P.NNO I - N. 5 • ROMA I MAGGIO 19 37-XV \ f SETTIMA.11.4.LB ITALIA E ALBANIA I I PUO DIRE che l'Albania dc,·e la ,ua esistenza all'Italia Nel 1913, Serbia e Grecia volc\'1mo spartirsda e fu l'llalia, appoggiata dall'Austria, ad impedirlo f.t'"orendo la sua cos11tuz1onc rn utato autonomo. Alla fine della '(ucrra mondiale il tentativo s1 rmno,·ò da parte della Grecia e della Jugoidinin, ma l'Albania t'rll in J,:ran parte occupata da trup• pc italiane, che impedirono J'auuars1 d1 quell'ir.fo1usto disegno. Ciononost.1n1c do,cttero pauarc ,·ad anni prirna che- l'Albania si sen1issc ,·enunentc al riparo di ogni auenlato alla sua mte1,:r1tà territoriale e alla .suo indipendenza politica. Ri,·olte, ribellioni, non di rado fomcnu:11e dal d1 fuori, pan ero comprometterne l'esistenta, ed indussero Ahmed Zo,:i:uad orient.trs1 verso l'Italia, alla quale la Conferenza degli ambasciatori del 1921 .ivcva affidato, di facto, il compito di tutclart l'indipèndènza del piccolo Stato. :,.;'cl no\cmbre del 1927 "eniva firmato, fra l'Italia e l'Albania, un patto d1 amicizia e di sicurezza. Ad esso scgu1rn, poco dopo, un regolare tnmato d, allean7.':l.Un anno dopo (,.,"Settembre 1928) Ahmcd Zogu nniva proclamaIO re col 11tolo di 7.ogu I RI" dl"gli Albanesi. I.e rcla:i:ionifra l'Italia e l'Albania sono determinate dalla ~eo~rafin, dalla storia e da una trndizionc che è tenuta Yin, dalle numerose colonie"alhanesi che da secoli tr0\ano nel no<1.troPaese I.i più cordiale ospuahtà. Senza l'aiuto c~1erno l'Albania non aHebbc potu10 , i,erc, non avrehbe potuto organizlars1 n~ cconomicmnentl" n~ politicamente, d.1rsi un e•11!rcito e un'amministrazione, intrnprenùt'rc le elementari e indispensabili opere di civihà. l~~a ha un miliont' di abitanti, un bilancio d, poco più di 150 milioni di lire, una circolazione di 6o lire per abitan1c, una bil:mcia dea pagamenti fonernente po1l!sin1Q. uando si ri"ol1e alla Società delle -..:azioni si ~nt\ rispondere che spctta,·a all'Italia l'a,;!listcrla in ,irtù del protocollo dd H)21, cht- riconosceva all'Italia speciali interessi in Alhania, menlrt' le polenze minori 11.· c..rnno .:,~tili e le ma~f:Ìorz o indifferenti o le'=ale II que,11:1"-1tali che ne m'l1d1anmo l'mteJ,:olà. Fu ,n qucslc circostanze che intervenne l'lraha. Prima (1Q25)con un prestuo di 250 milioni, de!lunato alla costruzione di strade, e di cui non furono ma, corrisposti gli interessi; poi (1931) con un secondo presl1to <l1 500 milioni, r1parl1t1in dieci anni, senza inten•,si e senza dilazioni nt'i rimborsi. Que- 'lliJ :«econdoprt'Stito ;we\·a principalmente lo 1copo d1 riusettarc il bilancio, che se.11:nuan passivo di quindici milioni all'anno. 12 PAGINE UNA LIRA Queste cordi11;ltrelazioni subirono una !IO• sta nd 1932. Passarono, cosl, circa tre anni, durarte il quale periodo l'Albania s1 mosse tra ,ote,·oli difficoltà, aopnmutto nel campo t"conomico. Infatti I:: nostre t'Sportazioni che nel 1929 erano state di 17.6.f8.ooo franchi oro, scende\·ano nel 1935 a J. 7,.7.000. l'guale contrazione nelle importazioni dall'Albania ,erso l'Italia. che da 8.869.000 franchi oro, scendevano a 3.687.000. In base .li "olume degli '!cambi dd 1935, le merci 11aliancrnpprcsenta,·ano il 26 per cento delle 11nportaz1oni in Albania, mencre l'Albania ,1\ viav3 \èrso l'Italia il 61 per cento delle sue e<iportaz1om. RICORDI DEL SEGRETARIO DI PANCHO VILLA F.ra nell'interesse dell'Albania ri,edere una 'l!luazionc che, a luni;i:oandare. non avrebbe mancatQ di influire sulle relazioni politiche. I.a situazione fu chiarita a11ra\·euo franche 1ra1tati\C, che portarono agli a~cordi economie, d1 Tira.n11;del 19 marzo 1936. Questi ,1ccordi co'!rituiscono un compleMO organico ed• ,o1stnportata ComprcndonQ, fra l'altro, un tra11a10commerciale. prorogabile di sei mesi in sci mesi, la liquidazione del prestito del 1931, un accordo per la sistemazione della '11tua:r.ioncfinan:r.iaria dello Stato afoanese, che st'>"-ciru!'lcel'antico prestito e impegna l'Italia a \·ersare no,·e m1lion1di franchi oro allo 'lcopo d1 Minare il drjwt formatosi negli ultimi anni; un prestit<>a,:cricolo, col quale l'Italia 'li ohbli'(a a ,ersarc al go,erno albane'le dicci milioni di franchi oro in cinque rate annue, prestito rirnbors.abilc in cinquan1a anni a partire dal quinto anno i'IUCce<1.'lai\l·o \Cr<iamcntodell'ult1ma rata; una convl"nzione per il porto di OurazzQ, della durata dt qumdtci anni, che usicura al ll0\t'rno albanese i meni necessari per una moderna 11s1ema- :r.ione tecnica e commerciale di quell'imporrante 'lhocco adria1ico; un pn.,.cito per l'isticulione del monopolio tabaèchi, di tre milioni eh franchi oro, che saranno rimborsati coi pro\enti del monopolio stesso in quin• dici rate annue <l, duecento mila franchi oro, una con\·enz1one sanitaria. Dal canto suo l'Albania si impegna a dare la prdcrcnza, nell'acquisto di materiali tccn,ci e agricoli, ai prodotti i1aliani cd a ~1ir.mt1re al rimborso del preSIIIQ agrico)Q mc• Jiante la partccip.i1.ione che l'• Azienda italiana petroli Albania• corri'!ponde al governo alha.nc'lc per lo sfruttamento delle ione petrolifere. ='-"elclima della rmnO\·ata collaboni71nne l'A.l.P.A. che nel 1925 a,·e\11.ottenuto ,n.213 ettari di terreno per ricerche e nel 1926 altri 116.850 ettari, otteneva nuo,·e ,:one di ricerca, impegnandosi, a Jua volta, ad impiantare m Albania una raffineria sufficiente al fabbisogno del paese. Come ,i ,·ede, ,ono in giuoco inte1C'$.Scio- ~pfeu1, che Riu..tificano ampiamenlc il Vlar<- c10 a Tirana del nostro ministro dcRli Esteri conte Ciano. Xon occorre nemmeno ricordare che: il recente accordo italo-jugoslavQ ha resQ più cordiali le relazioni fra l'Italia e l'Albani11, che tro,<'rà indubbiamente, press.o il R0"crno di BclRrndo, tutta la comprensione de,iderahtle per il trattamento della minoranUII alhanecie, in territorio ju't'oda,·.o. Questa fun71one di amichevole med1az1one ~ propria dell'Italia che nell'Albania ha un !!Oloe permanente interesse: quello dell'Albania. \U '\'A MAITJXA, Lorcnte cd io .,ndammo a trovare \'illa. li ~uo vi,;o era tanto nero che fummo presi dal panico. Dal fulgort• dei .,uoi occhi, capii com'egli apparten(',;,;,e a un'altra razza d'uomini. Al nmtro: « Buongiomo, generale», ri'-po~e con tono !lini,tro: « Buono no, amichetti. Parecchi cappelli <1.tanno rimanendo vuoti». lo non capii il ~n"o della fra.se e credo nemmeno Lorcntc. ~la mentre quc-;ti re,;,tava ,;;ilenzio<;ocon a~twia, io di,;,..,j '-tupidam('nte: « Che co-.a sta ri~ mancndo vuoto, generale? » Ftcc un pa<-')oveno di mc, e ric;pose con la l<-ntcn:a di chi domina a !!tento la rabbia: « Parecchi cappelli ~tanno rimanendo vuo1i, signor laureato. ])1 quando in qua lei non capisce il linguaggio degli uomir.:? O fo~ non "a cht· per colpa del ,\{ac;calzone (figlio d'un cane, ,;e mi càpita fra le mani!. ..) i mici ragazzi \Ì ,;tanno ammau.ando fra lor9? Capi5ee ora pcn:hé parecchi cappelli rc ..tano vuoti? Parlo chiaro? > Jo tacqui. Gonfio d'ira, Villa pas,egJ:;iava su e giù per la saletta del vagone; e ogni tre paj,i monnorava fra i denti: « \ igliacco, fij:!lio d'un cane ... • Lorcnte cd io ci guardammo; poi, ~('nl'a '-apcre che dire e che fare, ci c;edemrno ]'uno aCCé\nto all'allro. Fuori 1:plendrva j) mattino, e il -.ilcnzio era interrotto da lontani rumori e dalle voci dell'accampamento. :\"dia vettura, a parte il tremito dell'ira di Villa, 11011 ,;j udi\·a che il tic tac del telegrafo. Chino sul tavolo, di front(' a noi, il tckgrafi,ta lavorava attento, impas,;i. bile come i "uoi ~trumcnti. Pali'\arono pa,'('cchi minuti. Alla fine il tele~rafiljta, dianzi occupato a trasmctH·re, ,i vohe al soo capo: e Sembra che ci ,;;iamo, ~cncralc », di1,lje, E, preso il lapi1, che teneva dietro ('of'C("chio, si mhc a ,crivcrc lcntamen~ te. Villa si avvicinò al tavolino con aria nello stesso tempo impa1irntc e tranquilla, vendicativa e sdcgno'-a. App~giato fra il tel<'grafi1,ta e noi, lo \'cdcvo di profilo, col bmto a metà chinato in avanti. Nella macchia scura della sua sagoma contro la luce dei fine1,trini, spiccavano in rilievo lr lince energiche della mascella, e dal lato opposto, sotto l'arco della spalla, il contorno curvo e ma,;;siccio dell'impugnatura della pi1,tola. Quella mattina no:1 portava il cappello a larga falda, m,1 un copricapo filippino grigio, orlato di v('rdc. Quel copricapo mi parve allora più a<1.surdoche mai. Visto da vicino e contro la chiarezza del giorno, la sua statura aumentava enormemente: il ~uo corpo sbarrava il oasso ad ogni luce. 11 telegrafi,;,ta ~trappò dal blocco color ro,;,a il foglietto su cui aveva scritto e con,;,cgnò a Villa il mh..aggio. Egli lo prese, ma rcc.tituendoglielo prontamente disse : « .Mc lo legga lt•i, amico, ma lo legga. bene, perché ddesso ci siamo da'-'vcro ! » Tr('mavano nella sua voce toni di cupa rmozionc, profondi e minacciosi. li tc!e~rafista, scandendo nervo1:.amentc le ,illabe, cominciò a leggere a voce bassa: « Yli onoro di comunicarle ... > Il mc.;.