Omnibus - anno I - n. 11 - 12 giugno 1937

IL SOFM DELLE RIUSE OIOTl'O• "ESEQUIE A S. PRJ.NOESOO"(partJC<1lare81. Oroct, FlrnM) ESTO centenario della morte di Giotto. Mostra Giottesca, agli Uffizi, Firenze; inaugurata, alla Reale presenza, con un di- 'lcorso di Ojetti. Di tutte queste cose, ~ià hanno scritto i giornali. Noi vorremmo soffermarci sull'idea che di Giotto s'è maturata nella coltura moderna. Come per altri maestri antichi, anche per Giotto il processo degli studi tende a mostrare I ampia attendibilità di notizie e informazioni, tramandateci da cronisti, biografi ed annalisti. Tale convalidarsi, sul terreno informativo, d'un patrimonio di dati tradizionali, non contraddice ad un'altra con- 'ltatazione. Ed è questa: come i capolavori dell'arte greca del VI e V secolo, ch'erano ancora, in gran {)arte, da disseppellire; o come la poesia di Shakespeare, ed altre creazioni supreme, la pittura di Giotto, nei suoi significati essenziali, è, largamente, una scoperta dei moderni. I contemporanei di Giotto furono pieni di ammirazione per la sua arte. I mag$iori committenti: pontefici, sonam e fondatori di signorie, si disputarono la sua attività. La leggenda popolare e la novellistica, vivacemente colorirono alcuni tratti biografici; anche se, dell'uomo, trasmisero un'immagine corsiva e un po' grossa. Gli scrittori del Rinascimento non lesinarono encomi. E sono encomi talvolta tutt'altro che generici. Ad esempio, questo passo del Varchi: « Sebbene i poeti e i pittori imitano, « non però imitano le medesime cose, « e nei medesimi modi. T mitano quel- « li con le parole, e questi coi colori; « il perché pare che sia tanta diffe- « rem.a1 fra la poc'-ia e la pittura, « quant'è fra l'anima e il corpo. Ma « come i poeti descrivono ancora il « di fuori. così i pittori mostrano quan- « to ph'.1possono il dentro, cioè gli af- « fetti. E il primo che ciò anticamente « face,.~e, secondo racconta Plinio, fu « Aristide tebano; e modernamente, « Giotto:.. Or non c'è dubbio che il Varchi, sot• to la clausola dell'imitazione naturale, rivtndica la idealità della pittura; la rapacità della pittura a descrivere l'anima, il dentro. ~la sarebbe un'illazione .ubitraria, a pretendere che tali conretti egli riferisca all'arte di Giotto, ,c-orgcndo, nell'azione drammatica e nella rappre!-Cntazione degli affetti, la ori.~ine di quella che fu la ~andc conquista giottesca : la costruzione spaziale. o ciò ch'è stato appunto chiamato la « pro'lpettiva p~icologica » di Giotto. Si tratta d'un embrione critico, di cui ..t noi è possibile mi111urareil contenuto potenziale e gli sviluppi. Il Varchi lo ra\'voltt;e nelle vaste pieghe della sua eloquenza; lo nobìlita del favoloso para~one col tebano. Ed è lo stesso che, poi, all'incirca, si ritrova nei di~or.,i del Va,.ari: pfrmi e particolareggiati; ma _forse anche, guardando bene 1 più rOZ71. Per Lconardo 1 l'idea dell'imitazione naturale ~i wolgc e determina, cor1 valore di «metodo• per la reintegra1ionc drll'artc. I pittori dopo i romani, dice Leonardo, non fanno che ripetere l'uno_dall'altro, e cosl mandano l'arte in rovina. Vien Giotto; e non si contenta d'imitare il suo maestro Cimabue. :Ma nei monti solitari ove nacque, si dà a disegnare, su per i sassi, gli atti delle capre : ricomincia per proprio conto a studiare il vero. A questo modo, non che i pittori della sua età, ma vince quelli di molti secoli passati. Dopo di che, conclude Leonardo, l'arte riprecipita, perché tutti si rimettono a imitare le fatte pitture. Per Leonardo, per il Varchi, per il Vasari, come per i