Omnibus - anno I - n. 7 - 15 maggio 1937

O ■ NIBUS ~ t IL SOFM DELLE m:usE INCONTRI CON IIIARDDRIIID D ICIASSETTE luglio 1914. Caldo .:ufissiante. Medardo Rosso, di passaggio per Roma, non cede alla tentazione di riposarsi do• po colazione. Ha appena finito di mangiare che monta sopra una carrozzella e si fa condurre all'abitazione di un suo giovine amico, in fondo a via Nomentana. Traversa a piedi un giardino bruciante di sole, sale centoventicinque scalini e si trova alfi.ne in una stanza ombrosa, mezzo disfatto dall'asma e dal calore. L'llmico è di là che dorme. La di lui moglie è qui che riposa in una poltro• na ; e 'Considera un po' ansiosa quell'omone con$'estionato c~e s~uffa come un mantice mentre s1 asciuga con grandi gesti e grandi fazzoletti la testa, la faccia, il collo. Intanto l'uomo tenta di raccapezzarsi nel buio della stanza, e scorgendo la donna dice brevemente: e Son Rosso >. La signora non lo conosce di persona, e che è rosso lo vede; ma chi sarà mai? e Son Rosso>, ripete il visitatore. Ah, ora la signora ha capito. « Lei è Medardo Rosso>. Il marito è sve~liato d'urgenza. Feste, saluti, complimenti. Dooo di che si incomincia a parlare di arte e la conversazione, condotta su terni tanto ardenti, dalle ore canicolari arriva di volo alle ore della brezza serotina, sulla rotonda di una trattoria a Ponte Nomentano. Rosso rifà la storia della sua conversione all'imprC!sionismo. Anzi del suo unico precorrere l'impressionismo ~n scultura, Quelli venuti dopo di lui lo hanno e saccheggiato>. « Hanno fatto come dei borsaioli che rubano un portamonete ad un buon diavolo e si accorgono dopo, con rammarico, che la vittima è un povero rispettabile dabbenuomo. Ma intanto vogliono dividersi il piccolo bottino e ognuno cerca di farsi la parte più g~sa >. I suoi convincimenti artistici si affermarono molto presto in lui. Era ragazzo e ~tudiava i classici in un Museo di Milano. Un giorno, egli racconta, in un momento di riposo e di malcontento, si era appoggiato al oiedistallo \ di una statua e guardava davanti a sé nel vuoto del lungo corridoio. Tutt'a un tratto la sua attenzione fu attirata da un gruppo di persone che si avanzava. e La luce in·,estiva quelle figure e creava due masse distinte ugualmente possenti. Una di luce, sui corpi, una di ombra sul terreno. Appena le figure uscivano dal raggio della luce, subito ~e11·~~bi~~~-si i~~~re:vaann°0n~~n~gl~~: e subito balzava il loro risalto. Io pensai : potrei toccare quei corpi. Non potrei ìnvece toccare quell'ombra. Eppure essa è viva e assoluta come il corpo che posso palpare>. Da allora Rosso non pensò che a realizzare il suo ideale plastico. Creare, cioè, in scultura, la tonalità. Dare dellr impressioni ottiche j non tattili. e La &'rande statua, quella alla quale tu giri mtorno, è uno sbaglio. Tu domandi anche ad un ragazzo : "Che t'ha detto?" "Mah! è rimasto come una statua!" Vedi: l'intelligenza istintiva che afferra di colpo la verità>. SOFFICIIN ANTOLOGIA ~ STATA opportunissima idea, di selezionare e disporre, in un denso volume, prose, più o meno note, d'Ardengo Soffici. La bontà dell'idea e della riuscita si conferma da cib: che anche quelli, come noi, che fedelmente da trent'anni se• guono lo scrittore, e di quanto egli ha pubblicato forse non lasciarono sfuggire una riga, questa antologia se la godono come una festa; segno che la letteratura del Soffici sostan1.ialmente è più fresca che mai, mentre si ravviva di qualche potatura intelligente e delicata. E contento può essere il De Robertis, che ha compiuto la fatica di scegliere e ordinare il volume (Ardengo Soffici: Fior fiore, Pagine suite t ordinate da Giuseppe Dt Robertil, cd. Vallecchi, Firenze, L. u). Al quale se poi non arrida tutta la fortuna che merita, vorrà dire soltanto che il pubblico è davvero una bruttissima