Omnibus - anno I - n. 8 - 22 maggio 1937

e wntadini veri; e come sarebbe piaciuto ai Braun, ai Scvering della repul>blit.:a M>cialista questo Arbeitsdienst, questo servizio obbligatorio del lavoro che accomuna nella fatica manuale della strada e dei campi i ragazzi, e con la fine dell'anno anche le ragazze di tutte le cla~i sociali. \ta qui ~i indulge anche ad un altro carattere tradizionale dei tedeschi al loro romanticismo, a quell'amore 'settario e dogmatico per la natura concepita in funzione di rinnovamento morale. A questo impuho sentimentale per i campi, a questo naturalismo etico e filo\Ofico il partito dà corda quanto si vuole ; si parla della bontà della vita all'aria apcrta 1 della gioia che dà il lavoro dei campi, s'intitola il Dopolavoro Kraft durch Freude, la forza traverso la gioia, !:IÌ proclama che il lavoro deve avere una sua Schifoheil, una o;ua lindura e bellezza. Quelle ragazze che ho vedute a un campo dell'Arbe1tsdienst erano davvero esaltate e felici per quella loro dura vita campestre, zappare, falciare, coglier patate e potare alberi, felici delle mani callose e dei c.1.pe)li spettinati e della pelle conciata, e Cl accolsero cantan• do una fiera canzone di lanzichenecchi. E infine, Hitler gli ha dato ìl mito: il mito della razza, con la conseguenza pra.tic:i. dell'antisemitismo. Il mito alimenta l'orgoglio originario, consola delle tristezze della vita, è un vino ine• briaute, è una veste domenicale. Non ~i capirebbe altrimenti perché, confinati gli ebrei in un ghetto più severo di qudli a cancelli cd a catene del medio evo. che gli vieta gli studi e le arti libcrlli, li fa oggetto di disprezzo e di orrore, li fa intoccabilj come i paria dell'India, l'antisemitismo continui ad essere il motivo dominante di tutti i discorsi politici e di propaganda. Ma è uno ,fogo che scarica i nervi ; è il « piove, governo ladro»; è, per contrasto, l'orgoglio dì esser biondi e alti. Un colore, 1111& voce Sconcertante. ho detto, questo paese; e ricco di fenomeni contradditorii. Ma insomma appare una massa compatta e formidabile, un popolo disciplinato e devotissimo. Sarebbe vano chiedersi oggi se il popolo sia più appassionato che convinto, o al contrario più ligio che entusiasta; o quanti superstiti rancori, quante soffocate insofferenze coviuo ancora sotto una reale collaborazione di fatti e di gesti e di parole. S'è visto come la maggioranza della gente ha accolto all'inizio il nuovo ordine di cose pili per stanchezza di quattordici anni di delusioni e di patimenti che per vera fede. Ma in quattro anni della ~tanchczza ha avuto modo di ripo1;arsi1 e la fede è stata alimentata o in- ')pirata da quegli elementi che ho indicato, sentimentali, mistici, e, perché no? miracolistici. E oggi dal lago di Costanza al confine dane~e, dal Reno alla Prussia orientale, non si vede che un colore, non si ode che una voce. Una Germania cosi, Bismarck non avrebbe osato ,;;ognarla, egli che tanto fece per dare unità di nazione all'accozzaglia di re- \tlli e di principati che circondavan la Prussia. o;contro~i, caparbi, insofferenti di quella associazione. (Chi crederebbe og)Zi che meno di dieci anni fa la Ba- ,·icr,\ aveva a Berlino non solo un mini':ttro plenipotenziario, ma un addetto militare? E che un deputato hannoveriano al Reichstag si dolse, al tempo ddla occupazione del Reno da parte dei Francesi e degli bglcsi, che anche lo Hannover è un territorio indebitamente occupato, e dal 1866, e dalla Prui..,ia ?). Né Fichte, che centotrcnta- ~ctt'anni fa immaginava lo Stato ideale come geschlosuner Handelsstaat, ,tato commerciale chiuso, e come Vern,111/tstaat, stato