NELL' tSTATE del 1918 qual• tro ragazzi di fiume decisero di fare una gita per le campagne del litorale croato. Erano figli di borghesi, ragazzi educati; <'iò non ostante facevano la gita al solo ~copo di rubare quel che di mangiabile si poteva trovare negli orti e nei frutteti lungo il mare o un po' all'interno. I loro genitori non potevano che approvare il proposito di ,tar~cne lontani da casa per quasi una "-Cttimana. In casa c'era poco da man- ~iare: tutto era contato, misurato, pc- ,ato; tutto si riceveva con la tessera: duecento grammi di pane nero al ~iorno, per persona; poco più farina di frumento; la farina bianca non la si vedeva più dal principio della guerra : niente strutto, niente lardo, poco olio e così via. I ragazzi partirono portando con sé dei piccoli ~acchi quasi vuoti ; c'era dentro poca farina gialla e "aie per fare la polenta tutti i giorni. Al resto dovevano provvedere da sé. Pas~rono il ponte di Sus~ak che allora si attraversa,·a <.:enza te-.sera di ~orta e pre5ero la •.. lita nel punto detto Crimea, perché tutto un gruppo di case è stato co- "lruito coi soldi guada~nati da fornitori militari all'ceoca della guerra in Crimea; e furono ben presto in campagna. Avevano deciro di andare verso Buccari, ver.o Portori: e oltre. Se ci fo,-.c stato di che vivere volevano ragiz-1un'Z"ereSegna, un porto nei ~(orlac• rhi, che nei ~coli score.i serviva di ri. fu~io agli u,cocchi, pirati di quei mari che tanto filo dettero a torcere alle ga• lere vcne-.i:iane. I I porto è piccolo e le Alpi Dinariche nevose e brulle s'ergo• no alle ,ue spalle iniziando la catena l·he continua veno la Dalmazia. Camminando i loro c,,guardi correvano oltre i muretti confinanti vigne, orti e frutteti. Son era jJ cac.o di ric;chiar nulla con la luce del giorno, ma al calar della e.era a\·rcbbcro fatto i loro funerelli. Ogni caf,3 di contadini aveva il -.uo cane alla catena. ma in quell'e• poca anche i cani abbaiavano in wr· dina perché e.e non c'era da mangiare pci cri!-tiani 1 figurar,,i pei cani. I ragazzi parlavano tra loro e J'ar• tZOmrnto principale era la ~erra, ma anche questo dipendeva da un argo• mento ancor più importante: il man- ~fare. Pa,sando d'innanzi ad una piccola oqeri:\ sul margine della strada. uno dei ra~azz1 raccontò di C''-!iervi stato una domenica col 'ilio babbo. Avevano bevuto del vino e mangiato dcli ottimo pane; avendo desiderato ancora di quel pane ne avevano chiesto 1 ma l'O'ite -.i aa rifiutato di dame "e non bevevano altro vino. e E noi non potevamo mica ubriacaru per avcrC" dell'altro pane ». E al!'~iun~ che le "iie;araie, che pac.'3vano tutti i uiomi davanti a quell'osteria, pur di poter portare a ca,a un po' di pane e.i adattavano a bere un quarto t· un mezzo litro di vino. Il ragazzo che parlava era un tipo ma~ro, alto e vale la pena di de,criverc come ve,tjva: • "luoi pantaloni coni erano di ~toffa da -.oldato aw,triaco, di una tinta ct·le,tr ,biadita per la povert.a del te-.,;;uto. La ~iacchetta era di carta, carta ,;;pr,c.a, confezionata b<·ne, ma carta. ]nfatti quando pio\'eva doveva badare a riparar-i. Ai piedi portava dei sandali di legno, cht- quarido correva ,ul marciapiedi facevano molto bac ..ano. Anzi ,uo padre gli raccomandava <.f'm"lr<'di non correre per le ~cale di ca,;,a, per via dr) gran rumore, e quando u-.civano a~,;,ieme lo faceva camminare ,uI tratto di qrada non Ja,tricato. Jn qu,.I• l'<'ooca circolava la \·oce chf' un al·TO· plano italiano volando ,;,ulll· lint.