Omnibus - anno I - n. 4 - 24 aprile 1937

ANNO I - N. 4 -ROMA 24 APRILE 1937-XV EflJTTlllA.llA.LJl 20,71 Hl non "a ancora co,;,a sia l'Impero, o perché non c'è stato, o perché ~i è limitato a leggere i giornali, se alla radio coglie l'onda 20 171 nelle prime ore del pomcrig~io, udirà la voce di un mondo che na\CC. Di un paese lontano si ha \Cmpre un' immagine geografica: il cinema e le fotografie sono visioni fredde che non danno mai un'idea prcci,;a della vita dei luoghi: non imprcsc;.ionano la memoria. La conqui,.ta dell'Etiopia è stata tanto rapida e prodigiosa da rendere difficile ogni e,;atta cognizione di questo nuovo pae-;c italiano. Le prime cartoline di ,;,aiuto col francobollo italiano ci pcnuascro più di tutti i film che avevamo visto. Cartolina ,;,ignificò senz'altro ufficìo po,;tale: ufficio po\tale, reali carabinieri, fattorini, bu,;te di cuoio con sopra scritto Regie Poste ha liane; significò teltgrafo, linee marittime, comunicazioni ordinate e continue. Eppure non avevamo ancora l'esatta cognizione di possedere un lmpcro, anche "e l'arrivo dei primi soldati in licenza, le fotografie ,gualcite nei portafogli, i pacchetti di tè nello zaino, ci rendevano familiari i luoghi conquistati. Vedevamo lunghissime strade, camion carichi di merce, c.oldati con ·1a barba ispida e nera, piccole ferrovie traballanti, capanne, indigeni con bandierine tricolori, e grupo,•tti di t<""rr~nirri. M~ bac:tò r>r<'nrl,.re la lunghezu d'onda 20,71 perCh~ quell'imma~ine geografica "iComparissc. Ci trovavamo, giorni fa, in un caffè e ,tavamo seduti a un tavolo, quando un ragazzo "i mi'-C a manovrare la radio; udimmo una voce femminile chiamare: e Pronto, Addi\ Abeba ... :. Si iniziavano Jr conver.azioni teldonic-1.e fra l'Italia e l'Etiopia. Era come uovar,i al ricevitore di una cabina telrfonica in Pian.a S. Silvcc;tro. e Giovannino!... Sei tu? Sei proprio tu? ... Stai bene? ... Anche noi ... Sì, o;iamo tutti <1ui. C'è Concettina, Carmelo, Benedetto ... 5iamo tutti qui ... Ecco Concettina ... » « Addio oaoà :.. L'ultima voce era quella argentina d'una bimba. Capimmo che ,i trattava d'una famiglia napoletana, che era andata all'apparecchio come ,i va alla ,;;ta;,ion(' ad a..:cogliere un parente. A pochi <.econdi di dic;tanza, la ste<.o;a voce della telefoni..,ta ripetè: « Pronto, Addi\ Abeba ... Pmnto, Addh Abeba! Parla Ro\...etti di Vercelli! Pronto ... Addic; Abeba ... > Poi .,j udì la voce di un uomo pratic.o delle telefonate : e Abbiamo ~pcdito merci Ma~"aua ... Abbiamo ,pcdito per conto Sicet... Sì... Pagamento fine mc,c. Ci "-appia dire di,ponibilità di pelli zebù ... Stia attento a Martini ... :,.;on abbiamo ricevuta. Per informazioni Teocupulo~ ... .:"J"ientc,niente. Vedo io... non ci pensi ... Arrivederla ... > e Pronto: Addis Abeba ... Pronto, Addi,. Abeba! Parla Palumbo di Como! Addi" A~ba ... ! :. Chi parlava era un c-ommcrciante di ca,.e "montabili. « Le ho mandato il dodici prima Villetta tipo ~1onza. Propagandi modello. Faccia le fotoe-rafic ; distribui\Ca ai comandi e ai cantieri ... Sì... L'undici ho o;pc• dito piante e pro~pctti c~m dinamo. Sol. leciti pratiche prc.)~ 11 governo del- ]'Amhara. JI geometra Righini è ~ià partito con ic.truzioni... Sa tutto lm... t autorizzato a firmare ... :. Altre ne seguirono. Richieste di rnac: chine da scrivere, di refri~eranti, d1 poltrone, carta da lettera per aereo, prote'-tr per il vino che soffriva il caldo, un pacco di gianduiotti, macchine fotografiche, lampade Pctromax. L'na donna parlava col marito che ,tava preoarando cac;a. e Spedirò la biarn.-hcria. Ba"itano dicci lenzuoli... J matera,~i preparali tu ... t più conveni('nte. Il ventilatore lo porto con me? ... La <.pccchicra <iÌo no? ... I lo paura che si rompa ... Allora non c'è bi.,ogno ... C'è la macchina da cucire? Va bene, parto solo con la valigetta ... :. . . . . Di tutte qucc;te convrrsaz1on1 '-1 udivano "01o le voci che partivano dall'Italia, ma era facile indovinare l'altra parte del dialogo. Seguirono richie!il~ di materiale rlcttrico, di biciclette, d1 grammofoni, e <;Ollccita:iioni di pagamenti. Voci piemontc,i, venete, <"miliane siciliane, <.i ~u~eguivano an.,io5C. Po( la trac;mi<.sione finì. Un giovanotto che era stato sempre appoggiato al banco di"-.c: e Av<'te <.cntito eh-!' roba? C'(' poco da dire. La macchina comincia a ~ira.re. .'vfo.,wlini non (çheJ"?.a :t. 12 PAGINE UNA LIRA .. l>l New York (Domenica, 18 Aprile 1937) Londra (Domenica, 18 aprile 1937) Pari~I (Domenica, 18 aprile 1937) □ □ SPEDIZIONE IN ABB POSfAlf Gerusalemme, aprile ~[ASSACRI che in(anguinarono la Palestina nel 1935 <.' nel 1936 con,.igliarono il signor Baldwin a fa1 e quello che per i governi parlamentari è la soluzione per tutti i problemi : la nomina di una Commic:o;ione d' inchie,ta, perché accertasse le ragioni del conAiuo e \tudia(se la po~,:hilità di rimuoverle o di porvi riparo. Questa Commis(ionc, composta, come si conviene in simili ca(i, di per<.onage:i autorevoli, venne in Palestina e interrogò numerosi testimoni delle varie religioni e delle varie razze. Quel che dicono gli Ebrei Cominciamo dao-Ji Ebrei. Essi non domandano soltanto d1 esser difesi dalla violenza dce:li Arabi, e che la Palestina venga riaperta incondizionatamente alla immigrazione dei loro correlio-ionari. Domandano tutta una "cric di privilegi e di favori: che la mano d'opera ebraica venga preferita nei lavori pubblici, che l'immigrazione araba sia vietata, che quella ebraica venga non solo pennes~a ma incorag- ,tiata e promossa, che la Palestina cambi nome: vogliono diventare maggioranza, cioè la razza prevalente. Elialm Epstein depoo;e sull'immigrazione in Palestina di Arabi del Haur5.n. Nel 1934•3.5 ne sarebbero entrati da 20 a 2.5 mila, e di essi da 6 a e.oco ··arrbOCrc riM~!tÌ in Pa!est>na. Altri immigranti arabi ..arcbbero venuti dalla Transe:iordania; altri ancora dal Higiaz, dal Yemen, dal Sudan. Occorre d'urgenza vietare qualsia(i immigrazione ad eccezione, s'intende, di quella ebraica. Occorre vietare l'ingres- '-O in PaJc,.tina, pac,e arabo, agli Arabi. Questi immigranti arabi si accontentano di ba,.si salari e fanno la con• correnza ai lavoratori ebraici. Ma la ragione principale dell'invocato divieto, è che l'immigrazione araba impedirebbe agli Ebrei di diventare ma~ioranza. Un ahro testimonio, lo Sht:1tok, di,.~ che la Potenza mandataria è tenuta a facilitare solo l' immigrazionr ebraica, perché nel )..!andato non ~i parla d~ alcuna altra immigrazione, e quindi l'immigrazione araba non deve C-\srre permcs~a. Rao-ionamento di cui non è chi non ve-da l'artifi~iosità: dal fatto che il Mandato non abbia narlato dcll'immie-razionc araba non si può certo dedurre che l'abbia vietata; il '-ilenzio può significare conscmo, mai diviet?· i\fa le dcpo~izioni nelle quali meglio ,._j constata a qual punto pos,.a giungere l'intolleranza e la mancanza di equità di una razza, che sia imoc_~nata in una lotta mortale con un'altra razza, furono quelle di Jellin, profc,.