della ragione, in cui cia~cuno ha diritto al lavoro organizzato e preparato dallo Stato, che regola nportazionc e importazione, produ- ,,ione e distribuzione dei beni e prc7..zi. <·ccctera, cosicché ognuno nuò vivere del -,uo lavoro e gli resta il tempo « di i<"varc lo spirito e gli occhi al ciclo». Chiu!a f'ntro i suoi confini, secondo la idea di Fichte, con una moneta convenzionale che non le serve per comperare nulla all'estero, tutta intenta a produrre chjmicamentc le materie pri• mc che non ha in ca.sa, dalla gomma .i.i tessili, dalle pietre dure ai combustibili liquidi, sempre pili straniando~i da dottrine e concezioni e credenze che crede inconciliabili con la sua essenza e la !Ua tradizione, la Germania appare oggi formidabile e misteriosa; capace di tutto il bene e di tutto il male. PAOLO MONELLI ANNO11 NUJI,8, 2UIAOOIO 1937-IV OIINIBUS SETTIJdANALEDIATTUALITA POLITIOAE LETTERARIA ESCE IL SABATO IN 12-16 PAGINE ABBOIIAIIUIITI Italia e Oolonl•ianno L. 46, H,menre L. 23 Est.ero I a:ino L, 70, ,emntre L. 36 08Xl JUMERO 011.t LIRA ihnotcrlttl, dlttg11l • fotografie, anche se non pubbllcatl 1 nou ti reultultcono, Dirt1io11•: Roma - Via del Sudarlo, 28 Telefono N. 6GL6S5 Amm1a.lstrlll1ou: amano . Piana Carlo Erba, 6 Telefono H, 24,808 loc. .boa. 14Jtrl~ .. OM1ftBUI" • MJ.llJIO ITALIANA. ARA~NO poi in buona fede quei giornali di Parigi, di Londr.a, d1 Praga, che si mostrano , grad" olmente • sorpresa del tono t moderato• del discorso <lei nostro ministro degh Esteri e, più ancora, dei propositi di collaborazione, di ricostrw:ionc europea manifestati dal Governo fascista? Eppure - l'ha ricordato &ncora una volt.a il conte Ciano - sono quindici anni che l'halia cere.adi facilitare• una politica di conciliazione e di cooperazione fra quei paesi che la guerra aveva diviso• C\"itando, in pari tempo, la formazione di quei blocchi contrapposti, che sono I&negazione in atto di qualsiasi solidarietà internazionale. Sono questo rispetto, nessuna politica è coerente quanto quella dell'Italia. Le sue più recenti manifestazioni trO\'ano dei precedenti cospicui nei primi &t1i del go\"crno mussoliniano. Il trattato di Roma con la Jugoslavia è del 17 gennaio 1914, gli accordi di Nettuno sono del 17 luglio 1915; il trattato di amicizia perpetua con l'Ungheria è del s aprile 1917; il patto di Tirana è del 1917; l'amicizi& con ·la Turchia viene riconsacrata net m&ggio del 1928 e quella con la Grecia nel settembre del medesimo &nno. L'atteggiamento dell'Italia n·rso l'Austria si delinea all'indomani stesso della :Vlarcia su Roma e quello \"CTSOla Germania nel dicembre del 1922, quando :vtussolini istituisce l'inscindibile connessione dei debiti e delle riparazioni. La revisione dei trattati che perpetuano la guerra è la pregiudiziale della politica mussoliniana. t dal 15 ottobre 1931 il suo supremo appello alla coscienza dell'Europa. • Dovranno vcr&mcnte pass&rc sessanta lunghissimi anni prima che sì ponga la parola fine alla tragica contabilità del dare e dell'avere spuntata nel sangue di dicci milioni di giovani che non \·edranno più il sole? E si può dire che esista un'eguaglianza giuridica fra le nazioni, quando da una parte stanno gli armatissimi fino ai denti e dall'altra vi sono Stati condannati ad essere inermi? E come si può parlare di ricostruzione europea, se non \"erranno modificate alcune clausole di alcuni trattati di pace, che hanno spinto interi popoli sull'orlo del baratro materiale e della disperazione morale?