17 APRILE t937·XY O ■ NIBUI l'AGINA 6 IL SOFM DELLE 1'1USE i~ PENSIEROSO E;\! llE:'\ELLI pubblica ogni tanto, in un quotidiano milanc,e, Cl'rtc pro..,c gracilmentc to-.canc che sono una sorpresa per molti "uoi lettori. Sono ricordi scritti dove non manca un tanto di tradizionale bonarietà. La To-,cana ne ebbe tanti di questi scrittori bonari, e ancora ri!-chia di aver. ne. Comunque, una cosa è certa: akuni lettori di Bcnelli si '-Ono r.illc~rati. Chi vuol comprendere qur- ~to autore sC'mpre deve badare ai ~uoi lettori, che non ,ono in pochi. Gli conce..,~crofiducia venti anni fa, cd ancora gliela consciv;:mo, anche c;e in quc:,,ti ultimi tempi perfino i mobilieri abbiano avvezzato i clienti a non amare il faho antico. Del resto, dopo « Caterina Sforza>, Benclli ha intcso a volo che se ancora non mancavano applau-,:i, rischiavano di far,i fiacchi e monotoni. Si è dato da fare altrove: a quegli articoli che si diceva, poi ad un teatro moderno del quale occorre occuparci. Qut'llo che interessa, intanto, è c;hc ~i può dir con certezza quale sia il Bcnclli genuino. t que11o che, con modi consueti a tanta lctter3:tura tov-ana, vicina più che alla lingua al vernacolo, racconta o la sua infanzia o esperienze della ,ua vita. Sc1ittori di que ..t.o genere han tuttavia una strana sorte. Pochi,,;imo dotati, vòlti a cose consuete e comuni, all'improvviso si lasciano vincere da preoccupazioni che li tra.scinano lontano. E,~i che hanno soltanto una disnrta abilità di penna; essi che, sul .-.crio, non sanno narrarci che quel poco che gli accadde vicino, e sempre vi,to alla supcrfice, non ,·ogliono arrenders.i alla loro povertà. Se uno ,;crittore di memorie si arrende alla sua povertà di invenzione, arriva spesso a fare di tale dcfiden1.a quasi un amabile preP'io. Ma per tale comprensione delle proprie forze occorre una attitudine critica che manca del tutto a Benelli, e a ~crittori come lui; i quali anzi facilmente credono di poter riparare ad ogni loro difetto) c;ia di fantasia che di pensiero. fantasia e pensiero gli appaiono a portata di mano. Così nasce il teatro di Sem Benelli ; quello e storico » e quello e contemporaneo». S'inventa e si ragiona, non avendo altra legge che il continuo capriccio. Sono recenti i sucrc,;,;j del e Ragno» e dcli'« Elefante», due commedie che vogliono essere addirittura piene di pensiero e di idee. e L'Elefante» è di questi e:iomi: appena rappresentato è apparso anche in volume; dove merita di essere particolarmente considerato. Il fenomeno non è solo teatrale, rigu;irda addirittura la moralità del nostro pubblico, che ascolta e che legge. 11 pubblico italiano sembra che abbia UJla gran voglia di ccxc serie, e fin qui nulla di male : soltanto, come certi autori si illudono di avere un pensiero, esso finisce spc.,so, lettore o spettatore, con illudersi di amare gli angosciosi problemi. Problemi d'ogni sorta: religio,;i, politici, c;cssuali; che in rca.ltà non e-;;i\tono, visto che c;.pcsc;onella vita italiana sono ri- •olti nella maniera più ek·mentarc. li caso di e L'Elefante» è tipico. TI titolo vuol avere i più ripO'itÌ ,;cmi; che l'eflctto non deve e,,cr divcr-.o. La commedia gira su un personauf'io centralt, sconclusionato, ironico: in brePALAZZESCHIE BANTI ON LE DICIOTTO novelle del Pl,lio dei buffi (Ed. Vallecchi. Firenze; Lire 10), la prosa d'Aldo Palazzeschi continua a svolgersi, in confronto alla