' 24 APlutE 19)7-XV O ■ N I B-U S ' C::H:E NON C'È vori ncs~uno Gli dfruivi della mano d'opera in~cri~• indicano attualmente 1_5.877opera;, dei quali 'l75.5 adibiti al nuovo Tro<:adero, 930 al Mu~co dell'Arte \.fodcrna del Quai dc Tokio, 7392 agli altri cantieri di costruzione, 866 alle in-.tallazioni elettriche e idrau• lithe, 236 ai lavori &tradali, 365 alle nuove r,ta-zioni della Metropolitana e :2333 ai padiglioni esteri. Ma gli operai dei padiglioni esteri sono generalmente ~tranicri e sono i <,oli'thc non battano la fiacca, come può provare lo stato attuale dei padiglioni del Belgio, del• la Gennania e dell'Italia, i soli già compiuti. In quanto al gro,so del• l' Esposizione, per rimettet'5i in Pari, una diecina di migliaia di operai di rinforLo non sarebbero troppi, '-C calcoliamo che il ~abato inglese, il ripo~o domenicale e gli scioperi di protesta contro l'impiego di braccia non iscritt~ alla Confederazione hanno fatto per• dcre ~in qui non meno di seicento mila ore di lavoro! Ma, ,:;e per le opere grosse Jouhaux può pescare a piaci• mento nei quadri del suo sodalizio, in• groso;ati dopo il maggio scono da centinaia di migliaia di paria nordafricani e naturalizzati, l'incetta degli specialisti non è facile, e in taluni mo• menti la penuria di ebanisti, di stuccatori, di carpentieri e di elettricisti, deplorata da molte imprese, ha reso evidente il carattere esoso dell'ostracismo inAitto dal padreterno del sinda• calisrno social•comunista ai membri dei sindacati liberi, i quali, manco a farlo apposta, comprendono non di rado gli arti~iani più scelti. -.econdo Blum, non 'rOltarito una fc-. sta del lavoro, ma un'olimpiade del~ l'antifascismo mondiale. Che ci ,arà di pronto quel giorno? Probabilmente tre o quattro padi~lioni stranieri. Non è nemme-no escluso che, fatta, a ~uon di trombe, l'inaugura1ionc ufficiale, l'ammis\ione dei vi~iLttori venga rin• viata a più tardi. Sebbene, infatti, per far pre~to, <ti.. ia rinunziato su larga ,cala alla CO!<ltruzionein cemento ricorren. do con abbondanza al lc~uame co~a la quale, fra parentco;i, eo;pone gli edifici a gravi pericoli d'incendio - è chiaro che non si potrà off rin· all'ammirazione dei popoli una città di tela e di cartone, ancora ingombra di cal• cinacci, di traver:,ine e di rotoli di fil di ferro, dove gli espo,itori non avranno ancora avuto agio di disporrr la merce. L'intero maggio pas<.erà così senza che l'Esposb:ione sia pronta, e foNe buona parte del giugno. Ora l'e• state a Parigi dura poco : spesso in a• go:ito cominciano i temporali, e l'au• tunno (è cosa nota) è immancabilmente infame. Che resta, di tempo utile per trar partito di uno sfort.O finanziario che, senza grande e,agrrazione, è stato valutato prossimo al miliardo di franchi? Sette od otto settimane in tutto. E si contava su sei mesi! Parigi, aprile. 1ì "SPOSIZIO:s/E di Pa,i~i, del, la quale Leone Blum prl·tcnde far'-' ad ogni ro,to urùrnpr('.,a proletaria, arra d' antifa\ci,mo, con emblemi {' drappi ro,,i, fu voluta dal ~abinctto Doumcrgue e approvata da un con<.iglio municipale comcrvatorc. I con\iglil'fi municipali di sini\tra 1 a ,uo t.rmpo, votarono contro, come avevano vot::ito C"ontro l'E,posizione Coloniale del 1930. Per la cronaca, è bene che quc,10 ~ia detto. La ,;ola c0<,a che il ~abinetto Blum abbia fatta per l'Espos1vo,1e ddl'Arte e della Tec,1ica nella Vita .