·t" au- ,triache o su qualcuna delle città della costa aveva fatto cadere dei foglietti ,u cui era Mampato: c\'e,ti di carta, scarpe di legno, soldi di ferro, po\'ero Impero ::t e poi « Vesti di carta, soldi di ferro, scarpe di legno, po\·ero regno ». I ~oldi erano infatti di ferro, ma soltanto la moneta spicciola ; nera, lugu• bre, come certi volti di malati prossimi a morire. Le corone invece eran di carta: quelle da una. rosse. quelle da due, verdi. La vittoria sul Piave, i tedeschi accampati nell'interno della Francia, le vittorie sui rumeni, tutta la Serbw. in mano delle potenze centrali erano cose di nessuna importanza. Tutti scati• vamo ormai che la guerra era perduta. Anche i ragazzi s'erano nel frattempo smaliziati e non credevano più alle notizie dei giornali. La realtà si poteva vedere tutti i giorni. La e lllustnrte Geschichtc dqs Wtltkrieges » pubblica• va dei di~cgni dove gli italiani ..,i vedevano c.emprc con un aspetto di pezzenti, mal \'est i ti e ma~ri; gli austriaci invece tutti uomini grandi con certi scar• poni chiodati ai piedi che erano -.oltanto dovuti al parto delle fanta-.ie dei di- ~egnatori. Perché nel 1918 c'erano già dei soldati au,;tria::i che ,;i recavano ,calzi alla me..,,a della domenica ; e siccome marcia\'ano inouadrati li facC'van stare nelle file interne perché la e:ente non li vcdec.~c. Dopo Asiaito e dopo Caporetto 1 alcuni combattenti avevano avuto modo di mandare alle loro famh;lie delle tcarpc ma'?;nifichc ,;,ottratte ai depoc.iti dee:li italiani, connui<itati. La condu\ione era che Germania. Austria1 Cngheria avrebbero perduto la guerra. Le loro vittorie non valevano nulla perché dal punto di vi,ta economico a~solutamente inutili. l.in altro dei ra~avi, <'he aveva il padre ufficiale medico in una città della Croazia, sape"a che i soldati disertavano sempre in numero crescente. Anzi si parlava di intere compae-nic date~i alla macchia, armate di tutto punto, che si celavano nei 005chi della Sla\·onia e della Bo-.nia e specialmente in que'iti ultimi, vivendo alla maniera dei predoni. tae:lieggiando i villae:e:i e qualche volta le piccole città. Le autorità militari davano loro l.r caccia come potevano, m<.1p. er prenderli orifl'ionieri tutti c.arebbe ~tato nc..:cc.sario di"locare dei re~gimenti, che in quell'epoca da\• vero non ..,ipotevano adoperare per ,co. pi del genere. La vita di quc ..u. di\ertori chiamati gattoni verdi, perché ..,i cclav,ino nei boschi, non doveva ('<;<:.ere di,;:prez.zabilr. Badavano a non comhatterc e a man~iar bene. Era tutto ciò che volevano. I rn'{arLÌ. sebbene comtatac."ero lo sfaccio degli imperi centrali. non vedevano ocrò una ,oluzionr immediata della g-ucrra e pertanto conduc.cro che e.e fo,.<ie durata troppo e fo"~t \'Cnuto anche il loro turno di arruolar-,i, piut• tosto di combattere per l'Amtria \i ~arc·hbero dati alla macchia an< he loro. Era molto bello andarr per la. campagna.. che pr<'~rnta\'a ,emprc qualche po,,ibilità di nutrir,i. Certo che i din• torni di Fiume e· di Su,,ak non erano pìnvu1 nr" ad<1.ttÌ ad un c.imilr ~entre di vita; ma i ra'{ar,i ,i ripromtttf'vano di \·agalxmdJ.n· all'intrrno on> ,i poteva c.tar bene. Intanto bic.ognava accontrntar-.i di ~poi;i;liar qualdw fito l'm a non era ancora matura, di clic.,cpprlhn· patate o infì11c di rubar qualch(• g-allina. Che ,i pot<·va far di più? A ~na c;iunc.c·ro a San Co~mo c-h1•allora c-ra la orima c.ta1ionf" frrrm·iaria dopo Fiuml' ,ulla linra Z,tt'ahria-Budapt.