Omnibus - anno I - n. 9 - 29 maggio 1937

RIOORDI DELLA CONTESSA MARGHERITA BETHLEN G:-iJ ~IESTI ERE ha i suoi lati buoni e cattivi. Ho fatto per dieci anni un mestiere abbastanza difficile: ero la moglie d'un uomo di governo. La co- -.a non è co,ì facile come ,.j crede. Ne viene un'immensa noia. Dalla mattina alt~ .:.era ~i fa esclusivamente quello di c~1 non .,, ha voglia. ).la però il memerr- ha del buono. ~i ha dato modo di fo1e I~ cono~cenza di personaggi intcre~sant1, a1 quali il mondo intero ~i interessa. MUSSQLINI Incomincerò col più interessante Ji tutti. E chi potrebbe essere se non ~(ussolini? Lo conobbi nove o dicci anni ra. durnntt" un viaggio ufficiale che facemmo a Roma. La mia curiosità t>ra eccitata al massimo grado. Quando ~!ussolini venne all'albergo per far vi- \Ìt~\ a mio marito, mi tenni pronta ncll.1. camera vicina, - perché tacerlo? - per sapere tutto non appena ~ ne fosse andato: come s'era svolto l'incontro, com'era, cosa aveva detto ... In occasione di queste visite ufficiali, l'uso vuole che le donne non compaiano. Quale non fu la mia sorpresa quando la ~rta s'aperse d'improvviso e mio manto venne ad annunciarmi che Mus- ~lini desiderava Jare la mia cono- ,cenza. Una rapida occhiata allo specchio, e già ero davanti a lui. Il suo aspetto e,;teriore è, credo, co• nosciuto da tutti. :\la si conosce forse il M"greto di quello sguardo che penetra fino alle midolla, che è così caratteristico? Sono fiera d'essere stata la prima a sciogliere l'enigma: sopra la sua pupilla, una piccola striscia del bianco dell'occhio è visibile. E non so• lo quando abbassa gli occhi, ma sempre. Ho SC"opertola stessa particolarità m sua figlia, la contessa Ciano, durante il suo soggiorno a Budapest l'autunno ,;corso. ~cl no,;tro primo incontro, ciò che potei notare in Mussolini fu la sua estrema cortesia, e i suoi modi affabili. Quella sera eravamo invitati da lui. Entrammo all'ora esaita. Dopo i saluti, egli girò lo ~guardo intorno, domandò se c'erano tutti. t:n mini.stra, tra gli altri, era in ritardo. Il nostro ospit~ mi prese il braccio e, conducendomi nella sala da pranzo, attraverso tre altre ~aie, così speditamente che eravamo da tempo a tavola quando gli altri invitati sopraggiunsero, mi disse : e L'inesattezza è una mancanza d'educazione •· Approvai con un cenno del capo. Sono dello stesso parere. A Budapest sfortunatamente non è condiviso da molti. N'ella conversazione, durante il pranzo, il Duce mi domandò se avevo visitato Roma. :":on ero proprio disposta a r ..arlarecon lui delle bellezze della città. Come! Ora che mi trovavo a fianco del più celebre uomo d' Europa, avrei dovuto sciupare il mio tempo per dimostrargli d'aver sgobbato sul Baedeker' Ri~posi che Pitalia d'oggi mi interessava più dell'antica, per quanto anche questa non mi fosse indiff<'rente. Ciò che suscitava il mio profondo intc• resse, aggiunsi, era la metaforfosi delle anime. Le statue, i musei erano l'Italia del passato; gli uomini, l'Italia nuova. Fin qui, la conver~z.ione l'aveva visibilmente annoiato, ma in questo momento s'animò di colpo. (Fu allora che osservai nei suoi occhi, per la prim., volta, la piccola striscia bianca). La di. stinzione che facevo gli sembrava molto giusta, mi disse, e ciò che interessava più di tutto anche lui era la vita, la vita sotto tutti i suoi aspetti. Da quando è al mondo, ha visto due sole volte una galleria di ~uadri. e Per la musica, è un'altra cosa. > e~clamò poi. I suoi compositori favoriti erano i tre grandi B: Bach, Beethoven, Brahms. Quanto a ~fozart, non gfì piace. Lo tro\"a noioso