\lodcrrrn è o~tacolarnt: la realizzazione mcrcè le lotte ,odali promm\c o alimentatè dal proprio avvento. Sino alla primavera \COr<,a, la paura <l.t·lla g:uc, ra c.:ra t;.,Jc, che all'Esposizione nc~,uno ,·olc, a credere. Se ne parlava come di un IX'l mito destinato a_ wanin.· ,ul pili bello, e chi doveva tirar fuori i qu,1ttrini faceva il possibile per mandar le cose in lungo. Soltanto il 15 maggio del 1936 fu dato al Pre- ,idcntc della Repubblica fare una prima vi,ita ai cantiL·ri principali. Ma non ci vide "e non palizzate e qualche lavoro di sterro. Quel che diede ai lavori la p1ima spinta fu l'aver constatato chiu~a senza catastrofi la crisi della rimilìtariuazionc renana e l'aver sentito Eden dichiarare ai Comuni che in ca~o di aggres'ìione tedesca l'Inghilterra \~rcbbe a fi~i:ico della Francia. Lo scoppio della crisi spagnuola tenne di nuovo piccone e cazzuola in sospeso: la prospettiva di un conAitto generale togli~- va agli appaltatori la convinzione necessaria. Ma il fronte popolare aveva bisogno di lenire la disoccupazione, una certa somma di milioni bisognava spenderla ugualmente in lavori pubb_lici quali che fossero, e una Esposiz10ne non era forse _il mezzo migliore per rianimare l'attività economica e attirare in pacs.e un po' di divise estere? l lavori vennero quindi ripresi alacre• mente, per riguadagnare il tempo per• duto, e sulle due rive della Scnn.t, dal ponte Alessandro all'hola dei Cigni, biancheggiarono le prime ossature di cemento. Senonché, dominata dai par• titi al potere, l'Esposizione doveva di• ventare in breve il teatro di un esperimento politico che i suoi primi banditori non avevano di certo previsto: l'arruolamento fort.ato degli operai nella Confederazione Generale del Lavoro. Le leggi del , 884 e del , 920 acco,- davano all'operaio francese il diritto ..i.ndacale, in abrogazione della legge rivoluzionaria del 1791: ma unitamente alla libertà di federarsi in sindacato c-,;se '-ancivano la sua facoltà di non federarsi, escludendo il sindacato uni• co obbligatorio. La libertà individuale era, insomma, sinora sopravvissuta al ~indacalismo. Con l'avvento del fronte- popolare, la Confederazione Generale del Lavoro dec~e di porre tennine, nella misura del possibile, a un simile 'itato di cose e di far trionfare il principio del sindacato unico. In mano a Leone Jouhaux, l'Esposizione si rivelò uno strumento di pressione poJi. tic a incomparabile. e Volete trovar lavoro nei cantieri? Inscrivetevi alla Confederazione». In tempo di crisi, l'ar, !:?:Omento non ammetteva scampo. Le destre protestarono, proclamando vio• lata la libertà del lavoro. Ma il 16 febbraio 1937 una circolare del Commis• ,ario Generale Labbé ingiunse, in no• me del governo, agli imprenditori di non a\sumcre altra mano d'o1?era fuor• ché quella offerta loro dagli uffici di <"ollocamento della Confederazione cioè quella tesserata, e ogni prote~t~ fu inutile. « So benissimo che la mia drci,ione è illegale>, dichiarò il Segretario generale della Pre\iden7a del Con<tiglio, Moch, ai datori di lavoro accorsi a esprimergli le loro doglianze : « rna tant'è: i vostri reclami non scr- ,·ono a niente». Il gabinetto Blum ha operato qui, nd più individualista e indisciplinato dei paesi d'Europa, una vera rivolu7ione. Dopo la fusione dei suoi effettivi \OC-ialisti con gli effettivi comuni<tti, I' invtstitura ufficiale del monopolio drl lavoro conferisce alla Confedera, 1.ione Generale un'autorità inconteo;ta• 1,, e una posizione d'arbitro alla quale ne~suno in Francia, né