(a~~io laconico e cruento annunziava la di~fatta e la fuga del:e truppe di ~1aclovio Hcrrcra. JI \Olto di \'illa parve per un istante passare dall'ombra alla luce, ma subito dopo, n<'ll'a')coltare le fra-.i finali, gli fiammeggiarono di nuovo gli occhi " ~li si acccc;c la fronte del fuoco della sua ira travolg("nte e scomposta. Ed era perché il capo della colonna, dopo aver enumerato le "ue perdite in morti e feriti, finiva chiedendo istruzioni su ciò che doveva fare dei cento<1.essanta soldati dì I krrcra che ,;,j erano arresi « deponendo le anni ». « Ch<' ! che e~ ne deve fare! > gridava \'illa. e Ma che co,;:a deve fare ~e non fucilarli? Che razza d1 domanda ! Che mc ne faccio di qut:''lti generali che se la intendono coi traditori che cadono nelle loro mani ! » E diceva tutto iiò senza staocare gli occhi dal povero tclcgrafota. Attraver'}() le pupille del soldato e i fili del telegrafo, Villa ~cotiva forse che il suo ~dèg-rio ra~giungeva il campo di battaglia, dove i suoi giatevano stecchiti. \'olgendosi a noi continuò: « Che fj~~~~n~~~t c~/>:i:a s~fnd~~e 1 f~;~a~~: prigionieri ! > Lorente ed io ci guardammo appena "-i'nza replicare. Volgcndo\i di nuovo al telegrafista, Villa ordinò finalmente : « Andiamo, amico. gli dica 1:uhito a que!lto !>ignore che non mi vada con~umando i telegrafi j che fucili immediat.imcnte i cento,e,;,;,anta prigionieri, e che, se entro un'ora non mi avvic.a chr l'ordine è '-lato eseguito, vado là io ~t('<1.<,o e lo fucilo p('rché impari a com1>0nars.i a modo. Ci ,;,iamo capiti? > « Sì, generai<.- ». E il telc-grafi,.ta "i mi-.c a scri,·ere il mc-.,a~gio per tr:i- ".mctterlo. \"il\a lo interruppe alla prima parola: « Bé, che fa, non obbcdi,c~? > « Sto redigendo il m('s'-aggio, generale>. e: Ch'e redigendo e non r("digendo ! L('i comunichi subito quello che io :e dico e ~nz.1. tante ..t.orie. Il tempo non è c;tato fatto per e,;c;erc per~ 'iui pi·cti di 1..:arta>. Allora il telegrafic;ta poggiò la mano de ..tra ,ull'apparecchio tra,mettito• re, ,pin~c col mignolo la leva e \i mi~e a chbmarc: « Tic-tic, tichì j tic tic, tichì ». Fra un mucchio di carte e il braccio di \ 'illa, vedevo le nocche della mano del telegrafata, pallide e vibranti 1 sotto la contrazione elci tendini che battevano i piccoli o;uoni omicidi. \'111a non di~toglieva gli. occhi da quel battilo che ,tava trasmettendo i suoi ordini a duecento leghe a nord. Dominato da non so quale neccs(.ità, come in un c;ogno, mi sfon.avo d'indovinare il momento prcci'lo in cui re vibrazioni delle dita avrebbero sillabato le parole « fucili imm,c.diat.1mrnte ». Fu, quella, durante cinque minuti, una tcrr:bile ossessione che cancellò dalla mia Co<;.C'ien1.oagni altra realtà. Quando il tdegrafista ebbe finita la tra,mis,.ione del me<;,;;aggio, \"illa, già più tranquillo, andò a sedt>r(.i nel seggiolone vicino allo scrittoio. SPEDIZIONE IN A88. POSTALE Lì rima,.e quieto per un breve intervallo di tempo. Si buttò all'indietro il cappello filippino, affondò le dita della mano destrn fra i ricci ros,.astri della fronte e si grattò la te!lta, come ncll'an• ~ia di spegnere un prurito, per così dire i~terno 1 cerebrale, un prurito dell'amma. D01>0 tornò quieto. Pa,;,,.arono forse di('ci minuti. Al!'improvvi,;o si volse verso di me: « E a lei che gliene pare di tutto que- !itO, amico? » mi di,;se. Dominato dal timore, rispo,;,i maJ,;,j. curo : « A me, generale? » « Sì. amichetto, a lei ». Allora_, spaventato, ma risoluto a u~are il linguaggio degli uomini, ri'ìpo,i ambiguo: « Ebbene, che parecchi cappelli rimarranno vuoti, ~enerale ». « Bah ! A chi lo dice! Però non è questo che domando, ma le comegucnZ(". Crede l<'i che ~ia bene o male questa faccenda della fucilazione? • Lorcnte, più intrepido, mi prevenne: « A me, g('ncrale :t. dis~e. e se devo e\- ~r franco, non mi pare ben dato 1101dine ». Chiusi gli occhi. Ero sicuro che Villa, alzando'-i, o anche senza alzarsi, avrebbe e'ìtratta la pistola per ca'ìtigare una CO'ìÌ deci~a riprovazione della sua rondotta, in un affare che gli stava i.,·rnto a cuore. ~1a pa'i"arono parecchi ~econdi, e solo allora ,;;entii che Villa, dal ~uo posto, chiedeva con una voce, la cui calma contrastava stranamente con la tempesta di poco prima: « Vediamo, vediamo: mi dica perché il mio ordine non le va ». Lorcntr era pallido al punto che la pelle ~li ,.j confondeva colla bianchezza del colktto. Ma tuttavia rispose con fem1('u,a: « Perché la comunicazione dicc 1 generalc1 che i cento'-('<1.<1.antuaomini si wno arr~i ». « Sì. e con questo? » « Ebbene, presi così non si debbono uccidere •· « E perché?» « Per il fatto che si sono arre,;;i, generale •· « Ah, che amico, costui! Ora 'ì.Ì che mi cade in grazia! Dove gliele hanno insegnate queste cose? » 1:,-avergogna del mio "ilenzio mi op~ primeva. Non fC'-Si più e intervenni: e Pemo la stessa CO'-a, generale. Mi '-embra che Lorente abbia ragione>. \ 'illa ci abbracciò tutti e due con un solo sguardo : « E perché, amico? » e L'ha già spiegato Lorcnte: perché gli uomini ~i \Ono arresi». « E con questo? » li « con questo> lo pronunciava con accento interrogativo assoluto. Qu'l"- st'ultima volta, mentre lo diceva, rivelò già una certa inquietudine che gli fece aprire dl fiò gli occhi per racchiud("rsi meglio ne suo sguardo malsicuro. Sentivo il peso dello sguardo, f rcddo e crudele, e l'impulso inesplicabile su cui s'inchiodavano, come ~proni, le visioni di remote fucilazioni in mas~. Era necessario trovare una formula certa e intelligibile. Provandomici, dissi : « Chi si arrende, generale, ri,pannia con ciò la vita dell'altro, o degli altri, visto che rinuncia a morire uccidendo. E giacchè è co~ì, chi accetta la resa s'obbliga a non condannare a morte ». Villa rima._e ancora a contemplarmi fissamente: l'iride dei suoi occhi cessò di scorrere l'orbita delle palpebre. Poi si levò d'un balzo e di\'iC al telegrafista quasi gridando : « Ascolti, amico, chiami un'altra volta, chiami un'altra volta ... , Il tele~afista obbedi: « Tic~tic, tichì; tic-tic, uchì... » Passarono alquanti secondi. Villa, senza a~pettarc, interrogò impa1.icnte: «Rispondono?» « Sto clùamando, generale :t • Lorente e io riuscimmo appena a contenerci e ci 2.ccostammo anche noi al tavolo degli apparecchi. Villa chiese di nuovo : « Rispondono? » « Ancora no, generale :t. « Chiami più forte». 11 telegrafista non poteva chiamare né più forte né più p1ano1 ma si notò, dalla contrazione delle dita, che prncurava di rendere più fina, più chiara, più esatta la fi,;ionomia dctle lettere. Ci fu un br( ve silenzio, e di lì a poco spuntò sopra il tavolo, secco e lontani~simo, il tic-tic dell'apparecchio ricevitore. « Stanno rispondendo ,, disse il telegrafi,ta. « Bene, amico, bene. Allora trasmetta, ,cnza perder tempo, quello che le dirò. Stia bene attento: "Sospenda fu- ~iili:!0G~n~;~toii::~c~nc~ tiTI~~~e »or- « Tic-tichì, tichì-tic ... » « ... Fatto, generale ». « Ora dica al telegrafista di laggiù che !!lO qui aìl'appaH:.: ... ia:e; i.l-~pcttando la ri,.posta 1 e che lo faccio responsabile del più ~iccolo ritardo ... » « Tic..:h1, tichì 1 tic-tic, tichì-tic, tic ... > «Fatto?» « ... Fatto, generale>. « ... Che dice?» « ... Che va lui stesso a consegnare :1 telegramma e prendere la risposta ... » Noj tre rimanemmo in piedi vicino al tavolo del telegrafo: Villa strana- :~~~ttd~i~~~~i;,o~:~~r~~~ ~1::n~~~ nuti. « Tic-tichì, tic, tichì-tic ... » « Ri'lponde? » « Non è lui, generale. Chiamano un'altra stazione». \"illa tirò fuori l'orologio e chiese: « Quanto tempo è che abbiamo tra- (tnesso il primo ordine? » « Un venticinque minuti, ~enerale ». Volgendosi allora a mc, \ illa chiese non so proprio perché proprio a me : « Arriverà a tempo il contrordinc? Lei crede?» « SF?er~ d,i ~ì, ç-eneralc ». « Tic-uch1-t1c-t1c ... » « Rispondono, amico? > « ~o, generale, è un altro». S'andava continuamente accentuando, nella voce di Villa, una vibrazione che finora non gli avevo mai sentito: suoni armonici velati dall'emozione più fondi ogni volta che domandav; se quel!