Piramide, alle Stampe de//'800 e alle stesse Sorl'll~ i\1attrassl, nel senso d'una sempre maggiore libertà. E chi conosce di quanta libenà e sfrenatezza essa ha, in ogni tempo, frutto, può facilmente immaginarsi a quali disinvolte sprezzature il Palazzeschi abbia ormai saputo portarla. In parte, per una naturale maturazione. In parte come conseguenza deliberata della famosa estetica del lasciatemi divertire•. In uno scrittore sempre \'ivacc e suggestivo, non ha troppo importanza ricercare se e come, a siffatto sviluppo, Slcno connessi detcrmmati inconvenienti, Gli rnconvenicnti, senza dubbio, ci sono. E per accennarne qualcuno: mai, come nel Palio, il P.ilazzeschi s'era buttato su quella materia bozzettistica e vernacola eh 'è comune a moltissimi narratori toscani dall'ultimo scorcio del! 'Ottocento ai giorni nostri; e non è materia tanto gloriosa. ;,.;é mai egli ave"a cosl nnunci:no, sia nel ritmo della singola pagina, sia nei significati delle invenzioni, alle più intense e ~evere qualità del suo lirismo. "\lella prima novella: Lo zio t il nipotr, l.l descriiione della bottega d'ojlgem sacri: ricordini della crc~ima e della prima com anione, rosari, croci, crocette e mcve, <;en1..a capo né coda. Quasi vien il dubbio che sia autobiografico. Non lo diciamo con ironia : nr~sun rapporto storico c,i,te fra Sergio e l'autore, ma è certo che la moralità di Sergio, le "uc a.,;pirazioni, hanno dell'autore ogni con- <ientimcnto. Non mancherà un poco di esagerazione; c;empre ai fini dell'r!Tctto teatrale. Sergio parla difficile, è agitato da problemi. Cerio Sergio vuol essere un r.imbolo, come gli altri penona_g-gi della commedia, che ha senza dubbio nelle intenzioni dell'autore una moralità, e una tesi. Ma quello che per noi conta non è nella tr,i, i cui tennini sono affidati all'ambizione di dire co,;e difficili, né nell'intrico drlla vicenda. Sta piuttosto in certi luoghi rhe di per c;é non hanno bi'-ogno di commenti. Sergio sposa Nadia: e che quando gli c;altava al collo ili faceva sentire le prime fiammate della voglia carnale che in lui ventottenne, fr1mentavano schiumando, com~ l'uva matura mCKtata nel tino. « Questi sono della commedia i voli lirici; ma il pemic-ro non ha confini. A pag. 59 l~ggiarno: «ALF-S!-;ANDR·O - Sono due fori,(" rhc ,i compenetrano. SERGIO: - Purtroppo! E fanno un gruppo raccapricciante: la \tatua fam<ha di Laoroonte; :ioè il lavoro, o,-.ia l'uomo, in lotta contro que,;to ,;erpente enorme del denaro ... È una tras:?edia che dura· da quando l'uomo è civilr; anzi sc-mbra addi,;uura che la civiltà conc;ista in questa lotta; e durerà fino a quando una forza mal'.{giore non farà giu,;ti:zia. In Italia. in un modo, in Ru,- c;ia in un altro, in Gennania in un altro ancQra, lo Stato ,;'è cacciato dentro la mi,;chia come un gladiatore ». La favola dc « L'Elefante> pcmicroso è piena di sjmili ragionamenti fino all'ultima scena quando Sc~io pare che sveli l'arcano della ~ua moralità. Come si vedr, si tratta di un cac;o asc;aj semplice. Uno scrittore che con meno ambizione ,;arebbe '>tato fra quC'i piani raccontatori, di cui spcsw si rimprovera l'abbo~danza alla nostra letteratura, me~1 su di una via pretenziosa, riesce a fare rimpiangere quello che avrebbe potuto e~scre, anche <iesappiamo con esempi che sarebbe <.tato poco. ARRIGO BENEDETTI ACCAD.EMIA L'ACCADEMIA D'ITALIA ha proclamato i suoi nuovi eletti: per la classe