operaio né pa• drone, potrà più sottrar'ii. Il regime liberale della domanda e dell'offerta è finito. Siamo, anche in Francia, al '>in• dacali<;mo totalitario. Nulla, comun• que 1 sarebbe più errato del supporre che una qualche analogia possa esiste• re fra il ~indacalismo tipo Jouhaux e il sindacalismo fascista. li sindacali~m'> fascista trova il suo limite nelle capacità dell'economia generale del pac~e ed e~ercita una funzione equilibratrice fra i biwgni della mano d'opera e i mezzi del datore di lavoro: il ,.indaca• li~mo deJla Co,:fédération Génhal~ du T ravail non si occupa delle capacità dell'economia nazionale e delle condizioni del mercato, anzi prescinde dcli• bcratamente da e"se per a'itrani in un clima economico ideale· tutto "uo, co• me all'interno di una campana pneumatica. Quali le conseguenze? Prima dj tutte, quella, importantissima, che, nell'intento di mantenere tale clima artificiale, nulla, o quasi nulla es~ fa per lenire la disoccupazione, obbiettivo ma,\imo del ,indaca\i.;;mo fascista. Il sindacali\mo fascista abba,1-a le merC'edi per impiegare un maggior numero di operai j il \Ìndacali,;mo di Jouhaux o~tacola l'impiego di un ma~gior numt.•ro di operai per non abba,.\are le mercedi. Ne ri,:;;ulta il guaio già venti volte deplorato dalle ditte imprenditrici dei lavori dcll'Espo~izione: che le I abbrichc non progrediscono con la celerità voluta, gli operai impiegativi non e,,cndo in numero sufficiente, ma che nello stesso tempo i cantieri diven• tano il feudo di un certo numero di privilegiati fomiti di paghe altis,:;;ime e decisi a far durare i lavori il più a lungo possibile mcrcè ogni sorta di o.nruzionismo, mentre fuo1i dei cantieri migliaia di altri operai, o perché non inscritti alla Confederazione Generale del Lavoro o perché non forniti di uno stato di servizio politico abbastan.-.a. brillante, ~i vedono obbligati a incrociare le braccia. Da un lato, di• soccupati al cento per cento, costretti a stringersi la cintola, dall'altro beniamini del partito che arricciano il naso d::lVanti a paghe di 138 franchi per una sola notte di lavoro! Con questo non voglio, beninteso, pretendere che all'Esposizione non la• Intanto il tempo passa: la data sim• bolica dell'inaugurazione, il primo mag• gio1 ha dovuto essere prorogata; ed eccoci a solo un m~e dal ventitrè maggio> nuova data stabilita per l'inaugurazione di quella che dovrebbe essere, Stringi e stringi, la piega delle cose è talr, che il timore cli un fiasco, almeno finanziario, non sembra eccessivo. Nella nostra Europa nevrastenica e bardata di ferro, un convegno pacifico di nazioni intorno alle are fiorite di Mercurio e di Apollo appare quasi incredibile cd arieggia una sfida al buon senso. Se la Francia, a dispetto della sua febbre interna, riuscirà a fame una realtà, potremo anche dire che ogni speranza nel domani del mondo non è ancora perduta. CONCETTO PETTINATO I due turisti: • Non avete altro da esporre?