti di Oxford e di Ca~- bridgc, l'antipatriottismo e il sovverst• vismo sono di moda. Alcuni ceti aristocratici civettano eleg:tntemente col bolsccvi~mo. e c'è persino qualche e pa• ressa> che si professa comunista convinta. Voi direte che queste manifestazioni sono semplicemente snobistiche; ma l'Inghilterra è l'unico paese nel quale lo snob è una cosa seria. Del resto, a proposito dello snobismo rivoluzionario degli aristocratici, non bisogna dimenticare che il lievito della rivoluzione france'ìC dcli' '89 cominciò a fermentare nei snlotti della nobiltà e nelle anticamere di corte. No: l':.,nticomunismo organico del popolo inglese è un dogma sul quale non si può giurare ciecamente. ~nch~ del popolo americano, stret~o cug~n~ ~1 quello inglc'ìC, ~i vantava 1I calvm1st1co individualismo; eppure da qualche tempo b vita americana, sia in alto che in basso della scala scx;iale, rivela deviazioni e trasformazioni che l'hanno allontanata di molto dalle sue norme originarie. Non ,;cnza ragione, il Commtern ha creato una attivissima e ricca 'ìCzione per gli e affari ameri• cani>. Di,corrcn<lo della penetrazione bolscevica in Inghilterra, sarebbe ingiusto trascurare le Colonie e i Domini. Non ci occupiamo forse del Commonwealth? Orbene in India, dove la situazione non è ;tata mai pi\1 g,.we di oggi, i progressi del bolscevismo sono sistematici e infrenabili. ~cl Canadà esistono zone che già godono i benefici della dittatura marxista. Nella città di Win• nipeg, ad esempio, è impossibile pubblicare un libro ostile ai Sovieti: il libraio che si arrischiasse a venderne uno - si assicura - vedrebbe immediatamente saccheggiato il proprio ncgcr,io da una banda di comunisti operanti a guisa di gangsters. Nel Sud Africa, la città di Johannesburg è diventata un imponente centro di raccolta di rossi europei, in gran parte emigrati germanici, che si contano a ccntin,,ia di migliaia. Dinnanzi a questi fatti allarmanti, \la immema e sublime l'indifferenza del popolo inglese viziato dall'ottimismo; e i suoi ~overnanti, pur vedendos.i scm: pre più impacciati nei loro mov1ment~ la politica estera inglese non fu m~1 ~osi povera e imprevidente come oggi), coltivano tuttavia l'illusione di una politica unitaria del Commonwealth. Essi hanno lo stesso credo di lord Lothian : perché tanti paesi indipendenti e uguali non dovrebbero andare d'accordo? Ma certo ... Perché i governi di quegli Stati tutti liberi e democratici che sono i Domini non dovrebbero dare al loro comune sovrano, il re d'Inghilterra, i medesimi consigli? Già, è vero. E non viene loro mai in mente che uno di tali governi potrebbe, un giorno, dare al re anche il consiglio di andarsene, oooure non dargli più consie-li di sorta. Ipote,i questa affatto arbitraria se si pensa che il governo dello Stato libero d'lrland .,., assente dalla cerimonia dell'Incoronazione come dall'attuale Conferenza imperiale, l'ha già trasformata in realtà. Intanto la Conferenza imperiale riunita a Londra, per segrete che sian? l~ sue discussioni, lascia trapelare voci dt discordie che si possono armonizzare soltanto con la rinuncia a ogni positivo lavoro. Si ripiega sulla linea del collettivismo negativo. Chi ha sperato in una dçfinizione più precisa e nel rafforzamento della politica estera di Londra in conseguenza. e a conclusione dell'odierna Conferenza imperiale, si disinganm. Il Foreign Office rimarrà ostinatam-,.ite fedele al miracolo dell'azione collettiva proprio per non essere riu~ito a ottenere dall'Assemblea delle nazioni britanniche una deliberazione collettiva su nessuno dei più gravi problemi dell'ora. Quanto potrà durare questa c~isi ~- litica e morale della democrazia britannica lo dirà il futuro. Può essere una crisi; può essere anche un tramonto roseo senza fiamme. GIULIO COLAMARINO ORATRICECOMUNISTA1N JIYDE PARK 18TITUZION1IN PERICOLO STORIE BREVI