L GlORNO in cui entrammo in Addis Abeba, con le trupoc, fu senza crepuscolo: dal grigio della giornata piovosa, si passò subito alla notte. Dovemmo piantare le tende nel fradicio <li un prato, sotto una pioggia monotona. Nella città c'erano più di dicumila pcl"!)onc,da quattro giorni asserragliate dietro i nrnrctti di cinta e le siépi di filo spinato. Dimenticati la civiltà, l'amore, il danaro, l'odio, stavano rintanate nelle legazioni, bivaccavano nei parchi, sperando in due cose ,oltanto: nelle mitragliatrici che po')- scd<"vavo e nell'ari ivo degli italiani. Di questi diecimila, il primo che conobbi fu un certo Ncbe:nzhal, che i,i dichiarò giornali!ita, corri\pondcntc dell'agenzia llavas. Quella sera stcs~a voleva anche lui telegrafare qualche co.)a, ma le due stazioni radio - la più pie• cola in città e la più potente alla peri• (cria - erano state devasta.te. Seppi dopo dal cavalier C., che da tre a011i era al nostro servizio infonnazioni ac.J Addis Abeba, che sorta di giornalist .. ro~se questo Nebenzhal. Elegante, pro• rumato, capelli ben pettinati cd impomatati, gli occhiali di tartaruga sul piccolo naso, rispettoso, ma sicuro di sé: ~~~cl~~~o est ~~ii[~~·l:~~t:u~~f '1c1~ vantini e faceva la spia. Quella sera non te-lcgrafò, ma a lui debbo la pruna nottuma ricognizione in città, la vi..ita alla legazione di Francia, la cono~cenn d'alcune persone ,•d anche l'aver pmuto trovare una bcll..t camera in un lieto e piccolo albergo, nascosto in un giardino di rose: e La ~1ascottc ». Lrna mattina, incontrai Nebenzhal per strada: mi condu,;;sc i,ubito alla legazione franCC'-C-.Entrammo dal ca11rello p,-incipalc, dife~o da quattro mitrai:;:liatrici, dopo d'aver confabulato a lungo con il capoposto, un giovane sottotenente. Duemila per.one erano raccolte là d"ntm, uomini, donne, bambini, poveri c. ricchi, nfr,cuglio di razze e di hni;ual!l!t : non molti i france)i e poi ambi. greci, turchi, albanesi, polacchi, rus...,i e tanti altri. Barbe i~pide, fucili ,ulle ,pali<'.. pi,;tole alla cintola, voci rolhc, s~uard1 traditori, come appaio110 1 pionieri in certi film americani: tcppa~lia, che nella felicità di non avere più l'incubo degli a,;salti notturni, non -.apcva di.. -.imularc ora l'unjco de,iderio di rivedere il botteghino lasciato nel luridume del quartiere indigeno, o in \·ia ~lakonncn, o vicino alla piazza Arat Kìlo. In città 110n era rimasto ne,,uno, o sC','auto coloro a cui la di(~a della propria roba ~tava a cuore più della vita -.te,;'-a.Qualcuno. infatti, era morto la'-Ciandosi sorprendere ad una finc- .-.tra o dietro ad una porta. ~la quc,te paure non le ebbe i( ~i~nor Eliazarian, proprietario del caffè accanto alla "ta- ✓1one fcrro\·iaria. L'incontrai quella ..e.- ra '-tC'-"a.Se anneno o gr<•co non capii bene i era alto e gra,;,c;o,scami~iato, co1l una moglie che lo vinceva 111 quella \ua a1ia violenta e grada-.sa. Eg-li aveva tutto na,;coc;to in cantina, mn bn,tava ino,trnrgli il danal'o, perché le prov• viste riappari,.,cro: uova e u_,hiJky, salarne e carne, vmo e birra. Quella notte v,-r\ i ~li uflìcinli francesi. ~i unti poche ore prima del no,tro ingrcs~, al com:i.ndo delle truppe sudanesi, rarcontando strane avventure della c;ua vita, ove la c;pacconata e la vigliac~h~- rin ,-j na,condcvano dietro a grnnd1 n- ~atc. Sfrutta\•a il momento, con pai.ze prct<'<i<d' i prcai e di imposizioni, m<l bastava un pugno sul tavolo per farlo tornare quieto r dolce. E,·a difficile capire l'origine di quella g<'ntc. A vcdrrli, come li vidi, con quell'aria di chi è