IL SOFM DELLE MUSE il If (S J)1J~U!J COMNANCINI @ ~A MATTl~A del febbraio 19'241 domcnicz., se ben ricordo, ci recammo a trovare Antonio ~1ancini. Eravamo m lu: cltnici ; nessuno di noi conosceva di persona ìl pittore e veramente desid~rava'!lo. conoscerlo. :\ila giunti al ,·1ale L1cg1, dove ~,Jancini abitava non potemmo trovarlo. Schivo da discus- ,ioni, e soprattutto sospettoso verso chi lo andava ad ammirare, non si fece vedere. Fummo ricevuti da un nipote del pi"tt<;>re,e la sua cortese condiscendenza c1 compensò generosamente del màncato incontro col MaC5tro. Potemmo osservare con. una libertà maggiore di quella che Cl saremmo permessa lui presente, molte cose che ci interes- ,avano. 1:o studio_ ~cl ~•lancini era una gallena lungh1sstma, col soffitto piuttosto bas:'lo, e illuminata da due finestre lontanissime l'una dall'altra. Si sarebbe detto che lo stanzone fosse il risultato <l! due capaci ambienti ai ~uali era stato abbattuto il muro di divisione. Accanto a una delle finestre, il cavalletto : accamo all'altra, il seggio del modello. Fra modello e pittore correva una di- :.tanza di almeno dieci metri. Dalla parte del modello non vi era mobilio, e da quella del cavalletto si vedevano le tracce di tutta la vita dell'artista. C'era un letto, un comodino con la bottiglia d'acqua Sangemini, e il grosso volume dei \'angeli. C'era una sorprendente ,çan~ia a ca.sellarì, come quelle che si v~dono ~ei _negozi ~i colori, gremita d1 tubetti. ~on ce n ha altrettanti Olivieri. Un vero magazzino di colori· un patrimonio di colori. E un patrim~nio di pennelli. Ché in terra, fra il cavallctt~ ~ la fi~est~, .ce n'eran tre grossi V3"-! d1 coccio pieni zeppi. Sopra il de- ~chetto da lavoro stava la tavolozza preparata di fresco. Bella tavolozza· ordinata, semplice, vigorosa. Pochi chiari. Oltre al bianco, un giallo limone, un giallo arancio il giallo di ~apoli, il coeruleum. In 1 abbondanza, ,t: lacche purpuree e i bruni. Da una parte, appoggiati al muro, due grandi telai col famoso reticolato del quale, è cosa ri"aputa, il Mancini ,i ,en i qua~i ininterrottamente durante la ~ua lunga carriera. Con le informazioni forniteci dal nipote dcll'arti"-ta e con la visione di due tele appen~ incominciate, potemmo renderci conto di quel suo procedere tanto sin- ~olare. li ~lancini preparava due telai della 1r:hura del dipinto da eseguire. Uno eh questi telai restava sospeso dinanzi .-1 model!~; l'altro _veniva appoggiato ,;ulla tela in lavorazione. Su que1r,ti telai venivan condotti per tutti i versi, e ir~ un disordine molto bizzarro, tanti fili di ~rosso cotone, i quali formavano una re• fittissima, specialmente nella zona (entrale, dove era presumibile avrebhe campeggiato l'immagine. Per assicurare l'identità di tessitura dei due reticolati, le aste di legno dei telai erano dipinte di tasselli alternativamente ros- ,i, verdi, bianchi e neri. Questi tasselli nano alla lor \·olta 1r,uddivisi in un ccr 4 to numero di parti contrasse~nate da un numero e da un chiodo. L operazione di un filo che, mettiamo, partiva dal <..hiodo n. 1 del primo tassello rO'>"Odi VERSOIL CENTENARIO LEOPARDIANO ALLA PUBBLICAZIO:'-IE degli ultimi tomi dello Zibaldone, e del ;olume delle Carte ,rapolelane 1()00), un trentennio di studi leopardiani può dirsi che si sia quasi rutto svolto in questa direzione: integrare, con lo Zibaldone alla mano, la nostra conoscenza delle Operette morali e dei Ca11ti. Cominciò 11Ciani, all'oggetto di costituire una specie di ragionato repertorio delle idee estetiche del Leopardi; mentre il Levi si era accanto ;il compito, ben più compleS3o, di fornire un disegno organico del •sistema• morale e riportare su tale disegno alcune i(randi poesie, composte dopo il ritorno da Roma nel 18:23. Altrettanto fece il Gentile; a mostrare, con i collegamenti e chiarimenti forniti dallo Zibaldone, l'unità del pensiero leopardiano neJle Operetlt. E fece il De Robert1s, e seguita a fare, concentrando natura)mente il suo fervr.