Omnibus - anno I - n. 4 - 24 aprile 1937

O ■ NIBUS PAGIIU f I ll,J11IA'-LLO D l■tll088(1111 VITA. Sili IIS/1 di lVLarco BUfJfJI T A CERIMONIA ~ finita. Le cento .M e undici stelle al Merito del Lavoro si sparpa~liano per le vie di Roma, c-ome vecchie api al loro ultimo volo. Sono i veterani del lavoro, convenuti nell'Urbe da ogni parte d'Italia. Una piccola folla ci attira all'angolo di piazza Venezia: uno di questi laboriosi veghard1, ancora lucido di pianto e di ferro da stiro, guarda smarrito il cerchio dei curiosi; muove qualche passo nel tentativo di liberarsi, ma la folla si sposta assieme con lui, come l'anello con Saturno. Qualcuno gli batte amorevolmente la mano sul braccio: • Contento?• Il vecchio sorride, fa palpitar-e le labbra, appoggia l'occhio sulla bianca croce orlata d'oro ... ma non risponde. Avanziamo a nostra volta:• Contento?• Il vecchio guarda anche noi senza meraviglia, ma con altrettanto silenzio. La folla intanto, scoraggiata dall'inesplicabile mutismo, si dirada a poco a poco. Rimaniamo soli: • Allora, contento?• Il vecchio questa volta, guardandoci con occhi visibilmente commossi, finalmente risponde: • Sl, felice•· Abbiamo vinto la resistenza del vecchio. Questo uomo che esce da 34 anni di lavoro come il marinaio esce da lunga navigazione, ha trascorso gli anni della sua vita ~n uno dei più nobili alberghi della capitale: l'Albergo Minerva. (n qualità d1 cliente? No: dì uomo di fatica. La venerabile esistenza di Marco Bucci, ~ tutta quanta costellata di valige. Abbiamo domandato a questo atleta del bagaglio a mano, qual genere di valige lo aveva maggiormente colpito durante i suoi 34 anni di attività. Marco Bucci riflette, arrossisce, e con ~W1 fil di voce sussurro: • La valigia nera ... :11 •Quale?• • La valigia nera di Sua Eminenza il Cardinale Mcrry del Val... Era piccola, panciuta, di cinghiale nero e, nonostante il suo aspetto, leggera come una piuma•· L'Albergo Minerva, come si sa, sorge nel cuore delta vecchia Roma, in vicinanza del Pantheon e dell'elefante del Bernini. • Conoscerete bene questo quartiere :11, dom1mdiamo al vecchio, • la tomba del Re duono, quella di Raffaello? :11 Il vecchio si mostra titubante, poi dice con modestia: • Capirà, io sono sempre uscito di sera ... • Attraverso le parole monche del vecchio lavoratore, riusciamo a capire che la sua costante e sola preoccupazione era l'Albergo Santa Chiara. In questo albergo, frequentato esso pure da ecclesiastici d.i ogni grado, 1I ~arco Bucci, attaccato da anni alle fortune del proprio padrone, vedeva un rivale forse pericoloso. La vita di Marco Bucci non brilla di quelle appariscenti attività che facilmente portano ai fastigi della commenda; non • ha mai piegato verso quelle equivoche imprese che fruttano ricchezze e onori; non ha mai deviato dalla modestn linea del proprio lavoro. La vita di Marco Bueci ~ trascorsa ai margini della vita di tutti, silenziosa, su e giù per le scale di servizio, per i montacarichi cigolanti, per ~, ripostigli bui che sanno di paraffina e ospitano le vecchje scope, per corridoi interminabili e pieni d'ombra. E là, come l'abate Faria nella sua cella del castello d'If, questo oscuro lavoratore ha consumato giorno per giorno la propria vita trasportando sulle spalle il bagaglio di migliaia e migliaia di viaggiatori, senza mai lamentarsi, felice della propria sorte. Marco Ducci era - ed ~ - l'angelo notturno dell'Albergo Minerva: angelo dalle mani rudi e callose, e dalle folte e bianche sopracciglia da San Nicola. e Quante valige avrete portato all'incirca nei vostri 34 anni di servizio? :11 Marco Bucci ci guarda: • E che ne so, signorino?• La nostra domanda apre un improvviso abisso nell'animo del vecchio Javorator'!. e Quante valige avrò portato?