IL SOFM DELLE musE ,1r, 1111 ru~~~r~ scritti di morale, di cui principale il trattato U passioni dell'anima (1649). Solitario per elezione, altero e disdegnoso per temperamento, era in società il più affabile degli uomini. Evitava per prudenzjl e per orrore delle polemiche di occuparsi di teologia. Ma quando lo cimentavano, sapeva essere duro e sarcastico polemista, come mostrano le sue Ritpo1te alle Obbiezioni alle sue lV/edita.zioni e le sue risposte al fanatico teologo protestante Vo!tius, suo persecu• tore. Professava riverenza alla fede dei padri, ma doveva avere più d'un pensiero di dietro la testa, ché, in realtà, Dio nella sua filosofia non ci sta che come sinonimo dell'ordine naturale e per dare il primo impulso alla materia. La sua filosofia era affatto fuori dell'orbita del Cristianesimo e Oescartes non poteva non averne coscienza, benché si professasse seguace della religione del suo re e della sua nutrice. Il suo motto era lart,atus prodto (mi avanzo con una maschera sulla faccia). Descartes sapeva quel ch'era costato a Bruno, a Vanini, a Galileo, di aver voluto RE:--:.\TO DESCARTES nacque a La Haye in Turenna 1I 3 J marzo 1 5()6. Il padi:;e era un ricco genti• luomo,consigliere al Parlamento di Rc:nnes. La madre morì d'una malattia di petto pochi giorni dopo averlo meuo al mondo. Egli trascorse un'infanzia priva di tenerezza e malaticcia, ma tranquilla e hbcra negli ag1~ A ott'anni entrava nel collegio !lesuitico di La Flèche, recente fonduione, ove I Gesuiti vegliavano con amort.: alla formazione d1 quello spirito d11 cui, sia pure indirettamente, tanto male doveva venire al loro ordine. Vi restò forse, fino al 1616, nel quale anno pres; 1 suoi gradi in diritto all'Università di Poitiers. Disgustato del diritto, mal soddisfatto dell'educazione impartitagli al collegio, pensò alla carriera delle armi: istinto belhgero che non era - come scrisse più tardi - che l'effeuo di un calore di fegato che si spense in seguito•. E si recò tn Olanda, alleata della Francia, e nella pnmaHra del 1618 s1 arruolò nelle armate del principe di :"Jassau. S1 era allora in una lunga pausa delle l,!:ucrre con la Spagna, e gli uffici di stato ma~g1ore erano centri di studi di matematica e d'ingegneria, carissimi a Descartes. Un giorno. 1I IO novembre 1618, in una via di Breda, quartiere generale del principe <li :--;assau, il giovane ufficiale vide un gruppo di gente che leg~eva un cartello affisso al muro. I~orando il fiammingo, Descartes prega un vicino di tradurglido. Era un problema di matematica che il proponente sfidt\va a risolvere. Descartes si vanta di risolverlo all'istante. Il vicino interprete si stupisce della sua audacia: era il fisico e medico Jsaac Sceckman. I due s1 legano d'amicizia. Presentendo il genio del giovane, Beeckman lo eccita a darsi tutto alla ricerca. fi,ico-matcmatica proponendogli problemi uno dietro l'altro. A lui sono dovuti i primi scritti di Oescartes, che glieli dedicò. Fu lui che trasse le prime scintille da quel cervello incomparabile, ma un po' meline alla pigrizia. \Ila fine d'aprile 1619 Oescartes, stanco della pace che durava in Olanda, lascia quel paese e va in Germania per offnr la sua spada all'imperatore Ferdinando o all'de.ttore di Baviera •:vlassim11iano. Sorpreso d.tll'inverno nei dintorni di Clm, si chiuse per vari mesi in una padella poi/e), ci~ camera riscaldata, per riordinarvi 1 suoi pensieri. Quella padella fu l'incubatrice della filosofia moderna. Egli