•· Non ci fu iniziativa a favore dcli& p&ce, dal trateato di L..ocarnoal Patto Kellogg, alla quale :'\1ussolini non abbia dato il suo concorso efficace. Le proposte italiane per il disarmo si rivelarono le sole Mtuabili, dopo il tramonto dell'assurdo Protocollo del 19a4. Memorabile il suo discorso al Senfllo del 5 giugno 19181 che fissa le condizioni del disarmo. li Governo italiano si dichiara n priori disposto ad assumere come limite dc, propri armamenti cifre qualsiasi, anche le più basse, purchl non sorpassate da nessuna altra potenza continentale europea•. :,..;c1 930, alla Confcrcnz.&na\·alc di Londra, l'Italia è pronta 11daccettare la simultanea abolizione di due dc.i più micidiali mezzi di guerra na- \•ale: le na,·i di linea e i 1ot1omarini •. :\'cl 1931. a Ginevra. fa ancora un passo avanti, proponendo l'abolizione delle artiglierie pesanti di ogni specie, dei carri d 'asnho, dell'aviazione da bombardamento, dei gas asfissianti. E chi può dire quale sarebbe la situazione internazionale se il Patto a quattro, - allo spirito del quale si dovrà fatalmente ritornare, - non fosse stato cosi stoltamente combattuto proprio d111 coloro che a\'rcbbcro potuto trarne i maggiori '"antaggi? E cosa c'è di mutato nella valutazione mus.soliniana della Società delle )fazioni? La Società delle N'azioni è un duetto franco-inglese, do\·e la situuionc dell'Italia~ statl'I sempre di anoIuta inferiorità,. Sono parole del 16 novemb"rc 1926. E nell'ottobre del 1932. nel discorso di Torino. :vtussolim dich1&rache 11'1 Società delle Nazioni è• malata•. m&che appunto per questo si deve vegliare al suo Olppezzale. Sono quindi assolutamente fuori di proposito le sorprese della stamp& estera di fronte alla moderazione• del discorso del conte Ciano. Fuori di proposito soprattutto i commenti che si riferiscono a quel passo del discorso che tratta delle relazioni italo-francesi. Nessuna meraviglia è lecita. L'Italia non modifica, solo pcrch~ la situazione della rappresentanza diplomatica francese a Roma è alquanto anormale, la sua \1isionc generale dei problemi europei e, meno ancora, i suoi metodi e i suoi obiettivi. Non esistono fra noi e la Franci& questioni essenziali che ci di\,idano in maniera profonda•. I.A rct11fìca dc\'C venire da Parigi. Specie se si \"Orràaddivenire , quel nuovo Patto occidenule, a quella Locarno nume1o due, che non si riesce a mettere insieme. Londra ha fretta di concludere perché tro\·a onerosi gl'impcgni consacrati nella lettera del 1° aprile. che significano una ,·era e propria &!leanza mili1are anglo-francese, mentre I& Francia pare disposta a starsene contenta al qura, Su tale questione chiarissime sono le idee dell'Italia: ritorno al ,·ccchio trattato di Locarno, alla sua s1ruttura originaria, tenuto conto, s'intende, della nuova situazione determinatasi con l'in1zia1iva del Belgio con- \'lllidaca dalla recente nota franco-inglese. I\la non è il caso di parlare di collegamenti con un qualsi&Sipatto orientale, che interessi comunque la Russia sovietica. Il sistema della sicurezza collettiva è estraneo ai merodi seguiti dalla diplomazia italiana, perché sicurezza collettiva - s1 ricordi il discorso di ~tilano - significa guerra collettiva, Patti bilatera.li, adunquc, che prcsen1ano il vantaggio di riferirsi a interessi veri, reali, concreti all'infuori di quelle votate utopistiche ideolo!l1C,che val'{ono unicamente ad estendere i conflitti a paesi che debbono restarne immuni. f: questa veduta fondamentale, che non è solo d1 mclodo. che ha consolidato l'asse Roma-Berlino. Non è, l'asse Roma-Berlino, e l'ha spiegato con mirabile chiarezza cd efficacia persuasi\"a il conte Ciano, un blocco direuo contro qualcuno. È p1unos10, come ebbe già a dich1ar:ue il Duce, un punto di riferimento, un