Omnibus - anno I - n. 2 - 10 aprile 1937

10 APRILE I 9J7-XV D ■ NIBUI PAGIIM 9 l[JllA,LILO E l■RKOSSO ( PALCHETRTOI MAN) I ILIUCCIIID ILPICCDRLID F RA LE TA:,.:TE banalità che go,crnano il mondo, c'i anche la superiorità dd passato sul presente. Filosofica~ mente questo assunto st può magari sostenere. r\la ~ il filo del nigionamcnto filosofico che ha condotto Elsa Mcrhni e Renato Cialcntc 111aripresa di li Sucusso di Alfredo Testoni? Abbiamo il sospetto che i mani dell'autore della Sgnua Cattorrma siano stati tolti a quella pace che nessuno dovrebbe tur- :~~e~i~~:tid~:1~: ";;il~::e~i ::i ,=• ~~: l'mtcnto? Se il fantasma di Testoni ha fatto ridere il pubblico di bocca buona che riempiva l'ArRcntina, esito eguale sor1ono anche gli autori giovani a condizione di praticare con altrettanto impegno la puerilità. La parte usegnata da Te1toni alla ducheisa dì Santoro, autori meno as.setati di verismo la assegnavano a beneF:che divimtà, a eroi umanitaristi. La buona pane che la ducheHa fa tra i coniugi Lombardi, Ercole l'ha fat1a a suo tempo tra Admeto e Alceste. Con questo però, che intorno ai triboli domestici del re di Tessaglia il drammarurao ha tessuto una trama di parole che ad ascoltarle non ci si scapita, ~lentre le parole che pronunciano i personaggi di Testoni non hanno nemmeno 1'01- ,q:ogliodell'insostuuibilità Cosi, quando risuona nelle quinte la tromba dt'll'au1omob1le della duchessa, Alfonso Lombardi oclama: ti:: I• voce di lei!,, il che ~ un'evidente interpolazione, Non abbiamo avuto il tempo di documentarci, ma d'interpolazioni il testo di Testoni dev'esscr pieno. La duchessa di Santoro, abbiamo detto, ha un• funzione eminentemente benefica. Al caso di una fermata ferroviaria essa càpita in una cittadina della provincia italiana, e mediante un'audace n,i1tione di civetteria, di sentimentali$mO e di quel comportamento distante e gelato che vuol esser quello delle persone altamente nate, impartisce un COr'$0 di etica matrimoniale e rimette in sesto le faccende coniuj:ali del medico e dongiovanni locale. Il lato • ambiente• è dato dal turbamento isterico che ,uscita tra i nostri connazionali l'inopinata presenza di una donna ricca, titolata e nordamericana; e bcnch6 sia ridicolo mischiare dignità nazionale e sciocchezze di questo genere, confessiamo che la parte di 8parviero nel pollaio che fa questa americana, non solo non ci diverte, ma la troviamo lamentevole Nonch~ nel testo, le interpolazioni sono anche nella measintcena, Salvo qualche albergo in Liguria e un paio di case a Milano, tetti mamardit m Italia non esistono, Difficile dunque che un'intera cittadina italiana sia coperta di tetti mnmardlt, come ci vogliono - far credere nel terz'auo del Sucutto. Non si capisce d'altra parte percM alla duchessa sia larg1to il titolo di eccelll'nza •• a meno che ci 1i voRlia impan1re una lezione di servilismo. Ancor meno ai capisce che mentre i personaggi provinciali• della commedia dicono dt"lla propria moglie , la mia signora•, cosl dica la stessa duches~a di Santoro che pur dovi-ebbeconoM:ere il linguaggio del bel mondo. A imitazione dei;cl'inno\atori di trent'anni fa che mettevano lo 1molti11f ad Amleto, li S11eu110 ~ stato portato al gusto del giorno ossia al novecento: le zampette delle sedie stanno in ginocchio e brillano di metallo cromato, la luce è diffusa dalle corolle del luminator ,, e nella festa nottu.rna del aecond'atto sono 1e sincopi di un jazz che accentuano l'ac-·~111dello scenario. Le sole pitture non hanno seguito questa trasposizione temporale, ma partecipano ancora di quella tonalità di melanzana giovine che distin1ìt'.Ue\·ia quadri ne, saloni dei barbieri, quando i barbieri non •i erano ancora novecentizzati. Sir Austen Chamberlain scrive che, studente a Parigi, frequentava assiduamente I teatri per cogliere dalla viva voce degli attori l'anatomia e J(li ornamenti della lingua. Senza il consiglio del defunto locarnista, noi abbiamo sempre conaidento l'attore come un maestro di bel parlare e le parole di sir Austen hanno nel1' /dioma Gtntilt un padre lontano e forse iJ(noto. Ma da quando ~ spenta la voce di Virgilio Talli, in quale buca di sugiteruore si 5000 cacciate