bestia. Quante simpatie, in questo trentennio, per l'arte del Soffici, e per le sue imprese di divulgazione culturale. L'impressionismo pittorico francese, e Rosso, e Rimbaud, e Laforguc, ecc., ecc., non li aveva fatti mica, né li aveva scoperti Soffici. E si può anzi esser certi che a lui era impossibile trattarne senza una qualche diminuzione preliminare; se~• za ridurli, inconsapevolmente, alla propria misura, a una facilità un po' ingenua, e I monumenti, i gruppi statuari per lui erano inconcepibili. Li chiamava i fresse-papiers, Del resto tutte le opere d arte di grande moie gli davan fa. stidio. e Ci son parole, c'è una parola : ci son toni, c'è un tono; indimenticabili; su cui si crea da noi stessi rimeditandoli. E ci son grandi quadri, lunghe liriche di cui nulla resta e nulla importa. Se un artista ha da dirti una cosa, non valgono i molti discorsi. Perché mi vuoi far leggere un libro se quello che hai da dirmi è una frase? Ah, mes ami.s, lavorare n'est pas un amusement. E tu riesci a fare quando neanche tu sai quel che riesci a fare>. Rosso tornò da quesù amici dopo quasi dieci anni. Li aveva di tanto in tanto raggiunti, durante le peregrina• zioni della guerra, con qualche te1egramma di questo tono : « Ciaou. Stretta di mano a te e tua donna•, oppure: e A te e tua donna et vostra creazione del bene oggi et sempre :t, Nel gennaio del 1923, Rosso era di nuovo a Roma. Montò ancora in una carrozzella, e via a cercare i suoi vecchi giovani amici che allora abitavano fuori Porta San Giovanni. Anche qui, più di un centinaio di scalini da salire; benché fosse inverno, Rosso entrò nell'appartamento sudato e affannato co• me in quell'estate lontana. Si sedette presso la stufa, le gambe larghe, il ventre che traboccava dal sedile, un fazzoletto bianco legato intorno al collo. Si interessò di tutte le novità della casa, della famiglia, del lavoro. Più tardi, alla Casina Valadier, Rmso contemplava il tramonto eccezionalmente lucente. e Il cielo viene avanti; il paesaggio va indietro>. Egli era sempre attento a cogliere le risoluzioni artistiche di ogni spettacolo e di ogni immagine. e E quello, che cos'è? Un calamaio?> Faceva finta di non riconoscere ìl monumento a Vittorio Emanuele. Gli fu facile da questo punto di partenza trovare nuovi spunti per un attacco alle statue di tutto tondo. Era diventata una specie di fissazione, la sua. E sì che le aveva studiate e amate in gioventù; e le aveva imitate fino al punto di riuscire un falsificatore di gran classe. Una volta scolpi un Donatello con tanta abilità che un esrrto del British Museum non indugi a comprare la statua e a pagarla orof umatamcnte. Ma Medardo Rosso era più ambizio::.o della sua abilità di artista che di quella di mercante e si affrettò a rivelare il trucco all'acquirente, il quale ebbe tanto spirito di tenere per sé il falso Donatello e di interessarsi alla vera arte di Medardo Rosso fino a trattare l'acquisto di una delle sue cere. Soltanto che per questo secondo affare sorsero difficoltà insormontabili. 11 cliente vo~ Jeva pagare un vero Rosso meno di u11 falso Donatello. e Eh non, mon cher. Donatello non mangia, non beve e non si veste più, per fortuna sua. Mi mane-io. bevo, compro vestiti e vado in giro. Se mai, è di più che mi dovete pagare :t. e Ah, l'argent, l'argerit! > Anche il cameriere si diverte e si è messo vicino al tavolo per ascoltare. « E gli strozzini? Si dice tanto male si dovrebbe forse anche dire, un po' grossa. Ma, al medesimo tempo, di quanta felicità egli sapeva investirli; e d'un senso di vita :11tillantc, primaverile, Incapace a propagare, senza deformarla, una convinzione intellettuale, a mettere nei veri ter• mini un problema di gusto, Soffici, attraverso alla propria letter-atu,a ed a quelle esemplificazioni critiche, proponeva qualcosa