delle lettere, Lucio d'Ambra, nato a Roma il 1° settembre 188o, autore di 25 romanzi, 8 volumi di novelle, 12 volumi di critica, 35 commedie; Giovanni Papini nato a Fitenze il 9 gennaio 1881, autore di varie opere di pro,:a, di poesia e d1 storia, tra le quali la Storia d1 Cristo, tradotta in 30 lingue. Per la classe delle scienze storiche, Angelo Gatti, nato a Capua nel 1875, J;tenerale di divisione a riposo, critico militare e autore di romanzi e novelle. Per la classe delle ani, Atturo Dazzi, nato a Carrara nel 1881, autore di varie opere di scultura. tra le quali il Cmmlhno, premiato con medaglia d'oro all'esposizione d1 Barcellona. Per la classe delle scienze, Giuseppe Pession, nato a Bologna nel 1871, autore d1 importanti lavori nel campo della radio-elettricità e dircuore generale delle Poste e TeleSl'rafi.L'Accademia d'Italia ha inoltre assegnato i Premi ;\Iussolini • per le scienze morali e storiche a Carlo Conti Rossini; per le scicn7,ea Ciovanbat1ist.:1. Bonmo; per le lettere ad Antonio Baldini; per le ani a Gino Chierici. dagliucce. E le figure dello zio, d1 padre Luigi e dei bacchettoni che vengono ogni sera in bottega a fa, quattro chiacchere. Tali cose ingombrano ed opprimono sitfattamente il racconto, che quando la vicenda del nipote incomincia, il lettore si trova addirittura senza fiato. Un Cicognani, un Allodoli, talvolta Papini, possono servirsi d'un simile repertorio descrittivo, perché più o meno ne rispettano i limiti. Palanescbi vi gozzoviglia dentro e bivacca, disordinatamente, caoticamente; con l'effetto d1 farci venire il giracapo. O prendiamo, nel Ritordo dtlla moglit, una delle più felici novelle dd libro, il moti,·o del vaso, anzi del vasino da notte, deposto sopra alla tomba coniugale. In sé e per sé, cotesto mou,·o scjtna un estremo dì comic1t~ difficilmente ~orpas• sabile. E quando vediamo ricomparire, in casa della seconda moglie, ancora il vaso da notte, si ha l'impressione che PaJa7.zeschi abbia ,trafatto; abbia tirato troppo la corda, e sia sdnicciolato in un puro e semplice, alquanto meccanico, per fi111re A parte questa eccessi, queste brutalità (e certe opache introduzrnni ra'tionative con le quali lo !>Cnttore cerca d1 monta~i e sdipanare il filo del d1scol"'lo), il Palio ahhonda di situa1ioni e tro\'atc che non si dimenticano (Il ladro. li drmo, Il p1111to ,um, ccc.); sempre nella sfera del Palazzeschi minore. L'interesse del l{TOS<;pOubblico per Palan:esch1, all'incirca ehhe in1z10 11ei o r.ctte anni adda·tro, con le Follie d1 un tempo. (8cm Benelll è i.I primo a sinistra). IEMII IN HEBDOMADE 5 2 pensieri sulla storia dell'Europa 11. ~on <.iconct·pi~::-e, né si può .anche imma~inare, Socrate ragionante, Ge~l, che dà agli apostoli la mis,;ione di conve1 tir-~•gli uomini, per umiliare. lnvece la storia, la immanente divinità della -,toria, mi ~cmbra, oso dire, umiliatrice, non solo, ma compiaciuta d'umiliare. Certo sono ,cherzi che mi fa la fan1a,;ia e il sel'timcnto, es,;cndo io un fanta~tic:o. 12. llrrve fu J'ac;.,etto pacifico della preminenza europea sul mondo: dal 1870 al 1914; e piutto,;to onnipotent, che incontrastato anche 1n tal periodo. 