~ore di letteratura ebraica all'Università ebraica di Geru~alemmc, e di Ben Gurion, Pn·.sidente del Comitato e<.ccuti\'O dcli' A~enZla ebraica. Il primo chiese eh~ la Palec.tina cambi nome e .,j chiama, da ora in avanti, Eru. Isratl: il che se venisse attuato, non arrecherebbe alcun vantaggio pratico agli Ebrei, ma lìarcbbe una provocazione alla maggioranza araba. li ~econdo soste:•ne che i benefici derivati agli Arabi dalla pre• c;enza degli Ebrei in Palestina, b<.'nché indiscutibili, non debbano es.sere invocati come giustificazione della Sede nazionale ebraica. Questa esiste di diritto cd è anteriore al Mandato. e Nor1 è il Alandato la nostra Bibbia, ma la /Jibbra è il nostro Ala11dC1to >. Conclmione : i Sionisti in nome della Bibbia vogliono che la Palestina sia ebraica; e in nome del Mandato vogliono che l'Inghilterra li difenda con le anni; e in nome- ancora del ?,.,fondato vogliono impedire agJi Arabi di immigrare in Palec;tina. Quel che dicono gli Arabi Gli Arabi, alla loro volta, si dohcro anzi tutto della mala fede della politica ingJc,.c. Il Muftì Amin.el-Jiu,.eini cominciò col fare l'elogio del Governo ottomano. Non è vero che gli Arabi fo,_c;eroopprC(lìÌ dai Turchi: la Co-.titU?ionc ottomana ricono\ccva i loro di• ritti e li a~lìOCiavaal Governo. i\1a gli Arabi a ..piravano all'indipendenza completa e part<'tip:trono alla g\1C'rra mon• di.tic per ottenerla. Capi militari e uo• mini politici inglc<ii hanno riconosciu• to chf' la rivolta del Re Jiu,;,ein con• tro i Turchi aveva per ic;copo l'indipC'ndenza di tutti i pae~i arabi. comprr\a la J>alr\lina. E: quC"..t.o il punttum dolcns della politi<'a dell' In~biltl'rra di fronte ai pae,1 arabi: h• pro111C',--<' che es,;a fece quando ebbC' bi..ogno degli r\rahi e clw non m,mtennt: quando non ne ebbe più bi,ogno. Quelle promc~o;e appunto ricordò alla Commi\~ione un altro tc~te arabo importante, l'a\v . .:\wni Dl'y. che parlò della corri~pondenza fra il defunto Re Hu,ein e i\1acMahon, con i\ponden- .ia che rimonta al 1916 ed è, quindi, anteriore alla Dichtilrazione Balfour del 19171 e che il Governo inglese non hai mai pubblicata. E un altro argo• mento molesto fu wolto con particolare insistenza da vari te~ti arabi: dal :vluftì. dall'avv. Awni Bev. e da altri ancora: e cioè quello della incompatibilità della dichiarazione Balfour e della politica filo,.ionìlila drll'lnP-hilterra con alcuni dei principi del Covenarlt c\dla Società delle Naiioni. L'art 22 del Coue11a,11, difatti, afferma che alcune popolazioni « non ancora capaci di dirigersi da ~é: nelle condizioni particolarmeute difficili del mondo moderno :. debbono c~scre messe e.otto la tutela di :--: azioni mandatarie della Lega, e fino al momento in cui esse saranno capaci di conduNi da sole». Quali con,;euuem:e deducano gli Arabi palestinesi da questa disp()'iizione, è facile intendere. Ma al Muftì, che invocava appunto l'art. 22 del Couenanl, Lord Peel, della Real~ ~om• missione, fece questa strana ob1ez1one: che la Dichiarazione Balfour ~ del 1917 e che il Cov"na11t e lX>"teriore. Appunto perché è posteriore vi dovrebbe derogare; e in ogni modo l'articolo 20 e,plicitamente di,pone l'abrogazione di « tutte le obbligazioni o intc~e incompatibili con i termini :. del Covenaut ,;tesso. Cornunque gli impe1?;niinglesi con Huscin ~ono anteriori alla Dichiarazione Balfour, e la Commis(ione non ne volle sentir parlare perché sono anteriori; il Coi.:enant è 1>0,;tcriore, e la Commi(~ione no~ ne volle ~entir parlare pcl'.:hé è posteriore. Delle altre lagnam,e deP"li Arabi "iarc-bbe troppo lungo discorrere. Riproduciamo solo il programma delle lor~ ri\·endicazioni principali, (e<:ondo 11 ria,.._unto che ne fece il Muftì. Ec;<.i, dunque, domandano: 1°) l'immediato abbandono della Sede nazionale rhraica; 2°) L'immediato completo ~rresto del1'immigra?,ionc ebraica; f) l'tmmedia to divieto di vendita d1 terre ad Ebrei; 4") la fin<' del 11andato. Quel che non dicono gli Inglesi Quel che gli Inglesi non dicono è che e,,i hanno mancato alle loro promes~e. Quando vollero tra¼:inare gli Arabi a prendere le armi contro i Turchi c~si promi.-.ero loro non \olo l' indip~ndenza, ma l' unione di tutti i paesi arabi. in un umco Stato. 11 c;ogno di un Impero arabo dal Mediterraneo al Golfo Per-ico risorse dal• le ceneri del pas~ato e agitò ,e non i cuori dei beduini di Lawrence, quelli dei loro capi. I documenti da cui tutto ciò ric;ultava, non. sono stati mai pubblicati: for~e sono scompar'ii. In conclu(ione: l'lnihilterra nel 1916 promise la Palestina agli Arabi corri,.pondenza Hu(ein - Mac~1ahon); nel 1917 la promise agli Ebrei (dichia• razione Balfour); poi se l'è tenuta per proprio U'-O, e cioè per difendere il canale-; e la lotta fra Arabi ed Ebr<'i è, per essa, una buona ra~ionc per prolungare all'infinito il Mandato. Quando la Commissione Reale ebbe tcnninato i suoi lavori e si imbarcò. per far ritorno in patria, un giornale arabo palestinec.e, al-GOmiC1h al-Jslàmyyah, pubblicò un articolo che portava un titolo assai eloquentf': Ci g1,adagntra11no gli Inglesi; e dopo aver con,tatato che la Commi,;sione aveva fatto o~<.en·azioni a.",;ai dure tanto alle depo~izioni deuli Arabi, Quanto a quelle de!itli Ebrei, così da far pcn~are che la battacrlia fo:s.seperduta per entramhc I<'parti, concludeva prevedendo eh~, nella rrlazione, la Commissione- avrebbe in,.ic;tito !iìulla neccs,.ità che l'ln~hiltcrra mantenga fortemente la c;ua po• ~izionc in Palestina. Ouc ..t.a <;ituazione, drl resto, non è nuO\·a nella \toria. Da troppe conte,e tra popoli chi tra,c;e guadagno fu rI n- ~hiltcrra. E da Elic:abetta a Pitt. da Pìtt a Lloyd Gcor~c. l'Inghilterra non ha mai mutato. CARLO MARANl

' 24 APlutE 19)7-XV O ■ N I B-U S ' C::H:E NON C'È vori ncs~uno Gli dfruivi della mano d'opera in~cri~• indicano attualmente 1_5.877opera;, dei quali 'l75.5 adibiti al nuovo Tro<:adero, 930 al Mu~co dell'Arte \.fodcrna del Quai dc Tokio, 7392 agli altri cantieri di costruzione, 866 alle in-.tallazioni elettriche e idrau• lithe, 236 ai lavori &tradali, 365 alle nuove r,ta-zioni della Metropolitana e :2333 ai padiglioni esteri. Ma gli operai dei padiglioni esteri sono generalmente ~tranicri e sono i <,oli'thc non battano la fiacca, come può provare lo stato attuale dei padiglioni del Belgio, del• la Gennania e dell'Italia, i soli già compiuti. In quanto al gro,so del• l' Esposizione, per rimettet'5i in Pari, una diecina di migliaia di operai di rinforLo non sarebbero troppi, '-C calcoliamo che il ~abato inglese, il ripo~o domenicale e gli scioperi di protesta contro l'impiego di braccia non iscritt~ alla Confederazione hanno fatto per• dcre ~in qui non meno di seicento mila ore di lavoro! Ma, ,:;e per le opere grosse Jouhaux può pescare a piaci• mento nei quadri del suo sodalizio, in• groso;ati dopo il maggio scono da centinaia di migliaia di paria nordafricani e naturalizzati, l'incetta degli specialisti non è facile, e in taluni mo• menti la penuria di ebanisti, di stuccatori, di carpentieri e di elettricisti, deplorata da molte imprese, ha reso evidente il carattere esoso dell'ostracismo inAitto dal padreterno del sinda• calisrno social•comunista ai membri dei sindacati liberi, i quali, manco a farlo apposta, comprendono non di rado gli arti~iani più scelti. -.econdo Blum, non 'rOltarito una fc-. sta del lavoro, ma un'olimpiade del~ l'antifascismo mondiale. Che ci ,arà di pronto quel giorno? Probabilmente tre o quattro padi~lioni stranieri. Non è nemme-no escluso che, fatta, a ~uon di trombe, l'inaugura1ionc ufficiale, l'ammis\ione dei vi~iLttori venga rin• viata a più tardi. Sebbene, infatti, per far pre~to, <ti.. ia rinunziato su larga ,cala alla CO!<ltruzionein cemento ricorren. do con abbondanza al lc~uame co~a la quale, fra parentco;i, eo;pone gli edifici a gravi pericoli d'incendio - è chiaro che non si potrà off rin· all'ammirazione dei popoli una città di tela e di cartone, ancora ingombra di cal• cinacci, di traver:,ine e di rotoli di fil di ferro, dove gli espo,itori non avranno ancora avuto agio di disporrr la merce. L'intero maggio pas<.erà così senza che l'Esposb:ione sia pronta, e foNe buona parte del giugno. Ora l'e• state a Parigi dura poco : spesso in a• go:ito cominciano i temporali, e l'au• tunno (è cosa nota) è immancabilmente infame. Che resta, di tempo utile per trar partito di uno sfort.O finanziario che, senza grande e,agrrazione, è stato valutato prossimo al miliardo di franchi? Sette od otto settimane in tutto. E si contava su sei mesi! Parigi, aprile. 