ne 11coprì il prmc1p1C, nella notte del 10 novembre 1619: X not:embris 1619 cum p/e,rusforem Er1t/111siasmeot mirabilis scientiae fundarnrnta reper,rtm •. :--;ella notte seguente ebbe tre so~ni ch'egli mterpretò come mandatigli dall'alto e che lo incora~~iarono a proseguire per la \'Ìa intrapresa. In segno di riconoscenza fece il voto d1 andare in pellegnna'l'.g10 a Loreto. Il Razionalismo moderno nasceva cosi in un 'atmosfera di tensione entusiastica, tra SOROI e \'IStoni. L'in"crno non era ancora finito, che Oescarte, riprese a \•iaioJiare. Cominciava la R;Uerradei Trent'anni ed e~li, forse, prese parte alla hatta~lia della '.\llontagna Bianca L'11 novembre 1620 concepiva un'in- \·enzionc meravigliosa. Cocil per tre volte, HEGEL PARAGO:-AVA la filosofia all'uccello di .\.linervu che spicca il volo al crepuscolo, quando il lavoro della giornata \'Olge alla fine. Ciò è \eTO, ma d1certa filosofia soltanto, di quella che raccoglie, sistema, classifica e porta a chiara coscienza I nsultau di un lunR;o proces~o di pensiero, e con la con~ ,apevolczza che gli dà, per ciò stesso lo chiude e conch.iude. D1 tal fatta era per l'appunto la filosofia di Hegel. \.la vi $Ono pensatori di cui la filosofia può megJio esser paragonata all'uccello d1 Giove che dall'alto dei monu saluta col suo grido il pnmo sbiancare del cielo: e sono i pensatori che aprono e inaugurano un nuovo ciclo di pensiero e di civiltà. Grandi i pnm1; più grandi I secondi. Di questi, forse JI più grande di tutti, è Deitcartes. Dcscartes, dicono I manuali di storia della filosoJia, è• 11 padre della filosofia moderna. Giustissimo. :via bisogna dare alla frase tutto 11valore di cui è pregna: padre non della sola filosofia moderna, m quanto distinta e separata dalla vita moderna, ma della filosofia moderna in quanto essa e la matrice da cui nasce la vita moderna Padre della filosofia moderna e per essa del mondo moderno. Più precisamente ancora: padre d1 ciò che fa la modernità del mondo moderno. Ché in questo vi sono forze che non riulgono a lui come a padre, e che pure alla stessa data, 10 novembre 1618 (incontro con Beeckman), IO novembre 1619 (scoperta dei fondamenti di una scienza ammirabile), 11 novembre 1620 (concezione di un'invenzione meravigliosa), un avvenimento importante si produceva nella vita spirituale del giovane Descartes. Ciò ha fatto pensare più d'uno alla triplice iniziazione dell'Ordine segreto dei Rosa-Croce che Descartes confessa di aver ricercato e con cui certamente ebbe rapporti in Olanda e in Germania. In seguito abbandonò il mestiere delle armi. ~ l'epoca dei viaggi nel nord dell'Europa e in Italia. Egli assiste al matri~ monio del Doge con l'Adriatico a Venezia. È a Roma pel giubileo del 1625. Compie il promesso pellegrinaggio di Loreto. GiPER COlflfElfOB.AREIL TERZOCENTENARIODEL "DI80001l8 DE LAKt'rRODE" DI CARTESIO, LE POSTE DELLA REPUBBLIOAFRANCESERANNOEMESSOQUESTOFRANCOBOLLOHERECA JL TITOLOSRAOLIATODELL'OPERACAPITALEDEL MLOSOP-0 ra per il mondo studiando, più che i libri, la natur.J. e gli uomini. Rientra in Francia. Vi rimane otto anni, frequentando i salottt letterari ed esponendovi le sue idee, finché, a seguito di calde insistenze del cardinale de Berulle, il fondatore dell'Oratorio, che ammirandolo lo esorta a darsi a11afilosofia, prende la risoluzione di stabilirsi in Olanda ove regna la tolleranza e potrà vivere incognito nel trambusto della folla. Ci visse vent'anni, in varie località. :"l'ell'inverno