13. Pacifico, nella storia dell'uomo, ha un scn.,o soltanto rc-lativo. Il più imponente creato della conquista europea della Terra, la colonizzazione del continente nuovissimo, entra nella ,;toria con proprio carattere, ribellando,;i alla madre patria ancora ben lontana, dal canto c;uo, dall'avere esaurito o ,;o)tanto posato il suo ,;lancio espamivo mondiale. Anzi, quella ribellione e affrancazione precede il trionfo di cote- \to ~lancio e rigoglio. Per contro, la guerra ru,,o-giapponese precedeva, tanto fuori d'ogni previsione in allora, la fine d<•ll'a,;~etto pacifico, annunciando che rientrava nella storia, efficaccm<·ntc, il continente antichi,;simo. 14. Le colonie d'America non ,;i affrancarono '-Oltanto per ragioni cconomich<:. ma pC'rché dalle na1ioni d'Europa ,'erano ~cneratc oltreoct•ano nazioni nuove, nel pieno <;ignificato politico e civile della parola nazione, anzi morale e religio~o. La forza dei figli dichiara la for1,a dri padri, anche avveNandola. 15. Il Giappone iniziava una ri-.co-.~a a1,iatica. non per avrre rinunciata o tradita la sua qualità ideale e politica e civill' di a'-iatico. ma ~oltanto e all'ioStampt de/1'800, che pure lo presentano m un'edizione un po' dolcificata. Consiglierei oggi, dopo il Palio del buffi, di tornare a vederlo, ad esempio, nella Piramide; per riconoscerlo ed orientarsi sulle sue doti più. profonde; e non fargli torto con una qualità troppo leggera e corsiva della nostra ammira:zione. Infranti I npari della consuetudine e del decoro civile, il Palazzcschi c.1 fa sentire il grottesco della nostra vita, non appena si possa immagmarla condannata a svolgersi, come in una gabbia da digmnatori, ininterrottamente sotto gli occhi d1 !Utti. È il metodo classico dei satirici e caricaturisti. Dallo S"ift di Thr /..adv's dressint room, al George Grosz della Domenita mattina e d1 ,\fbial(e, tutti i poeti e gli artisti che si dilettano nell'orrore c.:arnale, nel sorprendere la morte dentro all'apparenza delln ,·ita, non hanno trovato d1 meglio che applicare l'occhio al buco della chiave. Ch'è, più o meno, come ridurre una parete di muro a parete di vetro: a una parete della famosa Casi,,a dz cristallo. li Palazzeschi estende il procedimento al pacsas;i:cio e alla natura: li esibisce in atroci • spaccati ; 1n materia sanguiina e putre, sumolata nel giro dell'esistenza da una maledizione antica quanto il mondo. li bue da larnro, che bianchegi:c1a sul solco come in un affresco del Rinascimento, non i.-, m realtà, che un lurido amma,;so di ciccia e d'os\a. E coloro che c;c ne -.famcr.\nno, non avranno premura che d'imprecar,. all;1 rn!'liosità della carne contro per a\'crla munita coll'appropriar-.i ~trumenti e metodi pratici della civiltà europea. 16. Stati Uniti e Giappone rapprec;entano i popoli nuovi nati dal ceppo europeo e i popoli antichi rinati dal contatto europeo, i quali si affermano o ,i riaffermano di fronte al predominio d'Europa : i due a.spetti cd clementi della crisi attuale e futura di tale predominio ed imperio. J 7. Crisi non significa fine ; può r.ignificare aumt.•nto, anche quando l'aumento non è più pos,ibile né da proporre in sen~ quantitativo; deve anzi, moralmente parlando, signifirare aumento qualitativo. In quali termini e con quali immediati e più o men lontani doveri la storia ,;,ja per proporre agi: europei la difesa del loro predominio, è cosa dell'avvenire; ma in primo luogo e in suprema i~tani.a si difende col migliorare la civiltà d'Europa, e non domani, oggi stes<:;0. Que,to è uno di quei compiti umani ri! natura ta!r, chr- nessuna pc~ona è così cccelc;a, e nessuna nazione, da impersonarlo e~aurcndolo i nes,;una così umile e dimessa, da non aver\'i parte e dovere. 