scampato al terremoto, pareva che, aperto un conto con la poli:zia del proprio paese, ,;e ne fos- (('ro venuti Quag~iù con l'audacia della dispera7ionc, spinti oiù che dalb famr, dalJa vergogna. Eliazarian era di quc~ta rau,a. Di gente a questo modo, e pili buffa e più mic;terio,;a, la città era piena. Tutti avevano l'aria di essere veterani della guerriglia, abituati al saccheggio, all'incendio, alla violenta distruzione: erano <;tati dieci, venti volte dentro a ~imili CO)C, ora come parte attiva, ora come parte o;occombcntc. A completare il quadro, erano piovuti nella capitale trafficanti di ogni ~rta: e bastava andare alla e ~{ascotte > per vederne qualcuno. Dei tre alberghi, l'c Europa» era una grande baracca vicino alla stazionc · l'c Imperiale» una vecchia co- ,tr~z!one, con lo stemma im1>rriale in capo ad oi:;-ni letto, nei pressi della piar.1-acentrale; e e La ~\,fa,;cotte» dalla partf' del nuovo ghcbì, na invece più bello e più moderno. Co~truito come una villetta wirara ad un ,;;olo piano, appari\'a fra il verde di u~ gra!1d~ giardino. Padroni nano certi con1ug1 Jacob~n: lei bionda, occhialutaJ con modi lezioc.i; lui, invece, piccolo, magro, c.ilenzio~. uno di quelli che na- ~rono per portar coma a c;pa,;\O.Tedeo;chi, ordinati e puliti; brlle ,;aie, beli" stampe allt.• pareti, un pianofortr a coda (la signora imparò subito a suonar e Giovinezza>), e tappeti e molti libri. Avidi di danaro, pronti a qualsiasi forma di commercio, erano anche proprietari della farmacia e Centrale ». Vidi il loro nome su una prima lista di sorvegliati e seppi che la coppia serviva al negus il tè alle cinque e che 1>0igli offriva, per la fim1a, contratti riguardanti forniture di mitragliatrici, materiale belga, se ben ricordo. Non negavano i due Jacobson tutto ciò, ma speravano di passarla liscia, assicurando che le forniture erano state fatte molto tempo prima della guerra e che le armi le avevano date ~nza caricatori. Avevano conosciuto tutti gli uomini d'una certa importanza che erano +:{![):: O ■ NJBUS PAG-CNA j ~lati nella capttale durante i mesi della guerra: dal giornafota Knickcrbocker al banchiere Rickett; e su un album questi bravi signori avcvan messo la loro firma e qualche frase gentile, e~primendo il de~iderio del ritorno. Quando entrai per la prima volta alla e .. \,fascotte », ventiquattro ore dopo l'occupa7.ione della città, c'era soltanto una vecchia tedesca sorda e cretina, che diceva ja~ ja, e rideva per nulla, circondata da quattro o cinque servi indigeni, che giravano scalzi e silenziosi. Pareva riaprissero l' albergo dopo anni ed anni di chiusura. ).{entre aspettavo la bionda signora Jacobson, venne un grasso signore dalla faccia stranamente infantile, vestito di scuro, con un grossissimo brillante alle dita, il più grosso che io abbia mai veduto. Si presentò: « Ingegner Bcondard, svizzero, mi occupo di miniere>. Beondard parlò accendendosi in volto: da tre anni era in Etiopia; aveva regolare contratto stipulato direttamente con il negus, e quel farabutto! > diceva oramai Bcondard, e poteva scavare dove più gli piacesse, saggiare il terreno, esplorare e sondare. :Ma le angherie che aveva dovuto subire cmno state molte, diceva, il danaro speso troppo, e tutto per colpa del potere centrale. e Appena stavo per concludere qualcosa, ecco un ministro, un funzionario o il negus stesso, sempre pronti a troCOl.&.ICTIOII DI MiMOl.11, iTUOII ÌT OOCUMIIIT. ~OV■ t ■■TI■ .._ &.'