EL pomeriggio del 30 ottobre 1918 a Trieste, già ribollente, si scatenò una lieta furia di popolo. La bandiera tricolore era stata issata t-ulla torre del Municipio. La notizia correva di bocca in bocca 1 e la gente si precipitava in Piazza Grande per vedere. :\.la1 oramai, non occorreva giungere ,;;jnlà: altre bandiere erano state esposte in un baleno, Sporgendosi dalle finestre i cittadini potevano vedere, qua e là, i tre colori mossi dalla brezza autunnale. Allora fu un delirio; in pochi momenti tutta la città venne imbandierata, come una nave che issa il gran pavese. Chi fu quei giorni a Trieste godette uno spettacolo indii;nenticabile : bianco) rosso e verde da per tutto. Drappi. bandiere e vessilli gridavano, da ogni parte, la gioia sfrenata della cittadinanza. Le ca,;e rimasero deserte ; una immen"a marea fluiva e rifluiva per le vie e per le piazze, al canto degli inni patriottici, con un'allegrezza fanciulle- ,ca. Trieste pareva un grandioso teatro in una notte di veglione ; tutte le bocche ridevano, tutti gli occhi brillavano, e la gente, con tutti quei fazioletti, quei nastrini e quelle coccarde, pareva in maschera. Era una frene~ia; e il tumulto degli animi (commossa e felice, la gente non sapeva se ridere o piangere) si riverberava in quell'entu- ,1astica gazzarra. Dal Palazzo della Luogotenenza, il barone Frie,;-Skene poiché tutto queo;to succedeva mentrr il governatore e le altre autorità <·ivili e militari erano al loro po'ito - dovette guardare sbalordito tutte quel• le bandiere Italiane appar..e da un momento all'altro alle finestre e ai balconi della città ancora appartenente all'Au.,tria. In segreto, le famiglie avevano prc-parato oi,tnuna la loro bandier.1 e;ià da ~iorni, o da me.,,, o da anni ; 1.· chi non l'aveva pronta la cucì in pochi istanti, 'itrappando vesti, tende, lenzuola. pur di mettere insieme un pc' di hianco, di rosso e di \'erde. Intanto i giovani (ma in quei momenti tutti 'li sentivano giovani) ,.; pre- <-ipita\•ano ad abbattere le aquile bici• pni. a ,fregiare gli 'itemmi.· a ,pe-zzare le ,tatue che ricorda\'ano la domina1ione au,;triaca. Le guardie, perplesse, ~1 a~;eneYano da ogni tentativo di ri111cttcreordine. Oramai gli ewnti precipita\'ano: ~oldati e ufficiali 'ii me- ,;;colavano alla folla ~nza più pensiero dti superiori. In quella foga di,;truttrice, la città fu ripulita in poche ore di lutti i ricordi poco cari al cuore dei trlC'itini. ( pochi monumenti, non potendo <"'-- \ere rimo'i,;i, furono imudiciati e 'ifrel{iat1. Romanzo d'amore ~fa la furia del popolo non si abbattè 11~ualmente dovunque. Finito il delirio delle cinque giornate, ~1 J')()tè\'edere che nes.-;unatto vandali- .- ; era \tato comme,;;so contro uno dei più notevoli monumenti absbur~ici. In Piazza Giuseppina, di fronte al mare, a fianco del palazzo Revoltella, ,or~cva. au\tero, un monumento contro il quale ne,~uno "i accanì; e non ,;;j può dire cht- il po,to, corso da due linee tranviarie, at11guo alla Pe,;;cheria e vi- ,·ino alla Stazione Transalpina, fo,;~e poco frequenta 10.La ~ente vede-va quel monumento, ci pa~~a\·a ,;;otto, lo ..,fiora- ...a., ma senza ,;:cntir ribollire l'odio. Era un monumento piuttoc;to alto: ,ulla ba~ di bronzo, elevata a ,;;ua volta su di un più lar.~o blocco granitico, ,i ergeva, anch'e,;:,;:adi bronro, la statua, Era la fi~ura, ~nella e ~vera, di un uomo giovane con la destra ferma in un ,Zl:'itOpacato e maesto~o. Vc'itiva la ~rande uniforme della marina au- •trun~arica i e la mano sini,;;trl. posata davanti al petto, lasciava libera la ,pada che 'ii intravvedeva, un po' bas- ,a, accanto alla falda della cappottina. Dal di ~tto, chi pa,.