assai più importante: un tono di vita, una maniera d'essere, un capriccio, una spavalderia; e, almeno per un periodo, il suo esempio fu contagioso. Nell'immediato anteguerra, Soffici fu il nostro scrittore più rappresentativo e magnetico. Della stessa eredità futuri.sta, non ha sopravvissuto che quanto s'era filtrato nella personalità di Soffici e, per cosi esprimerci, ne aveva ricevuto un crisma pae~ sano. Un errore di Soffici fu, indubbiamente, d'aver voluto foggiare, li sul primo prin• cipio, una specie di proiezione romanzesca della propria personalità. D'aver preteso di consacrare, con un racconto in diversi volumi, il mito di quella sua giovanile irruenza, di quella sua lirica spa• valderia. E fu, come tutti sanno, l'errore del Ltmmo11io Borto. Ma bisognerà pure tener conto di certe tendenze dell'epoca. Né ci sarebbe da meravigliarsi che Soffici avesse tentato di fare per l'Italia, e forse più specialmente per la Toscana, qualche cosa d1 simile a cib che, per l'Europa decadente dell'anL'AVANOOARDlA ti IL RlPOOJO DELLE ZITELLE degli stroz.zini, Ma sono persone egr<'- gie: persone preziose. Soltanto loro ti danno il denaro nel momento che ne hai bisogno. Diventano odiose soltanto il giorno che devi restituir loro il denaro>. Passano tre donne. Rosso le guarda attentamente mentre si allontanano. « Tre tipi. Ciascuna con un'elegan• za sua propria. E una camminatura. Io capi!tCo la gente a guardarla cammina• re. Si pretende legger la mano. Ma il piede e molto più !!igni6cativo. Il piede fatica, il piede porta la persona, il piede risente l'emozione dell'individuo. Guardate una persona che cammina in preda ad un'emozione. Non vi accorgete come procede ineguale? >. La cammina tura gli fa venire in mente le scarpe e Rosso racconta questo grazioso aneddoto. Passeggiando per un boulevard parigino, eglì incontrò un giorno una cocottina calzata molto malamente. La fermò. e Eh non, ma chlrie. ça ne marche pas. Tu hai delle scarpe troppo brutte per il tuo mestiere. Vieni con mc ». La condusse in un'elegante calzoleria e le pagò un magnifico paio di scarpe. e 1\1aintenant ça va :t. E andò. Andò bene di certo, perché a distanza di poco tempo egli rivide la sua protetta in carrozza. Era vestita con grande eleganza e ostentava fuori delfa sottana un piedino finemente calzato. e Sicuro, l'abito fa il monaco. Quan• te volte la fortuna di un matrimonio è dovuta ad un abito ben tagliato, E ci si dimentica del povero tailleu, •· T.T.T. tegucrra, fu il Jea,1 Chn'stophe di Romain Rolland: l'odissea del giovane geniale e generoso, che per contrasti esterni cd interni arriva infine a trovare sé stcsso, e ad equilibrarsi, modificandola, nella circostante realtà. Come non sarebbe impos• sibile ravvisare, sia in Lemmo11io che nell'Uomo finito dt:I Papini, quel tanto di residuale superomismo ch'era compatibile con l'atteggiamento •vociano•· In Soffici, la vocazione pratica sempre fu vivacissima. Volontario in guerra, e due volte ferito. Fascista militante. E, in tutti i tempi e tutte le occasioni, predicatore. Lcmmonio Bort!o avrebbe dovuto rappresentare la gesta d'un Lemmonio-Soffici che, in arte, in letteratura, in politica, nel costume, e nella morale spicciola come in quella grossa, • radd1rizza le gambe ai cani•. Miseramente il personaggio soffrl delle sproporzioni fra la propria forza (inclusavi la capacità d'intendere la missione cui s'era accinto) e quel mondo sbilenco e corrotto al quale voleva imporsi, come il pedagogo s'impone al ragazzo inerte o riottoso. E fu come se il donchisciottismo di tutta la situazione del libro, dal personaggio fantastico si riassorbisse nello scrittore. Poiché Soffici non aveva avuto il coraggio artistico di realizzare che, in uns. quantità di circostanze, Lemmonio era falso e ridicolo, egli dovette in qualche modo patir