>resui Canti. Gli amici della , Ronda•, anch'essi curarono, e con gusto e acutezza, una lor? antologia dello Zibaldon~; ma hm1tandos1, principalmente, a1 pensieri d1 letteratura, at s,:-iudiz1sugli autori e ai precetti st1hqtici. A loro premeva $Ottolinearc. certe caloro~e adesioni del 1.A!opard1 11ll'1deale della nobile e ornata prosa cmquecentesca, con Ann1bal Caro vero apice della prosa italiana•. Del resto, qui non s'intende affatto addentrarci fra le pubblicaLAJIOOLIEDELORJTJC01"NONOOM1NOI.il.EOONLASOLITASTORIADELL'llCPARZIAIJTÀB: JOORDATlOHERAIOHI.ESTOUN80881DJOALL'AOOADEK1A!" destra per finire al n. 23 del quit:lto tassello nero di sinistra, veniva scrupolosamente ripetuta in tutti e due i telai, e il resultato era per fon.a identico. L'immagine che si percepiva del modello, attraverso questa imbrogliatissi• ma trama di fili, era (ne facemmo l'esperienza) una visione sommaria di masse; una sintesi dei valori cromatici e formali. Attraverso i buchi della rete gemella appoggiata sulla tela, il Pittore incominciava a fissare questi valori e queste forme con piccoli tocchi di colore. );on w se i n::ticol ... ti gli servissero fino alla fine del lavoro. t presumibile di no. Per quanto ci sie.no dipinti del ~lancini che mantengono traccie visi- . bili della pre5sione esercitata sulle ulti• me couches del colore dai fili del reti• colato. Notai sopra un tavolino un vaso di fiori finti. « Sono di tela, sl », disse il nipote di :\Iancini. « Che vuole? Mio zio ama di• pingere i fiori nei suoi quadri ; ma non ~i arriva mai a farlo contento. Si met• tono i fiori fre~hi, e lui li dipinge freschi. Poi i fiori appassiscono, e lui modifica il dipinto perché gli sembrano più interessanti appassiti. Si cambiano i fiori con altri nuovi, e lui dipinge quelli nuovi ». f.: la storia delle frutta e dei fiori delle nature morte di Cézanne: e ... Il fut ame11é à pemdre de pré/érence des pommes, et plw encore des fleurs qui, elles, ne pourrisse,u pas, car ,I les prenait en papicr. Seulement, ces sacrées bougresses, elles changtnt de ton à la longue ». {Ambroisc Vollard). z1on1 ch'ebbero per oggetto lo Zibaldone e le Carte; dei quali tanta è l'importanza che nessuna cosa che li concerne può q meno di derivare interesse e ut1htà. Ma un'osservazione ci avventuriamo a fare, liberamente. 1'on negli intenti, ma nel fatto, non è stat un poco perduto di vista, a forza di analisi, selezioni e com• menti dello Zibaldone, 11 Leopardi più miracoloso, quello dei Canti? L'ultimo libro veramente notevole sull'opera poetica del Leopardi, considerata come. risoluzione di successive fasi della sua storia morale, è il libro, not1ss1mo, d, Angefandrea Zottolj. E giustamente reca, per sottotitolo, quelle parole: Storia d'un'anima •, con le quali il Leopardi accennò a un romanzi) ch'e~lj avrebbe voluto fare, e mai fece, anche per 11 mo• tivo che, in sostanza, l'aveva fatto, e nello Zibaldone e ne, Canti. Lo Zottoli scrisse a quui cinquant'anni dt distanza dal De Sanctis, e in un clima letterario molto diverso. Il suo culto per Leopardi era tanto ardente quanto delicato; fino a qualche accentuazione un po' romantica, ma controllata e corretta da acutissime facoltà d1 lettura e d'rnterprttaz1one. Ora è ~ign1ficat1vo che, in detto libro dello Zonoli, lo Zibaldone intervenga tanto