~ava distingueva ahbutanza bene il volto dell'ufficiale; dove i s;e~ni di una per<-1~tentegio\-'Cntù ,i conciliavano in modo singolare con la li?;ravitàdella barba, divi~ nel mezzo ""condo una moda dei tempi andati. Erano la figura e 11 volto dcll'Arcidurn Ma,.~imiliano, fratello dell'lmpcratort- francr,co Giu¼'ppe. Contro quella figura e contro quel volto nPssun trie'itino ,.j accanì. Perché? ~on basta dire che Ma~,imiliano, il ~1ovane fucilato di Queretaro, pareva protetto dall'ala nera della propria ,ventura. Certo la sua sorte trae;ica era pre~entr anche nel ~onumcnto. Ai quattro angoli, 'iOpra il ha,;:amento di pietra, s1 vedevano quattro figure femminili ala• te; non ricordo l'espres,;;ione di tutt'e quattro, ma mi pare che una guardas• '" a terra in (egno di cordoglio. Quell'aria rcligio,;:a e funebre era accreKiu• 1a dai quattro fanali che si er~evano piU in qua, fuori della ringhiera alta. ,,ura e spe-:-~a,uno per angolo come per illuminare un catafalco. Erano fanali a ga,;:, il cui stelo nero pog~iava con zamp(' di leone <opra una colonna hianca. Aria religio"a e funebrc ~unc1ue, che ai triestini ricordava, con l'1nfrlicc Carlotta ancor viva allora. ma da rn<.·77.0 secolo muta e folle, tutto un romanzo d'amore, di temerità e di sventura. Ma le ragioni del rispetto per Massimiliano andavano più in là i erano complesse e radicate. E si cfeve certo ad esse se ne~uno sentì l'impulso di alzare la mano contro il monumento all'Imperatore del Messico. Chi era Massimiliano? Uno straniero? Un nemico come gli altri Absburgo? Né uno straniero né un nemico: nel ricordo del oopolo quel principe nordico, che aveva edificato il suo castello, la sua casa, sul mare di Trieste per poi scomparire al di là dell'Oceano e venir fucilato sul Cerro de Las Campanas, non come un imperatore, ma come uno qualunque; quel giovane principe non era più né un au- "lriaco né un Absburgo come ~li altri : era un amico di Trieste, romantico e sventurato. Il castello sul mare A Trieste pochi ricordano ancora una vecchia canzone che corse sulle bocche dei nonni. Erano versi curiosi, fatti sul modello di tante canzoncine fiorite in quei tempi, e con essi il popolo consi• ~liava ~laS-similiano a non tentare la pericolo~ avventura. Marnmiliano, non ti fidatt! Resia al castello di Miramare. Quel trono facile di Montrtuma è un nappa gallico colmo di spume Del Timeo Oanaos, deh, li rico, ~.: sorto la porpora trovi lo corda. Dunque :\.ilassimiliano, ancor vivo, era circondato dalla ,impatia popolare ; la quale ~i propa~a in un baleno, e nessuno sa bene da cosa nasca. Si sa invece ch'e~\3 o na,;;ce ,ubito, al primo --~uardo che un principe ~ctta sulla molutudine. o non nasce più. Che cosa fece \[a<similiano per piacere agli italiani? Poco o nulla. Tutta- \'ia e~li piacque come pochi altri principi dei .-;uoi tempi. Basti pensare alle lar~hi~~ime <impatie ch'el{ii su'icitò nel Lombardo.\'eneto, proprio alla \'i~lia dei ~randi avvenimenti del •~g. Questo \ ·iccrè di \"Cnticinque anni, bello e aitante, .,ereno e cordiale, dovette ,;:opratutto piacere. Più che il ~ggio, la moltitudine ama il forte, pili che il buono il bello. Se il forte è anche sae;- g10. e ,e il bello è anch-!>buono, siamo in piena le~e;cnda. Ma ciò accade di rMO. :\fa,..,i,l"'lilianoeru t.dlo e cortese; forse anche buono. Troppo giovane, e for,;:e an..:he troppo romantico, per se11;uircuna determinata politica, si comportò come ~li dettava il proprio animo ; f" ottenne un succes'iO quale non ~lielo avrchbcro procurato le arti politiche più raffinate. Ae;li occhi degli italiani dovette giovar~li in modo enorme. prima a :\.