dal 1634 al I635 si unl liberamente con una certa Elena da cui ebbe una bambina, Francina, che mori fra le braccia del padre il 7 settembre 1640, con suo immenso dolore. La sùa vita in Olanda è quella di un signore che vive del suo, libero, senza ambizioni, tutto dato alla vita dello spirito, leggendo poco, ma pensando e sperimentando molto, ~ià celebre caposcuola prima di aver ancora nulla pubblicato. È di là che lancia al mondo i suoi capolavori: il Discorso del Mdodo (1637), le J\tltditazionl (1642), i Pr,.-nciptdifilotofia (1644). Manteneva, per mezzo del reverendo Mersenne, dimorante a Parigi, un carteggio immenso con i dotti del tempo, che continuamente gli proponevano dei problemi filosofici, matematici e scientifici da risolvere. Volentieri carteggiava anche con le donne, a cui attribuiva uno spirito più libero e più plastico che agli uomini. Di queste la più famosa t la intelligentissima principessa palatina Elisabetta, per compiacere alla quale compose i suoi a lui debbono m certo senso la vita se sorsero m reazione e m opposiz•one a ciò che il mondo moderno ha d1 specificamente modernQ. Si che questo mondo nasce con Descutes, di=-ettamente per quanto ha di moderno, indirettamente per quanto ha di a,itimoderno e che, m ceno senso, è moderno anch'esso poiché resiste e contrasta alla modernità del mondo moderno. Sotto questo punto di vista Descartes non è soltanto un filosofo, e sia pur sommo: è una forza storica ancora in pieno sviluppo. Considerate non importa quale fra le pi,i capila/i prod11zio11dI ti tempi moderni, na nella scitnza sia nella filosofia, 1:oi trot;trtlt che il fondo dell'idta, u no11la forma 1tt11a, fu prest11tt al suo 1p1rito 11 • Queste parole di Thomas Hw:ley su Oescartes enunciano l'esatta verità. La filosofia. f:: Oescartes il primo a porre alla base stessa della filosofia JI problema d1 trovare qualcosa di cui non si possa assolutamente dubitare. Prima di lui altri avevano formulato quel problema, ma come un problema fra altri problemi, come un problema fra i tanti: è Oescartes il primo che in esso vede il problema assolutamente primo della filosofia. Egli lo risolve col cogito: di tutto l'uomo può dubitare, meno che del suo dubbio stesso; nel suo dubbio, nel suo pensiero, nel suo stato di coscienza egli tocca un essere che fa tutt'uno col sapere che l'uomo ne ha; fare a meno della maschera. A chi gli rimproverava la sua prudenza, bisogna ricordare che era quello il tempo in cui roghi e prigioni attendevano i novatori: e i protestanti gareggiavano in ferocia persecutoria con i cattolici. Senza cercarla, la fama gli era venuta, immensa. Il mondo riconosceva in lui il grande rinnovatore della filosofia. Tra polemiche e apologie questa aveva fatto la sua strada, lui ancor vivente. Se gli ortodossi di Olanda, capitanati dal rettore dell'Università di Utrecht, Vottius, avevano tentato farlo condannare per ateismo, non gli erano mancate grandi protezioni regali. Una di queste gli fu fatale. La regine Cristina di Svezia lo invitò a venire in Svezia a farle lezione di filosofia. Descartes non poté esimersi di accettare, e si recò • nel paese degli or1i, del ghiaccio e delle rocce•, a Stoccolma. Tutte le mattine alle cinque si recava a corte a far lezione alla regina. Ma il filosofo che aveva avuto tutta la vita l'abitudine di alzarsi tardissimo e di lavorare a letto, non poté resistere al mutamento di abitudini e al freddo. Quattro mesi dopo 11suo arrivo