Omnibus - anno I - n. 8 - 22 maggio 1937

IL VlAGCIO dr-i" Sovrani d'Italia a B~d_al:'cst rico~sacra solcnntmcntc l'am1c1z1a fra I Italia e l'Ungheria. Il suo significato va oltre la semplice rc- :it1tuzione della visita a Roroa del Reggente Horthy. Fra l'altro, c!ISo ha luogo all'indomani della decisione presa dall'Ungheria di procedere senz'altro al proprio riarmo. La d~liberazionc è conseguente al convcRn0 di Vienna del novembre scorso, dove i capprcsentanti dell'Italia, dell'Austria e dell'Ungheria si trovarono • pienamente concordi nel riconoscere la lcgiuimità del punto di vis!• dell'Austria e dell'Ungheria per quanto riguarda l'uguaglian:u dt dirit1i in materia di armamenti, uguaglianza che risponde a un elementare principio di giustizia•. Ad es.sa replicò immediatamente la Piccola Intesa mediante un comunicato da Bucarest: • Gli Stati della Piccola Intesa considerano necessario ricordare che già dal mese di maggio 1935 essi hanno dichiarato in maniera e1plicita la loro adesione, in materia dì armamenti, al principio dcli' eguaglianza dei diritti, ma alla condizione che la sua realizzazione sia effettuata III meno di liberi ncgozi.11tie sia accompagnata dR garanzie formali d1 sicurezza». Naturalmente l'opinione pubblica ungherese reagi subito cd energicamente. Una nota ufficiosa defini\·a senz'altro come inaccettabile la pretesa della Piccola Intesa. •Ù si riconosce o si rigetta l'~igt'nza dell'Ungheria per la parità militare. Ancora meno chiara è la pretesa di garanzie di sicurezza. Quali ganmzie? Solo la disuguaglian.r.a di diritti è fonte di inquietudine, mentre la più salda garanzia di sicurezza è la parità. L'Ungheria non aderirà mai alla cosiddetta sicurezza collettiva ed ai patti di mutua assistenza. In nessun caso l'lJnghcria renderà oggetto di merc,uo le sue legittime richieste•. Risposta ineccepibile. Il riarmo ungherese, se deve ,uuare.la parirà di diritti, non può essere una concessione da parte di Stati che fanno parte di una coalizione avn,rsaria, concessione che perpctuc1ebbe una situazione di inf,.riorità politica e mon1le. Deve essere un atto di so,,ranità. Questo in linea di principio. In linea di fatto, non si riesce a vedere in che cosa potessero consistere le • garanzie fo1mali di sicurezza• invocate da Bucarest. Alla forza armata glob.'lle di s.; divisioni (che diventano 83 in tempo di guerra) dei Ire paesi che la circondano, l'Ungheria non potrà opporre che trentamila uomini in tempo di pace e poco più di 300.000 in tempo di guerra. Non occorre il dono della profezia per comprendere che, presto o tardi, si porrà il problema di rendere giustizia all'Ungheria, la grande mutilata•, come la definl il Duce nel discorso di ).1ilano. All'indomani della guerra l'L:ngheria perdette il 68 per cento del ..uo territorio: 191.756 chilometri quadr- 11 su una superficie totale di 282.870. Perdette il 56 per cento dc.Ila sua popolazione: 10.792.500 su 18.265,000. Perdette il 90 per cento delle sue foreste, il 6s per cento dei suoi vigneti, il s6 dc.i cavalli, il 69 del bc- .niame, il sz delle officine, il 57 ddla terra colti,·ata. Fu privata di oi;<nisbocco al mare. L'amputazione parve cccessiv1l allo stesso ~l1llerand. Nella sua qualità di presidente della Conferenza degli Ambasciatori riunita a Parigi, egli in\iava -alla dcle'{azionc ungherese (16 mal{gio 1920) una lettera nella quale riconosce\'a la possibilità di una revisione. Fedeli al principio al quale si sono i'ipirate tracciando le frontiere fissate dal trattato, le Potenze alleate e associate si sono preoccupate dcll'c,·entualità che la frontiera cosl tracciata non corrisponda in tutto con prcci- ,ione alle esigenze etniche cd t:eonomiche. Forse un'inchiesta condotta sul posto mostrerebbe la ncccs.sità di spostare in qualche regione il limite pre\'eduto dal trattato•. Gli inviti ungheresi per questo nuovo esame, per questa inchiesta condotta sul posto•, furono molti, ma sempre inascoltati. Quanti sono gli ungheresi ta'{liati fuori dalla madrepatria? Quattro mihoni si dice a 8udapest; due milioni e mcz7,0 si dice a Pra'.:a; due e mezzo conferma l'Ancel, indiscusu autorità in materia di problemi balcanici, per quanto II questi due milioni e mezzo llggiunga un altro meno milione di magiari della Rumenia, che a suo giudizio non potrebbero essere restituiti alla madrepatria scnT.a creare nuo,·e ingiustizie in altro senso; tre milioni e quattrocentomila,afferma il Jourrwl de Grnh:e e cosi distribuiti: un milione nella Cecoslovacchia, massa compatta; due milioni m Rumenia, variamente disseminati; quattrocentomila in Jui;<oslavia, In~iusuzia evidente. Si dice, dai fautori delle, Piccola Intesa, quali l'Ancel, che al tempo dell'Impero asburuico solo il 48 per cento del totale della popolazione era di razza magiara, allo scopo di giustificare la situazione aw,ale . .;\la è un errore, perché il \·ecchio Impero cadde appunto perché le nnionalità erano ini.:iu.stamentc oppresse. ~on è quindi prudente 1ostenere, come fa una parte della pubblicistica dt 8udapest, che è ufficio dcll'l,;ngheria c<;crcitare la sua preponderanza su quelle popolazioni danubiane che non sono abbasu1n7,a insignificanti per fondersi con le grandi rau,e, e non abbast::inu forti per costituirsi in un'unità politica indipendente Si presta il fianco alla critica, specie a quella di Bucarest. .\lc~lio attenersi alle posizioni sulle qual, non cade dubbio alcuno. Ufficio dcll'l.:n~hcria ~ im•ccc quello di costituire un elemento di equilibrio nella Penisola halcaniea, fra sla\·i e 1ede5chi. Tale ufficio le deriva dalla sua CO\l'itttuzione etriica e dalla sua 6toria. Per la ~ua fonna:,,.ione culturale e~,a appartiene all'Occidente, per la ra,:,:a e per il tempcramentr) all'Oriente, nella 1ua più intima ei.~en:u .. nc...,.,uno dei du.c. f; quc.sra Qri,'{mahtà che le a'i~C.L!n,1un comrito orilàn11Je. _Ueriid)llid)mnd1uno ber unb bes nerfalls r IU,NlPESTO A.NTI8Ell[ITAPEB LA DU'ESA DELLA lUTERNJT! IN OER-!UNIA MISTEHIOSA-GEHMANIA Germania d'oggi è sconcertante. È nuova cd antica, è inatlL''ia e tradizionale; è contradditoria. Ct·rti fenomeni che oszgi sbalordi ..cono l'osservatore superhci.1h: u.,-,cono invece da una antica e fondamentale attitudine di questo popolo. Così è, per esempio, la pcrfctta disciplinata inquadratura delle mas,;;c nelle adunate, nelle manifestazioni, in quelle (•normi coreografiche formazioni che rallegrano soprattutto l'occhio e che ai tede'ichi, popolo senza immaginazione, valgono sole a. dare il scn'-O della potenza, a rendere tangibile l'idea a cui essi servono. I cortesi accompagnatori che mi mostrarono a '.':'orimbcrga le vastissime arene e i piazzali e le gradinate e gli immrmi palagi destinati ad accogliere per gli otto giorni dei congre5si annuali del partito le centinaia di migliaia di persone inquadrate e composte, ci getta• vano quelle cifre delle superfici, delle distanze, delle folle, con voluttà e con orgo~lio, come se esse sole rraJiz,.asscro la potenza d('\ movimento nazista. L'ometto che ci portò in giro a Berlino prr il foro olimpionico, numerandoci le i><'r,;oncche potevano prendere pO\to "ullc gradinate (le vidi il giorno dopo armonio,;;amente gremite della gioventù bianca nera e bruna, C'-attissimamentc colme nei loro settori, nesc.un gruppo prendeva più posto di un altro, le scalinate fra ,;cuore e ,;;ettore furono più tardi ordinatamente occupate da altre uniformi in modo da con ..cn·are quella divisione all'occhio), l'ometto badava a ripeterci quel .- centomila spettatori > con una (·c.alta1.ione commovente. (~,fa poi gli venne un sospetto e ci chiec.e: « E qu.,11ta ~c11tC' sta nrl vostro Colo,;,;;eo?» e Cinquerentomih », feci io. e Alme• no »1 ribadì il compa~no. E l'ometto tacque per tutto il n•,;to della. giornata, pt·rduto in profondo 'ibalordim<'ntoJ. ~fa. dice,:o, qu,·..,to non è nulla <li nuo,·o. Sempre al popolo tNh~\co è piaciuto ordinar-,i, compor"ii in ~ruppi compatti. dir Rrihen /est gerchfostcn, rome ,;i canta nelle ~ue canzoni, I<· ri~iw bC'n henc strrttl". agli ordini ,tcntord di un c.1po. Ch(' ,·01 iania ti• ran fuori quando cUnno un comando, ~1a p11r<· ~ii fanciulli Pd .