®~~[b~ ~ ~ [P~~© AVJ.llPOSTI A.BI8800 UNGIORDNIBOATTAGLIA I L 9 FEBBRAIO, arrivammo all'Adi Marat, ch'era un piccolo paese di case diroccate dai bombardamenti. Dalle rovine, grossi merli azzurri si alzarono a ventaglio. Piazzammo le mitragliatrici, poi entrammo nelle case. Non vi -.coprimmo che olle spezzate e mucchi di stracci. Ma in una capanna all'e- ~trcmità del paese, scorsi per terra, in certi ~cchetti di tela, dei colori in polvere. Cercai negli angoli, o sotto i travi che per metà erano caduti nel pavimento, e vidi alcune conchiglie tinte di rosso e di azzurro, che forse avevano servito per impastare i colori. Capii allora d'essere nella casa di un artista abissino. Da un cesto, estrassi alcuni rotoli di pergamena con iscrizioni amariche e madonne disegnate con inchiostro nero, ritratti di capi, e certe vecchie etichette di botdglie che avevano servito al pittore per copiare greche e stelle. Uscito dalla casa, sentii un insistente prurito alle gambe, e m'accorsi che i miei stivaletti erano ricoperti di pulci rosse. Lo stesso era accaduto a tutti quelli della mia compagnia ch'erano entrati in paese. Riprendemmo la marcia, attraverso le prime colline dell'Amba Aradam, tonde ed erbose. Arrivati nel fondo di una valle, si udì un grido: « La lepre! La lepre! ... >. La compagnia per un attimo si sbandò. Vedemmo infatti saltare a sbalzi, nell'erba, una lepre che cercava di fuggire : essa era finita in meno a due compagnie di soldati, e correva ora qua e là, in cerca di una via libera. I soldati sempre più l'accerchiarono, gridando; poi uno col calcio del fucile la colpì : la lepre dette un balzo e cadde. Il soldato l'acciuffò per le orecchie e la sollevò per mostrarcela : l'animale ebbe un fremito, come colto dal!.1 c<,rrente elettrica, poi si abbandonò inerte e pesante : era morto. Tutti ormai si erano dimenticati dell'avanzata; pareva che, con la cattura di quella lepre, ognuno avesse terminato le fatiche della giornata. Al fischio dell'ufficiale, riprendemmo la marcia. Dai cespugli si alzavano di continuo nuvole di uccelli gialli e di bengalini. Si aveva così la certezza che gli abissini erano lontani, e procedevamo allegramente, parlando. Al tramonto, arrivammo sul ciglio di un precipizio che piombava nelle acque del Mai Mescic. Lontano, si scorgevano catene azzurre di montagne, e più sotto, sulle colline, i contadini radunare in fretta le mandrie, per spingerle verso un villaggio lontano, che appariva come una macchia bianca. Avevano ca- 'pito che arrivava la guerra. Ci · accampammo dietro cespugli e mascherammo le tende con grandi frasche. All'alba, fummo svegliati da forti grida. Erano gli abitanti di Selicot, venuti a ~lutarci. Il giorno 12, ancora di notte, la- ,;ciammo l'accampamento. Un ufficiale ci disse: « Oggi è il giorno buono >. A qualche centinaio di metri davanti a noi, avanzavano isolati alcuni esploratori sparsi nelle colline ; li vedevamo a tratti scomparire dietro i cespugli e riapparire di nuovo, camminando spediti. Di tanto in tanto, agitando le braccia, facevano segni per indicare la vi~ libera ; poi riprendevano il cammino. Marciammo per qualche ora in un territorio squallido. Fino allora tutti avevano scherzato, ma in quel momento ognuno di noi sentiva che qualcosa stava per accadere: incombeva su tutti un'aria di pericolo. Nessuno più rideva. La salita era faticosa: il sangue batteva nelle vene e gli occhi si ingrossavano: gettammo qualche indumento per essere più liberi. A un tratto, udimmo lontano rumori sordi. Qualcuno disse: e: Sparano :t. Proseguimmo ancora la marcia. Ver- $0 le otto, giungemmo a pochi centinaia di metri da Adi Gul Negus, di cui si vedevano solo le cime dei