~ chiamata era la risposta al contrordme, e, appena l'apparecchio accennava al più piccolo movimento, diceva, come ~ su lui opcra-.se l'elettricità dei fili : « E lui? » e: No, generale:., gli risponde\'a il telegrafista, < oarla un altro». Potevano e,;,,;,cre pas(.ati venti minuti dall'in\'iO del contrordine, quando il telegrafista •rispoc;e finalmente: « Ora sta chiamando>. E preso il lapic; cominciò a scrivere. « Tic, tk, tichì... » Villa "i piegò di più sul tavolo. Lorente, al contrario, sembrò irrigidirsi. Io m'andai a mettere a fianco del telegrafista per leggere ciò che questi andava mano a mano scrivendo. e Tichì-tictichì, tichì.tichì... » Al terzo rigo, Villa non poté dominare la sua impazienza e mi domandò : « t arrivato a tempo il contrordine? » Senza di,;togliere gli occhi da quello che il telegrafista scriveva, feci segno di sì colla testa. Villa tirò fuori il fazzoletto e ~e lo passò sulla fronte a tergersi il sudore ... Quella sera mangiammo con lui; ma durante tutto il tempo che pas ..ammo insieme, non si parlò più degli avven:- men~i della mattina. Solo nel conged~rc1, a notte ~ià avanzata, Villa ci d_me_, senza cnt:are in troppe spiegaz1on1: « E grazie tanto, arrid, grazie tanto per l'affare di sta.mattina per l'affare dei prigionieri ... > ' MARTIN LUIS GUZMAN
SALARIE STIPENDI La decic;ione del Governo fascista di aumentare i salari e gli stipendi per adeguarli ai nuovi prcai delle cose ha prima di tutto, uno scopo immediato ~ ben definito di giusLzia sociale : mantenere. inalte~ati i_ rapporti reciproci fra le vane classi, ossia man:cncre invariate le loro posizioni rispettive. Si taglia alla radice qualsiasi speculazione. E si evitano, contemporaneamente, gli indebiti arricchimenti dei pochi a danno delle moltitudini lavoratrici. Non è difficile dimostrarlo. Ac;sistiamo, infatti, dall'autunno scorso, per la ripresa economica internazionale e per lo stimolo espansivo conferito alla lira dall'allineamento, ad un cospicuo risveglio degli affari. Le industrie, come dichiarava e documentava giorni fa il Presidente della Confindustria, hanno, in quasi tutli i settori, aumentato il loro 1irmo di lavoro e i loro profitti, di<,tribu1ti o non distribuiti: donde l'aumento con"l:derevole, qua e là ritenuto perfino eccessivo, del corso delle •\lioni. L'agricoltura beneficia gi:t d:1 tempo, traverso la larga p1atìca degli amma-.si ohblii.:-atori a prCzli rimunerativi, ossia attravcr,;o gli ac;.iui--~i in blocco dei princip,•li prodotti da p,--rte delle banche, di una si•uazionc tranrluillante: si p11ò,z1r1i, dire che q••i il n ... veglio degli affari e dei prezzi è stato avvertito e scontato in anticipo. ~frno sostenuta la posizione dell'attività commerciale, dibattuta fra l'aumento già intctVcnuto dei prezzi all'ingrosw e i limiti, più severi, posti all'('-.pansione dei prezzi al minuto. La po,izione è, inoltre. appesantit:i dal non ancor cresciuto potere d'acquist0 dciii" grandi masse dei comuma,, 1 :. Ora, come sempre acr:i.de nelle fa,;i C'idiche di ris\'eglio, il pJ.norama ha p, :- mdice essenziale ia ten,ionc, <,<:mprcpiù pronunri,Ha e 'il'l'!.Jj;re più di1rui.a, dei prcz1i sia all'ingrm<;0 sia .li minuto, sia nti prodotrt ;n genr1e, sia amhe, H'bhene meno. in <:uelli attinC"r:ti ;-.J co~to della vita. Ed è qui, in questa doppia faccia della congiuntura: tono vigormo della attività e incremento dei prezzi, che si radica l'annunciato aumcnto ~alariale. Il quale trova così, nello stesso tempo, le condizioni obbiettive per rcaliz- ·,arsi, e la giustificazione, sociale e umana, della propria realizzazione. Ora nasce ~pontanea una domanE:Jrl I ANNOI, ]11))[, 6, l MAOOIO 1937,IV , , OMNIBUS SETTIMANALEDI ATTUALITÀ POLITIOAE LETTERARIA ESCE IL SABATO I.N 11·19 PAOlNE ABBONAMENTI tu.Ila eOoloole1a-ano L. 461 aeme■tre L. 23 Eetero1 1tu10 L, 70, temutra L. 36 OGNI NOIU:&O IJN1 LIIU Maoo,orlttl, dhego.i • fotografie, aocbe ae o.on pabbllead, noo 1i ni1Lit11.i1cono, Dtrulou: Rom• • Via del Sudario1 28 J.mmiAIJtradone: )fi11no• Piaua Carlo Drba, 6 '5M. .boa. uurtce " ODUIITI " . 11.iJ.a.no f .i1AGGIO 1~37-XV O ■ NIBDi PAGINA 2* «La parola è al consi~Uere de1eiato ... » da: in qu.tle misura si è detc1 minato l'aumento dei prrzzi? Per quel che ri~uarda H costo dc..:lla vita, non ristretto però al solo settore alimentare, i cui prezzi, almeno in oarte, sono rimasti bloccati al settembre u. s.i si può ritenere che l'aumento verificatosi in queJ>t'ultimo periodo SLia fra il 12 e il 15 <'(, Non molto diversa è, fatte larghis,imc medie, la percentuale di cui è, nell'ultimo anno, cre~ciuta l'atti\'ità ddla produzione e degli scambi, ivi compresa pcrè1 l'attività c.~portatrice che nei mesi scor:;i, deprezzata la lira e bloccati i prezzi, ha goduto d'una sistemazione eccezionale e probabilmente pa55eggcra. Parrebbe quindi che, in quanto pc:·- duri abbastanza severa la politica di costrizione dei prezzi interni, J>ia questa la mi~ura intorno alla quale oossa, con equità e <:en1aturbamenti, aggirarsi l'aumento dei salari, che ci si propone di attuare. Quale sarà la portata dell'au:nentl) dei salari e degli stipendi? Esso funzioncrà come un'espansione del potere d'acquisto della massa dei consumatori. Da qui due conseguenze ; una immediata e una mediata. Immediatamente esso tenderà a d:.--- terminarc un certo aumento dei prezzi ultimi, ossia tenderà almeno, in una certa misura, ad annullarsi, ~<.·diat...1.- mente, però, attraver<;0 lo stc'50 aumento dei prezzi ultimi e via via dei precedenti, inciterà una ulteriore espansione della produzione; e que:.ta, nella maggior parte dei casi, si rivolgerà in riduzione dei costi e comcgurnte nuova contrazione dei prcct.i. Ora, pur non tra~urando la ha,;c intcnnedia del probabile aumento dei prCZ7i - e di qui la opportunità della continuata vigilanza su di c<:si- è quest'ultima fa~c ~hc, e~cndo più, duratura, ha maggior unportanza, cd e e55a che sarà bene 3. ver<' soprattutto di mira. Il che vuol dire che, di fronte alla impossibilità di misurare l'aumento salariale con un criterio rigormo, è piutto~to consigliabil<', sempre entro limiti di prudenza, di peccare per eccesso che per difetto: ossia considerare l'aumento dei salari come una vn.sta operazione di credito fatta, travcr~o i salariati, ai, le ste~,,e attività produttrici. Uno sguardo al commercio estero. Se il primo effetto, sia pur contenuto e graduat0, dell'incremento delle mercrdi, sarà una ulteriore tensione dei costi e dei preni interni, ~i avrà una maggiore convenienza da parte nostra a comperare dall'e~tcro cd una minore convenienza dall' estero a comperare da noi. Questo in linea teorica. Ora, non occorre dimo"trarc che tutte e due quc<:tc circostame (!li tenga prrsente l'andamento della bilancia commerciale nel primo bimestre dell'anno, ..1ppcsantita dal fabbi-.ogno eccezionale di grano c~tcro) ~ono assolutamente da evitare. Sarà perciò nccc~~rio, adc(~O soprattutto che il regime delle compen~a,.ioni private e cioè dei premi agli e~portatori è vrnuto a ce~,a,'C, che nell'applicare aumenti maggiori o minori di salario, alle attività di esporta1ione sia r~ervato un trattamento- di relativo fovorC'. Non è certo lm ca\O che, proprio pochi giorni fa, si sia costituito presso il Ministero degli E,teri un Ufficio di coordinamento per le esportazioni, che avrà soprattutto la funzione di a\irnC'ntarc in tutte le direzioni il ritmo di wiluppo. Esso sarebbe, però, destin~to a un rncCe"--;olimitato se non s1 provvedC'N' ad a~,icurarc quello che è l'c• lem<'nto e<:,emiale d'una durt"volc esportazione: i ba,si prezzi inthni, fondati ~u ba~si co~ti di produzione. t una prima g-rande prova, ma ben dC'gna di es'.'crc tentata. Sarà un