ANNO I - N. IO - ROMA 5 GIUGNO 1937-XV IIDIILITAIIDNB ® CBW~IBIB& RA Qle Il cannone ba tuonato ad Almerla, è più che mal ittustiftcato l'allarme di Mussolini di fronte alla corsa ag,ll armamenti che si è sca. tenata da un anno ad ogg,t. Lo dicono le cilre. Incominciò l'Inlthllterra. Il bilancio della Guerra, che nel 193.J era di 39.600.000 Ure sterline, passò a 45.068.000 nel 1935, n 49.281.000 nel 1936. Quello della i\'larlna passò da 56.550.000 a 64.442.000 e, infine, a 80.230.000. Que11o dell'Aviazione da 17.561.000 a 27,596.000, a 39.000.000. Questo è il bilancio normale, che, nel suo tota• le, è dunque passato da 113.711.000 sterline net 1934 a 168.511.000 nel 1936. Ma non è tntto, perché sarà accresciuto di contributi straordinari negli anni 1937-1942 per meno del famoso prestito di 160 mlHardl di lire italiane. Spettacoloso si annuncia 11 piano che riguarda le fabbri• che di armi e di munizioni. Ne saranno costruite di nuove, che lavoreranno In continuazione; altre, invece, saranno pronte n lavorare solo nell'eventualità di un conflitto; altre, Infine, sorgeranno in località remote, al riparo dagli at• tacchi aereJ. Nuovo, Immediato Impulso, senza più pensare al trattati di Washington e di Londra, prenderanno le costruzioni na• vali. Tutte le navi di linea, eccettuate tre, sono anteriori al 1918. Saranno sostituite. Nel 1936 furono impostate due nuove unità; nel 1937 se ne aggiungeranno altre tre. GU in• croclatorl passeranno da cinquanta a settanta. Net geo• nato del 1935 l'Inghilterra non aveva che 500 aeroplanJ di prima linea e 250 d'oltre mare. Oggi ne ha J 750 di prima linea e 450 d'oltre mare. La riserva Immediata è pari a un terzo degll apparecchi In servizio. Ma si è appena all'lnlzlo. li programma aereo é di toccare la cifra di dlecimiJa apparecchi. t per questo che I piloti, che nel 1934 erano 30.000, ogil sono 50.000. E gli arruolamenti continuano. Al riarmo Inglese seiul fulminea la risposta dell'America. Dieci navi di linea contro le tre decise dall'lnihllterra. Un primo stanziamento di 985 milioni di dollari. SeguJva Il Giappone. Il 22 febbraio u. s. Il ministro dellai Marina di• chlarava alla Camera Alta che il Giappone avrebbe prose• guito nell'esecuzione del suo programma navate " Indipendentemente dall'esistenza o meno di un accordo di disarmo". Il principio cui si ispira il Governo giapponese - ha detto Il ministro • è quello della non aggressione. " Esso si Umi• terà, quindi, al minimo di armamento indispensabile per garantire Il mantenimento della pace in Estremo Oriente ". Si sa cosa significano queste parole: il 45 per cento del t-ilanclo ~enerale dedicato agli nrmamentl. Ripassiamo in 1::.uropa. Nonostante U Fronte popolare, la Francia non perde tempo. Solo per la Marina Il bilancio Or• dlnario francese prevede, per li 1937, la spesa di un mtllar• do e ottocento milioni di franchi, cui si debbono ag,iitungere due mlliardi e seicentocinquanta miUonl di franchi prelevati dal fondo per com battere la disoccupazione. Ma fino dal 29 iitugno scorso, il ministro della MarJna ha annun• clato alla Camera la presentazione dl altri programmi navali, che dovrebbero portare a ottocentocinquanta mila ton• nellnte il tonnellaggio g,tobale della flotta, contrarJamente allo statuto navale del 1923, che fissava In settecentocin• "-4.,.iantamila Il Jimite mas· imo. A questi stanziamenti per la Marina si debbono agg,1ungere I qulndlcl mli.lardi per l'esercito e l'aviazione votati l'anno scorso per iniziativa di Daladler. E non pare che bastino. Paul Reynaud lancia gridi di all.lrme. "La grande lezione del 7 marzo è stata questa: una grande potenza come la Francia è stata Incapace di mobJlltare, • faute d'un lnstrument mlHtalre approprlé •"· A sentire il • Manchester Guardlan •• di soUto bene Informato, la Germania accelera Il suo riarmo. Alla fine del 1935 g,11 effettivi tedeschi erano di 550.000 uomini. Oggi sono 800.000. Dall'Inizio dell'anno in corso la Germania ha creato due nuovi corpi d'armata, che comprendono quindici divisioni di fanteria. Questo esercito, che nel 1936 contava sessantacinque reggimenti, og,gt ne conta cento, mentre l'artiglieria è passata da quarantadue reg,glmenti a sessantasette. Due nuove divisioni sono ~là In ordine e un nuovo corpo d'armata, IJ tredicesimo, è in formazione. Non meno intenso è l'incremento dell'avlazlone. Un anno fa la Germania possedeva cinquanta squadriglie; oggi ne ha centotrentasette. con duemila apparecchi. Alla fine del 1937 le squadriglie saranno più di duecento. Si sono molUpllcate le formazioni antiaeree: trentatré reggimenti di artiglieria. Altrettanto per la Marina. Net J 936 l1 tonnel1agg10 è stato aumentato di 23.000 tonnellate. Le costruzioni In corso pre,•edono un ulteriore aumento di 183.000. Cosa vale l'armamento della Russia? Allo stato attuale delle cose, le truppe con ferma variabile dal due al quattro anni, che nel 1934 comprendevano 560.000 uomini e 940.000 nel 1935, oggi sono salite a t.300.000. A questi effettivi si debbono aggiungere 200.000 uomini deUe divisioni territoriali con ferma dagli otto agli undici mesi, 150.000 della Ghepeù, 60.000 di miUzia confinarla, 50.000 di truppe di scorta. L'istituzione che si dedica alla preparazione militare del giovani, la "Ossavlaklm ", conta N- milioni di iscritti. L'aeronautica, secondo IJ rapporto di Paul Bcrnler alla Camera francese, conterebbe 370 squadriglie metropolitane (2700 apparecchi), 40 navali (250), 80 siberiane (500). Totale 3450 aeroplani, senza contare 500 di riserva. Le spese militari sono passate da 5 miliardi di rubli nel 1934 a 6 miliardi e mezzo nel 1935, a 15 mHlardi nel 1936. La Polonia dedica un terzo del suo bilancio totale agli armamenti e non le basta, perché ha contratto un prestito di due miliardi e mezzo di franchi con la Francia; la Cecoslovacchia da l.909.900.000 corone nel 1935 è passata a 2 ml• Hardi e 373.4-45.000, con in plfl uno stanziamento straordi• nario di 7 miliardi da suddlvJJersI nel periodo 1936- 1939. La Jugoslavia spende 2.626.670.00-0 dinari (22 per cento del bilancio totale); la Rumenla 8.033.000 lei contro 6.162.000 dell'anno precedente (35 per cento del blJanclo totale). La Svizzera arma: un prestito di 330 milioni di franchi svizzeri coprirà le prime spese. Riarmano gli Stati scandinavi, I più pacifici del mondo. Riarma Il Belgio, che deve mettersi in condizione di poter resistere con le sue sole forze ad eventuali ag,gresslonl, a norma del recenti accordi. Tutti riarmano e tutti sanno che la guerra significherebbe la catastrofe per tutti. I rossi di Spag.na, istigati dal bols.cevJchJ russi, col proditori attentati alle navi italiane e tedesche, cercano di dar fuoco alla mJccla. Eppure, se non si ra la guerra, si dovrà, un giorno o l'altro, fare la smobi• JJtazlone. Saranno la crisi economica, la disoccupazione, convulsioni sociali. Gli armamenti porterebbero, anziché alla guerra, alla rivoluzione, per un processo di crisi interna. Ecco un aspetto che gu antlmllttarlstl non avevano preveduto. Ed ora provatevi, se potete. a dar torto a MussolJnt. 