poco. Quasi tanto poco come net1~ lezioni del De Sanct1s; 1I q1Ja)e, dello Zibaldotte, conosceva solo le paru che, dal Leopardi, erano state nfuse nei Detti mtmor-ablli, nel Pormi e nei Ct11tmmdm pmsierr. La ragione è semplice. S1 può spingere Ed è la stol"ia di Giovanni Fattori col cavallo di una scuderia. Si mise una volta il Fattori a dipingere un cavallo legato per la strigliatura. Il cavallo era bianco. Tornò il giorno dopo alla stessa ora per finire il dipinto. li cavallo c'era, ma era nero. Bellissimo anche questo. E Fattori non ci stette a pensar su: fece diventare nero il cavallo bianco. Dopo lo studio visitammo altre stanze, gremite di quadri. Spadini, che era uno dei visitatori. si metteva gli occhiali, poi si toglieva gli occhiali e si metteva !a caramella, poi e.i toglieva anche la ca4 ramella 1 e miope com'era, fregava addirittura il naso 1r,uidipinti tanto se li studiava da vicino. Rilevando la giustezza di un lustro ottenuto con una stagnuola accartocciata, disse che a certe pitture bi.sognerebbe· fare accostare -.oltanto gli intenditori. e Per il pubblico, dovrebbero mettere nelle sale di una mostra delle ,barre per tenerlo lontano». « È proprio quel che dice lo zio ,-, soggiunse il nipote di Mancini. « Anzi egli dice ~empre: non v'accostate; non v'accostate, ché la pittura puzza». Fra le tele più importanti, che erano state dipinte in quei tempi, notammo una ciociara monumentale, un autori• tratto, un nudo muliebre e il ritratto di una ragazza vestita di nero in atto di camminare. Le gambe della donna apparivano paonazze attraverso le calze di 1r,etanera e le caviglie er~no evi• dentemente tumefatte per la strettoia de~li ~carpini di coppale. L'abito era di un gu'-lo decisamente dozzinale. :\{i tor• avanti, con la più ardita sottigliezza, 11 processo di ricostruzione. Ma s'arnva sempre ad un punto nel quale, fra l'opera d'arte e I pensieri, gli abbozzi e le meditazioni che la prepararono. appare uno !tacco insormontabile, una diversità di ritmo vitale. È m questo stacco, è da questo trapasso di ritmo, che l'opera ha avuto origine; soltanto da questi. Tutto ti re• sto appartiene a un'altra sfera, 1mportant1s.sima, ma diversa; se, talvolta, non quasi estranea. E eh, s'affisa, come appunto il De Sanct1s e lo Zouoli, nella sfera della poesia, avrà scandagliato anche l'altra, per naturale curiosità, per scrupolo di studio, e tutto quel che si vuole; ma non so, infine, neanche quanto glt a"rà direttamente g1ovaw. 51 ricordino, nello Zibaldone, quei passi. e relativamente non molti, che accennano ad una s1tuaiionc poetica, a un mouvo da s,·olgere. La penna appena sembra sfiorare 1mma~1n1 e ricordi; come per pavra d'ucciderli, se li fermasse con un se~no troppo risoluto. Le sentenze, ellittiche, smozzicate, si interrompono d1 cont1nu1 eccetera P.. dentro a cotesti ecceteN; , che s1 nasconde ti mistero della lirica da fare. t. in cotesto tacere, sulla stessa pagina d'un taccuino '!egreto, che il poeta rende più dolce omal(~IO 31 pudore della propria arte. Ossenrò il De R.obertis che certi 1d11IJ distesamente t~.tttegg1au negli appunti: quello delle due donne che discorrono de, bachi da seta; l'altro, famoso, della morte della lucciola, furono prcc1!!amcnte quelli navano in mente certi garbati paradossi di Medardo Rosso uditi giusto qualche giorno prima: « :\.1a se io guardo la gente, la vedo con i suoi vestiti belli o brutti che sicno, con le sue espressioni di gioia e di dolore, con le sue attitudini di riposo o di movimento. E penso che la gente così, ci sarà stata sempre nel mondo. E com'è che gli artisti non l'hanno vista e hanno fatto tutti quei c.anti che si