\lit· f,rnriull1•ttr di Hitler, è incredibile per chi non l'ha udita una volta). Quando la Germania era ancora divisa in partiti rigidi come blocchi di marmo, e pareva gran meraviglia ad ogni nuova elezione se qualche migliaio di aderenti se ne scheggiavan via, vidi correre le vie a gara ed a sfida da un lato i giovani di Bismarck e gli Elmi_ d'acciaio cd i popolareschi, come si chiamavano allora i seguaci di Hitler (VOlkische), e d.tll'altro i giovani repubblicani dell'Eribanno (Rcichsba,in) e del Fronte di ferro, e fra gli uni e gli altri i giovani comunisti; ma tutti, stretti attorno alla bandiera uncinata, o a quella gialla rossa nera, o a quella rossa, marciavano disciplinatissimi, in cadenza, agli ordini di severissimi capiplotone, cantando e ingiuriando e tacendo a comando, e nessuno sgarrava, e nessuno stonava, e nessuno uecciva dai ranghi. E come ho raccontato in un altro 'posto, un giorno lontano di subbugli per la mala moneta e la carestia, ho ve• duto ~ente dei partiti estremi che saccheg~1ava un negozio con bella disciplina, a due per due, i più vecchi davanti, i più impazienti cacciati in coda da c.everissimi capisacchcggio. /\\tre cose, invece, maravigliano. Chi tiene a mente come i tedeschi hanno avuto in ogni tempo il senso della dignità della loro classe, della casta, dell'appartc-nenza chiu,;;a ed esclusiva a.d un mestiere, ad una corporazione, ad una professione, stupisce nel leggere la recentissima ordinanza che manda pc-r due mesi a lavorare in campagn:i o nelle officine borghesi, funzionari dello stato, rigidi Beamte che guai chiamarli ~enza dargli il giusto titolo che gli compete, pacifici, compassati, r con sul viso gli Scl1misse,i dei duelli ,;tudcntec.chi. Anche certi fatti minimi dànno da pensare. Passeggiavo un ~iorno p<"r la campagna con un Jlt<> ftmzionario, che incontrando operai, cittadini, cd una. vecchia mendicantl", e raganetti, e un poliziotto, da tutti fu salutato e a tutti ricambiò il ~aiuto con le parole /-lcil 1-1,tler, salutr a Hitler, che ogg-i sono dawcro il c;olo 'ialuto in tutt.i la Germania; e mai lui o gli altri 5j sba~liarono, mai di,,.(•ro, che so \ l 1 Guten T ag o Griùs Gotl; rd è vcramrnte da meravigliare.i dH <]tH·~taforma di "aiuto in co,;ì porhi anni ahhi..1.df'I tutto ,;pod<'stato le :m1ichr. i,tintivc, appn•,;e fin da hambino. E vi pare che questo piccolo fatto, più che altri, sia dawcro indice di un profondo mutamento avvenuto nel popolo, Le duerlvoluzloul L'ammirazione per questa Germania risvegliata e per l'uomo che la dirige, i paralleli che si possono fare con quello che è successo da noi, i confronti con quello che i tedeschi hanno preso da noi - specie il Dopolavoro e l'educazione della gioventù - la comune lotta contro le teorie e i sov\!ertimcnti bolscevichi e comuni interessi nel campo internazionale, la stessa simpatia che avvicina obgi l'un popolo all'altro, tutto questo non deve tuttavia. jndurrc in noi quella confusione d'idee, voluta o no, per cui i e rossi » di tutto il mondo chiamano indistintamente e fa<;cista» ogni dottrina contraria e e fa.sci5li > tutti quelli che ad essi si oppongono, tedeschi o italiani o giapponesi o requetés; né farci chiudere gli occhi dinnanzi alle differenze fra le due rivoluzioni, l'italiana e la tedesca. Oggi siamo amici e collaboratori; ma è bene conoscersi come siamo, e non come crediamo di essere. Corrono fra le due rivoluzioni divarii essenziali: storici, psicologici, sociali. Si pensi per esempio al valore che ha l'antiscmjtismo e il mito della razza per i nazisti ; così forti e ribattuti argomenti della propaganda e della dottrina che paiono talvolta i soli clementi positivi del movimento; ed al nessun \!alore che essi hanno avuto cd hanno per il fascismo. Si pensi come naturalmente il fascismo parla per concetti generali ed uni"crsali, come si richiama a fenomeni puramente umani cd immuni da contingenze di tempo e di razza, per cui lo si può concepire come una dottrina che può applicarsi a diversi Stati e nazioni, e come il nazismo al contrario tende a isolar~i in un suo concetto aristocratico cd esclusivo di raz1.a1 irto di anti e di anti come certe mazze medioevali da combattimento. (Dirci o dodici anni fa, os- ~ervando in Germania le prime manifestazioni del movimento hitleriano, not.1i che in fondo in fondo il contra5to fra nordici cd t>brri è formato da~li <;tt•s,;;cilementi che creano una fondamentale insofferenza di rana fra nordici <' latini; e scri\'cvo pree;c;apoco che « i popolareschi germanici sono tanto antisemiti quanto anticattolici; al grido di " abbasso Giuda ", accompagnano il grido di " abbasso Roma " ; ~elfa°~h~!sag~~~~~~ tJ:r~nf'n ~ii~t~o~ me i riti orientali degli ebrei; poiché ad essi, etc. etc., fa tanto ombra il pratico cosmopolitismo di Giuda come l'illuminata universalità di Roma». Queste cose, mutatis mutandis, ed osservando in contrario come il fascismo sa essere universale e cattolico, si possono ripetere ancor oggi). Si pensi infine - ecco chia.rirsj qui il contrasto con Roma - come il fascismo è nutrito del senso romano dell'individuo, della famiglia, della giustizia, e come il nazismo nei suoi estremi viene a conflitto con i principii del diritto romano e nostro; sostituendo la mistica concezione germanica dell'onore alla pratica concezione romana del diritto (Rosenberg [Der Mythus des XX Jahrhunderts]: e Gli influssi romano-siriaci guastarono il concetto nordico originario del diritto basato sull'idea dell'onore». Ulpiano: e ]us ejt ars boni et aequ.i >. Così Rosenbe·rg, che è dogmatico di queste cose, fa confusione fra possesso e proprietà i elogia la poligamia maschile, almeno in certi stadi della storia, quale cagione della potenza germanica; etc. E si confronti il concetto puramente giuridico che i Latini avevano del seruus, individuo di minori diritti, con quello mistico dei Germanici per il cittadino di razza reputata inferiore; per il quale non c'è né manomissione né riscatto né speranza di essere mai, nemmeno nei figli, un e libero>,) Hitler Il mistico L'awento del nazionalsocialismo non ha avuto in Germania gli stessi presupposti del fascismo. Non si è avuto in Gennania quel nostro periodo tu• multuoso, febbrile, breve, di subbue-li, di violenze, di scioperi a scoppio continuo, di totale disordine della vita nazionale per cause interne. In Gennania c'era un generale malessere dovuto alla sconfitta, alle riparazioni, ma cronico, non acuto; c'eran milioni di disoccupati, ma tanti quanti cc n'cré'U10 in quel tempo nella ordinatissima Gran Bretagna; gli scioperi, i subbugli, s'c• rano avuti al tempo dell'inflazione e della occupazione nemica dei territori di confine, ma era.no ormai finiti; poco prima del colpo di Hitler la Germania era ancora un paese esteriormente ordinato, composto, disciplinato, che, chiamato con frequenza alle urne, ci si reca.va e ccrca\!a di votare con serietà e meditazione; e Hitler era il capo di un partito che voleva arri\'are al potere col mezzo legale delle elezioni, otte• nendo un numero sempre maggiore di seggi nei due Parlamenti, il prussiano e il germanico. E forse il partito sarebbe rimasto sempre e solo un partito in concorrenza con altri ugualmente potenti, non ci fosse stato un chiaro mònito degli elettori. Hitler nella se• conda delle due elezioni al Reichstag del 1932 perdeva tre milioni di voti. e una trentina di seggi, sui risultati dalla elezione precedente. Capì il pericolo, e che la sola via era un'altra, la rivoluzionaria; e che solo un colpo di mano $li avrebbe dato la maggioranza richiesta. Ad ogni modo Hitler aveva saputo conquistarsi un buon terzo della popolazione con la sola propaganda elettorale. Hitler il mistico1 chiamato alla sua missione da una visione, definito da.i suoi primi compagni e l'estatico>, aveva capito sùbito che c'erano argomenti e parole che potevano arrivare a~li orecchi di tutti i tedeschi, a qualunque partito appartenessero; che un campo era tutto suo, quello del sentimento. Due cose i tedeschi non avevano mai voluto accettare dalla. rivoluzione del 9 novembre 1918: l'idea della sconfitta in guerra, e quella di essere una nazione umiliata, povera, paria fra le altre. I partiti che i tedeschi si era.no scelti secondo le loro nostalgie o la IÒro fede o i bisogni economici o il drsiderio di nuovi sov"ertimenti, soddisfacevano ciascuno a suo modo, ai bisogni dei (oro iscritti, gli davano rispettabilità, parate, discorsi, doveri ; ma non soddisfacevano abbastanza alla parte sentimentale. La socialdemocrazia che aveva accolto tanta parte del ceto medio impoverito, proletarizzato dall'inflazione e dalla disoccupazione, era squallida, senza lustro, senza storia, senza b:\ndicra; peggio, aveva abolito senza una ragione i vecchi colori che avevano sventolato sulle vittorie di quattro anni. Hitler ha saputo abilmente conquista.re la parte sentimentale della nazione e dei singoli individui prima che l'altra. A cagion d'esempio, fu piuttosto antisemita che anticomunista (identificando con un po' di disinvoltura storica comunismo con semitisnio; e quf'\ta identificaZfC'ne f'ontinua a fare, e fanno i suoi seguaci, in tutti i discorsi e scritti e proclami). Bisogna anche dire che il pericolo comunista in Germania nel 1932 non era urgente; dirò che non è più stato urgente da quel dicembre 1918 quando Licbknccht, per festeggiare in pace con i suoi il Santo Natale, rimandò di tre giorni l'assalto al palazzo della cancelleria nella Wilhelmstrasse, dove il governo Ebcrt• GrOner sedeva senza un soldato che lo difendesse; ma quando, passata la festa, i comunisti si buttarono nelle vie, trovaro110 il socialista Noske a sbarrargli il cammino con le mitragliatrici portate da 1-mhurgo. Dlsclplluaromantica Hitler ha dato ai tedeschi proprio quello che i tedeschi agognavano, e che nessun partito gli dava in forma così piena e legittima: una disciplina romantica, un mito facile da comprendere, un orgoglio conscio e ragionato di nazione. Alcuno ritiene che quel c. sociali~ta » nella denominazione del partito « nazionalsocialista » sia una zeppa, un lenocinio, uno specchietto. t vero il contrario. 