~ L 15 GIUGNO del 1931 mi iscrissi. alla _scuola di aviazione militare d1 Leningrado. Entrai con una certa commozione in una grande costruzione quadrata, sullo ~tile delle vecchie ca.senne. L'istruzione aeronautica russa non avviene tutta in una scuola. Il passaggio da un corso ad un altro equivale ad un trasferimento vero e proprio. Quando i novizi entrano in una scuola si trovano quasi sempre in compagnia di alcuni :rnziani Gente che ritarda non a caso la propria partenza \"er--o la nuova sede. ~ella Rus~ia sovietica si dà grande importanza a quella che possiamo chiamare la « preparazione politica » i anzi ,i può dire che i primi corsi più che alla istruzione militare sono dedicati a q~clia politica .. ~eH' Annata Ross.a si d1ch1ara: « o,~nt subalterno e ogni SU· periore non deve essere solta,ito un esperto della sua arma, ma anche uno .::.elm1tt:e attivo combattente politico per la causa dt:lla ,ivoludont: pro/eta· ,ia mondiale>. Ma c'è di più. ln ogni ,cuoia sono meciali associaz..ioni che raggruDoano, ognuna, gli allievi secondo le loro particola1i attitudini extra militari, cioè di propaganda politica rivolu1jonaria. fn quel tempo, fu introdotta nell'Armata l'« autocritica>. 11 compito era a parole ben definito. Fu il compa- !p'IO J urowski che indisse la prima riunione scolastica. :Ma tutti vollero parlare, e il compagno che aveva indetto la riunione dovette frenare la nostra ,mania di collaborazione, cercando di ,w.bilire certe differenze fra « autocritica democratica > e « autocritica proletaria >. Rammento benissimo con quale animo acceso Juro\'vski s.i perse dietro questa sottile di~tinzione. Poche settimane dopo, del resto, non si tornò più ~ull'argomento, e anzi l'iniziativa era ormai dimenticata. Il nostro interesse andava tutto verso l'aviazione, senza che possedessimo la coscienza dei fini cui l'armata aerea rivoluzionaria era vòlta. -I nostri di.scorsi non avevann m::ii per argomento il proletariato e l'Internazionale. Ci piacevano i motori, i voli, gli ard.imcnti: magari anche la vita cameratesca. Ricordo certi episodi che rivelano la nmtt'3. scarsa sensibilità politica. Era nostro insegnante di « Storia della Lotta di Classe > l'ebreo Karagodoski. Un giorno, durante una lezione, si venne a parlare sui metodi da seguire di fronte a un esercito composto di lavoratori, ma al servizio di capitalisti. Naturalmente noi tutti ci dichiarammo per l'c affratellamento», e in fondo non ripetevamo che un luogo comune entratoci negli orecchi. li metodo era riu- ,cito durante la guerra mondiale: non vec¼:vamo per,ché non potesse essere b"Jono in eterno. Ma il nostro insegnante ebreo s.i mise a ridere. DUse che al contrario si doveva combattere fino alla distruzione brutale di ogni esercito avversario. L'affratellamento, aggiunse, ha sempre i suoi rischi. I rischi è chiaro di che natura sono. L'esercito proletario perde la sua combattività, obbed~ a facili impulsi, smette di essere un escr.cito di spietati combattenti. Ccxì io feci il mio ingresso nell'aviazione sovietica; finché verso la fine del me,e di ottobre fummo traslocati a Vohk, sul Volga. Gli ufflciali Vohk è una cittadina nel governatorato di Saratov, sulla riva destra del Volga. Un tempo centro indu,;;triale aveva ormai un a,petto desolante, d;to lo scarso commercio che da qualche anno si ha m quel fiume. La nostra scuola era in uno dei migliori edifizi della città. ~a si stava male. I primi tempi si dovette man~1are in piedi perché mancavano le panche; le aule erano