·,t. Su,,ak in quc·I tt·mpo non HT\'a fcrrO\ia c.rbh1•nc i hinari p.1c.,a"rro rwl D ■ NIBUS PAGINA 3 <) mezzo della borgata: chi voleva viaggiar col treno dovc\'a partir dalla stazione di Fiume. San Cosmo è un villa~J:{Ctto,opra Buccari che da una ,;;pecie di pog{!io .;i può vedere con la sua baia in forma di vasca 1 circondata dai monti fitti di vigneti lungo il mare, pietro::.i, bruciati dal 5(.)Jepiù in alto. S'accamparono a ridosso di un muret• to che circondava un orto e accesero un focherello per bollire la polenta. Di notte avrebbero cominciato a girellare pei campi e ad entra.re negli orti a vi- ,;;itare qualche pollaio. Nulla di ,;;traor• dina rio in fondo: non erano forse gli ~partani ad educare i lvro figFoli 1 spc cie quelli de-.tinati alla guerra, con questo genere di vita? Ecco, di giorno a dormire, di notte a rubare. Co~ì ,gli abitanti di quei luo• ~hi non si sarebbero accorti di loro. Mangiata la polenta s'incamminarono furtl\·i e lcg'{cri vcr,o il vallone di Buecari ; c.u uno dei fianchi - col chiaro l'avevano o~c.ervato poco prima - ci do\'cva e,serc un frutteto un po' lontano dall'abitato. Ivi c'era indubbiamente roba per riempire i c.acchetti e succc~r;.ivamcnte lo stomaco. \'i giunsero in breve e ~altarono il muretto, uno dietro all'altro, ,ottili come fantac.m.i. ~[a sull'erba. accanto ad un fico <:.edeva un uomo e fumava un si'{aro. Dall'odore .!iicapiva che era fatto di pese.imo tabac• co .. \llora non erano poche le perwne che fumavano erba e foglie di lauro o di rovo, e che non avendo carta fina, anche introvabile in quegli anni di,gra• ziati 1 ,'acr:ontenta\'a a volte di carta da giornale. L'uomo li apostrofò in croato ed essi gli risomcro nella ,tes,a lingua, ma lui capì dalla loro pronuncia che erano italiani e parlò italiano anche lui. I ra- '{ani non ~li fecero alcuna impre,- ,ione; sapeva che eran venuti a ~po- ~liargli il frutteto, bastava guardare i ~acchetti che in tutta fretta a\'evan fatto cadere a terra. Lui u~ava trascorrere le notti ,erene di luglio ,;draiato sull'erba, timoroso appunto che qualcuno dei soldati di guarnigione a Buccari o nei luoghetti vicini venis~e a portargli via i suoi fichi o la ::.ua uva. Ades,;o in\'cce eran capitati questi quattro monelli. Pensò che poteva chiaahierare con loro. Erano figli di gente migliore, dunque intclligenti 1 colti. Egli a,·cva molto da dire. Disse an• zitutto che a\'rebbe dato loro un po' dei suoi fichi1 che quell'anno cran venull lx-ne, dolci, grandi e precoci. I ra• gaui di~scro che e beato lui • che po• teva mangiarne e che in città si stava male. Ben presto si parlò della guerra. L'uomo v'era stato due anni, in Galizia; fcnto, lo a\'Cvano mandato a casa; non .ippcna guarito del tutto doveva ritor• nar ndl'e"erciro. « ~1a prima eh' io dt·bba ritornarvi la guerra ~arà finita ::t. e Dav\'ero? • éhicsero i ra&azzi. « Proprio co~ì. L'Austria e in malora t' la Germania peggio. Del resto ,uccedono delle cose che la maggior p.utc della gente non sa. Quest'inverno per e-.cmpio è successo proprio qui, in que.:.ta baia, un fatto che dimostra come gli italiani si sentano ormai sicuri di vincere e non temano più le navi del. l'Austria». E raccontò che una notte dei primi giorni di febbraio, il dicci o l'undici non ricordava bene, ritornando dall'ostcria 1 aveva assistito ad uno .!.pettacolo da non credere. La notte era ::.erena, chiara, fredda, e lui s'avviava su per una stradetta verso ca~a (la sua ca'ìa era un po' lontana dal borghetto) quando vide due "itrane navi, piccole, senza fumaiolo, affiancate, nel