1ì "SPOSIZIO:s/E di Pa,i~i, del, la quale Leone Blum prl·tcnde far'-' ad ogni ro,to urùrnpr('.,a proletaria, arra d' antifa\ci,mo, con emblemi {' drappi ro,,i, fu voluta dal ~abinctto Doumcrgue e approvata da un con<.iglio municipale comcrvatorc. I con\iglil'fi municipali di sini\tra 1 a ,uo t.rmpo, votarono contro, come avevano vot::ito C"ontro l'E,posizione Coloniale del 1930. Per la cronaca, è bene che quc,10 ~ia detto. La ,;ola c0<,a che il ~abinetto Blum abbia fatta per l'Espos1vo,1e ddl'Arte e della Tec,1ica nella Vita .\lodcrrrn è o~tacolarnt: la realizzazione mcrcè le lotte ,odali promm\c o alimentatè dal proprio avvento. Sino alla primavera \COr<,a, la paura <l.t·lla g:uc, ra c.:ra t;.,Jc, che all'Esposizione nc~,uno ,·olc, a credere. Se ne parlava come di un IX'l mito destinato a_ wanin.· ,ul pili bello, e chi doveva tirar fuori i qu,1ttrini faceva il possibile per mandar le cose in lungo. Soltanto il 15 maggio del 1936 fu dato al Pre- ,idcntc della Repubblica fare una prima vi,ita ai cantiL·ri principali. Ma non ci vide "e non palizzate e qualche lavoro di sterro. Quel che diede ai lavori la p1ima spinta fu l'aver constatato chiu~a senza catastrofi la crisi della rimilìtariuazionc renana e l'aver sentito Eden dichiarare ai Comuni che in ca~o di aggres'ìione tedesca l'Inghilterra \~rcbbe a fi~i:ico della Francia. Lo scoppio della crisi spagnuola tenne di nuovo piccone e cazzuola in sospeso: la prospettiva di un conAitto generale togli~- va agli appaltatori la convinzione necessaria. Ma il fronte popolare aveva bisogno di lenire la disoccupazione, una certa somma di milioni bisognava spenderla ugualmente in lavori pubb_lici quali che fossero, e una Esposiz10ne non era forse _il mezzo migliore per rianimare l'attività economica e attirare in pacs.e un po' di divise estere? l lavori vennero quindi ripresi alacre• mente, per riguadagnare il tempo per• duto, e sulle due rive della Scnn.t, dal ponte Alessandro all'hola dei Cigni, biancheggiarono le prime ossature di cemento. Senonché, dominata dai par• titi al potere, l'Esposizione doveva di• ventare in breve il teatro di un esperimento politico che i suoi primi banditori non avevano di certo previsto: l'arruolamento fort.ato degli operai nella Confederazione Generale del Lavoro. Le leggi del , 884 e del , 920 acco,- davano all'operaio francese il diritto ..i.ndacale, in abrogazione della legge rivoluzionaria del 1791: ma unitamente alla libertà di federarsi in sindacato c-,;se '-ancivano la sua facoltà di non federarsi, escludendo il sindacato uni• co obbligatorio. La libertà individuale era, insomma, sinora sopravvissuta al ~indacalismo. Con l'avvento del fronte- popolare, la Confederazione Generale del Lavoro dec~e di porre tennine, nella misura del possibile, a un simile 'itato di cose e di far trionfare il principio del sindacato unico. In mano a Leone Jouhaux, l'Esposizione si rivelò uno strumento di pressione poJi. tic a incomparabile. e Volete trovar lavoro nei cantieri? Inscrivetevi alla Confederazione». In tempo di crisi, l'ar, !:?:Omento non ammetteva scampo. Le destre protestarono, proclamando vio• lata la libertà del lavoro. Ma il 16 febbraio 1937 una circolare del Commis• ,ario Generale Labbé ingiunse, in no• me del governo, agli imprenditori di non a\sumcre altra mano d'o1?era fuor• ché quella offerta loro dagli uffici di <"ollocamento della Confederazione cioè quella tesserata, e ogni prote~t~ fu inutile. « So benissimo che la mia drci,ione è illegale>, dichiarò il Segretario generale della Pre\iden7a del Con<tiglio, Moch, ai datori di lavoro accorsi a esprimergli le loro doglianze : « rna tant'è: i vostri reclami non scr- ,·ono a niente». Il gabinetto Blum ha operato qui, nd più individualista e indisciplinato dei paesi d'Europa, una vera rivolu7ione. Dopo la fusione dei suoi effettivi \OC-ialisti con gli effettivi comuni<tti, I' invtstitura ufficiale del monopolio drl lavoro conferisce alla Confedera, 1.ione Generale un'autorità inconteo;ta• 1,, e una posizione d'arbitro alla quale ne~suno in Francia, né operaio né pa• drone, potrà più sottrar'ii. Il regime liberale della domanda e dell'offerta è finito. Siamo, anche in Francia, al '>in• dacali<;mo totalitario. Nulla, comun• que 1 sarebbe più errato del supporre che una qualche analogia possa esiste• re fra il ~indacalismo tipo Jouhaux e il sindacalismo fascista. li sindacali~m'> fascista trova il suo limite nelle capacità dell'economia generale del pac~e ed e~ercita una funzione equilibratrice fra i biwgni della mano d'opera e i mezzi del datore di lavoro: il ,.indaca• li~mo deJla Co,:fédération Génhal~ du T ravail non si occupa delle capacità dell'economia nazionale e delle condizioni del mercato, anzi prescinde dcli• bcratamente da e"se per a'itrani in un clima economico ideale· tutto "uo, co• me all'interno di una campana pneumatica. Quali le conseguenze? Prima dj tutte, quella, importantissima, che, nell'intento di mantenere tale clima artificiale, nulla, o quasi nulla es~ fa per lenire la disoccupazione, obbiettivo ma,\imo del ,indaca\i.;;mo fascista. Il sindacali\mo fascista abba,1-a le merC'edi per impiegare un maggior numero di operai j il \Ìndacali,;mo di Jouhaux o~tacola l'impiego di un ma~gior numt.•ro di operai per non abba,.\are le mercedi. Ne ri,:;;ulta il guaio già venti volte deplorato dalle ditte imprenditrici dei lavori dcll'Espo~izione: che le I abbrichc non progrediscono con la celerità voluta, gli operai impiegativi non e,,cndo in numero sufficiente, ma che nello stesso tempo i cantieri diven• tano il feudo di un certo numero di privilegiati fomiti di paghe altis,:;;ime e decisi a far durare i lavori il più a lungo possibile mcrcè ogni sorta di o.nruzionismo, mentre fuo1i dei cantieri migliaia di altri operai, o perché non inscritti alla Confederazione Generale del Lavoro o perché non forniti di uno stato di servizio politico abbastan.-.a. brillante, ~i vedono obbligati a incrociare le braccia. Da un lato, di• soccupati al cento per cento, costretti a stringersi la cintola, dall'altro beniamini del partito che arricciano il naso d::lVanti a paghe di 138 franchi per una sola notte di lavoro! Con questo non voglio, beninteso, pretendere che all'Esposizione non la• Intanto il tempo passa: la data sim• bolica dell'inaugurazione, il primo mag• gio1 ha dovuto essere prorogata; ed eccoci a solo un m~e dal ventitrè maggio> nuova data stabilita per l'inaugurazione di quella che dovrebbe essere, Stringi e stringi, la piega delle cose è talr, che il timore cli un fiasco, almeno finanziario, non sembra eccessivo. Nella nostra Europa nevrastenica e bardata di ferro, un convegno pacifico di nazioni intorno alle are fiorite di Mercurio e di Apollo appare quasi incredibile cd arieggia una sfida al buon senso. Se la Francia, a dispetto della sua febbre interna, riuscirà a fame una realtà, potremo anche dire che ogni speranza nel domani del mondo non è ancora perduta. CONCETTO PETTINATO I due turisti: • Non avete altro da esporre?