lontane dalle nostre camerate " dovevamo fare un certo cammino a piedi nel fan• g:o. Il vitto era cattivo: la libera uscita ridotta, nei confronti di quella di Leningrado. Jl nostro zelo diminuì ancora. In quei tempi, partii per il Kuban, dove era palc,;-,euna certa agitazione tra i contadini, con arresti e dcporta1!on!. lo giravo qua e là, contento d.:J mio diploma. Ma un giorno incontro un vecchio con05CCntc che mi dice: « Anche voi, Georgi Vladimirovich, ~ictc di quelli là? > Ci mettemmo a dic.cuterc. lo e,er("avo di spiegargli ~ome i_l ~~tro pa~ doveva ~sere industnalizzato: lui tentennava il caoo. Diceva con dolore che lo sfruttavano. Andò a finire che io dc- ,ideraj tornar di nuovo all'Annata, per rifugiai mi in qucll'at~n~fera f!1ilitar~- ~ca che dava una sicurezza unpoS)lbilt.· ad aver'1 in alui ambienti. E quc- .,te impres.,;ioni. no~ er~no, mie pa~tico: lari. Durante 11 v1ag~10. mrontrat dei compagni : in c11.s~i ra vi11.ibi.li<l.-medc- ,imo ,cntimento e 11mt'dC"!-1mounpac• cio nei rapporti ~uo~i dell'e~ercito: Nel 1934 corrunc1ar~mo 1 cor,;,1 per aviatori di apparecchi da bomhardamcnto. Stavamo meglio: meglio allogt;'iati, meglio pagati. C"n ~iomo andam_- mo ad attendarci alle porte della cJttJ e ;ubito cominc·iarono i no,tri voli di allcnamrnto. U,MAGGJO 1931-XV O ■ NIBUl!I PAGINA 9 Furono tuttavia tempi du1i. Cadcl1..~ molta neve, seguirono tempeste cd acquazzoni che ci costrinsero a spiantare le nostre tende e a tornare nei no- ~tri quartieri invernali. ).{olci di noi, esausti Palle fatiche, erano ossessionati. ~•ler:ta dire qualcos..,. riguardo a.i nostri ufficiali. ~,tolti avevano appartenuto all'annata zarista, cd era gente colta. ben preparata. ).iancava di entusiasmo: si vedeva che tirava a campare e basta. l loro occhi apparivano meno smorti solo quando certe sere ci mettevamo a parlar di guerra. 1 ricordi li commovevano. Totalmente divcni erano gli ufficiali di provenienza proletaria. Quasi tutti ebrei, s'accanivano nel discutere. C'era un certo Cerniawjs capace di sostenere discussioni senza fine \ui casi mondiali della rivoluzione mondiale. Presto la ma~~ior parte de~li allievi imparò a destreggrnrsi anche in politica: cosa non difficile, perché ba- ~tava sottilizzare per far buona figura. I contadini Durante il nostro corso si iniziò la campagna contro i cont..1.dini. I piccoli possidt~nti, che non accettava,,,., entrare nelle collettività a$'ricole, vcni- ,·:-mo senza pietà messi m condizioni disfX:-ratc. Gli arresti continuavano. Una notte nella nostra ~enna si acce.se improvvisamente la luce: il comandante, seguito da un ufficiale sconosciuto, entrò nella nostra camerata. Due allievi furono arrestati, i loro bagagli frugati; poi le lampade si spensero e a noi pareva di avere fatto un sogno. Dopo un po' di silenzio, qualcuno cominciò a fare delle ipotesi. Tutti parlavano sottovoce, con angoscia, accresciuta. dall'oscurità e dal silenzio. Udimmo un compa~o dire forte: «Ma ~mettetela, chiacchieroni, borghesi: il Comando sa quello che deve fare>. Chi di noi aveva parenti nelle campagne dovette affrettarsi a scrivere letri.1lc, prc-,to le \Ciagure vennero occultale del tutto. Intanto diventavamo sempre pili ardimentosi e attaccati all'aviazione. Ci piaceva il volo e la vita militare. Alla fine, dopo moltissimi stenti, ottenemmo il diploma. Alcuni d:- plomati furono assegnati alle for.te orientali, io invece con qualche altro rimasi nella c;cuola come istruttore. Eravamo pieni di buona volontà: confcoo che