ALLA SALA JOVINELLI L CAPO della giuria batteva ~ul tavolo la sua mano di legno guantata di nero. Fischi acuti si incrociavano come fucilate. Dalle i;allerie, la folla . t,raboccava agitando le brac- ('1a e gridando. Noi entrammo nella ..aJa, in ~uel mentre, sospinti da un gruppo d1 ritardatari. Cosa fosse accaduto non lo sapemmo, e forse nes- >uno lo sapeva. Nelle sale di pugilato ba~ta un grido, un fischio, un nonnulla per eccitare il pubblico che infine ha una grande voglia èli menare le mani. La ~ala era buia, solo la grande lampada che sormontava la pedana lascia- \'a cadere una luce bianca sul palcoscc,..co gremito di folla. UuC pugili tozzi, dal collo torto e la !!Chicna inarcata si martellavano senza httcrruzione. Regnava un c:ilenzio profondo. Noi ch'cravarno sul ralcoscenico, dove era stato collocato i ring, udivamo il respiro affanno'ìo dei due uo• mini, e lo strusciare dei guanti sop1a le M:hiene lucide cl.i sudore. li boxeur dai capelli biondi aveva una carna• ~ione bianca da giovane conta.dina, con una voglia color caffellatte sotto l'a,;;cclla, gli occhi grigi e torvi, e le orecchie gonfie e paonai.zc: curvando-.i <- ~onfiando la ~chiena di muc:coli, si hutta\'a sotto, a testa china, come un caprone. L'altro, con due esili yambe da ~ccii~nd~~a teb~tt~~~~~r~o~ 1 l~~ri:!~~ ·rnll'av\·e1°'ario. Ncs.-..unodi noi cono~cva il nome dei due atleti, ma un vicino ci a\'vcrtì che il biondo era Kid Frattini, e l'altro Bonetti di Cremona. « Di Cremona! > insisteva il vicino, come se Cremona in quel momento a\ esse un significato. \'enne finalmente la so,;ta. Vn ragaz1..or..pruz.zòl'acqua d'una .-.pugna sul \·olto di Kid che si abbandonò sullo ~~abello, tenendosi con le braccia alle <'orde. Un uomo obeso, con un occhio bianco, gli tOl!iCdalla bocca il paradenti di gomma e l'atleta allora principiò a respirare a polmoni aperti, alzando e abba,..,ando lo stomaco come un mantice. :\'ell'altro angolo, il cremonc~, la testa abbandonata alle corde, si lasciava ma.'>saggiarc dal suo allenatore. Poi un colpo di gong li riportò alla lotta. Sotto i loro piedi, l'a'i- ,ito risonava a intervalli uguali e sordi. A un tratto, il cremonese barcollò, si curvò leggermente in avanti, poi si pie1;ò su un ginocchio, apPoggiando una mano a terra. L'altro, 1mpas.-.1b1lc,altendeva ~ffiando. Boneni, con gli occhi chiu,;i, aspettò che l'arbitro con• tatse fino a otto, poi si rialzò. Cominciò allora una lotta furibond1 t· convuha. Kid continuò a martellare l'avv('r,ario, e la fine "-Orpre<;Ci due atleti in un angolo del ring. Andiamo nel camerino di Kid. La "lan7,a è piena di amici .. I camerini del t<"atro Jovinelli ..ono p1ccoli~.,imi. Da e~,;;1 si scende nella tala mediante una ,caletta ..emprr srernìta. Udiamo ~ridare. AfTacciadc1, scorgiamo sul nng Rocchi alle pre,;;c con Dc-jana. L'incontro è furibondo. All'1mprovvito, Dc• jana ha una ,morfia. il "angue gli ,go:·- t:a ro"'° dall,t palpc-bra: com«- accecato .-.i butta 'iullc corde. La folla tace.~. Quando il ferito fa con una mano un cenno, per dire che non può combattere, un giovanotto accanto a noi grida forsennato: e Continua! continua!» Dcjana risponde con un gesto vago. Pare che ~""""Pi; ha un occhio pieno di sangue, e anche l'altro gli si chiud .. nel dolore. La folla fischia; non comprende la ragione dcli' interruzione, perché il teatro non pennette a tutti gli ordini di posti una buona visione. La sala si sfolla, i camerini si empiono di giovanotti e di ragaz7.i. Arriva il ferito, che ,;;j accascia su una sedia. Allora, alla luce di una lampada gialla, vediamo un largo taglio su tutta la palpebra dell'occhio destro. Passiamo dal