e carico di fioriture. W .1- ~ncr, finalmente! t un Niagara mu- ~1cale che ~i rovescia nelJ'anima. ~(i dice che la sera, allorché è stanco del molto lavoro, il suo grande riposo, quando è solo, o con qualche intimo, è di suonare il violino. L'animale preferito di Mussolini è il gatto. Credo che ,;ia perché i gatti sono esseri indipendenti. Ama meno i cani che, secondo lui, sono troppo pronti a (Ottomcttersi, senza che ci ,;ja bisogno di conquistare soltanto il loro affetto In generale, ama molto le bestie. Lo interessano. Ho l'impressione cl-reMussolini •ia religioso, che creda in Dio. ~i dice che uno dei tratti caratteristici del nostro tempo è che la fede ha una debole influenza sulla nostra condotta. Una volta gli uomini compivano molte cose e si astenevano da molte altre a cau~a di Dio. ~on è più così oggi, cd è md~ le, pnché la religione è uno dei grandi fondamenti delJo ~pirito. C"n altro tema della nostra conversazione fu che ogni popolo crea i suoi dei a propria immagine. Gli dei che si diedero i Greci erano vani, loquaci, puerilmente crudeli e di scarc;o coraggio. Quelli dei Germani, invece, erano \",lloro<-i.tutti d'un pezzo, e non ter~iversavano. Eppure, benché i Romam fo,;- c;cro tanto diversi daì Greci adoravano gli stt::isi dei. ' « La contraddizione è solo apparente -., ri,;po:ii, « perché i Romani, popolo sprov':'isto di senso religioso, presero semplicemente ai loro vicini ellenici le loro divinità, che in qualche modo adottarono. C'è da stupirsi se un ragazzo non somiglia ai suoi genitori adottivi? » ~1:ussolini osservò che i Romani era- ~o gli Inglesi dell'antichità: gente pratica, che sapeva governare e colonizz:ire i . il resto, la religione e le arti, I ~c_q':11stavanoa prezzo d'oro. Per ogni d1vm1tà avevano un altare. Non ne ri- -.ervarono uno al dio ignoto? « Sicher ist siche,>, fece ridendo. Le sue osservazioni sono sempre ori. ginali. A propo~ito degli ebrei, ad esempio, disse che ancor oggi sono rima_;ti nomadi. E ciò perché la loro fortuna con~iste ancora, per la maggior parte, in beni mobili. E,;si sono la sabbia, e noi la roccia sulla quale la sabbia si spande, e ora la ricopre, ora la lascia allo scoperto. Da qualche tempo essi si volgono verso l'America. perché pre• ..enti.scono che là è l'avvenire. L .anno ragione. Anche Muuolini giudica con. pessimismo l'avvenire dell'Europa. Non posso nascondere la mia sorpre• ~a. Perché, insomma, non \i può dir~ che l'Italia gli abbia dato motivo di essere pessimista. Al contrario! In Italia, tutto annunzia una rinascita. ~ussolini convenne che era effettivamcntc:- così, e non solo in Italia, ma fors'anche da noi, in Ungheria; ma aggi un• se c~'era un fenomeno sporadico, una • eccezione. Basta guardare gli altri paesi! Alla mia meraviglia che un uomo come lui, la volontà incarnata, potesse essere pessimista, rispose che nel su\) ca,;o non era un segno di debolezza. Egli non e;uarda il mondo dietro lenti color di rosa, e ciò che disapprova non lo tollera. Il suo pessimismo è un pes- ,;imismo virile. Muswlini aveva allora quarantaquattro anni. Da cinque anni aveva preso in mano gli affari pubblici del suo paese. li suo viso, mentre parla, è intcre(santissimo da 011.servare: ne emana una forza di convinzione che s'impadronisce irresistibilmente di voi. I suoi collaboratori non lo considerano come i ministri solitamente considerano un presidente del Consiglio, ma con un abbandono pieno di felicità, da uomini i quali sentono che il bene supremo è nel potersi mettere ,1Iservizio di que- ,to essere superiore. VITTORIO EMANUELE III li re