12 PAGINE UNA llRft I ..,.F~~ :fl'----- G11ERRA. E PA.OE SPEDIZIONE IN ABB. POSTALE A SIVIGLJA arrivai la sera, dopo sei ore di treno e di entusiasmo. La presa di :Malaga riaccendeva di colpo la certezza dei nazionali di veder presto la fine della guerra. Alle stazioni scene da cinematografo americano: ragazze che si buttavano al collo dei legionari, bandiere delle quattro Nazioni amiche: Spagna nazionale, Italia, Germania e Portogallo, distribuzione di sigarette ai feriti, mazzi di fiori, bande, coccarde. Un gruppo di studenti portoghesi, con il mantellone nero dell'università di Coimbra, empì il treno già stipato a Jerez de la Frontera. Avevano accompagnato un convoglio di regali per i soldati di Franco: viveri e vestiti. A Siviglia, le cose erano anche più calde. Da allora non vidi più in Spagna un ~imile entusiasmo. L'illuminazione della città era quella delle sue grandi feste religiose : a grossi globi elettrici colorati che disegnavano nella notte iniziali sacre. Era il Sud : erano le luminarie dell'Italia del Sud di prima della guerra, a Napoli, a Catania, a Palermo. I ricordi dell'infanzia venivano su facendo nodo, insieme alla meraviglia di ritrovare quel mondo perduto pieno zeppo e colorato come una cassata. Andando per le strade, per le piazze, sostando nei bar, nei caffè, riconoscevo quella città in cui ero sbarcato una !>era<lell' agosto J 933. L aria della guerra, della retrovia, l'euforia della vittoria, la folla dei soldati, sì certamente. Ma la vita notturna di Siviglia non sembrava averne ricevuto che nuovo impulso. Entravo e uscivo dai caba~, con il ftu~ dei soldati ubriachi di mantanilla e di buone notizie. Il suono dei fl-amencos, e H ritmo delle nacchere arrivava a ondate nella strada del barrio dei piaceri 1 liberato di tempo in tempo dalle porte a molla. Le gitane e i chitarristi confortavano l'ozio grasso e un poco triste della Spagna. Le automobili attraversavano la città come fantasmi a velocità pazza, cariche di uomini armati, le ruote contro l'asfalto provocavano un rumore continuo, angoscioso, come un gemito. Partecipavo attivamente di quella vita, di quell'avventura con il senso geloso di chi arriva in un posto dopo una lunga navigazione, e deve ripartire l'indomani. Il senso della guerra civile 1 della razza spagnuola: dell'orgia pesante. La juerga. Sembrava si stesse bru• ciando in Siviglia, in quelle notti, tutta la voglia di vivere di un popolo dispono a morire. In uno dei più grandi cabarè, tutto di legno, di legno la pista per ballare, di legno la galleria tutt'intorno, di legno i palchetti riservati (sembrava la stiva di una nave di conquistadores, il giorno che si spartisce il bottino), arrivai nel mezzo della notte con le tasche piene di giornali, di opuscoli e di fotografie che documentavano gli orrori della guerra. Soldati, marocchini, legionari del Tercio, legionari italiani, tedeschi, portoghesi, spagnuoli, grossi irlandesi delle brigate di O'Duffy. Divise nuove dei legionari sbarcati di fresco, divise macchiate di fango e di sudore dei regulares. Al centro della pista un gruppo di forse venti ballerine fla• men,a.s, giovinette che non passavano i vent'anni, guidate da una duena, vecchia, orribile, ricoperta di collane di gioielli, cUabolica, ballava; tutt'insieme ballavano facendo roteare le sottane, luccic.1.re le cosce, battendo i tacchi sul piancito, aizzate. dalla folla come in una corrida, che si percuoteva le mani a tempo di nacchere e gridava : e Olé.' Olr! Ole! guapas! Andale ,hicas! :t. Intanto io sfogliavo quelle riviste1 quei libri e quelle fotografie da cui si esalava un senso di sangue e di violenza inaudita. Erano le stesse scene che avevo visto a Cuba al tempo della cacciata di Machado, a Tampico quando c'era la legge marziale. Fucilati, e bruciati con la benzina, uomini legati a due a due, fratello e sorella, e abbandonati nei campi, bambine uccise sbattendo il cranio tenerello contro il muro, donne violate, martirizzate, uomini evirati, accecati, con la lingua mozza, le unghie fatte saltare, i piedi bruciati; frati, preti, monache, uccisi, monache spogliate e portate nelle case di tolleranza, ragazze servite di sfogo a interi plotoni, che si uccidono con la pistola dell'ultimo amante, e giacciono nei prati, nude, la scatoletta della cipria e il rossetto delle labbra accanto a loro; chiese bruciate da com4nisti che pri• ma di metter fuoco all'altare s1buttano ginocchioni e. gridano: e: Signore mio Dio, perdonami! :t. In fondo, di tutta quella strage che commuoveva il mondo, di tutto quel sangue, quella rovina, quegli incendi, massacri, il popolo spagnuolo era l'unico convinto della necessità. e:Era de• stino passare di là >, dovevo sentir dire, nei giorni a venire. e Es preciso a,abar con •esa canalla! >. E necessario farla finita con questa canaglia. La necessità del sangue, della espiazione. Il futuro della Spagna? I seicentomila morti della guerra civile? Le chiese distrutte? e:Ma sa lei che la Spagna prima della Riconquista, e cioè prima della cacciata dei mori e degli ebrei, contava 30 milioni di abitanti, e vide poi la sua popolazione ndotta a otto, dico otto, milioni? Una razza, la nostra, che non sa forse vivere, ma sa certamente morire :t. I " platoleros " Il giorno dopo andai ali' e Andalusia ». e: Andalusia Palace :t. Mi ricordavo di quella navigazione di sei ore, sul Guadalquivir, che m'aveva portato ad attraccare all'ombra della Torre dell'Oro. La piatta campagna dell' Andalusia, sc]Xrita sotto un sole pesante, come l'Atlantide sotto l'oceano. Le piante grasse sulla riva, e le saline biancheggiare come isole perdute. I contadini sugli asini, lungo i sentieri polverosi. Le case di legno e di bandone, e i f uochi degli accampamenti dei gitani. fo. fine col tramonto e la frescura, la nave tuttavia arroventata attraccò davanti alla Capitaneria, in un porto lungo e stretto, avendo alla nostra destra Siviglia, a sinistra il barrio di Triana, davanti a noi il Ponte Isabella II. Lo sciopero e i pistòleros avevano vuotato il porto. Un piccolo gruppo di scaricatori disoccupati che battevano i denti per la paura di esser scoperti compì le manovre d'attracco. Quella sigla F.A.L (Federa,idn Anarquista lbirica) ascoltata per la prima volta. J pistoleros della F.A.I. amma.z:za• rono uno di quegli scaricatori nella notte. Uno degli impiegati delr Agenzia di Navigazione cui faceva capo la nostra nave mi spiegò grossolanamente la storia della lotta di classe in Siviglia. Tutto era cominciato con l'Esposizione. L'Esposizione di Siviglia del 1928. Traversavamo in carrozzella le alameda.s, i paseos, le passeggiate, i parchi illuminati, costeggiavamo i chioschi dei caffè nei giardini, abbandonati. File di sedie sorvegliate da camerieri in giacca bianca e alamari dorati. Con l'Esposizione, e per i lavori dell'Esposizione, eral'\O venuti a Siviglia da Madrid, Barcellona e Valencia sette o otto mila operai specializzati. Avevano costruito i padiglioni, le ville, riattato le passeggiate, innalzato i colossali alberghi destinati ai turisti americani. Per mesi e per anni i sivigliani, gli spagnuoli tutti, e Primo de Rivera avevano puntato sull'Esposizione di Siviglia come su una lotteria. L'Esposizione si rivelò un grosso fallimento. Gli americani vennero in carovane organizzate dall' American Exprcss1 gli inglesi da Cook's, e traversarono Siviglia, ci pernottarono una notte o due e se ne andarono senza la• sciare un soldo di mancia. Tutta l'economia della città, della regione e addirittura della Spagna ne risentì un colpo formidabile. Gli operai di Barcellona, di Valencia e di Madrid rimasero sul posto, disoccupati, riempirono i caffè dei barrios malfamati, fra una corrida e l'altra, e si diedero a organizzare la lotta di classe in Andalusia. I pistoleros commisero le prime stragi. In breve si ripetè in Siviglia la stessa