-1ilano e poi a Trie~te - dove si ritirò nell'aprile del '59, fuggia«o dalla \'illa reale di ~1onza, - la voce, diffusissima e insi,;;tente, della ~elosia di France- ,co Giu,,eppe. che in questo fratello arfa,;:cinante e popolaris,;;imo avrebbe vi- ,;:to addirittura un pericolo per il proprio trono. Dunque tra :vfa,.similiano e l'Imperatore - pensava la gente - non correva buon sangue ; egli non era completamente uno dei loro; più che mll'altra sponda, accanto ai dominatori, egli stava al di qua, quasi vicino agli_oppressi. t inutile _dire che que5te voci, ~ebbene vi fosse in e,;;sequalche fondo di \-'Crità (come og~i ci narra anche Italo Zingarelli in « Vecchia Au• stria>). erano in gran parte fantasie gradite al cuore del popolo. Ma nulla giova ai principi quanto le fantasie nate dal cuore del popolo. In realt;\ ~1a,;:similiano1 più che aspirare chiaramente- al trono del Lombardo-Veneto o a quello di Santo Stefano, dovette ~en1ir\i lmingato nella ~ua ambizione che fu ,enza dubbio as,ai forte. a ~a~ J>('re che tanto in Lombardia quanto in Ungheria c'era chi lo auspicava sonano. L'idea di una po~ibilità ~imile semmai, non nacque da lui, ma e;li f ,; 1u~gerita proprio dalle voci che intorno a lui correvano. Certamente, però, r~li vedeva le cose da Absburgo; e avrebbe accettato ~!tanto un trono offrrto~li c-ol comenso del fratello. A Tric,te, durant" il suo secondo sog- ~iorno ci aveva abitato una prima volta, qua,;;i ragazzo, prima di andare Vieerè a :\filano), Ma,similiano 'ii guadagnò le ,;;tf'(\(' ,impatic eh-!' in Lombardia. Simpatie non soltanto di popolo, ma persino di intellettuali. Se in Lombardia simpatinò per lui Cesare Cantù, a Trii:-,;;tegli fu amico devoto Pietro Kandler, il più grande erudito e;iuliano dell'Ottocento e uomo di non po• co a~cf'ndcnte su tutti gli intellettuali trie,;:tini e istriani dell'epoca. Il Kandlrr andava a trovare :vfa,;:sj. miliano a :\1iramare, dove allora stavano <orgc-ndo il ca(tello e il parco, e, ver,;:atile com'era, dava al principe con- .,igli d'ogni genere; si dice che :Mas,imiliano lo consultasse penino in co,;e di li?;iardinage;io.L'arciduca abitava allora una piccola co,truzione, il Castelletto, che- abbandonò non appena nel ca,tello furono pronti ~li appartamenti del primo piano. :\.[iramare' Ecco un'altra ra~'ione di ,impatia per l'Arciduca. I tric,;tini si ,entiYano Ju,in~ati ch'e~li cmtruis(.f il suo ca,trllo ,ull'Adriatico, a un pa,i,,o da Tri<',ti·; e "f'~uivano i lavori con impazienl'a, dt,1dero~i di vedere come- il RA.CCONTO JU.SSlllILIANOD'AOBTRU.E. CARLOTTADEL BELGIOALL'EPOCADEL LOROMATRll40NlO bianco della pietra d' Istria avrebbe "laccato ,;ull'azzurro del mare. C' n castello sul mare era stato il sogno di Massimiliano. Un ca~tcllo bianco i;ul mare blu: sogno da adolescente. Ma cos'era ~lassimiliano quando fu nominato contrammiraglio dell'armata navale amtriaca. e cominciò a pensare .,criamente a un castello tutto suo? Aveva ventidue anni. Prima di decidersi per \iiramarc eg-li va~ò di Qua e di là ; e sembra che la sua ,;celta stesse per cadere in Istria, vicino a Pirano, ai piedi di una collina che euarda 1 al contrario di :\liramare, in su, verso il golfo. Il ,ito è magnifico; e lì ebbe la sua villa. nel Settecento, Giuseppe Tartini. Ma il caso volle che Massimiliano, una \era ch'era uscito a bordeggiare con un bragozzo al largo di Trieste, fo,;:~esorprc~o da un 'ortun?le Rip~rò nell'insenatura di Grignano, e passò la notte in una ca.setta colonica. Il mattino ,eguente, appena desto, corse all'aperto; la giornata era stupenda, limpidi'isima dopo il fortunale, e Massimiliano rimase entu,.iasta del posto e della vista che si godeva dalla punta, prote~a