mezzo della baia. 1 n fondo alla rada, non molto lontani dalla riva, erano attraccari dei piroscafi da carico, di quelli requisiti per scopi militari1 dipinti in un color verde terroso ,udicio. Gli ci era voluto poco per ca~ pire che le navicelle eran due siluranti italiane, che altro non potevano essere. Ed era ~tato a vedere ,con timore per• ché temeva qualche detonazione assai forte. Vide infatti partire i c.iluri ad uno ad uno. Ed uno solo colpì ed e• splose. Fu un fracasso d'inferno. Il rombo ::.vegliò tutti, le navicelle partirono veloci, il piro,cafo affondò, non completamente essendo poco profondo il mare in quel punto. Dalle batterie di l'ortorè partirono dei colpi, ma sparavano in alto pen-.ando ad un'incur ..ione aer<'a .« e garantito:., agg:iume, « che gli italiani poterono rientrare alla loro ba,;:e. Ec.<.:hi anno costruito queste navi leuo-ere e rapide che pescano poco e non temono le mine. I nostri ufficiali mer• cantili invece quando debbono pas,are i canali per recarsi a Pola o in Dalmazia, si fanno venire i capelli bianchi dall'orgasmo di incappare in qualche torpedine me•'-.:'\ dalla nostra marina ». I rae-azzi si meravigliarono del rac• conto e ne dubitarono. e Anche qui », replicò l'uomo, « sr ne parlò ass.."'lipoco. Si diso,e che il piroscafo era affondato per uno scoppio alle caldaie. Sebbene tutto l'equipag~io e il personale di macchina e.i trovasse a terra. Poi il piroscafo fu rimesso quasi a galla e rimorchiato ai cantieri di Portorè ::t. Raccontò ancora altri episodi e ,;cmpre conclude\·a che la fine della guerra era prossima, ciò che rincuorava i ragazzi. Si ebbero dei fichi, che man~iarono e nei giorni teguenti ruba~-chia• rono ancora per le campae:ne circostanti. Ritornando in città dcci,;;cro di non far parola con ne-.suno del racconto inte~o nel vallone di Buccari perché se la notizia era falc.a si correva qualche ri- ~chio, ma ~e era vera, per averla propalata i ri'ìchi aumentavano. :-.:on pac.c.arono <:.eimesi ocrò che la noti1ia fu confermata a Fiume, ove tutto -.i -.eppe della beffa di Buccari. i\el frattempo la guerra era finita e gli italiani avevano oc.:upato anche quelle tC'rrt' che facevano parte della terza zona d'occupazione. ENRICO MOROVICH Adamo ed Eva in parlamento ua 1111m IDil<]l&WJUl&(B~& (RA.CCONTO) !\ VITA di Pesarino, medico condouo ad Abbatc, era piena di preoc• cupazioni e d1 gua,: prima di tutto ~.o~,:r,::~;~';, c;t :,~:, "J ;;::;: iroppo poco bravo, d1 confondersi ancora d1 più colla clientela e d'essere sfortunato: quando gli capitava di curare un ammalato grave, pcnsa\'a che questi, per il solo fatto d'essersi rivolto a lui, do\'esse morire. Teme,,a, quindi, le complicazioni colla famiglia e colla giustizia, di,enta\'a ansioso, cambiava colore Inoltre a,·eva avuto la disgrazia di a,·er a che fare con un medico ri,·ale che peggiore non si sareb~ potuto immaginare: costui tentava non solo di togliergli quel poco di clientela privata che ave,·a, ma di cacciarlo addirittura dal posto. E poiché avc,·a aderenze al Comune e alla Esattoria, briga,a perché ritardassero pel nemico, il più che era possibile, la paga dello s11pendio. Di modo che Pesarino ue\'a, tra il resto, anche il dispiacere di non a\'er mai soldi sufficienti in casa pe1 suoi bisogni; e tanto più sa amareggia,a quanto più sapeva che ~li ostacoli che incontra,·a deriva,ano in gran parte dal collega. Si sfoga,·a, perciò, parlando male di lui con tutti, con il primo che gli da,·a ascolto: acquistandosi, cosl, anche