TURGHENIEF durante i suoi soggiorni a Parigi incontrava tf>tttOBaltunin, al quale n-a ltgat.o da untJ vtcchia amici:iia. Un giorno trovandoti nei preui dd Pantlwln r avnido bisogno di rtcarsi in un pubblico ,abint_ttO di dtun:a vi f11 guidato dal ruo amuo. S, tra,~ tava di un gabi"etto a pagame"to tenuto da ""° vtcchittta. Poi posW un anno. Turghe"ief ,i ritrovc}a andare allo struo gabinttto. C'tra la suua JHcchia, la qualt ttbbnit /out trascorso tanto ltmPo non solo lo riconobbe, ma 01JVicinatagli:ridiue: • Come sta, tignort1 Il ruo amico non ti vede p,ù1 • E imittttte tanto a domandar noli.:·it di Baltum·n cht Turghenief si insospttti. Sapnia bene quale tto«atort fosse. LA vtcchietta alla fine si co,ifid/J:n-a in crtdito di trnita lire. • Gliele tttJtlt prtttatt1 • chittt lo 1crittore stupito. • .Vo prtttatt, 1ignort: tutte consumate qui, ttdte consumate•· UNA ENTUSIASTICA signorn, tt"- tito i\lfox Rtger tuonare meravigliosa• mente la parte dtl piano ntl • Quintttto dtlle Trote• di Schubert, il giQNlo tropo g/1 ntand6 a rtgalare dellt trott. Regn- lt tcriut nngra:ziandola t dicendole che alla pr,ma occasiont, col suo ptrmeuo, avrtbbe suonato il ,\finuttto dli but • di Haydn. 11 IAII DIRNIUTDIT ASSO TEDESCO lVOLTE VOLIAMO soli, a volte J in squadriglie. ~a og~i giorno vor liamo, e quasi ogni volo è un .... combattimento•· Così il famoso asso tedesco Ernst Udet descrive la sua vita di guerra nel libro Vita di tm aviatore. • 28 marzo. Volo con Gussmann. Siamo di pattuglia. t il pomeriggio, tardi,_ e il sole è a occidente. La sua luce abbagliante ferisce gli occhi ... Tutt'a un tratto vediamo un inglese, proprio sopra di n~1.. Egli vola diritto 'SU Gussmann. Questi evita e si butta giù. Li vedo entrambi volare in curve a 300 piedi più in basso .. • Levo la testa pu un attimo e vedo un altro inglese, che mi viene addosso velocemente. ~ lontano non più di 500 piedi. A 250 apre il fuoco. Impossibile evitarlo. Volo contro di lui." Tac-tac-tac", crepita la mia mitragliatrice." Tac•tac-tac", risponde la sua. •Ancora sessanta piedi. Sembra che i nostri aeroplani debbano ad ogni istante cacciarsi l'uno dentro l'altro. Ma egli si slancia in alto, al di sopra di mc. Il battito violento del suo motore mi scuote. Posso sentire l'odore della sua benzina. .. Faccio una breve curva; cd egli mi incalza. Dì nuovo voliamo l'uno contro l'altro, come due combattenti di torneo, con la lancia in resta. Questa volta sono io di sopra. • Un'altra curva. Di nuovo egli è proprio contro di mc, e di nuovo voliamo l'uno contro l'altro. Egli passa su di me a distanza di una mano." 8224°, è scritto a lettere nere sul suo scafo. • Una quarta volta. Le mie mani sono umide. Capisco che quest'uomo combatte per la vita. Lui o io... uno di noi ci resterà. Non c'è altra via d'uscita. • Una quinta volta. I nervi sono tesi fino a spezzarsi, ma la testa è fredda e chiara. Questa volta è la decisiva. Io miro e volo su lui, ~ono risoluto a non cedere di un millimetro, questa volta ... (Come due cinghiali, ci assaliamo l'un l'altro. Se i suoi nervi non si allentano, ora siamo perduti tutti e due. • Egli gira e mi evita. Ma in questo preciso momento· una mia pallottola lo raggiunge. Il suo apparecchio si inalbera, come un cavallo, gira rapidamente su se stesso, e scompare in una enorme spirale. Del fumo e come uno schino di polvere sì levano da terra. Volo due volte intorno CWid•World> al punto in cui egli si è abbattuto. Soldati (Wid, World> A PROPOSITO dtlla signoraSimpson. Domandarono a ,Wolih"t come ,na1 in ceru paui un repott'f)(lgowrnnre dall'dà d, q11attordio an"i, ma no" poteva tPotarti che a diciotto. • Pn-ché ,, rllpost Molièrt, i pùì d,Jfiàlt ttnn- a bada una moglie che un rtgno •· MARCEL PROUST n-a a· mancia larga. Usciva "" giorno dal Rit~ e 1tava per dar la mancia ol port1n-t, quando s'accorit du tra ttn:a