vedon nei ~usei? :t. Direi che il ~1ancini l'ha vista bene, come era vestita. la gente del suo temoo i ancht" se a volte ha cercato dei mo. ?ivi cromatici nelle camuffature f.ette 4 centesche. N'el giugno del 1927 fu aperta, in Roma, una grandiosa mostra personale del nostro Pìttore. Il giorno dell'inau- ~urazione egli si agrrava commosso nl mezzo alla folla d1 ammiratori. Cli ~tavan vicini lo scultore Gemito e il pittore Casciaro. e E contento, ~aestro? » gli chiesi. « Sì, non c'è male ,-, rispose. « Mi pa• re che l'esposizione faccia bene i ma vorrei poter ricominciare daccapo». :--;'onc'era nelle sue parole nessun de• ,ider_io d'un maggiore successo da con- '>egmre, ma sol~anto un' affettuosaJ ,truggcntc nostalgia della dura e ~cura fatica del lavoro. Rimase un momento con gli occhi bassi, appoggiando- ~i al braccio di un parente. PÒi alzò il capo, e, moc;trandomi la mano destr:l c.co,q da un leggero tremito, disse c;emplicemcnte, \Orridendo a se stesso e agli a~tri: e Se potranno togliermi qualche dmurbo ... :t. T.T.T. che non diventarono mai lirica spiegata; anche se, in cotesto getto, serbano una loro incantevole q,razia di malinconia. Ben più frequenti contatti e riflussi sono, com'è naturale, dallo Zibaldo,ie alla prosa delle Operette. Ché una sostan7.a d1 ragionamenti e d1 concetti si elabora e trasporta assai più agevolmente. E nelle Operette, il Leopardi non s'illude di lavorare d'ispirazione. :Via,come egli scrisse ,ipietatamente, a propos110 del poema e- .. pico e del teatro, più SpL·ssoegli lavora di riflessione e di volontà. • La poesia sta e essenzialmente in un impeto. I lavori di poesia vogliono per natura esser corti ... Poco pub avere a far con la poesia un lavoro che domanda p1ù e più anni di esecuzione ... •. Caldo e impetuoso nella poesia, nelle prose egli può diventare gelido e com• passato; anche perché: nelle prose, 11suo oggetto è di sgretolare e demolire, col raziocinio, proprio quella v1s1one lirica della vita, che gli offerse materia ai primi canti. Dal De Sancus e dallo Zottoli, sostanzialmente, s1 dà tale giud1z10 della prosa leopardiana. Ed è sr;1ud1Z10che a molti farà allegare i denti. ~a s1 vorrebbe tor• nare a chiedere se, rn una certa parzialità del gusto odierno per la prosa leopardiana, non debba davvero scorgersi l'effetto d'un interesse più intellettuahst1co che artistico. D'un interesse che appunto ha avuto incremento dal trentennale hworlo sullo 7.1boldone e le Corte; e che se non ha turbata la naturale gerarchia dell'opera leo4 pardiana, forse ha finito lte,·emente col chstrarre dai Canti. :'\uove cd1z1oni, commenti, nproduz1oni d1 \'ariant1 e stesure, si sono moltiplicate recentemente, e s1 molt1plicano; ed è d1 ien il terzo volume dell'Epuro/orio, nella ristampa curata dal compianto Francesco \.1oroncm1. Yla se qualcuno, nell'imnunente centenario, ci riportass~ al111liettura LITTUII /7'Jl/JII j1 I.ESSANDRO Pavohni ha scritto la .A s1oria della Dispnota (Vallecchi, Fimeno sono altri due racconti, che poss.ono essere 11 punto di partenza d'uno acrjttore · • Ballo in bonifica• e • Creazione d'un orfano•· Anche la prosa stessa diventa più semplice. Le frasi fatte divengono rare. I rag1on•mcnti meno ambiziosi. I personaggi, nella prima novella, sono bonificatori delle paludi Pontine, gente che ha poco a c.hc fare con i personaggi delle altre novelle. :-,;ella seconda, protagonista i una donna veneta che durante la guerra aiuta un prig1on1ero 11aliano. Son due racconti che, abilmente tagliati, potrebbero essere una lettura davvero sorprendente. Fra le ambizioni che Padovini denuncia candidamente v'è quella di scrivere • momenti