grand(· collaudo per l'ordinamento corporati\'o. LlJ'NGRI UNA REGIONE che va tenuta d'oc~hio è il ~farocco ~pagnuo. lo. S1 ha un hcl dire:-che le cose , procedono pianl', J.1ggiù, ma non e vero. Intanto c'è una nota del govc-010 di Burgos alk potenze firmatarie di Algesiras, dei primi del marzo ~cor~o, che denuncia c,plicitamentc degli intrighi e delle agitazioni alla frontiera del protettorato francc .c e :.p, - gnuolo, che avr('hbc unicamente loscopo di pe1metterc alle autorità france:-.i « col prete~to di restaurare l'ordine e di impedire l'allontanamento delle tribù soggette, di invadere la zona spagnuola, violando, in tal modo, tutti gli accordi internazionali in vigore e determinando una situazione pcricolorn per la pace dell'Europa >. Non c'è nulla di esagerato in questa nota del governo di Burgos, perché il « Bollettino interno>, segrctis,,imo, del partito comuni~ta di Spagna del fcbbr:iio ~corso, < riservato csclu,ivamcntc ai militanti, dato il suo carattere clan• destino», come si legge ncll'avvt'rtenza stil fronte,pizio, imparti,c<' al fronte popobr<' di Tangt·r·• le isttu.:::ioni del ca\0, che dchhono CS\tre cst:~uite marcha11do de acuerdo con tl ministro francés. Di rhc ,i tratta? :'\cl lu~lio ,corso il ~ultano del ~tarocco inviava ..11 residcn• te gençrale francc~e una lettera c-hc, dopo varie considerazioni ,ulla situaziom· rccczionalr-, terminava co-,ì : e ~1i rimetto al governo frM1c<:',cp1•r a ..,.icurare la ,;alvaguardia d<'i miei diritti di ,ovranità garantita dai trattati >. Tutto c:iò è molto chiaro. ~lediantc qut•lla lettC'ra, d1.:ttata dalle autorità franc<'si del Protettorato, la Francia voleva ricordare che, <:ccondo i vigtnti trattati, la sovranità del sultano, suo protetto, si e5tendt• anche alla wna spagnuola del ~Iarocco, nonché alla :.tona inter• nazionale di Tangeri. Va ricordato, inoltre, che nei trattati franco-spa~nuoli del 1904 e del 1912 è comacrato l'im· pc-gno dd governv di ~tadrid di non cedere o alienare i 5uoi diritti i.ulla parte di territori « compre.._i nclln. ~ua 1.ona di influenza>. Se ne dc<lurc a Parigi che la Francia ha un diritto preminente a succedérc, eventualnll'nte, alla Spagna nella sua zona marocc-hina. 01 a si domanda : perché questo agi• tar,i del Fronte popolare a Tang<·ri t'. ai confini del Protettorato? Pc-r quak ragione le truppe france~i del .\larocro ,i c,ono ~po!.tatc vcr,o il confine dtlla 1.ona spagnuola? Co~a significano k i,pNioni del Rci.i<lente france~e alle· frontierr? A cosa lllira la prùpag,1nda prc~so gli indigeni del Marocco spagnuolo affidata ai capi del Riff? ;\on i.ono domande ozio'.'e, Giorni fa, a propo~ito d<'ll'accordo italo•jug:o,lavo, il Temps ammoniva la Jugo,lavia a guardar,,,i dall'Jtalia e dalla Gcnnani~, come da e: pericolosi vicini da; denti lunghi >. Chi parla! l'\"dlc vertcn1.e marocchine la Spagna dovette ,empre pi<•garsi alle eo;.igL'O:.tl' francesi. Nel 1902 e~sa stipu!ava con la Francia un accordo indubbiamente vantaggioso, che le assicura\'a un'importante zona del Marocco nella quak erano comprese Fez, Taza e la ,ponda sini\tra dd Schù fino all'Atlantico. Al momento di ratificare :.\1adrid e\itò. ~1alc gliene incolse, perché nel 1904 l'entente franco-inglese, sotto gli au,;pici di lord Lan,downe e di Delca.,,é, la- ~ciò mano libera alla Francia in tutto il ~Iarocco. Co,ì la Spagna vide ridotta dall'accordo del 1904 la zona marocchina clw le era stata a~SL'gnata nel 1902. Un'ulteriore 1iduzione doveva subire nel 1912. All'indomani di Agadir la Fran- ' eia si intese con la Germania. ~[a prctt,:-.e un compcn~o per quanto a\·ev,1 dovuto dare alla Germania allo scopo di disinteressarla non soltanto - di• ceva - dalla zona francese del Marocco, ma anche da quella spagnuola. Così la Spagna dovette cederle Taza. ~·c1 1923 ~.fadrid so,;tenne il ritorno di Tangeri alla zona ~pagnuola, ma, pr('muta :rnche dall'Inghilterra, dO\'t't• le aderire alla sua internazionalizzazione. E accettare, in seguito a un brmc0 voltafaccia inglese, la sovranità di un ~ultano che scrive sotto dettatura. ilrandi convitati di Londra: Krichna Shurnshere Jung nahadur Rana con occhiali e pennacchlo. CRONACA:L'INCONTRODI VENEZIA L'INC0:\1'RO di Venezia si~ concluso come 11 pre\·edcv•: e c,oè con la IOJenne conferma della politica di collaborazione 1talo-aus1ril'lca, che trac origine dai Protocoll1 d1 Roma. La stampa 1n1ernn1onale ai ~. poi, dedicata a un lavoro di analisi e d1 esegesi del comurucato finale, soffermandosi con particolare insistenza su due punti d1 eno, e cioè: t) sull'affermazione che la 1is1ema1.ione danubiana non potrehbe utilmente conce• pirsi, n~ attuarsi &enz.1. l'aiiiva par1ecipat1one della Germania •; 2) sull'affermazione che e,·entuali adesioni di altri ~)la11 al siStçnla dei Ptotocolh dt Roma non potrebbero a,·er luogo che aotto determinate cond1z1oni da stab1hrs1 di volta m \'Olta • Il Giornalt d' ltt1lia del 2◄ annunziò anche che i nazu11 saranno chiamati in Austria a dl\'1dere la rc:;ponsabilità dtl Fronte Patnot• t1co, primo passo per una diretta partecipazione al Co\-crno dell'Austria•. Questa affermazione ha 8\'Uto larga eco nella stampa inu.·rnazionale; epperò il Giornale d'Italia, nel sun numero del 251 la ha chianla come segue: Dobbi .mo r1pe1ere ben chiaro che la nostra notizia va riferita non giii alle convenazioni che si sono l>\·ohe il 22 e 11 23 a \'ene1.ia ma ad una situazione interna ddl'Austria, che abbiamo rapidamente illustrata per fissarne il rapporto con gli indirin1 della politica estera . UN DISCORSO DI DELBOS I L SIG.:\OR Dclbo'i ha pronun:.muo un ahro di!oC0rso sulla politica estcr11 della Francia. Lo ria'lsumiamo bre\ inimamente: 1. La Francia vuole fa pace. 2. La Società delle :--:azioni ha a,·uto molti insuccessi, ma questo non de\'e far dimenticare il bene che ha fatto. Senza di essa, che cosa sarebbe di,·entata l'Europa? (Rispondiamo: esattamente quello che è; niente di più, e niente di meno). 3. La poliuca del non-mtep·ento in bpaF;:na, seJ:tuita dalla Francia, è stata molto h1asima1a; ma se la Francia non a\'esse seguilo quella politica, le cose sarebbero andate molto peggio. 4 La Francia '"orrebbc ridurre i suoi armamenti, ma è costrcna ad accrescerli. 5. l..a Francia vorrebbe la libertà des,:li scambi, ma .è costretta a se~uire la politica dell'autarchia economica Fra cosl fitta fioritura di luoghi comuni. cogliamo una confessione: l'errore princip.ilc dei , mcitori •• ha dt>:ttO testualmente Dclbos, consist~ nel rifiutare troppo m teoria per troppo cedere in prauca: a esigenze iah-olta eccesshe in malcria di riparazioni e di armamenti corrisposero inadtmpienu in'{iust1ficate C.:osl, dopo quai.i un ,·enrennio di errori In Franci.t è ridotta a rec11are il mM culpn per boc01 del suo ;\lmistro de2li esteri. IL BELGIO E LOCARNO Gl.1 A;\lllASCJATORI di Francia e d'lni-:hilterra, a Bruxelles hanno consegnato al ;\lini,tro di:gli es1eri bcll,'ta una nota m cui si dichiara il Bel11:iolibero da oRni obbli~o deri\·ante dal trattato di Locarno, ma 1n cui, nello stesso tempo, si mene in rilic,·o che il Belgio si impegM a difendere l~s.ua frontiera e a rimanere fedele al CM,- ,ianr della Lega. Il lettore potrebbe pensare che, con ciò, la richies1a del 0el~io di essere non più f,!arantc ma solo garantito sia st:ua soddisfa11.1. Jn realtà non è cosl. L'obblis;:o più 1,::rave che incombc,-a al Governo belga per effetto del Trn1tato di Locarno era quello di mettere i porti e il territorio nazionale a dispo1izione dcll'c$ercùo inglese che eH:ntualrnente operasse sul Conuncnt~. Ora il Con,ianr di Ginevra pone a carico dei:<li Siati membri l'obhhgo ddla mutua n,;,;isten7..a.,e all'art. 16, n. J, prescrive che essi debbano prendere le disposizioni necessarie per facilitare il passaRirio attraverso ,I loro territorio delle forze di qualsiasi 51310 membro della Società che partecipi a un ·azione comune per fare rispettare s.:l'101pe.Q:ndi ella Società Pertanto le cose stanno esatt:i.me11te come ieri: il Bel.Q:io (lncbbe donno. ieri, lasciar pa<;:sarc l'esercito inglese e lo do\'1à lasciar pa-.,are domani. La sola differenza è questa: che ieri lo a,·rcbbe fatto passare m nome di Locar-no, e domani lo farà passare m nome del C01.1nant. ,•.