camerino di Dejana a quello di Kid Frattini. In piedi, nudo, Kid si strofina il corpo con uno straccio rosa : è ,utto coperto da una morbida peluria imperlata di sudore. Il no.stro arrivo non l'aveva né tur• bato né incuriosito, ma alle nostre domande rispose con una modestia da soldato. Con voce ancora affanno,;;a, in• filandosi i pantaloni, cercò di ri.,pon• dere tentando di assumere un tono di grande box,ur. ~1a la sua modc~tia di popolano vinceva la ,ua vanità di atleta. Con una voce rauca, battendo il dorso di una mano sulla palma dell'altra, borbottò qualche fraisc come questa : e Stato in America, California, Los Angeles, Hollyv.·ood, ho vin• to Raich Kaiser, con Josfcld. Partito da New York, al secondo round ... sono stato con automobile a gassogeno. Otto $1omi e mezzo di via.f!gio. Sono stato ingaggiato all'arrivo in America da Jim Johmon, per un match, ma i mille dollari non me li ha dati. Sono stato truffato. Il gangster mi ha portato ad Hollywood e pci mi ha lasciato. Ilo battuto tre pesi medi, a Kim ~lorland. Dicias~ette incontri. Tredici vinti ai punti, due pari, uno nullo, uno perso. Sono del '911. Vengo dall'Africa e ho combattuto quindici meo;i. Sono stato fino a Dessiè. Que-.to match con Bonctti è il primo che faccio dopo l'Africa. Sono nato a San Marco Evangelista, vicino a Caserta. Se vedo che vado bene, io parto per l'America. Quattordici incontri sotto Den Florio, che era il mio trainer. Mi dava 100 dollari a match. Mi fecero propo-.te di perdere, ma io battei lo ~te~ Coc Kid Cocoa. Era negro. Mi ruppi questa mano. Cinque incontri con negri, tutti vinti. Sono arrivato in America il 21 marzo 1934. Dopo quattro giorni che c:ono arri-.,·ato in California, mi hanno fatto combattere scn1.a allenamento. Gli alberghi sono buoni e -;i sta benone. lo piaccio moito agli americani. Io con gli americani faccio bene e c'è da fare. Si ricordano ancora di Kid Frattini. Se vuol(" ho i giornali ... > Egli parla a tratti, e pronuncia i no-- mi ,tranicri in modo curio,o. Di 1anto in tanto, l'alknatore cerca di ricordargli qualche epi,odio dimenti<'ato, cercando di ingraziarsi l'amico e noi. Ritorniamo nello ,;tanzino di DPjana. li pugile è ancora abbandonato sulla ,;;edia, ,on la te-.ta appogg:iata al muro: .,j lamrnta e dondola la te,ta, CO• ,ne cerca•-'(' un rimedio al dolore chf' prova. t.:11 amico gli vrr,a dell'acqua cli San Pellf'grino sull'occhio. Dalla 'iUa bocca tumefatta il sangue cola sul mento e un rigagnolo scivola sul petto. Una folla di amici, ammiratori e curiosi, fa ressa nello stanzino. Usciamo, e a fatica attraversiamo lo stretto corridoio dipinto a calce. Nel palcoscenico, ormai deserto, dove è acc~sa. solo la lampada rossa dei pomp1en, sopra una lunga panca, siede Gino Bonetti, il cremonese, che beve a gola aperta al collo di una bottiglia. Cli chiediamo: « Ha combattuto anche all'estero?> « Come no! >, risponde con sicurezza, « sono stato in Francia, in Svizzera e in Spagna. Arrivai in Spagna quando andava via Alfonso. Dormivo a Valvidera, vicino a Barcellona>. Parlò . .a lungo, con molta scmplic1tà: era dec1SOad abbandonare il ring : «La mia vera passione è di fare l'allenatore e l'organizzatore>, disse. e Ma ci ho speso tanti soldi, che non avete un'idea. Anche quelli di mio padre, poveretto! Ave~o _una P.?