18. Come per migliorar sé ste""i bisogna conoscersi, co~ì migliorare una civiltà è pdma di tutto conoscere la storia: compiti ambedue <he per l'indìviduo fini'>cono soltanto colla morte, e colla sua morte non fini..cono, perché l'indi"iduo <;tcs,;o, per poca co,;a che egli sia stato, qualcosa ha aggiunto al. la somma ideale del mondo, al ,uo destino, al mi'itero. 19. Il dO\•crc propo'ito a ogni uomo, benché minimo. di migliorar,;i, cioè di aver coc;cienza, è in astratto l'imperativo categorico dell'umanità, ma \toricarncnte è ,;tato compre--o, con opera effettiva, in grado ,;uprcmo e caratteristico dalla civiltà europea, colla sua filo'iofia socratica, colla -.ua rrligione cri,;tiana, colla ,ua coltura umani,;tica. Come non v'è da trarne ,upcrbia. ma rcverem".a, co,ì, invece di di'iprrazione, -.i dc,e cavarne coral'.{gio. RICCARDO DACCHELLI su cui affaticano il dente; mentre il padrone riconterà con ira i pochi scudi avuti dal beccajo, trovando che, in vita come in morte, la bestiaccia non s'è riguadagnata quanto gli costa. E quel contadino laggiù; che un pittore ritratterebbe tanto volentieri, fieramente impostato il piede sulla vanga, come la stess:i immagine della salute e della pace operosa? .tTu la\'Ori, lavori finché non sarà notte. Allora ricntrenli nella tua spelonca affumicata, umida, sudicia. Fra le tue gambe razzoleranno come pollame i tuoi figliuoli laceri, sporchi, piagnucolosi. E gettatt in un cantone i tuoi miserabili stracci, ti butterai sopra un sacco dì foglie.. Pensieri vecchi quanto il Libro d, Giobbe"; luoghi comuni nella Jet~ teratura, infima o sublime, d'ogni sorta di tebaidi; stanchi d'essersi miliom di volte provali contro la fatica e il tedio dell'esi!:itenza. È nel Palio un breve racconto, anzi un colloquio: Carburo e Bird1io che, a quanto m1 sembra, non è stato sufficientemente notato da nessuno dei numerosì recensori. È scritto quasi tutto 11, vernacolo; ma è fof'-c la meno vernacola di tutte queste prose del Palio. Ed è quella che veramente s'immedesima ai toni del Palaneschi più alto: il Palazzcschi ascetico e med1e\'ale della Piramide e dc1 Due Imperi ma11cati. Anna Danti: eh, è costei? Qualcosa se n'era \'isto, due anni fa, in Occidc:nte cd altn periodici letterari. '.\la soltanto con questo lti11erarin di Panlì,za (Ed. • AuQ1.1o;;te,a Roma; Lire 10), possiamo cominciare "l farcene un'idea assai precisa. Sembra tosi che. a poco a poco, anche I quadri della nostra letteratura femminile si ,;tJeno rinnm·ando. Alle !u,;rittrici d·impeto e dancio: tipo Odcdda, Alt·ramo, Dri~o, .:\'egri, ,eni;cono ormai POUND O IL CORISTA I SOZ\'0 parecchi, diciam pure mol- e tissimi, e non dei primi venuti, sia n~I suo paese d'oriSl'ine, l'America, che in quello d'adozione, l'Italia, che a nessun patto riescono a prendere sul serio Ezra Pound. Da noi, chi ricordi certa sua conferenza su Guido Cavalcanti tenuta nientemeno che in una delle più solenni aule di Palazzo Vecchio in un certo maggio fiorentino, e solenniuimamente pagata (noi italiani quando decidiamo d'onorare uno s1raniero. o un gruppo di stranieri, società poetic~ o altro, non badiamo a spese né guardiamo pel sottile), nel mondo anglosassone chi abbia letto del Pound volumetti come //aw To Rrad (1931) o AB Co/ faonomics (1933) o i Cantos (L,ondra 1933 e 1935), nel mondo degli studiosi in genere chi abbia visto l'edizione poundiana delle Rime del Cavalcanti, edita dal ?