storia di Barcellona e dell'Esposizione del 1929. Poi venne la Repubblica. Sulla repubblica venne il colpo di mano di Sanjurjo. Sanjurjo nel 1932 aveva sessantaquattro anni. Era stato fra gli intimi di Primo de Rivera. A suo tempo l'avevano chiamato El le6n dd Riff. Nel 1923 governatore militare di Saragozza. Nel 1931, al tempo della proclamazione della repubblica, era comandante della Guardia Civil. I repubblicani lo levarono di 11e gli diedero il comando dei carabineros : i doganieri. Sanjurjo non lo dimenticò. Fu prima mandato al Marocco, commis.sa.rio. Poi a Siviglia, cor6missario. Nel 1932, il 10 agosto, Sanjurjo s'impadronisce di Siviglia con un colpo di mano. Si proclama governatore dell'Andalusia. La F.A.I. chiama a raccolta i disoccupati dell'Esposizione. Lo arrestano a Huelva il giorno dopo. Condannato a morte viene graziato. Compie un viaggio in Germania, conosce alcuni dei capi nazisti. Dopo si ritira nel Portogallo. All'inizio del movimento monta su un aeroplano per raggiungere la Spagna. L'apparecchio cade e il generale muore. Piccolapostadel Generale Carlo Sotelo è stato assassinato il 13 luglio dalle guardìe d'assalto di Madrid. José Antonio Primo de Rivera, Fernando Cuesta e altri capi di Falange sono in prigione. Dure perdite per i nazionali all'inizio del movimento. Ma a Siviglia c'era Qucipo dc Llano, i;he s'impadronisce, di Siviglia facilmente, dopo aver picchiato i soliti pistoleros. A un certo momento, anzi, mentre la battaglia sembra conoscere qualche incertezza, Queipo annunzia alla radio la vittoria dei nazionali. Da allora Queipo non ha più trascurato la radio. Parla alla radio tutte le sere. Alla radio combatte le sue più importanti battaglie. t la celebre charla del Generale. Dur.:i un'ora, un'ora e mezzo. Ascoltarla è necessario, se si vuol comprendere qualche cosa. 8 un fatto che con ]J. sua conversazione Qucipo s'è guadagnata in tutta la Spagna un'enorme popol~ità. t abbastanza facile capire il perché. Le con- "ersazioni di Queipo sono lunghe. prolisse, riempite di ~iuochi di parole, di chistcs e di bromas. Risponde a tutti quelli che gli scrivono, fa il nome di tutti coloro che gli mandano regali per i soldati. Loda, polemizza., prende in giro i generali di sinistra, rivela le loro marachelle e mette all'indice i loro vizi segreti. Le conversazioni di Queipo de Llano, durante la presa di Malaga, citavano uno per uno i nomi degli spagnuoli che vi avevano preso parte, e non dimenticavano i falangisti a cui era affidato il servizio di limpie(.a, o di ra.st.rellamento. Così facendo, Queipo guadagna alla causa dei nazionali moltissimi spagnuoli, e si dice che molti ~5mpatizzanti conti nella parte rossa. Le:: sue charlas peccano forse di un eccessivo entusiasmo, ma senza entusiasmo non si sarebbe avuto niente. I suoi nemici attraverso la stampa internazionale accusano Queipo di aver promesso troppe volte la presa di Madrid a data fissa, e sopra tutto di aver prematuramente svelato alla radio l'esistenza della famosa Quinta Col:lmna. La Quirita Columna sarebbe stata formata dagli elementi di destra che si trovano in Madrid, pronti a scendere in piazza il giorno dell'ingresso dei nazionali. Questa storia non mi risulta, ma è facile profetizzare che, H giorno che Franco formerà un governo nazionale, Queipo, il comandante dell'Esercito del Sud, vi avrà il suo bravo posto. a1rtfJte?ut~al~~a.Lli.?~ni1uss~~g~~~ !ace è un enorme albergo costruito giustappunto in vista dell'Esposizione di Siviglia. Fu una pessima speculazione, allora; adesso si è rivelato utilissimo. Era il cuore di Siviglia e del Movimento del Sud. Era Il che si potevano ve- (1.cre il Duca di Siviglia1 nominato poi governatore di Malaga; i grandi di Spagna, in divisa da ufficiale i le più belle donne dcli' Andalusia. Lì facevano capo i corrispondenti dei giornali di tutto il mondo, gli ufficiali dell'aviazione legionaria, del Tercio, dell'Esercito, dello Stato Maggiore. Lì si vedevano quelle tragiche famiglie che avevano avuto padri, madri, spose, sorelle, fratelli uccisi dai rossi. Tragiche famiglie vestite a lutto che prendevano il tè. E fu lì che vidi il generale Queipo dc Llano, alto, magro come un hidalgo, vestito in borghese, che distribuiva strette di mano e manate dietro la sch;ena: abrcu;os. Strategia di Franco li Capo di Siviglia riceveva le congratulazioni in mezzo a un gruppo di dame che recavano sul petto croci di oro tempestate di gemme e immagini di santi in smalto prezioso. Che cosa rappresentava Malaga in quella guerra? Semplicemente questo : che la lotta, fattasi statica da qualche tempo, riprendeva a tutto vantaggio dei nazionali. Malaga la roja, Malaga la r~sa, Malaga l'inespugnabile, Malaga porto sul Mediterraneo era stata presa. Oramai non restava che prendere Madrid. Bilbao sarebbe poi caduta da sé. C'crr qualcosa che non convinceva troppo nel tono di quei discorsi. Ed era proprio quella smania di ritornare a ~adrid prima di essersi assicurate la provincia e le coste. Per questo sarà forse utile ricapitolare la storia della guerra. La Spagna, il 16 lu~lio 1936, era divisa in otto divisioni militari con Comandi rispettivamente a La Coruiia, Burgos, Valladolid, Saragozza, Madrid, Siviglia, Valenza e Barcellona. Otto generali dovevano essere i capi dell'affare : Francisco Franco, Manuel Goded, Qucipo dc Llano, Emilio Mola, Joaquin Fanjul, Miguel Cabanellas, Domingo Batet e José Sanjurjo. I capi del movimento dovevano essere Franco e Sanjurio. Quest'ultimo muore prima di toccare il suolo spagnuolo. Franco si trovava alle Canarie, forzato governatore militare, Goded alle Baleari, altro esiliato. Queipo de Llano comandava invece la piazza di Siviglia, Mola quella di Burgos~ C.tbanella.s quella di Saragozza, Batet era a Barcellona e Fanjul a Madrid. li piano del M ovimiento era semplice. Franco sarebbe andato al Marocco e di lì, con la Legione e i Regular,rs marocchini, sbarcherebbe a Siviglia. A Siviglia, congiungendosi con Queipo, avrebbe marciato sino a Badajoz. Da Badajoz a Toledo, dove si sarebbe congiunto a Mola, che veniva dal Nord. Da Toledo sarebbe mosso l'assalto verso Madrid, dove Fanjul avrebbe tenuto desta la rivolta sino al loro arrivo_. li movimento scoppia il 1 7 Juglio a Ceuta e Melilla nel Marocco, e a Las Palmas 1 Canarie. Franco vince. Batet e Goded a Barcellona si trovano contro anarchici e marxisti e trotskisti. Perdono la partita il 20 luglio. Imprigionati a bordo dell'Uruguay, vengono processati e fucilati. Fanjul e i ribelli della Montafia perdono a l\{adrid. Vengono trucidati. I militari occupano Burgos, Valladolid, Salamanca, Gijon, Oviedo, Pamplona a nord.ovest; Saragozza, Soria, Huesca 1 a nord-est; Siviglia, Cadicc, Caceres, Cordova a sud. Vincono in tutto il Marocco, alle Canarie e a Majorca, nelle Baleari. Così finisce il primo tempo. Poi occupano lrtln, Badajoz, e scrivono con l'as.