tucul. Un colpo di fucile attraversò la valle. Poi seguì una scarica e una raffica di mitragliatrice. Dall'alto, un porta~ ordini urlò: « Seconda compagnia a sinistra! :.. Ci spostammo in fretta. Quell'ordine fu ripetuto più volte. Di corsa giungemmo alle prime case del paese. Le pallottole fischiando battevano sui muri delle case. Un nostro ufficiale fu colpito in fronte. Vedevamo avanzare a sbalzi, e ripararsi in fretta dietro le rocce, i soldati abissini in divisa cachi. Di tanto in tanto, qualche irregolare vestito di bianco raggiungeva le nostre lince. Un milite scavalcò il muricciolo di difesa e vi si sedé sopra. Si tolse il casco, e restò in quella posizione, calmo, come se nulla lo riguardasse, o aspettasse la morte con cordialità.. Egli fu preso di mira dagli abiSsini. Schegge di pietra si alzarono intorno a lui con colpi secchi. Uno spruzzo di fango gli toccò una manica e quello èominciò a pulirsi con cura, lentamente. L'ufficiale lo richiamò più volte, ma il m!lite sembrava non sentire, e restava fermo. Voleva morire? Forse la guerra lo annoiava, forse non sapeva neppure lui perché stesse in quella posizione, ma restò cosi un bel pezzo; poi, quasi indispettito, si rimise il casco · sulla testa e scese dal muretto. Alla nostra destra, in un canalone, centinaia e centinaia di abissini arrivavano correndo, gridando e agitando i fucili. Le nostre artiglierie battevano quel punto e si vedevano volar per aria stracci bianchi. Restammo fino a mezzogiorno dietro grossi sassi, sparando. A distanza, passavano le colonne di rifornimento degli abissini ch'entravano nel recinto di • una chiesa; colpiti dalle artisrlierie. i muletti e i cavalli fuggivano sbalzando i cavalieri. ="'ella pianura, che 5j stendeva sotto i nostri occhi, si alzavano le nuvolette rosa degli shrapnels. All'improvviso cominciò a piovere, poi cadde la grandine. Fiumi d'acqua inondarono la terra e gli spari degli abissini si fecero meno intem1, Noi, ch'eravamo sdraiati, fummo ricoperti di fango. Il baritono G., della mia compagnia, che fino a quel giorno ci aveva divertito con la sua voce, non volle spostarsi dal muricciolo che si era fatto con grosse pietre. E, per quanto lo chiamassimo, si ostinava a rimanervi. A furia di chiamarlo, finalmente sortì, pallido, strisciando per terra : poi, come colto dalla furia, s'alzò in piedi e cominciò a correre verso gli abissini. Le fucilate si fecero più vicine. Facemmo un balzo in avanti. Un tale, con una mascella spaccata da una pallottola, cominciò a gridare. Ancora un balzo, La pioggia seguitava, e muoversi, in quel fango, era faticoso : le scarpe affondavano nella terra e pesavano. A poca distanza, scoppiavano le granate delle nostre artiglierie e nuvole di pietrame si alzavano. LIUIVi T 11\f fl~ Benché piovesse, apparivano nel cie• lo grigio larghi squarci soleggiati. La fucileria vicina sibilava alta sul nostro capo. Di lontano, si udiva un unico e sordo rumore, come di tuono fatto in palcoscenico. Vedemmo levarsi colonne di fumo daUe capanne e dai villaggi di.s.~rninati nella pianura. Verso il tramonto, un mitragliere ferito fu circondato da tre abissini che gli tagliarono mezza natica. Salvato da un compagno, che sparò con la mitragliatrice, vedemmo questo poveraccio venire verso di noi zoppicando e gemendo. Il rancio non giunse, ma verso sera, non si sa perché, arrivò la posta. Mi dettero sottomano una lettera. La pioggia batteva sulla carta e l'inchiostro si allargava in grosse macchie. Nella notte, gli abissini abbandonarono le loro posizioni, trascinandosi dietro i feriti. Le fucilate divennero rade e si sperdevano nella valle. Una striscia di luce chiara segnò l'orizzonte : era