• (disegno di M. Maccari). XXI APRILE Mussolini e Treitschke IL 3 APRILE 1921, in un discorso ai Fascisti dell'Emilia e della Romagna, adunati nel Teatro Comunale di Bo- ' logna, Mussolini annunziò che avrebbe fatto del 21 aprile la Festa del Lavoro e della Nazione. • Sono lieto di annun• ziarvi •, così Egli disse, • che abbiamo già pensato alla giornata fascista: noi, Fa• scisti, avremo il Natale di Roma il 2l aprile. In quel giorno, nel segno di Roma eterna, nel segno di quella città che ha dato due civiltà al mondo e darà la terza, noi ci ricOnosceremo, e le legioni sfilc• ranno col nostro ordine, che non è mili• taresco e nemmeno tedesco, ma semp(i. cemente romano». D& allora, in quel giorno, ogni anno, il Fascismo si rac• coglie per celebrare, ad un tempo, il Na• tale di Roma e la Festa del lavoro italiano. Treitschke vide in questa coscienza, che le nazioni latine serbano della loro discendenza da Roma, una forza• satanica», incomprensibile per un tedesco. Sarebbe difficile gmstificarc o anche soltanto spiegare l'aggettivo. Vero è solo questo: che nella continuità della nostra storia, della nostra civiltà, dei nostri ideali è una delle più grandi forze morali della nostra stirpe. Nei giorni della fortuna avversa, noi non abbiamo mai disperato: perché Roma ci insegnava a non disperare. E nei giorni della buona fortuna, nei giorni di sue• cesso e di trionfo, noi non abbiamo vo. luto stravincere, né ci siamo insuperbiti: perché da Roma abbiamo appreso ad os• servare in ogni cosa la misura. Noi non possiamo e non dobbiamo dimenticare che siamo i discendenti di co• loro che, per secoli e secoli prima di noi, nacquero e vissero e morirono su questa stessa terra su cui noi, oggi, viviamo. Noi non dobbiamo dimenticare che coltiviamo la stessa terra coltivata dai nostri avi, e che abitiamo in città illustri le quali hanno avuto una grande importanza nella storia dello spirito umano. Questa discendenza è nella continuità del sangue e della razza; ma ancor più profondamente è impressa nella continuità degli ideali e del carattere. Gli ideali di Roma sono gli ideali degli Italiani d'oggi. La suprema passione del cittadino di Roma - la grandezza dello Stato - è la passione dell'Italiano di Mussolini. Questa continuità, appunto, pose energicamente in rilievo il Duce, in un discorso che pronunziò appena un anno dopo l'annunzio fatto ai Fascisti dell'Emilia e della Romagna. • Celebrare il Natale di Rolna », Egli disse, • significa celebrare il nostro tipo di civiltà, significa esaltare la nostra storia e la nostra razza, signi• fica poggiare fermamente sul passato per meglio slanciarsi verso l'avvenire ... Roma è il nostro punto di partenza, è il nostro simbolo, o, se si vuole, il nostro mito ... L'Italia è stata romana per la prima volta dopo quindici secoli, nella guerra e nella vittoria; deve essere - ora - romana nella pace; e questa romanità rinnovata e rm• novantesi ha questi nomi: Disciplina e Lavoro•. Queste parole si potrebbero ripetere oggi, a distanza di sedici anni, immurate. L'Italia ha avuto ancora una volta oc• casionc di essere 11 romana•: in una nuova guerra e in una nuova vittoria. Or fo un anno, in questi giorni, noi eravamo in istato di assedio. Più di cinquanta nazioni avevano giurato la nostra perdita. Anche questa prova è passata. E possiamo, an• cora una volta ripetere la parola del Duce del 1922: • L'Italia ... è stata romana nella guerra e nella vittoria; deve essere - ora - romana nella pace •. L'incontro di Venezia DA QUALCHE mese la stampa in• ternazionale dedica all'Austria una partìcolare attenzione. Due fatti avrebbero, secondo alcuni giornali, creato una situazione nuova nell'Europa danubiana e balcanica: la presa di posizione da parte del Governo italiano di fronte alla questione della restaurazione degli Absburgo e la conclusione dell'ac• cordo nalo-jugoslavo. Ciascuno di questi due fatti ha avuto una serie dt conseguen7.e. t stato, forse, una