~dio e la liberazione di Toledo una pagina meravigliosa. Da Toledo, Avila e le gole della Guadarrama i militari urgono verso Madrid. P.. una delle più belle marce guerreggiate che siano mai state compiute. Arrivano sotto Madrid nella seconda metà di ottobre. Sostano un momento per ripjgJiare fiato. Attaccano brava• mente la capitale, conquistano i sobborghi. Di nuovo riordinano le file. Attaccano furiosamente, mi sembra che fosse- 1'8 novembre 1936. Vengono fermati. Che cosa è successo? Un affare da niente: il 6 novembre sono entrate in linea le brigate internazionali, la X, l'Xl, la XII, la XIII, la XIV, la XV brigata internazionale. Le comanda Klcbcr, gli sta a fianco Miaja. Sui muri di Madrid c'è scritto: e: .No pa.sardn ». L'otto febbraio 1937, tre mesi dopo, i nazionali prendono Malaga. La situazione si rovescia. Non si chiamano più i ribelli, i militari, o le truppe del generale Franco, o gli insorti, o i bianchi, si chiamano i nazionnli. F. accaduto dunque qualcosa che vale la pena di esaminare più da vicino. Non sono più in giuoco le sole forze della Spagna tradizionale, contadina, cattolica, contro la Spagna delle città, del modernismo ateo e dei partiti di sinistra. Si tratta di vedere se la Spagna e l'Europa assisteranno alla bolscevizzazione della penisola predicata da Lenin, o l'impediranno con tutte le proprie forze. Per questo si battono le brigate internazionali. Per questo si battono i volontari tedeschi, irlandesi e italiani. G. G. NAPOLITANO SOJOPEBODI BF.OOHINIA NORTH ABIBOTON (U.8.A.) IIIIPIBI OME è noto, imperversa da e qualche tempo in America una specie di epidemia di scioperi. Un giorno scioperano i minatori di uno Stato, un altro giorno quelli di un altro Stato; una volta gli operai delle fabbriche di calzature, e un'altra quelli dell1industria automobilistica. Le ragioni d.i questi scioJ)"'ri wno varie; alcune volte gli scioperanti domandano puramente e semplicemente aumenti di salari; altre volte riduzioni degli orari di lavoro; altre volte ancora il riconoscimento delle loro organizzazioni sindacali. Quest'ultima, è una delle ragioni più frequenti di sciopero. In sostanza la società americana è in una fase di riassestamento: pri~a la lunga depressione, poi J'espcnenza Roosevelt e, infine, la ripresa ne hanno sconvolto tutta l'impalcatura, come altrettante scosse telluriche. Ora es.sa si va riassestando : e poiché attraverso tante e così varie vicende si sono operati grandi spostamenti di ricchezza, è naturale che jJ riassestamento si compia non senza strappi e attriti. ~a questo è un discorso troppo seno, e perciò noi vi rinunziamo lasci~ndo ~g!i. economisti, ai sociol~i e agli stattsttc1 la cura di esporre con la gravità e la solennità, che sono loro pr_opric_, le prof?ndc ragioni degli scioperi amer1ca01, e l'andamento di essi, o _come si dìce nel gergo, la e: curv_a~; il tutto corredato di copiose statisache e di diagrammi. Anche a Kollywood Il più strano e caratteristico di tutti questi scioperi è stato senza dubbio quello dei lavoratori del cinema. Il pubblico dei due mondi è abituato a credere che Hollywood sia una specie di isola dei beati, ove tutto sia « luxe, ordre et volupté »; cd è rimasto stupefatto nell'apprendere che anche in quella specie di Paradiso terrestre ci si accapi~lia,. si litiga e - horresco referens - st sciopera, come in una qualsiasi graveolente conceria di pelli. Raccogliamo da una rivista americana alcune notizie relative a questo singolare sciopero. La più forte organizzazione di lavoratori del cinema di Hollywood c1 forse, degli Stati Uniti è la lnt,rrnational Alliance o/ Theatrical & Stage Empioyees, che è virtualmente un sindacato i cui capi lavorano in perfetta armonia con i produttori - la mano nella mano - sotto il vincolo di un contratto_ per. cinq_ue ann_i _eh~ proibisce gli scioperi. I smdacat1 indipendenti affiliati ali' American Federation o/ Labor, hanno lottato a lungo e invano per ottenere di essere riconosciuti. Nella prima decade di maggio, quando le loro richi~te di riconoscimento furono ancora una volta respinte, 3000 membri dei sindacati di pittori e decoratori, di artisti scenici 1 di truccatori ccc. dipendenti dall' A. F. of L. si misero in i.sciopero e se ne andarono a spasso. Furono poste delle linee di « picchetti > davanti ai maggiori studi; ma inolti cinema continuarono a lavorare come al solito, assumendo lavoratori non iscritti ai sindacati al posto di quelli iscritti. Nello stesso tempo, i capi organizzavano i loro sindacati nella Federated M otion Picture Cra/ts. Hol• lywood sembrò in preda a una vera sommossa, quando ingegneri, modellatori, stagnini, sarti, cuochi, operai, meccanici e calderai fecero cawa comune con gli scioperanti. Tutti gli occhi erano ansiosamente fissi sugli attori. Che cosa avrebbero essi mai fatto? Entrano in scena i divi Roberto Montgomery, che aveva, da poco, sgomentato gli ammiratori dei suoi soliti film allegri, apparendo in Night Must Fall sotto i tratti di u,n assassino patologico, passò subito a recitare un'altra parte : quella dì Presidente della e: Lega dei attori dello schermo di Hollywood ». Ben presto cominciò a circolare la voce che una vigorosa e: coscienza sociale • scuotesse le stelle del cinema, e specialmente il piccolo e agile Jimmy Cagncy : e questa voce si andò sempre più accreditando. La lega conta 56oo iscritti. Tutti gli attori e le attrici cinematografiche virtualmente vi appartengono. E questa era la prima volta che essa avesse occasione di dar prova della sua solidarietà con gli altri lavoratori. Il Presidente Montgomery con• vocò subito l'ufficio esecutivo, che è composto come segue : Primo Vice Prc- $idente, Cagney; Secondo Vice Presidente, Joan Crawford; Segretario assistente, Boris Karloff. E l'ufficio deliberò di rinviare ogni sua decisione sullo scio• pero di simpatia a quando si fosse tenuta l'assemblea; di lasciare, intanto, al giudizio dei singoli la decisione di passare o no attraverso le linee dei e: picchetti>. Poi si tenne l'assemblea; e in essa 4000 attori con volto grave voturono di aspettare un'altra settimana per decidere se rispondere in tutto all'appello della loro coscienza sociale. Poi le notizie si sono diradate e l'attenzione del mondo - e dei reporters - è stata attratta da più gravi argomenti. Ma, in conclusione, sembra che i e: divi » abbiano finito col non scioperare. Ogni epoca ha i suoi dei, e gli dei di tutte le epoche prendono parte alle liti degli uomini. Gli dei dei greci se ne stavano nell'Olimpo, e quelli della modernità se ne stanno a