cadde malato e dopo pochi giorni morl, 1'11 febbraio 1650. Aveva cinquantaquattro anni, e uno degli scopi della sua filosofia era di prolungare fino a cent'anni la vita degli uomini. L'ultima opera uscita dalla sua penna fu un libretto in versi per una festa da ballo alla corte della regina Cristina, un essere che non è al di là e oltre la coscienza che l'uomo ne ha, ma è questa coscienza stessa. L'idealismo era nato. Visto nella natura sua profonda, come affermazione che di certo non vi è che l'immtdiato e che d'immediato non c'è che lo stato d'animo, l'atto di coscienza, l'idealismo è figlio di Descartes e non ha assolutamente altro padre che lui. Su questo punto Oescartes scava tra il pensiero umano dei tempi anteriori a lui e quello dei tempi a lui posteriori un abisso di cui non si può immaginare il più profondo. Certo, Descartes si sforzerà dall'interno dell'io di arrivare a Dio e al mondo; partendo dall'immediato si sfor. zerà di arrivare al mediato. La sua soluzione sarà respinta come insufficiente dal pensiero successivo. Ma oggi ancora, a tre secoli data dilla pubblicazione del Discours de la mithode, il problema che egli ha imposto al pensiero si formula negli stessi termini in cui egli lo formulò. Se rinascesse CNlla sua tomba e prendesse tra mano I nostri libri e le nostre riviste di filosofia e assistesse alle nostre dispute, pochi minuti gli basterebbero per orizzontarsi. Egli si sentirebbe a casa sua. Né meno a casa sua si sentirebbe se frequentasse i nostri laboratori di fisica e chimica, se assistesse a1congressi di scienziati, se sfogliasse le riviste e gli atti delle società scientifiche. Delle sue teorie fisiche particolari poche sono sopravvisUNR. OMANZO DliP&NIZIIHIII t PROSA di Alfredo Panzini è libresca. Dietro la sua agilissima sintassi, tanto agile che spesso sembra perfino infantile, sta tan~ ta letteratura. Scrittore semplice, chi Io legge presto si avvede come non si tratta di una semplicità istintiva. Panzini è arrivato a scrivere semplice soprattutto per mestiere. Ma se libresca, o meglio letteraria, era la sua prosa fin dal Padrone sono me, e se letterariamente fin da allora ogni situazione delle sue novelle era vista con l'occhio di chi simili situazioni le ha viste svolte e definite in maniera egregia altrove, restava nelle sue pagine un tanto di paesano, for)C di provinciale. L'ambiente e i tempi di tanti libri di Panzini erano visti con immediatezza, insomma con verità nuova. Anche Sar1tlpòe aveva un'Atene scherzosa: non attica, non neoclassica, come poteva esserlo magari, anzi direi un po' romagnola. Dopo, al contrario, la fantasia di Panzini ha preso una strada diversa. Alcuni suoi articoli di questi ultimi tempi hanno del saggio, della moralità. Qualcosa della favoletta morale che, per necessità espressiva, si giova di termini reali. Si è spesso detto di lui che è un poeta moderno. E for- ,;e solo nel senso che lui gioca con gli elementi della modernità. Più che poe• ta, Panzini è nelle sue ultime cose un moralista, ma la sua morale è corrente, il o;uo metro è un buon senso, che non di rado riesce monotono e perciò non per1,uasivo. Se non che il buon senso di Alfredo Panzini non va mai avanti con albagia. Vi !.Ono dei dubbi; spesso Panzini quando moraleggia sulla ragazza e sui giovanotti moderni ha l'aria di conservare i suoi dubbi : che se non la ragione almeno la realtà sia dalla loro parte. Panzini è in ~ni modo un moralic;ta mondano. Un moralista di