-les!ra, e ho ~ato tutto ai fasci g~ovarnh: rrn,e, sacchi, guanti, per una pipata di tabacco, e poi mi hanno offerto di fare l'allenatore per 100 lire al mese ! > Mentre egli parla, guardiamo il suo ciglio gonfio e livido. Quest'uomo molto semplice, che questa sera ha avuto la sfortuna d'essere sconfitto, non si lamenta: ancora è dispo5to a perdere la propria forza :t proprio tempo, i propri denari per q 1 uesto e sporco mestiere>, come egli lo chiama. Prima d.i lasciarci, egli ci clice : e Se queste gambe tengono ancora, finché avrò salute, tirerò avanti >. Fuori, gruppi di sportivi discutono sull'incontro della serata. Un tale, a · cavalcioni della motocicletta spenta, tiene circolo e vuol dimostrare ai presenti che il caso Dejana non è regolare. Un ragazzetto sui quindici anni, dai capelli lustri di brillantina, discute gestendo come sul rine: di tanto in tanto, preme il pollice destro sulla narice, con un moto familiare ai consumati boxeur : a volte, perfino, balla sui talloni, e abbassa la testa rievocando i momenti dell'incontro di poco fa. t qui che noi scopriamo un piccolo uomo dai capelli ricciuti rossicci, con una giacca a doppio petto e un alto colletto all'inglese. Circondato da un gruppo di conoscenti, ha l'aria di non par• lare a sproposito e di sapere il fatto suo. Chi è mai questo ometto dalle niccole mani rosse? e Quello è Urbinati », ci dice uno, e Urbinati, campione d'Italia dei p~i mosca>. Conosciamo così « Piripicchio >, il più piccolo campione del regno. A differenza dei grandi attori, i pugili sono molto modesti e cordiali : trascorrere una sera con loro non è cos.a difficile. Urbinati venne con noi, e, come se fossimo vecchi amici, ci raccon• tò le sue avventure. Entrammo in una birreria del centro. E tra un bicchiere di birra e un caffè, e Piripicchio > cominciò a raccontare allegramente la sua storia. e 1-'accvo il falegname ebanista. Avevo un amico boxeur: lui si allenava ogni giorno, ma una volta ce le pre~t\ da mc. Fu lui a consigliarmi allora di prendere i guanti. Di lì è incominciata la mia carriera. Ventidue incontri internazionali, di cui due soli persi. Ho girato tutta l'Europa. Sono ,;;tato i11 Francia, in Germania, in Danimarca 1 in Finlandia e Irlanda. A Duhlino ce le ho buscate. Alla prima 1·ipresa mi ha aperto un sopracciglio, alla second,1 mi ha rotto due den1i; ho forLato il match, ma l'irlandese mi ha dato tanti cazzottoni che mi hanno fatto cambiare il cervello. Era un giovanotto in gamba. quello! !utt? il pubblico in piedi gridava. C1 feci una bella figura lo ~tesso perC'hé io ero di pe,;;o inferiore. e In Jrianda ho fatto molti incontri. Mi ci .-.onoanche fidanzato con una ra- ~ana che aveva la dentiera ed io non lo ~apcvo. Baciandola, me ne accor,i. Nessuno ha i denti sani in l rlanda, perché mangiano molti dolci. La pescai nel mio albergo, io parlavo italiano e facevo segni con le mani. Volevo portarla a passeggiare in un bosco. Lei non capiva. Comprai una cartolina, con un luogo alberato. Ma lei capì male, e mi portò proprio in quel giardinetto pubblico che era nella cartolina. Avevo visto il giardino zoologico, e allora dissi: ,(oo. Quella capì finalmente e allora ci andammo. Fu là che mi accorsi che aveva la dentiera, ma era una bc11a ragazza lo stesso. e Ho avuto molto successo in Irlanda>, seguita Pìripicchio, « perché avevo una camicia giallo uovo : una betlez7,a ! Pia<'que tanto, che dovetti regalarne una al padrone del teatro e un'altra a una ragazza. Perché lei non ha un'idea come piacciono le cose vistose e eleganti in Irlanda! e Iu Finlandia, una sera, dettero una festa al Club D. K. 99, in nostro onore. Ero con la squadra nazionale. Al nostro in~rcsso suonarono la Marcb Reale, poi il loro inno. Finito l'inno, le donne, ubriache, cantavano: O sole mio. Ci divertimmo molto. La gente 5paccava tutto. Tastatoni in mezzo al pubblico. Le donne con ie tottane per aria saltavano da tutte le parti: quello che facemmo non lo sa uessuno. Evuiua gli Italiani! grida\'ano. Di tanto in tanto, un portiere enorme prendeva per il colletto un ubbriaco e lo scaraventava nella strada. e A Nizza siamo stati carcerati. Erà• vamo andati dopo cena sul lungomare, a passeggio. In quel tempo andava di moda ,\fonù e Bombolo, e noi, in dicia,;;,;ette, le cantavamo. \'ennero i gcu• danni: - Qui non '-i canta. Ne chanttJZ pas, - di,scro. ).