Hollywood, che è residenza assai più confortevole. Apollo combatteva per i troiani e Atena per i greci; e noi non disperiamo di vedere Robcrt Montgomery e Joan Crawford alla testa degli stagnini e dei calderai di Hollywood. E fin qua il pa.rallelo regge. Ma vi è punto da cui ogni somiglianza fra le due situazioni cessa: ed è che Atena, quando scendeva in terra a dare una mano al Pclide, non perdeva niente, ma Joan Crawford, se fa sciopero, perde un migliaio di dollari al giorno : il che per .,imore dei calderai è troppo. Ecco perché gli dei di Hollywood sono piuttosto sordi agli appelli che i mortali lancian loro dal basso. TURISMO E LEALISMO LORD MARLEY è un lord laburista: più esattamente è il whip dcll 'Opposizionc nella Camera dei Lords. ~ un graduato della Scuola di :\1arlborough e, per lungo tempo, fu ufficiale di marina. Fu un amico penonale del defunto Re Giorgio V e suo Ciambellano (Lord-in-waiting). Egli, dunque, è un penonaggio importante del mondo politico cd è stato un personaggio importante della Corte del defunto Sovrano; e, in questa sua duplice qualità, può conoscere molti retroscena dei recenti avvenimenti della Corte inglese, che al pubblico sono o del tutto ignoti o mal noti. L'emfocntc personaggio, dunque, alcune settimane prima dell'incoronazione, si trovava a San Francisco di California: non sappiamo se per affari o per diporto o per altra ragione. [vi fu vvicinato dai rtporun di vari giornali americani e fu da essi richiesto della sua opinione sulla abdicazione di Re Edoardo e sulle feste, allora prossime, dell'incoronazione. E l'ex Ciambellano di Corte rispose testualmente cosl: • Re Edoardo dimostrava un grande interesse per la miseria delle classi lavoratrici. Il Governo sentiva che questo aueggiamento del Re era una critica alla sua inazione in quel campo. Perciò esso si servi dell'episodio di Mrs Simpson come di un mezzo ~r costringerlo all'abdicazione. «: Il Governo temeva che, perciò, le feste dell'incorona:tionc potessero riuscire poco popolari, e, quindi, ha mobilitato molti soldati, molte bande militari, grandi decorazioni... Per quanto riguarda i miei amici americani, io mi auguro che essi non abbiano da pagare prezzi esosi per i posti per vedere la processione o per le camere di albergo e per il resto; e in genere mi auguro che non siano sfruttati. Il mio consiglio agli americani è il seguente:" Rimanete a casa o andate in Inghilterra più tardi, in condizioni normali,. Le agenzie turistiche inglesi deplbrarono sever.mtente questo discorsctto di Lord Marley agli americani. E, certo, se si ammette che l'incoronazione era una grande impresa turistica, c'era da indignarsi per un cosi inopportuno linguaggio. Scnonch~ Lord Marlcy non aveva colpito soltanto l'industria turistica britannica, ma anche l'onore del signor Baldwin, nella sua qualità di Primo Ministro e di servitore del suo Sovrano, in quanto lo aveva accusato di essersi servito del pretesto di Mn Simpson per dare lo sgambetto al suo Re, che gli dava ombrJ. Baldwin non protestò. Gli albergatori protestarono, i ristoranti protestarono, gli affittacamere protestarono; e Baldwin non protestò. Il lealismo di un Primo Ministro inglese è meno suscettibile degli interessi degli albergatori. I LEALIIIIIIISTRDII EDOARDO vm TUTTI ricordano che il primo a tirare il pugno nci vetri fu il Vescovo di Bradford. f:: costui un obeso e gioviale personaggio, che, secondo la rivista americana Timt, ama solo mangiare insieme con le sue serve, giocare a golf e lavorare alle parole incrociate. Perché proprio un siffatto prelato recitò una parte che gli si confaceva cosi poco? Ma la suddetta rivista americana rivelò che il Visconte Halifax, personaggio che Baldwin tempo fa mandò in India come Vicerè, e c.hc, al momento della crisi, era Sottosegretario agli esteri, conosceva in anticipo qL -he il Vescovo avrebbe detto. Dunque un membro del Gabinetto era informato del colpo che si stava per tirare al suo Re; e tacque. Non basta. li giornale, che per primo raccolse le parole del Vescovo e le diffuse, rompendo cosi la consegna di riserbo e di discrezione che la stampa inglese si era, fino a quel momento, imposta, e rendendo impossibile soffocare ulteriormente lo scandalo, fu un giornale di provincia: la Yorkshire Po1t. Ora la Yorkshire Post è di proprietà dei parenti della moglie del Ministro degli Esteri Anthony Eden. Sempre secondo la suddetta rivista, si ritenne allora che il giornale avesse agito per istigazione dei suoi proprietari; che costoro avessero agito per istigazione di Eden, e costui per istigazione del Primo Ministro Baldwin. La gente dell'Yorkshire, «la cui scaltrezza è proverbiale,, credeva di dìsccrnerc, dietro la grossa figura di Baldwin, quella della moglie di lui, la famosa Lucy, che è donna di Chiesa e, come tale, adatta a mantenere i rapporti fra il marito e l'alto clero. E neJ.. l'Yorkshirc si scommetteva che la signora Baldwin non avrebbe mai dimenticato l'affronto che le aveva fatto il Re, invitandola a un pranzo, al quale essa si era dovuta sedere insieme con • quella donna»: Mrs Simpson. Si sapeva anche, in quello scaltro e bene informato paese, che il Primo Ministro era diventato furioso quando, alcune settimane prima, il Re aveva detto ai disoccupati del Galles del Sud che si dovesse fare per loro molto di più di quel che il Governo pensava di fare. Cosl, circondato da buoni e ~cdcli Ministri e servito da essi con perf,ltta lealtà, il Re fu, a poco a poco, indotto a irrigidini in una posizione insostenibile e che non ammetteva ritirata. E quando egli, in occasione dj una spiegazione con Daldwin, protestb: e Non tollererò alcun intervento 1 nei miei affari privati,, Baldwin rispose: • Dormite su questo, Signore•; risposta di cui non si sa se ammirare più l'umo• rismo o l'ipocrisia. [n quel momento, il Re era già spacciato. UN .lMICODEL RE COMUNQUE Edoardo Vllf se ne andò e, or-a,se ne è andato Daldwin. Al tempo della crisi, che mise capo ali 'abdicazione, la folla percorreva le vie di Londra gridando: • Abbiamo noi bisogno del Re? SI! Abbiamo bisogno di Baldwin? NO-O-o-o-o! Abbasso Baldwin! Dio salvi il Rei•· Ebbene, quella folla non aveva torto che a metà. L'[nghilterra poteva fare a meno tanto del Re, quanto di Baldwin. Ora, colui che fu Edoardo vrrr attende a ricostruire la sua esistenza in un angolo di un paese straniero. E il mondo ancora si chiede come e perché egli rinunzib, così a cuor leggero, al trono e al potere. Per una donna? per quel/a donna? e quale misterioso legame hl. potuto mai avvincere in siffatto modo quei due esseri? Non più l'avvenimento storico interessa, ma il semplice caso umano: il quale, forse, è più pietoso che drammatico. ~ci giorni della crisi, Lord Castlerosse si lasciò sfuggire alcune parole inopportune, che possono forse gettare qualche luce sul retroscena psicologico del caso del duca di \Vindsor: • TI Re•, disse quel polisarcico personaggio, • ha un complesso di inferiorità ... Mrs Simpson gli ha ridato la fiducia in sé stesso ... Ella diceva al Re:" Ragazzo mio, voi non siete quel povero scemo che credete