• (disegno di M. Maccari). XXI APRILE Mussolini e Treitschke IL 3 APRILE 1921, in un discorso ai Fascisti dell'Emilia e della Romagna, adunati nel Teatro Comunale di Bo- ' logna, Mussolini annunziò che avrebbe fatto del 21 aprile la Festa del Lavoro e della Nazione. • Sono lieto di annun• ziarvi •, così Egli disse, • che abbiamo già pensato alla giornata fascista: noi, Fa• scisti, avremo il Natale di Roma il 2l aprile. In quel giorno, nel segno di Roma eterna, nel segno di quella città che ha dato due civiltà al mondo e darà la terza, noi ci ricOnosceremo, e le legioni sfilc• ranno col nostro ordine, che non è mili• taresco e nemmeno tedesco, ma semp(i. cemente romano». D& allora, in quel giorno, ogni anno, il Fascismo si rac• coglie per celebrare, ad un tempo, il Na• tale di Roma e la Festa del lavoro italiano. Treitschke vide in questa coscienza, che le nazioni latine serbano della loro discendenza da Roma, una forza• satanica», incomprensibile per un tedesco. Sarebbe difficile gmstificarc o anche soltanto spiegare l'aggettivo. Vero è solo questo: che nella continuità della nostra storia, della nostra civiltà, dei nostri ideali è una delle più grandi forze morali della nostra stirpe. Nei giorni della fortuna avversa, noi non abbiamo mai disperato: perché Roma ci insegnava a non disperare. E nei giorni della buona fortuna, nei giorni di sue• cesso e di trionfo, noi non abbiamo vo. luto stravincere, né ci siamo insuperbiti: perché da Roma abbiamo appreso ad os• servare in ogni cosa la misura. Noi non possiamo e non dobbiamo dimenticare che siamo i discendenti di co• loro che, per secoli e secoli prima di noi, nacquero e vissero e morirono su questa stessa terra su cui noi, oggi, viviamo. Noi non dobbiamo dimenticare che coltiviamo la stessa terra coltivata dai nostri avi, e che abitiamo in città illustri le quali hanno avuto una grande importanza nella storia dello spirito umano. Questa discendenza è nella continuità del sangue e della razza; ma ancor più profondamente è impressa nella continuità degli ideali e del carattere. Gli ideali di Roma sono gli ideali degli Italiani d'oggi. La suprema passione del cittadino di Roma - la grandezza dello Stato - è la passione dell'Italiano di Mussolini. Questa continuità, appunto, pose energicamente in rilievo il Duce, in un discorso che pronunziò appena un anno dopo l'annunzio fatto ai Fascisti dell'Emilia e della Romagna. • Celebrare il Natale di Rolna », Egli disse, • significa celebrare il nostro tipo di civiltà, significa esaltare la nostra storia e la nostra razza, signi• fica poggiare fermamente sul passato per meglio slanciarsi verso l'avvenire ... Roma è il nostro punto di partenza, è il nostro simbolo, o, se si vuole, il nostro mito ... L'Italia è stata romana per la prima volta dopo quindici secoli, nella guerra e nella vittoria; deve essere - ora - romana nella pace; e questa romanità rinnovata e rm• novantesi ha questi nomi: Disciplina e Lavoro•. Queste parole si potrebbero ripetere oggi, a distanza di sedici anni, immurate. L'Italia ha avuto ancora una volta oc• casionc di essere 11 romana•: in una nuova guerra e in una nuova vittoria. Or fo un anno, in questi giorni, noi eravamo in istato di assedio. Più di cinquanta nazioni avevano giurato la nostra perdita. Anche questa prova è passata. E possiamo, an• cora una volta ripetere la parola del Duce del 1922: • L'Italia ... è stata romana nella guerra e nella vittoria; deve essere - ora - romana nella pace •. L'incontro di Venezia DA QUALCHE mese la stampa in• ternazionale dedica all'Austria una partìcolare attenzione. Due fatti avrebbero, secondo alcuni giornali, creato una situazione nuova nell'Europa danubiana e balcanica: la presa di posizione da parte del Governo italiano di fronte alla questione della restaurazione degli Absburgo e la conclusione dell'ac• cordo nalo-jugoslavo. Ciascuno di questi due fatti ha avuto una serie dt conseguen7.e. t stato, forse, una conseguenza del primo il tentativo che ha fatto la Cecoslovacchia d1 rafforzare i suoi rapporti con l'Austria: tentativo per il quale il Presidente del Consiglio cecoslovacco, Milan Hodza, ha an• che fatto, recentemente, un viaggio a Vienna. Altra e più sintomatica conseguenza è stato il tentativo della Francia di accaparrarsi l'Austria. •Ma la Francia~, rileva la rivista Relazio,1i i11ternazio11ali, 11 non può dare alcuna particolare garanzia per la difesa del!' Austria. Essa ha tentato in passato di scaricare sull'ftalia il peso di questa difesa attiva, ma non ha mai mostrato di volere essa stessa assumersela con attitudini (sic) o impegni diretti•. Delle conseguenze dell'accordo italo• jugoslavo, che, per altro, sono ancora in pieno sviluppo, non è qui il caso di di. scorrere. Rileviamo solo dall'una parte che lo stato di tensione fra l'Ungheria e la Jugoslavia è in gran parte eliminato e i rapporti fra i due paesi sono notevolmente migliorati; dall'altra parte che sembra sia spianata la via ad un riavvicinamento italo-rumeno. Questi, in pochissime parole, gli ultimi mutamenti intervenuti nel panorama po• litico danubiano. Essi si riassumono, in sostanza, nella tendenza generale a un avvicinamento del gruppo degli Stati firmatari dei Protocolli di Roma ~ della Piccola Intesa. Resta fuori di questo mo• vimento la Cecoslovacchia. Su tutto questo antefatto si innesta l'avvenimento ultimo: l'incontro Mussolini• Schuschnigg. Appena esso fu annunziato, qualche giornale straniero volle metterlo in relazione con la presa di posizione del Governo di Roma di fronte al problema absburgico: ossia disse o fece intendere che il Cancelliere Schuschnigg sarebbe venuto in Italia per protestare contro quella che si definiva la nuova• politica italiana. Nulla di più arb;trafio e di più gratuito d1 siffatte interpretazioni. Si può con cer• tezza affermare che i rapporti fra l'Italia e l'Austria non sono affatto mutati e non muteranno. l Protocolli di Roma, in quanto riconoscono l'indipendenza poli• tica dell'Austria, la sua integrità territoriale e i suoi bisogni economici, rispondono agli interessi permanenti di quel paese. Essi sono perciò, oggi, quel che erano ieri: la base dei rapporti fra l'ltalia e l'Austria. Nulla è mutato, nulla è acca• duto di nuovo fra i due paesi. E i due statisti, a Venezia, non potrr.nno non constatare l'armonia delle vedute dei rispettivi Governi in tutte le questioni di comune interesse. PARLANO I MINISTRI INGLESI EDEN ha detto che l'Inghilterra intende ,.-i,-:eree. luciar vive-re•; programma d1 cui non ~ chi non veda la somma n~ionevolezza. Sarebbe forse temerario indurre dalle parole dcli'• onorevole g,ntlnnan. che fino a ieri l'Inghilterra non intendesse I.sciar vivere?•· Sir Samuel Hoarc, alla sua volta, ha solennemente invitato le Nazioni a riflettere ancora una voha sul peso quasi insostenibile che ci metteremo tutti sulle spalle se non g1unR:iamoa una limitazione del tonnellaggio e degli armamenti delle nan da guerra•· Parole colme di saggezza. Ma, dunque, le Nazioni, fino ad ogi;ri, non hanno riflettuto abbastanza sul tonnellaggio e sugli armamenti delle navi da guerra? Eppure ne hanno avuto tutto il tempo. Sono parole. Ma il mondo ha tanto bisogno di sperare in un domani migliore, che queste parole hanno notevolmente contribuito a far rinascere, nella stampa e nell'opinione internazionale, un certo oninusmo. COSI PARLOSCRACRT HANi"O pur fornito aJimento a speranze d1 bene le parole che Schacht ha pro• nu~ziatc a 0rul..ellca. Sono! all 'i~c:rca, venti .anni che que1t1.,personaggio eminente occupa la scena della politica europea. La sua abilità di tecnico ~. ormai, proverbiale. Più che un ministro, egli ~ un acrobata, quasi ,1 potrebbe dire un mago della finanza moderna. Ma non meno f@-moscsono le sue qualità di conversatore. Egli ha in gradd eminente l 'artc di incastonare in formule bre\"Ì e incisive gli insegnamenti delle più comples• se esperienze economiche. Nel salone della Legazione di Germania a Bruxelles, fumando un enorme sigaro, egli ai ~ esposto al fuoco incrociato dei giornalisti dei più ,·ari paesi, rispondendo a rutti e a tutto, con sicurezza, con lucidità, con prontezza. • Fatemi pure le domande più indiscrete ... ~. egli diceva; esse diventeranno discrete attra,·erso le rispoSte che io vi farò ... L'autarchia~ una necessità, non un ideale», ha detto. , L'ideale ~ il libero scambio ... Se la Germania ha fatto ricorso, in alcuni campi, al sistema dell'autarchia, è stato perch~ cS!la non ha il denaro per pagare all'estero i prodotti di cui ha bisogno. 