[oi continuammo 'òùltO\'oce. In bicicletta, le guardie .,j. lcnziosc ci circonCldrono e ci portarono in guardìna. Dissero che cantavamo canzoni ..ovver~ive, e allora '-Ìccome c'('- rano alcuni che capivano l'italiano, gli cantammo: Si chiamava Bombolo. e A fare il boxeur non "i guadag:na molto», conclude Urbinati. e ma quan• do c'è la pa.~,ione, come dire, quando C' 1è l'estro non ,.j ,;;mette più ,. ANTONIO RATTI 1,'orecchlo di Kld Frattlni Palla ovale - Postumi di una mischia ECCOCI in Cor,o Grosseto, di qua è la grossa fiancata del caseggiato operaio, di: là il campo di calcio della Fossata. Già tre ragazzi, che erano con noi sul tram, hanno posato in terra le valigette e mentre danno un primo sguardo al campo e un saluto ad altri compagni, uno di loro si cambia i pantaloni con i calzoncini. e Coraggiu, Cleto! >, gli dicono, dando un'occhiata alle sue gambe ben nervate e brune. Cleto risponde con una manata scattante sulla spalla del più vicino e- corre leggero verso quelli che fanno a pallonate nel campo, ma s'interrompono a guardare ogni arrivo. Pioviggina e noi, pas.sando sotto la c-.critta del Distributorio aziendale, ci rifugiamo un momento. Nella sra:nza, ~reria senza insegna, la custode riattizza il fuoco della stufa fra tre o quattro avventori che parlano del campo di gioco e dello sbaglio che si fa a lasciarvi andare nei giorni feriali i bam• bini d<'i caseggiati rionali. Intanto parecchi ragau:i in maglia e calzoncini pas'-a.no davanti all'invetriata e guardano qui dentro. Dal cortile retrostante giungono voci e clamori. e Giura, giura di vincere! ». e Va là, te lo riduco io quel centro avanti!>. e Rico, dammi le mie sca.rpc >. Sem..a accorgerci siamo capitati nel ritro\'O dei dirigenti e dei so,;;tcnitori delle due squadre che stanno per gareg~iare: l'Ardita e l'Estella. A chi ci è più vicino e già ci guarda con diffid<'n1..a,chiecliamq l'ora di inizio della sfida. Premurosamente ci rispondono che è subito, alle dieci precise. Escono; e mentre usciamo anche noi, il fischio clcll'arbìtro fa ~piccarc un silenzio c,;;tatico. Pioviggina ..emprc. Noi andiamo dietro la rete d'una porta, con la vi,;;uale lunga del campo. Nel rettarurolo d'erba e di fango i giovani calciatori, già sparpagliati dalla partita, corrono taciti e attenti. Gli undici dcli' Ardita hanno maglie molto azzurre, quelli dell'Estella maglie ~rigie, d'un gri~o fiacco e stanco. C'e già tra i pochi spettatori qualche ragaz7.o che grida ; e fora, grigi ! > ma gli attaccanti dcli' Ardita son tutti nella metà campo av\'ersaria: ragav,i esili, svclti 1 ,;;pingono, pèrdono e dbattono il pal• lone come in sentieri segnati. Poi l'arbitro interrompe due o tre volte il gioco e la mediana dcll'E~tella rcagilltt, si protende. Ora ci accorgiamo che questi dell'Estella son più aitanti. Il centro mediano, gro~so e forzuto, corre pesante ma sa.Ido, antipatico. Un attaccante, quello che fa giochetti e sgambetti, a quanto dicono è del Combi : ~gi giocherà un'altra partita da terLtn0 nel Combi e ade™> come attaccante si rispannia. Dietro la rete dell'Estella non c'è più ct1c un ragazzetto in attesa del pallone fuori gioco; i nuovi .-.pcttatori vanno vel"'IOl'altra porta. E:. conce~'òù un calcio d'angolo con• tro l'Ardita. I giocatori ~i aggrovigliano, E.. tella 'iC'gna. C'è chi~ intorno al campo mentre i ventidue giocatori ,j <.;Chierano un'aftra volta C"-r.'