d'Italia riconosce le straordinarie capacità di Mussolini, ed è visibile il sentimento ch'egli prova per il suo primo ministro : sentimento non solo di stima, ma d'affetto. Vittorio Emanuele è un uomo molto parco di parole, intelligente ed estremamente preparato e colto. Durante il breve colloquio che ebbi con lui a tavola, - ero seduta al suo fianco, - ebbi modo d'apprezzarne la profonda saggezza e la nobiltà del carattere. Come mi diceva che non abitavo. dentro a Roma, nella reggia, ma fuori della città, gli domandai se con ciò non rendeva più faticoso il suo bvoro. Egli mi guardò negli occhi, sorridendo : « Sono per,;uaso, signora -., mi rispose, « che la vostra casa vi dà molto da fare. Anch'io ne ho molto ... ma c'è qualcuno vicino a mc che lavora senza_ mai ,;tancar-;;;i,e alla perfezione, e gliene sono oltremodo grato>. E lo sguardo che volse al Duce, seduto di frontc a lui, non mi lasciò alcun_ dubbio; ciò che aveva detto, era uscito dal cuore. In quest'istante, sentii d'amarlo, per la sua grandezza d'animo, schiva d'ogni vanità e d'ogni egoismo. XINDENBURG La collaborazione di Brilning e di Hindenburg non era senza analogia con quella del Duce col suo re. Hindenburg era molto innanzi con gli anni qu~n~o lo c?nobbi. E noto che egli era gu m pensione quando scoppiò la guerra mondiale. All'epoca di cui parlo, aveva superato gli ottant'anni, ma faceva ancora l'impressione d'esser tagliato in un tronco d'albero. Brilning era tutto l'opposto. Svelto, morbido, come una lama di Toledo del più fine acciaio chiusa in una guai• na di velluto. Se non avessi saputo chi fosse, l'avrei preso per un ecclesiastico, tanto non ~i ,;entiva in lui la minima ambizione, la minima aspirazione individuale. Pareva che tutto ciò che faceva o diceva gli fosse i,;pirato da un essere superiore. E molto tempo che non ho più sentito parlare di lui. Non mi ~tupirei se mi dicessero che s'è ritirato in un convento. VON SEEXT Ho conosciuto molto bene il generale von Seekt, morto recentemente. Durante i due ultimi anni della guerra mondiale, fu capo di Stato Maggiore RAIIBA Y lUCDONALDE IL 800 OANE dell'esercito di Transilvania, a lato dell'arciduca Giuseppe, comandante in capo. Mio marito era aggregato anche lui allo Stato Maggiore, cd ebbi per ciò modo d'incontrare Scekt più volte. Era un uomo d'alta statura, magro e secco, solitamente taciturno. I suoi colleghi lo chiamavano: der einsame General (il generale solitario). Non si legava con nessuno, il suo unico svago era, talvolta, una passeggiata, solo. Feci anche, a Pest, la conoscenza di sua moglie. Era una donna gaia, semplice, molto amante del bere e del mangiare, ed esercitava in casa un potere assoluto. A senti.re le male lingue, non era senza ragione che il generale Seekt aveva dato l'ordine che, in zou.a di guerra, nessuna moglie di ufficiale pote,;~ rimanere più di un giorno presso il marito. Quel che è certo, è che non fece mai un'eccezione a favore della propria moglie. Pensava indubbiamente che in guerra bisogna mantenere ad ogni costo la disciplina, e per questo non fraternizzava con nes• suno. Ma non è impossibile che fosse anche una maschera. Maschera di solitario o maschera di uomo di mondo, poco gl'importava, purché nessuno pote,;se veder di dietro. Verso la fine del· la sua vita, andò in Cina per organiz· zarvi l'e:;ercito. A meno che non fosse per un'altra ragione. Ma come saperlo. con un uomo come lui? GUGLIELMO II l:n giorno, dovetti ricorrere a Seekt per un favore. Avevamo saputo che l'imperatore Gu$lielmo veniva a vi- ~itare il fronte, m Romania, ma che In seguito