11 partito è prima di tutto socialista. « Non c'è na?.ionali..mo senza socialismo», ho letto in questi giorni in cento striscioni e manifesti. Questo spiega la naturalezza con cui il partito socialdemocratico, il più potente partito della Germania prima della i\1achtUbernahme di Hitler, si è dissolto, si è annullato nel nazismo, composto com'era in grande parte di borghesi proletarizzati e di operai imborghesiti; questa gente ha trovato nel nazismo gli stessi presuppo,ti sociali, gli stessi principii democratici, con in più quel lievito sentimentale e patriottico che il vecchio partito gli negava. Naturalmente Hitler distingue fra ,e/iter Socialismu.s, socialismo autentico e il marxismo, che è e un'appendice d~lla plutocrazia > (Rosenbcrg), come distingue fra nazionalismo autentico e il falso nazionalismo, e una maschera dietro cui si c:clano interessi privati~ ag~a:i, industriali, finanziari e capitalist1c1 > (Rosenberg). Il motto di questo socialismo nazionale è mistico come $Ì conviene: e mit Schwert und Pflug fiir Ehre twd Frciheit, con la spada e l'aratro per l'onore e la libertà ,. Oggi in Germania s.i tende a livellare le cJa,;;- si! ma pi~ttosto all'ingiù che all'insù. S1parla d1 una nuova nobiltà 1 ma «della zolla.>. Nel discorso che ho sentito l'altro giorno al Lust~arten, Hitler ha v~ntato quanti operai, contadini, figli d1 popolo, sono in posizioni diretti,•è e di comando; ci sono anche borghesi, ha detto, cd anche nobili, ma con l'Mia. di dire: e Vedete quanto siamo tolk·- ranti? ::,, E può parere più dema~ogico che sociale il provvedimento di cui h() detto, che manda per due mc~i i caµ1divic.ionc dei ministeri a fare i mccc.anici e i contadini agli ordini di operai

e wntadini veri; e come sarebbe piaciuto ai Braun, ai Scvering della repul>blit.:a M>cialista questo Arbeitsdienst, questo servizio obbligatorio del lavoro che accomuna nella fatica manuale della strada e dei campi i ragazzi, e con la fine dell'anno anche le ragazze di tutte le cla~i sociali. \ta qui ~i indulge anche ad un altro carattere tradizionale dei tedeschi al loro romanticismo, a quell'amore 'settario e dogmatico per la natura concepita in funzione di rinnovamento morale. A questo impuho sentimentale per i campi, a questo naturalismo etico e filo\Ofico il partito dà corda quanto si vuole ; si parla della bontà della vita all'aria apcrta 1 della gioia che dà il lavoro dei campi, s'intitola il Dopolavoro Kraft durch Freude, la forza traverso la gioia, !:IÌ proclama che il lavoro deve avere una sua Schifoheil, una o;ua lindura e bellezza. Quelle ragazze che ho vedute a un campo dell'Arbe1tsdienst erano davvero esaltate e felici per quella loro dura vita campestre, zappare, falciare, coglier patate e potare alberi, felici delle mani callose e dei c.1.pe)li spettinati e della pelle conciata, e Cl accolsero cantan• do una fiera canzone di lanzichenecchi. E infine, Hitler gli ha dato ìl mito: il mito della razza, con la conseguenza pra.tic:i. dell'antisemitismo. Il mito alimenta l'orgoglio originario, consola delle tristezze della vita, è un vino ine• briaute, è una veste domenicale. Non ~i capirebbe altrimenti perché, confinati gli ebrei in un ghetto più severo di qudli a cancelli cd a catene del medio evo. che gli vieta gli studi e le arti libcrlli, li fa oggetto di disprezzo e di orrore, li fa intoccabilj come i paria dell'India, l'antisemitismo continui ad essere il motivo dominante di tutti i discorsi politici e di propaganda. Ma è uno ,fogo che scarica i nervi ; è il « piove, governo ladro»; è, per contrasto, l'orgoglio dì esser biondi e alti. Un colore, 1111& voce Sconcertante. ho detto, questo paese; e ricco di fenomeni contradditorii. Ma insomma appare una massa compatta e formidabile, un popolo disciplinato e devotissimo. Sarebbe vano chiedersi oggi se il popolo sia più appassionato che convinto, o al contrario più ligio che entusiasta; o quanti superstiti rancori, quante soffocate insofferenze coviuo ancora sotto una reale collaborazione di fatti e di gesti e di parole. S'è visto come la maggioranza della gente ha accolto all'inizio il nuovo ordine di cose pili per stanchezza di quattordici anni di delusioni e di patimenti che per vera fede. Ma in quattro anni della ~tanchczza ha avuto modo di ripo1;arsi1 e la fede è stata alimentata o in- ')pirata da quegli elementi che ho indicato, sentimentali, mistici, e, perché no? miracolistici. E oggi dal lago di Costanza al confine dane~e, dal Reno alla Prussia orientale, non si vede che un colore, non si ode che una voce. Una Germania cosi, Bismarck non avrebbe osato ,;;ognarla, egli che tanto fece per dare unità di nazione all'accozzaglia di re- \tlli e di principati che circondavan la Prussia. o;contro~i, caparbi, insofferenti di quella associazione. (Chi crederebbe og)Zi che meno di dieci anni fa la Ba- ,·icr,\ aveva a Berlino non solo un mini':ttro plenipotenziario, ma un addetto militare? E che un deputato hannoveriano al Reichstag si dolse, al tempo ddla occupazione del Reno da parte dei Francesi e degli bglcsi, che anche lo Hannover è un territorio indebitamente occupato, e dal 1866, e dalla Prui..,ia ?). Né Fichte, che centotrcnta- ~ctt'anni fa immaginava lo Stato ideale come geschlosuner Handelsstaat, ,tato commerciale chiuso, e come Vern,111/tstaat, stato della ragione, in cui cia~cuno ha diritto al lavoro organizzato e preparato dallo Stato, che regola nportazionc e importazione, produ- ,,ione e distribuzione dei beni e prc7..zi. <·ccctera, cosicché ognuno nuò vivere del -,uo lavoro e gli resta il tempo « di i<"varc lo spirito e gli occhi al ciclo». Chiu!a f'ntro i suoi confini, secondo la idea di Fichte, con una moneta convenzionale che non le serve per comperare nulla all'estero, tutta intenta a produrre chjmicamentc le materie pri• mc che non ha in ca.sa, dalla gomma .i.i tessili, dalle pietre dure ai combustibili liquidi, sempre pili straniando~i da dottrine e concezioni e credenze che crede inconciliabili con la sua essenza e la !Ua tradizione, la Germania appare oggi formidabile e misteriosa; capace di tutto il bene e di tutto il male. PAOLO MONELLI ANNO11 NUJI,8, 2UIAOOIO 1937-IV OIINIBUS SETTIJdANALEDIATTUALITA POLITIOAE LETTERARIA ESCE IL SABATO IN 12-16 PAGINE ABBOIIAIIUIITI Italia e Oolonl•ianno L. 46, H,menre L. 23 Est.ero I a:ino L, 70, ,emntre L. 36 08Xl JUMERO 011.t LIRA ihnotcrlttl, dlttg11l • fotografie, anche se non pubbllcatl 1 nou ti reultultcono, Dirt1io11•: Roma - Via del Sudarlo, 28 Telefono N. 6GL6S5 Amm1a.lstrlll1ou: amano . Piana Carlo Erba, 6 Telefono H, 24,808 loc. .boa. 14Jtrl~ .. OM1ftBUI" • MJ.llJIO ITALIANA. ARA~NO poi in buona fede quei giornali di Parigi, di Londr.a, d1 Praga, che si mostrano , grad" olmente • sorpresa del tono t moderato• del discorso <lei nostro ministro degh Esteri e, più ancora, dei propositi di collaborazione, di ricostrw:ionc europea manifestati dal Governo fascista? Eppure - l'ha ricordato &ncora una volt.a il conte Ciano - sono quindici anni che l'halia cere.adi facilitare• una politica di conciliazione e di cooperazione fra quei paesi che la guerra aveva diviso• C\"itando, in pari tempo, la formazione di quei blocchi contrapposti, che sono I&negazione in atto di qualsiasi solidarietà internazionale. Sono questo rispetto, nessuna