• IIVERSARI DIMENTICATI QUALCHE giorno fo, il 19 dello scorso mese, è ricorso il cmquantàSe1es1mo annn ersario della morte d1 l),sroeh. Né la stampa inJ,:le~e. né quella fran~esc se ne sono molto occup,ue. I~ 'at1enz1one cosi dell'una come dell':iltra è interamente assorbita dai due eroi nazionali del momento: Da\"id Joncs detto P:uata e !...ton Blum. L'uno ha \iolato il blocco di Bilbao, l'altro si è fatto - o, mcRlio, si è di nuo\'o f, tto - l'apostolo della prostituzione premat imoniale, del procurato aborto e dell'incuto. IL NUOVODISRAELI NOì': '.\101.TO tempo fa il Timt's dc~ fini l.éon lllum il Oisracl1 della Francia moderna. E certo I due stallsti hanno in comune la qualità di israeliti. :\b non ci sembra che abbiano altro in comune. Ora noi pçnsiamo che non bas1i «:'l'iere un ebreo per essere un Disracli; o - ciò che è lo !ltesso - che non tutti J,:h ebrei siano dei Dn~raeli. C.:omunquc, quel che si può ammct1erc è che un Olum \"Ì\"O \al~a più di un D1sracli morto, anche in oma(?gio a un pro- ,·erhio piuttosto \·olgare, che qui non è 1I caso di citare. E perciò è naturale che la ~tampa europea si occupi delle idee di Bhun sul rnarrimonio. an,:iché dcll'anni\'er"ario delfa morte di Lord Dcaconsfìcld. DELLAFAMIGLIA I L :-:-l}O\ ISSl:\10 D1sracli, dunque, quello v1,·o e d1 nazionah1à francese, m una parola Léon lllum, ha fatto \'arie cose che 11 "ero D1sraeli non avrebbe mai fatte. E, fra l'altro, ha ~critto un libro che non solo il grande Disracli, ma qualunque persona dotata d1 senso comune non avrebbe mai scritto. I.fon Blum ha fauo di più: lo ha scritto e lo ha pubblicato: e orn, che è Presidente del Consiglio, lo ha ripuhhhcato. Questo _libro tra11a se co<ii si può dire della fam1_R:ha.'.\la non prenderà certo po.sto nella s1ona <lelle lettere accanto ai Trattati di Leon R:nti<ita Alh,m1 o di Agnolo Pandolfin1. AHà un posto a parte: mnlto a parie. I quotidiam h,inno rrnbblit·a10 eqr.itt 1 di questa stupef,1c:.ente pohblicaz11me. Hisuha da dti che il signor Slum vorrtbbc che la donna, prima dd matrimonio, conducesse una vita da scapolo, la sua vita d1 passioni e di avventure•; e che contraesse, nel detto periodo, unioni basate sul desiderio e che non doncbhcro 1opravvi,·ere al desiderio •. Le fanciulle•, ~gli ha ammon1to, abbandonentnno il riparo delle loro famiglie il giorno in cui si sentiranno abbastanz.a mature per volare da sole. Esse ritorneranno dalla casa dei loro amanti con tanta disinvoltura come quando rientrano da uno spetl.icolo di corse o dall'ner prHo un té dall'amica•. Le raga:tu dc.,vrehbero lai.ciani iniziare da uomini di media età, pieni di esperienza e di 1at10 •· (Bella professione quella d, questi uomini d1 media età•!). Quanto alla possibilità che nascano figli, non è difficile, né urtan1e •, scri'"e ancora t1 Presiden1e del Consiglio francese, imparare a non ilvere bambini, più di quanto sia d1f11cile e urtante l'imparare a farne Del re• sto quando le fanciulle di tutte le condizioni 11aranno libere del loro corpo, quando sarà normale e comune che un numero ,a. riab1le di aman(i abbia pr«eduto il marito, il fi~lio naturale sara da quel momento un fenomeno conosciuto o un fenomeno prcvi<ilo in tutte le famiglie /~ crxu maf?nrfi~,! E qui rileviamo solo che non e facile capire che cosa si.1,tnifìch1 pre\'edere il fenomeno del fiRlio nAlurale. Significherà che il marito debba essere preparalo m ogni momento a vedere apparire e :1 rice,ere 1n casa 1 figli che la moglie abbia a\'Uti dagli amanri di numero \'ariabile • di pnma del matrimonio? o significa che il manto debba esser prepardlO a ,eder la moglie fabbricar fiRli con terzi, in costanza di marrimomo? LA pre\e.'!'gem:a non è mai tropp:.11 Quanto all'mcesto, scrive Rlum: lo non ho ma, capito che cosa abbia l'incesto di propriamente rivoltante; e senza ricercare per quale ragione l'incesto, tollerato o prescriuo in certe società, sia considerato un crimine nella nosira, noto semplicemente che è n:nurale e frequente che si ami d'amore 11 proprio fratello o !a propria sorella . E qui 01:ni commento ,rcuas1erebbe. IMMORALISMOE EBRAISMO GLI SCRl1-rOIU dell'Act1on fr-nnrolSt si sono but1a11 con volutili ~u quet:te p.,gine stra,aganti e ne hanno fa110 una questione di antisemitismo: È un htano essenzialmente talmudico, che farà orrore a tum i f~ncesi e a tulle le francesi di spiri10 sano e di animo reti o. Come diee\'a '.\ 1e1zsc.bc, 'l'immoralista paila ': ma un 1mmorali~ta interamente estraneo 111 nostri cos1um1 r ,JSÌ, e as;:i,::iungerò: al senso comune, come l'intendono gli occidentali . In fondo a queste declamazioni,~ il Se'tuenle ragionamento: I .éon Jllum ~ per la prost1tuz1one prematrimoniale, per l'aborto procur-,uo, per la procreazione con chi capita, per l'incesto, «c.; l.éon Blum è un ebreo; dunque l'ehn,ismo è per la pros1iru:r.1one 1 per l'aborto e per l'incesto. Questn metodo di arJ{omentare ci 1,embra stra\·agante quasi quanto la morale di Léon Blum. Conosciamo innumerevoli ebrei d1 ir. reprensibile mor,1lità così nel dominio do!!lla vira pratica, come in quello della co:.cienza e delle idee. l'otrcmmo ai;:giunjlere che se vi è_ una razza presso la quale_ l'istituto della fam1g\1a è tuttora saldo ed 1nta1to, questa razza è l'ebraica. L'anl!St>:mitismo è arido di cuore e futile: nel ragionare. L' n ufficiale ebreo ha tradito? Dunque tutli gli ufficiali ebrc.i tradiscono. Trotski_ è _ebreo) Dunque tut11 gli chrc1 sono bolscench1. Un ebreo predica_ la prostitu7.ÌOne e l'incesto? Dunque tutti ~li ehre1 predicano la prosutuz1one e l'ince•to. Lo schema è sempre lo stessn ?\"oi pensiamo m\ece, che si possa essere cb~i Ano alla punta dei capelli senza prostitwrs1 e sen7a amare d'amore• il fratello o la sorella; che una minoranza, fortunatamente ass;1i scusa dell'umanità, sia dedita ad alcuni di quei p«cat1 non cerro veniali, che Blum esalta cd elog1a, ma che a questa nunornn7.:l appartengano cosi ebrei, come crilltiam; e che, 11cnza dubbio, hl grande magi;t;1oranza del popolo francese accogherà con orrore le idee di Blum sulla famiglia, ma che con orrore non minore le accoglierà la maggioranza dei;t;h ehre,. Tulle verità lapalissiane, ne con,eniamo. ;\la proprio dalla nei.:azionc delle ,·crità più semplici trae alimento la predicll7ÌQne dell'odio fra i;i:li uomini. E ,oJ{liamo es<1.ereJ:ipalissiam fino in fondo. \'os,:liamo esp1imere un ,oto: che l'I 1-mctta una buona \'Oha questo orribile uso di I cndert" .rt"'lponsahile un popolo, una razza, una religione, dei peccali o delle l>tra,·aganzc d1 un ,olo. La Yila t gra\"e, cantò un poeta tedesco: cd è già un j,!-ra,·epuo do,er rispondere d('j propri a1t1 e delle proprie opinioni. (;ua1 ~:11:•_ O~~~f;~~- ;;:;urde~requ~~~!~e 8~ 1 p:~;r~: dei libri ah1u1. INSINCERITÀ DI UN IMMORALISTA M ~ TQR";JA:\10 a_ Blum e alle sue idee ~ul matrimonio. Cerio egli non solo come mmi'ltro e come legislatore, ma anche, an,:i sopratlUllO come p11\alo, ,i guarderà bene dal mettere in pratica le sue ide<: La moglie non dHà certo u1,ato 11naare e \emre dalla casa dc~li 11mant1, come dalle corse o dai tl: delle amiche, né gli aHà fatto il rc_R:alodi uno o più fis,:li n_aturah. E se Dlum ho. delle liQ:lic (non _sappiamo se ne abbia), si può giurue che SI ~ ·arderà ben.:: dall'affidarle alle c-u .,. d1 uomini di media età, pieni di e11pericn~•,: d1 tatto• perché le introducano nel tir0t n10_delle conoscenze e delle pratiche neces- 'larie Al contrario: procurerà di dar loro mani 1, e di dar~liclo benpen,ante e benestante. Ma ciò, in un certo senso, non è che un'ag~ra,·antc dell'immoralità della sun predicaiionc. In fondo l'immoralismo ha questo di comune col soc_iali,mo: lo ,i predica agli altri, ma non lo s1 pra11ea per conio proprio. E chi lo pratica, non lo predica. PESSIMA LETTERATURA l ì\I_MOHAJ.IS;\10! Parla l'immoralista d_1ce l'Aaum fnrnçmu, che. per l'occa~ s1one, non ~i penta d1 scomodare la ~nmde ombra d1 Federico ~ietz!lche. Cra.ndi parole per una piccola sudiceria! Questa non è che brutta lcttcraturn, come se ne scri\·e o o;c ne è scritta m tutti I paesi, come ne scnvevano, una volta, da noi, un ).lariani o un P1t11itrilh, come ne scriveva, una \"f)ha, m Gcrmama, llcmnch ~lann. 01-'m pae'le ha :i~•uto I suoi :\l:mon1 o I woi Piti.Q:rilli. ~on c è da scan<lal1n:ar.1 per questo, .\la ne,;.sun pac.;.c ha fatto di un \l.niant o d1 un Piu1,1.r1lli 11 C,tpO del su<'t Go,·erno. (,: que~to il punto. OMNIUUS