di essere. Voi siete un uomo di valore". E il risultato di questo era che il Re si gonfiava di orgoglio ... L'attrazione fra di loro NON era il sesso... Questa è la storia ver.u. Un • complesso di inferiorità,? Il Re credeva di essere un povero scemo? Il sesso non c'entrava? Comprenda chi può. Il bello è che Lord Castlerossc era un e uomo del Re•, un King's man, come si diceva in quei giorni. Egli è l'amico inseparabile di Lord Beaverbrook, il magnate della stampa britannica, il quale, alla sua volta, fu, nei giorni della crisi, il primo confidente di Re Edoardo. On n'tst trahi qut par lts 1itn1. BOMBE E B.lMBINI I N UN V[LLAGGIO spagnolo, dopo un terribile bombardamento aereo. Il villaggio non è più che un mucchio di rovine. Almeno dicci grandi bombe sono cadute entro un piccolo quadrato di case, proprio al centro. Nelle strade sono ampie buche, pietrame, travi, mattoni, • rottami. Una dozzina di case non sono più che masse informi di pietre e di legno, nelle queli dei soldati scavano febbrilmente per tentar di salvare gli sventurati che vi sono sepolti. Due barelle portano via dei corpi inerti su cui sono state stese piamente delle co- ~rte. Passano altre tre barelle, che trasportano dei feriti. Poi ancora altre. Delle donne corrono urlando per le strade, in preda a un terrore che non si calma neanche ora che il pericolo è cessato. Un gruppo frenetico di madri, con bambini, pregano i giornalisti di prenderle a bordo della loro auto, di trasportarle in un luogo più sicuro. I bambini piangono e strillano, appena la vettura accenna a proseguire. Il corrispondente del Ntw York Times apostrofa un marmocchio di sette anni: • Che ti pare di tutto questo?• «Va benissimo!, risponde il bambino, levandosi da sedere e sorridendo felice. • Le bombe hanno distrutto la scuola!• OMNIBUS / Abbonamento ,speciale da oggi al 31 dicembre' p. v. L.aa 1111 ~O I, NUK: 10, OOIOONO 1937-IV 11i OMNIBU!. SETTIMANADLIEATTUALITÀ POLITIOEALETTERAl!IA ---- ESCE IL SABATO 1M12-16 PAGINE ABBON AMEIITI Italia a Colonie!anno L. 45, ,em11tre L. 23 Etw.ro1 anno L. 70, aem.enre L, 36 I 0011 RUMII.O O•l 1.lRl lh.:aoaorlnl, dltegnl a (oto~e, ucbe ae non pnbblleatl, non ,t rutituito0no, Dlnztona: Boma - Via del 811.darlo,28 Teltfono N. 561,636 lamlalltrulone: M.llano• Piu1a Carlo Erba, 6 Telefoao N, 24,808 Soe. Uoa. E41trtc. " ODIBDI" · llllue
O ■ IV•~! U S I LAVORATORI DEL MARE 7 i I I IDllill W®~~I21 Jlffi(Jfill~~® [DAL NOSTRO INVIATO] Porto S&nto Stef&no, rturno. I E LEI '.\-11PAGASSE tut10 il carico del pc\Cc, l'uno per l'altro a tre lire il eh.ilo, quando arriva il mio motopeschereccio in porto, glielo cederci più che volentieri. Anche a due e cinquanta, via. Mi rispannit"rebbe il lavoro di portarlo a Roma. E io ci avrei il mio gua• dagno sicuro>. 1J signor Loffredo era il proprietario del motopeschereccio .~fontargentaro, il più reputato peschereccio appunto dcll'Argcntaro, ch'egli a\"eva fatto costruire secondo le sue idee e i suoi gusti, e sovra.tutto Sf'condo la sua esperienza, avendo navigato per venticinque anni a bordo d'un veliero, conoKiuti i mari fino al Levante e alla Spagna. e Lei lo ha visto, il Montargentaro? Si riconosce subito ecrché non somiglia a nessun altro. Quando fu varato due anni t mezzo fa, tutti dissero che 5arcbbc andato subito a fondo. Difatti è un po' toi1:o. Ma c'è la sua ragione>. « e il miglior motopc,i;chereccio di Santo Stefano>, di,i;sc il padrone de l..a Paa, che non aveva anoora parlato. e Quanto ha portato ieri sera?> e Diciotto>. e Diciotto quintali, ha inteso? Tiene il primato di questi posti. Ma ha un capopesca che sa il fatto suo. e uno di Port'Ercolc >. e Tutto l'equipaggio è di Port'Ercole >. « Come? Hai tutta gente di Port'Ercole? > Poi rivolto a me : e Vanno lontano, in posti che nessuno conosce. E non dicono dove vanno. Anche col tempo peggiore tornano a ca.sa con un buon carico. Finora, il miglior carico di tutti». e Già, s'è stabilita una specie di gara>. Il ~ignor Loffredo disse questo 'IOtto,·oce, riflessivamente. Egli parlava del resto ~mprc sottovoce, con quella di,.crezionc che è propria dei marinai, la cautela, quasi il timore di gua~tarc col pen-.ii,:,roqualc~a che sta accadendo, e che dipende da elementi tanto inC'erti: il mare. Il signor Loffrcdo aggiunse: e Io non mi occupo di quello che pese.ano gli altri. lo non de,i;idero altro che di cavarmela, perché ho delle spese : la nafta, sette uomini d'cquipag1çio, e la nave che è co,tata cent~ttantacinquemila lire ... > e Sbor,i;atc una sull'altra», aggiunse il padrone dc La Pt1ce. e Il pc!.t;e costa cosl caro >, dico io. e A Roma >, disse il padrone de La Pau. e A Roma. Sa quanto lo pagano ai ).fcrcati Generali? Di' quanto lo pagano? Una e venticinque, due lire il chilo al massimo>. e Maf{ari foc;.serodue lire! > mormorò il "'ignor Loffredo. e Lei sa quanto pesce hanno butt.lto come rifiuto il giorno anniveoano dell'Impero? Quattrocento qufotali. Avevano telegrafato "a tutti i porti d'hai ia : mandate peKC. Poi ne hanno .seppcJlito qu.attrocl·nto quintali. Il lavoro, può pensare, di quanti pescatori ». « ~fa lo pagano>. e Pagano? Vi comunicano che è invenduto, e non pagano un soldo >. e C'è anche questo>, disse riAeMivamente il signor Loffrcdo. e Ma dico, potrebbero venderlo in tempo a prezzo ba!SO. E cibo, è nutrimento, è grazia di Dio >. e t. lavoro, caro signore, è lavoro>, dice il padrone de La Pt1u. e ~ia lo vada a dire un po' a loro >. La acatola di linea In quel momento pa,i;sava traballando, riempiendo di sé tutto l'abitato, sopravvanzando le ca,i;e più ba.s5e, l'autocarro col rimorchio del Monte Argentaro. Poi un altro, un altro ancora. Questi autocarri si muovono la sera, e i viaggiatori della linea di Pil.a lì vedono sulla 5trada rotabilr. Arrivano alle due di mattina a Roma, ripartono alle nove di mattina, sono nuovamente all'Argentaro '""rso le quattr0. E CQ4.i tutti i giorni. Gli uomini che aiutano a scarican:- -.ono due e dormono a bordo. Tutti i giorni. e E del resto, i pcKatori, non ~no in mare tutti i giorni? > e Tutti i giorni?> < Trecento giorni dell'anno. La notte sul 5abato, e la domenica fino a sera stanno a casa. Ora è venuto di moda che non rimangono a ca-.a altro che quando il mare è proprio cattivo. Quc11,t'anno~no rimasti a casa, quanto?> e l7n giorno 5Utrecento:>, disse il signor Loft redo. Ma quel giorno non 1i p<1teva u~rin• >. « E ormai fanno doppino due volte Ja ,ettimana. Lei sa C'he co~'è un doppino? Quando i marinai !tanno in marl• due giorni e due notti. Ieri l'altro tornarono dopo tre giorni. Quanti quintali, di'?