•t1TOl&I 01 i.,, Otllll,_I N01'01ALI LAURANCE 'LYON LE PRESTIGE DU POUVOIR • »on·aa., -.,ounMoftllfcwqr OOCllll'I.. lt -6,e .. I pu1'■f>M 11'ft: pt,,1cw.. ,...... Comte01unmu,. PAYOT, PARIS Il libro che H negus teneva sul tavolino da notte LIBERTÉ • foALITÉ - fRATERNITf - SOLIDARITÉ A.·. :',.·. E.·. S.·. L.·. A.·. D.·. G.·. O.·. D.·. F.· . R:. LJ k\ LUMIÈRE D'ÉTHIOPIE O.·. d'Addis-Abbeba, le .(E:. l:.1 Le Vé11:. M:. de la .R:. [7 La Lumière d'Ethiopie, au T:, C:. F:. Modulo d'lscrlzlone alla massoneria etiopica Abissiol in fuga var cavilli, a far sospendere i lavori, a far correre inchiostro e carta bollata. Volevano altro danaro, non volevano che un europeo sfruttasse il suolo etiopico, temevano intrusioni! » Beondard aveva una miniera a novanta chilometri da Addis Abeba, e voleva sapere subito come il Governo italiano avrebbe regolato la sua fac. cenda. Da buon industriale non voleva perdere un solo minuto e già tentava di sapere se ci fo,;;~eun mezzo... . Gli dissi di star calmo e tranqu1llo, e che desideravo intanto bere qualcosa. Alla e Mascotte> c'era un bar, nella prima sala, ed io lo vedevo attraverso i tendaggi d'una vasta porta. Bcondard si alzò, corse dietro il banco, toccò tut• te le bottiglie, m'offrì questo e quello, con mano esperta, con occhio abituato a distinguere etichette di liquori. Bevemmo un primo, un secondo bicchierino, e presto dimenticai ch'egli ~i occupava di miniere. i\1olta gente veniva alla e ~1ascottc », sostava a prendere il tè, un liquore, un bicchiere di birra, ballava e scompariva. Tutti i .giornalisti stranieri, bloccati dal rapido vol~ere dei fatti, vi bazzicarono nei primi giorni, poi capirono che l'aria era ostile e diradarono le vi'iite. Ci veniva l'inglc"e S., da qualcuno ritenuto l'ideatore della interruzione della !)trada al passo di Tennabcr, e poco mancò che una sera se ne tornasse via mal conciato; ci venivano due tipi - lui americano, lei spagnola - che s'erano innamorati e sposati da una .,cttimana, non potendo attendere luogo e momento migliori; e cì venivano anche una svedese, mingherlina, dipinta come una terracotta, con due occhi viziati, sempre intenta a fumare sigarette in un lungo bocchino d'avorio . Una volta confessò d'essere stata l'amica del conte Cari Gustaf von Roscn, un pilota svedese che l'aveva abbandonata proprio nei giorni più drammatici. Cercava protezione e mostrava la fotografia del e suo Carlo>, un bel ragazzo, dal volto dell'attore Murray, e ripeteva: e Non è un avventuriero, non è una spia, credetemi ». Von Roscn era venuto per servire la Croce Rossa svede~e, e aveva fatto solo qunlche volo per trasportare qualche ras, qualche delegato "ulla linea del fronte. D'altra parte, volare non si poteva per la mancanza di una organizzazione. Un po' lei se ne intendeva, perché in lsvezia ,;'era specializzata nei lanci con i paracadute, e da tempo viveva fra gli aviatori. Raccontò che Babichcf, il pilota meticcio, capo dell'aviazione abi"sina, era costantemente ubriaco, e che il capitano Jlaytcr, ex pilota privato del principe di Galles, non aveva mai voluto arrischiarsi in volo. Trovava sempre qualche scusa per restare a terra. Alla e Ma.scotte » c'era, in quei giorni, un francese gigantesco, con un muso di pugilatore, capelli tagli::i.ti a spazwla, occhi piccoli; indo---:ava strani abiti, stretti, corti, d'un taglio antiquato; cd andava dalla sala da pranzo alla cucina, dal bar al giardino come fos- ~e il padrone. Cercai più. volte di parlare con questo misterioso personaggio, ma con molta abilità scompariva, appena capiva di cadere nella rete. La ,;ignora Jacobson non amava par• Janic lei