\ttiin duttile ordine. Il fi,chio, i1 silenzio un ribattilo del pallone con quei d'E~tella avanti; ma il pallone rimbalw an• cora, l'ala d("',,tra dell'Ardita lo calcia, _\magliando i mediani, i terzini. Il port1~·rc non lo ferma 1 l'ala segna. D:u commenti lungo la linea bianca, dalle critiche e dalle grida fino all'intervallo fra i due tempi, quando i giocatori ascoltano gli amici presso le siepi dcl campo, si cap.iscc che Estella ha maggior numero di seguaci. Piccoli gruppi bisbigliano; un nostro vicino ci avverte che fra quelli là fermi suUa strada c'è Sperone, l'ex-giocatore del Torino. Ma noi cerchiamo la confidenza d'un operaio sui quarant'anni dalla fisionomia un po' stancata ma intensa. Egli ha appo!,giato la bicicletta aUa siepe e pare qu1 per caso. Finora non ci ha risposto che con frasi evasive, sul gioco in generale, sulla qualità del terreno. Mentre è incominciato il secondo tempo parliamo con lui dei falli in area di rigore, e della differenza di peso fra i ragazzi, a torto non ccfn. siderata come la differenza d'età. Poi proprio mentre uno spettatore in divisa ~li viene a dire: e non fate più punti, e grazia che siate pari », il pallone s'infila nella porta deU'Estella, come un gatto. Goal, secondo goal dell'Ardi~a ! Dalla fuionomia dell' operaio sgorga l'allegrezza; ma egli resta fenno, dicendo forte a sé stesso: e stavolta! > e non bada a noi. Un ~zzo dell'Ardita invece, dopo il giubtlo_ del punto, corre al centro con largo giro venendo così a passa.re presso l'~eraio con un rapido e ciao papà ». L operaio gli fa un cenno di caro saluto e sùbito, come per custodire un pudore e un riso paterno, va alla siepe, riprende la bicicletta e parte. Onnai c'è una piccola folla intorno al campo, giovanotti e bambini, parecchi uomini, un vecchio che fuma e borbotta in qua e in là lungo la linea. La fine della gara è pr0<--.ima.Gli undici ragazzi dell'Ardita corrono ancora svelti, fiduciosi, come su sc:ic e 'ìu traccie, ma sono un po' più ondeggianti e inciampano di frequente. Due gruppi di spettatori "i aggregano e udiamo un loro clamore esasperante : e fona, gri~i ! fatti vedere, Estella! ». Improvvisamente sicurj, sorretti dal loro centro mediano, gli avanti di Estella scattano e con schivate di gambe e balzi delle spalle giungono all'area avversaria, tirano netto in porta e segnano; poi con alte grida, dopo i fischi dell'arbitro, in u~ n'altra violenta galoppata dal centro, ~nano ancora~ Tre a due. Ora. è davvero finita. Fischio lungo dell'arbitro. Il centro attacco di Ardita alza le braccia con un gesto disperato. Gli gridano: e Eh, come gioca l'Estella! partita gialla! ». Altri acclamano a Carpi, quel gro--so mediano antipatico. Eccolo inzaccherato e bagnato, bonario nella \'ittoria: e Non avrò fatto niente, ma ho sempre ~rso ! >. I suoi compagni si SJ?arpaghano per un tratto, poi ,;;,i riumscono_ ~rcs~ il Disuibutorio; chiedono panuu, acqua gazzosa, mettendo subito in affanno la custode. Uno di loro, molto bello, ,;;ta per un momento se• duto, con le bracc~a appena appoggiate alla panca. Ha 1 capelli stretti in u- ~a rt:te bruna, guarda davanti a sé, s1l~nz1os?,.c~n _occhi limpidi5simi. ~la gli und1c1 vmt1 dell'Ardita han fatto gruppo con l'intenso azzurro delle lor? _maglie; s'~vviano sopraffatti e sfitllh dalla pas'-!one delusa, verso il cancello del careg-giato rosso. In un momento il rettangolo della FO'i'i-=atsa'è svuotato: è un m.isero prato fangoso, senza piante, senza gente. AGOSTINO RICHELMY
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