predecessori, Giotto è, dunque, artista grandissimo; che anzi ritrova la moderna pittura, e la risolleva ad antica dignità. E tutto ciò con l'imitazione del vero. Che cosa poi egli abbia voluto dire con quella sua pittura; quali sieno stati i caratteristici effetti che gli premevano, e con quali artifizi li abbia conseguiti, il Varchi, il Vasari, e non parliamo di Leonardo, certamente lo sanno i ma lo tengono per sé. Jntendiamoci bene. Sarebbe grottesco figurarsi che i contemporanei di Giotto, e il Boccaccio, e il Ghiberti e poi il Vasari e gli altri tutti, nell'a~te giottesca non vedessero che quello che dicono a parole. Erano epoche quanto mai sature di senso estetico. Pittori quali allora fiorirono, ebbero senza dubbio un pubblico adeguato. O sarebbe come credere che la pittura di Zcusi e ~i Apelle avesse significato per i Greci soltanto ciò che i critici dicevano coll'aneddoto dei passeri tratti in inganno dal grappolo d'uva. Non sfuggiva affatto, agli antichi, lo essenziale delle opere d'arte; ciò che ne costituisce la tipica fisionomia : quel comple~so di forme e di ritmi che ne determina e perpetua la ragion vitale. La questione è che, come per altre cose, gli antichi preferivano non accostarsi eccessivamente a cotesti essenziali estetici. Li portavano, a così dire, non in mano i ma, riguardosamente, sopra un vassoio. Ne rispettavano il mistero. Li avvolgevano di circonlocuzioni. Un critico sottile: il Clive Beli, osservò che quando un antico come il Vasari parla d'« imitazione della natura :t e « nobiltà di sentimento:., a proposito di Giotto, su per giù intende le mede,.imc cose di quando un moderno come Roger Fry parla di e piani » e di « rapporti >. Perfettamente vero. E Giotto rimane quello che è. t l'atteggiamc-nto dei critici, dal \'asari a Rogcr Fry, quello che muta, conformando\i a diver<-e disposizioni. Ed è tale mutamento che, a noi appunto, interessa d'analizzàre: a chiarirne l'idea di Giotto ed i possibili riflessi nel gusto e nell'arte dei modeini. t ovvio che il generale incremento delle ricerche storiche, nel secolo scorso, rinverdisse anche l'immagine di Giotto. E dovrebbe altrcsì considerarsi quanto a ciò ebbero parte la nuova p:mione ed i nuovi studi francescani. Tramontati il gusto manierista e l'intclletluali,.mo ~ttcccntesco, nell'intercs- ~e romantico per la civiltà medievale e rina~cimcntale. Giotto viene subito citato a diritta e rovescia; da quelli (Coieridge, Goethe, ecc.) che spesso non sapremmo quanto direttamente conoscessero l'opera, e se molte volte non la scambiavano e mescolavano con l'opcre dei seguaci. Per quanto concerne la critica nostrana, già essa aveva rifatto il punto, con le placide e luminose osservazioni del Lanzi. Anche qui non vorrebbero SJ?ingersi le deduzioni più audacemente di quanto facemmo per il Vasari e per il Varchi. Ma nella sua accent~az~onc _della ingerosità delle azioni, m Giotto, e de fattore compositi'."o, il Lanzi sembra sottintendere più d1 quanto dica: implicita sembra la valutazione dell'azione drammatica, come elemento della composizione giottesca e della costruzione spaziale. ~I Rumohr ed Hegcl, nella pittura di Giotto, scorgono la prima rivelazione d'un nuovo equilibrio e d'una nuova simpatia che, col Rinascimento sì stabilisce fra l'uomo e il mondo. Non toglie che, tanto il Rumohr come Hegcl, si facciano ad os,.ervare che, in confronto alle austere creazioni religiose dell'Evo :\'ledio, e proprio « per la .sua tendenza all'immediato presente cd all'umanizzare», Giotto finisca « col circoscriversi in una sfera meno elevata :t. Simili