verso il mare sconfinato. L'anno seguen1e era la primavera del '56 e \lassimiliano toccava appena i ventiquattro anni, su quella punta si iniziavano i lavori per la costruzione del castello. La nuova sigla È ,tato detto che Masc;imiliano aveva temperamento d'artista; ma le testimonianze ch'egli lasciò del suo gusto sono a,;:,;;.adiubbie. Chi ha visitato il castello, com'era sino a pochi anni fa, è difficile abbia riportato un'impressione '{radcvole. Il bellp non è dentro, è tutto fuori; nel panorama, nell'aria, nella luce. Nella scelta del posto, in questo sì, ~[a,;;1imiliano è stato artista. Certo la sua non era tempra da uomo d'azione. Appena agì, si perse. Tutto, in lui, sembra il prolungamento di un so~no infantile. Anche l'avventura me~,icana cominciò come un sogno. t.:n ~-iomo del 1861 ~i presentò a Miramare Gutierrez de Estrada ocr chiedere formalmente a :\,[as~imiliano se era disposto ad accettare la corona del Messico. Mas~imiliano chiede subito il consenso di Francesco Giuseppe. E intanto che cosa fa? Pensa alla bandiera 1 allo stemma, alle onorificenze. Fa incidere da ogni lato, nell'interno del ca- ~tello, la sua nuova o;;igla,una :\.,{incro~ ciata con una I : :\.rfassimiliano Imperatore. Ordina al Dcli' Acqua quadri commemorativi, fa pel"':inoscoprire una lapide. E le cerimonie si sus..eguono. Abbiamo discorsi, giuramenti, nomine di ca\"alicri di gran croce, colpi di cannone a ,;:alve; e la bandiera imperiale messicana viene issata sulla torre del castello. Tutto, questo per un impero che, si può dire, non e,isteva, Sembra uno ~cherzo, un gioco. Difatti era un gioco, belfo come una bella fantasia, e in e,so Mas,;:imiliano si trovava a suo agìo. .\pp('>1a quando il gioco finì, e inc-ominciò la dura realtà, Massimiliano do. vette accor~ersi di aver sognato. Allora si perse ; ma seppe morire da uomo d'onore. , A Trieste, dopo la sua scomparsa la sua figura da un lato ingigantì, diven• ne leggendaria; dall'altro la sua sorte tragica lo avvicinò ancor più al cuore del popolo. il quale, si sa, ama chi ha ~offerto. A conciliare definitivamente queste ~impatie alla sua memoria, ~iunse poi la voce che Francesco Giuseppe lo aveva spinto all'avventura per sbarauarsi di lui. Poi venne l'ode famosa di Carducci; e allora Massimiliano, salutato anche dalla poesia italiana, divenne a poco a poco una figura familiare, adriatica. Ecco forse perché, nel tumulto delle cinque giornate precedenti lo sbarco delle truppe italiane, nessun trie(tino alzò la mano contro quel monumento. E quando, poco dopo, e,;:,;;voenne ,;;mosso e fatto sparire, molti ,i chie"10 ce non ,;:arebbe stato meglio lasciarlo al suo posto. Francesco Giuseppe ricordava molte cose aborrite, ma Massimiliano no. 11 e biondo imperatore-. cantato da Carducci ricordava ai triestini (Oltanto quel « nido d'amore costruito invano• e un sogno finito tra- ~icamente. P. A. QUARANTOTTI GAMBINI ClllAMATEMI Giancarlo. Sono in questa corsia di ospedale con una malattia progressiva che non mi lascia speranza ; ma fino .l poco tempo fa sono stato l'amministratore modello di una ~rande ditta. Questa malattia infame ha interrotto le ore più giulive dcli,, mia vita. M'erc innamorato; avevo trovato una donna buona per me, t:rt'J riuscito ad esser contento di ciò che temei per tutta la vita e realizzare tante cose che m'erano sempre parse imprn:•- sibili, proprio come se il mio destino fosse improvvisamente impazzito. Dunque chiamatemi Giancarlo, che così mi chiamarono i miei genitori. Mio padre era un piccolo falegname, lavo~ rava e diceva quattro parole al giorno con sua moglie, ch'era una donnina stupida e spelacchiata, magra e sensibile. Vivevano