Omnibus - anno I - n. 8 - 22 maggio 1937

IIDI r1 DIPLATONKERZHEHTSEV IL PIACERE di denigrarsi e di ficcare non il dito soltanto ma la mano e, se occorre, il braccio nella piaga, è uno dei dati fondamentali della psicologia russa, Le contumelie apparse nei giornali e pronunciate in un comizio accademico a Mosca, in seguito a un imprudente mandato di comparizione che lo Zar del cinema Russo, Boris Shumiatsky, ha fatto pervenire al grande Eisenstein, farebbero arrossire un turcomanno. ~on credo ci sia bisogno di fare la presentazione di Eisenstcin, Sergio Michele Eisenstein che, dalle iniziali dei suoi due prenomi i francesi chiamarono Sa .\1ajesté Eisenstein. Sua Maestà Eiscnstcin ha tiranneggiato per più di un decennio nel mondo sovietico della celluloide e anche sulla fantasia dei più fanatici cineasti europei. Regista, scenografo, filosofo, polemista terribile, egli ha creato le due opere forse più suggestìve del cinema russo di propaganda, La corazzata • Pottmkit1t • e La tinta gt• neralt, guerra e pace della rivoluzione bolscevica. L'accusa mossagli da Shumiatsky era quella di sperpero del denaro dello Srato. Effettivamente egli era ap• presso alla lavorazione del film• Pianura• da più di due anni e vi aveva sperperato una decina di milioni. Ma nessuno aveva osato finora intervenire, quantunque fosse già trapelato che il film non era girato secondo I principi ortodossi della propaganda politica. E questo era infatti il punto più grave dell'accusa. • Voi, Sergio :vtichele Eisenstein •, cosi lo investl ironicamente Boris Shumiatsky, capo dell'organismo cinematografico governativo in Russia, • siete diventato un pagano, superstizioso adoratore della natura•. • I I mio credo è stato sempre un credo naturalistico•, rispose Eisenstein senza scomporsi,• e " La linea generale,. è una esaltazione della natura•. Ma nella " Linea generale ,. esaltavate la natura per impiccolire al suo confronto 1 miserabili pregiudizi religiosi e sociali dei borghesi. Questa volta invece voi dovevate fare un film basato sulla lotta di classe; ve ne siete scordato e avete fatto un film sulla lotta delle forze elementari della natura. Al diavolo queste forze elementari, se esse debbono fare la concorrenza ai nostri interessi. E questo scherzo c1costa già un sacco di soldi•· Fu a questo punto che Eisenstein deue in escandescenze. Egli disse che le cose belle costano molto; che i registi di Hollywood spesso ricominciano da capo un film, due, tre, quauro volte, finché esso non prende la piega giusta, che dieci milioni di hre non sono in fondo una gran somma, e che comunque il suo compito non era quello di tenue la contabilità di un film, bensl quello di fare un bel film. Per molto meno, dei galantuomini sono stati accusati del più nero reato di cui un u<-no possa essere incolpato in Russia, dop-> quello di trotskismo, e cioè del reato di sabotaggio. Alcuni amici misero in ~uardia Eìsenstein. Ma egli rispose: « Xon oseranno , che è la risposta che Danton dette ai suoi fidi quando lo scongiurarono di correre ai ripari. '.