caposaldo, int0mo al quale hanno trovato e tro,·cranno il naturale orientamento le foru che intendono salvaguardare la c1\·iltàdalla minaccia bolscevica e compiere una proficua e durevole opera di ricostruzione. Come tale non richiede protocolli da agg1unl,(crs1a quella firmati , in occasione del recente \·iaggio a Berlino del nostro ~tinistro degli Esteri. In Inghilterra 11discorso del conie Ciano è stato inteso e interpretato alla lct1er:1..Come si do\C\'a. Anche q'Ja grade\'olc sorpresa forse perché le decisioni in~les1 in materia d1 riarmo non ci hanno mmimamcn1c turbato• llor1i smt. IL PRONTt POPOLARE t UN"IDE! OHE B.! TAOVATODELLE PIETANZE GARANZIA DI PACE C.:HE PUNTO siamo col piano re1.lolator, dell'economia italiana che il Duce tracciò il ,3 marzo XIV in Campidoglio? La risposta l'ha data il Duce stesso nel discorso del t s maggio alla terza assemblea delle Corporazioni. In un anno si ~ fatto molto cammino, più di quanto si prevedeva. Le cifre e i dati offerti da :'\1ussolini al popolo italiano sono di un'eloquen1..a perentori&. In &lcuni settori l'autonomia economica ~ un fatto compiuto. ' in altri è prossimo a compiersi, in altri, infine. la situazione è di gr&n lunga migliorata. t una vittoria della volontà. Indipendenza economica od autarchia economica? Indipendenza economica. L'autarchia, cioè l'indipendenza economica assoluta, al cento per cento, non è possibile e non ~ nemmeno desiderabile :'\'essuna nazione del mondo può realizzare sul proprio ctrritorio l'ideale dell'autonomia economica in senso assoluto, cioè al cento per cento e se anche lo potesse, non sarebbe probabilmente utile. :'\,la ogni nazione cerca di liber&rs1,nella misura più larga, dalle scr,·itù economiche stranie1e. V'è un sc11orc nel quale <ioprattutto si de\·e tendere a realizzare questa autonomia: 11settore della difesa nazionale•. Non occorre dimostrarlo. L'autonomia politica. cioè la possibilità di una politica estera indipendente non si può più concepire senza una correlativa capacità di autonomia economica•. Ecco la lezione scaturita dalle sanzioni. Su que11tastrada l'Italia si è messa fino dall'inizio del conflitto etiopico cd oggi può guardare con serenità e con fiducia l'avvenire prossimo e remoto. L"agricoltura, !"industria, il commercio, la scienza, la tecnica, tendono solidali a questo obiettivo. che è di equilibrio e di pace. Anche e soprattutto di pace. • L'autarchia è una garanzia di quella pace che noi fermamente voitliamo e un impedimento ad c,·cntuali propositi aggressivi da parte dei paesi ricchi. Chi ha corso il rischio di essere strangolato dalle corde della guerra economica, u che cosa pensare e come agire•. Si è osscn'llto, e giustamente, che l'Impero, con le sue giacenze pressoché illimitate d1 materie prime può recare e recherà un contrJbuto decisivo e integrati\'O all'indìpcndenz& economica nazionale. I\h non va dimenticato che le nuo\"e terre dell'Africa italiana distano circa diecimila chilomctr1 dalla Patria e che le comunicazioni si S\'olgono attraverso passaggi obbligati. f: quindi probabile che l'indipendenza economica sia in massima parte affidata alla produzione metropolitana, opportunamente sorretta e integrata dalla produzione imperiale. anzicht ad un vasto e progressivo S\'iluppo complcment.ire delle due economie. L'indipendenza economica è un fatto eminentemente metropolitano. 