\1arsanodi G~nova nel 1932, non vorrà mai credere che questo pittoresco persona$1'giosia destinato ad avere un posto permanente nella storia di due letterature, l'inglese e l'americana. Intanto, pei tipi della più insigne uni"ersità americana, quella di Harvard, e sollo l'egida sua e della Oxford Uni, ersity Press, è apparsa alla fine del 1936 una tesi, snella di ,este tipop:rafica e di contenuto, ma succosa e conclusiva. The Ponry o/ Ezra Pormd di Alice Steiner Amdur, che finalmente siatem..inel mondo uni\'ersitario quel disertore della cattedra e cattedratico ambulante (perché chi è stato professore una volta, sempre lo sarà) che ora nel suo studio di Rapallo, tra documenti penduli dal soffitto al modo medie\'ale, e grandi cartelle di miscdlanee, sogna for-sedi completare, con p:li altri cin~ quantano,·e contos che ancora gli restano per p:iungereal sacro numero di cento, la sua miss:one di Dante .del secolo nostro. Che ci sia tanto di tesi - si obbietterà - non vuol dire niente: al giorno d'oggi si brucian le tappe, e poco mancherà che gli scrittori possano riposarsi la domenica contemplando la loro tomba monumentale eretta a spese della nazione. Io stesso non esiterei ad assegnare la poesia di Ezra Pound come argomento di te-si all'università di Roma: con l'annetto d1 frequenza che il vigente ordine degli studi consente agli studenti di filologia moderna. non si può pretendere che si dia fondo a Shakespeare; Ezra Pound può parer fin trc,ppo. :\la b tesi dell.1Amdur p:--ec;sacerti fatti, certe date, e certe testimonianze, che senza altro bastano a collocare• Ezr:aPound nella storia letteraria: cd ~ come un santo entrato nel Paradiso per caso. Per riprendere un 'immagine di Bertrand Russell che già ebbi occasione d'usare a proposito dd Pound: se dodici scimmie seguitassero per secoli a picchiare a casaccio su altrettante macchine da scri\'ere, un bel gio:--none verrebbe fuori un sonetto di ~halcespeare. A forza d'e5pcr1mentare m ORn1metro e m ogni maniera, pro,·enzale, greca, cinese, giapponese, stilnovistica, simbolista, e via dicendo, il Pound ha avuto delle rlussites che si chiamano Tht Rl!lur-n, Tht Rrt't'-r-Mtrchant's Wlfr, f/11,gh S"lu·yn .\1auberlry, Tht Gipsy, Prur.·1ncioD~urto, fors'anche la sestina Alta/orti' che tanto piacque a Carlo Lmati e c.he in ogni modo~ famosa negli annali d'un caff~ di Londra, perché il Pound, declamandola, fece tremare tutti i vetri. (An·erto Guido Piovene che alcune delle migliori poe11iedel Pound sono apparse già tradotte in giornali italiani; per strano che g, . .,i<>susembrare, la nostra critica s'è accorta anche di Ezra Pound !). Ora, si può essere poeti per caso? Più cuaccompagnandosi scrittrici non meno sin• cere, ma più complesse e riflesse. E sul piano di questa inaspettata Anna Bantl, ci basti ricordare la Cialente e Gianna Manzini. L'argomento dell'Itinerario è vastissimo ed insieme semplicissimo: ta storia d'una fanciulla borghese, dai primi, tenui ricordi d'infanzia, al tempo che, finiti gli studi, la fanciulla s'affaccia risolutamente alla vita. Una storia nella quale, alla fine dei conti, non dpita nulla; o solo quelle comunissime cose che succedono a tutti: le villeggiature, un cambiamento di città, le amicizie scolastiche, la scomparsa di una persona cara. 11 taglio del racconto evidentemente è autobiografico, nonostante l'uso della terza persona. Appena cominciato a leggere ci si persuade che quest'uso della terza persona non è un espediente per far lievitare e per romantinare la materia, ma, tutto al contrario, è un espediente di verità espressiva, un metodo per ottenere la ma.'