NELL' tSTATE del 1918 qual• tro ragazzi di fiume decisero di fare una gita per le campagne del litorale croato. Erano figli di borghesi, ragazzi educati; <'iò non ostante facevano la gita al solo ~copo di rubare quel che di mangiabile si poteva trovare negli orti e nei frutteti lungo il mare o un po' all'interno. I loro genitori non potevano che approvare il proposito di ,tar~cne lontani da casa per quasi una "-Cttimana. In casa c'era poco da man- ~iare: tutto era contato, misurato, pc- ,ato; tutto si riceveva con la tessera: duecento grammi di pane nero al ~iorno, per persona; poco più farina di frumento; la farina bianca non la si vedeva più dal principio della guerra : niente strutto, niente lardo, poco olio e così via. I ragazzi partirono portando con sé dei piccoli ~acchi quasi vuoti ; c'era dentro poca farina gialla e "aie per fare la polenta tutti i giorni. Al resto dovevano provvedere da sé. Pas~rono il ponte di Sus~ak che allora si attraversa,·a <.:enza te-.sera di ~orta e pre5ero la •.. lita nel punto detto Crimea, perché tutto un gruppo di case è stato co- "lruito coi soldi guada~nati da fornitori militari all'ceoca della guerra in Crimea; e furono ben presto in campagna. Avevano deciro di andare verso Buccari, ver.o Portori: e oltre. Se ci fo,-.c stato di che vivere volevano ragiz-1un'Z"ereSegna, un porto nei ~(orlac• rhi, che nei ~coli score.i serviva di ri. fu~io agli u,cocchi, pirati di quei mari che tanto filo dettero a torcere alle ga• lere vcne-.i:iane. I I porto è piccolo e le Alpi Dinariche nevose e brulle s'ergo• no alle ,ue spalle iniziando la catena l·he continua veno la Dalmazia. Camminando i loro c,,guardi correvano oltre i muretti confinanti vigne, orti e frutteti. Son era jJ cac.o di ric;chiar nulla con la luce del giorno, ma al calar della e.era a\·rcbbcro fatto i loro funerelli. Ogni caf,3 di contadini aveva il -.uo cane alla catena. ma in quell'e• poca anche i cani abbaiavano in wr· dina perché e.e non c'era da mangiare pci cri!-tiani 1 figurar,,i pei cani. I ragazzi parlavano tra loro e J'ar• tZOmrnto principale era la ~erra, ma anche questo dipendeva da un argo• mento ancor più importante: il man- ~fare. Pa,sando d'innanzi ad una piccola oqeri:\ sul margine della strada. uno dei ra~azz1 raccontò di C''-!iervi stato una domenica col 'ilio babbo. Avevano bevuto del vino e mangiato dcli ottimo pane; avendo desiderato ancora di quel pane ne avevano chiesto 1 ma l'O'ite -.i aa rifiutato di dame "e non bevevano altro vino. e E noi non potevamo mica ubriacaru per avcrC" dell'altro pane ». E al!'~iun~ che le "iie;araie, che pac.'3vano tutti i uiomi davanti a quell'osteria, pur di poter portare a ca,a un po' di pane e.i adattavano a bere un quarto t· un mezzo litro di vino. Il ragazzo che parlava era un tipo ma~ro, alto e vale la pena di de,criverc come ve,tjva: • "luoi pantaloni coni erano di ~toffa da -.oldato aw,triaco, di una tinta ct·le,tr ,biadita per la povert.a del te-.,;;uto. La ~iacchetta era di carta, carta ,;;pr,c.a, confezionata b<·ne, ma carta. ]nfatti quando pio\'eva doveva badare a riparar-i. Ai piedi portava dei sandali di legno, cht- quarido correva ,ul marciapiedi facevano molto bac ..ano. Anzi ,uo padre gli raccomandava <.f'm"lr<'di non correre per le ~cale di ca,;,a, per via dr) gran rumore, e quando u-.civano a~,;,ieme lo faceva camminare ,uI tratto di qrada non Ja,tricato. Jn qu,.I• l'<'ooca circolava la \·oce chf' un al·TO· plano italiano volando ,;,ulll· lint.·t" au- ,triache o su qualcuna delle città della costa aveva fatto cadere dei foglietti ,u cui era Mampato: c\'e,ti di carta, scarpe di legno, soldi di ferro, po\'ero Impero ::t e poi « Vesti di carta, soldi di ferro, scarpe di legno, po\·ero regno ». I ~oldi erano infatti di ferro, ma soltanto la moneta spicciola ; nera, lugu• bre, come certi volti di malati prossimi a morire. Le corone invece eran di carta: quelle da una. rosse. quelle da due, verdi. La vittoria sul Piave, i tedeschi accampati nell'interno della Francia, le vittorie sui rumeni, tutta la Serbw. in mano delle potenze centrali erano cose di nessuna importanza. Tutti scati• vamo ormai che la guerra era perduta. Anche i ragazzi s'erano nel frattempo smaliziati e non credevano più alle notizie dei giornali. La realtà si poteva vedere tutti i giorni. La e lllustnrte Geschichtc dqs Wtltkrieges » pubblica• va dei di~cgni dove gli italiani ..,i vedevano c.emprc con un aspetto di pezzenti, mal \'est i ti e ma~ri; gli austriaci invece tutti uomini grandi con certi scar• poni chiodati ai piedi che erano -.oltanto dovuti al parto delle fanta-.ie dei di- ~egnatori. Perché nel 1918 c'erano già dei soldati au,;tria::i che ,;i recavano ,calzi alla me..,,a della domenica ; e siccome marcia\'ano inouadrati li facC'van stare nelle file interne perché la e:ente non li vcdec.~c. Dopo Asiaito e dopo Caporetto 1 alcuni combattenti avevano avuto modo di mandare alle loro famh;lie delle tcarpc ma'?;nifichc ,;,ottratte ai depoc.iti dee:li italiani, connui<itati. La condu\ione era che Germania. Austria1 Cngheria avrebbero perduto la guerra. Le loro vittorie non valevano nulla perché dal punto di vi,ta economico a~solutamente inutili. l.in altro dei ra~avi, <'he aveva il padre ufficiale medico in una città della Croazia, sape"a che i soldati disertavano sempre in numero crescente. Anzi si parlava di intere compae-nic date~i alla macchia, armate di tutto punto, che si celavano nei 005chi della Sla\·onia e della Bo-.nia e specialmente in que'iti ultimi, vivendo alla maniera dei predoni. tae:lieggiando i villae:e:i e qualche volta le piccole città. Le autorità militari davano loro l.r caccia come potevano, m<.1p. er prenderli orifl'ionieri tutti c.arebbe ~tato nc..:cc.sario di"locare dei re~gimenti, che in quell'epoca da\• vero non ..,ipotevano adoperare per ,co. pi del genere. La vita di quc ..u. di\ertori chiamati gattoni verdi, perché ..,i cclav,ino nei boschi, non doveva ('<;<:.ere di,;:prez.zabilr. Badavano a non comhatterc e a man~iar bene. Era tutto ciò che volevano. I rn'{arLÌ. sebbene comtatac."ero lo sfaccio degli imperi centrali. non vedevano ocrò una ,oluzionr immediata della g-ucrra e pertanto conduc.cro che e.e fo,.<ie durata troppo e fo"~t \'Cnuto anche il loro turno di arruolar-,i, piut• tosto di combattere per l'Amtria \i ~arc·hbero dati alla macchia an< he loro. Era molto bello andarr per la. campagna.. che pr<'~rnta\'a ,emprc qualche po,,ibilità di nutrir,i. Certo che i din• torni di Fiume e· di Su,,ak non erano pìnvu1 nr" ad<1.ttÌ ad un c.imilr ~entre di vita; ma i ra'{ar,i ,i ripromtttf'vano di \·agalxmdJ.n· all'intrrno on> ,i poteva c.tar bene. Intanto bic.ognava accontrntar-.i di ~poi;i;liar qualdw fito l'm a non era ancora matura, di clic.,cpprlhn· patate o infì11c di rubar qualch(• g-allina. Che ,i pot<·va far di più? A ~na c;iunc.c·ro a San Co~mo c-h1•allora c-ra la orima c.ta1ionf" frrrm·iaria dopo Fiuml' ,ulla linra Z,tt'ahria-Budapt.