errori di giudizio non commisero affatto puristi e misticheggianti italiani, quali il Minardi e il Selvatico. Anzi, il Minardì pone ad assoluto fondamento della grandezza di Giotto la forza nel sentire e rapprc'iCntarc le passioni umane; mentre il Selvatico compen,.a certe lievi deviazioni pietiste, collocandosi fra i primi che, sul disegno e il chiaroscuro di Giotto, dett~ro pagine cui, anche oggi, è da aggiunger poco. Un tocco, se non del tutto nuovo, assai felice, è nelle pagine poco frequentate dello Schnaase, che contrappone all'idioma astratti\·o e straniero della pittura bizantineggiante, il nativo lin- ~uaggio plastico in cui Giotto investe le proprie emozioni; creando figure di uomini vivi, con le quali lo spettatore entra direttamente in rapporto, e nelle quali l'artista realizza i propri sentimenti etnici. Ed è, press'a poco, la medesima nota del Ruskin ; che cerca di più imprimere il rapporto etnico, definendo Giotto un puro etrusco-greco del tredicesimo secolo. E venendo a interpretazioni più vicine, quanto meglio calcate sulle forme- pittoriche errate da Giotto: dicemmo che la tradizione biografica ci tra.- smi~e. di Giotto, un'immagine massiccia, popolaresca, ma forse anche diminuitiva. L'immagine d'un gagliardo operaio, positivo, spiritoso i e, da certe sue famose repliche cd epigrammi, si direbbe anche un po' cinico. Qua .. i sembra di scorgere la deformazione, o la sublimazione dì questa rude figura di Giotto, descritta da cronisti e novellieri, in una maniera d'interpretare la sua arte come un trionfo della fi,.icità; con corpi di quintale, dalle membra tarchiate, ravvolte in pc- <;.antimantelli, che più ne esagerano il volume e l'ingombro. Che, al tempo \tC<i.'I0p, are una caricatura della famosa teoria dei « valori tattili>, appunto inaugurata dal Bcremon sulla pic~;:c, ~io~~etfl Bcrenson non ha la minima responsabilità di siffatte applicazioni della sua teoria. E fu anzi tra i primi che ponessero, con ·intiera proprietà di linguaggio critico, a fondamento della innovazione giottesca, il profondo <;.ensodell'azione e degli affetti; ricollegandolo, naturalmente, con una capacità a tradurre osservazioni p!iicologiche e perfino idee morali, in realtà concrete e corpose. Vale a dire che, con Giotto, non si parte da una fisica appercezione della realtà, ch'egli avrebbe ricostruita nella ma,.<i.imaenfasi dei volumi e delle fonne, e come negli aspetti di un mondo gigantesco e tumefatto. Jntenzioni ,.imili potranno valere per qualche pittore postimpressionista e cubista ; che, inasprendo cd esasperando le strutture d'un paesaggio, o i colori e la modellatura d'un gruppo d'oggetti o di frutta, giunge anche a suggerire il sen- ~ di talune concordanze cd allusioni cosmiche. Il procedimento di Giotto non è di confu,.a evasione dalla immediata realtà verso il cosmo. È, c;ostanzialmente, un procedimento contrario: dalla pienezza di certi significati umani, alle forme visibili più atte a riceverli e manifestarli. t naturale che, in Giotto. tali fonne assumano ur1 risultato prepotente, una fisicità ad alto potenziale: il suo è un mondo titanico. non miniaturesco. E l'istinto plastico è in lui così infallibile e ridondante, da fa~i valere in qualunque più fuggevole colpo del suo pennello. All'origine della pittura di Giotto, è dunque un genio speculativo che verso le fonne discende dall'intima causa delle cose, e dall'idea e dalla pa,.sione di certi eventi eroici. Nonostante una sua tesi non convincente circa, anzi contro, gli affreschi giotteschi d'As~i~i, fu il Rintelen che, meglio d'ogni