?giore esattezza d1 definizione. In ogni pagma, il libro è caratterizzato da uno sforzo di 1111idczza, da un bi!-iogno di chiarezza intellettuale. che non vien meno anche do,·c, come nei capitoli su11a primissima infanzia, la materia è impalpabile, quasi ipotetica. Costi il ricordo per• sonale avrebbe potuto apparire inverosimile e caricato. Cna quantità di cose non poteva ri,·iverc soltanto dalla memoria; e doveva essere creata a nuovo, per , 1rtù di una mtmz,onc poeuca posta strettamente a servizio dt"Jla verità, Press'a poco, la scrittrice partiva da disposizioni e motin, in opposte maniere, elaborati da Ca1erinn \lansfield e \'1rginia \\'oolf. "o"elle C1rci, esse compierono tante stragi, nell'ultimo decennio; e si misero s,mo ai piedi tanti e tanti ingqmi, non solamt:nte femminili; l'una incantandoli con le snttili cmdeltà del suo rioso ancora: può essere proprio un CIISO elle il Pound 1i sia trovato al momento opportuno nel luogo più appropriato, che preci~amente a lui tocc..sse nel 1912 di raccogliere il teatamento letterario di quel gran poeta di cinque poesie che fu T. E. I lulme (discepolo, alla sua volta, di Rcmy de Courmont), e di azzeccare la parola giusta per battezzare un movimento ossessionato dalla ricerca del mot juste: lmagiamo•? Hulme era uno studioso e un pensatore; Pound un confusionario e un superficiale; eppure non Hulme, ma Pound dette dell'Immagine quella definizione ( una Immagine è ciò che presenta un complesso intelkttuale ed emozionale in un istante d1 tempo•) m cui si trova in embrione tutta la in1erprctazione di T. S. Eliot dei tre movimenti •metafisici, della poesia europea (Cavalc..nti e Dante, John Donne, Jules Laforgue), e, quel eh~ più conta, la poetica sott~a a un grande poema come 1'he IVastt l.and d~ll'Eliot, quel grande poema riassun•ivo di una fasr- della civiltà europea che il Pound s'era sforzato di scri\'tre m lful(h S~l:.::yn .\1aubule,•. E per quanto nessun filologo romanzo pos5a prender sul serio Tlu Spirit o/ Romanu del Pound (1910), fu proprio codesto libro raffazzonato e capriccioso a stimolr.re nell'Eliot l'ammirazione per Dante che do,·e"a tanto influire sulla sua poesia più matura. f:: proprio per caso che il randagio Pound s'~ trovalo m cc-ni importanti crocevia della Jcueratura in lingua in~le5e, in momenti di confuso traffico, e che, apparso lui, s•~ fatto in un istante ordine e armonia quello che era discorde accozzo di suoni? Offriamo in omaggio un'immagine al fondatore d~u• imagìsmo•. Scart11tal'ipote,i del caso e delle dodici scimmie che azzeccano il sonetto di Shakespeare, definiamo Ezra Pound un corista . Xon nel senso che egli sia una ,·oce in un coro, o che non sappia cantare che in compagnia: senso che pure sarebbe appropriato, perché senza Bertram dal Bornio, o Ca,·alcanti, o quei tali cine~i e giapponesi, o quei 1aligrt"Cie francesi, è dubbio se Pound avrebbe mai cantato; eRli è, come dice 11 titolo della raccolta dei suoi "ersi, Pnsonae, parecchie maschere a un tempo, o è a<'.1irittura nt"fcmasut, un corale, al modo c.:neegli chiama l'ultima sezione della sua antologia Profik