di vita 11. Impegno cui può darti sappia far fronte presto, sempre che abbandoni certi vezzi e certi modi pessimamente letterari. renze, 1937). • La Disperala• nacque a Fiume, ai tempi di D'Annunzio: una aquadr-a.di genie pron1a a tut10; poi ce ne fu una ahra,di •disperale•, che 1ut1i i 1oscanie gli italìani rammentano. Nella nos1ra memoria qucua parola ~ usocia1a a certi canti giovanili e spavaldi. Dapprima a quel nome andò uniu l'immagine di poveri diavoli, di dispcrtli, insomm8' ora, al contrario, •Disperata• ha un diverso senso. t vocabolo guerriero, d1rci mili1arcsco. 'iU RL VOLUME Dialogo dà massimi 11· l!! st~mi (Parenti, Firenze, 1937), Tommas.o Landolfi raccoglie alcuni racconti, e alcune prose fantastiche. Sicu1amente questi scritci hanno origine del tulio letteraria, anche se non t troppo facile chiarirla come vorremmo. Dietro racconti come La storia che Alessandro Pavolini scrive ~ quella di una squadriglia che ha parte<:ipato alle operazioni dello scorso anno in Africa Orientale. Il racconto principia dall'imbarco di Genova, e va avanti, ora patetico, ora toltanto dcscritti\"O, ora addirittura didasca• lioo. Non n1ancano i luoghi del tutto giornalistici: di un giornalismo che smette di fare del colore e, più fedele alla propria funzione, informa con dati e notizie. • Disperata• ~ racconto e rappono insieme. Vi si narrt la storia d1 una squadriglia, quando vola, quando t a terra. Vi si fanno considerazioni generali sul carattere degli italiani: 1ulla guerra e sulla pace. Pavolini, a modo di prdazionc, premette un paragrafo per dirci che la sua, se~ la storia di una squadriglia,~ anche la noria di tutte le squadriglie italiane. Crediamo non solo di tutte le squadriglie; ma di tut1a una migrazione. • Noi viviamo dentro una migral.lonc di centinaia di migliai11d.i bianchi, viviamo fra i bianchi e le macchine. I nt'gri li conosciamo per sentito dire ... •. li che può apparire strano a chi guardi le cose dall 'uterno. Invece non poteva che esser così. L'attenzione del cronitta non può andare ai nativi, e non alle singolarità dei luoghi. Non si va alla scoperta di luogh.i esotici. L'interesse i del tutto altrove. li negro, l'amba, i dcseni tono clementi sccondari»imi. In primo piano restano i soldati, gli operai, i medici, i camion, le strade. • Disperata• è una testimoni11nzariguardo al carattere proletario della guerra italiana in Etiopia. Di un• guerra che fu insieme migrazione. P•volini di tale migrazione documenta una fase drammaticissima ormai esaurita felicemente, in una prosa che ha l'•sciutte:tta e talvolta la civetteria toscana. • La Morte del Re di Francia~, • Mani •, • Una stagione di sole• stanno letture crediamo aggiornatissime. Tommaso Landolfi esperimenta in italiano tanti modi narrativi sperimentati in questi uhimi tempi da vari scrittori europei. Dove ~ certo il grande pericolo del dilettanti11mo. Di suo, Landolfi mette senza dubbio una predile:tione verso casi e persone eccezionali. Le situazioni dei racconti di Landolfi \'Ogliono casere rare. Nel dialogo che dà il titolo al volume, se al principio tutto ~ piano, e lievemente ironico, troviamo poi ragionamenti assai conf\Ui e ambiziosi. I per&Onaggi sono umpre dei solitari, dei maniaci; come quel padre che ogni mattina attende al bagno della figlioletta per vedere crescere in lei la donna. Come quel penona~gio che odia la luce del giorno. Eppure se certa smania di raggiungere effetti bizzarri può darsi sia passeggera (almeno così dobbiamo augurare), i luoghi dove si parla dei fantumi e dei languori notturni restano meno vaghi, più veri, visti direttamente, non attraverso la letteratura. Si tratta forse di momenti autobiografici. 