11a questo sistc• ma ~ moho più dispendioso di un rnorno al hbcro •cambio; e per questa ragione la Germania ~ disposta a congiungere i suoi sforzi a quelli degli altri paesi, che intendano torn~:te3rr~;a~~g~';~ti~;,::ea~;i ea:bta~i~::~ tribuito a rendere più difficile la situazione finanziaria della Germania, Schacht ha risposto che, anzi, il riarmo ha messo la Germania in condizione di trattare su un piede di eguaglianza. , E questo è stato•, egli ha detto, • una garahzia della pace europea. Nessuno desidera un'altra guerra: in questa materia, tutti i pacai hanno lo stesso sentimento. lo credo che un miglioramento economico generale si possa ottenere, ma che esso debba esser preceduto dalla pace poliuca. L'una cosa non può esistere senza l'altra. L'Europa de1idera una pace permanente e duratura. E io pen10 che una soluzione sia più ,·icina di quanto .ion !o.se in pas.,.lto . Cosi ha parlato Schacht il mago. E anche queste parole il mondo ha accolte con un senso di sollievo e di timida fiducia. FRANCIA E GERMANIA SECONDOIL DOTT. SCRACRT MA AD UN noto giornalista francese, il Sauerwein, che lo interrogava più particolarmente sull'avvenire dei rapporti franco-germanici, il mago h2 risposto chiedendo. alla sua volta, pcrchi la Francia non abbia accettato l'offerta tedesca del 1936. Credete voi•• cosi, press'a poco, egli ha detto, •che se la ~rmania rinunzia a un paese, cornc l'Alsazia e Lorena, che per lungo tempo ha fatto parte del suo ten 11orionazionale, questa sia una cosa di poco conto?•. Ed ha aggiunto:• Cercate quale possa essere stata la ra~fone di questo rifiuto. La trO\'Crcte •. Ed ha detto ancora:• Se non avete fede nei nostri impegni, perché ce ne chiedete degli ahri? •· Ciascuno di questi tre punti. merita qualche commento. • Credete ,·oi ,, ha dctlo Schacht, ~ che se la Gennania ri.nunzia all'Alsu,a, queSta sia cosa da niente?•. Evidentemente nessuno lo crede. i\1a molta gente, per lo meno in Francia, pensa che la Germania all'Alsazia e Lorena abbia già rinunziato una voha e che non .. , dii rinunziare due volte alla uessa cosa. ...a Francia rinunziò dopo la guerra del 1870 all'Alsazia, e dal 1870 fino al 1913 mai pretese di rinunziar,·i una seconda voha e di far valere questa seconda rinunzia nella bilancia dei suol rapporti con la Germania. Ma, evidentemente, 1I principio donn,r tt rtttmr ne vm,t ~ francese. Secondo punto: quale è la ragione del rifiuto francese, alla quale accenna Schacht? Probabilmehtc il patto franco-sovietico. Terzo punto: • Se non avete fede nei nostri impegni, pcrchl ce ne domandate altri?•· La domanda non è molto logica. La Francia può avere fede negli impegni della Germania, e, nello stesso tempo, ritenere .:.he la Ger• mania, impegnandosi a rinunziare una seconda voha all'Alsazia, offra troppo poco. Ma non è questo quello che più in1erena. 1...aFrancia, dunque, ha chiesto che la Gcr• mania assuma altri impegni. Quali? Di non attaccare ad oriente? e cioè gh stati baltici, e, attraverso gli stati bahici, la Russia? O di non attaccare la Cecoslovacchia? Non sono che ipotesi. Quel che è certo è questo: che la Germania ha rifiutato di assumere nuovi impegni. Un esc[(ela troppo esigente potrebbe rav. visarc una certa contraddizione fra questo fatto e I'affcrmuione del don. Schacht, che abbiamo dianzi riferita: e cioè che tutti, in Europa, vogliono la pace e che la soluzione ~ vicina. molto più vicina di quanto non fosse in passato. L'IMMUTABILE CARATTERE DELLE GUERRE DI SPAORA LA_GUER~A civ_ilein lspagna dura da circa d1cc1 mc11, e ancora non se ne vede prossima la fine. Per conto nostro, temiamo che durerà ancora a lungo, molto più a lungo d1 quanto comunemente si creda. Garvin ha ricordato una pubblicazione inglese di un secolo fa di Richard Ford: fii• 110,ical /nqu.1ry mto the UnchangMble Cha• ratttr o/ a War 1n Spain. In essa si dimostrava che per circostanze di territorio, di clima, di razza, le quali non trovano riscontro in altri paesi d'Europa, le guerre in hpa!fna avevano '«:mprc presentato, dai tempi di Roma fino a quelli di .:--=apolcone,lo steuo carattere: di lunf(hezza, d1 ostinazione, di disperazione nella difensiva. N~ le guerre che si svolsero 1n lspagna dopo 1'apoleone, smentiro_no questa diagnosi. Alcune delle guerre c1v1li del accolo scono durarono fino a cinque e sci anni. Tutte furono lunghe, osunate, disperate. Ora, di rutte le circostanze che,. secondo. il Ford, cost1tu1vanola rBl-:IOn•cdell'tm.mutao1Je carattere delle guerre in lspaina •, nessuna ~ mutata: non la geografia, non il clima, non la razza. Perciò la .ituerra odierna sarà come tutte le altre guerre spagnole: lunga, o~tinata, disperata; ed ~ stato un errore pensare che potesse essere diversa o che potesse giungere rapidamente ad una soluzione. LALETTERATURADIPLOMATICASULLA GUERRACIVILEDI SPAGNA ME:'\TRE si combatte m lspagna, le Cancellerie europee si scambiano no• te. ;-.;'onsarebbe facile compilare un cataloi,i:ocompleto dell'abbondante letteratura diplomatica cui la guerra civile di Spagna ha dato origine. Particolarmente fertili di iniziative sono stati il Governo francese e quello russo: l'uno cercava la gloria, l'altro un alibi; entrambi face\"ano della propaganda. Ricordiamo bre,cmente le principali m1• ziative di Parigi, di ;\losca e di Valencia: 1° agollo: Comumcato francese circa il non inter,ento. Giorni suutult:1: Gli ambasciatori francesi a Londra e a Roma fanno dei passi prcaso quei Governi 6 agosto: JI Go,·emo francese propone un 8 t:~:,r~'.- c~;:t::t: pf%~~:;n;~~le~~~i':~ tenento. 15 agosto: Lettera di Delbos all'Ambasciatore inglese a Parigi, annunziante che il Governo francese vieta l'csportaz1onc di armi per la Spagna. z7 stttmtbre: :,.:-otaspagnola di protesta a Ginevra. J ottobre: N"uova nota spagnola a Ginevra. 6 ottobre: Nota sov1et1cad1 protesta al Comitato di Londra. 13 ottobre.: Nuova nota sovietica di protesta al Comitato di Londra. ZJ ottobre: Si riunisce il Comitato e si dà lettura di un'altra nota sovietica. z7 1uroembrt: Nota del Governo di Valcncia per ouenerc la convocazione del Consiglio della S. d. N. -I diumbre: Tentati,·o anglo-francese di mediazione. n diumbre: Riunione del Consiglio della S. delle Nazioni. J6 e z7 diumbrr: Passo anglo-francese allo scopo di far cessare l'afflusso di volontari m lspagna. (ro grnnaio: Da ricordare a parte: il ;\lemor•ndurn ingluc sul non-intervento). 17 gmnaio: Risposta francese di adesione condizionata alla nota inglese. 17 gumaio: L'U. R. S. S. assume atteggia• mento negativo d1 fronte a.Ila nota inglese. 26 /t.bbraio: Il Ministro Delbos an'nunz1a alla Camera di voler proporre una mediazione fra Burgos e Valcncia. 18 mar:zo: La stampa nazionale spagnola pubblica il testo della nota segreta con cui il Governo d1 Valencia ha offerto il :\tarocco spagnolo alla Francia e all'Inghilterra . Qucsio fino alla fine di marzo. E a quest'arido elenco, si dovrebbero ancora afrgiungere: 1) prima di tutto le note di adesione, o di protesta, o di smentita, che ciascuna d1 quelle inizia1i,·e o della Francia o dei So,•icti pro• voeò da parte delle altre potenze; z) in secondo luogo le discussioni spesso tempestose che ebbero luogo 1ia i..nseno al Comitato di Londra. sia in seno al Consiglio della S. d. N., e in cui si ripeté a voce il processo dialettico che si svolgc,·a per iscritto attravuso le note: accuse a scopo di propa• ganda da parte d1 Valencia o di Mosca, proteste e controaccuse da parte d1 Roma o di Berlino; J) infine le accuse contro l'Italia presentate uhimamente dall'Ambasciatore russo '.