\-la la fine di Danton ha più probabilità di farla Shumiatsky che Eisenstein, almeno fino a questo momento. Perché due giorni dopo questo drammatico colloquio, apparve sulla Pravda • un articolo firmato da tre operatori cinematografici, tre uomini autorevolissimi nel mondo dell'arte sovietica. L'articolo era puramente tecnico e non faceva dirette allusioni all'avvenimento. :\la i bolscevichi, educati alla dialettica .ll:10rnalisticadel piano quinquennale, hanno imparato l'arte di essere tendenziosi anche facendo articoli puramente tecnici. I.'articolo dei tre operatori fece un'impressione enorme e quando una settimana dopo, verso la metà d'aprile, si riunl il_grande congresso della GUK, l'organizzai1one cinematografica di Stato, l'aria era satura d1 elettricità. Che IJl'intervenuti avessero intenzione di dare battaglia era chiaro, perché c'erano tutti: c'era Shumiatsky, c'era il suo diretto superiore Platone Kerzhentsev, commissario del popolo alle arti, c'era Eisenstein e la sua cricca, c'erano i pezzi gros,i del cinema, e non soltanto del cinema; tutti insomma, dagli Accademie, ai macchinisti teatrali, perché l'attacco era preparato non soltanto contro il cinematografo ma contro rutta la pesante, incredibile, polverosa burocrazia sovietica installata da anni nel re~no delle Muse. Eppure nessuno poteva pre~cde:e che le cose avrebbero assunto toni cosi tempestosi e grotteschi. Lo spettacolo dovette e,sere talmente spassoso che i Membri del Conservatorio d1 Mosca, non intervenuti al Congresso, quando appresero ciò che avevano perduto, scrissero una lettera risentita ai giornali, nella quale ,i lamentavano di non aver ricevuto l'invito. Uno dei primi a prendere la parola fu Shumiatsky, il quale parlò inint~rrottamente per circa sette ore. Parlò d1 tutto, attaccando tutti, meno sé stesso naturalmente e il suo principale Platone Kerzhentsev. Lo lasciarono parlare, ma un silenzio agghiacciante accolse 1~sua perorazione finale. Subito dopo chiesero la parola alcuni registi e tecnici i _quali furon_o unanimi nell'accusare Shum1atsky d1 p1grizia e di vanità: nella sua anticamera essi avevano aspettato per settimane prima dì essere ricevutì. Fu il segnale dell'attacco. In breve la sala della • Casa del cinema•, dove il comizio a,•cva luogo, si trasformò in un mercato del pesce. Tutti urlavano, e si lanciavano accuse tremende, in attesa di lanciarsi i cuscini delle sedie. Dominavano il frastuono le parole: trotskista e disfattista. Dal cinema si passò al teatro, alla pittura, alla scultura e in breve ai fatti personali. Il Direttore dell'• Eremitaggio•, il grande museo di Leningrado, disse chiaramente che soltanto una dozzina d'anni di prigione a Platone Kerzhentsev e ai suoi accoliti potevano ridare un po' di pace al suo povero museo. [ musicisti venuti dalla provincia dissero non meno chiaramente che gli artisti che Mosca mandava in provincia a scopo di propaganda erano dei porci anti•rivoluzionari; i critici teatrali osarono fare delle irrispettose allusioni penino al libro• Il Teatro creativo• che era considerato sino a ieri la bibbia dd Teatro sovietico. L'aveva scritto molti anni fa Platone Kerzhentsev in persona, e ne era stato ricompensato da Stalin con la carica dì Commi~s-. alle Arti. Ma a menare la danza furono i cineasti. Nella baraonda fiorirono molti aneddoti e battute saporite e candide, di quell'incredibile candore che hanno spesso le battute degli eroi del teatro russo, anche quando dicono le cose più atroci e scandalose. Un certo Rezayev, rappresentante del GUK nd Turkmenistan, disse quanto segue: • La burocrazia anistica di Mosca t una macchina terribile e dispendiosa: alcuni produttori del mio paese, il Turkmenistan, recatisi alla capitale per girarvi un film di propaganda, sono stati costretti a pagare duecento rubli per avere il diritto di filmare una bandiera in uno studio di Mosca e cento rubli per filmare un busto di Lenin. Eppure io non mi lamento di questo. Ma il nostro commissario alle arti ha confuso per molto tempo il mio povero Turkmenistan. con l'Uzbekistan, e la mia posta è andata smarrita per molti mesi, prima che io riuscissi a correggere la geografia di Platone Kerzhentsev. E questo, signori, è troppo!