> e Quindici. Soltanto quindici. Ma non erano buone giornate >. « Vorrei imbarcarmi per un doppino >, dissi io. e Va bene>, disse il signor Loffredo. e Quando vuole ». Gli autocarri avevano svoltato la punta tra un nuvolo di polvere. Poi più tardi la motocicletta di qualcuno che portava un carie.o al mercato di qualche città vicina. La notte è di questa vita occulta che reca viveri veMO le città amdiate dai bisogni, verso i luoghi che comperano facilmente, che non sanno ormai più della vita tanto la vita è divenuta complessa, e~orrne, separata. lo ero distante appena cen.. t~inquanta. chilometri da Roma 1 e m1 trovavo m un mondo estremamente lontano. La notte è di quelli che tentano dalle spiagge più remote di raggiungere le città, i mercati; qualcuno p.ute dalla costa dell'Adriatico, dalle Marche, col suo carico di pesca su un rimorchio, guidando la motocicletta dopo aver guidato il suo motore in mare; ha fatto una notr" · pesca e un'altra la farà in vi.,ggio. Per istrada incrocia altra gente, quelli che portano pane e uova, mentre qualcuno, con la sua scatola di zinco, in un vagone di terza classe, porta pochi chili di triglie o di sogliole. La pesca sull'Adriatico è difficile, il mare ha pochi approdi; d'inverno, p<-r accostarsi alla terra, bisogna lavorare reminudi in mare. Per via di questo lavoro ingrato una colonia intera di marchigiani ha abbandonato quelle rive, e risalendo il mare, per tutto lo stivale, superati Messina e il golfo di Salerno, si è !tabilita a Bocca di Magra. Dove la terra è magra, la gente cerca il mare. E la storia della Llguria. Poi, c'è una zona, le Cinque Terre, dove la terra è povera. e la pesca è impossibile: il luogo è chrnso dalle barriere dei colli a picco. La gente si è arrampicata sulla montagna, la gente che non ha evaso attravcn.o la stretta fenditura del masso su cui si rompe il mare; e ha costruito tutta una scala di baluardi di muri a secco per reggere la poca terra; vi ha piantato la vite. Dall'alto di questi baluardi che corona in genere una caq, a cui -.iisale per una scalinata infinita tra muro e muro, si vede il mare coi navicelli che passano al largo. La terra non offre quasi più approdi fino a La Spezia, e poi più giù fino a San '.\-lartin della Pescaia e il golfo di Talamone. ?-.fadove c'è il modo di teneni al riparo, gli uomini hanno armato barche, paranze, motopescherecci e tentan·o tutti i giorni le fortune del mare. Molti sono spinti dalle cattive annate, e da quel flagello che ha distrutto in pochi anni molte vigne : la fillossera. Ne ha distrutte alle Cinque Terre, e i vr:. gnaiuoli sono stati costretti a mettersi in mare, mentre le donne rimaste a casa, e i vecchi, ripiantano la vite gio. vane filo per filo, secondo i pochi ~Idi raggranellati e le economie degli uomini che navigano. Questo equivale a un disastro, a un terremoto, vedere la vigna spogli~i, intisichire, dopo anni di selezione, per cui la vite s'era adattata al luogo, aveva formato una specie famosa per tutte le contrade dei vignaiuoli, e qualcuno nelle sue peregrina:z.ioni l'aveva portata come una essen7.a provata e indurita da una lunga esperienza. Anche qui ali' Argentaro ho trovato Ja stessa condizione. Scalare un colle di roccia, disporlo a terrazze di pietra squadrata, trasportare per la costruzione delle fabbriche la troppa pietra che rimane, portare lassù la terra a sacchi, colmare la fossa, e su questa pian• tare la vite è un lavoro di generazioni. Tra le arti che gli uomini dcli' Argentaro 1anno esercitare è questa della pietra. La pietra è a suo modo una ricchezza. La fantasia può lavorare su queste cose. Ricordo per esempio che una materia prima che manca alla Russia è la pietra. Non ve n'è negli Urali, o nel Caucaso, e perciò le strade sono difficili da costruire, difficili da colmare i binari dei treni, e perciò quasi tutta l~l contrada è fatta di abitazioni di legno. C'è penuria di pietra come da noi c'è mancanza di terra. li problema delle strade in Russia è un problema secolare da cui dipendono molte cose nella pace e nella guerra. Qui invece la pietra è troppa, bisogna far saltare i ma~i con le mine, liberare la poca terra che è buona, arida, bionda e feftile. Intanto la popolazione ai piedi della montagna si moltiplica incrc<li· bilmente, e bisogna dare da mangiare ai ragazzi, La fillossera ha portato la rovina ; e niente è più crudo di questi ba!tioni di pietra costruiti in modo ciclopico, che ricorda architetture di mondi primit.ivi, vuotj e deserti. Sul lavoro dei padri messo su con le mani aride dei cavatori di pietra, con le mani intiriu.ite e dure che non riescono più a stringere un'altra mano, tanto sono abituate a una fatica troppo pesante, su questo monumento della osti• nazione italiana, qualche superstite vi pianta qualche ortaggio: piselli, baccelli, carciofi. Ma il vino prezioso non spunta più. Penso alla storia di questi vigneti, alle fatiche e alle cure per proteggerli dal salino, dal tramontano, dallo scirocco, dalle nebbie che rammolliscono il grappolo quando si promette ricco, dalle piogge che lavano, quando sono tropne, l'acqua ramata che costa e che bisogna ridare. E come ,e la contrada fosse stata colpita dal terremoto. Perché non si dovrebbe aiutare la gente provata a questo modo, spian• tata come da un disastro? Ora questo dramma si s,·olge silenziosamente; non ha nuJla di pittoresco per impre~,i;iona• re gli uomini. Bisogna chiedere a qualche altro elemento le risorse per vivere e per ripiantare la vite, riprendere la lotta che è già tanto acerba quando la vite è viva e sana. La vite 111110scoglio Cono'.'Cogente ostinata, paziente, for. te d'una forza qua.si naturale. Questa dcli' Argentare è tra quelle, è un capitolo fra i tanti dell'epica del lavoro italiano. Con un cosl bel nome, ricco, sonoro e lucente, l'Argentaro. Sul magro promontorio che dove c'è un riparo o un muricciolo o un poco d'acqua matura buono l'arancio, cento miglia a settentrione di Roma, che dove ~i può si pianta un orto, una vigna i stretto ma folto, faticoso e duro ma pulito, sempre iri lotta ma tutti gli anni pieno di nuovi figli, come un mai smc.,i;50at• to di fede nel domani, la vita è piena di gent~ che passa, che viaggia, che va peregrinando in cerca del guadagno della giornata. Se fosse in una qualunque altra nazione, sarebbe spopolato, disperato, brullo e selvai;rgio. Poiché è in Italia, e in Toscana, c in Maremma, d'anno in anno strappa qualcosa alla natura. Di mese in mese si leva una casa nuova, e di anno in anno scende in mare una nuova flottiglia di naviganti. Quelli che non possono aspettano, corrono dove si possa ricavare qualcosa dalla natura e dagli uomini. Alle spalle di questo promontorio di cui i viaggiatori J><»SOnovedere il profilo passando davanti alla laguna di Orbetello, steso in mare come un satellite dell'Elba vicina, della Conica e della. Sardegna lontane, v'è la grande distesa della Maremma. A piedi, all'alba, gente va veno i fiumi dolci, le rive sabbiose dove la furia invernale ha trascinato i tronchi degli alberi, buoni per fare un po' di fuoco, o dove Jr telline sono ficcate nella sabbia. Tornano la sera. I ragazzi si fermano alle case per chiedere un goccio d'acqua da bere, e domandano 11:e volete comperare telline. Hanno già visi d'uomini, pronti a tutto, sono in boccio l'uomo destinato a una delle vite più faticate del mondo. Dalle case piene dì figli vengono a sapere do"·e è passato qualCO\a che sia il loro bene, dove è stato fatto un raccolto la cui spigolatur3 promf'tte di guada~nare la giornata. Un simile impiego dei giorni, la corsa verso tutto quello che è buono e