una mondanità borghese, di cui Orazio e Catullo furono i poeti. E magari an• ch'egli ne è oggi il poeta : sebbene un porta per riflesso. Vedendo le ragazze d'oggi, par che sospiri verso le puellae di allora : se le loda, che le trovi belle perché nella sveltezza delle membra gli rammentano le fanciulle nitide delle "dj oruian ... Orazin e Catullo furono i poeti per niente eroici di una mondanità; Panzini riparte da loro alla ~operta di una ragazza sportiva, non o;ai se gli piaccia così com'è, come sarebbe piaciuta a Catullo, oppure avendo la mente a come sarebbe piaciuta a quel poeta. La coltura letteraria e poetica è per Panzini una cosa fortemt"nte seria. Dà il via alla sua fantasia come lo dette alla sua prosa. Nel Bacio di Lesbra (Mondadori, Milano) Panzini romanza Catullo; ma non si tratta di un Catullo romanzato o;enz'altro, con lo scopo di far sapere ai lettori come visse. Roma e romani di àllora servono a divagazioni, ora liriche, ora ragionative. Il bacio di Lesb,a :1on è la storia di Catullo, non è la storia di nessuno : è un piacevole dì~orso di cui Catullo, Lesbia, Clodio, Orazio, Cesare, Augusto, Cicero~ ne wno argomento. Non manca d'ironia che è lieve e fra le righe; ma senza incidere troppo perché, infine, per Panzini quella gente sono una realtà oltre che seria amata. Realtà seria e amata non solo perché riguarda alcuni pcNOnaggi, anzi direi piuttosto perché tocca tutta una cultura. sute. Ma il quadro, la cornice, in cui le teone scientifiche moderne nascono e si svolgono,è ancora oggi quello stesso ch'egli sovranamente dettò e impose. Che spiegazione scientifica sia solo quella che riduce le cose e i fenomeni a movimento nello spazio; che spiegare scientificamente un fenomeno sia ridurlo a moto nello spazio, causalmente connesso con altri movimenti; che a ciò si riduca in fondo ogni teoria scientifica; che la scienza non abbia da impacciarsi con qualità, quiddità, es• senze, cause finali, e simili entità oscure, ciò Oescartes vide e affermò con assoluta nettezza e precisione é con chiarissima coscienza delle conseguenze a cui questa posizione portava: ehminaz1one d'ogni scienza che non possa ridursi a scienza della quantità; negazione di ogni finalismo nella natura; riduzione della biologia a un capitolo della fisica e della chimica; riduzione dell'organismo a macchina, ecc. Non v'è sapere che matematico, quantitativo; e non v'è altra realtà in rerum ,ratura che quella corrispondente a tal sapere: cioè moto di particelle nello spazio e combinazioni infinite di esse; ogni altra entità non essendo che errore dei sensi e fantasma dell'immaginazione; la scienza moderna non ha potuto svilupparsi che dentro questo circolo. Ma non solo della filosofia e della scienza moderna è padre Descartes. Egli è il padre dell'attitudine moderna verso il mondo e la vita. Sole vere per lui sono le idee chiart e distinte, poiché solo ad esse inerisce l'evidenza che è garanzia del vero e solo le idee r,L(lttmatiche sono chiare e distinte, cioè evidenti. Un solo sapere è degno di questo nome: quello matematico. Ogni altro deve cedere ad esso. La Ragione, intesa nel senso di facoltà delle Ora Panzini mette a fronte Augusto con Orazio (e sono le pagine migliori, anche se il dialogo vivacissimo qua e là è rotto, ci pare inutilmente, da fredde divagazioni descrittive), ora invece tira avanti il racconto traducendo Cicerone, opourc mettendo in prosa italiana Catullo. Spesso l'ironi,a smette, e allora sono