la divisa fregiata da due rettangoli azzurri mi dette molta gioia. Ottenuto il diploma. ebbi nuovamente qualche contatto con i borghesi, ,coprendo tante cose di cui mai i nostri ){JTRAOLIATRIOESO UN APPARECCHIODA BOMBARDAMENTO tcrc di propaganda bolscevica. Lo fa- (emmo con discrfto entu\iasmo. Tuttavia molti di noi ebbero sgradite sorprese. I parenti ri~pondcvano cli non aver più niente: ad un allievo i;z;iunc:ucna lettera del fratello il quale gli domandava un paio dj c:-.:dzonivecchi. Affennava di aver ceduro rutto al Governo. Quella lettera sgomC'ntò il nQ"ltrocompagno. Egli 'iaJ)(·va bcnc-.che la cemura doveva averla ktta; quindi andò subito a con11.egnarla al c-cmore. Giurò che non era .,t..1.to,uo fratello a dir certe cose. Poiché ,uo fratello era un kulako anal• faOCta, gettò la colpa addosw allo 5Crivano. A primavera, 1c c,ercitazioni ricominciarono, con apparecchi di fabbrica1ione ,;ovictica i quali spec:,o producevano di~a,;tri con frequenti vinimr. Dapprima le vittime ebbero e~quic solenni; poi invece le '-<'polturr-av~nivano qua- ,;;i di na<;Co,.to.Per non unpre, ..i.onarci e per non farci parlar male del matepropagandisti avevano fatto cenno. I hor~hcsi morivano letteralmente di fame : r non ~cherzo se, dico che era impo,sibile vedere in giro un uomo gras- ~o. Pili che rispettarci, tutti ci invidiavano: e le rc1gazzc vedevano in noi il nuovi,simo principe azzurro, un uomo che poteva a.1:;sicurarcalla propria moglie di che \famarsi. Capii presto comf> valec:,;cpoco il denaro per quella g<'nte, vi'itOche anche avendone non potevano comprare ciò che più premeva : un po' di pane. Avvennero terribili speculazioni. Kirghi,;;i affamati, a cui era ,tato tolto il bc.,tiame, SC'CSCTO a Orenburg gettando sul mcrcaro tappeti bclli~~imi. Non volevano in cambio che pane e farina. Per le st,.1de, si incontravano es• ,r-ri con la fame negli occhi; gente che donniva di giorno ,ui marciapiedi. I ha~ni pubblici non funzionavano più da wmpo: frt>qu<'nti le intcrru1.ioni del1.l lurP t>l<>ttrica. C:1•rto i prnpa.gandi,ti, quelli che vl·niSO VIE7'1CA vano chiamati i « lavoratori politici >, facevano di tutto per convincere noi m.ilit.1.ri 1 e anche i borghesi, che nei pac~i capitalisti la gente stava peggio. Circolavano a propOli.itomolti,,.ime ~toriclle, e a tutti veniva fatto di citarle ogni volta che si discutC'-SCsulle disa5trosc condi;-ioni dei popoli dell'Unione. Sapevamo che in fondo molto probabilmente c'era dell'c~~erazione; comunque ,i fingeva di crc-derci, per conlòOlarci. La fame continuava. In fondo, gli unici a cavar<-ela bene erano gli ,;capoli: ~li ammogliati, anche se apparteva M:mpre a dirci netla maniera più perentoria che il nostro coscienzioso lavoro non ba,tava; la causa della rivoluzione voleva tutta ia nostra anima. Noi non eravamo dunque soltanto 3· viatori: eravamo dei difensori del Governo di Mosca. Non dovevamo avere occhi : non domandarci se era giu~to che il popolo soffri,~e. C"no dei nostri « o,~crvatori > un giorno fu tratto in arresto. « Hanno arrcs1ato C.