•· A. D. BILLIE BEWAB.D,STELLINADI HOLLYWOOD l\"lJOJTI FIL.IJ CERCATRICI D'ORO ACCANTO ai gangJters, alle girls, ai giornalisti, ai miliardari, ai ,vu.:-boys, avremo adesso, nei film americ.ani, ia nuova categoria delle « cercatrici di oro», ossia delle ragaz.zc in cerca di uomini an1i,\ni e danarosi che le mantengano~ xmbrerebbe di sì, a vedere què.sto filmetto { « Gold diggers 1937 » : in italiano, chissà perché, « Donne di lus~ 1937 »). Data l'originalità di cer• te situazioni e di certi personaggi, peccato che il film non sia stato sviluppato com<' meritava. Vi si parla di una complicata faccen• da di assicurazioni sulla vita, e di a• genti sguinzagliati alla caccia affannosa di clientela. Ricatti, ballerine e dattilografe (le « cercatrici d'oro») che aiutano nell'impresa gli agenti, musiche, canti, balli, piscine e un personaggio straordinario di vecchio impresario tea• trale, Gegè, sul quale grava una assicurazione di un milione di dollari, e sembra debba morire da un momento all'altro, e invece non muore mai. Intorno a questo personaggio si scatena una lotta furiosa tra chi avrebbe interesse a vederlo morto nelle ventiquattro ore e chi invece vorrebbe farlo campare almeno cent'anni. A questo punto entrano in funzione le « cercatrici d'oro», una delle quali viene assoldata per innamorare il moribondo immaginario e abbreviarne così la vita. L'effetto di questo amore è invece sti• molante e ricostituente: il vecchio ringiovanisce a vista d'occhio e il film ter• mina con le nozze tra ~impresario e la sua amante. Come tutti avranno capito subito, in quanto a moralità, la commedia non è un catechismo. Traspare anzi qua e là quella frenetica, angosciosa, brutale sete di danaro, ch'è propria degli americani, e che a mala pena è velata da un candore e da una ingenuità su~r• ficiali. Gli attori, Victor Moore nena parte dell'impresario e Lee Dixon in quella di cercatrice d'oro, giocano su una recita1ione esatta, prcci~a, reali• stica. Dick Powcll, invece, sembra impersonare un tipico esemplare di una certa categoria di giovani americani, fatua e allegramente ottma j tra tutti i Powcll del cinema amrricano e~li è certo il pil, iMignificantc e antipatico. M. P. A IJ'l'OBIOGRAl"l.t DI CAROLE LDIBA I ONO CONTENTA d_i non es'. ser bella. Non ho hneamcnu perfetti, ma non avete r:nai osservato una donna che 11 pubblico chiama be11a e sa d'esserlo? Non appena l'età le fa perdere il fascino, si può dire che muoia, Essa ha attraversato la vita senza accorgersi delle proprie vere virtù. Invece, una ragazza non bella cerca di avere qualche attrattiva in altro modo: per esempio, con l'clcgani.a. A trentacinque anni ogni bellezza dc-- dina ma una vera donna è allora che riesc: più che mai ad attrarre. S'io fossi stata bella, non ne avrei tenuto troppo conto. Forse avrei .finito C?I fare la giri, Jnvece col volto '.