politica è coerente quanto quella dell'Italia. Le sue più recenti manifestazioni trO\'ano dei precedenti cospicui nei primi &t1i del go\"crno mussoliniano. Il trattato di Roma con la Jugoslavia è del 17 gennaio 1914, gli accordi di Nettuno sono del 17 luglio 1915; il trattato di amicizia perpetua con l'Ungheria è del s aprile 1917; il patto di Tirana è del 1917; l'amicizi& con ·la Turchia viene riconsacrata net m&ggio del 1928 e quella con la Grecia nel settembre del medesimo &nno. L'atteggiamento dell'Italia n·rso l'Austria si delinea all'indomani stesso della :Vlarcia su Roma e quello \"CTSOla Germania nel dicembre del 1922, quando :vtussolini istituisce l'inscindibile connessione dei debiti e delle riparazioni. La revisione dei trattati che perpetuano la guerra è la pregiudiziale della politica mussoliniana. t dal 15 ottobre 1931 il suo supremo appello alla coscienza dell'Europa. • Dovranno vcr&mcnte pass&rc sessanta lunghissimi anni prima che sì ponga la parola fine alla tragica contabilità del dare e dell'avere spuntata nel sangue di dicci milioni di giovani che non \·edranno più il sole? E si può dire che esista un'eguaglianza giuridica fra le nazioni, quando da una parte stanno gli armatissimi fino ai denti e dall'altra vi sono Stati condannati ad essere inermi? E come si può parlare di ricostruzione europea, se non \"erranno modificate alcune clausole di alcuni trattati di pace, che hanno spinto interi popoli sull'orlo del baratro materiale e della disperazione morale?•· Non ci fu iniziativa a favore dcli& p&ce, dal trateato di L..ocarnoal Patto Kellogg, alla quale :'\1ussolini non abbia dato il suo concorso efficace. Le proposte italiane per il disarmo si rivelarono le sole Mtuabili, dopo il tramonto dell'assurdo Protocollo del 19a4. Memorabile il suo discorso al Senfllo del 5 giugno 19181 che fissa le condizioni del disarmo. li Governo italiano si dichiara n priori disposto ad assumere come limite dc, propri armamenti cifre qualsiasi, anche le più basse, purchl non sorpassate da nessuna altra potenza continentale europea•. :,..;c1 930, alla Confcrcnz.&na\·alc di Londra, l'Italia è pronta 11daccettare la simultanea abolizione di due dc.i più micidiali mezzi di guerra na- \•ale: le na,·i di linea e i 1ot1omarini •. :\'cl 1931. a Ginevra. fa ancora un passo avanti, proponendo l'abolizione delle artiglierie pesanti di ogni specie, dei carri d 'asnho, dell'aviazione da bombardamento, dei gas asfissianti. E chi può dire quale sarebbe la situazione internazionale se il Patto a quattro, - allo spirito del quale si dovrà fatalmente ritornare, - non fosse stato cosi stoltamente combattuto proprio d111 coloro che a\'rcbbcro potuto trarne i maggiori '"antaggi? E cosa c'è di mutato nella valutazione mus.soliniana della Società delle )fazioni? La Società delle N'azioni è un duetto franco-inglese, do\·e la situuionc dell'Italia~ statl'I sempre di anoIuta inferiorità,. Sono parole del 16 novemb"rc 1926. E nell'ottobre del 1932. nel discorso di Torino. :vtussolim dich1&rache 11'1 Società delle Nazioni è• malata•. m&che appunto per questo si deve vegliare al suo Olppezzale. Sono quindi assolutamente fuori di proposito le sorprese della stamp& estera di fronte alla moderazione• del discorso del conte Ciano. Fuori di proposito soprattutto i commenti che si riferiscono a quel passo del discorso che tratta delle relazioni italo-francesi. Nessuna meraviglia è lecita. L'Italia non modifica, solo pcrch~ la situazione della rappresentanza diplomatica francese a Roma è alquanto anormale, la sua \1isionc generale dei problemi europei e, meno ancora, i suoi metodi e i suoi obiettivi. Non esistono fra noi e la Franci& questioni essenziali che ci di\,idano in maniera profonda•. I.A rct11fìca dc\'C venire da Parigi. Specie se si \"Orràaddivenire , quel nuovo Patto occidenule, a quella Locarno nume1o due, che non si riesce a mettere insieme. Londra ha fretta di concludere perché tro\·a onerosi gl'impcgni consacrati nella lettera del 1° aprile. che significano una ,·era e propria &!leanza mili1are anglo-francese, mentre I& Francia pare disposta a starsene contenta al qura, Su tale questione chiarissime sono le idee dell'Italia: ritorno al ,·ccchio trattato di Locarno, alla sua s1ruttura originaria, tenuto conto, s'intende, della nuova situazione determinatasi con l'in1zia1iva del Belgio con- \'lllidaca dalla recente nota franco-inglese. I\la non è il caso di parlare di collegamenti con un qualsi&Sipatto orientale, che interessi comunque la Russia sovietica. Il sistema della sicurezza collettiva è estraneo ai merodi seguiti dalla diplomazia italiana, perché sicurezza collettiva - s1 ricordi il discorso di ~tilano - significa guerra collettiva, Patti bilatera.li, adunquc, che prcsen1ano il vantaggio di riferirsi a interessi veri, reali, concreti all'infuori di quelle votate utopistiche ideolo!l1C,che val'{ono unicamente ad estendere i conflitti a paesi che debbono restarne immuni. f: questa veduta fondamentale, che non è solo d1 mclodo. che ha consolidato l'asse Roma-Berlino. Non è, l'asse Roma-Berlino, e l'ha spiegato con mirabile chiarezza cd efficacia persuasi\"a il conte Ciano, un blocco direuo contro qualcuno. È p1unos10, come ebbe già a dich1ar:ue il Duce, un punto di riferimento, un caposaldo, int0mo al quale hanno trovato e tro,·cranno il naturale orientamento le foru che intendono salvaguardare la c1\·iltàdalla minaccia bolscevica e compiere una proficua e durevole opera di ricostruzione. Come tale non richiede protocolli da agg1unl,(crs1a quella firmati , in occasione del recente \·iaggio a Berlino del nostro ~tinistro degli Esteri. In Inghilterra 11discorso del conie Ciano è stato inteso e interpretato alla lct1er:1..Come si do\C\'a. Anche q'Ja grade\'olc sorpresa forse perché le decisioni in~les1 in materia d1 riarmo non ci hanno mmimamcn1c turbato• llor1i smt. IL PRONTt POPOLARE t UN"IDE! OHE B.! TAOVATODELLE PIETANZE GARANZIA DI PACE C.:HE PUNTO siamo col piano re1.lolator, dell'economia italiana che il Duce tracciò il ,3 marzo XIV in Campidoglio? La risposta l'ha data il Duce stesso nel discorso del t s maggio alla terza assemblea delle Corporazioni. In un anno si ~ fatto molto cammino, più di quanto si prevedeva. Le cifre e i dati offerti da :'\1ussolini al popolo italiano sono di un'eloquen1..a perentori&. In &lcuni settori l'autonomia economica ~ un fatto compiuto. ' in altri è prossimo a compiersi, in altri, infine. la situazione è di gr&n lunga migliorata. t una vittoria della volontà. Indipendenza economica od autarchia economica? Indipendenza economica. L'autarchia, cioè l'indipendenza economica assoluta, al cento per cento, non è possibile e non ~ nemmeno desiderabile :'\'essuna nazione del mondo può realizzare sul proprio ctrritorio l'ideale dell'autonomia economica in senso assoluto, cioè al cento per cento e se anche lo potesse, non sarebbe probabilmente utile. :'\,la ogni nazione cerca di liber&rs1,nella misura più larga, dalle scr,·itù economiche stranie1e. V'è un sc11orc nel quale <ioprattutto si de\·e tendere a realizzare questa autonomia: 11settore della difesa nazionale•. Non occorre dimostrarlo. L'autonomia politica. cioè la possibilità di una politica estera indipendente non si può più concepire senza una correlativa capacità di autonomia economica•. Ecco la lezione scaturita dalle sanzioni. Su que11tastrada l'Italia si è messa fino dall'inizio del conflitto etiopico cd oggi può guardare con serenità e con fiducia l'avvenire prossimo e remoto. L"agricoltura, !"industria, il commercio, la scienza, la tecnica, tendono solidali a questo obiettivo. che è di equilibrio e di pace. Anche e soprattutto di pace. • L'autarchia è una garanzia di quella pace che noi fermamente voitliamo e un impedimento ad c,·cntuali propositi aggressivi da parte dei paesi ricchi. Chi ha corso il rischio di essere strangolato dalle corde della guerra economica, u che cosa pensare e come agire•. Si è osscn'llto, e giustamente, che l'Impero, con le sue giacenze pressoché illimitate d1 materie prime può recare e recherà un contrJbuto decisivo e integrati\'O all'indìpcndenz& economica nazionale. I\h non va dimenticato che le nuo\"e terre dell'Africa italiana distano circa diecimila chilomctr1 dalla Patria e che le comunicazioni si S\'olgono attraverso passaggi obbligati. f: quindi probabile che l'indipendenza economica sia in massima parte affidata alla produzione metropolitana, opportunamente sorretta e integrata dalla produzione imperiale. anzicht ad un vasto e progressivo S\'iluppo complcment.ire delle due economie. L'indipendenza economica è un fatto eminentemente metropolitano. 