>, dicevamo çon orgasmo. Ma ci consigliarono di tacere. L'arre~tato era un traditore, non dovevamo occuparci di lui: proibito ~entimc pietà. ll.ANOVBEDI APPABECOBIDA BOMBARDAMENTO nenti all'Esercito, non avevano ìnvece da scialare. Le popolazioni non ne potevan più dalla fame .. Ricordo di aver visto Ucraini e Caucasici dall'aspetto spettrale. Magrissimi e silenziosi giravano le ,;;trade. E guai a commiserarli! Un giorno che passeggiavo col compagno fvan mi trovai a dire, quasi senza volerlo : « Sono morti che camminano, quelli». E Ivan: « Hai letto sul giornale? Gli operai della Baviera non sono pagati da sei mesi. Vivono di paglia· macinata». Non c'era da dir altro. E può darsi benis.simo che, in quei tempi, se fosse stato qualche mio compagno a fare le osservazioni che avevo fatto io suJle condizioni del proletariato russo, avrei risposto anch'io in egual modo. Lo facevamo per patriottismo o per sog9ezionc morale ai e lavoratori politici>. Non lo so. Fatto sta che dalle nostre labbra u<oC.ivanforasi simili, senza che ne ave.ssimo coscienza. Feste di affamati fl mangiare era l'unico• scopo della nostra vita. Per fcstcgS?iarc l'anniversario della rivoluzione, ottenemmo certi supplementi di biscotti e farina e, riunitici insieme, ufficiali ammogliati e scapoli, facemmo una festa. Eravamo allegri; cantavamo, e un mio compagno ubriaco gridava insolenze continue contro tutti i capitali,;ti che chiamava porci. Diceva così: < Il capitali.sta è un porco. i'l'on c'è bisogno di ingrassarlo. Che salsicce tedesche ci faremo! Che salsicce ! Che salsicce ! > Ma ad un tratto ecco che udimmo bussare alla porta. Eravamo in casa cli un certo Lcvin, un ebreuccio, che sebbene non appartenesse all'c~ercito godeva la benevolenza di noi ufficiali. Levìn andò ad aprire e lo udimmo gridare. Non capivamo con chi l'avesse, ma vedemmo entrar nella sala un uomo hmghi~imo e rnagri,.:imo, vestito con un cappotto verde bottiglia. Levin lo ,;.cguiva furibondo. Gli occhi dello sconoc;ciuto erano feroci, rn..1.apoena ci vide si gettò in ginocchio. « Ho fame, fratelli>, disse. « Sono digiuno, fratelli>. E piangeva. Dovemmo trattenere Lcvin che voleva cacciarlo via. Demmo all'affamato un po' di pane; la moglie di un nostro collega fu presa da un attacco i-sterico; l'cbrcuccio nostro ospite arrivò a dire a quel gigante scono,;;çiuto che tutti al mondo siamo fratelli, Insomma, fcstei:;:- giammo in una maniera a,,.ai ,trana l'annivcnario della rivoluzione. Mussolini e Hitler Ci fu fra noi anche la moda dei suicidi. Un nostro compagno ~i impiccò nel cortile. Lasciò un b(~lictto molto semplice: diceva di <..."'\Sersetanco di vivere. E andw il giovane comuni~ta Det<'o;chek tentò di suicidar11.i.Ma fu ,;;alvato j allontanato, non ho più saputo chl' fine abbia fatto. La propa~anda intanto continuava implacabile. A noi prrmC'va di r,;.t;;crr aviatori, ,, ba..,ta; ma qualcuno capitaE le sorprese non mancavano. Sorprese d'ogni genere. Ricordo la nostra sorpresa alla notizia cht 1a Germania era diventata tutta hitleriana. Fino al giorno avanti 1 ci avevano fatto credere che la Gennania fosse per noi. Attendevamo la sua « sovietizzazione », si può dire, di giorno in giorno. La Germania era una cosa sicura per noi, perduta per i capitalisti. La sorpresa fu enorme, e incredibile poi fu la disinvoltura con la quale la stampa comunista principiò a dipingerci come belve affamate i tedeschi che fino a poco pdma erano stati detti le e povere vittime> di tutte le borghesie occidenta!.i. Noi allievi ragionammo a lungo dell'avvenimento. La parola « fasci~mo » si imponeva più che mai, se non r.elle nostre menti, nella nostra immaginazione. Sebbene dii::cssimo, ripetendo quello che leggevamo da tutte le parti, che il fascismo e il nazismo non erano regimi popolari, eravamo nell'animo nostro coscienti che alcuni popoli europei, e in prima linea quello italiano e tcde,co, non volevano sapere di comunismo. Si parlava spesso di Hitler e di Mu~lini come di uomini risoluti, liberi veramente da ogni debolezza democratica. l.ina matùna, sul muro del no,;,tro campo di aviazione, trovammo dipinta una croce uncinata. li colpevole non fu li.Coperto; del rc,to andò a finire che funlmo stanchi di fantasticare anche sulla Gcm1ania, sull'ltalia e sul fa..