altro, espresse tale concetto dell'arte di Giotto; rintracciandone e confermandone, attraverso finissime analisi, nel 5en10 enella chiarezza della azione drammatica, le determinanti ragioni compositi\·e e spaziali. Eccoci, così, ben lontani dalla capretta fra i sassi, e dalla grezza imitazione della natura. Nelle stesse parole del Rintcl.en: « Poiché Giotto mette in ri- « lievo la reciproca posizione dei corpi. « ed armonizza vicinanza e lontananza. « intensamente, secondo il loro valore e espressivo, la superficie pittorica si e trasforma in uno spazio determinato. e tanto più chiaro quanto pi1'1 netta- « mente sono precisati i rapporti dei « corpi nel senso della azione. Tale ge- « ne.si dello spazio non può mai disco- « nosccrsi in Giotto. La si sente negli « affreschi di Padova, come nelle creae zioni più sviluppate dell'età tarda; e e dà loro un carattere decisamente « ideale •· Da un'arte così eccelsa, nella quale gli impulsi più profondi si esprimono con massima trasparenza e massima coerenza architettonica: un'arte intclle_ttuale, se altra mai. e tuttavia piena d1 naturalezza cd anche d'affabilità l'arte dell'Ottocento e quella contem: poranea, che co~a avrebbero potuto ricavare? Tutto avrebbero avuto bisogno di ricavarne; e forse per questo non ne trassero niente. Del resto, quando « naz~reni •, puristi e preraffaelliti cominciarono a raccostarsi ai cosidctti « primilivi », non fu Giotto, stilisticamente troppo amtcro, che su di c-ssi esercitò la sug~estione maggiore. :\fa. piuttosto, maestri d'un carattere più illustrativo; e d'~na. religiosità più eloquente, che meglio s1 confaceva al loro romantico mi~ticismo. Senza poi dire che la loro nozione di Giotto fu spe,.so va~a e indiretta. Si sfogliano due grossi volumi di ricordi del _Burne-Joncs, fra i preraffaeliti più colti, _che aveva viaggiato in Italia. E non \I trovano che due o tre riferimenti a Giotto, in!iignificanti. Il :\elinardi scrisse di Giotto. fc-rvorosarnentc, e mostra d'aver os~crvato gli affreschi d'Assisi. Ma chi o~rebbc parlare d'infius~i giotteschi sulla po\"Cra pittura del Minardi? .In~res di~gnò e ridisegnò il Giotto d1 Firenze e di Padova. Se dobbiamo giudi~are dall'opera di Jngres, assai pili del disegno di Giotto, pare avergli giovato quello d'alcuni tardi quauroèentisti fiorentini; perché identico era il suo !n?todo e quello di cotco;ti quattroccnt1st1: un metodo Slrettamente naturali\ta. E ~i capisce che il buon Fattori guarda~~ Giotto, e sapesse parlarne con cog111z1one. 1:. 'iUOmerito d'esscNi raccostato a. Giotto, come all'Angelico, non l~ttc-ranamentc; né con quello schematismo e volontari<i.mo che irrigidiscono e raffrrddano tanta « primitività :t della fine del ,;ccolo e d'oggi : da Puvis dc C.l!av~~mc11a1l, Dcnis, e giù e sempre p1u gm, fino al no:\tro Ccracchini. :\la con discrezione dovrà essere inteso a,nc~c il giouismo di Cézanne; bcn~ht: sia certo che quello spicchio di rupi dietro al San Francesco che rictt•~ le Stigmate nella pala del Louvre, a Cé2.1nne fece miglior frutto che non più va,;te esperienze giotte'IChC ad altri pittori. Cézanne, o almeno il Cézanne dell'ultimo \'entennio, che intensificava lcr;ccrche struttive: Cézanne fu un~1specie di Giotto analitico; un Giotto rico- \truito. in quakh<' frarnmrnto, attra- ,·cn.o un paziente proce~~ di cristallizzazione ; giustaponcndo lamella di colore a lamella d1 colore, sfaccettatura a sfaccettatura; con una geologia critica che presuppone i brillanti giacimenti del cromatismo impressionista, come, dirtro alle compatte ,uperfici del colore di Giotto, <;0no