·,t. Su,,ak in quc·I tt·mpo non HT\'a fcrrO\ia c.rbh1•nc i hinari p.1c.,a"rro rwl D ■ NIBUS PAGINA 3 <) mezzo della borgata: chi voleva viaggiar col treno dovc\'a partir dalla stazione di Fiume. San Cosmo è un villa~J:{Ctto,opra Buccari che da una ,;;pecie di pog{!io .;i può vedere con la sua baia in forma di vasca 1 circondata dai monti fitti di vigneti lungo il mare, pietro::.i, bruciati dal 5(.)Jepiù in alto. S'accamparono a ridosso di un muret• to che circondava un orto e accesero un focherello per bollire la polenta. Di notte avrebbero cominciato a girellare pei campi e ad entra.re negli orti a vi- ,;;itare qualche pollaio. Nulla di ,;;traor• dina rio in fondo: non erano forse gli ~partani ad educare i lvro figFoli 1 spc cie quelli de-.tinati alla guerra, con questo genere di vita? Ecco, di giorno a dormire, di notte a rubare. Co~ì ,gli abitanti di quei luo• ~hi non si sarebbero accorti di loro. Mangiata la polenta s'incamminarono furtl\·i e lcg'{cri vcr,o il vallone di Buecari ; c.u uno dei fianchi - col chiaro l'avevano o~c.ervato poco prima - ci do\'cva e,serc un frutteto un po' lontano dall'abitato. Ivi c'era indubbiamente roba per riempire i c.acchetti e succc~r;.ivamcnte lo stomaco. \'i giunsero in breve e ~altarono il muretto, uno dietro all'altro, ,ottili come fantac.m.i. ~[a sull'erba. accanto ad un fico <:.edeva un uomo e fumava un si'{aro. Dall'odore .!iicapiva che era fatto di pese.imo tabac• co .. \llora non erano poche le perwne che fumavano erba e foglie di lauro o di rovo, e che non avendo carta fina, anche introvabile in quegli anni di,gra• ziati 1 ,'acr:ontenta\'a a volte di carta da giornale. L'uomo li apostrofò in croato ed essi gli risomcro nella ,tes,a lingua, ma lui capì dalla loro pronuncia che erano italiani e parlò italiano anche lui. I ra- '{ani non ~li fecero alcuna impre,- ,ione; sapeva che eran venuti a ~po- ~liargli il frutteto, bastava guardare i ~acchetti che in tutta fretta a\'evan fatto cadere a terra. Lui u~ava trascorrere le notti ,erene di luglio ,;draiato sull'erba, timoroso appunto che qualcuno dei soldati di guarnigione a Buccari o nei luoghetti vicini venis~e a portargli via i suoi fichi o la ::.ua uva. Ades,;o in\'cce eran capitati questi quattro monelli. Pensò che poteva chiaahierare con loro. Erano figli di gente migliore, dunque intclligenti 1 colti. Egli a,·cva molto da dire. Disse an• zitutto che a\'rebbe dato loro un po' dei suoi fichi1 che quell'anno cran venull lx-ne, dolci, grandi e precoci. I ra• gaui di~scro che e beato lui • che po• teva mangiarne e che in città si stava male. Ben presto si parlò della guerra. L'uomo v'era stato due anni, in Galizia; fcnto, lo a\'Cvano mandato a casa; non .ippcna guarito del tutto doveva ritor• nar ndl'e"erciro. « ~1a prima eh' io dt·bba ritornarvi la guerra ~arà finita ::t. e Dav\'ero? • éhicsero i ra&azzi. « Proprio co~ì. L'Austria e in malora t' la Germania peggio. Del resto ,uccedono delle cose che la maggior p.utc della gente non sa. Quest'inverno per e-.cmpio è successo proprio qui, in que.:.ta baia, un fatto che dimostra come gli italiani si sentano ormai sicuri di vincere e non temano più le navi del. l'Austria». E raccontò che una notte dei primi giorni di febbraio, il dicci o l'undici non ricordava bene, ritornando dall'ostcria 1 aveva assistito ad uno .!.pettacolo da non credere. La notte era ::.erena, chiara, fredda, e lui s'avviava su per una stradetta verso ca~a (la sua ca'ìa era un po' lontana dal borghetto) quando vide due "itrane navi, piccole, senza fumaiolo, affiancate, nel mezzo della baia. 1 n fondo alla rada, non molto lontani dalla riva, erano attraccari dei piroscafi da carico, di quelli requisiti per scopi militari1 dipinti in un color verde terroso ,udicio. Gli ci era voluto poco per ca~ pire che le navicelle eran due siluranti italiane, che altro non potevano essere. Ed era ~tato a vedere ,con timore per• ché temeva qualche detonazione assai forte. Vide infatti partire i c.iluri ad uno ad uno. Ed uno solo colpì ed e• splose. Fu un fracasso d'inferno. Il rombo ::.vegliò tutti, le navicelle partirono veloci, il piro,cafo affondò, non completamente essendo poco profondo il mare in quel punto. Dalle batterie di l'ortorè partirono dei colpi, ma sparavano in alto pen-.ando ad un'incur ..ione aer<'a .« e garantito:., agg:iume, « che gli italiani poterono rientrare alla loro ba,;:e. Ec.<.:hi anno costruito queste navi leuo-ere e rapide che pescano poco e non temono le mine. I nostri ufficiali mer• cantili invece quando debbono pas,are i canali per recarsi a Pola o in Dalmazia, si fanno venire i capelli bianchi dall'orgasmo di incappare in qualche torpedine me•'-.:'\ dalla nostra marina ». I rae-azzi si meravigliarono del rac• conto e ne dubitarono. e Anche qui », replicò l'uomo, « sr ne parlò ass.."'lipoco. Si diso,e che il piroscafo era affondato per uno scoppio alle caldaie. Sebbene tutto l'equipag~io e il personale di macchina e.i trovasse a terra. Poi il piroscafo fu rimesso quasi a galla e rimorchiato ai cantieri di Portorè ::t. Raccontò ancora altri episodi e ,;cmpre conclude\·a che la fine della guerra era prossima, ciò che rincuorava i ragazzi. Si ebbero dei fichi, che man~iarono e nei giorni teguenti ruba~-chia• rono ancora per le campae:ne circostanti. Ritornando in città dcci,;;cro di non far parola con ne-.suno del racconto inte~o nel vallone di Buccari perché se la notizia era falc.a si correva qualche ri- ~chio, ma ~e era vera, per averla propalata i ri'ìchi aumentavano. :-.:on pac.c.arono <:.eimesi ocrò che la noti1ia fu confermata a Fiume, ove tutto -.i -.eppe della beffa di Buccari. i\el frattempo la guerra era finita e gli italiani avevano oc.:upato anche quelle tC'rrt' che facevano parte della terza zona d'occupazione. ENRICO MOROVICH Adamo ed Eva in parlamento ua 1111m IDil<]l&WJUl&(B~& (RA.CCONTO) !\ VITA di Pesarino, medico condouo ad Abbatc, era piena di preoc• cupazioni e d1 gua,: prima di tutto ~.o~,:r,::~;~';, c;t :,~:, "J ;;::;: iroppo poco bravo, d1 confondersi ancora d1 più colla clientela e d'essere sfortunato: quando gli capitava di curare un ammalato grave, pcnsa\'a che questi, per il solo fatto d'essersi rivolto a lui, do\'esse morire. Teme,,a, quindi, le complicazioni colla famiglia e colla giustizia, di,enta\'a ansioso, cambiava colore Inoltre a,·eva avuto la disgrazia di a,·er a che fare con un medico ri,·ale che peggiore non si sareb~ potuto immaginare: costui tentava non solo di togliergli quel poco di clientela privata che ave,·a, ma di cacciarlo addirittura dal posto. E poiché avc,·a aderenze al Comune e alla Esattoria, briga,a perché ritardassero pel nemico, il più che era possibile, la paga dello s11pendio. Di modo che Pesarino ue\'a, tra il resto, anche il dispiacere di non a\'er mai soldi sufficienti in casa pe1 suoi bisogni; e tanto più sa amareggia,a quanto più sapeva che ~li ostacoli che incontra,·a deriva,ano in gran parte dal collega. Si sfoga,·a, perciò, parlando male di lui con tutti, con il primo che gli da,·a ascolto: acquistandosi, cosl, anche la fama di cattiva lingua: poiché, pel paese, non era proprio possibile che il collega an'crsario fosse dav- \'ero cosl rustico, ignorante e feroce come il dot1or Pesarino a,rebbc voluto insinuare. Pensando egli, inoltre, di poter porre rimedio a tani! mal,, collo sposare una donna di buona famiglia, con dote, che lo a,·esse potu10 SO!lenere sia colle rel11zioniche col capitale, aveva de<:isodi fare il passo. Scelse la donna e sposò. Carolina era da\\·uo simpatica e virtuosa: sape,-a fare tutto m cas:11n,on aveva bisogno di ser\'&; però, illu511s1fin da principio sul conto del marito, pretendna da lui mari e monti: \'Oleva arricchirsi, cioè, coi guadagni di lui e diventare la prima signora del paese; senza pensare, fra l'altro, che i tempi erano tristi e il popolo, da cui si sareb~ro dovuti decrarre i soldi, po,ero e avvilito. Lo stimolava, perciò, con ogni mezzo: ora apertamente. ora con su.1u:terimen1aistuti, ora con parole di chiaro disprezzo. In quel 1empo Pesarino a,eva a,·uto, per giun1a, una causa incresciosa: un cliente, so• billato dal collega, lo a,·c"a citato in giudizio, per danni colposi sulla persona, a cagione di una cura sbagliala. C'erano scati avvocati dall'una e dall'altra parte; sì erano 1irarc le cose per le lunghe; e, infine, Pcsarino era stato assoho per insufficienza di prove, avendo fatto di tutto i giudici per condannarlo. Per questo Pesarino, amareggiato, av"ilito, istupidito anzi, aveva cercato di cambiare condotta, preSS'Oqual..:he altro paese, posai bilmente lontano: H\"e\·avoluto essere furbo, e scelse, per il concorso. il paesello di Orsa, ai confini della regione, unico paese tra i tanti in cui la condotta era unica, ed in cui, a quanto gli risultava dalle informazioni, non vi era la probabili1à, per il momento, di ncs• sun altro concorrente privato. Fortunatamemc vinse il concorso. Avrebbe dovuto prendere servizio all'inizio del nuo,·o mese: mancavano ancora dicci giorni. Pesarino, che non \ede\a l'ora di scappare, fece la roba di furia e, prima di trovar casa, parti colla moglie per la nuo\'a sede: allog• suarono ali 'albergo. Il paese era piccolo: si presen1av11bene: belle s1rade, pulite, luce eletcrica, fontana in piazza e monumento, alberi per ornamento: passeggia\'ano i due sposi e il "ento leggero li sospinge,·n. Guarda com 'è bello! Guarda che panorama! Che cielo! Che azzurro! Che aria! , dicc"a Pcsanno alla moglie. ).la siamo, sempre, lontani dal nostro paese, do,e abbiamo i parenti•, rimpian((eva la moglie. Cosa t'importa dei parenci? Ti hanno aiutato quando a1·e\·i bisogno? O sci stata tu ad aiutarli? rispondc\'a il marito. Noi non abbiamo a,·uto bisogno di loro. Se no, ci avrebbero aiu1ato ,, obbietla\·a Carolina. Ma la gente non la consideri? insisteva Pesarino. :\1a\c abicuata! Non per colpa mìal Non si sape'"a cosa pretendesse! !