<i.Ci'-mO. La fame cresceva ancora, e dì notte i pO\·cri entravano nelle caserme per mbare un po' di pane. :-.1a fu dato ordine di e epurare>. Epurare ,ignificava dare la caccia ai mic;eri : una caccia senza pietà. I paracadutisti Al principio della primavera 1936, ebbi una ,orpresa. Per riduzione di quadri, mi trovai nella ri11.erva. Le pc• riodichc riduzioni di quadri erano un modo qualunque per radiare dall'armata gli «indesiderati». Rilas,ciavano un buon att(',tato, e ,i poteva pa.~are all'aviazione civile. Così feci io. Tuttavia volli prendenni qualche giorno di vacanw. Potevo indos.,are ancora per un po' di tempo la divh.a militare, il chr mi dava privilegi be.n comprensibili in un pac\C come il nostro. Ero libero alla fine, e ne ero commoso:;o.Prima di rccanni a :Vlo,;;ca,volli re~tarc un po' di giorni nei pae,i meridionali, con lo 5COJ>O di ripo~nni e di riordinare le mie idee. Nella Russia del md pareva che ci fo,;,.,c,tato il diluvio. Si vedevano contadini ~paruti anelare qua e là; i raccolti marcivano per m:tncanw di braccia. La dc<.olazione era generale. [o port.3vo con mc il mio ,;;acco di viveri. ~fi vidi fì,~ato con odio: una voce cavcrno,a di tisico di~c alle mie ,palle: « Euo un'altra ~angui,uga ~- Capii al4 \ora ch,- la divi,;;a mi comprometteva. La'-ciai quella da ufficiale per quella da allirvo. Tait' prudrnza non b~tò. ~i vedevo odiato come uno che appartenga ad una classe di dominatori; e naturalmente la voglia di riposanni mi pa,;sò del tuttÒ: Fu in quei tempi che mi nacque nell'animo la fenna volontà di impegnarmi a combattere il regime sovietico. Libero da lrgami familiari, nulla mi tratteneva. Co::.i,fatti i miei conti, presi il treno per Mosca. Vole,·o diventare pilota civile. Molti furono gli accertamenti per stabilire la mia fede polfrìca; alla fine, tuttavia, si convinsero di poters.i fidare. :Mi volevano assegnare a due lince a.siaticht:, in me1.zo alle steppe, e mi ci volle a:i:,.ai per poter dissuadere la direzione. Andò a finire che la mia assegnazione ad una linea civile fu iimandata per settimane. :-..tolte occasioni ebbi, ma non ~apevo do:-idrnni. Per esempio, mi attirava Baku che è vicina alla PC'r.,ia. Era un nulla sconfinare, e anche altri po5ti mi tentavano continuament(', ,pecie quelli di confine. Fui ac:.scgnatointanto alla scuola ccP• tralc dei motori~ti dell'c Osoviachim », a due passi da Mosca. Non mi ci trovai né bene né male. Del resto, mi sentivo in una situazione provvh.oria. Al campo 1 wpratlutto, ferveva l'allenamento dei paracadutisti. ln caso di guerra il governo di :-.lo'ìCa non si è mai fatto illusioni. Sa, per primo, cht il principio delle mas,;e in anni è una favola. I Ru,si finiranno o col gettare I(' anni. o coll'usarle contro i loro ~o- ,crnanti. Unico mezzo sicuro la dcrnorali1..zazionçimprovvi,a del ncmi.'.'o. Ed è per ciò che i paracadutisti si allenano. E~si, un bel giorno, dovrebbero ;abrt' dal ciclo per portare la morte e il terrore dietro le lince nemiche. Il e Comintcrn > conta soprattutto ~ul terrore. L'esercito vero e proprio non 1:;arà che un mezzo per tenere a bada gli eserciti borghesi schierati sul fronte. Senza contare l'aiuto che verrà dal giudai-,mo internazionale, fatto apposta per seminar dovunque l'inquietudine morale e lo s.:oraggiamento ra<.