i momenti peggiori. Il descrittivo nei riguardi dell'antico non regge, e sa di falso se è privo d'ironia. Allora Roma antica è data per inventario. In tali luoghi la prosa di Panzini rivela più che mai la sua origine carducciana, la sua origine da una prosa spesso marmorea e neoclassica. Ma, per lo più, e per fortuna, Carducci non è che un origine, evidente nei luoghi dove la fantasia è più povera. Paru:ini ha raggiunto uno stile non a caso. Egli è lo scrittore di una borghesia italiana : di una borghesia italiana un po' fantasma, presumibilmente letterata, che ha il suo punto di riferimento nel giornale cui Panzini collabora da a.noi. Alfredo Panzini ci fa vedere quale ( LET'l.'llRE) ROMANZI A ~~;i:P~~d,CIIi~e0~2\~Ro~=::;a;osf~~o;~ etiopico, in cui il sangue corre a fiumi. L'intre<:cio è tanto aggrovigliato che occorre rileggere due volte una pagina prima dì procedere. Spesso accade d'incontrare brani come il ,eguen1e: Vorcù disegnava già nel suo pensiero il programma da attuare: sbarauani al più presto di Sole di\•enuta imbelle e detronizzata dalla sollevazione popolare, trasportarla quella notte medesima nella inviolabilità della vicina ch.iesadi Entotto, da do\"e avrebbe poi raggiunto la pace del convento, che invocava nelle sue giornate dì sconforto, sbarrare al popolo l'acecsso dell'mespugnabile collina imperiale, prendere nel nome dell'Azziè il comando del Ghebl, chjamare all'elfign la reg• gcnz1, l'Erede giovinetto e fors'anco l'abuna, e suggellare dinanzi all 1 serietà dellA rivolta l'avvento del nuovo Sovrano• (pag. 129). c~;~1 i1~~~1z~ 1?r;;,1ohiN:~r:r!~:~ae ;:~ ha raggiunto, con l'ultima edizione, il 16°migliaio: - Sei bella, - disse il Redoni, felice lui pure, - come una bella gattina d'Angora. Ti voglio fare il ritrauo cosi. - E scattò da lato con la tavolozza in pugno, ché lei faceva l'atto di buttarglisi sul petto, a rischio d'imbrattare la sua superba p~lliccia. E Anna nsc il suo bramito dt gioia•. J~~;71 !;oc~a~~::;,~ ~t!:"~:~~~nrafi:~~~ ora alla tena edizione:• Il calesse parti. An• còra ci giunse nel vento - e Fu l'ultima volta che lu sentii dire ... , - la parola di Sebntiano Cremisi: - Capolavoro... - E io rimui a guardare il mio roseo passato correre verso l'oscuro avvenire. E Il, in mezzo al turbine bianco dei mandorli, rimasi ad aspettare, nel vento, la vita•· I' ,~~:,,! 0 J~?a~~~~~~;:~;(~~aa~~~; romanzo di Fallada: Asp~ttm.•amo un bimbo. t una storia grigia e monotona che pur es• sendo grigia e monotona, perché in tal modo vede l'autore, vorrebbe lodare l'attaccamento alla terra, ca:. Ciò forse non del tutto per ragioni d'arte. Fallada è; più coerente a se stesso quando racconta le disgrazie senu luce di qualche povero diavolo. ANTOLOGIE COL TITOL~ PMUJ italinu con_tmrporain1 la Facoltà d1 Lettere dell'Università di StrasbufRo ha pubblicato una antologia a cura di Glauoo Natoli e Albert Ricklin. Il volume, come è detto nell'introduzione, non pretende di essere un panorama, ma una guida. Molti nomi infatti non vi figurano: alcuni perché non rispondevano alle nostre idee chiare e distinte, la Ragione matematica, è la sola potenza che fornisca all'uomo il sapere che lo fa re del mondo. Il Razionalismo moderno, la pretesa di riordinare e ricostruire il mondo, il mondo delle cose e quello delle idee, il rnondo della natura e quello dell'uomo, secondo la Ragione matematica, nasce di B. Perché - e questo è capitale - Descartes è il primo ad affermare che l'uomo è stato creato