'DANTASIE SEGRETE (Trcves, Mi- ~ l11.no,1937) ~ titolo che rammenta tanta U EM~10 PADOVINI, un opertio, ha ,m scritto alcune no,·elle che vogliono casere .\fomenti di uùa. Padovini dimostra subito di non essere un letterato proprio dallo spreco che fa di termini provenienti da una letteratura di secondo ordine. Termini e fruì trite c.he poco hanno a che fare con le sue qualità di scrntore, semplici quanto per ora confuse. Come tutti coloro che senza studi si mettono a scnverc, a dipingere, a scolpire, Padovini par che non s1 contenti di es.sere uno scriuore. Niente di male. Se ceni suoì ragionamenti filosofcg• g1anti fanno sorridere, stanno anche a dire quali siano I suoi interessi. Se P11dovini SI• prà ordinare l\!'l proprie idee, e acqui11tare quel po" di mestiere che serve a togliere di mezzo le scorie, si avvedrà c.ome certi ragionamenti cui ora mostD tenert' tanto siano un di più nelle. sue novelle. Sono come un commento non necessario. Non che stonino; ridicono male e con goffo raziocinio ciò che lo scrittore avc,•a già detto con immagini. J racconti di Padovini per l'ambizione di scopi morali e sociali rammentano certa no• stra letteratura del dopo1tuerra. Letteratura che non ebbe uno sviluppo proprio perch~ ebbe mlcressi morali e sociali es1ernamcnte. In Padovini tornano i temi che furono prediletti allora. Il disoccupato del racconto che apre il volume potrebbe essere stato scritto un quindici anni fa. Cosl altri nccon1i: •Varietà•, • TagliQ di capelli, ... I personaggi spesso sono dei pazzi d'eccezione, d'una pania che ,,orrebbe essere prossima alla saj;!gczza. '.\lta nr:I volu • anche soltanto dei grandi • idillj •; con la geniale ingenuità d'un De Sanctis rinnovato. E così sapesse, dopo analizzatolo, ricomporre il musicale prodigio di quell'arte. E forse, in tale: lettura, un elemento piglierebbe anche maggior risalto che fi. nora, dai critici, abbia ncevuto. Sempre si parla del • natìo borgo•, della gelida reclvsione del Leopardi a Recanati, in fondo alla triste provincia. Ma Recanati, in realtà, è il luogo dei più sublimi incontri del Leopardi con la poesia; è il paradiso della sua poetica felicità. Già a questo proposito, il De Robertis ebbe più volte considerazioni e parole toccanti. •Recanati•, ha scritto ultima• mente il Momigliano, • è hl terra ove son fiorite le malinconiche illusioni del Leo- • pardi. E, perciò, molti dei suoi canti si possono chiamare I canti di Recanati. :--Jon credo l'abbia mai detto; ma, lontano da Recanati, Leopardi doveva sen• tirsi come esule dalla patria della sua • poesia. Immaginate il Leopardi senza Recanati, è puì difficile che immaginare 11 Petrnrca senza Valchiusa •· Tali osservai1on1 1 piene di ventà, comporta.no significati anc.he più decisi. l,.eopard, si forma ad un'epoca nella quale un sentimento ed un concetto superbo e doloroso della personalità umana e del suo destino, varcando tutte le frontiere, si mescolano nella grande corrente ma ternaz1onale del romanticismo. A cotesta corrente, perché esteticamente diventasse feconda, mancava soltanto di ntro,•are la viva traccia delle diverse tradizioni etni• che; fuor delle quali non è poss1b1le espressione d"arte. Che ,n poesia, 1n pittura, tn scultura, fos5C estremamente difficile ritrovare tale base e traccia etnica, s1 vede da un fotto: la resistenza d'un hn'{uai.;g10 artistico fogf.