~gnato, clementi necessari per i futuri wiluppi rivoluzionari. Fuga in volo Dopo non molto, fui assunto veramente nell'aviazione civile. ,;\,{j offrirono un posto ideale sulla linea notturna Leningrado-Mosca; ma grandi furono gli impioci che mi capitarono. Presentatomi al campo, prima dì assumenni come aviatore civile mi obbiettarono che dovevo allenarmi. Ero sgomento. Alla fine, ottenni di poter fare un piccolo volo di allenamento; ma mi mandarono a bordo un milite ro--so che dissero molto desideroso di volare. l n alto, mi commossi. \' c<lcvo Leningrado distesa in basso e scorgev'> i confini della Finlandia. Sarebbe bastato un breve volo; ma seppi dominam1i. Così ritornai al campo. Ogni volta che mi sollevavo a volo, col ca• rico della posta, mi pareva di essere alla fine libero. Il cielo onnai era il simbolo della mia libertà. E spesso mi accim.i al passo decisivo; ma, fra l'altro, fui trattenuto anche da un vero e proprio incidente. Mancò poco che non ci rimettessi la pelle, e la mia fuga fu ancora ritardata. Una mattina m.i decisi con risolutezza. Avevo a bordo un meccanico, ma non mc ne importava niente. Partim- , mo da Leningrado e ci dirigemmo verso occidente. Avevo studiato per bene la rotta, e osservavo sotto di mc il va• riare del terreno, il mutar del pae"! che significava l'avvicinarsi della mia libertà. li meccanico s'impensieriva: temeva che ci fossimo smarriti. Sotto di noi si vedevano piccoli poderi tenuti a meraviglia; segno, credetti, che avevamo sconfinato e che la proprietà collettiva più non esisteva. Cosi deci,i di atterrare, tanto più che la benzina ,tava per finire. Ci trovammo in un luogo pianeggiante, e il meccanico sgomento mi chiedeva: e Dove siamo?> 101 inquieto, mi guardavo intorno; avevo la tremenda sensazione di cc.sere sceso troppo presto e cli es5ere ancora in Ru\Sia. In una strada vicina vedemmo un contadino. Corsi verso di lui: « Quale è la città più vicina? » « Ostrov », mi fu rispo- ,;;to,e io capii che ero ancora in gabbia. Allora dissi al mio compagno che dovevo stabilire la rotta. Salii a bordo e, mentre fin~evo di osservare la carta, misi in moto l'appurecchio. Il mecca• nico s~ava domandando qualc05,a al contadino. Al rumore dell'arynarccchio in moto, si voltarono entrambi pieni di stupore. « Arrivederci, giovanotti! > gridai, ma non so se fui udito. Volai veNo il confine che non doveva essere lontano. Il pensiero che la benzina potesse finire prima di ra~giungcrlo, mi metteva in orga(;mo. Il buio divenne ,emprc più fitto, era pericoloso atterrare in un luogo_~con~ci~to. Pu:c bisognava tentare. ~1 tolsi gh occhiali. Guardavo nelle tenebre, e sorvolai una siepe; poi una grande <:eossa, se~no che l'apparecchio aveva urtato da qualche parte. Tro,·atomi a terra, ebbi la sensazione dj non c~sermi fatto ooi tanto male; solo qualche ,;calfittura. Da un paese vicino ac• corre.va gcn te. « Santo ciclo, è vivo>, udii dirmi in ru,;,,;,oe, la fronte mi si gelò. « Dove 50no? > chiesi, e con grande c;.ollicvoudii ri,pondcrmi che ero in Lettonia. La Lettonia mi patve un paradi~o. Vi era gente linda e quasi contenta, anche quando non ricca e bcne~tantc. Vedevo sul volto di tutti, perfino di quelli che all'a.'l)CttO mo5travano di e,;,. \~re pov~ri diavoli, non una ra,se~naz1onc bma, ma come una luce di ,;;pcranza. GIORGIO KRANTEZ (Tradu:do11c dal ruuo di /I, O.)
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