conseguenza del primo il tentativo che ha fatto la Cecoslovacchia d1 rafforzare i suoi rapporti con l'Austria: tentativo per il quale il Presidente del Consiglio cecoslovacco, Milan Hodza, ha an• che fatto, recentemente, un viaggio a Vienna. Altra e più sintomatica conseguenza è stato il tentativo della Francia di accaparrarsi l'Austria. •Ma la Francia~, rileva la rivista Relazio,1i i11ternazio11ali, 11 non può dare alcuna particolare garanzia per la difesa del!' Austria. Essa ha tentato in passato di scaricare sull'ftalia il peso di questa difesa attiva, ma non ha mai mostrato di volere essa stessa assumersela con attitudini (sic) o impegni diretti•. Delle conseguenze dell'accordo italo• jugoslavo, che, per altro, sono ancora in pieno sviluppo, non è qui il caso di di. scorrere. Rileviamo solo dall'una parte che lo stato di tensione fra l'Ungheria e la Jugoslavia è in gran parte eliminato e i rapporti fra i due paesi sono notevolmente migliorati; dall'altra parte che sembra sia spianata la via ad un riavvicinamento italo-rumeno. Questi, in pochissime parole, gli ultimi mutamenti intervenuti nel panorama po• litico danubiano. Essi si riassumono, in sostanza, nella tendenza generale a un avvicinamento del gruppo degli Stati firmatari dei Protocolli di Roma ~ della Piccola Intesa. Resta fuori di questo mo• vimento la Cecoslovacchia. Su tutto questo antefatto si innesta l'avvenimento ultimo: l'incontro Mussolini• Schuschnigg. Appena esso fu annunziato, qualche giornale straniero volle metterlo in relazione con la presa di posizione del Governo di Roma di fronte al problema absburgico: ossia disse o fece intendere che il Cancelliere Schuschnigg sarebbe venuto in Italia per protestare contro quella che si definiva la nuova• politica italiana. Nulla di più arb;trafio e di più gratuito d1 siffatte interpretazioni. Si può con cer• tezza affermare che i rapporti fra l'Italia e l'Austria non sono affatto mutati e non muteranno. l Protocolli di Roma, in quanto riconoscono l'indipendenza poli• tica dell'Austria, la sua integrità territoriale e i suoi bisogni economici, rispondono agli interessi permanenti di quel paese. Essi sono perciò, oggi, quel che erano ieri: la base dei rapporti fra l'ltalia e l'Austria. Nulla è mutato, nulla è acca• duto di nuovo fra i due paesi. E i due statisti, a Venezia, non potrr.nno non constatare l'armonia delle vedute dei rispettivi Governi in tutte le questioni di comune interesse. PARLANO I MINISTRI INGLESI EDEN ha detto che l'Inghilterra intende ,.-i,-:eree. luciar vive-re•; programma d1 cui non ~ chi non veda la somma n~ionevolezza. Sarebbe forse temerario indurre dalle parole dcli'• onorevole g,ntlnnan. che fino a ieri l'Inghilterra non intendesse I.sciar vivere?•· Sir Samuel Hoarc, alla sua volta, ha solennemente invitato le Nazioni a riflettere ancora una voha sul peso quasi insostenibile che ci metteremo tutti sulle spalle se non g1unR:iamoa una limitazione del tonnellaggio e degli armamenti delle nan da guerra•· Parole colme di saggezza. Ma, dunque, le Nazioni, fino ad ogi;ri, non hanno riflettuto abbastanza sul tonnellaggio e sugli armamenti delle navi da guerra? Eppure ne hanno avuto tutto il tempo. Sono parole. Ma il mondo ha tanto bisogno di sperare in un domani migliore, che queste parole hanno notevolmente contribuito a far rinascere, nella stampa e nell'opinione internazionale, un certo oninusmo. COSI PARLOSCRACRT HANi"O pur fornito