in quella stessa piccola stanza nella quale io ho vissuto fino a che non mi hanno portato qui. Il giorno che venni al mondo i miei erano riusciti a impiantare la luce elettrica nella loro stanza e, certo, la lampadina vi brillò per la prima volta mentre io nascevo, giacché nacqui di sera. Deve essere stata la levatrice a dire : « luce >, e luce fu per la prima volta su qucll' allegre miserie della nostra "tanza. A mia madre 1 come al piccolo falegname, dev'esser parso addirittur,, un miracolo. In casa mi adorarono e quando fui pili grande ed andavo a scuola si rovinarono per i miei calzoncini di velluto, tanto che dovettero far tagliare i fili della luce. Allora per me cominciò la vita dura ; essi morirono l'uno dietro l'altra quasi ~nza accorgersene. Spenta la lampada protettrice della mia vita, morti i miei vecchi, già ragazzo entrai al lavoro nell'azienda in cui son stato amministratore fino a che non son finito qui. Per venticinque anni lavorai senza mai guardarmi attorno; alla fine ebbi un piccolo aumento di stipendio e decisi di rifar correre la corrente elettrica nei vecchi fili. Que- . sto è avvenuto nell'autunno e, dallo stesso giorno che la lampadina brillò, cominciò una vita nuova e felice, quella di cui ho già parlato in principio. Fino allora sarò uscito di casa, durante la notte, -;ì e no venti volte; me ne andavo a letto presto tutte le sere, e anche quella notte d'autunno già ero coricato, quando il vento di tramontana venne a spalancare d'un botto la mia finestra : volarono alcune carte come fantasmi ed entrarono alcune foglie di castagno che il vento porta dai monti, e con qucllt-, l'odor di bosco. Mi vestii di nuovo ed uscii, Entrai in un caffè : era deserto e mentre stavo per chiamar gente venne l'amico mio col suo largo mantello; il vento l'accompagnò sull'uscio così che mi parve un enorme pipistrello piombato a volo sulla soglia del bar. « Com'è, non c'è nessuno? > disse rivolto a me. Mentre l'osservavo chiamò e venne b ragazza a servirci. Ordinò una grappa i io l'imitai senza neanche accorgermene. Era un po' brillo e nel fare l'occhio di triglia alla ragazza perse l'equilibrio e si appoggiò pesantemente a me che gli ero vicino; mi guardò fisso e disse: «Amico! Amico, Amico! Un'altra grappa a tutti e due>, e da quel momento diventammo amici. Quella sera stessa presi la prima ,bornia. L'amico, camminando con mc per la ~trada ripeteva: e Anche a lei piace la grappa? -.. Ed io che avevo le fiamme per il corpo dissi che mi piaceva molto. Quando uscimmo dalla quinta bottega egli cantava : « Beviam, beviam nei L' I.KPEU'fBICE CAB.LOTTA SUL LETTO DI MORTE,81'.SSANT'ANNDI OPOLA FUCILAZIONE DI QOE&ETARO lieti calici -. e io l'accompagnavo dolcemente. In seguito uscii quasi tutte le sere di casa; ci trovavamo sempre e diventammo così amici ch'io finii col confessargli che mi piacevano le donne. e Porcospino, ti piacciono le donne e non mi dici nulla ! Hai un modo di fare che somiglia a quello del prete 5fatto. Ti porterò da Malvasia: oh! l'amica mia Malvasia! -.. Malvasia stava al terzo piano; era tutta vestita d'un arancione che faceva bene e male agli occhi, ora non lo saprei ridire. L'amico mio non me l'aveva ancora presentata che già era sparito ed io rimasi solo con lei. Arrivava finalmente l'amore! Aveva le gote rotonde, Malvasia; una voce finissima ed i denti piccini come quelli di un topo. Mi disse: e Amico del mio amico, mettiti a cuccia vicino a me -. ; e quando fummo vicini, con la punta dei piedi diede un colpo all'imposta della finestra e la stanza divenne molto scura. Allora ~1alvasia mi baciò vicino ad un occhio. Non sapevo che l'amore fo:i.secosì