le tessere variegate dei mosaicisti bizantineggianti. Solo che, in Giotto. la nuova fusione avviene in modo totale, senza tracce di residui. :\.lentre, in Cézanne, la ricostruzione di spazi e volumi reca tutti i segni di quanto fu travagliata. Nell'arti<,ta più audace ed austero che, nello scorso secolo, fu portato ad una qualità di vi~ionc la quale, talvolta, ricorda Giotto, bisogna infine prescindere completamente dall'istinto drammatico e dal ~nso dc-ll'azione che, in Giotto, determinano la composizione e le relazioni spaziali. Cézanne non poteva intendere che un Giotto ridotto in frammenti, e privato del racconto, dell'azione. Un Giotto soltanto statico e volJmctrico; riportato ad una solenne e ~tupcfatta fisici1à; mentre in Giotto tutte le fonne sono legate e agitate da vivissimi signifi, cati morali. Ed è inutile ricercare altre applicazioni, troppo approssimatÌ\'C, che di Giotto, e nell'imitazione di Cézanne, furono fatte dalla polemica cubista. SAVARESE D0%o~O!;:,tn!,' 0 ~:rl~I ; rt !~";:;~, \ Fatti d, Perrn (Ceschma, Milano, 1937, L. u). storia d1 una città. t Savarese stesso a battere l'accento su questa parola Storia•; e risalendo ad anni più lontani, si potrebbe sottoscrivula anche ad altri libri suoi, a Ploto, a Gatterin, a .\1alagig1. E dove meneremo i Ricordi d1 strada? Basterà dire soltanto che il forte sapore letterario della prosa d'allora, tutta carica di intenzioni, a mano a mano ha ceduto al più semplice gusto della narraiione pura, al piacere d'una penna esercitata pus~. Parliamo dei Fatti d1 Petra. Petra~ un'antica città fondata da Ercole. Lestrigoni, Sicani, Greci, Saracini, Romani, Normanni, Spagnuoli passarono su quella terra; e passano ora nella prima parte del libro, a grande velocità. Savarese rcn.s.erà, forse, d'averci fatto rivi,.•erf in cento pagine i nomi • di quegli antichi fondaton • e primi abitatori•, di averci ridata l'eco delle battaglie, degli assedi, delle rivolte•• degcritto il • feroce scompiglio della distruzione •, la • fatica immane della riedificazione•. In realtà egli si ~ applicato a1 suo tema con animo assente, per avvtlora.re la sua pulita scrittura, con una correntezza che non conosce inciampi. Mancante di fantasia o, diremo me@lio, di fantasia storica, neppur l'ombra del sospetto che a scrivere un libro come questo occorresse qualcos'altro che arte letteraria, anche se tutta scorporata e sottile. Non offenda il paragone; ma la mente corre, senza volerlo, 1 èerte opere di erudizione assai facile, portiue innanzi con poca spesa, pochissimo sostanziose, do"e l'autore, per annobilirsi, crede basti in fondo alla pagma cuare notizie, date, nomi. -Solo che quei nomi, quelle date, quelle notizie, qui s'incorporano nel testo, senza per questo dargli corpo. Tra tanti narratori quanu ne conta O{lRI la storia delle. nostre lettere, Savare.se è, s•~ detto, il narratore puro, il narratore per eccellenza. Ma nella seconda parte di questi Fatti d1 Petra, qualcosa d'un tratto cambia: m meglio prima, poi in pe(lgio. Qui 11 protagonista è testimone delle cose che nnrra .(Lionardo lnc1s.a, uno che combatté e fu fento a Calatafimi). Ricordi \'1cin1 e lontani li ha dunque t • vissuti; rimasti nella memoria soltanto. o radicati nell'animo. :--:elle pnme.. pagine un colore d'infanzia s'accende d1 linci tocchi, che nel libro è un color raro. :\1a subito riprende corso la n11rra.tiva. una narra.uva questa \'Ohi un poco più mossa; anche, però, più solita, più pedestre, più familiare, senza umore né festa, E si che la materia si ure.bbe prestata! fatti grandi e fatti p1ccin1. 