che pur era così loquace : sapeva' che da un anno era ad Addis Abeba, che da un anno era cliente dell'albergo, che di quando in quai:ido scendeva a Gibuti per tre, quattro giorni ; ma, perché amasse trasco~re:e I~ sua vita in Etiopia, con quell ana d1 gran signore, e non se ne andasse al Cairo od a San Remo, nC$5Unonemmeno lei - lo sapeva. Poi si seppe che il ~ignare si era occupato mo!to da vicino del rifornimento dell'e~erc1to del negus (scarpe di tela, giacche, berretti, zaini); e se ne andò con uno dei primi treni, appena riattivarono le lince. Di quc!)tc figure, allora la città ne aveva parecchie: erano rimaste bloccate ad Addis Abeba, improvvi<:amcnte, <:cnzaaver avuto il tempo d'andarc;ene. Un servo indigeno mi guidò ad una ca~ctta dietro alla e Mascotte», per fanni ~edere dove alloggiavano i medici svedesi. Erano tutti scampani, lasciando valige, reni, arne,;i, macch_ine e higlietti da visita. In un ma~azztno avevano me~so cnsse di medicinali, di bende, di cotone idrofilo e scatole di fialt·tte di morfina. Andai più volte per vedere se nn riu~civa di trovar qualcuno di qu<:~timedici; ma il luogo era sempre de~rto, l'indigeno ch'era rima- -.to a gunrdia, ripeteva sornione: e Partiti, partiti :. ; e con la mano faceva u~ gr,to che parc\'a t.e ne fossero andati in cielo. Poi la città fu invasa dalla folla di quelli che erano JtaJi r\nchiusi nelle lcg:11.ioni,dur~mtc I giorni del sa~chcggio. Non imprecavano e non_ st mostravano nemmeno preoccupati; pareva wltanto che uc;ci~-.croda un lungo incubo. Tornavano alle loro catapecchie, toglie-vano adagio le n~accri~,. P';'livano, rimettevano a posto I mob1h, nappcndcvano le insegne delle loro mi~erc botteghe e riprendevano a vivere con una animale!-ca inco~cicnn. Da poche ore non echeggiavano oiù le ~uc~latc n~lla capitale, e già due ncgoz.t d1 ba~>1crt' e quello d'un fotografo erano all opera, asprttavano nuovi clienti_: ';llla lif!- ~ua nuova cd un danaro mai visto prima d'allora. I I magazzino di 1'-lohamed Alì era stato salvato: tutti i commes~i erano al loro posto e v{'ndevano: vestiti, cioccolata, biscotti, pa~ta1 zucchero, inchio~tro, orologi, scarpe. Il grande emporio di Mohamed Alì era servito - e que-.to lo -.i diceva ~ià allora - come- punto di partenz.l e recapito per intt·rccttazioni e per servizio di c;pionaggio. L'c Intelligence &rvice > ne sa certamente qualche cosa; comt' qualche cosa deve saperne quel greco Tiomatikos che sino a qualche tcm1>0 bima, ~veva' diretto la filiale di Dire Ò~~Ìa gente insomma che incontravi una volta conoscevi, salutavi e poi non rivedevi Più. Due figure sole mi re\tano nel ncordo 1 chiare ed insi~tenti. La casa di Nadim Erernsoy, addetto militare turco, era stata saccheggiata; le 1>0rteaJXrte, le finestre divelte, cd io stavo curiosando, quando arrivò una ragazza, la segretaria del padrone di ca·~a. Spalanca gli occhi, getta qualche lieve grido di sorpresa e si mette a piangere, balbettando poche parole. Va da una camera all'altra come una sonnambula, affiittJ, il volto pallido; in: dossa un vestitino misero e sporco; pol giunge in una sala, le poltron~ sono sfondate, la tavola è spaccata, 1 quadri sono tagliuzzati, i libri buttati all'aria: intatto, in un angolo, è il piano• forte, nero e tetro. Ella si avvicina quasi timorosa, alza il coperchio, muove rapida le mani, tenta un motivo, poi - come sorpresa da una pazzia - siede e suona ; suona ridendo un tanF;?o. L'altra è il tenente Moffa del Piemonte Reale, che capitò alla e ~fascotte » per caso. Entrò un pomeriggio, la