aJimento a speranze d1 bene le parole che Schacht ha pro• nu~ziatc a 0rul..ellca. Sono! all 'i~c:rca, venti .anni che que1t1.,personaggio eminente occupa la scena della politica europea. La sua abilità di tecnico ~. ormai, proverbiale. Più che un ministro, egli ~ un acrobata, quasi ,1 potrebbe dire un mago della finanza moderna. Ma non meno f@-moscsono le sue qualità di conversatore. Egli ha in gradd eminente l 'artc di incastonare in formule bre\"Ì e incisive gli insegnamenti delle più comples• se esperienze economiche. Nel salone della Legazione di Germania a Bruxelles, fumando un enorme sigaro, egli ai ~ esposto al fuoco incrociato dei giornalisti dei più ,·ari paesi, rispondendo a rutti e a tutto, con sicurezza, con lucidità, con prontezza. • Fatemi pure le domande più indiscrete ... ~. egli diceva; esse diventeranno discrete attra,·erso le rispoSte che io vi farò ... L'autarchia~ una necessità, non un ideale», ha detto. , L'ideale ~ il libero scambio ... Se la Germania ha fatto ricorso, in alcuni campi, al sistema dell'autarchia, è stato perch~ cS!la non ha il denaro per pagare all'estero i prodotti di cui ha bisogno. 11a questo sistc• ma ~ moho più dispendioso di un rnorno al hbcro •cambio; e per questa ragione la Germania ~ disposta a congiungere i suoi sforzi a quelli degli altri paesi, che intendano torn~:te3rr~;a~~g~';~ti~;,::ea~;i ea:bta~i~::~ tribuito a rendere più difficile la situazione finanziaria della Germania, Schacht ha risposto che, anzi, il riarmo ha messo la Germania in condizione di trattare su un piede di eguaglianza. , E questo è stato•, egli ha detto, • una garahzia della pace europea. Nessuno desidera un'altra guerra: in questa materia, tutti i pacai hanno lo stesso sentimento. lo credo che un miglioramento economico generale si possa ottenere, ma che esso debba esser preceduto dalla pace poliuca. L'una cosa non può esistere senza l'altra. L'Europa de1idera una pace permanente e duratura. E io pen10 che una soluzione sia più ,·icina di quanto .ion !o.se in pas.,.lto . Cosi ha parlato Schacht il mago. E anche queste parole il mondo ha accolte con un senso di sollievo e di timida fiducia. FRANCIA E GERMANIA SECONDOIL DOTT. SCRACRT MA AD UN noto giornalista francese, il Sauerwein, che lo interrogava più particolarmente sull'avvenire dei rapporti franco-germanici, il mago h2 risposto chiedendo. alla sua volta, pcrchi la Francia non abbia accettato l'offerta tedesca del 1936. Credete voi•• cosi, press'a poco, egli ha detto, •che se la ~rmania rinunzia a un paese, cornc l'Alsazia e Lorena, che per lungo tempo ha fatto parte del suo ten 11orionazionale, questa sia una cosa di poco conto?•. Ed ha aggiunto:• Cercate quale possa essere stata la ra~fone di questo rifiuto. La trO\'Crcte •. Ed ha detto ancora:• Se non avete fede nei nostri impegni, perché ce ne chiedete degli ahri? •· Ciascuno di questi tre punti. merita qualche commento. • Credete ,·oi ,, ha dctlo Schacht, ~ che se la Gennania ri.nunzia all'Alsu,a, queSta sia cosa da niente?•. Evidentemente nessuno lo crede. i\1a molta gente, per lo meno in Francia, pensa che la Germania all'Alsazia e Lorena abbia già rinunziato una voha e che non .. , dii rinunziare due volte alla uessa cosa. ...a Francia rinunziò dopo la guerra del 1870 all'Alsazia, e dal 1870 fino al 1913 mai pretese di rinunziar,·i una seconda voha e di far valere questa seconda rinunzia nella bilancia dei suol rapporti con la Germania. Ma, evidentemente, 1I principio donn,r tt rtttmr ne vm,t ~ francese. Secondo punto: quale è la ragione del rifiuto francese, alla quale accenna Schacht? Probabilmehtc il patto franco-sovietico. Terzo punto: • Se non avete fede nei nostri impegni, pcrchl ce ne domandate altri?