1'on è senza una ragione che il Duce ha messo in cosi alto rilievo il compito delle Corporazioni cd ha avuto parole di cosi \'1vo elogio per l'opera finora compiuta. Saranno, infatti, le Corporazioni che dovranno attuare con metodo ri~oroso, attra\·erso la cosuntc autodisciplina delle catc~orie della produzione, il piano grandioso della nostra autonomia economica. Esse son c~li&no l'&ndamcnto dei prezzi. sottratti alle esose spcculaziom, regolano gli stipendi e i salan in rapporto alle oscillazioni dei prezzi, presiedono all'islltuiione dei nuon impianti industnah e all'ampliamento di quelli esistenti. siglio dei ministri, cosi opportunamente ricordata dal Duce, che affida alle Corporazioni l'esame dei nuo,•i impianti 1ndu~ 11r1ali. A decidere non è più una commissione ministeriale, do,·e tro,·avano la rappresentanza solo gli esponenti dell'industri&, nel duplice settore del capitale e del la\·oro, ma la Corporazione, che aduna in ,t i rappresentanti di tutte• le categorie della produzione oltre quelli del Partito. La riforma è sostanziale e ferma automaticamente qualsiasi tcndenz.a monopolistica, come quella che permette il ripristino di quella sana e leale concorrcn:za, a base di pcrfezìon&mcnti tecnici, che, sola, pub determinare la riduzione dei costi di produzione. t desiderabile che I&stessa logica la quale ha suggerito il recente pro\'vedimento del Consiglio dei ministri in tema d'impianti indus1riali promuoya un'analoga decisione per quanto si attiene ai consorzi. I consorzi, quelli di produzione come quelli di \'endita, tendono fatalmente a costituirsi in monopolio e si sa che il monopolio, qualsiasi monopolio di aziende con,orziatc, pratica i prezzi sulla base dei costi dell'impresa che li ha più elc,-ati. t ben vero che una disposizione di legge - opportun&mcntc richiamata di recente dal minis1ro Lamini - prescrive il più rigoroso controllo sui consorzi da parte delle Corporazioni. Ma non sarebbe preferibile che, fermo restando tale controllo, le Corporazioni fossero chiamate a pronun:z.iarsi .!Lull'opportunitào meno di costituire dc.inuo\i Consorzi? TESTE E PESTE LE FESTE per l'incoronazione sono state, a quel che pare, grandiose. t:na folla di tre milioni e mezzo di fedeli sudditi d1 Sua Maestà bntannica 51 è pigiata nelle vie d1 Londra per assistere alla sfilata del corteo reale e per acclamare 1 suoi amati sovrani. Anche Cromwell, quando tornò a Londra dopo aver disfatto gli scozzesi, fu accolto in tnonfo da una folla 1mmt'ns&, delirante d1 gioia. Ed egli disse che sarebbe accorsa una folla due volte più numerosa per vederlo impiccare. Con quell'entusiasmo per le 1smu.z1oni, che e caratteristico dei paesi veramente repubblicani, la stampa francese, 1n questi giorni, ha dedicato intere pagine alla descrizione delle cerimonie dell'incoronazione:: fotografie dei Sovrani, di penonaggi della Corte, di personalità politiche o di semplici c1rtadmi inglesi; arucoh innumerevoli e di tutti i generi: storici, politici, di diritto costituzionale, ccc. La nota dominante di tanta prosa è stata quella della fedeltà, della devozione dei sudditi di Sua Maestà bmannica per le persone dei Sovrani e per l'istituzione regia. In conclusione, a seguire i giornali francesi di questi giorni, c'era da credere che si trattasse dell'incoronaz.ionc d1 un Re di Francia, o, anche, che i concittadim di Uon Blum fossero diventati sudditi di Sua :vtaestà britannica non meno fedeli e non meno devoti di quelli propriamente inglesi. Si capisce, perciò, che il governo di Uon Blum abbia proibito le feste in onore di una Santa così inattuale e anustorica come Giovanna d'Arco, che osò combattere appunto per impedire che i francesi diventassero sudditi del R~ di Inghilterra. IL VOLTO DEL RE SE:"JZA spingersi così lontano,_ non è difficile ricordare tempi in cui l'opinione pubblica francese era tutt'altro che amichevolmente disposta verso gli mglcsi e la stampa parigina non si mostrava cosl nspettosa ed entusiasta per la Corona britannica, come oggi. Ricordiamo fra le infinite pubblicazioni anglofobe, apparse 1n tutti i tempi rn Francia, un ceno numero dell'Assiette au beurre, che ebbe un successo clamoroso durante la guerra del Transvaal. Esso era intitolato: I campi di concentrazione• cd era stato compilato a curi di Jean Vc- ~r. Gli inglesi vi erano accusati d1 tutte le atrocità e di tutte le turpitudini, che, poi, nel 1914 diventarono monopolio dei tedeschi. E vi era, fra l'altro, una caricatura di Vcber, che d1ventb famosa, provocò un intervento diplomat1co e contribui potentemente al grande successo del gfornalc: • L'impudica Albione•· L'Inghilterra era simboleggiata da una sconcia cd ornbile donna, che scopriva il suo dietro, nel quale si riconosceva 11 volto di Edoardo VI I. li numero del giornale, ccnamente a richiesta dell'Ambasciata di Inghilterra, fu proibito. P<&i fu concesso il permesso di metterlo in vendita in una nuova edizione, in cui l'augusto sedere era convenientemente velato con una gonna a palle blu. Le Crapouillot nel 1931 riprodusse il disegno originale e fu sequestrato. Premesso che, per nostro conto. tro- :'.'Jonsi può non ossen·arc, a questo proposito. che !"economia corporati\"3 st rivela ogni giorno più un'rconomia rJ\'oha a due scopi essenziali, che s1 integrano a \·icenda: riduzione dei cos1i di produzione cd clim1naz1one dei monopoli. f:: in que"ito senso che ,·a interpretata la recente dc.libcrazirmc del Con- VECCHI! INOHILTE''RA PICCOLO-BOROBESE v1amo la detta caricatura estremamente volgare, pure ameremmo riprodurla a solo scopo documentano: o meglio, per deporre un fiore sull'altart dei rinati e nnvcrd1t1 amori anglo•franccsi. Recentemente, un autorevole giornale francese ha affermato che nel volto del sovrano m• glcsc s, riassume non soltanto lo splendore della regalità, ma la grandcna della stona inglese, la potenza dell'impero inglese, ecc.; c'è da aggiungere che il volto d1 Edoardo VIJ simboleggia nella storia anche qualche altra cosa, éhc interessò più direttamente la Francia: l'Intesa cordiale. Dato ciò, on rtste rit.tc.r nel constatare quale indegno collocamento la caricatura france.se assegnasse all'augusto simbolo d1 tante e cosi illustri cose. "COROIIATIOII COMMEIITART" A. CURA della Boolt Societ)• of Englond è apparso, m questo mese, a Londra, un Commento all'incoronazione. La Società ne avc\la affidato la compilazione al signor Gcoffrcy Dcnnts. Capo del Servizio Documenti della Lega delle >:"n1oni, competente 10 matena di stona e di procedura della Corona inglese, autore d1 numerosi articoli d1 riviste e che ha per moglie una pronipote di Dante Gabriele Rossetti, Si sapeva che egli aveva fatto gli studi a Oxford insieme col Duca d, W1ndsor; e, anche per questo, si aveva ragione di presumere c~c egh non avrebbe mancato di rispetto vci;so l'c.x sovrano. I nvcce ecco alcune delle hotiz,e e delle considerazioni, che s, son potute leggere nello stupefacente Commento: Su J1rs Simpso,i: (Re Edoardo a,eva scelto) per Regina d'Inghilterra una donna errante, uni bottegaia due '\'Ohe d1vorz1ata da due cx mariti cnuamb1 viventi ... Ella era troppo in basso, ella urtava troppo duramente l'idea e l'1deale, il sogno e il mito che la nazione ha della regalità femminile ... Essa non faceva per noi. Il salto in basso dalla Regina :\Jary alla Regina \\'all1s sarebbe stato un pr - c1pizio•. Sugli ami<i di lei:• In generale costoro non facel'ano onore al grande paese, che essi a,·el'ano sfruttato e. da cui si erano &llontanati, né all'altro in cui facevano 1 bravi e che guidavano ... Sembraa che col loro denaro potesse:o comprare ogni cosa ... Il loro accento comincia, a ad 1mpors1 anche agli mg~csi stessi, m circoli veramentr- smart; SI commc1a\"a a udirlo - non lo udtstc que·lla notte' nella voce dello stesso giovane: D10 dclll tribù ... Costoro circondavano il re e, dal momento del suo avvento al trono, di\'entarono 1rsolcnt1 e senza freno. I I mondo era poca cosa per la loro ambizione. La donna che per prima era entrata ai Comuni. era stata una amene na d1vor:z1ata; e allora pe-rche no? ... Alcuni dei più spregevoli fra i, 1n:nt1 e che 11 loro paese d'ongme a,·e\'a con sdegno vomitati, erano int1m1 del nostro Re.