a un ordine trasmesso al nostro esercito, non doveva esser ricevuto ufficialmente in nessun luogo, lungo il viaggio. L'imperatore di Germania, capo supremo dell'esercito che, un anno prima, aveva liberato la Tran- ~ilvania ! Bisognava fargli onore. ~i trovavo allora a Kolozv.ir con un'amica, la signora Elemira Bornemisza. Decidemmo di metterci all'opera. Poiché era proibito agli uomini, - in quel momento tutti gli uomini validi erano soldati, - lo avremmo ricevuto noialtre donne! Andammo in deputazione da Seekt e lo pregammo di. fare in modo che l'imperatore ci permettesse, nella nostra qualità di Transilvane, di salutarlo alla stazione di Kolozvir dove il suo treno si fermava venti minuti. In automobile, a meno di telegrammi e di telefonate, riunimmo le più belle fanciulle e le più graz.iose signore di Transilvania, senLa contare una quarantina di giovani cont.~dine di Kalotaszeg, in costume naz10nale, che parevano tante principesse. ~li mi\i al lavoro e buttai giù un di- ..... scorsetto; mia cugina, la contessa Domenica Tcleki, l'imparò a memoria. Fu allora che ci pervenne la risposta : l'imperatore permetteva il ricevimento. La sera, con le belle ragazze e signore della Transilvania, ci recammo alla stazione in corteo. Esclusi gli ufficiali tedeschi, non c'era un sol uomo . .\fa non c'era nemmeno una donna vec• chia: tutte erano giovani e graziose. Il limite d'età era stato applicato con un rigore draconiano! Lo spettacolo che si offrì all'imperatore e al suo seguito fu tale, che se ne parlò per molto tempo in Germania. Il tr no speciale dell'imperatore entr.ò ~ella stazione. Guglielmo II era in p1ed1, davanti allo sportello, immobile. Ne sono passati anni cd eventi, ma lo vedo sempre come in quel momento. C'era forse alcunché di teatrale nei suoi atti, ma presentato bene e con effetto. Nei suoi gesti, in tutte le sue parole, era imperatore e uomo di mondo. E difficile, in simili occasioni, trovare il tono adatto. E un'arte che mol• ti uomini non imparano mai e che l'imperatore Guglielmo P.Ossedeva a un grado tale che non è più stato, credo1 superato da nessuno. Egli diceva ad ognuno ciò che bi,;ognava dire per fargli piacere, ~rio con gli uni, faceto con gli altri, sempre semplice e naturale... Debbo confessarlo: quando, co,i tenti minuti di ritardo, il treno ripartì, eravamo tutte quante un po' innamorate di lui. Ed eravamo anche orgogliose di quei venti minuti supplementari, come se l'imperatore ne aves• se fatto dono speciale a ciascuna di noi. « Hai visto?-. ci dicevamo. e Tre volte l'ufficiale d'ordinanza gli ha fatto notare che bisognava partire, e ogni volta lui, con un gesto della mano, pa• reva dicesse : aspettiamo ancora, abbiamo tempo •· GIORGIO V Sci o sette anni fa, facemmo in Inghilterra una visita ufficiale. Era di prammatica che il re invitasse il presidente del consiglio d'Ungheria a colazione. Il re Giorgio V c'invitò in occasione delle regate di Ascot. S'era fatto costruire sul luogo un padiglione. Questi ricevimenti sono molto meno cerimoniosi delle feste che si svolgono alla reggia di Londra o al castello di \\'ind'!Or. La tavola è piena di piatti freddi che i lacché fanno passare in giro, e ognuno può servirsi come vuole. ~1i ricordo che re Gior$io, il quale era un amabilissimo anfitrione, tese 11 suo au~usto braccio sopra il piatto del ,;uo vicino per offrirmi il piatto nazionale degli Inglesi: una specie di pernice dalla carne molto saporita. Giorgio V era l'uomo più alla mano del mondo. Dopo cinque minuti mi A parlava come se mi avesse conosciuta da dieci anni. Di cose di