faccia bruciata dal sole e dall'aria, i baffi lunghi e rigogliosi, il frustino. in mano. In sei mesi, con una banda 111digcna aveva cavalcato dallo Sciré: al Tigrai, e poi sino a Dessiè e da Dcssiè ad Addis Abeba. Mi chiese se avevo una camera, se in questa camera c'era uno specchio grande, dove ci si potesse vedere dalla testa ai piedi. Voleva vedersi, stanco di adoperare un pezzetto di specchio per farsi la barba. E si divertì come un bambino appena fu davanti allo specchio. ENRICO EMANUELLI INGRE J VERSO l'alba la nostra colonna, superata la collina del Mercato! si trovò di fronte alla conca d1 Dcssiè, ch'era una specie di catino circondato da alti eucaliptus. Attraversammo un ponte incompiuto; nel torrente, ragazze seminude lavavano la biancheria pigiandola con i piedi, com'è loro uso. Dalle montagne ritornavano i paesani ndlc loro capanne e molti soldati abis,-ini fuggiti dal fronte. Alcuni portavano ancora il berretto imperiale, altri il pas,;amontagna o l'elmetto belga. Venivano avanti con stracci bianchi su alte pertiche, cd erano preceduti da preti e da piccoli capi sui muletti bianchi. Uno portava sulla testa una grossa pietra in segno di sottomissione. Entrammo a Dessiè. La città non esisteva. Era un paesaggio di tucul e <li strane case di terra indurita, col tetto di vecchie lamiere ondulate. Apparivano nella piazza tre sole case. di pietra: una la fannacia, l'altra un emporio, e l:1 tena un bazar indiano. Il ghebì si al7.ava su una collina ver• dc di eucaliptus cd euforbie. Da questa altura, il principe ereditario aveva assistito al nostro ingre(.So. Giovane, gracile e melanconico, con due grandi occhi da mosaico bizantino, il principe, vestito all'europea, era rimasto indeciso fino all'ultimo momento ,;e arrender,i o tUggire. Senz..'\ più truppe, accompagnato dai portatori di fucile, e da pochi ..,crvi, egli aveva deciso infine di obbedire al padre che lo chi.tmava per imbarcani. Così aveva lasciato la sua casa. Entrammo nel ghebì deserto. Il pavimento di legno era disseminato di moduli per telegrammi, di grossi pacchi di 'itampati e di mucchi di paglia ; ovunque si trovavano indumenti militari, pacchetti di medicinalì, e scatolette di conseiva. La carta della tappezzeria a fiorami era stata qua e là lacerata, e lasciava scorgere una prima rifoderatura di giornali inglesi illustrati del 1930. Si potevano vedere, così, ragazze in barca sul T.:imigi, giocatrici di tennis e inser1.ioni di whisky. J n una credenza della camera da pranzo, trovammo alcune \'Ccchie botti,:(lie di liquori f rancc:ti. Mi affacciai alla finestra e scor-.i una macchina cinematografica Gaumont, abbandonata nel corridoio. Lì accanto, era c.aduto dal tetto di lamiera un passero che annaspava i1wano. Appena mi ritra!)St dalla finestra, scorsi la madre che volava a cerchi sul piccolo pas~ero tentando di aiutarlo. In fondo al coffidoio, una porta grigia metteva in uno stanzino a calce. E qui appariva, sorretta da una armatura in legno, una bagnarola di tela. impermeabile, simile ad un abbc\'cratoio da campo. Era quella la stanza da bagno del negus. Uscii sul ba.Icone. I soldati giù stavano alzando le tende intorno al J:(hebì. li ,-.jlenzio di poco prima era coperto dalle grida dei militi. Tutta la valle cominciava a popolani di lumi bianchi. Gli apparecchi onici si chiamav'¼no da una collina all'altra con lampi brevi e lunghi. Qua e là i fuochi ro,;;,;;dj<•l Il• cucine, e lontano vociavano le torvé che procedevano coi muli. P. Z.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==