\laJsky al Comitato di Londra e dal medesimo Am• basciatorc miseramente ritirate. E questa è storia troppo recente perch~ sia necessario ricordarla. ti: po11ib1le trarre una morale da una coal abbondante lcttera1ura diplomatica? La morale ci sembra sia questa: che alcuni Governi considerano la diplomazia non come uno strumento di governo, ma come un mezzo di propaganda. Perciò essi fanno passi, che pre,·edono inutili, diramano note, é:he lasttranno il tempo che trovano, lanciano accuse, che ben sanno infondate. All'incirca, un metpdo che somiglia stranamente a quello che seguiva Mister Oick, l'immortale personaggio di Dickens, per diffon_derc il suo memoriale. Egli scr_i"eva, scriveva, dalla manina alla sera, e poi, con 1 fogli coperti della au11s. crittura fine e minuta, faceva degli aquiloni e li lanciava in ana: • e•~ molta corda,, diceva a Davide Copperficld, • e l'aquilone, quando va in alto, porta i fatti lontano lontano. /1 qiusta la m,a maniera di diffondtrli. Non 10 dove vadano a cadere ... Dipende dalle circostanze, dal vento, e cosi via. Ma io li affido alla aorte•· That's my manner of d,f]unng •,m: potrebbe essere il motto d1 una gran parte della diplomazia moderna. OMNIBUS ANNOI, NUM.4, 24 APRILE 1937. XV OMNIBUS SETTIMANALEDI ATTUALITÀ POLITIOAE LETTERA.RIA. ESCE 11 SABATO IN 12-16 PAGINE ABBONAMENTI Italia e Colo11le1r11110 L. 45, 11m&11re L. 23 Eatero: an110 L, 70, ttmenrt L. 36 OOMI WU■BRO UN& I.IRA :a::: 0~!~~11:~~f,'!~11' r 0 ~f :!~~~ Dlredo111: Roma - Via del 1311dario2,8 A.nualabtrado1111: Milano• Plaua CarloErbi, 6 loe. A.noti. Eclltrtet "OIOfIBOI" • IIJJuo

O ■ NJBIJS PAGINA 3 Profughi spagnoli nelJa cattedrale di Malaga. LAPRINCIPESSA IliLONDRA OPO un breve soggiorno a Vera Cruz, Leandro trovò lavoro in una. di quelle immcmc fattorie dcli' interno del Messico, tanto grandi che a volte non se ne intui,;c-f' n('mmr-no un proprietario. 11 padrone era una donna, cono\ciuta in tutta la regione col nome di Princìpcs,;a di Londra. Venuta al .\.tes,ico vent'anni prima, come governante inglese, dopo aver farto un po' tutti i mestieri, aveva r,1ito con lo sposare un vecchio po,sidenic dell'interno. Morto il marito, le va-,tc pianta~ioni di cot◊ne rimasero ~ue e da quel giorno, ,;j può dire che e.""a governò l'intera regione come un uranno: un c~ercito di uomini armati, profughi di tutte le galere, era ai suoi ordini e l'ubbidiva ciecamente. Vicino a lei, stavano srmprc tre o quattro amministratori, giovani elcg;rnti <'hc d'anno in anno ,i rinnova- ,·ano, e tra questi i più influenti erano et·rti tipi ,nelli eh,:; non c:.aprvano nrm- !neno ben cavalcare, ma in compen,o mdo,;.,avano ~iubbe ,trette ai fian(hi e <,1lzoni di vc.·lluto. portavano catcninr d'ar~ento ai polc:.i,e pi,tole dal maniço di madreprrla alla cintola. Xci primi me,i, Lrandro non riu- ·d mai a vedere la Principessa. In certe notti, quando i <"an('elli della ,tac- ' iona1a rrano chiu,i, e tutti ,1avan tapp,1ti in ca~a a hcre e a raccontar Morie, ,j udi\.•ano colpi d'anna; poi. di tanto in tanto, pa,.,avan vicino molti avalli e cavalieri ~uidati da una donna che a~itava un fru,;tino con un hraçcio incredibilmente lun~o. « I;. la Principe<;c:.a che va nell'interno della piantagione >, dicevano i caµi mandriani. In tutta la fa~rnda, l'uomo pili rJ,pettato era un certo Pedro, né contadino né ç:walir,e: uno ~trano pcr- -.onag-~io che ridt>v.l di tut10 t~ c-hc era ,olito parlar,· e prcgarf' un'jmma~inl' ..;_1rra che porta\·a nella tasca dri pantaloni. Quando era di catti\'O umorr, pa~,a,·a il dito c:.uifulminanti d1•1l(' <"arluf"ce allincat"."' sulla cintola comt• su ·rn,, tastiera <'apan· di moni c-omprrn• ,,hili a lui c:.olo. P<'dro l' Leandro divc:-nncro amici. Quando s'incontravano, il \'ecchio di• cf'\"a al ~iovanc: e: Buttati un secchio d'acqua sulla tf'qJ "<' Vl·di la Prin<'ir,w,;c:.>a. L·na c;cra la padrona ~iunw a ca- \'JII() e a,·eva ai fianchi due gio,.·,rni dai haffi hruni. Entrò impettita c;uJla -dl,t. ri!tida cnme una statua. Sc("<;Cda c-.1,a!lo, ,i dire.,~c ver-.o i mag-anini don· o-.,('rvò minutam,.nt(' o~ni coc;a. Tro\"C·, Lt>andro che facrva i conti; lo ~u,irdu uu momento, poi ordinò ai ~10\·ani dc•I ,1·~uito cli dare un'orchiat:i. ai Jilm. IHfin<·. 1ivolt.1 all'italiano, e hie~<> fon \Oct· impron·i-.am<>nte aff.lhik: « Di doH' c:.ei? > «-Italiano, ffiioro >. ri,po~ Leandro. « Porta((' i lihri con voi •· c:.(•guitò lri Prindpc-.,a con VO<'<' ac:.pra vùlta ai dur dt>J w~uito. « E a ri1m•ndrrli \"Cl• ra1 domani ~era al Palano>. a{!giu1v,t• 111 un di .., 1t·to italiano. fi,~ando Lt·andro. L:1 ,ua dopo, quando L('andrn andb • 1 riprcndt•rP i librL era qua,1 nottr. ma si fece notte alta prima che vcnjs- 'ìCro a chiamarlo per introdurlo dalla Principes'kl. La signora lo attendeva in una bella sala dove appariva un grande pianoforte a coda, su .. 1..i ,t..i..-ano w,.-venti• na di rivoltelle allineate per ordine di grandezza, dalle più piccine con il manico. di madreperla alle più grandi a doppia canna. Seduta ad una scrivania in un angolo stava la signora, e una lampada illuminava il suo volto di giovinetta orribilmente invecchiata. « \'ieni qui, italiano, !lai che li tieni ~ne i conti, tu? Ti metterò a capo d1 tutta la contabilità. S'intende se mi dai retta. E avrai una bella pai{a ». Leandro disse a mala pena: « Grazie • ; dentro di sé non ~i sentiva sicuro. In quel momento. un contabile apparve nel vano della oorta; fece un kg_~ero inchino e si fermò in attesa. e C~i ~? Chi 5j l>Crmette? ... > gridò la Pnnc1pcssa, e borbottò fra i dentj: « .\lacaco :,. Poi c:.ialzò con tanta f~ria che rovesci~ la sedia. lndi'ìpCttl~a, p~csc _dal piane_>una phtola, e .l{hela tirò _dietro. Il giovane fuggì. « Cos'hai da ridere? > disse Ja si- _'{nora ri\·olta a Leandro. Ma la c;ua voce era ritornata calma. In 5iJenzio lo guardò a lungo, poi parve riflettere dentro di c;é. e PrC'ndi i libri >, disc;e infine « darò ordine perchf ti mettano ai' nuovo !>O'ìto. Torna fra sette giorni. Ora vatte11e >. Torna~do ai magazzini, Leandro ,illun.~ò d1 men.o chilometro la strada per evitarr le abita1ioni dei piantatl)ri meticci. Durante il cammi·10, ricordò con ra~tidio eh<• ~li occhi della PrincipC'v•a ('rano c:.e\.·erei vizi0:-i. Entrato nella sua camera, ,;;orrio:cdi {fU<'>ttvei~ioni e ~i coricò. .Ma gli occhi della vrcchia, anche j11 c:.onno, non lo lasciavano. Ri\'iùe la Principt:"c:.c:.~a'duta al tavolo, e alt'impro,rvi'ìo i tratti di quella megera ~i ingentilirono: il naso si fece fino fino i capelli divennrro d'oro, di un or~ dai :ifles,;i anurri 1 e gli ocd11 'ìpkndenti C"Omequelli di un.:\ g-atta. e \·icni, vieni, Leandro>, diceva la g-iovane. Leandro 'ìi avvfri.n.l e feci· per abbracciarla, ma in quell'i~tantr jJ vi,o diventò di nuovo grinzo~o e pieno di orribili C"hiane \·iola. * * In un luogo di coloni, dove capita. vano molti '>Oldati e ol)("rai eh<' v<'l)Ìvano "Pe.,,o da una faunda non troppo diqantc. Leandro tra'iCorrrva le- ,;;ere-. Durantt! lr fr<ite, nC'llt o,u·ri(' si faC<'vano C"ombatterr i galli; in un'arena all'aperto si urridf'vano tori l'uno dopo l'altro, fra grida cli gioia r di furore- degli •Mani "pettatori, e spe~- ,;;o le pi,tol<' \cattavano comr se aHsscro , ita propria. Ogni ,rra, ogni ora le lotte si acccnd<'vano furibonde <' nello st<'-,;;sotC-'mpo qua,;i ino,;;c:.ervate; qualche bottiglia ~altava .;('mpre \Otto il piombo; le feriti', comunque fo,,.ero, non parcvan pili quelle co~· tragidlC' che noi pC'n'ìiamo. Anzi, fuori df'ila J>Orta o dirtro il bancone del har, rrano c:.C'mprcpronte certe grandi catinelle di acqua e ,;aie o di Lintura di iodio, che servivano bene alle molte ferite che quegli ubriaconi di tanto in tanto si facevano reciprocamente. Quando gli indiani avevano bevuto, occorreva chiuder bene i cancelli, baJMc ..1lic mr1ndric, e muoversi poco e bene annati. Una sera, appena giunto dalla Principcss.'l per la consueta resa dei conti, Leandro fu fatto entrare subito nella sala, e trovò la padrona che f rustava un indiano gigantesco, inginocchiato sul pavimento. La donna era terribilmente eccitata e Leandro sul momento la credette ubriaca. i\1a la vecchia licenziò l'indiano come se fino allora avesse conversato affabilmente con lui, e si volse a Leandro con un dolce ~guardo. Lo costrinse a bere del mm, e gliene versò perfino un bicchiere sulla testa. « Rinfor,..a i capelli >1 diceva, « rinfor~ i ca1>elli, italiano! » Poi lo congedò senza a,·ere ri'ìcontrato i conti della settimana che Leandro aveva portato con sé. « Li guarderemo domani sera i conti », aggiunse la Principessa salutandolo, « tanto tu verrai qui a pas,are la notte, invece di tornare in maga12:ino. Vieni alla solita ora >. Leandro, incontrato Pedro, gli raccontò ogni cosa. Ma il vecchio rise e ~li donò una penna di gabbiano, perché la mcuessc sul petto : « Protegge dalle \'ecchie >, disse scrio; « tienla con te», aggiunse ridendo. Poi, cambiando voce, riprese: e Oramai ti sci mc""◊ da parte una bella somma fatti fare i ba~a-~li e parti presto. Chi va con la Principesc:.a una ~era, ha un triste de- 'ilino. Prendi il tuo cavallo, attravcr:sa la piantagione e va verso il fiume fino a Catalao; lì prendi il treno. Da' retta ai miei conc:.igli, tu non conosci la Principessa>. « Perché debbo partire? Che \'uOi che mi c:.ucceda? > rispo\e Leandro. « La \'Ccchia gallina mi ver)erà un po' di rum sulla testa! Ecco tutto>. Quella notte molti capi della mandria della Principc,;~a morirono avvelenati. e la ~ua furia ,;;j river~ò su tutti c:.pccialmente su Pedro. ' A notte alta, alcuni uomini lo andarono ad arrr~tare e il vecchio li c:.eguì con un sorri'ìO che non -era né tri~tc né spa\'aldo. All'alba cominciò il proceo;.,;oe, Pedro fu ac:.c:.oltdoal Tribunale. ~[a lasciato in libertà, fu tuuavia accompagnato a ca ..a da tre ,;oJdati. Giunti all'abitazione del vecchio, i ..oldati, invr<'C di frrmar,;i, invitarono Pedro a pro,;;eguirc vcr,o la prateria. L<•andro, ch'era alla finestra di ca~a, lo vide allontanar,i scnu ribcllionr: prcc:.c allora, un cavallo e li 'ìC_~uìper S<'Oprireciò che sta\"a accadendo. Da un'altura fece appena in trmpo a vedrre la sctna : i tre soldati imi.;,tcvano perrhé il ,·('cchio c:.ali.s.c a cavallo, e gli indicavano la pr.:it,.ri., comr J)<'rc,;ortarlo a fuggirr. P,·dro non era più indifferente r pareva rac-c,..m,rndarsi J)('r restare. Alla fine, fu co~trctco a partire; Leandro lo vide ..alir(' in arcione e com:-re a galoppo wr"o po• nrlltc. ~1a il vecchio non an•,,1 fotto ancora cinquanta metri, <"he du1• fudlate dei soldati lo facevano cadere da ca\'allo. E udì la voce di Pedro ,;ridare: e Cani! • Jl tribunale lo aveva assolto per mancan1a di prove, ma la Prinripes~a ave• va pcn,;ato a chi affidarlo per accompagnarlo a casa. * * Leandro lasciò la /at.enda quella notte stesc;a quando la padrona l'aspettava. Cavalcò fino all'alba, ~n1.a incontrare segno di vita. Dopo ore e ore, finalmente alla sua destra apparve una strana capanna, costruita su palafitte. Vi abitava un vecchio che lo accolse di cattivo umore. « Per andare a Eusenada avete fatto molta str:tda di pii'1>, disse costui. « Siete lontano venti chilometri ~- Ai piedi delle palafitte c'era una barca; un porco stava sdraiato all'ombra e diverse galline beccavano qua e là. Leandro, dopo avere legato il cavallo, si sedè accanto al vecchio. l_I vecchio cominciò a dic:.corrcr..:, e chts(à perché, proprio della Principes~a. « Al !vles~ico i grilletti delle pistole sono facili a !iCattarc, hanno l'acciarino asciutto. Ma il )lessico è un paese per chi è giovane come te>, conclu~c. La mattina dopo Leandro partì ,;enza aspettare che il vecchio u,;cisse dalla sua capanna e, dopo cinque ore di cammino, giun,;;e in vista delle prime cac:.edi Eu~enada sulle coste del Pacifico. Durante la notte aveva c:.ognato San Francisco e pensò di potersi imbarcare al più presto. - Arrivò a San Diego di sera; le strade erano quac:.i de'.'>erte,ma la città aveva un brulichio nac:.co~to. Entrò in un bar, do\'e .-,edevano alcuni meticci, qualche americano e molte donne indiane e bianche vc,titc di '-eta, con penne di c;truzzo nelle folte capigliature. Una di qu('~tc .,j avvicinò a Leandro, e vedutolo CO"-Ì impolverato come era, e.,cJamò indicandolQ : « Ecco uno dell'interno, ragazze! >. F. avvicinatac:.i a lui gli chi<'"-C: « Hai dei duros? » GUGLIEL~!O PETRONE STORIA BREVE U.V TALE at•rt·a uno bella amante t ,ie tra molto geloso. E 11n giorno giunu ,naspettato a cma d1 lrr t la trot'Ò co11un suo :~;;co~ ~;t'J;o!i~:g!u~·::~ ~i 1;11/ 0;"~n~hr~= circostan:zt fosuro tc1li da non last:iare mssisure alcut1' dubbio si,/ peccato t s11Igrado di ruo, purt tifa ntg6 brat.·amentt og11i cosa e giim3 , spngi11r6 cht non ts,stet·a o/ mondo do,ma più fedele di lei. No11 si placata perciò lo sdegno di /111, rhé anzi I ,mpuden:za dr/la donna lo esaspnm.-a ancor più dtll'offesa pa- tita. E allora la bella, quando tbbt prrgcJto, picm!o, g/1,roto, s11pplielllo, td tbbt t"isto ri11sàr t·ane lt pregJ,i,,,-t, i picmt, e i giuramenti, quando tbbe esa11rito tutte lt sue risorst stn:za attentre cht il cuort di lui 11 addolcisse, pro• ruppe, olla fint, dolente:• Oh! amico mio! Si t"tdt clu no,i m, ami più. C'rtdi più ai tuoi QCthi tltt allt m,t paroft ~ . I URANTE il luglio 1~36, dopo quattro anni di semmario, tor• nai a San Pedro che è il mio paese natale. ;\,(ancavo da tanto tempo e avevo molto desidrrio di rivederlo, sebbene non vi avessi che mio zio, commerciante di bestiame. Con grande sorpresa trova.i il luogo diverso da quello che mi ero figurato. \'i regnava una grande miseria. Gli opera.i di una fabbrica di la• tcrizì, che era la migliore riso~a del paese, sedevano inoperosi nei caffè. A cac:.a, mio zio mi accolse non con freddezza, ma con una certa ironia. Mi disse che per salvare il mondo i preti non bastavano. Da principio non capivo e credevo che f~e diventato anticlericale, sebbene nella mia famiglia tutti fossero stati ~empre religiosi. Ma nei giorni che seguirono capii di che si trattava. Lo zio era comunista i era iscritto ad un gruppo trot~kista, leggeva molti giornali sovversivi cd era nemico di Stalin che, ~~condo lui, portava la Russia alla rovma. feci amicizia con un certo Alfomo e ci rivedemmo. Lui stesso veniva a trova1mi. Aveva la smania d.i parlare di politica, conosceva molte cose a mc ignote. )1i parlò di Gil Robles. lo avevo udito quel nome raramente, ma diventò quello dell'uomo che, secondo la mia immaginazione, avrebbe salvato la Spagna. Vole\'o sapere notizie su di lui, e imparai a capire quali erano i giornali che ne parlavano bene. Un giorno, su uno dei fogli sovversivi che leggeva mio zio. trovai contro Robles molte ingiurie. Dicevano fra l' altro che aveva un difetto fisico. Ne rimasi a.mareggiato. Un giorno, un possidente dei dintorni fu minacciato, e mio zio cominciò a dire che certe cose non dv\·evanc succedere. Io mi misi a ragicnan• con lui. Credevo che fosse la \·olta hucna per poterlo convincere. Mo. (1uello era risoluto. Diceva che gli spagnoli sono dei lazzaroni, che il comuni'ìmo bisognava .farlo come lp facev:mo gli alti; europei, per esempio i france-si. Io non sapevo da che parte rivolgermi. O pensavo a Gil Roblc:s, o pregavo la Madonna. Feci molte preghiere perché Dio allontanasse dalla Spagna una ~ran~e. ~.ciagu.ra. Fui ;,reso da trasporti m1'ìUc1. Talvolta mi alzavo di notte. Faceva molto caldo quando vennero le; prime notizje. Eran? _no~i1.ievaghe; dicevano che 1 comuni.