• Sul Duca di lf'indsor: Io credo che nessuno, senza fare della bassa adulazione, avrebbe potuto dire che egli avesse delle doti art1st1che o mtcllcttuali o gli anebbe potuto attribuire uno sp1mo sottile, notevole o specialmente mteressante ... All'età di quarant'anni, cgh non a\·cva mai sentito parlare d, quella grande scrittrice che fu Charlotte Brontf ... :'\on ave,·a amici, e del resto era incapace di a,·erne. Gli esercizi violenti non furono per lui, dopo i trent'anni, uno stimolo sufficiente ... D1sgr.1z1at.1mcnte... egli fece e disse. \"3rie cose nella sua infatuazione. La prodi - galità della sua amante. Le sue rumorose furie regali contro coloro che si opponevano al suo legame. Quando s, isp1rb ad altre fonti, dimostrò dc1 coraggio. In alcune ore, fu di una ostmaz1onc irregolare o erotica. Lasciò cose incompiute nella sua infatuazione. Dovcn ne~letti. Carte curiosamente annotate, alla maniera del Kiuscr.. Ore trrcgolan, abitudini 1rregolan; un miscuglio . La pubblicazione è stata un \"ero scandalo. Dal suo esilio in Austna, Edoardo di \Vindsor era rimasto silenzioso d, fronte al sottile e astuto attacco d1 Hcctor Bolitho. :'\la di fronte all'attacco del Coro,ratio11 Commentar)' la sua ira è scoppiata m termini non equivoci. L'editore Hcmemann è stato invitato dai suoi avvocati a ritirare immediatamente d31 commercio il detto Commentary. sotto minaccia di querela 4)er diffamazione (libello); ed è noto che avano alle Corti d1 Londra le cause di difTamu1one si vincono facilmente. Il Commenfary, infatti, è stato ritirato. L "editore Heìnemann e lo autore Denms hanno fatto umilmente le loro scuse. Per conto nostro, non abbiamo da aggiungere che un breve commento. Tutto 11 mondo ammirò 11 senso di di. sc1plina e di lealismo di cui diede prova la nazione inglese prima della crisi della Corona e durante la crisi stessa. Finch~ lo scandalo non scoppiò, tutti tacquero: nessun deputato, nessun giornale, nessuna personaJitq s1 permise d1 fare il minimo cenno, la più piccola allusione a quel che accadeva intorno al trono. Quando poi la crisi scoppiò, la nazione fu una• nime: e diede al suo Gonrno tutta l'autorità d1 cui esso aveva bisogno per liquidare una situazione così delicata. Ma noi avremmo ammirato assai più la nazione inglese se questo stesso atteggiamento di riserbo e d1 dignità fosse stato osservato anche dopo. lnl'ece, subito dopo l'abd1<:az1one, l'ex Re fu attaccato dal~ l'Arcivescovo d1 Canterbury; ora lo attacca un funzionano, che si affretta a fare le scuse di fronte alla minaccia di una querela. In conclus1one, finché Edoardo VI 11 fu crede del trono e, poi, re, tutti i suoi fedeli sudditi tacquero sui suoi errori~ e ora che non è più re, 1 suoi fedeli sudditi s1 ricordano de, suoi errori e li mettono in pubblico. Sono questi I limi11 del lealismo inglese. Esso cessa do,·e do'"rcbbe cominciare la genero~11à OMNIIlUS

RaccodnetollgauerrsapagndoilGa G. N. apolitano Al.:sl CERTO PU1'TO, il chilometro 1o6, si entra.,a nt=lla zona. Proprio Il c'era il Comando della Di,,isione, ad A\- gora. La strada era solo un po' più popolata di camion, le automobili dell'Estado .\Jayor, del C11artelCtneral dtl Ge11t•rallsmto stavano ammucchiate in mezzo a uno spiazzale fangoso, a destra, al riparo delle case e della collina, con le IMC' targhe civili, la maq:giore parte, e il cartello r-tq11isada sul cristallo. Se non fossero stati quei tonfi, e le autoambulanze che venivano dalla linea, e tutti si facevano da parte per lasciarle passare, ostentando di non guardare, il chilomerro to6 sembrava un posto come un altro. Quei tonfi erano abbastanza lontani, dopo tutto. Era il secondo giorno dell'offensiva, i lcg1onari erano arnvau all'altezza del primo r,-u::ero, al chilometro 98, Al 1o6 si era ad otto chilometri dalla prima linea, insomma. E tuttavia era Il eh~ a Marcos sarebbe piaciuto fermarsi. Si voltò indietro, appena un paco, il fiocco ros.so del berretto a busta di falangista gli oscillò sulla fronte come un pendolo, 11 viso tondo e grassoccio appanva dubbioso. ,.. Doctor, nos paramos aqul ?• domandò. Sdraiato sul sedile posteriore, la macchina da scrivere aperta al suo fianco, e, intorno, scatole di conserve alimentari, pane da munizione, bottiglie d'acqua minerale, il personaggio che era stato chiamato dottore borbottò qualcosa come: Parese un momentito, l1ombre, pues t;amos a t.:er •. L'automobìle trepidò un istante sull'orlo della ca"etera, si fermò lentamente dietro un camion, nello spiazzale. lJ Dottore scese rapidamente, nel fango; era un uomo grande, sulla trentina, i capelli neri e ricciuti gli venivano fuori dalla boina di panno blu; per il resto, si tolgano gli ,uvali, era vestito in civile, con un gran cappotto di pelo di cammello, e camminava veloce e ~offo in mezzo a quel fango viscido e pesante cbme la morchia. Una compagnia di requetls, con le boine rosse, le grandi mantas, col bavero di pdo e la croce sul petto, il fucile a bandoliera sui mantelli, aveva portato i cavalli all'abbeverata, al fontanile, Grandi cavalli pezzati, e alte selle. Guardie civili, guardie di polizia, legionari, carristi, militi scradali con il giaccone di cuoio, motociclette, carri armati al nmorchio, uomm1 bestie cavalli intasati nello spiazzale al riparo delle case. Pioveva rado e continuo. Pioveva sulle cucine da campo drizzate dietro i muretti a secco delle pnme fi11ca1, pioveva sui teli da tenda mimetici dei legionari, che li portavano sul cappotto cachi, infilandoseli sulla testa come una ma,rta. E nonostante questa piov-~ia e li vento secco e teso e continuo, se1.za rumore che l'appiccica sul volto, un calore d'uomo, un senso avaro di vita ripullulante, segreta, silenziosa, profonda. 11 Comando è in una vecchia villa, aperta a tutti i venti, porte finestre spalancate, pavimenti di legno; dev'essere stata di un architetto. Entrandoci si capisce il senso di quella fruc: • c'è passato un esercito•. Sta al centro del paese, a metà della collma, gli ufficiali con gli stivali infangati nello studio dell'architetto, con le carte topografiche stese sui tavoli rotondi, i pacchi dei fonogrammi sulle carte, i dattilografi e i telefonisti nella stessa stanza che scn,·ono scrivono battono a macchina parlano npetono. L'offensiva riprende alle undici. Sono le undici meno ,·enti. La Prima Divisione ha ancora poco da lavorare, qualche chilometro, sino ad Alma• drones. Poi la motorizzata sfonda, C già tutta ammassata sulla carrttcra, se fa pre- 'ito, Dottore, arriva tn tempo. Ora l'automobile è sulla strada d1 Francia, corre incontro al boato dell'artiglieria. ..\lla de,;tra, lontano un qualche chilometro dalla ca"etera, il primo paese gua• daq-nato nella offensiva: ~lirabueno. La <,trada è larga, chiara, la p1ogg1a è caduta e 1I vento asciu~a l'asfalto. ~1acchie di olio, macchie di sangue, buche di bombardamenti. I grandi pali a crociera del telegrafo e del telefono, a destra e a sin ..ura, i fili, tagliati dall'artiglie1;a, pendono come capelli, Un reparto d1 soldati del genio stende il nuovo filo d'ottone del telefono da campo; portano a zaino rocchem giganti. Contro il cristallo del paraq:nto s1 spiaccica un paesa211io enorme tnsre e solenne: l'immagine stessa della Ca·mglia. Ora ti Dottore ha preso posto accanto a .\Jarcos, nde e scherza con lui, intanto lo sollecita. Sulla destra è auestata l'intera divisione motorizzata, sempre sulla strada, batteria anticarro e motomitra• glien in testa, po, i camion dei 1,1'.ruppi banderai dei legionari, i carri armati un poco in disparte, e i servizi, le muntZIOnJ, :a benzina, le autoambulanze. Una sfilata di chilometri: gli uomini stanno in piedi, infalij:ottati, 11 passamontagna s~tt~ l'clm~tto 1 al riparo de, camion, s1lenz1os1 upeuano il loro turno. Jn mancanza d~ sciarpe di lana si sono messi asciugamani a spugna intorno alla gola. Jnfine è l'aria della prima linea. Dopo .