1'on è senza una ragione che il Duce ha messo in cosi alto rilievo il compito delle Corporazioni cd ha avuto parole di cosi \'1vo elogio per l'opera finora compiuta. Saranno, infatti, le Corporazioni che dovranno attuare con metodo ri~oroso, attra\·erso la cosuntc autodisciplina delle catc~orie della produzione, il piano grandioso della nostra autonomia economica. Esse son c~li&no l'&ndamcnto dei prezzi. sottratti alle esose spcculaziom, regolano gli stipendi e i salan in rapporto alle oscillazioni dei prezzi, presiedono all'islltuiione dei nuon impianti industnah e all'ampliamento di quelli esistenti. siglio dei ministri, cosi opportunamente ricordata dal Duce, che affida alle Corporazioni l'esame dei nuo,•i impianti 1ndu~ 11r1ali. A decidere non è più una commissione ministeriale, do,·e tro,·avano la rappresentanza solo gli esponenti dell'industri&, nel duplice settore del capitale e del la\·oro, ma la Corporazione, che aduna in ,t i rappresentanti di tutte• le categorie della produzione oltre quelli del Partito. La riforma è sostanziale e ferma automaticamente qualsiasi tcndenz.a monopolistica, come quella che permette il ripristino di quella sana e leale concorrcn:za, a base di pcrfezìon&mcnti tecnici, che, sola, pub determinare la riduzione dei costi di produzione. t desiderabile che I&stessa logica la quale ha suggerito il recente pro\'vedimento del Consiglio dei ministri in tema d'impianti indus1riali promuoya un'analoga decisione per quanto si attiene ai consorzi. I consorzi, quelli di produzione come quelli di \'endita, tendono fatalmente a costituirsi in monopolio e si sa che il monopolio, qualsiasi monopolio di aziende con,orziatc, pratica i prezzi sulla base dei costi dell'impresa che li ha più elc,-ati. t ben vero che una disposizione di legge - opportun&mcntc richiamata di recente dal minis1ro Lamini - prescrive il più rigoroso controllo sui consorzi da parte delle Corporazioni. Ma non sarebbe preferibile che, fermo restando tale controllo, le Corporazioni fossero chiamate a pronun:z.iarsi .!Lull'opportunitào meno di costituire dc.inuo\i Consorzi? TESTE E PESTE LE FESTE per l'incoronazione sono state, a quel che pare, grandiose. t:na folla di tre milioni e mezzo di fedeli sudditi d1 Sua Maestà bntannica 51 è pigiata nelle vie d1 Londra per assistere alla sfilata del corteo reale e per acclamare 1 suoi amati sovrani. Anche Cromwell, quando tornò a Londra dopo aver disfatto gli scozzesi, fu accolto in tnonfo da una folla 1mmt'ns&, delirante d1 gioia. Ed egli disse che sarebbe accorsa una folla due volte più numerosa per vederlo impiccare. Con quell'entusiasmo per le 1smu.z1oni, che e caratteristico dei paesi veramente repubblicani, la stampa francese, 1n questi giorni, ha dedicato intere pagine alla descrizione delle cerimonie dell'incoronazione:: fotografie dei Sovrani, di penonaggi della Corte, di personalità politiche o di semplici c1rtadmi inglesi; arucoh innumerevoli e di tutti i generi: storici, politici, di diritto costituzionale, ccc. La nota dominante di tanta prosa è stata quella della fedeltà, della devozione dei sudditi di Sua Maestà bmannica per le persone dei Sovrani e per l'istituzione regia. In conclusione, a seguire i giornali francesi di questi giorni, c'era da credere che si trattasse dell'incoronaz.ionc d1 un Re di Francia, o, anche, che i concittadim di Uon Blum fossero diventati sudditi di Sua :vtaestà britannica non meno fedeli e non meno devoti di quelli propriamente inglesi. Si capisce, perciò, che il governo di Uon Blum abbia proibito le feste in onore di una Santa così inattuale e anustorica come Giovanna d'Arco, che osò combattere appunto per impedire che i francesi diventassero sudditi del R~ di Inghilterra. IL VOLTO DEL RE SE:"JZA spingersi così lontano,_ non è difficile ricordare tempi in cui l'opinione pubblica francese era tutt'altro che amichevolmente