•· La domanda non è molto logica. La Francia può avere fede negli impegni della Germania, e, nello stesso tempo, ritenere .:.he la Ger• mania, impegnandosi a rinunziare una seconda voha all'Alsazia, offra troppo poco. Ma non è questo quello che più in1erena. 1...aFrancia, dunque, ha chiesto che la Gcr• mania assuma altri impegni. Quali? Di non attaccare ad oriente? e cioè gh stati baltici, e, attraverso gli stati bahici, la Russia? O di non attaccare la Cecoslovacchia? Non sono che ipotesi. Quel che è certo è questo: che la Germania ha rifiutato di assumere nuovi impegni. Un esc[(ela troppo esigente potrebbe rav. visarc una certa contraddizione fra questo fatto e I'affcrmuione del don. Schacht, che abbiamo dianzi riferita: e cioè che tutti, in Europa, vogliono la pace e che la soluzione ~ vicina. molto più vicina di quanto non fosse in passato. L'IMMUTABILE CARATTERE DELLE GUERRE DI SPAORA LA_GUER~A civ_ilein lspagna dura da circa d1cc1 mc11, e ancora non se ne vede prossima la fine. Per conto nostro, temiamo che durerà ancora a lungo, molto più a lungo d1 quanto comunemente si creda. Garvin ha ricordato una pubblicazione inglese di un secolo fa di Richard Ford: fii• 110,ical /nqu.1ry mto the UnchangMble Cha• ratttr o/ a War 1n Spain. In essa si dimostrava che per circostanze di territorio, di clima, di razza, le quali non trovano riscontro in altri paesi d'Europa, le guerre in hpa!fna avevano '«:mprc presentato, dai tempi di Roma fino a quelli di .:--=apolcone,lo steuo carattere: di lunf(hezza, d1 ostinazione, di disperazione nella difensiva. N~ le guerre che si svolsero 1n lspagna dopo 1'apoleone, smentiro_no questa diagnosi. Alcune delle guerre c1v1li del accolo scono durarono fino a cinque e sci anni. Tutte furono lunghe, osunate, disperate. Ora, di rutte le circostanze che,. secondo. il Ford, cost1tu1vanola rBl-:IOn•cdell'tm.mutao1Je carattere delle guerre in lspaina •, nessuna ~ mutata: non la geografia, non il clima, non la razza. Perciò la .ituerra odierna sarà come tutte le altre guerre spagnole: lunga, o~tinata, disperata; ed ~ stato un errore pensare che potesse essere diversa o che potesse giungere rapidamente ad una soluzione. LALETTERATURADIPLOMATICASULLA GUERRACIVILEDI SPAGNA ME:'\TRE si combatte m lspagna, le Cancellerie europee si scambiano no• te. ;-.;'onsarebbe facile compilare un cataloi,i:ocompleto dell'abbondante letteratura diplomatica cui la guerra civile di Spagna ha dato origine. Particolarmente fertili di iniziative sono stati il Governo francese e quello russo: l'uno cercava la gloria, l'altro un alibi; entrambi face\"ano della propaganda. Ricordiamo bre,cmente le principali m1• ziative di Parigi, di ;\losca e di Valencia: 1° agollo: Comumcato francese circa il non inter,ento. Giorni suutult:1: Gli ambasciatori francesi a Londra e a Roma fanno dei passi prcaso quei Governi 6 agosto: JI Go,·emo francese propone un 8 t:~:,r~'.- c~;:t::t: pf%~~:;n;~~le~~~i':~ tenento. 15 agosto: Lettera di Delbos all'Ambasciatore inglese a Parigi, annunziante che il Governo francese vieta l'csportaz1onc di armi per la Spagna. z7 stttmtbre: :,.:-otaspagnola di protesta a Ginevra. J ottobre: N"uova nota spagnola a Ginevra. 