-.h d1 certe città avevano ammazzato molti ufficiali. Ra~contavano episodi di sangue accaduti sulle navi, Si cominciò a parlare del generale Franco. Fuga notturna Una mattina, una •·donna venne a dirci che durante la notte erano accadute CO<ieincredibili. Alcuni giovani comunisti, c~trati 'in casa del prete, lo avevano uCCl\o. Da allora <"ominciai a capire quello che accadeva. .Stc1:nm? r~ascosti in casa per alcuni g1orrn. \ emvano fino a noi noti1ic di mass."lcri; certi proprietari erano stati u_cci•i insieme alle loro famiglie . .\,iio zto aveva ~ol? una speranza: poter mandare a chiamare un tale che era un capo comuni.,ta suo amico. Scrisse una kttera per lui e la affidò ad un ragazw. Il ragazzo andò e tornò dicendo <"hequello era \tato ucciso in co:rb;.Hti mento contro i marocchini. lo non sapevo che fare. Durante la notte la nostra casa fu invasa. Ci rifugiammo in granaio e sentimmo ,·ociare e frugare le !"itanzcvicine. Le donne di casa urlavano. Ad un certo punto1 non potendone pili, sce,;i le scale di CON. Non a,evo la tonaca, Fug~ii per la cam1~agn_a e. corsi fino a perdere il fiato. D1 mio zio non seppi più nulla. Da allora la mia storia e molto !>Cmplice; arrivai con grandi stenti a Huetc. La cmà era piena cli miliziani. Lì fu abba"-tanz.a facile potc1mi arruolare-. fui a,.,(.•gnato ad un battaglione compmto quasi del tutto da giovani che coi~ mc ;ion avevano mai prC"ìo le a_rm1. Tutt1 1 _parlavano di grandi vittone; e anch 10 fingevo di c,seie contento alle notizie che arrivavano. ~1a ave• vo un mio piano. De.,idcra.vo arrivare al fronte e poter pa~,are nelle lince nazio!1ali. Seppi che Cii Roblc\ era andato m Portogallo. Di settembre, arrivai a ~{adrid. La città aveva qua!ii un asoctto normale ~cbben~ in tutti. i quartieri apparic:.srr~ 1 ~cgn1 della rivoluzione. Dormivamo in una ~a,crma dove nel luglio erano avvenuti combattimenti sanguinoc:.ic:.-,;;i. mi. Notai ,;u di un muro ma'cchic ro'.'>- t.e, capii che era sangue. Un mili,,ianO andalu-.o mi raccontò che C<'ntinaia di ufficiali e soldati nazionali erano \lati fucilati contro quel muro. ~..-(a non rcqammo molto in ca,cnna. Fui co\tr<>t• t<?ad andar~ s~l fronte di Guadalajara. >,;on partec1pa1 a nessun combattimento. l rossi avc\'ano grande paura dell'avia1ione. La ferocia dei miliziani mi (j mani• festò chiaramente a ~1adrid un pomerig~io di c:.cttembre. Cammina\'O per una -.trada ac:.c:.afìrC'qucntata, nelle ore di libera mcita. [ negozj erano aperti, con merci C'ìposte come in tempi normali. Solo alcuni avc\·ano segni di c:.acchc~gio. Ad un tratto, notai un movimento di ~ente. Da una ca.~a traevano alcune pcr"°ne e non capii di chi si trattas\e. Credetti che al solito a\'essero scoperto uno di quei pistolcros nazionali che dai tetti 'ìpara\'ano a tradimento sulle truppe di passaggio. Cc n'eran di m1-.teriosi e di irnprcndibili. 1 nvccc vidi che tutti ridevano. In vetrina Si trattava di tre monache e di due frati. Erano stati scoperti in una cantina. Furono spinti in mezzo alla strada. Gente accorse da tutte le parti. I cinque religio\i venivano schemiti; ma qua~i ,i \arebbe detto che nessuno pen- \ac:.sedi far loro del male. All'improvviso. udimmo il carattcri~tico rumore degli aerei nemici. L'umore della folla cambiò. I cinque furono spinti verso un neg-ozio di s10ffe che aveva le vetrine \·uote, non so se per saccheggio o per liquidazione. La folla allora si mi-.c a gridare. I cinque religiosi sparirono per un momento, poi riapparirono dentro la vetrina che li conteneva appena. Una monaca aveva le ~ottane in capo; un frate !itava col naso appiccicato contro il ve-tro in una c:.mor fia orribile. Gli aerei cominciarono il hombardamcnto, e tutti presero a fu~a-ire, nelle cantine e sotto le volte. I cinque disgraziati dovcv~,no gridare ; tutt:wia non ~e ne udivano gli strilli dato il grande fragore. Io, ~ebbene angosciato da quello spettacolo, mi trovai in u11;1 cantina con donne e uomini che pare• vano aver dimenticato del tutto quello che fino a poco avanti era stato il loro divertimento. Quando uscimmo, due dei cinque erano morti n~lla vetrina in frantumi. Solo due volte andai sul fronte di :Madrid. Una volta a nord e un'altra ad O\'est. Era, la nostra, una compagnia di gente giovane e inesperta, e non venivamo impiegati mai. Le sere erano molto calde sebbene fosse autunno. Ogni tanto si udivano violentic;sime fucilerie. e: poi silenzio i poi lievissimo il canto dri ~rilli. Una notte udimmo invece canzoni vecchissime. Sia dalla parte dei bianchi, c:.iada quella dei rossi, si suonava e si ballava. Quei grammofoni mi facevano una strana impressione; quac:.i mi pareva che tutti fo'ìc:.eropronti a far pace. Invece bastava \'olgere uno sguardo in giro per vedere che di pace non si poteva trattare. Nelle trincee c'erano alcune ragazze in tuta azzurra che andavano da un uomo all'altro con sorri5i sulle labbra, ma niente allegre. Seppi che si trattava di ragazze, di bambine. aristocratiche, costrette ~ fare quella vita. Si aa già alla fine di settembre quando potemmo cc:.,;ercin~tradati verso Toledo, dove si comhattcva intorno ali' Alcazar. Cominciarono a ~iungere ~tranieri. Dicevano che anche fra i na• iionali \'i t>rano "tranicri. Dicevano che c'erano perfino dei giapponc~i. ~1a presto capimmo chi erano gli st.ranieri. J françesi ci guardavano con d1.,pre7..zoJ e c:.olo qualche polacco si metteva a parlare con noi, trattandoci da pari a pari. m~~da~iei:~ udi:i~i~:d~~~i :j~;~; ~dmzr cante per una necessaria htrul-ione. Gli istruttori erano o russi o tedc,chi: i tedeschi tutti ebrei. Pre~to fummo presi dalla. vita di guarnigione. Timore improvviso In ca....crma non si stava male sebbene gli stranieri ci trattac:.sero come cana.- ~lie. Un giorno vedemmo alcuni prigionieri. Due erano spagnoli e furono fucilati dietro un cimitero; altri tre, svizzeri, non so che fine fecero. Vel"'"'-O la fine di ottobre, ebbi una 'ì0rprcc:.a. In mezzo alla casc1ma. all'ora del rancio, incon1..rai qucll'Alfon\O che avevo conOliciuto al mio paese. Ci ·guardammo per un momento, e poi ci salutammo. li mio compagno si mic:.c a fare discor~i incendiari: credevo che c:.i fingc\c:.C'comunhta, ma che come mc cerca,,e di fuggire. Non riu"civo a trovarlo fac,·ia a faccia e sfogarmi con lui. Allora il mio dc'ìiderio di fu~girc, che quasi c;i era attenuato, come se io foc.:.i pre'«J daU'ambiente, si rav\'ivò. La notte,_ cercai il mio ami~o. Lo tro\·ai e, ch1am,1tolo in dic;parte, gli confr"-.ai tutto. Lui fu cva,;ivo, ;;.icché un orr<'ndo timore mi prese. Lo la--ciaj c:.g-oml'llto. Pas,ai una notte terribile. 11g-iomo dopo ebhi la confenna. L' n mili1.iano mi di,,;e che quel giovane era <.tato uno d(•i più feroci perseguita.tori di pr('ti. C<'rto di e,sc-rmi denunciato. non c:.ape,·o c_he fare. Cercai Alfon"o per t<'nt:ire dl gimtificarmi, ma non lo trovai, Allora ~olo mi avvidi che era un ufficiale. Dcci~i di fuggire. Spe,'-0 partivano ver"o 1Ialaga autocarri carichi di militi che andavano a rinforzare qud fromc e mi nac:.co.,iin uno di e,-..i. ~ti a,vertirono che avevo ~ba.~liato autocarro, ma poi, quando dic:.c;<ihe la \"Ìta. di ca,crma non la potevo ,;;offrire, finiI'QllO per acclamarmi. Arrivammo a ~lalaga e là mi na~CO'-Ì.In qul·i giorni dopo un violento bombardamento. I~ città f1.1prc11a: mi rifugiai in un.l c.:antina con alcune donne, alle qu,1li ,·onfidai di C\,;;tre un prete furrJ?ito. Arrivati i liberatori, mì pre~entai ,, loi o. e co-.i fui ,;;alvo. MANUEL QUIROGA

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==