\Ientrc questa qui! Guarda 1 Com'è educata! Come ululano! Gente per bene! La maigior parte carbona,, ma non sembrerebbe!•. Facevano quindi proge1t1 per l'a\·\·cnirc ed erano lieti: pareva che dttn·ero crcdusero foncro capi1ati in un altro mondo. Fnl l'al. tro, Pcsarino dice\'a: Questi du~ci giorni di vacanza mc li godrò danero1 Non andrò a far \'isitc per nessuna ragione! Ho l'obbligo, forSc? Il scn 1zio incomincia, egregi signori, 11 pnmo del mese!•. Cosi dcclama\·a Pesarmo, soddisfacto dei propositi e ,-ano, come se con ciò si fosse dimostrato il'suo ,·alore. Ancora non a\evano tro,ato casa, dormi- ,·ano la notte abbracciati sul letto della stanza d'albergo, dove solo un vecchio armadio, dal cristallo rotto, faceva nell'oscurità una strana luce; con il tavolino ingombro di valigie cd i comodini occupati dalle bottiglie dell'acqua: mentre le pareti nude e bianche da\-ano senso di freoddoe di squallore. Erano, una mat1ina, svegli, nel letto, pi• gri ad alzarsi, quando una forte bussata rintronò nella stanza: Chi sarà? diS<;e'!Ottovocc Peurino: più tardi gli pan e dt aver a\·uto allora un tri!'.te pre!tentimento. :\la la moji'lie assonnata non rispose. La bu'lc.aca continuò rapida ed in!oolen1c Chi P domandò Pcsarinf). S\'cgliatevi~ C'è gente che \i \UOle! Ditemi chi 'ìono! C'è un bimbo che Sta morendo qui ,icino! Alzate,,, per carità• Ha bisogno dcll'in,ezione! Vengono sempre. all'ultimo momen10! , disse Pesarmo; ma non 11ssicuròche si sarebbe alzato: pure quelli di fuori in1e<.:croil rumo• re che si fa quando uno si ab.a. il cigolio del letto, la sedia spostata, le scarpe che lontano; e non parlarono più Si -.ent1va, da didentro, la loro presenza irritante, die1ro la porta: oi{n1tanto qualche passo strisciato. Che volete da me? domandò Pesarino, appena alzato cd uscito sul corridoio: era ,1anco e tris1e, coi capelli radi cd appiccicati sul cranio: gli occhiali Rii cade\'ano sul naso; il plSSOera lento e timoroso. Cn vestito di altri tempi, un po' stret10, ma decoroso, d, colore nero. copn\'a il suo corpo e sembra"a un'uniforme Cosa. H>le1cche vi faccia? insistf Pesarino: ma la sua \·oce non era quella di chi domanda e s, fa rispettare: era uanca e fie~ bile: e rivelava la preoccupazione di lui, 1I fastidio e il dubbio. Ecco che la vita lo prcnde,a di nuovo, senza dargli requie, nel suo giro: ecco che egli, malvolentieri, ma necessariamente, era costretto a prestare la sua inutile opera; a mostrart' di sapere quanto non sape\'a, a fingere, a parlare, a rassicurare! ì\1enue sarebbe rimasto cosl bene ncll'oz10 d, quei giorni di \'acanza, se nessuno fosse venuto a molestarlo: e chi aa per quale CASO j!;ra\el Ailrimenti, chi ancbbc pensato di chiamarlo, da poco cempo solo arrhato, da due o ire giorni appena, e che nessuno lo conosceva> Guardò m faccia la persona rima'ìta ad al• tenderlo: era un uorno alto, gu,llo, 'lporco: un cappellaccio gli coprh·a un occhio: era il padre del bambino ammalato. E non venite dunque?• domandò l'uomo: si irrita\'a di attenderlo. Sl, vengo. Dov'è la casa?•· Vicino. Fuori del poesc, ma \'icino Arrivarono dinanzi ad una catapecchi<1,coi muri di fango, ricoputi in parte di_calu.:. la porta sgangherata, il tetto affumicato e caden1e: una sola stanza, dcn1ro, con il letto grande cd il focolare in un canto. l'na finestra, chiusa, da"a dietro su un orlo cht" do• vc\'a appartenere alla casa o era stato dato in affitto all'uomo per la cohi\'atione. • Vediamo il bambino, \ediamo . disse Pesarino; e si avvicinò davanti a una donna magra che cullava il bimbo tra le. braccia; altre donne compar\'Cro, curiose, nella stanza. Lo ha preso la febbre, guardate che colore! Che dite? Come faccio?• si lamentò la donna. Aspettate! Lasciate che vt'da'. ri<1pose il douorc: tastò la pancina, toccò 1I polso, gli fece aprire la bocca, misurò la febbre: non aveva capito niente. :\la disse: lo penso che sia influenza. Il polso ~ forte. l\"on c'è pericolo. Ma ~ meglio fare l'iniezione di siero contro la difterite. Non si sa mai' Xon ,·i pare?• disse, rivolgendosi al padre. L'uomo, torvo, non rispose. Oppure aspett1amo a più tardi. Se s'aggrava, manda1emi a chiamare. Se no, tene• telo al caldo, latte, solo latte e due pillole di chinino,•, prepose; e face\'a per andarsene. E l'iniezione non gliela fate? prci;!:Òla madre. Non ci sarebbe bisogno; ma, poiché \"O• lete. si può anche ten1arc •. Fece la ricetca'. la diede all'uomo, il qual1;:usci mencre egh aspetlava. Cuarda,•a il bambino di\'en1arc sempre più scuro in faccia, con un principio di soffocamento: non ebbe più dubbio che l'iniezione fosse necessaria, Ogni tanco, per far qualcosa, s'av,·icina,·a al bambino, gli tocca,·a il polso. lo guarda,·a: siccome piangeva, si tolse dal taschino l'orolog,o e glielo ciondolò sul viso, pcrcht si dinrtisse. t\la il bambino, sofferente, non s'accorgeva. Ritornò l'uomo e portò la fialetta: il Jottore la guardò contro luce, la ruppe colla se~hetta, la preparò nella siringa: prese il cotone, stro~ finò la pelle. Jl bambino pianse più forte. Se ci sono no,·ità, venite a chiamarmi, benché non abbia ripreso servizio•• disse Pcsarino, e se ne andò. Il padre, stordito, non lo accompagnò, nemmeno per un tratto, Le donne, nella stanza, si misero a commcn• tare e a ciarlare. Accadde che, a m1 impro\ 1viso aggnl\,amento del male, il padre, diffidente. chiamò, di nascosto, uno studente che dove,·a laurearsi in quell'anno: ma tutti lo chiama\"ano dottore, ed egli s.cri\·eva ricecte: e questi lo sobillò per bene contro Pesarino· Ha _sbagliato la dose! Ci vole,·ano dieci ~ramm1 1n più! Pensate: lo hanno caccialo perfino dal suo paese!•. . Di modo che quando, la sera tardi, il padre, per un'ultima speranza, chiamò di nuo,·o ~ae;;;~:~; ;~~: irrs: 3 ':o~o;~r~ale: :~~Jlfiu:~o~ lo ammazzo di legnate•, disse: e la mo~he, disperata, rispose gridando ai San1t e piangendo. Venne di nuovo Pesarino, ed entrò: il lume a petrolio i_llumina,·a a stento un lato della stanza: 11 disordine e la confusione a\'~\'ano preso il sopra\,·ento: il letto era d1'1fat10. panm erano giacenti per terra: le \icme e le comari in giro per la ttanza, spaventate, <;t:mbravano un segno di malaui:cuno. C n tanfo acre e spiac,e\·olc evaporava e salh-a alle nari. Il bambino era ormai agonizzante. Si può tentare con un'altra iniezione•, disse 1\ dottore; il padre non rispose, ma ,'inquu.:ti dentro di sé: ogni cosa lo urtava. \'ed1amo, non si sa mai! insisté Pesarino; e arditamente foce la puntura. .\1.a, in quell'istante, il bambino morl: ttese le gambe e dn entò sempre più imn_\obile: 'poi il viso s"oscurò ancora, li\'ido e d,-.fano. Successe una confusione nella ,tanza: la madre si sciolse i capelli e si mise Ad url.1.re· si dibatte."• come un'ossessa: non an~,a mai pensato che il figlio potesse davvero morire. che la morte fosse dav,·ero quella che era Le comari, addosso a lei, le stntppa\·ano il bambino di mano. Ella, stanca, lasciava <ilart' e s'abbandonava pian~endo. Il padre, infociato, staccò i Santi dalle pareti, sputò e li sbaué per terra: senzn una lagrima, ((\tardava, fi~!IOe frenetico. Do\•~ il bambino? DoY't? dice,a. S'accorse che il dottore era uscito e, "·<'lto, se ne andava: era. a due pas$i da lui, nell,1 strada solitaria. col cappello nero, col c.1.ppotto <.:tintopiuttosto corto. Rapido e fremente, si chinò per terra, raccattò una ~rM'!a pietra; diritta e potente, come un martello, jl'liela scagliò sul pO\'cro capo. MARIO LA CAVA .I <•ti II isl fil,~: SPAGNA IN FIAMME con 130 fotografie Il più ampio e impressionante documentario fotografico sui casi di Spagna di questi ultimi annt L. 4 IN OGNIEDICOLA
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