• Lo aiutiamo a svelare questa incognita, e calcolando una media di venti valige al giorno, arriviamo al tota.le mirabolante di duecentocinquantamila valige. Marco Bucci vacilla. In una visione terrificante, egli ha visto se stesso sormontato da un Himalaya di valige gialle, rosse, verdj, color cioccolata, paonazze, con o senza borchie, circondate di cinghie, costellate di etichette ... Il vecchio si raccoglie, poi, con uno scatto leggerissimo, aggiunge con voce cavernosa: • E senza contare i bauli ... 1 • E chi sa che peso tutto insieme?• Marco Bucci si erge sul linoleum della portineria come un Atlante: • Certo che di peso queste braccia ne hanno sollevato ... • soggiunge. Facciamo i nostri calcoli: sono due milioni e trecento ottantamila chilogrammi di bagaglio vario. E Marco Bucci, orgoglioso e assieme modesto: • E sempre senza contare i bauli!• Questa non la prima medaglia che viene a decorare il petto di Marco Succi. Il vecchio si assenta un momento e torna con una medaglia del 1911: • Società Italiana degli Albergatori. Onore al merito•. • Ma questa di oggi vi dev'essere più preziosa?• • Oh sl ! :11 esclama il vecchio. e Mc l'ha data il Duce ... Egli pensa a tutti. Ma anche noi pensiamo a lui. Quando lo si è visto una volta sola, non lo si dimentica più. Lui sa che cosa è il lavorare, perché anche lui ha làvorato ... :11 Usciamo dalla portineria cd entriamo nell'atrio del Minerva. Sale e corridoi sono affollati di clienti. Nella sala da pranzo che s'intravvede attraverso la vetrata, i camerieri, come rondini pattinatrici, passano fra i tavoli, tenendo in bilico vassoi fumanti. Il lift, ross6 ceralac1..a, appare e scompare dietro la porta dell'ascensore, simile al cucù degli orologi tirolesi. Il portiere, con le chiavi incrociate sui risvolti della rtdingott, distribuisce lettere viola alle vecchie missts. Ne.Ila direzione due uomini di cera, con baffi di seta, sorridono e s'inchinano a nessuno. Echeggia un grido:• Ecco Bucci! • Nell'istante medesimo, tutto l'albergo, come il Titanic ferito dall'ictberg, s'inclina da una parte. Dalla sala da pranzo clienti col pollo in bocca, miuts impugnando tenui asparagi, camerieri e cameriere, impiegati, dattilografe, cuochi e sguatteri, il portiere e i direttori automatici, accorrono e si assiepano intorno al festeggiato. Rosso dalla commozione, il vecchio lavoratore ringrazia a destra e a sinistra con occhi brillanti di pianto. • Evviva il cavaliere!• grida la folla. Marco Bucci si ferma perplesso, si guarda attorno, scorge vicino all'a.scensore un paio di valige e un enorme b•ule color rabarbaro. Uno scatto, uno slancio e quel vecchio, illuminato nel volto, afferra quei tre colli, e, involandosi attraverso il lucernario, torna alla sua vita modesta e oscura di lavoratore. ANGELO RATTI ( ILSORCKIOELVIOLIKO) n ~~!l!li ~ A STAGIONE, la gran stagione romana è entrata nel suo corso travolgente; al Teatro dcli 'Opera siamo alla stretta finale. Dopo il Flauto Magico, la Lucruia di Respighi, le repliche di Rigolttto e di Carmtn e di Tosca, la Luci.a di Donizetti, e la riesumazione del Guarany di Gomcz in serata solenne di gala. Si trattava di una data commemorativa e doverosa, di una recita affettuosa, di una milt à point amichevole, anzi fraterna fra due popoli al di qua e al di là del mare ricorrendo il primo centenario della nascita di Carlo Gomez, brasiliano di nazionalità, italiano per vocazione, milanese di elezione,proprio come Stendhal.Si trattava del Guarany che è innestato al vecchio tronco del nostro teatro lirico in un modo indissolubile. Lo spettacolo che il nostro Teatro Reale riusd a inscenare, più che una riesumazione, fu una resurrezione, anzi un ricupero: un'operazione da palombari che van giù a sollevare dal suo profondo sonno una carcassa famosa, e la rimettono a galla con tutti i suoi tesori, reali e immaginari. Erano infatti presenti nei posti d'onore la signora Vargas, moglie del presidente della Repubblica, S. E. l'Ambasciatore del Brasile e tutti i rappresentanti del mondo diplomatico e politico di Roma. Tuttavia la serata non ostante il carattere puramente ufficiale