11 colera. la costruzione della ferrovia, fa novità dei lumi a petrolio, e poi della luce elettrica, il cimitero portato fuori dell'abitato, per la nuova lei;tge, i primi commerci, le prime adulterazioni, e la Venere mercenaria, e i comizi politici, e la repressione dei Fasci det lavoratori•• la Società Operaia di :\1utuo Soccorso•, l'altra società della • Madre Terra•, la Donna Volante•• 11 Teatro dei Pupi ,. Tanti fatti, tutti però stipati, come sempre, stretti gomito a gomtto; e, credete, non hanno più rilie,·o che in questa elencazione sommitria, Il ridente realismo d1 alcuni particolari non fa che rendere più sensibile il tono generale da semplice. referto. $'ha a \'Ohe l'1mpress1one di leggere, anzi di scorrere con l'occhio, dei quadri riassuntivi. La gente divisa m quartieri, case, strade. E pnma descritti i quartieri, poi le case, poi le strade. Nell'ultimo capitolo, periodi e pagine intere si aostengono su queste tre parole, quartieri, case, strade. E le trovi m gruppo o sole, e le vedi e rivedi che ne sei sazio. Le case nelle quali essi "'ivono. hanno un volto, un colore, quasi un odore particolare ... c'~ la casa scontrosa e pudica. m fondo ad una viuzu, con una chioma d'albero che sporge dal muricciuolo dell'orto ... c'è la casa sfacciata sull8 piazza e sul mercato ... c•~ la cas.i. tempestoa.a, di molti padroni... c'è la casa povera e. vergognosa ... c'~ la casa opulenta ... e ca~ di gente m pericolo ... la casa, nella quale girano coi piedi O\'attati i sacerdoti delle ab1tudinL. case d1 donne aolc ... case di solitari ... la casa della carità ... la cas.a dei tre cavalieri .. la casa dell'abbondanza ... Com'è inutile, anche perché troppo fa: cile, elencare le ragioni per le _quah Giotto può e~serc invocato da eh, ma in altri aspetti che quelli del defunto cubismo) auspica, come tutti au:,pichiamo, il ritro\'amento d'una pittura a~- chitettonica senza cerebralismi, trad1zionale senza pedanterie, nobilmente popolare. Il primo difetto di \imili aspirazioni, è che il punto di partenza, più che altro, è critico e tecnico. Sta nelle soffitte dei pittori, e nei ,aloni delle Biennali e Quadriennali; un po' in disparte, cioè, dalla vita. Mentre i pittori, e gli artis!i i~ gen~- re, ._i astringc-\•ano ai loro m1sen te~ni: cismi : e per ciò, spe~'K>e \'Olcnt_1en. riu(.Civano in maggior difetto tecn1ro; dalle modeste ed oscure fatiche degli studiosi ,.i coucretava un concetto che, dell'incomparabile arte giottesca, ritrova la ragione (fino ai più sottili ed inav\'crubili procedimenti tecnici t· formali) nei moventi ideali. ;\on ..arebbe, per avventura, tra i minori effetti di questo centenario, divulgare e ribadire tale concetto, contro tante frigidezze, dilettantii;;mi e improvvisazioni; e far sentire, nell'esempio di Giotto, che un'arte grande, a chiunqur \'Oglia riallacciarsi, nac,,cc '-Oltanto da grande sentire, da affetti potenti. IL TARLO la casa del sangue ... ,. i\"on basca? ORni cutadmo ha un solo itinerario che è quello della sua casa, del suo la\'oro, del suo ozio, e del suo vizio ... •· E qu1 tutte le strade. ="on basta ancora? A ogni porta che si apre.. •. E tutte le porte si aprono, e da ciascuna s.embra che s1 liberi sulla via un curioso eppur sorprendente fantoccio, con la carica fino alla n1ezzanotte. •. Qu11.rt1eri,case, strade, per fame uscire dei fantocci! Questa non è una cinà, è il p;rafico d'una città; non ~ genie viva, questa, sono delle categorie.; questo non è un mondo,~ un museo. E Savarese \'Ì fa da cicerone. -:--;e.Ilparima parte, rimasto quasi assente, per il timore di veder svanire la materia tra mano, e dispenndo di riuscire con l'arte S<,{aa fermarla, all'ultimo s'è valso degli schemi e delle statistiche. Che vi siano p ■gme belle, quali c'era da aspettarsele da Sa,.