disposta verso gli mglcsi e la stampa parigina non si mostrava cosl nspettosa ed entusiasta per la Corona britannica, come oggi. Ricordiamo fra le infinite pubblicazioni anglofobe, apparse 1n tutti i tempi rn Francia, un ceno numero dell'Assiette au beurre, che ebbe un successo clamoroso durante la guerra del Transvaal. Esso era intitolato: I campi di concentrazione• cd era stato compilato a curi di Jean Vc- ~r. Gli inglesi vi erano accusati d1 tutte le atrocità e di tutte le turpitudini, che, poi, nel 1914 diventarono monopolio dei tedeschi. E vi era, fra l'altro, una caricatura di Vcber, che d1ventb famosa, provocò un intervento diplomat1co e contribui potentemente al grande successo del gfornalc: • L'impudica Albione•· L'Inghilterra era simboleggiata da una sconcia cd ornbile donna, che scopriva il suo dietro, nel quale si riconosceva 11 volto di Edoardo VI I. li numero del giornale, ccnamente a richiesta dell'Ambasciata di Inghilterra, fu proibito. P<&i fu concesso il permesso di metterlo in vendita in una nuova edizione, in cui l'augusto sedere era convenientemente velato con una gonna a palle blu. Le Crapouillot nel 1931 riprodusse il disegno originale e fu sequestrato. Premesso che, per nostro conto. tro- :'.'Jonsi può non ossen·arc, a questo proposito. che !"economia corporati\"3 st rivela ogni giorno più un'rconomia rJ\'oha a due scopi essenziali, che s1 integrano a \·icenda: riduzione dei cos1i di produzione cd clim1naz1one dei monopoli. f:: in que"ito senso che ,·a interpretata la recente dc.libcrazirmc del Con- VECCHI! INOHILTE''RA PICCOLO-BOROBESE v1amo la detta caricatura estremamente volgare, pure ameremmo riprodurla a solo scopo documentano: o meglio, per deporre un fiore sull'altart dei rinati e nnvcrd1t1 amori anglo•franccsi. Recentemente, un autorevole giornale francese ha affermato che nel volto del sovrano m• glcsc s, riassume non soltanto lo splendore della regalità, ma la grandcna della stona inglese, la potenza dell'impero inglese, ecc.; c'è da aggiungere che il volto d1 Edoardo VIJ simboleggia nella storia anche qualche altra cosa, éhc interessò più direttamente la Francia: l'Intesa cordiale. Dato ciò, on rtste rit.tc.r nel constatare quale indegno collocamento la caricatura france.se assegnasse all'augusto simbolo d1 tante e cosi illustri cose. "COROIIATIOII COMMEIITART" A. CURA della Boolt Societ)• of Englond è apparso, m questo mese, a Londra, un Commento all'incoronazione. La Società ne avc\la affidato la compilazione al signor Gcoffrcy Dcnnts. Capo del Servizio Documenti della Lega delle >:"n1oni, competente 10 matena di stona e di procedura della Corona inglese, autore d1 numerosi articoli d1 riviste e che ha per moglie una pronipote di Dante Gabriele Rossetti, Si sapeva che egli aveva fatto gli studi a Oxford insieme col Duca d, W1ndsor; e, anche per questo, si aveva ragione di presumere c~c egh non avrebbe mancato di rispetto vci;so l'c.x sovrano. I nvcce ecco alcune delle hotiz,e e delle considerazioni, che s, son potute leggere nello stupefacente Commento: Su J1rs Simpso,i: (Re Edoardo a,eva scelto) per Regina d'Inghilterra una donna errante, uni bottegaia due '\'Ohe d1vorz1ata da due cx mariti cnuamb1 viventi ... Ella era troppo in basso, ella urtava troppo duramente l'idea e l'1deale, il sogno e il mito che la nazione ha della regalità femminile ... Essa non faceva per noi. Il salto in basso dalla Regina :\Jary alla Regina \\'all1s sarebbe stato un pr - c1pizio•. Sugli ami<i di lei:• In generale costoro non facel'ano onore al grande paese, che essi a,·el'ano sfruttato e. da cui si erano &llontanati, né all'altro in