utile, dà un colore a tutto il paesaggio, alla gente che va in frotta sulle biciclette, ai ragazzi e ai vecchi che vanno a piedi, alle ragau.,· S("dute in groppa agli asini, clic-tro alle spalle del padre, e con un dialetto toscano in cui qualche costrutto napoletano, qualche accento ligure, ricordano la grande comunanza del mare. L'intervento delle macchine nella vi• ta moderna ha reso più difficile la vita. dove non c'è .grande produzione e dove la fatica delle braccia era la migliore ricchezza dell'uomo. Fra poco, di notte, sulla strada che costeggia il mare1 quando si sarà sentito il rombo continuo della macchina mietitrice e trcb• biatrice, una macchina in(crnalc che toglie lavoro a cinquanta persone, una frotta di donne andrà verso il luogo di questa macchina e dove è passata profitterà dell'esatta dimenticanza. delle macchine per spigolare il grano. Cinquanta donne tornano a sera ognuna coi suoi venti o trenta chili di grano: hanno guadagnato la giornata. La giornata è la preoccupazione esat· KOTOPE80l!EIIEOOIO .I.I. Ll!IOODI PORTO uno 8Ttl'il0 RITOB.BODI P.l.liNZE !iELL'.1DlllnOO ta di tutti, la misura per dividere il tempo e per c.llcolare la vita. E bisogna dire che lungi dal dare l'idea della povertà, tutto quanto fa questo pugno d'uomini aggrappato alla roccia fa venire in mente una qggia amministrazione, una ristrettezza previdente e di t!J>Ofamiliare. Trionfante, dopo anni cfi lavoro, spigolatura, pesca, navigazione, un individuo ripianta una fila di viti sul più alto terrazzo di pietra. La pietra del terrazzo è esatta, a piombo, liscia come un muro. Ancora uno sforzo. La vite fruttificherà di qui a tre anni. Che importa quando? C'è un amore della vita, dei figli, delle generazioni che devono vivere ancora aggrappate a questo scoglio. Famiglie 1111 mare !\fa la rivincita contro le macchine, quelli dcli' Argentaro se la sono presa in mare. Hanno armato una trentina di motopescherecci, oltre alle paranze. Ver~mcnte sono famosi per la navigazione a vela; questo sarebbe il loro mestiere dopo quello di vignaiuoli e di agricoltori. e Per la pesca >, mi disse Sabati.no Ferdinando, il eupopesca del Montargentaro, e per la pesca bisogna che lascino fare a noi di Port'Ercole. Loro sono navigatori a vela da togliercisi il cappello. Ci si nasce a queste cose. Ma noi di Port'Ercole siamo pescatori dall'età di cinque anni. Ci mirero in barca invece di mandarci a scuola. Sa che c'è? Da quando siamo noi qui !'è stabilita una gara. Che ci s.i può fare? Facciamo la gara >. $abatino Ferdinando è entrato per ultimo sotto il castello di poppa dove sono raccolti, intorno al tavolo, nove pesc;.1tori. Questo è l'unico motopeschereccio che possieda un ta\--olo,e ha otto cuccette col materasso, la coperta, il salvagente, quattro da una parte e quattro dall'altra. Uno dei pescatori sta riempiendo un bicchiere e lo passa volta a volta agli uomini che stanno intorno, seduti sulle panche, o in piedi. e Eccoli : tutti portercolesi. Quando sono in porto si fanno visita. e passano il tempo insieme». 1 portercolesi ridono tra loro, seguitando il filo di un discorso che io non intendo; una trama tessuta giorno per giorno in una vita comune e in cui è difficile entrare. A tratti ridono. Ognuno che beve alza il bicchiere e mi dice: e Salute». Posa il bicchiere vuoto sul tavolo. e E Jei non beve? >. Il capobarca Sabatino Ferdinando non beve : e Di questo io, quando sono a terra, ne vuoto un fiasco per pasto. Ma in mare non ne tocco>. Il più giovane della compagnia pn.·n• dc il fiasco smezzato e ci versa dell'acqua. Dcv'es,i;crc questa un'operazione con.su.eta. Tutti si fanno attenti a un ~le atto, che è di quelli che preparano le partenze, il principio d'un lavoro, di una lotta, d'una marcia in guerra. e Questo più giovane è il cuoco. A bordo il più giovane fa da mangiare. Sono tutti parenti. Sci soltanto di questi sono i miei marinai, gli altri tre non c'entrano. Lavorano a bordo d'un altro peschereccio ». Difatti i tre wcivano, salutavano allegri, con un ultimo frizzo. 2 una di quelle compagnie tanto affiatate da lunghi disconi che basta un'inflessione di voce per farti ridere. Ridono d'un riso naturale, s.ano, nuovo, un'cspres-.ione non consumata da ipocrisie e da convenienze, una cosa che ormai da , anni non mi era dato cli Oliservarc. E tutti i loro atti rispondono a qualcosa di reale, a una grazia nativa. I tre ospiti uscirono, e già col passo di chi va al lavoro. Il !)iù giovane aveva finito di annacquare il vino, e lo posò in una cuccetta vuota, tra altri fiaschi e bottiglie, con una cura simile a quella di chi bada alle faccende di casa, e questo atteggiamento faceva risaltare quanto di virile e di già u,ato alla fatica dura era in lui. e Sono tutti cugini e parenti >, mi disse il capopcsca, $abatino. e Lui solo », e m'indicò il più giovane, e non Jo è; ma lo diverrà: è fidanzato d'una mia nipote >. Questo legame promesso, era come se ammettesse in un'intimità solidale qualcuno che ne fosse fuori indebitamente. Tuni\li altri erano sposati; donne della stes.sa.famiglia e dello ~te-.~ sangue pensavano in quel momento ai sei gio. vani. Uno era un poco più avanti negli anni, e già con un viso più forte e solcato. Ma gli altri come se ancora il rl$Chioe i pericoli li ave~~ro sfiorati al primo vento della gioventù. Si capiva che tutti e sei ubbidivano a un'occhiata di $abatino per il suo prestigio e per un diritto di parentela. $abatino aveva ~ncora la giacca sul braccio, il petto nudo, i pantaloni con la cinghia stretta sotto il ventre, e volgeva a me un viso stranamente infantile, paffuto. Era uno di quei tipi popolari italiani che si riconoscono come d'una famiglia; indurito dalla vita, ma, per via di un certo naso all'insù, aveva qualcosa di ridente e di gio\"anile. come succede di vedere in certe figure etrusche, o mediterranee. Non doveva avere più di quarant'anni. Si ,taccò da noi e cercò in una custodia di legno, fis,ata tra una cuccetta e l'altr.a, una vecchia weglia di quelle che si preme un bottone per interrompere il suono del campanello. L'agitò un poco per vedere se camminava. Lesse l'ora. Erano le undici e mcu.a. P~ la sveglia. E mentre egli tornava a quella parete, mi acconi di un Crocifi~:i~ofissato sulla travata di fondo, un Crocifisso di ottone nella luce rosa della 1.impadina appesa nel mezzo. Il lavoro, il dolore la fatica, il sacrificio. I sei giovani an~ darono, si dispcnero alJe loro faccende. Sabatino con un gesto consueto legò con una funicella, alla gamba del ta• volo, la panca da cui si era levato. Il motore cominciò ad andare. Nel ciclo si vedeva l'albero della nave passare come se indicasse qualche stella che brillava pallida tra la coltre dello scirocco. Brillò il faro alla svolta e d'un tratto fummo nel mare aperto; col ru• more del motore che si attutiva ncll'immemità e faceva pensare a quando M sente palpitare da lontano, in una ca'-1. sicura, il viaggio dei navi~nti. CORRADO ALVARO N.d.R._ Con q1u1io orticolo, si iniri11 lo un~ d~1 Viaggi in Italia di Omnih-1 >.
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