(1ato sull'ideale accademico greco; linguag~io, anch'esso, d1 tipo mternazionale. lcttcr•tura romantica. • Fantasie segrete, furono quelle di Emina Bovary, portando al dramma e alla tragedia. Non cotì per Bondioli. Bondioli ha scritto, intitolandolo a quel modo, un romar.zo facilmente melanconie.o e facilmente dnunmauco: tradizionale nella maniera più povera. Si sa a quale tradizione può appartenere il romanzo di Anna, d1 Guido e di Wienberg. A quella dei romanzi ora CO• smopoliti, ora pro\•inciali; ora teneri, ora c14 nici. Scrivere un romanzo è cosa f•cile, quando si accetta la ricetta più corrente. Fantasie segrete• ~ tipicamente il romanzo, come se lo immagina, anzi come lo congegnerebbe, un lettore di romanzi francc,i che ~ncM• non abbia scoperto non diciamo Ct!linc, ma Mauriac.. Chi apre il volume di Franco Bondioli crede di avere a che fare con un romanzetto provinciale: • J..11Sérpola ~ nella pianura lomb•rda: il caldo d'estate sc~uc quasi improvviso al gelo invernale. t pross1mo agli Appennini ed ~ un luogo felice per le e.acce... •. Apertura con paesag11:io;tante aperture con paesaggio si $<>noavute dopo ~1anzoni. Ma più avanti il tono cambia. Bondioli non ~ quel bonario scrittore che pare,•a: le sue lct~ ture forse non fu:-ono tutte d1 rosei romanzi: • La carne doveva ribellarsi alla propria inutilità, cd ella vcrRo~narsi di quei pensieri peccaminosi e tentare di rifu11:1arsni ei suoi do,•er1 di fifi:lia•· E più avanti ancora, ecco un piglio che non~ più quello bonario e sonnacchioso di Strpola. Entrò in una 1rattoria di lusso. Le tovaglie sembravano d1 gesso, distese 11uitavoli bianchi e lividi come altari sconsacrati•. E il finale: ~on seppe rifiutarsi. Non seppe tradirla. Ma g1ud1còdisperata la fatica dt vi\'cre •. Siamo lontani dal motivetto agreste della prima paRina. Quanto basta per farci \·edere come siano incerte per ora le ambizioni e i gusti di questo romanziere. ARRIGO BENEDETTI Romantici o no, a qve:sto stile, a questo linguaggio neoclassico, da museo di J,1;essì, più o meno sacrificano. Le canzoni leo• pardi11ne All'Italia e a Dante, a parte certi sprazzi d'autentica poesia, sono composte appunto in cotesto lingu11izgio. E che cosa esprimono; che cosa invocano? Invocano il compiersi di quella coscienza etnica, di cui l'indipendenza polìt1ca non era che un grado preliminare. In Rec11nati, odiata, talvolta maledetta, il Leopardi si ritrova immerso, si ris,·eJ,:lia, nel cuore di questa realtà etnica La s,1a vera scopertn della p?esia, e d"una poesia di sì gran volo, d'una poesia rapita "-Ul~ l'ala di pensieri universali, è, pnma d1 tutto, scope.rta e ritrovamento d'una tetra. E il poeta che si dice più solo e straniato da tutto, e che tutto nega, è, invece, 11 più fedele alla sua terra. Nella solitudine e nell'umiliazione provìncialc, più assai che i magni autori dc11a biblioteca paterna, l'hanno educato misteriose presenze, voci, aure, del • borgo selvaggio Questa fusiQne d'antico re'ipiro della terra e di emozioni nuovissime; questo riflettersi di concetti universali ne~l1 aspetti fugaci dell'idillio, non s'erano mai dati. né più si son dati, con tale purezza. ~essun altro poeta nostro ha reso, sublimandola, l'aura morale e carnale d'un luogo, come il Leopardi della Quiete e del Sabato. E confrontate Silvia con Aspasia: pur questa, altissima poesiaj per sentirt", come il tono e l'eloquio si raffreddano ed 1rrig1disconQ, appena il fantasma non sia più tocco dall'alito beato di <1uella terra. In questo spiTitale possesso, in que~ta maqica consonanza etnica, è anche il più vero e attualc patriottismo del Leopardi. 11 più segreto e incancellabile si~illo della sua italianità e classicità. Ed è forse la sua fondamentale lezione alla poesia nuova; che non avrà rigoglio, se nel profondo suolo etnico non getti radici cosi ingenue e tenaci. IL TARLO
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