soldi. • Prtttattmi cinquanta franchi•, dittt Proust al portin-t, il qualt premurotistimo ti ajfrtttò a conttgnart al romanzitre il dtnaro rich1t1to. Proust prut il biglittto con due dita, r,ngrazi6, e porgtndolo a sua volta al port1tu: •Per uoi•. IL PRINCIPE Di BAGDAD avttta un amico pittore e lo prottggNJa. Un giorno il pittore vnrnt t diut ton angosàa: .. Pnnc,pe, io dtl>bofuggire•. Tanta era la disperazione del giovant che il prinClpt gli rllpott: Prtndi il più veloct dei ,,,,ti cavalli e fuggi lontano•. Cosi fece il giovane. A cavallo lracers6 la pianura t ,t dt1erto t alla fint giunte 111 salvo 111 una piccola città sull' Eu/ratt. I luoghi erano molto belli, td egli tra felice di tuern liberato da un incubo. Ma alle portt dtlla Cittadina «co che incontra la Morte, Vedtndo/o gl, dint: .. Come? Tu non dO'Croitttrrt a Bagdad? • E mentre cosi parlaua lo offtrrd portandolo via. tedeschi, nelle loro divise grigio-verdi, accorrono, e mi fanno segnali e mi lanciano gridi ... ..Nel crepuscolo, scorgo un'ambulanza da campo nei pressi del punto fatale e sospetto che lo abbia raccolto. Chiedo del medico. Nel suo camice bianco, egli sembra uno spettro alla luce abbagliante della lampada, " ~ stato colpito alla testa", mi dice, " ed era già morto quando lo abbiamo raccolto". E mi consegna un portafogli. • Ci sono delle carte da visita, ,. Luogotenente C. R. Maasdorp, Ontario, R. F. C. 4711 • Un ragazzo del Corpo della Rcak aviazione. C'è un ritratto di una vecchia e una lettera: " ...non fare tanti voli sul territorio nemico. Pensa a tuo padre e a mc... " 1. Mi portano il numero dell'aeroplano, che è saltato via. È tutto schizzato di sangue. • Torno alla mia squadriglia. , Bisogna non pensare che una maJr..: piange, per ciascun ..iomo che abbattu,- mo •. E la storia del tenente aviatore ~laasdorp cbpc un segui•?· Lo ha narrato. Der Tfir: mer. Il libro d1 Udct fu letto in tutto 11 mondo e giunse nelle mani della madre di Maasdorp. E il 30 settembre 1936 la povera donna scrisse a Udct la seguente lettera: •Caro Colonnello Udct, , mia figlia m'ha mandato il vostro libro e una copia della lettera che le avete scritta e che .essa ha tradotta ìn inglese per mc. E m1 ha mandato anche la traduzione in inglese del capitolo, in cui descrivete la morte del mio Charlie. La maniera generosa, con cui parlate di lui, ".1i ha commossa profondamente. Che voi abbiate tanto rispetto per il suo coraggio e abbiate incluso la descrizione del suo ultimo combattimento nel vostro libro, varrà a farlo sempre ricordare. e Di una sola cosa sono certa: che se vi fosse sopravvissuto, avrebbe parlato altrettanto nobilmente di voi e del vostro coraggio. 1. Durante tutti questi anni, suo padre cd io abbiamo tanto viaggiato per cercare di sapere come fosse morto e dove fosse sepolto. Quando la guerra fu finita, suo fratello, il Maggiore L. Maasdorp, tentò di trovare la sua sepoltura, ma invano. Vi ho spedito due fotografie di Charlie, che furono fatte nel Sudan, poco prima che egli venisse in Francia, in giugno o luglio l9I7, Aveva vcntitrè anni e tre mesi. .. Io tengo una fotografia di Ch1trlic vi• cina alla vostra: tutti e due cosi giovani, così belli, cosl puri! La mia anima si ribella alla erudcltà della guerra, che porta tanto dolore e tanta infelicità a famiglie piene d'amore! , Mio marito ed io siamo tutti e due vecchi: lui ha ottantasei anni e mezzo cd io ottantatr~ e mezzo, e non posso dirvi quanto vi siamo riconoscenti, ora che, prima di morire, abbiamo letto questa vostra narrazione. Noi vi crediamo un uomo ammirevole e di cuore. eVorrei sapere che età avete, e che differenza ci sarebbe fra voi e il mio Charlic. • Vi sarei grata se mi scriveste poche righe. Scrivetemi in tedesco; qui c'è un amico chC tradurrà per mc. Sinceramente vostra M. MAASDORP •
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