pubblicata a Milano nel 1932. :\-la corista è quello strumentino che sen·e ad accordare le ,·oci e gli sirumenti a un certo tono, e codes10 biforcuto strumentino (~1à, biforcuto come il capo del dia,·olo. o bisulco come il piè dell'eglpane) è proprio l'emblema di Ezra Pound, c.he ha dato il la a tanti mo- "imcnti poetici degli ultimi decenni in Inghiherra e in America. Gli riconoscono una maestria insuperabile nella tecnica del \'erto, l'Eliot l'ha dantescamente onorato come il miglior fabbro•, quasi un Tubalcaino della lirica moderna, un fabbro armonioso. Percosso dall'eco d'un altrui canto, il nostro corista non può non risuonare, e, risuonando, non dar la nota giusta: se lo colpisce Beruam dal Bornio, dà Ahafort~, se lo colpisce un r~soconto qualunque di giornale, dà Canlos: là una sestina lucente nelle sue ,·olte e ri,·olte come una fiamme, qua un informe borboglio come di radio isterica. Sia pura la fonte, pura sarà la noia che r~nde il corista, e a quella nota s'accordano gli strumenti, le cetre, i ";olini, I~ arpe, i sassofoni dei poeti. Il corista è acce~i.orioma essenziale, ~ musica e non è la musica, non crea ma fa creare; a ,ederlo cosl, forchettina d'acciaio. non si &ase menerlo Ira le calamite o tra le chian inJ,tlcsi o tra gli utensili di cucina; e invece - buffo dcsuno! - tro,·a il suo posto accanto alle bianche e nere tastiere, alle corde tese e ,:c1ntillan1i,ai lucidi legni e agli splendidi ottoni dell'arsenale di Santa Cecilia. MARIO PRAZ Abbonomento speciole o "OMNIBUS" da o{!gi ol 31 dicembre 19.37 L. 30 impressionismo magico; l'altra col suo lirismo lievemente allucinativo, come una interminabile e trasparente Auttuaz.1one d, veli. La Banti, nel suo piccolo, ha voluto seguire altra strada che quella dell'imitatione. E a ciò, forse, l'hanno anche aiutata certe limitazioni e quasi sordità del proprio temperamento. Perché alla straordinaria ricchezza e quasi sovrabbondan~a del repertorio psicologico, alla minuziosità del formulario di chimica umana, fa riscontro un'altrettanto straordinaria facoltà d1 reticenza lirica, !lorvegliatissima, fin ostentata. Giun~ ta alla soglia d'una quantità di situazioni, che parevano reclamare una risoluzione sentimentale, la scrittrice le oltrepassa con appena un accenno, un'ombra d1 punteggiatura. Evita qualsiasi impegno dì costruzione narrati,·a; che sarebbe stato un modo per dare a tali situazioni il dovuto sfogo e risalto. E d'altra parte, come s'è detto, si preclude qualsiasi interpretazione, in senso spiegato e cantato. 1 fatti, le immagini, le figure, scorrono nel libro col moto regolare della sabbia nella clessidra. Ciascuno di essi, in sé aspro e brillante come la scaglietta del chicco di rena, vorrebbe esser guardato con una lente d'injtrandimento; ma è prima scomparso che visto. In tanta dovizia d'~sperien1a e tanta capacità d'osservazione, questa uniforme e fugace lucidena finisce col dare una certa impressione d'aridità. Resta a \'t'!- dere se tale impres~1one è do,·uta all'eccesso d1 rigore col quale og111pagina di questo primo libro è condotta; è, in altre parole, un mero incidente tecnico; o proprio trova origine in un so,·erthrnmento delle qualità logiche e pittorh.:he su quelle emotive e musicali. È quello che ci diranno i prossimi lavori; per i quali, dopo quanto s'è scritto, ogni augurio è superfluo. IL TARI 0
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