assunse un tono caloroso e popolaresco, essendo il Guarany un lavoro fortemente rievocatore dei fatti nostri italiani e delle glorie e del lavoro milanesi dal milleottocentosettanta in su, cosl da appartenere oltre che alla storia, alla cronaca quotidiana, alla vita delle nostre città fin dall'epoca ormai interrotta degli organi di Barberia. Abbiamo assistito anche noi con grandissima allegrezza all'emersione inaspettata di questo tanto stantio quanto gentile spartito che per quel che riguarda il melodramma, spiega ed esaurisce il for• midabile problema deljac similt; e la pratica emargmata della copia conforme: ma cum grano salis. Del resto il GuOTany, scritto con una vtTVt antiquata e i'iimitabile fu messo all'incanto con un'abilità grandiosa; i punti di ricamo, i colori d'ogni specie, j lustri preziosi e le vecchie cadenze formarono un insieme di apparenze straordinarie e affascinanti. Non c_'erapiù motivo di dire, come d'una pittura abusata,che dovendolo ( PALCHETRTOI MAK) I tiiittt SPERAlV'ZE AL SUO nascere avvenuto cin- A quant'a.nni fa, In portHltrta, di Giovanni Verga, fu seppellito rotto i fi~chi. Oggi il pubblico non dico si spelli le m?.ni ad applaudire, ma non fischia. Ha penetrato nel frattempo le oculate bellezze di questo e: bou.etto di vita vissuta »? No: s'è annoiato anche di fischiare. Queste insanità sinistre 1· jettatorie che risalgono al tempo iu cui il teatro era palestra di amara filosofia, nessun capocomico si sogn<:rà mai di m~tterle in uno spettacolo a pagamento. Perché averle scelte per cimentare le virtù degli allievi dcli' Accademia d'arte drammatica di Roma? Il solo insegnamento da trarre da questo squarrio tuberco• lare, è che, fuori dei dialetti, lingua e: verista» in ltalia non r'è. li popolino di Verga parla così: e: Si dèsina? » ... « Chicchessia ... » Dalla sala in penombra un tintinnio metallico accom• pagnav:t lo ,~occiolamento <lei testo vrrghiano: in un ,&omune gesto di profilass.i, g"li spettatori avevano cavato le chiavi di ta:::.ca e se le carezzavano con affetto. Ai d·i.1eatti di Verga ff'ce séguito l'atto unico di Luigi Pirandello: L'imbecille. I bacilli di Koch .cambiarono sede : dal petto di ,Malia figlia di portinai, passarono in quello di Luca Fazio, moralista agrigentino. Ogni dubbio dileguò: la commissione artistica della R. Accademia aveva inteso associare arte drammatica e lotta antitubercolare. In un saggio di arte drammatica bi- \Ogna giudicare gl'intcrpreti, non le oJlC"re. Che dire di costoro? L'à..,knza di qualità strettamente« ipocrite-. (che '-Cienza l'etimolo(Zia ! e ipocrita > sig:nifica « attore ») era gencroi.arncntc <'Ompensata da.Ha gioventù: qualità che permette di ricredersi, cambiar me,tiere, dimettere i pensosi pcrsonal!~i dai polmoni ridotti a schiumarole e dedicarsi al calcio, al ciclismo, ad altre attività che come le vetture. Fiat :\',')()- ciano terra, mare e ciclo. Nor) che i precedenti lavori mancas- ~ero di quel lercismo che è per co..,ì dire l'equivalente grafico del dolori~mo ,lavo, ma è ne La giara d.i Luigi Pirandello che si manifc:::.tò soprattutto l'influenza della signora Tatiana Pavlova. li lettore conoscerà Il pipisttello dd fu Balief o almeno i surrogati che coi nomi di Le maschere e Il gallo d'oro corsero un tredici anni fa le nostre ,cene. Mercè lo zelo della signora Pavlova, le spoglie di quelle defunte compagnie russe rivivono splendidamente nella Regia Accademia di arte drammatica di Roma. A chi la no,tra riconoscenza? Mentre St.rawinski, mentre architetti nonché rus~i ma bohcevici inclinano sempre più verso forme italianizzanti, è strano per lo meno l'inru,si• mento del teatro italiano nella .,ua tri• plice attivi,tà recitante, coreografica < decorativa. L'anno passato, e dopo tan• to che Michele Fokin non trovava pilt sede né in Europa né in America, la Scala di Nlilano chiamò a sé que ... to decano della coreografia rus~a. Chi ci spiegherà questi