famiglia, in gran parte. e vero che, per i sovrani, le cose di famiglia sono in rapporto molto stretto con la politica. Lo zar era suo cugino germano. Cosi pure l'im• peratore Guglielmo. La moglie dell'l"x re di Spagna era una principessa inglese. La madre della regina Maria di Romania ugualmente. L'interesse per le cose di famiglia è in loro altrettanto vivo che in un qualunque piccolo bor- $.hese, con questa differenza, però, che 11 quadro è un po' diverso e che le con• ~eguenze degli e avvenimenti familiari -. hanno per loro ben più vasta portata. La regina ~aria mi fece, in pochi minuti, tante domande sugli « avvenimenti di famiglia > nel bacino danuhiano, che arrivai appena in tempo a risponderle. Ella s'era detta certamente! dentro di sé : questa signora viene di là, deve saper tutto. C'era nell'atteggiamento della regina qualcosa di agghindato, di compassato, di molto tedesco, che però lasciava posto, dopo poco, a una grande cordialità. E una ~ovrana che ha dei principiì ; ma questi principii li applica, in primo luogo, a se stessa. Il sentimento del dovere si legge sul suo viso. Buona ,;pos.3, buona madre, buona regina, e, sono certa, buona donna. MACDONALD Ma basta parlare dei re. Per difendermi dall'accusa di snobismo, parlerò d'un socialista. e vero che anche lui è stato un grande personaggio. Primo ministro, due volte. Circostanza atte• nuante : quando lo conobbi, non era pi_ù a capo del governo. t Ramsay MacOonald. Egli era allora a Budapest, per un viaggio di studi nell'Europa centrale. Fece una conferenza al partito soci:1lista di Ungheria, ma la vigilia pranzò da noi, al ministero. Secondo le nozioni ungheresi, sarebbe passato per un socialista da ~alotto. Di poi, mi accorsi che anche in Inghilterra lo considera• vano in tal modo. Non voglio dire che non sia uomo ligio ai ,;uoi principii,ma semplicemente che in tutto il suo es.,;ere, nei suoi atteggiamenti, nei suoi gusti, in tutto ciò che è l'essenza dell'uo• mo, c'è qualcosa d'arist<?Cratico. Fui invitata da lui per 11 week-end 1 a Checkers, accompagnando mio marito nel suo viaggio ufficiale in Inghilterra. Checkers è un piccolo castello, donato al paese da lord Lee, perché il primo ministro abbia nelle vicinanze di Lon• dra una casa di campagna per il suo ueek-end. t. una costruzione del tempo di Cromwell, con un bellissimo giar• dino, quadri dell'epoca, oggetti d'arte; insomma, un piccolo paradiso da gran signore. In un tal quadro s'incorniciava perfettamente Ramsay MacDo• nald come se fosse ,;tato creato per lui. Mi :nastrò e mi spiegò le vecchie pit• ture con tale competenza e tale amo.re, ch'era difficile pensare che non fossero state raccolte dai suoi avi, o almeno da lui. Ramsay MacDonald appartiene, del resto, più al genere artis!a che a~ genere politicante. Non è I uomo d1 un partito, ma un patriotta. La prima volta ch'ebbi occasione ~i parlare con lui, a Budapest, durante 1I pranzo al ministero, gli ?is.,i che il so• cialismo ungherese era diverso da quello inglese. MacDonald parve molto sorpreso. I principii sono gli stessi. In che consiste la differenza? e Ditemi :,, allora gli domandai, e sie• te prima di tutto Inglese o socialista?». e Inglese, naturalmente», mi rispose senza esitare. VENIZELOS Avevo sentito molto parlare di Veni• zelos prima di conoscerlo. Egli cominciò la sua carriera come capo di bande e divenne più tardi primo ministro. Ora scacciava il re, ora il re scacciava lui. Talvolta viveva in esilio a Parigi, tal'altra governava la Grecia da padrone assoluto. La sua vita varia e tempestosa mi diede la curiosità di