improv\liso; nemmeno che fosse cosi profondo e sconvolg~- se tanto l'animo dc-ll'uomo. A Malvasia dissi tutto, in seguito; le raccontai che avevo da parte settemilaèinquecento lire, e tante altre cose. E,- "a in cambio mi dava dei consigli buonissimi, m'insegnava che io ero troppo ingenuo, che. per esempio, non conoscevo il mondo io, credevo che tutti fossero buoni ed invece il mondo è pieno di farabutti; mi fece notare come mi fidassi incoscentemente di tutti e, pf'rfino, tenessi settemilacinquecento lire ~tto il capezzale :i.enza nemmeno pensarci. « Li dcvi portare addosso, non ~ai l'hc il mondo è pieno di ladri? -.. lo ero proprio ingenuo. e lei aveva ragione, però ,;:e Ji avessi tenuti a ca..a li avrei ancora; ma essa non ci ha colpa, poverina i Lo faceva per l'amore e quello che interessa è l'amore, l'amore e nulla più. Dito la verità. avevo seguito tutti 1 consigli di Malvasia, ma non riuscivo proprio a credere che il mondo fosse davvero pieno di gente dh,onesta. Non lo credevo, ma ora lo so bene, Malvasia aveva proprio ragione. Non potete immaginare come io creda che nella lampada elettrica vi sia il mio genio tutelare; figuratevi che il giorno che mi successe la dis~razia che ora vi dico1 non mi era riuscito far lume entrando. Sul momento non ci pens.'l.i troppo cd anaai come al solito da Malvasia che in'aspettava; nell'a1rio di casa sua fui aggredito da un tipo che non mi riu,;:cì bene di vedere in viso: mi chiese il portafoglio, io avevo una paura da non star ritto ed egli mi diede un calcio da sbalordire, poi mi fece addormentare con un picchio sulla testa. Quando mi riebbi un po', ero d.1 Malvasia ; stava lì davanti a me a piangc-re così fortemente che lì per lì mi parve che fos~ presa da un auacco di riso; ma in realtà era tanto add~~- lorata, la povera ~1alvasia. e Hai vi5to se non è vero che il mondo è pieno di farabutti? Anche nell'atrio di casa mia ,i nascondono per far del male a quelli buoni come te-.. « O Malvasia, m'ha portato via tutti i soldi! >, gemei io che intanto mi rinvenivo. « O Giancarlo mio, che strazio; e pensare che 50n stata io che te li ho fatti portare indosso! ». Così dicendo smaniava tanto da far ~offrire al solo vederla. • « Malvasia, amore mio. non dcvi di- .,rcrarti : cccomi qui sano e salvo. In fondo quello che conta è la vita. Va bene che mi mancano i soldi che avevo, ma diminuirò le spc"e e saremo felici lo stesse >. Malva.sia quel giorno aveva un ve- ,;;tito a fiori lilla cd era davvero l'amor mio. A queste mie parole non rispose e teneva il viso nascosto nelle mani ; allora continuai : « Del resto, chi sa che la polizia non trovi il rapmatore? >. :\.-1a essa giustamente si spaventò; anch'io temo molto la poli~ zia. Si ~paventò e disse : e La polizia ! Dio mio, la polizia ; e qui in casa mia lo ,;:candalo: la mia reputazione! >. Allora io le spiegai che per amor suo non mi sarei rivolto alla polizia nem• meno (e con quel mezzo fossi stato ,_jcuro di ricuperare il mio e liquido-.. Quando mcii da lei, per cominciare a diminuire le spe~e nella mia economia dome;;tica, cor,ì a di$.dire il contratto dell'energia con la Società Elettrica; mi fu rc<.:asubito la cauzione di trenta lire ed io, stolto me ne (f'ntii felice. ' Fu certo l'affronto al genio tutelare della mia vita che, casti~andomi. mi ff'ce piombare addO'ìliO, quasi la stesq~ sera, questa malattia. progressiva rhc non mi farà più alzare di letto. ~lalvasia non è ancora venuta a trovarmi: torse il ~uo cuore non reggerebbe nel \"Cdermi infermo, e per ciò .t<ipctta, sperando; io la penso sempre ~ vivo con pazienza. GUGLIELMO PETRONl
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