cui facevano 1 bravi e che guidavano ... Sembraa che col loro denaro potesse:o comprare ogni cosa ... Il loro accento comincia, a ad 1mpors1 anche agli mg~csi stessi, m circoli veramentr- smart; SI commc1a\"a a udirlo - non lo udtstc que·lla notte' nella voce dello stesso giovane: D10 dclll tribù ... Costoro circondavano il re e, dal momento del suo avvento al trono, di\'entarono 1rsolcnt1 e senza freno. I I mondo era poca cosa per la loro ambizione. La donna che per prima era entrata ai Comuni. era stata una amene na d1vor:z1ata; e allora pe-rche no? ... Alcuni dei più spregevoli fra i, 1n:nt1 e che 11 loro paese d'ongme a,·e\'a con sdegno vomitati, erano int1m1 del nostro Re.• Sul Duca di lf'indsor: Io credo che nessuno, senza fare della bassa adulazione, avrebbe potuto dire che egli avesse delle doti art1st1che o mtcllcttuali o gli anebbe potuto attribuire uno sp1mo sottile, notevole o specialmente mteressante ... All'età di quarant'anni, cgh non a\·cva mai sentito parlare d, quella grande scrittrice che fu Charlotte Brontf ... :'\on ave,·a amici, e del resto era incapace di a,·erne. Gli esercizi violenti non furono per lui, dopo i trent'anni, uno stimolo sufficiente ... D1sgr.1z1at.1mcnte... egli fece e disse. \"3rie cose nella sua infatuazione. La prodi - galità della sua amante. Le sue rumorose furie regali contro coloro che si opponevano al suo legame. Quando s, isp1rb ad altre fonti, dimostrò dc1 coraggio. In alcune ore, fu di una ostmaz1onc irregolare o erotica. Lasciò cose incompiute nella sua infatuazione. Dovcn ne~letti. Carte curiosamente annotate, alla maniera del Kiuscr.. Ore trrcgolan, abitudini 1rregolan; un miscuglio . La pubblicazione è stata un \"ero scandalo. Dal suo esilio in Austna, Edoardo di \Vindsor era rimasto silenzioso d, fronte al sottile e astuto attacco d1 Hcctor Bolitho. :'\la di fronte all'attacco del Coro,ratio11 Commentar)' la sua ira è scoppiata m termini non equivoci. L'editore Hcmemann è stato invitato dai suoi avvocati a ritirare immediatamente d31 commercio il detto Commentary. sotto minaccia di querela 4)er diffamazione (libello); ed è noto che avano alle Corti d1 Londra le cause di difTamu1one si vincono facilmente. Il Commenfary, infatti, è stato ritirato. L "editore Heìnemann e lo autore Denms hanno fatto umilmente le loro scuse. Per conto nostro, non abbiamo da aggiungere che un breve commento. Tutto 11 mondo ammirò 11 senso di di. sc1plina e di lealismo di cui diede prova la nazione inglese prima della crisi della Corona e durante la crisi stessa. Finch~ lo scandalo non scoppiò, tutti tacquero: nessun deputato, nessun giornale, nessuna personaJitq s1 permise d1 fare il minimo cenno, la più piccola allusione a quel che accadeva intorno al trono. Quando poi la crisi scoppiò, la nazione fu una• nime: e diede al suo Gonrno tutta l'autorità d1 cui esso aveva bisogno per liquidare una situazione così delicata. Ma noi avremmo ammirato assai più la nazione inglese se questo stesso atteggiamento di riserbo e d1 dignità fosse stato osservato anche dopo. lnl'ece, subito dopo l'abd1<:az1one, l'ex Re fu attaccato dal~ l'Arcivescovo d1 Canterbury; ora lo attacca un funzionano, che si affretta a fare le scuse di fronte alla minaccia di una querela. In conclus1one, finché Edoardo VI 11 fu crede del trono e, poi, re, tutti i suoi fedeli sudditi tacquero sui suoi errori~ e ora che non è più re, 1 suoi fedeli sudditi s1 ricordano de, suoi errori e li mettono in pubblico. Sono questi I limi11 del lealismo inglese. Esso cessa do,·e do'"rcbbe cominciare la genero~11à OMNIIlUS

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