l'alba. Cessata la pioggia, le pozzanghere luccicavano. Qualcuno s'era addormentato sulla mitragliatrice col pollice appoggiato sulle manopole. Aspettammo un contrattacco, in un dormiveglia tormentoso; poi si seppe che il nemico era fuggito e che si poteva uscire dai ripari. S'alzò il sole, un sole improvviso e lucente, e tutta la valle si coprì di vapori. Anche i nostri abiti fumavano. Ci alzammo; le nostre gambe erano indolenzite e ogni movimento era doloroso. Alcune pattuglie uscirono per raccogliere i nostri morti. Io vidi, scendendo dal colle, un piCcolo capo abi.s• sino avvolto in un mantello di seta nera con ricami d'oro, appoggiato su un fianco; teneva una mano aperta, accanto alla sciabola e diceva : « Mai, mai.. Acqua! acqua!>. Il suo volto era rosso di sangue. Poco distante da luii un milite con i capelli rossi inzuppati d'acqua e il volto lentigginoso, giaceva con le braccia aperte. Il palmo della sue mani era raggrinzito come di chi è stato molto in acqua. Alle otto, un altro reparto venne a darci il cambio. Caricati sui muli, avvolti nei loro teli di tenda, passarono i morti. Il sole cominciò a scaldarci. Riprendemmo la marcia. Un soldato intonò: « Le donne belle in areoplano, e quelle brutte in casa per mano ... >. Allora tutti ci mettemmo a cantare. PRIMO ZEGLIO LA VECCHIA ECONOMIA ET OPICA LETIOPIA, come è a tutti noto, è un paese a economia agricola e pastora.le. Un panorama prccito delle sue posa1biliti di vegetazioni e culture 11 pub avere toltanto dividendo il territorio in r.one ahimctrichc. A Gucsto fine gli abitanti dell'ahopiano sono soliti considerare nel loro paese tre differenti regioni: il Quo/là (da 6oo a 1500 m. •· m.), il Woina D,gd (da I Soo a 2200) e il D,gd (al disopra dei 2500 m. •· m.). li (}uolld presenta una vegetazione di boschi xerofili e di savane: 11 tamarindo e il bambù caratterizzano que1ta vegetazione che, nell'intervallo fnt due stagioni delle piogge, appare completamente dinec.cata e priva di foglie. 11 Woina D,gà si mostra invece fertilissimo di pascoli pianeggianti in.crcalati da boscaglie che s'infittiscono nelle depressioni e nelle forre torrentizie. Il suo clima è mite e poco variabile {massima 25°, minima 12° s'). Al disopn dei 2500 metri, sulle falde degli apparati vulcanici, la vegetazione cacuminale ! principalmente costituita da eriche. La zona più propizia al lavoro dell'uomo! la seconda. I cereali, a preferenza orzo, miglio e mais, vengono coltivati dagli mdigeni con mezzi rudimentali, la semmagione essendo inoltre limitata soltanto dal fabbisogno della famiglia del coltivatore. Le piante tropicali sono coltivate nelle bassure del sud e presso i grandi laghi. Il cafll:, che creice spontaneamente in alcuni luoghi, da qualche anno ! stato curato da piantatori belgi e, an quantità limitata, esponato. Ma l'allevamento del bestiame t: stato fino ad oggi, e sarà ancora di più in avvenire sotto le cure e i prowedimenti dei nostri tecnici, la grande risoraa dell'Etiopia. L'allevamento dei bovini e degli ovmi pub essere praticato quasi dovunque su larga scala. Si parla anche molto delle ricchezze del sottosuolo. Anche se la xenofobia dei ras e di tutti , fum:aonari del defunto governo impedì sempre serie ricerche e profondi sfruttamenti, ~ indubitabile che l'Impero presenta grandi pou1bil1tà anche in questo campo. :\la sotto 1I regime negussita erano m funzione soltanto le miniere di platmo a Jubdo sul fiume Bir?;ur e quelle di potassio nella Dancalia settentrionale. Perfino le miniere d'oro dcli' Uollega erano state abbandonate. L'industria e il traffico inesistenti se non nei mercati periodici di Addis Abeba, Gondar, Socotà e Oeui~, il commercio mterno cd esterno