6 ottobre: Nota sov1et1cad1 protesta al Comitato di Londra. 13 ottobre.: Nuova nota sovietica di protesta al Comitato di Londra. ZJ ottobre: Si riunisce il Comitato e si dà lettura di un'altra nota sovietica. z7 1uroembrt: Nota del Governo di Valcncia per ouenerc la convocazione del Consiglio della S. d. N. -I diumbre: Tentati,·o anglo-francese di mediazione. n diumbre: Riunione del Consiglio della S. delle Nazioni. J6 e z7 diumbrr: Passo anglo-francese allo scopo di far cessare l'afflusso di volontari m lspagna. (ro grnnaio: Da ricordare a parte: il ;\lemor•ndurn ingluc sul non-intervento). 17 gmnaio: Risposta francese di adesione condizionata alla nota inglese. 17 gumaio: L'U. R. S. S. assume atteggia• mento negativo d1 fronte a.Ila nota inglese. 26 /t.bbraio: Il Ministro Delbos an'nunz1a alla Camera di voler proporre una mediazione fra Burgos e Valcncia. 18 mar:zo: La stampa nazionale spagnola pubblica il testo della nota segreta con cui il Governo d1 Valencia ha offerto il :\tarocco spagnolo alla Francia e all'Inghilterra . Qucsio fino alla fine di marzo. E a quest'arido elenco, si dovrebbero ancora afrgiungere: 1) prima di tutto le note di adesione, o di protesta, o di smentita, che ciascuna d1 quelle inizia1i,·e o della Francia o dei So,•icti pro• voeò da parte delle altre potenze; z) in secondo luogo le discussioni spesso tempestose che ebbero luogo 1ia i..nseno al Comitato di Londra. sia in seno al Consiglio della S. d. N., e in cui si ripeté a voce il processo dialettico che si svolgc,·a per iscritto attravuso le note: accuse a scopo di propa• ganda da parte d1 Valencia o di Mosca, proteste e controaccuse da parte d1 Roma o di Berlino; J) infine le accuse contro l'Italia presentate uhimamente dall'Ambasciatore russo '.\laJsky al Comitato di Londra e dal medesimo Am• basciatorc miseramente ritirate. E questa è storia troppo recente perch~ sia necessario ricordarla. ti: po11ib1le trarre una morale da una coal abbondante lcttera1ura diplomatica? La morale ci sembra sia questa: che alcuni Governi considerano la diplomazia non come uno strumento di governo, ma come un mezzo di propaganda. Perciò essi fanno passi, che pre,·edono inutili, diramano note, é:he lasttranno il tempo che trovano, lanciano accuse, che ben sanno infondate. All'incirca, un metpdo che somiglia stranamente a quello che seguiva Mister Oick, l'immortale personaggio di Dickens, per diffon_derc il suo memoriale. Egli scr_i"eva, scriveva, dalla manina alla sera, e poi, con 1 fogli coperti della au11s. crittura fine e minuta, faceva degli aquiloni e li lanciava in ana: • e•~ molta corda,, diceva a Davide Copperficld, • e l'aquilone, quando va in alto, porta i fatti lontano lontano. /1 qiusta la m,a maniera di diffondtrli. Non 10 dove vadano a cadere ... Dipende dalle circostanze, dal vento, e cosi via. Ma io li affido alla aorte•· That's my manner of d,f]unng •,m: potrebbe essere il motto d1 una gran parte della diplomazia moderna. OMNIBUS ANNOI, NUM.4, 24 APRILE 1937. XV OMNIBUS SETTIMANALEDI ATTUALITÀ POLITIOAE LETTERA.RIA. ESCE 11 SABATO IN 12-16 PAGINE ABBONAMENTI Italia e Colo11le1r11110 L. 45, 11m&11re L. 23 Eatero: an110 L, 70, ttmenrt L. 36 OOMI WU■BRO UN& I.IRA :a::: 0~!~~11:~~f,'!~11' r 0 ~f :!~~~ Dlredo111: Roma - Via del 1311dario2,8 A.nualabtrado1111: Milano• Plaua CarloErbi, 6 loe. A.noti. Eclltrtet "OIOfIBOI" • IIJJuo
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