la beffa, in persona propria, di cib ch'egli a\·cva tollerato nella persona di Lemmonio Boreo. UNROMANZO PIERO (;AUUA è autore di romanzi e racconti. • Mozzo• è la storia di un ragazzo, scritta magari un po' alla Dc Amicis; benchl da essa non fossero cadusi certi effetti, intesi a garentimc la modernità. • Mozzo• era comunque un buon racconto, ebbe un premio, e da allora tutti impararono ad un.re per Gadda certi aggettivi, come •onesto•, •chiaro•, •nostro•, •cristallino•• ccc. Dopo è venuto un romanzo sto,ico di :noie ragguardevole e d'impegno inferiore:• Gagliarda•, che V\JOI stare fra Nievo e Stc-ndhal. Fu il segno dei tempi. Si è avuto un momento, nella cronaca della nostra letteratura contemporanea, in cui si è preso d'assalto il romanzo. Per amore di patria tutti gli scrittori volevano scriverne uno: per amor d'Europa, gli stessi miravano allo stesso fine. Da una pane l'Italia, cui manca una musa; dall'altra l'Europa, che, più fonunata, ae la tiene tutta per si. Mai come scrivendo un romanzo, gli scrittori ita• liani si sentirono patrioti e universali. Certo i lettori contemporanei prediligono il romanzo, non solo come modo di divertimento. Anni fa le vite romanzate parvero dover sostituire le opere d'invenzione; ma invece non facevano altro che surrogarle. ~ bastato che due o tre editori italiani si mettessero a far tradurre, pcrchi il lettore italiano testimoniasse subito la sua preferenza per opere di fantasia. Il romanzo oggi ha lettori in Italia, sia caso di Mauriac, o di Lawrencc. Si legge perfino il romanzo italiano; almeno quelli come Sortllt Maurassi. :--Jonsi ha per i romanzi ita!iani quei trasporti di ammirazione e di affetto che ogni giorno ai dimostrano ,..crso gli altri ,..enuti di fuori, sia tradotti che in originale; comunque Palazzcschi ha saputo, romanziere e novelliere, guadagnarsi i suoi lettori. Tutte le obiezioni a Soffici: obic1.ioni da caffè letterario, più che di vera e propria letteratura critica, quando si guarda bene, nascono da questo scambio. Oggi, una quantità di gente, con aria superiore, sorride di Soffici: soprattutto, di certi suoi dottrinari semplicismi, di cene sue oneste e marchiane contraddizioni, di cene deprecazioni un po' enfatiche. Sono questi i suoi• borcismi •· Non se n'è liberato finora; e ormai, forse, non se ne libera più. Sono i suoi • praticismi •; ch'egli assume in una quantità di funzioni, e, come nell'Elegia dell'Ambra e nell'Adtmata, perfino in funzione di canto. Che cos'è, infatti, il gessoso e isolato neoclassicismo di coteste poesie, se non il ,isultato d'un proposito d'esemplificazione polemica? Quando, in prosa o verso, il Soffici dimentica i prngrammi e non pensa a legiferare, il suo stile è tutt'altro, ha altro calore e colore. Ed è lo stile di Soffici. Ora il gran merito di quest'antologia, è di presentarci un Soffici completamente redento di quelli che abbiamo chiamalo i suoi • boreismi •· È il Soffici senza la scoria; che in lui, per fortuna, pub staccarsi dal buono, molto più agevolmente di quanto accada con altri scrittori. Ridotto alle parti che contano. e sono poi quelle naturali e visi\'C, anche il Ltmmonio Boreo sembra rinato. Si deve a Renato Serra una prima descrizione adeguata dell'arte di Soffici. Il Serra colse quest'arte, o come egli pre• feriva dire: questa •qualità,. di Soffici, proprio sullo sbocciare; nella sua assoluta 11cmphcitli-, pri\·a d'ombre, d'echi interiori, senza dialettica né contrappunto; e osservava: • tanto è semplic,~, che si di- • rebbe solo una sensazione •. • Soffici non è né un'opera, né un geMa unti gli scrittori che ai sono mcs.si con impegno a scrivere romanzi. Gadda tcrissc •Gagliarda•, come per dare una prova della sua parte<:ipazionc a un problema nazionale. E ora pubblica • Festa da ballo•· Il primo era un racconto che mostrava