la fama di cattiva lingua: poiché, pel paese, non era proprio possibile che il collega an'crsario fosse dav- \'ero cosl rustico, ignorante e feroce come il dot1or Pesarino a,rebbc voluto insinuare. Pensando egli, inoltre, di poter porre rimedio a tani! mal,, collo sposare una donna di buona famiglia, con dote, che lo a,·esse potu10 SO!lenere sia colle rel11zioniche col capitale, aveva de<:isodi fare il passo. Scelse la donna e sposò. Carolina era da\\·uo simpatica e virtuosa: sape,-a fare tutto m cas:11n,on aveva bisogno di ser\'&; però, illu511s1fin da principio sul conto del marito, pretendna da lui mari e monti: \'Oleva arricchirsi, cioè, coi guadagni di lui e diventare la prima signora del paese; senza pensare, fra l'altro, che i tempi erano tristi e il popolo, da cui si sareb~ro dovuti decrarre i soldi, po,ero e avvilito. Lo stimolava, perciò, con ogni mezzo: ora apertamente. ora con su.1u:terimen1aistuti, ora con parole di chiaro disprezzo. In quel 1empo Pesarino a,eva a,·uto, per giun1a, una causa incresciosa: un cliente, so• billato dal collega, lo a,·c"a citato in giudizio, per danni colposi sulla persona, a cagione di una cura sbagliala. C'erano scati avvocati dall'una e dall'altra parte; sì erano 1irarc le cose per le lunghe; e, infine, Pcsarino era stato assoho per insufficienza di prove, avendo fatto di tutto i giudici per condannarlo. Per questo Pesarino, amareggiato, av"ilito, istupidito anzi, aveva cercato di cambiare condotta, preSS'Oqual..:he altro paese, posai bilmente lontano: H\"e\·avoluto essere furbo, e scelse, per il concorso. il paesello di Orsa, ai confini della regione, unico paese tra i tanti in cui la condotta era unica, ed in cui, a quanto gli risultava dalle informazioni, non vi era la probabili1à, per il momento, di ncs• sun altro concorrente privato. Fortunatamemc vinse il concorso. Avrebbe dovuto prendere servizio all'inizio del nuo,·o mese: mancavano ancora dicci giorni. Pesarino, che non \ede\a l'ora di scappare, fece la roba di furia e, prima di trovar casa, parti colla moglie per la nuo\'a sede: allog• suarono ali 'albergo. Il paese era piccolo: si presen1av11bene: belle s1rade, pulite, luce eletcrica, fontana in piazza e monumento, alberi per ornamento: passeggia\'ano i due sposi e il "ento leggero li sospinge,·n. Guarda com 'è bello! Guarda che panorama! Che cielo! Che azzurro! Che aria! , dicc"a Pcsanno alla moglie. ).la siamo, sempre, lontani dal nostro paese, do,e abbiamo i parenti•, rimpian((eva la moglie. Cosa t'importa dei parenci? Ti hanno aiutato quando a1·e\·i bisogno? O sci stata tu ad aiutarli? rispondc\'a il marito. Noi non abbiamo a,·uto bisogno di loro. Se no, ci avrebbero aiu1ato ,, obbietla\·a Carolina. Ma la gente non la consideri? insisteva Pesarino. :\1a\c abicuata! Non per colpa mìal Non si sape'"a cosa pretendesse! !\Ientrc questa qui! Guarda 1 Com'è educata! Come ululano! Gente per bene! La maigior parte carbona,, ma non sembrerebbe!•. Facevano quindi proge1t1 per l'a\·\·cnirc ed erano lieti: pareva che dttn·ero crcdusero foncro capi1ati in un altro mondo. Fnl l'al. tro, Pcsarino dice\'a: Questi du~ci giorni di vacanza mc li godrò danero1 Non andrò a far \'isitc per nessuna ragione! Ho l'obbligo, forSc? Il scn 1zio incomincia, egregi signori, 11 pnmo del mese!