\•lirabueno c'è l'interruzione. li ponte è stato segato letteralmente dai ro~s,, prima dcll'offomn,·a. r'è un profondo fossato, nel mèZZ0, un ,•allo vero e proprio che g,à I soldati del genio si adoperano a riempire. Il traffico si svolge faticoso traverso una strada di arroccamento che passa sotto il ponte. Anche a questa si lavora. La prima casa dei ptona camù,eros, quella del chilometro 98, tutta sforacchiata dalle raffiche delle mitragliatrici, tocca dall'artiglieria, è un posto di medicazione. Sulle sue pareti c1 sono le prime iscrizioni nazionali: W, Frcmco, Arriba Espmìa, W. El Terc:io, e un'altra sigla, IV. i/ D11ct, ce l'hanno scriua gli italiani, los vobwtarios. • Bueno ,, dice :\larcos, b11t110,al1ora 1101 paramos ,. :'.':on ci sono più automobili sulla strada: a destra e a sinistra, sui campi della me• seta, brulli e grassi, sul cuore stesso dell'altipiano stanno piazzate le artiglierie, le pesanti campali, gli obici, e artiglierie da campagna, i pezzi leggeri. I camion delle munizioni e i trattori stanno in mezzo ai campi, ricoperti di foglie. Mar• cos è un po' preoccupato: l'artiglieria gli spara alle spalle: sono fragori enormi, vampate che vincono il giorno, trema la intelaiatura dell'automobile. La macchina sb.anda sulla strada a ogni contr, :>lpo. • Donde se va Usted, tntra los roJos? •. grida una guardia cidl a ~1arcos. Il gene• raie comandante della colonna in mezzo alla strada fa segno di fermarsi anche lui. Marcos conduce l'automobile dietro quelle degli ufficiali del Comando. Lo espero a Usttd aq11I! ~ dice, e batte i denti a ogni cannonata. È un autista civile, a casa ha moglie e figliuoli. ti Dottore scende sulla strada. L'improvvisa solitudine, la smisunua solitudine di un campo di battaglia. Qualcosa fischia accanto a lui, gli passa rasente, un ronzio continuo e molesto, raffiche di mitraglia che battono ia strada. I soldati sono nei fossi, nelle cunette, distesi, la testa affondata nell'elmetto, e l'elmetto premuto contro una pietra, Le mitragliatrici stanno dietro mucchietti di sassi, le canne puntate. Le cannonate se le beve il silenzio, lo smisurato silenzio. È l'azione. Quei soldati sono i rincalzi; quando passa il Dottore alzano il viso in un sorriso smorto. Sono le undici della mattina, Guardando bene nei campi si vedono le banderas che muovono all'attacco. Strisciano contro la terra, contro la terra stanno. A destra e a sinistra nella immensa piatta calva spropositata campagna. Sulla sinistra e sulla destra il rumore di macchine da scrivere delle mitragliatrici: un rumore ingrandito, so· litario, secco, s~nz'eco, senza grandezza. I soldati si muovono piano, vestiti di cachi, contro la terra, sotto l'arco dell'artiglieria, sotto le rotaie dell'artiglieria. 11 nemico, invisibile: tiene le posizioni a cavallo della strada, a sinistra dentro trincee, camminamenti, fifau1 al centro, die• tro trincee di sassi a destra, muretti a secco, antiche divisioni delle fincm, servono a trattencn·i il bestiame in cattività, quando è tempo di pace. Non si vede niente: di questo nemico non s'avverte né rumore né presenza: si sa che esiste, che è là, che spara, che quei rumori più lontani, quella voce di mitraglia è la sua, ed è la voce della morte. Ora il Dottore è arrivato in testa alla colonna, alle prime carrozzctte motomi• tragliatrici; stanno in mezzo alla strada, sole, sotto le incerate, gli uomini nelle cunette aspettano. Aspettano la fine dell'azione, spieJ<a un nlfert-z al Dottore. Poi sfonderanno sul nemico, lo d"·ideranno in due. Ci sono due altri ufficiali, con la punta della motorizzata, stanno in piedi in mezzo alle raffiche, si passano un binocolo, osservano l'azione. Due comandanti, il Dottore li riconosce, uno è il comandante 1-Jmckelmann, un tedesco, l'altro è 11 capo della G11ardìa cidl, in servizio presso i Legionarios, si chiama Lucas. Ora Lucas si volta verso il Ootto..-e, sorride, gli fa cenno di avvicinarsi. Gna volta nuniti il Dottore guarda nel binocolo, a sua volta. Niente: è abbastanza difficile ~uardare in un binocolo, mentre, zio, zio, le pallottole tagliano l'aria vicino a voi, si conficcano nella terra dea carppi, accanto a voi. Le grandi, pesanti nuvole, ecco quel che viene fuori, nel binocolo, le grandi nuvole nere, e i neri grassi campi dove batte l'artiglieria, • Non vedo niente,, dice il Dottore, • meno le nuvole,, e sorridendo restituisce il binocolo al comandante tedesco. • Speriamo che duri•• dice Lucas. Il Dottore ha capito: speriamo che duri la pioggia, almeno sin che la mot0rizzata è tutta sulla strada, col cattivo tempo i rossi non s'azzarderanno a volare. II Dottore guarda l'onC$ta bruna faccia del Comandante della Guardia: bruna come l'oliva matura, sbarbata di fresco, gh occhi neri e v1v1, al na..so fine. Una faccia come quella in combattimento è una vera for• tuna mcontrarla: è la faccia di un ùomo di fegato. Anche 11tedesco è un uomo d1 fegato: magro come un satanasso, 1 ca• pelli bianchi, gli occhi azzurri, fondi, la figura elegante, le reni arcuate. Tutti e due fanno una coppia straordinaria. II latino ha un impermeabile d1 pelle, e porta 11basco, il tedesco ha un cappotto a vita, e il berretto del TercitJ. Che s'aspetta?• domanda il Dottore, ed è un poco nervoso, perché ha l'1mpres• s1one che al loro gruppetto disegnato contro ti cielo basso sia stM0 individuato, k raffiche intorno a loro s1 fanno più precise, i nervi gli ballano. •Niente•, dice Lucas, • stiamo a vedere quel che dicono i carri•. • E se c1 le,·assimo di qui?, propone 11 Dottore. • Come vuole!• risponde Lucas, e sorride senza farlo apposta. • Potremo andare magari più avanti•, riprende 11 Dottore. • Eh, che ne dice lei?, domanda Lucas a Hinckelmann. • Certo, andiamo dove v1 pare,, dice Hinckelmann, come distratto. E si muove per primo, con le ciglia aggrottate, gli oc• chi sfavillanti sotto le grandi sopracciglia. Che cosa guardate?• riprende il Dottore, camminando di buona lena, accanto a Lucas, saltando dalla strada alla cunetta, dalla cunetta sulla strada, secondo lo consiglia il passaggio fischiante conti• nuo e assillante dei proiettili. • I leggeri si sono fermati. Deve esserci qualche cosa,, risponde Lucas, affrettando il passo dietro le gambe lunghe e magre, dietro gli stivali lucidi di Hinckel• mann. E all'improvviso il Dono..-e vede i carri leggen, li vede fermi alcuni, titubanti altri sul terreno untuoso, in mezzo alle pozzanghere, tutti sparpagliati, piccoli come coleotteri in mezzo ai campi. S1 sentono le scariche delle mitragliatrici, con quel rumore di latta che ne eccompagna lo sparo. Un carro leggero viene con~ ero di loro, sulla strada, rotolando velocemente sull'asfalto. Le canne corte delle mitragliatrici sono puntate su di loro, come occhi. • Ora ci spara addosso•, pensa il Dott?re, ma poi ha vergogna di questo pensiero. A pochi metri il carro rallenta, il coper• chio si alza, viene fuori a mezzobusto un ufficiale, sotto il casco di cuoio nero il volto come uno spazzacamino, un po' di sangue alla radice del naso. • No se p11edt posar,, dice. «Non si può. Hay los rusos •. Ci sono i carri russi. Lui torna indietro. Guardando meglio, il Dottore vede che il carro leggero ha uno squarcio, sotto la feritoia delle armi; dietro quello squarcio, IN' ALTO MJLIZlA.NODEL BAf'rAOLlONEB0880 DilllTROPP • QOJ 80PRA1TROPPENAZIONALI SULLA·'CARRt'TE.RADE F&ASOIA" dentro il carro, il mitragliere f!' morto al suo posto. Ora le raffiche sulla strada si sono fatte davvero preoccupanti: si sentono che rimbalzano sull'asfalto, fanno un rumore come di grandine. ,..Benone,, dice Lucas, benone,, Hindelmann che non si è neppure fermato si volta per la prima volta: ride. • Leviamoci di qui•, dice Lucas, •presto•. Tutti e tre si buttano nei campi a sinistra, la raffica li insegue sin 11, zio zio, paf paf, i tre uomini si buttano a terra. Insieme si rialzano, corrono un po', di nuovo la raffica, a terra. Ora sono con 11 gruppo banderai, in mezzo ai soldati, in mezzo a loro, per terra: «Com'è bello vivere•• pensa il Dottore. Odora la terra, poi si rialza, incespica, cade. ,..Ferito?• domanda Lucas. • Oh, no,, risponde il Dottore. Finalmente ride. È nel giuoco, è nel giuoco più affascinante di tutta la sua vita, un giuoco più bello della vita: l'essenza stessa della vita. Non si tratta più di tornare indietro, ma di raggiungere il primo gruppo di legionari, quello di testa, che si è fermato dietro, ma sicuro, una trincea, una piccola trincea, che i rossi hanno lasciaco da pochi minuti. Camminare nei campi è faticoso: il fango si appiccica agli stivali, il passo si fa pesante. Per terra, in mezzo ai legionari, in mezzo agli uomini con i fucili in mano, le piccole mitragliatrici leggere bene afferrate. Qualcuno spara, per farsi coraggio spara. • Non sparate, maledetti, dove sparate? Davanti ci sono ancora i nostri•. Ora tutti e tre hanno raggiunto la trin• cea. Un legionario ferito si lamenta piano piano. Un altro ! morto: ha un buco in fronte, sotto l'elmetto, non c'è niente da fare. Un suo compagno tuttavia non lo vuole lasciare, gli sta accanto muto, lo rivolta supino. contro il ciclo. Cerca di spiegarsi come è stato, come è stato facile. Dentro quella buca, stretti, al caldo, sono forse una trentina, c'è anche il tenit,itt corontl, il comandante del gruppo, un comandante di bandera, inguantati, con moschetto mitragliatore, binocolo, elmetto verniciato, tutto bene, ma fa lo stesso, sono col gruppo di testa e devono dare l'esempio. • Com'è bello l'uomo in combattimento», pensa il Dottore, e una grande ingiustificata allegrezza gli gonfia il petto, quasi piange dalla gioia di trovarsi li, ma ecco che invece scoppia a ridere. Una grande risata. r soldati lo guardano curiosamente. 