visibili i suoi precedenti letterari; quest'ultimo mostra an• ch'csso esperienze non meno librt:achc. • Ga• gliarda • intendeva dipingerci un'Italia, già intravista nelle • Confessioni di un Ottuagenario• oppure nella • Certosa d1 Parrna •; con addirittura una bat1aglia e la conquista d'un'isola; mentre ora gli scopi di • Festa da ballo• sono più modesti. Più modesti, sebbene sia la volta per Gadda di servirai di certe sue letture che potrebbero far ricredere coloro che usarono per lui gli aggettivi di •chiaro•, r piano•, • no:11tralc•. In que1to Gadda milanese, si scopre un po' di HuxJey, di quello più sarcastico e emico; e in genere alcuni autori anglosassoni. Tutto. in questo breve romanzo pubblicato dalla Casa Ccschina, si riusumc in una festa da ballo, La famiglia milanese degli Almucrzi, spagnola d'origine, i cui antenati, a quel che ne dice l'ultimo e sccuico d1scc.ndcntc,·• svaligiavano i viandanti nelle forre della Sierra di Guadarrama •, dà un grande ballo, cui per la prima volta nella storia della Casa partecipano pt:r invito gente di vicinissima origine umile. Pescecani, • pan.-cnua •: arricchiti, in:11omman,on nelle forre delle sierre ca.stigliane, e·~ co:111la vecchia padrona e signora della casa che inorridisce; mentre il nipote di lei ~ della .situazione il commentatore cinico e implacabile, Vengono avanti due ricche ma poco aristocraticht: signorine, di quelle che, entrando nei saloni degli Al• muerzi, credono arrivare in ciclo. Eppure i tipi di questa commedia milanese 1n una notte del dopoguerra restano generici. Alla festa interviene un certo• pretendente•, sempre vi.sto da lontano; attraversa le sale un principe; non manca l'uomo d'umor nero e con la lingua. pungente; come il ragazzino 1ilcnzioso e tor\°o, che, per la prima volta, indossa l'abito da sera. V'è tutto quello che può esurvi in una commedia che ha per centro un ballo aristocratico con intcn·cnto di pescecani e borghesi. Veno la fine, il racconto acquista andamento patetico. Dapprima i due personaggi meglio definiti, Enrico degli Almuen:i e il suo compagno Lorenzo, conversando mediante paradossi, ci facevano veder Gadda tutto intento a ,·olcr essere crudo e senza tremiti; poi, alla fine, il cuore non gli regge più. Agli spogliatoi sta dì guardia una bambina piena d1 sonno, e quando tutti all'alba se ne vanno stanchi e poco contenti di s~. Gadda ce la fa vedere innocentemc.nte addormentata. Lo. renzo, che~ un po' il sentimentale della commedia, , in punta di piedi III spinse fino alla saletta. La bambina cn1 ancora là, seduta sulla sua tcranna di paglia, con le mani intrecciate sulle ginocchia, la testa un po' reclina da una parte, la treccia nera, col suo fiammante nastro, pendula dietro la spalliera della seggiola, e dormiva•. Qui Gadda vuol mettere la sua brava moralità. E anche, vuole chiudere il romanzo con un quadretto d1 suo gusto. Resta ora da vedere quale successo potrà avere questo roman1.o in un vasto pubblico. t certo che Gadda non segncri un'cccc-zione fra gli autori contemporanei; comunque può darsi che il suo libro tro\·i fortuna presso i lettori di romanzi tradotti. I quali ,i dh•idono in due categorie: quella che non si arrischia più in là dei classici del romanzo, tnsponati in edizioni popolari, ci~ che resta fedele a Tolatoi, a Dickcns, a Dostoic"ski, a Balzac; e l'altra che si ~ buttata au Huxlcy, Carossa, ccc. t chiaro che potr11nno casere per Gadda alcuni di questi ultimi, Ma• gari rimarranno male per cena bonarietà italiana ancora. fra le righe di • Festa da ballo•; ma andranno avanti. Gadda è insomma fra quegli scrittori italiani che con grande sforzo vogliono guadagnare l'Europa; e che guadagnatala non hanno in mano una grandiu1ma conquis1a. Ora cinici, ora sentimentali, ora crudi, ora patetici sono sempre in contrasto con s~ medesimi. La natura li portereb~ ad casere brava gente; una seconda natur11 li trattiene e li spinge altrove. Finchi veno !'ultime righe si lasciano andare. Basta una bambma addormentata per dare un avvcrtiment .., lettore: siamo ancora quelli di prima, anche se si ~ fatto di tutto per non parerlo. ARRIGO BENEDETTI • nere: è un dono. Una cosa fluida; un • colore schietto; bisogna avere qudla ccr- • ta facoltà nelle pupille per sentire il va~ • lore e il piacere d'una frase sola, but- • tata là e che si regge di per sé, traspa- • rente, limpida, solida, senza pasta e sen- • :rn ritocco; come la pennellata di un vero • pittore, che basta che cada sopra una • tela, che scorra modellando sé stessa, ed •è già bella•. 11 Serra scri\,eva nel 1914. E l'arte, la •qualità• del Soffici, sono o~gi quali il Serra le vide, immutate. Nell'aderentissimo saggio che fa da introduzione all'antologia odierna, il Dc Robertis giustamente si richiama al giudizio serriano. Occorreva soltanto svolgerlo e precisarlo; riponandolo sulle occasioni che determinano i più felici momenti di Soffici (• Il • primo avviso del suo ritrovamento l'ebbe • a poter godere la vista della campagna .. , • Veder la campagna era per lui subito • un ritrovar sé e i colori adatti per di- • pingcrla ... •); non meno che su altre occasioni, di cui abbiamo già detto, che toccano invece Borco. Non poteva, in tale operazione, desiderarsi mano più ferma, ad un tempo, e leggera. Come il disegno che il De Robcrtis ha tracciato dello svolgimento di Soffici, è mosso, spazioso, ma senza sforzature di distanze e contrasti; né il carattere di questa produzione l'avrebbe, infatti, consentito. L'antologia, a tale riguardo, si presta a curiose considerazioni. Non crediamo che di nessun scrittore con questa vitalità potrebbero mescolarsi pagine composte a distanza di tanti annì, frammenti che appartengono alla g1oventll prima ed altri della piena maturità; riportandone. come qui. l'impressione d'un discorso continua• to senza stacco di tempo. senza mutamento d'umore e senza grnndi sorprese stilistiche. CHOPIN E LA SAND lll HA LETTO un po' di Ruui del1'0rtoccnto, aa di quale straordinaria adorazione gli Slavi hanno fatto sempre uis:gctto la figura di Georgc Sand. Chi poi ~ stato in Polonia, s'è certo accorto che in nessun paese del mondo l'amore per un genio nazionale raggiungt i limiti c:11trcmi con cui i Polacchi venerano il loro Chopin. Sicchi prima o poi era naturale e fatale che si tentasse di rievocare in qualche modo la relazione sentimentale che legò il c.omposi~ tore dei • Notturni • e delle • Polonaiscs • con l'amica del dottor Pagello e di Dc Mus• set. Questo compito ~ stato recentemente assunto dal giovane scrittore Iwaszkicwicz, che ha scritto una commedia che viene rappresentata stabilmente con successo al • Piccolo Teatro• di Varsavia: Un'tttatt a No- )umt. La commedia rievoca il momento in cui la pas..siont:è al tramonto, e coglie i due amanti in una villeggiatura fuori Parigi, prima della tcparazione definitiva. A dire il vero l'autore ha dimostrato un ceno tatto, cd ha saputo trovare una fusione abbastanza felice fra un clima generale di verità umana, e il senso sempre presente che si ha a che fare con dei personaggi fuor del comune. Però non ha voluto privare gli spettatori del piacere di assistere a un concertino privato eseguito da Chopin redivivo. Il regista si è gettato con estro entusiasta su questa scena, e il truccatore si è fatto in quattro, e c•~ riuscito, per dare alle muchcre dei due- geni, l'attore Ziembinska e l'attrice Potocka, il mas• simo di fcdchà iconografi.ca e riproduttiva. "IL SALE HLLA TERRA" L'anno scorso lo scrittore Josef Wittlin, già noto come poeta lirico per un bel I .bro di Inni e come traduttore, per aver \'Oho in versi polacchi nientemeno che l'Odlss~a. fu