ridotto ai minimi termini, completano il quadro della vc«h1a economia. li lavoro italiano, le strade che rendono infinitamente più agevole e rapido lo scambio dei prodotti, la sicurezza assoluta per le carovane e per le autocolonne, sapranno dare a questo territorio l'impulso necessario per lr, tviluppo di tutte le sue possibilità. LAPRODUZIONE 1TALIANA Sono compiuti i calooli intraprcti per assodare la quantità dt merci che l'A. O. I. atsorbe dalla madrepatria. Mensilmente ben 120.000 tonnellate entra.no nel territorio del nuovo Impero. Circa la metà dell'importazione oomplessiva viene sbarcata a Massau.a; il rimanente ~ diretto a Mogadiscio (circa 30.000 tonnellate), Gibuti, Assab e agli altri approdi somali. Per raggiungere al più presto PESCA SOL L.AOOTANA un valore maggiore, le Federazioni Fasciste di Addia Abeba e di Harrar stanno compilando un catalogo delle merci uahane che hanno trovato o che potranno tro,·arc una larga diffusione 1n Etiopia. La Confederazione Fucista dei Commercianti, dal canto suo, contribuisce a.ll'opcra compilando un indice uatistico delle ditte metropolitane che hanno saputo creare una corrente di intereui con il mercato abistmo. IL CEMENTO IN ETIOPIA La grande società • Cementeric d'Etiopia è entrata nella fase di lavoro e di produzione. Mentre il cementificio di Massau1 tra bre\'C sarà in grado di soddisfare le richieste del territorio eritreo, a Dire Daua sta sorgendo un secondo grandioso impianto per lo sfruttamento di quel giacimento di minerale cal• careo. Inoltre! stata scelta la località per un terzo impianto, dotato di materiale modernì11imo, presso Ambb a circa cento chdometn dalla capitale, sulla cam,onabile per l,ekemt1. I tre cemencifici, insieme con le innumerevoli piccole fomaci da calce comune che sorgono ovunque se ne sente il bisogne,, saranno m grado di collocare il loro prodotto in tutto il paese. Anche in Libia s1 vanno facendo studi per l'impianto d1 uno stabilimento della • I ta.lcement 1 •. ILCAFFPÈERL'ITALIA J..e statistiche dcli'• Italia d'oggi riportano i seguenti dati sull'esponaz1one etiopica del caff!. Nel 1925, per Gibuti, passarono ccntoqumdicimila quintali di cafil; nel 1926 e ·27 rispettivamente q. 124.000 e 14-4.000. "'e~li anni seguenti, fino al 193-1, si hanno quei.t<· cifre: q. 128.000. 137.000. 14-1.000, 165.000, 200.000, 136.000 e 173.000. Le !lilatist1chc; degli ulumi due anni, n11turalmente, mancano. I dau riportati, tenendo anche conto dei quantitati,·i usc,11 dall'Abissinia ~enu f''i· acre truportat, dalla ferro\·ia di Gibuti, non sono trascurabili. Se pensiamo che !'Itali consuma annualmenle, e qumd1 compera dall'estero, non meno di 400.000 q. di catn con una spesa pari a 150 m1lion, d1 lire, avremo un idea del bcpeficio che la ,·alonzzaziom: economica dell'Etiopia ci potrà portare anche; m questo campo. LEPAGHAElLAVORATORI Vn nuo,·o decreto del Go,·erno Centrahstabiliscc i seguenti mmim1 pt"r lt pas;?hedtllt: varie categorie di la,·oratori: l\1anQ d'oj>f'ra com1m~ (mano,·ah. conducen11 ca,·alli o muli, terrazzieri, '{u&rdiam, ecc.), lire 35 giornaliere. .\.1,mo d'Qj>f'Taqualificata (cucinieri. ~arti, calzol.111 funchisti, fabbri, vcmiciaton ecc.), lire 38 g1ornalierl". .\1ano d'Qj>t"ras~Nalista (motoristi. meccanici, tomuori, fresatori, fontanieri, elet1n• cisti), lire 45 fliomaliere. Capi,macchm1st1 e capi-meccanici, lire 45. Capisquadra, lire 50; aut1st11 lire 1700 mensili. Anche per i la,·oratori indigeni di ::\1oRad1scio S. E. il Go\'ematore della Somalia h.a stabilito dei massimi di pa~a onde e,·itare ftli eccessivi aumenti dea salari che s1 verifica\'ano su quella piazza.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==