avvicinarlo. Me lo immaginavo come uno di quei levantini dai capelli neri, dagli occhi fiammeggianti : uno di quegli avventurieri rudi e provati che non indietreggiano davanti a nulla. Vidi entrare, invece, un vecchio signore tutto roseo, dai capelli e dalla barba di neve, dagli oc• chi azzurri ridenti, dal fare bonario, che si sarebbe potuto prendere per un professore. Durante tutto il pasto, nr)n parlò che di pace e di concordia, di disarmo e di conciliazione. Mai, a sentirlo, aveva avuto ambizioni politiche. Si sentiva felice solo quand'era in esilio, a Parigi, dove poteva dedicarsi ai suoi prediletti studi storici. Perché era rientrato nel suo paese e aveva ripreso ancora una volta la pesante croce del potere? Unicamente per trattenere la sua patria, per impedirle di compiere precipitosamente un atto che, - Dio ne guardi! - avrebbe potuto trascinarla in una guerr "'· A uctn·• lo parlare, pareva d'essere a Ginevra, in piena seduta della Soci,"'tà del!e Nazioni ... Per me, lo confe5SO.qi uel tono untuoso non m'era simpa;.ico. Cosl, senza averne l'aria : ~ « A quel che pare >, dissi, e i Tur~ chi sviluppano notevolmente la loro marina da guerra, e fanno grandi armamenti>- Un lampo guizzò nei suoi dolci occhi azzurri, e parve che il pacifico, l'angelico Venizelos s'apprestasse a tagliare in due quei Turchi insolenti, tanto mise vigore nella sua risposta : e Ma anche noi ci armiamo! :,. Un anno dopo, mio marito lo incontrò ad Ankara, dove Vcnizelos stava per concludere la pace con Kemal. Sfortunatamente non avevo potuto partire anch'io, per ragioni di salute. Mi dispiace di non aver conosciuto Kemal Pa• scià, poiché mio marito mi dice che, per il talento e la capacità, non vede che ~ussolini al quale possa essere avvicinato. Quanto ad Ankara, è una città interessante, benché sia a cento leghe di là da Costantinopoli. A questo proposito, mi ricordo d'una osservazione di Mussolini. Mi disse che aveva sentito parlare delle bellezze di Costantinopoli, ma che nonostante tutta la sua bellezza, essa non sarebbe m:ii più ridivenuta capitale della Turchia. « Il {>Ostod'una capitale non è alla perifena •, aggiunse con aria pensosa. e 'E:. come se il cuore battesse nelle dita dei piedi>. Eccomi, dunque, ricondotta a Mu~- solini ... Con lui ho incominciato, ed è bene che finisca con lui ~uesta galleria. di ritratti. R l'uomo piu interessante che ho incontrato nella mia vita. lJna personalità al cui contatto l'intelligenza s'infiamma. Tutd i suoi collaboratori sono unanimi ne11'affermarc che non c'è nessun altro col quale si possa lavorare come con lui. Lo si direbbe un console di Roma, uno dei fondatori dell'impero romano, il quale abbia scavalcato due millenni per sorgere in mezzo alla nostra rpoca. Perché Mussolini non è Italiano. e, Romario. E non solo nel• l'anima, ma nel fisico. Nel mio primo viaggio a Roma, qualcuno mi raccomandò dì visitare una galleria dove avrei visto un busto di Mussolini, molto ben riuscito. Ci andai. Non vidi che statue antiche, senatori allineati l'uno a fianco dell'altro ... Ma d'improvviso trasalii: sopra la toga d'uno di quei senatori, la testa caratteristica di Mussolini mi guardava. La stessa fronte, lo stesso mento, e soprattutto la stessa espressione di forza e di volontà emanante da tutta la perso• na. Continuando la mia passeggiata davanti alle statue, due volte ancora mi fermai, colpita dalla medesima impressione, Per tre volte, più di mille anni fa, i tratti di Mussolini furono scolpiti nel marmo. CONTESSA MARGHERITA BETHLEN

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