misteri? Forse la legge degli scambi compensati. L'isterismo meccanico, vanto di Tairov, nella Giara si sprecò. Le donne o correvano in gruppo strillando come oche, o si buttavano a terra e mettevano in mostra certe mutandone a falpalà, di cui le contadine siciliane non hanno sentito, se si può dire, neppur la puzza. Il novecentino dello 9:cnario ci rammentava dolcemente che la ditta Venchi è sempre in vita. Il pubblico, composto in gran parte di genitori, narenti e amici dei celebranti1 salutò la fine dello spettacolo con applausi familiari. ALBERTO SAVINIO XXJ: APRILE XV - FESTA DEL LAVORO mettere in vendita si coverebbero più soldi dalla cornice che dal •.Juadro. L'ispirazione nasce, muore, rinasce là dentro cento volte. N t,n sarà genio, ma è scintilla, non è scienui. ma estro; e tanto respiro, euforia, da rii vegliare un Museo. Insomma quest'opera è un e documen• tario • che vive, alla nuniera di Verdi. Un documentario dove v,,1nno mischiati insieme la nobiltà d'un '1idalgo a una certa bohènu studentesca, f.1! romanticherie, il gesso dei monumenti funebri, e i sentimenti fieri generosi e leggiadri, dove le rime, le cuffiette, i cri santemi e la panna montata si rincorron •.> poeticamente in un 'atmosfera grassa di cotechino fra un incrociarsi innumerev1>lc d'affari e un imperversare di opulenti veglioni ambrosiani. Fatto sta che la rec1ta dell'altra sera all'Opera oltre che as:1olvere un compito d'ordine squisitamenti: politico e interna• zionale, rispose in pit:no anche all'attesa del pubblico più speciu lmente teatrale, e lo colpl diritto proprio d1,1la parte del cuore. L'opera piacque e k, meritava davvero. BRUNO BARlLLI DEL VANTAGGIO CHI OGNI GIORNO ha la sortt di attravtrsart Pitaka Colom1a, finiJu. col rottrisrarsi. La colpa t dtlla Galltria, che ttstimonia i crittri stcondo cui, un tJt"nt'annifa, si rammodtrnavano lt città italiane. Quasi parn,a cht ogni rammodtrna,,,ento aootniue in uguito ad un dubbio: che Roma, a·ot, fosu 1tn•'altro la più pr<>vincialtcittà italiana. E forse poteva tutr giwto. Migliaia di protlinciali, tttnuti ptr impitghi, pretntdtvano di wdtnJi lt loro idu in fatto di modtrnità urbanistica. Una Gallen·a ci voleva. ttisto chr. Milano nt aveva una. Tanti che, dopo averla tanto sognata, non avniano potuto raggiu,wn't la città lombarda, sptrarono di pote-rsialla fint adattare a Roma con una Galleria di r,"pocontintntalt. Eppurt, la Galleria Co/0'1na ancora ddudt. Per diJpetto la gtnte non la wole attravtrsare. Ci si jt"NtUl qualcht divo di varietà,· qualcuno di Jxmaggio che ha l'illusione di adt"mpitrt ad un d<>vtrt,trascorrn1dovi q1mlche ora. Un'ala ha alcuni ntgo:ri chiusi: l'altra vtrso Largo Chigi dd una poroen•a di traffico. Nitnte di p,:ù naturalt. lA Galleria dì Milano sta in mu::o a Pia~::a del Duomo e a Pwlua della Scala: la Galleria Colonna ha didro di si una straduccia modt1ta e piacttJole con piccolt trattorit. li cuore di Roma dtttt tJltr da qualche altra partt, Quello che lt volino dart, I un cuore di cartont, cht urto meritrrtbbt la prima picconata. IN PIAZZA PASQUALE PAOLI, la ma ii vtdono tranttitn· a com.;ns,uione. Si n"posano t atttndono i turni, appoggiati al para. pttto del TttJtre che in qutl luogo odora strano. mtntt. J>art che le pietrt tiano impregnate di ammom·tua. Quell'odore dà assai noia al n>JSO dt"ipananti; mentre par che non ne dia affatto a qutllo dti /atton·ni. Trattandosi di roba loro, non ci fanno caso. An:rì, sospettiamo che qiuui abbiano il gwto di un odort tonto pung,fltt". MASSlMINO LEO LONOANESI - Direttore responsabile ~- A. EDITRICE • O\INIOliS • • MILA~O Proptidà •rti,tka e \cller:11rl11 ri-.ervalfl. RIZZOI.I & <.:.• ·""· p,,r l'Artt dtlla St"mpa. Mìh1no RIPRODliZlO~J ESEGUITE CO:>: MATERIAt..E FOTOGRAFICO • FF.RRANIA •· P..bM,uloà; Ag, G. Bruchi • \lilano, Vi• T. ~•\vini. ,o Telti. J°'"907• s6, rue du F,ubwr& S1. llonW"l • Parirl

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