da Dio perché goda la vita e in~ stauri per mezzo della scienza fisico-matematica il dominio dell'uomo sul mondo. Svalutato ogni altro sapere che non sia quello fisico-matematico, quantitativo; ridotta la natura a geometria in azione; affermata la bontà della vita, De3cartes non lascerà all'uomo, finch'C quaggiù in terra, altro fine che la riduzione della materia in suo potere, il padroneggiamento della materia del mondo a servizio della vita umana. L'esaltazione della Tecnica, prolungamento della scienza, è figlia diretta e consciamente voluta di Descartes. Descartes vede già in fantasia il trionfo del Macchinismo, e l'instaurazione del Regno dell'Uomo sulla :--Jatura soggiogata. Quando egli morl, ancor giovane (aveva appena cinquantaquattro anni), già il mon~ do tremava sotto la spinta formidabile che egli gli aveva dato. Tutte le for-ze del mondo moderno esaltate fino al parossismo dalla coscienza lucidissima e dalla sistematicità inaudita ch'egli aveva loro conferite si erano lanciate a rivoluzionare la Terra. Come sempre quando un genio sovrano sorge all'orizzonte e illumina nuove vie, costellazioni di genii sorgevano nel cielo del pensiero continuandone o contrastandone (e perciò stesso continuandone) l'opera. La Filosofia, la Scienza, la ufficio abbia avuto il giornale nella nostra letteratura contemporanea. Alt.ro- "e, in paesi nuovi come l'America, giornale e lettere restano due cose diverse anche se spesso vi siano interferenze fra loro. Là il giornale spesso non fa altro che dar l'avvio allo scrittore: per così dire, lo ispira. Da noi il giornale. o almeno quei due o tre giornali che per es~ere letti da tutto il paese si possono chiamare nazionali, hanno giovato a dare all'Italia una unità linguistica che altrimenti avrebbe tardato. Non ci possono essere scrittori che in funzione di una classe colta, e fornita di certi interessi. Ora questa classe da noi, in questi ultimi tempi, ha for-.e difettato. e un po' una classe fantasma, la borghesia italiana. Solo alcuni giorn,-li italiani hanno continuato ad essere pubblicati in funzione di essa, facendo ogni sforzo per dare al loro pubblico scrittori, che al di là dçll'ingegno personale, sapessero, in una prosa moderna, capirne i sentimenti e le aspirazioni. Uno di questi scrittori è stato senza dubbio Alfredo Panzini. A- ·eENEDETTI intenzioni, altri perché riusciva tropp<> difficile presentarli in poche righe•. In ogni modo, un'antologia che fa parte di una collezione di ttxtu d'ltudt, valeva la pena di farla con intenzioni meno esclusi,·c ed estetiizanti e con maggior serietà. Stupisce di incontrarvi il nome per esempio di Barile e non quelli di Cardarelli, Bacchelli e Bartolini, ossia dt poeti ben altrimenti impor• tanti, di modo che l'antologia riac.nte di questa lacuna e in definitiva, più che un testo di studio destinato ad andai per le mani degli stranieri, si presenta come antolo~ia , di gruppo• o di tendenza. I poeti di questa raccolta, quasi tutti appartenenti al gruppo di Solarla, considerano come loro diretto maestro il ~pardi, ma è fatale che ricordino in\·ece continuAmente il d'Annunzio. Eui aspirano a rendere un ,entimento urr:ano e finiscono per comp1acers1 in un gioco spesso approssimativo di invnagini, in schemi curiosi o stravaganti, oppure ermettc1. A ~1;8~~~~;e~i~~~ g;:~~c:,~1'" tologia, a cura del signor Ignazio Domino, si apprende che la \·erde Umbria non ha dato alle patrie lettere scrittori di alta fama. L'u• nico