•are:s.c. che unportal L'interezza d1 un libro risulta di ben altro che di pap;ine. GIUSEPPE DE ROBERTIS BURZIO B~~!i~~ ~i;~~~:Ec:~ov~;rml: ~~~~: volta appar\'ero su un quotidiano o 1u qualche rivista sotto forma di articolo. La raccolta ! intitolata Uomini, Paesi, ldu, ciò che corrisponde alle tre parti 1n cui essa ! di,•isa. Comunque, si 1ra.tta d1 una divisione pura.mente tipografica, Buriio, anche se si mene a descrivere un paesag~10, non rena mai un puro descrittore. Qualche. persona~- gio balza sempre su dallo sfondo, qualche ragionamento scappa fuori puntualmente. Bur-210 ama le que5t1om grosse. Spesso ritrla del Demiurgo, che dovrebbe sah'11.re.uomm1 e c1\'ihà, come d'una cosa che sia familiare a tutti, E m1tq:l\n non lo~. Il lettore resta m forse sul senso da dare alla parola: chiede 11uto a quel po' di (treco che sa, per ca\'arne un si~nificato secondo !"etimologia; e chiede aiuto anche alla sua cultura per uo,·arne anche un significato storico. Tutta,·ia ~ andrà •"·anu, si a,·,·edri come per Burz1c, stesso 11 Demiurgo conti fino ad un certo punto. Buriio è di quelh scrmori che per muo,·er,i hanno biso§ol:nodi credere d1 non essere scrittori soltanto. Ha le sue idee, mai;tari ha le sue tesi. Cose che ~n·ono. quasi si arri\ creb~ a dire, per dar l'an·io alla sua fantasia La que1tione del Dcm1ur§ol:o,Bur210 te la dà per d1mostfìl.ta. 8un>10 ama molto le <1uestion1 importanti: predilige i 1"11.ll•onamendtiove non s1 dimostra con semplicità, ma anzi per concetti. Questo scrittore .stioca con i concetti, diremmo con le idee, e. spesso senza nemmeno quel po' d"ironia che farebbe comprendue come egli per primo sappia che non ,, tmtta che di un i;tioco. C'n po' d'ironia map;ari viene fuori qua e là: ma ruta superfic.i1le: la \'C.ntà è che Burzio crede a quello che scrn·e. Se face:ndo una passe.'l'Q:iata si mette a parlar di Cenobi. lo fa seriamente. Ha nsto belle ville. pensa che ci starebbe bene.; e subito questa usuale rifleHione dt uomo di città che si an·entura m campagnP. la connette a cene sue coh"inz1on1; forse più che a certe sue con, mz1oni a certi problemi difficili a sciogliersi che lui si pone continuamente. La villa p:li suS{~eriscc l'idea di un monachesimo moderno, \'1& d1 sah-azione pt•r la po"era umanità. Un monachesimo che 11bbia a che fare non con la trascendenza, ma con la magia, non con la ascesi, ma con la poesia. Eppure non si tratta,·a che di una gita, facta in compa1,:nia d1 amici scrittori. Bun10 che non ha requie., mentre i suoi compagni lodano la pace dei luoS{hi, esclama: Ecco la strada per nmedi1tre I mali del mondo. Torniamo ai conventi . L'esclamazione non c'è sulla carta, coi\ semplici•uicamente; ma nell'animo d1 Bun.io de,·e esserci ,tata. Il problema gli peu. dav,·em; i;i:ode appena i;ili sembri di scorgere una via d'uscila all"mtrico Cosi, il capttolo sui Cenobi moderni re.sta nel fondo scrio. Buriio non pensa nemmeno a quello che a, rebbc potuto ca, arei uno scnttore di bozietti più ironico e bonario; mettiamo Baldini. A Burzio non gli si po•sono ch1edero ct:rte. cose. Tutto è se.rio in questa raccolta di scritti che ragionano del mondo e del "·ccchio Piemonte, di Alfieri e d1 ~tend~al, e di tante :1ltrc co,e piccole e' J(randi, quello che merita dire sempre Yl~lc con occhi di picmonte~c. A. BF::"\'El)ETTI

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