premiato due volte per due volumi usciti nell'anno. Ma il premio più interessante fu indubbiamente quello assegnato dalla cosiddetta Accademia degli Indipendenti al suo romanzo il Salt della T~rra, di cui è uscita in questi giomi la traduzione tedesca, con prefazione di Joscf Roth. Nessun scrittore poteva esser più adatto a fare da prcsc.nta• tore del libro di Wittlin, dell'autore della Marcia di Radttdy, perch~ Il Sai~ ddla Turo ric\·oca anch'esso, se pur nel conio di una sola generazione, la decadenza e la caduta dell'Impero degli Absburgo. Tanto Roth quanto W1ttlin provengono dalla Galizia polacca, cx-austriaca, e 11 primo è divenuto scrittore tedesco p1rch~ ebreo. Entrambi sono stati testimoni oculari della grande catastrofe: ma il pacifismo di Wittlin (a differenza dell'antimilitarismo del • buon Soldato Svejk • del ceco Hasck) è piuttosto il disfattismo tattico d'una minoranza etnica che mira al proprio riso.rgimcnto nazionale. Ma il libro di Wittlin supera le contingenze, cd esprime la fatalità della guerra e della mone con un sc.nso di rassegnazione virile, che dà un vero respiro epico al romanzo. LETTERATIIRA DI CONTADINI Ha suscitato grande intcrc.ssc in Polonia il fatto che 11 giuri del settimanale Wiadomosci Lit~raclti~ c. del mensile Skamand", duplice. cmanazi&nc d'un mede.simo gruppo di poeti varso\•ini. ha assegnato il suo ultimo premio letterario non al solito scrittore d'avanguardia, ma a un gruppo di dicci contadini, entrati in lizza con un fascio di loro ricordi raccolti insieme da non so qual professore. Più che. di contadini si tratta di piccoli agricoltori che lavorano un loro pezz.o di terra, e che raccontano gli avvenimenti a cui hanno as• sistito, ciò che pensano di quello che avviene nel mondo, e più che altro le loro pene e le loro fatiche. Qualcuno di questi Diari di contadini ~ un documento di simpatica ingenuità, ma per lo più ai tratta di cattiva letteratura, RENATO POGGIOLI Tra i foglietti del Giornale di bordo, eh 'è del 191 s, sono inseriti paragrafi del Tacmino d'Arno Borghi, ch'è del 1933, e del• l'Arlecchino, che precedc- il Giornale, e di Ltmmonio, che precede Arlruh;,to; in$ieme a passi dalla• Gazzetta del Popolo• di questi uhimi mesi, e non prima d'ora riuniti. li • viaggio in lnghiltena •, abbastanza recente, lega benissimo con vecchi ricordi parigini; lega, intendiamo, non soltanto per la nruurale coerenza d'un temperamento, e per l'armonia del lavoro letterario ben c:11eguito; ma come se il Soffici fosse rimasto fermo tutto questo tempo, con in mano la medesima penna. sempre allo stesso tavolino. E non è inerzia; ma è, piuttosto, somiglianza e identità nella felicità. Chi è felice non si muove e non cambia; e Soffici, dov'è felice, è e si sente davvero felice. Non sposta. Gli scarti cronologici, in lui son più facilmente denunciati dai com• menti polemici, dalle satire, dai filosofemi: dalla scoria, insomma, che si trattava precisamente d'eliminare. Si chiederà, allora, se tutta questa attività del Soffici non abbia un centro intorno a cui raccogliersi, un libro che meglio degli altri la rappresenti. Nel quale le sue bellezze sieno anche più vivide, e più rare le intrusioni. Senza far torto al Giornale di bordo e ad Arlecchino, cotesto libro esiste certamente, ed è: Kobilt!k, che l'antologia riceve con tutti gli onori. 'È il libro di guerra del Soffici, e col Purgatorio di Antonio Daldini senz'altro fra i più bei libri della nostra guerra. La violenza degli avvenimenti mette il racconto sopra una strada che cammina da s~. Tracotanza letteraria e guasconeria, si trasfigurano in virtù militare ed umanissimo eroismo. E la felicità di vedere, il commercio con la natura si fan,\o più acuti e appassionati in q, ,ll'aura di morte. 11,. TARI.O

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