autore che attira attcntione è Giu1eppe Prezzolini, ma una nota del compilatore av- ,·erte che Preuolini ~ nato a Perugia ma non vuol considerani umbro, perché di 11enitori senesi, e di umbro ha avuto solo la balia, ch'era di Asiisi •· RICORDI DI GUERRA LA GL:ERllA _m Etiopia ha dato .luogo a troppi volumi, non sempre degni d'intctt;SSC,ma Adriano Grande, che fece parte della Colonna Parini, ha scritto qualche pagina che merita d'euer letta. La ùgiont Pan"ni (questo ~ il titolo del suo libro) è il gior• nale di questo itmorario africano, se.ritto con lo stile dimesso e S\'elto della. cronaca. L'autore non si sofferma a lucidare hi pagi.na, cosa insolita in un poeta che per nccnsità è; sempre disposto alla metafora e all'evocazione li~ rica. Tuttavia quando la sua prosa rischia di di\·entar grigia interviene un'ouervuione felice, una rapida descrizione d'ambiente che la oolorisce e la rende drammatica. Adriano Grande è partito volontario nei lanciafiamme col desiderio intimo dell'avventura; il suo diario lo fa capire ad ogni momento; l'idta di rompere la noia della \'ita borghese, è: un'idea tipicamente intellettuale e borghese. Nuovi climi, nuova vita, nuove sensazioni; 10prattuno il non poter piò disporre di una volontà propria, l'obbligo della promiscuità ·con ogni sorta di gente, la fatalità dei cui inaspettati a cui è sottoposto l'individuo in guerra, sono cose che su uno scrittore esercitano una grande attratti,••· Tuttavia le marce interminabili nella polvere e nel pantano, la sete, le imboscate nemiche, e il senso della battaglia che si svolge cruenta davanti u ai fianchi a'impongono su quel primo attejlgiamento letterario dell'autore e p:li fanno scrivere inaspettatamente pa((tne umane e in qualche punto poetiche. c. V. Tecnica vivevano tre secoli d'inaudito splendore, di cui non avevano conosciuto il simile che nella Grecia antica. !vla sfidate, provocate, rideste a nuova vita e coscienza dalla negazione stessa che ne aveva fatta il gigantesco rivoluzionario dello spirito, tutte le forze che egli aveva negate scendevano al combattimento a cui egli le aveva obbligate. Egli aveva mnalzato sugli altari la Ragione matematica che spiega e rifà il mondo algebricamente e geometricamente. lnsorge\'ano alla difesa e al contrattacco le for2e opposte e rivali del Sentimento, della Passione, della Fede, dell'Istinto, della Vita. Che cos'è il Romanticismo da due se~ coli in qua se non ~aturismo, ci~ rivolta e rivendicazione furiosa delle potenze psichiche schiacciate dall'implacabile sovranità della Ragione matematica? La storia dello spirito europeo da tre secoli in qua è tutta un duello fra la Ragione e ciò che della Vita non si lascia ridurre alla Ragione. E più la Ragione (per mezzo delle sue figlie, la Scienza, la Tecnica, l'Economia moderna) estende e fa pesare il suo dominio sul mondo, più la rivolta della Vita discende in profondità, più profonde oscure incoscienti telluriche sono le potenze vitali chiamate a scuotere quel giogo di ferro. Oggi tutto il mondo trema sotto la violenza dell'urto titanico. E non il'T\porta se ben pochi sanno che la prima sçossa sismica ebbe il suo centro tre secoli fa nella camera riscaldata a stufa, nella padella (poilt) dove, nel cuore di un gelido inverno germanico (1619-20), si era chiuso per mesi interi un giovane ufficiale a elaborare i pensieri che dovevano metter fuoco alla terra. ADRIANO TILGHER
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