•. Cosi dcclama\·a Pesarmo, soddisfacto dei propositi e ,-ano, come se con ciò si fosse dimostrato il'suo ,·alore. Ancora non a\evano tro,ato casa, dormi- ,·ano la notte abbracciati sul letto della stanza d'albergo, dove solo un vecchio armadio, dal cristallo rotto, faceva nell'oscurità una strana luce; con il tavolino ingombro di valigie cd i comodini occupati dalle bottiglie dell'acqua: mentre le pareti nude e bianche da\-ano senso di freoddoe di squallore. Erano, una mat1ina, svegli, nel letto, pi• gri ad alzarsi, quando una forte bussata rintronò nella stanza: Chi sarà? diS<;e'!Ottovocc Peurino: più tardi gli pan e dt aver a\·uto allora un tri!'.te pre!tentimento. :\la la moji'lie assonnata non rispose. La bu'lc.aca continuò rapida ed in!oolen1c Chi P domandò Pcsarinf). S\'cgliatevi~ C'è gente che \i \UOle! Ditemi chi 'ìono! C'è un bimbo che Sta morendo qui ,icino! Alzate,,, per carità• Ha bisogno dcll'in,ezione! Vengono sempre. all'ultimo momen10! , disse Pesarmo; ma non 11ssicuròche si sarebbe alzato: pure quelli di fuori in1e<.:croil rumo• re che si fa quando uno si ab.a. il cigolio del letto, la sedia spostata, le scarpe che lontano; e non parlarono più Si -.ent1va, da didentro, la loro presenza irritante, die1ro la porta: oi{n1tanto qualche passo strisciato. Che volete da me? domandò Pesarino, appena alzato cd uscito sul corridoio: era ,1anco e tris1e, coi capelli radi cd appiccicati sul cranio: gli occhiali Rii cade\'ano sul naso; il plSSOera lento e timoroso. Cn vestito di altri tempi, un po' stret10, ma decoroso, d, colore nero. copn\'a il suo corpo e sembra"a un'uniforme Cosa. H>le1cche vi faccia? insistf Pesarino: ma la sua \·oce non era quella di chi domanda e s, fa rispettare: era uanca e fie~ bile: e rivelava la preoccupazione di lui, 1I fastidio e il dubbio. Ecco che la vita lo prcnde,a di nuovo, senza dargli requie, nel suo giro: ecco che egli, malvolentieri, ma necessariamente, era costretto a prestare la sua inutile opera; a mostrart' di sapere quanto non sape\'a, a fingere, a parlare, a rassicurare! ì\1enue sarebbe rimasto cosl bene ncll'oz10 d, quei giorni di \'acanza, se nessuno fosse venuto a molestarlo: e chi aa per quale CASO j!;ra\el Ailrimenti, chi ancbbc pensato di chiamarlo, da poco cempo solo arrhato, da due o ire giorni appena, e che nessuno lo conosceva> Guardò m faccia la persona rima'ìta ad al• tenderlo: era un uorno alto, gu,llo, 'lporco: un cappellaccio gli coprh·a un occhio: era il padre del bambino ammalato. E non venite dunque?• domandò l'uomo: si irrita\'a di attenderlo. Sl, vengo. Dov'è la casa?•· Vicino. Fuori del poesc, ma \'icino Arrivarono dinanzi ad una catapecchi<1,coi muri di fango, ricoputi in parte di_calu.:. la porta sgangherata, il tetto affumicato e caden1e: una sola stanza, dcn1ro, con il letto grande cd il focolare in un canto. l'na finestra, chiusa, da"a dietro su un orlo cht" do• vc\'a appartenere alla casa o era stato dato in affitto all'uomo per la cohi\'atione. • Vediamo il bambino, \ediamo . disse Pesarino; e si avvicinò davanti a una donna magra che cullava il bimbo tra le. braccia; altre donne compar\'Cro, curiose, nella stanza. Lo ha preso la febbre, guardate che colore! Che dite? Come faccio?• si lamentò la donna. Aspettate! Lasciate che vt'da'. ri<1pose il douorc: tastò la pancina, toccò 1I polso, gli fece aprire la bocca, misurò la febbre: non aveva capito niente. :\la disse: lo penso che sia influenza. Il polso ~ forte. l\"on c'è pericolo. Ma ~ meglio fare l'iniezione di siero contro la difterite. Non si sa mai' Xon ,·i pare?