~brutti~o ~ sfregiato 3 diciassette anni m un incidente automobilistico, la mia vita è stata diversa. Se oggi sono quello che so~o, lo devo forse a non essere stata m:u una bellezza. Mio padre era ricco. Quando mio padre e mia madre, la signora E. C. Peters, si separarono, c'era in famiglia una certa agiatezza. . Nacqui incidentalmer_'lte !1 Fort ~\ ayle l'ottobre del 1910, rl giorno sei. La m'ia famiglia venne in California, quando avevo sette ann~. And_ai al ginnasio e alla scuola supenore d1 Los Angeles. Durante gli ultimi an~i, benché mia madre non lo vedesse d1 buon occhio non solo recitai nella scuola, ma ccrc;i lavoro anche fuori. Avevo l'abitudine di frequentare gli « stl;ldi », gli uffici di distribuzione delle parti. sperando ~mpre inconsciamente un colpo di fortuna. Dico inconsciamente, perché credevo che fare l'attrice cinematografica consistesse soltanto nello stare davanti a una macchina da presa. Credevo insomma quello che credono milioni di giovani; pensavo ~he le carriere cinematografiche capitassero per miracolo. Non sapevo allora che occorre invece lavorare, come in qualunque altra carriera che l'uomo o ~a donna intraprenda. Ero molto giovane, cioè molto stupida. Ebbi fortuna, però; e oggi, guardanào al mio passato, non so come sia accaduto. Quando lavo~ai per Mack Scn~ett, lo feci a cottimo, e quando ebbi un contratto con William Fox, ero un piccolo cervellino intorpidito. Non sapevo affatto come si recitasse. Feci un film per Fox, ma quando mi vidi sullo schermo corsi via strillando tant'ero brutta. P~i giun~ il 1926 e mi ac~d?e quel famoso incidente automob1hs11co che mi lasciò una cicatrice che si vede quando non sono truccata. I ~io~ni che trascorsi all'ospedale {lo sfregio m faccia non fu la sola cosa che mi capitò e ci vollero mesi per ristabilirmi), compresi che se dav.vero mi fosse rir:1asto un orribile sfregio sul volto, avrei dovuto incominciare ad adoperare sul scrio il cervello. Quella disgrazia mi sviluppò certe attitudini che non credevo di possedere. Avevo vinto un mucchio di medaglie nelle corse e nel salto in lungo; ero stata la ra{la:z.za-gatto dj tutto il vicinato. La disgrazia volle il suo tributo. Per anni, mi fu impedito di fare il pagliaccio e di saltare come i gatti. Poi andai da' Pathé, dove feci qualche pezzo di poca importanza. Ebbi tuttavia la fortuna di recitare un ruolo principale in « Dinamite , di Ceci! B. De Mille. Ed era anche troppo, per una buffoncella come me, capire che avevo « un uovo d'oro > in mano . Dopo due settimane di prove, De Mille decise di prendermi Con lui, e Mitchell Lcyscn, il suo assistente, che mi ha diretto recentemente in « ldillio ai Tropici », e che mi aveva raccomandato, ebbe il compito di «incendiarmi>. Dopo, feci un film per la « Paramount » : e It pays te advertice ». Fui graziosamente insipida, ma guadagna.i un contratto e partii col mio primo marito \Villiam Powell. Poi lavorai in «Ladics Man» e «Man of the World». Non ero ancora una stella mondiale ; e feci una dozzina di film che non voglio nemmeno ricordare. Sapevo così poco recitare che temevo lo sguardo degli assistenti. La mia più grande fortuna fu quando ebbi l'occasione di lavorare con John Barrymore in « Secolo XX ». Imparai più da lui in sei settimane che con gli altri in cinque anni. Fu ti principio della carriera. Fino allora ero conosciuta come una posatrice : ma a dire il vero non poso, né fuori né durante il film. Sulla scena non sapevo dove mettere le mani, e fuori scena avevo la reputazione di es- ~re un'arrivista. Ma ciò è lontano dal vero. Vivo molto quietamente con Maddalena Fields, la mia segretaria, che sta con me dai tempi di Mack Sennett. Sto molto ~µpartata ; non pen50 che a lavornre. Non mi piacciono le intcrvi,;te. Nessuno viene a casa mia, salvo le zie. Quando lavoro, la mia principa• le ricreazione è il tennis. E, ve l'assicuro, mi piace starmene a crua. CAROLE LOMBARD (Traduzione dall'ingleit di V. M.)

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