11 Diamogli sotto•, dice il Dottore.• Diamogli sotto a quei figli di puttana, che li freghiamo•· • Un momento,, dice il comandante,• un momento. Non è ancora il momento•. Ma ormai i soldati si sono incaniti, vo• gliono uscire fuori, andare avanti. E arriva la prima cannonata. La prima canno11at3 di cui si accorge il Dottore: 1I carro russo. • Il russo•, dice. • Eh già•• risponde Lucas. I due uomini si guardano affettuosamente, si salutano, sanno quello che vorrebbero dirsi, mentre I soldati ammutoliscono. I carri sono tre, uno fermo sull'estrema smistra, non dà segno di vita, è immobile. È già stato colpito, evacuato, ma allora loro non lo sanno. Guardano, fuggcvol• mente, guardano quella grande minac• ciosa immobile macchina con il cannone d'acciaio chiaro puntato verso di loro. li secondo carro è quello che tira contro di loro, cannonate rapide, come colpi di una rivoltella a tamburo. È forse a trecento metri. • Se ci viene addosso fa una pizza,, pensa il Dottore, e di nuovo ride. Non può vietarselo. Si vede esattamente nei guai, e ride. Ride perché non ha paura. • Non sono poi tanto carogna•. 1 carri russi, cc• coh i famosi carri russi, davanti a lui, gli tirano addosso cannonate e lui se ne frega. • C'è ancora una speranza per me, se me la cavo•, pensa. •Non sono tanto carogna. Signore mio Dio ti ringrazio. Non vengono avanti perché hanno paura anche loro,. E si mette a ridere. J legionari si sono abituati a quella storia. È incredibile come l'uomo si abitua a tutto, anche ad essere preso di mira dalle cannonate. Che cosa meravigliosa, un uomo. Qualche soldato si sporge dalla trincea e spara, un altro ha sistemato una ~pesante• e giù scariche. • Ma non se11rate, perdio•, grida il comandante. • E mutile sparare contro i carri,. Ma dio buono, non si resiste ,, risponde il mitragliere, e brontolando s'azzitta per un po' . Non si pensa mai che il nemico abbia i guai suoi pure lui. E infatti il carro non può muoversi, è impantanato. Manovra con difficoltà, si sente il motore, enorme, tn folle, si vedono I cingoli arare il campo, e sempre più gli interstizi fra dente e dente, riempirsi di motte di terra, e tutto questo davanti a lui, al Dottore. Di tanto IO tanto la torretta gira, il cannoniere cerca i legionari, spara. Un altro carro dalla destra, dalla carrttera, dalla casa dei pto,itJ camweros, eccolo, arriva, è alto, spara. E in questo momento, tn mezzo ai colpi dell'artiglieria amica, si distingue lo sciac• quio del proiettile anticarro. I proiettili seguenti, luminosi, incandescenti, s'infi• lano uno sull'altro, raggiungono 11Larro in mezzo ai campi, lo colp1Scono, ci siamo Tutt'insieme fuori dalla trincea, cm• quanta, sessanta metri più in là, un'altra trtncca, elicoidale, ai margini della strada, il carro armato sulla strada apre un fuoco preciso, i proiettili affondano nella terra. in mezzo agli uomini, senza t!Splod1:re. Sotto, ragazzi, che li freghiamo. ~on valgono due soldi•· Il priny> ad andr.re sotto~ Hinckelmann. e accanfo a lui, come un'ombra, Lucas, e poi quattro o cinque legionari, e poi 11 Dottore. Una nuova buca, e il Carro che spara, a ottanta metri, La buca è molto vicina alla strada, è una specie di cunicolo che la trn"ersa da una parte all'altra, un canale di scolo. I:: da questo curioso osservatorio, mentre il carro spara addosso a lui, che il Dottore, Hinkelmann, Lucas, gli ufficiali, e quella punta di legionari, assistono al duello fra il carro russo e la mitragliatrice anticarro. Il pezzo anticarro è in mezzo alla strada, cento metri più indietro, piazzato sull'asfalto: sì vedono i suoi uomini IO p1ed1 che sparano rabbiosamente. Il carrello con le ruote di gomma è un po' in disparte, come abbandonato. La livella è sul margine sinistro. Ma il carro non risponde al pezzo: continua a sparare contro gli uomini nella buca: ne sfrangia il cratere tutt'intorno, i colpi entrano nella terra con un rumore sordo. Alzando 11 capo, fra colpo e colpo, si vede la vampa del colpo, poi tutti a terra, lo schianto, lo schianto enorme, il silenzio. A ogni colpo gli uomini ridono. Non sa sparare, dicono, non sa. Infine si assiste a una cosa suaordmana: dalla torretta del carro si alzò una botola, ne vennero fuori uno due tre quattro cinque uomini, saltarono in mezzo alla strada, si buttarono nella cunetta, si rialzarono, si vedeva lo scatto delle gambe, i gambali e i giacconi di cuoio luccicare. • Sparate, sparategli addosso, figli di cani, presto, fuoco, per la m ... , che vadano alla merda, subito!• Tutti sparano, i fucilieri sparano, l'uomo con la• pesante, spara, spara uno con una •leggera», i bossoli vengono addosso, caldi, brucianti, uno finalmente, l'ultimo. con delle alpargatas, ciocie, cade per terra, sì rialza, prende una raffica nella schiena, cade, perdio, è fregato. • Sistemarsi a difesa ai margini della strada!• grida il te,iientt coro,iel. \fa Hinckelmann, Lucas, il Dottore, e quattro o cinque legionari sono già lontani, si but• tano sulla strsda, corrono avanti, un gruppo di legionari viene all'assalto marciando compatto in mezzo alla carretera, gli uomini gridano bestemmiano gonfi d'orgoglio, di gioia, di pazzo entusiasmo. • Non cc la fanno, non ce la fanno contro di noi. Non diamogli pace, subito,. • Al paese, al paese•. Stravolti, sporchi, brandendo i fucili, stringendo convulsamente le bombe a mano, gli uomini corrono strasciconi sull'asfalto, piombano sul carro che è rimasto impigliato coi cingoli fra la cunetta e il bordo di pietra della ca,rtlera. Lucas s'impadronisce di una valigia di fibra, che è sulla prua del carro, in una commessura: lettere, tessera di riconoscimento, mutande, calze; l'attendente di Lucas, sbucato fuori non si sa come, ha già svitato il binocolo del carro, un altro s'impadronisce della radio. • Si va a frugare negli altri carri•• dice un legionario alto, biondo, • si va? che mi dà il permesso, signor tenente?•· domanda al Dottore. Il Comandante Lucas dice di sì. • Andate e tornate, ragazzi,. Quelli si buttano ai campi. Ma raffiche improvvise spazzano basse la strada, una mitragliatrice invisibile piazzata a ca\'allo della car-rtttra, spara rabbiosamente sui soldati, Uno due cadc,rio toccati. Sopraggiunge l'alftrtz dell'anticarro, mezzo im• pazzito dalla gioia. • Fatemi vedere, fatemi vedere il mio carro•, dice, • sono io che l'ho preso ·•Eh già, e noi?, dicono i soldati. • E noi che siamo andati a sfotterlo? Tutto finisce in una foto~rafin, mentre quelli sparanQ. E noi cosa si fa?• domanda il Dottore a Lucas. Ma Hinckelmann C già partito come una saetta con il cappottane che gli !.hatt(' sugli stinchi leggeri. • Non si può lasciarlo,, dice il dottore Quattro legionari, quelli d1 prima, sono già dietro al maggiore. Tutti commi• nano curvi, nella cunetta destra, ver!.o la casa dei ptonts cami,ieros, verso la nuo\·a cantoniera. Un odore d'erba, e le pallottole, sempre. Si fermano un momento dentro la cunetta, Si scambiano sigarette, cenni, s1 passano le borracce. • Questa sì, questa s\ che è !.tata bella , dicono i legionari, • Bella giornata!• E tutti presi da un'eccitazione straordinaria prendono a correre verso la can• toniera. Primi dobbiamo arrivare; primi,, 11 Dottore non ha più fiato quasi. Dietro di loro c'è l'altro gruppo bandtras, quello che opera alla destra. A un tratto vede Hinckelmann rivoltarsi e agitare le braccia. • flay otro carro, otro ca"o ruso atrds de la cata •· E prende a correre verso i campi, verso i primi muretti a secco abbandonati dai rossi, sulla destra. Ora il carro si mostra, spara su Lucas e sul Dottore con le mitragliatrici, è a forse sessanta metri. I due si buttano per terra. Si rialzano, corrono, quello spara, si buttano a terra, si rialzano, corrono, quello spara, s1 buttano a terra, carponi raggiungono un ccsl?uRlio, si spiaccicano contro la terra: v1"ere, vogliono vivere. «Dell'affare•• dice Lucas. E tranquillamente racimola due pietre. Il vicino, ci si mette dietro, si nasconde ~ascatola cranica dietro le pietre, schiaccia 11 cuore contro la terra, il cuo..-e bnt·.e contro la terra, lui ripiglia fiato. G. G NAPOLITANO

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