• disse, rivolgendosi al padre. L'uomo, torvo, non rispose. Oppure aspett1amo a più tardi. Se s'aggrava, manda1emi a chiamare. Se no, tene• telo al caldo, latte, solo latte e due pillole di chinino,•, prepose; e face\'a per andarsene. E l'iniezione non gliela fate? prci;!:Òla madre. Non ci sarebbe bisogno; ma, poiché \"O• lete. si può anche ten1arc •. Fece la ricetca'. la diede all'uomo, il qual1;:usci mencre egh aspetlava. Cuarda,•a il bambino di\'en1arc sempre più scuro in faccia, con un principio di soffocamento: non ebbe più dubbio che l'iniezione fosse necessaria, Ogni tanco, per far qualcosa, s'av,·icina,·a al bambino, gli tocca,·a il polso. lo guarda,·a: siccome piangeva, si tolse dal taschino l'orolog,o e glielo ciondolò sul viso, pcrcht si dinrtisse. t\la il bambino, sofferente, non s'accorgeva. Ritornò l'uomo e portò la fialetta: il Jottore la guardò contro luce, la ruppe colla se~hetta, la preparò nella siringa: prese il cotone, stro~ finò la pelle. Jl bambino pianse più forte. Se ci sono no,·ità, venite a chiamarmi, benché non abbia ripreso servizio•• disse Pcsarino, e se ne andò. Il padre, stordito, non lo accompagnò, nemmeno per un tratto, Le donne, nella stanza, si misero a commcn• tare e a ciarlare. Accadde che, a m1 impro\ 1viso aggnl\,amento del male, il padre, diffidente. chiamò, di nascosto, uno studente che dove,·a laurearsi in quell'anno: ma tutti lo chiama\"ano dottore, ed egli s.cri\·eva ricecte: e questi lo sobillò per bene contro Pesarino· Ha _sbagliato la dose! Ci vole,·ano dieci ~ramm1 1n più! Pensate: lo hanno caccialo perfino dal suo paese!•. . Di modo che quando, la sera tardi, il padre, per un'ultima speranza, chiamò di nuo,·o ~ae;;;~:~; ;~~: irrs: 3 ':o~o;~r~ale: :~~Jlfiu:~o~ lo ammazzo di legnate•, disse: e la mo~he, disperata, rispose gridando ai San1t e piangendo. Venne di nuovo Pesarino, ed entrò: il lume a petrolio i_llumina,·a a stento un lato della stanza: 11 disordine e la confusione a\'~\'ano preso il sopra\,·ento: il letto era d1'1fat10. panm erano giacenti per terra: le \icme e le comari in giro per la ttanza, spaventate, <;t:mbravano un segno di malaui:cuno. C n tanfo acre e spiac,e\·olc evaporava e salh-a alle nari. Il bambino era ormai agonizzante. Si può tentare con un'altra iniezione•, disse 1\ dottore; il padre non rispose, ma ,'inquu.:ti dentro di sé: ogni cosa lo urtava. \'ed1amo, non si sa mai! insisté Pesarino; e arditamente foce la puntura. .\1.a, in quell'istante, il bambino morl: ttese le gambe e dn entò sempre più imn_\obile: 'poi il viso s"oscurò ancora, li\'ido e d,-.fano. Successe una confusione nella ,tanza: la madre si sciolse i capelli e si mise Ad url.1.re· si dibatte."• come un'ossessa: non an~,a mai pensato che il figlio potesse davvero morire. che la morte fosse dav,·ero quella che era Le comari, addosso a lei, le stntppa\·ano il bambino di mano. Ella, stanca, lasciava <ilart' e s'abbandonava pian~endo. Il padre, infociato, staccò i Santi dalle pareti, sputò e li sbaué per terra: senzn una lagrima, ((\tardava, fi~!IOe frenetico. Do\•~ il bambino? DoY't? dice,a. S'accorse che il dottore era uscito e, "·<'lto, se ne andava: era. a due pas$i da lui, nell,1 strada solitaria. col cappello nero, col c.1.ppotto <.:tintopiuttosto corto. Rapido e fremente, si chinò per terra, raccattò una ~rM'!a pietra; diritta e potente, come un martello, jl'liela scagliò sul pO\'cro capo. MARIO LA CAVA .I <•ti II isl fil,~: SPAGNA IN FIAMME con 130 fotografie Il più ampio e impressionante documentario fotografico sui casi di Spagna di questi ultimi annt L. 4 IN OGNIEDICOLA
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