le belle frasi anicolatc? L'italiano che per lo più scende a noi dalla ribalta è rispetto alle f(taz1e e alla plastica della lingua ciò che la gomma da masticare ~ rispetto alla i,;astronomia: una specie di rhnung-gum nostrano. Aitgiunsi;oche nonché maestro di dizione, l'attore dovrebbe essere maestro di costumi. Stupisce dunque il gestire inconsiderato, ((!'intercalari privi di necessità precisa, il disordine, la mancanza non dico di stile, ma di compostezza, La duchessa di Santoro dice che negli Stati Uniti i medici sono pas.:atiquando a denari e quando a baci: scemenza di specie astrale che il pubblico, non si capisce perchl, sottolinea con uno scroscio di n•a. Ma il pa~amento •b~s aie costituisce pure la cellula primitiva d1 un film di recente produzione, Trtnta s,condl d'arnort: se17<ncohe anche per simili trovate la carestia è rcrande. !\ella parte di Alfonso Lombardi, Renato Cialente dà l'1mpre:i,sione di sguazzare dentro un abito che nemmeno i suoi molti movimenti riescono a .::olmare. Creatura che ogni volta sembra aprire per la prima volta gli occhi alla luce, Elsa Merlim nemmeno nei panni della duchessa di Santoro rinuncia alla sua intelligenza irta di spilli, e cui squi.\itamente contrastano la pienezza della spalla, la rotondità del braccio. Vn tale voleva piacere alle donne. Mancandol(li prove dirette, ricorreva a quelle in- , dirette. Si fa<ieiavala testa con un fazzoletto, si Rl,lardavaallo 1pecchio, si domandava, • t pquibile innamorarti di questa donna?- L'e1perimento in u,rport titli andrebbe npetuto in tutti I lavori teatrali che si richiamano al teatro verista. Esempio:// Piuolo R~ di Giu- <1eppeRomualdi pre$Cnta un generale, un avvocato, un ostetrico. Sareb~ prudente affidare il comando di un corpo d'armata a •questo• generale, un errore_ giudiziario a •questo• avvocato, un pano d1ffic1lea • questo• ostetrico? La mano 1ul cuore rispondiamo: no. Il comportamento di quer.ti p~rt0nag:1;cniel oorso d1 3 atta e 4 quadri ci Hs1cura che il corpo d'armata si farebbe massacrare senza risultato, l'innocence finirebbe in galera, la puerpera morrebbe di febbre puerperale. On che teatro verisu è questo che non ispira fiducia nella verità? La risposta c'è. Teatro \•E!'f'1srnaon ~ quello che pona -iolla !ICenail nudo Hpt:ttO della verità, ma un teatra che molto tempo addietro si è c:rt-"tauna. maschera convenzionale e parodi~111...e., da. quel tempo contmua a ponarla. in giro per la soddisfazione di qualche famiglia delusa, che nelle tre \'Olte l'anno che va a teatro pretende ritrovare sulla scena l'immagine gon• fiata delle proprie miserie. Si ag1z.iungache nella composizione del teatro verista entra una buona parte di trombonismo melodrammatico e una parte di manierismo da opera buffa. Successore del sen•o di Gioacchino Rossini, il ce,meriere del teatro \'trista continua a incarnare l'irrimediabile scrmo. ln altre parole, teatro verista è sinommo di teatro falso. Ma possiede una sua tecnica tradizionale. Quando Zacconi accompagna la battula con uno sbattimento continuo della mano, \Ìen fatto di penure a ~n'atassia senile. Invece no: lo tbat11mento è richiesto dalla recnv.ione Vl'rista e corrisponde al vibrato del violoncelli11a che suona grasso. Come teatro verista• conosciamo il 1eatroebraico di ~ew York, conosciamo Mtyerhold. La verità è tesa come un elastico, portata ai confini estremi, ma sempre nella direzione della verità. Si può capite un gioco - ((ÌOCO da depravati a mio gusto - che taglia larghe fette nel corpo della ,·eririi e se le studia al microscopio: non si capisce il gioco di qutattro energumeni che si ajj:itano sulla scena, e quando non urlano hannc i ro:1,pin ,;<Jla. I burattini sananno secondo I casi stupidi o intelligenti: il burattinaio ha il do\'ere di euerc intelligente, sempre. Le quali cose non ai dicono per Zacc:oni che a suo tempo, e come tutti sanno, è stato un gn1ndissimo attore, ma per coloro, e sono legione, i quali credono che roba come li Piuolo Re e recitazione come quella di Zacconi e compagni rispecchino la verità profonda e umana•, t il contrario invece. Questa è falsità, senza parlare della bruttezza. La ventà caso mai sta in ciò che coloro chiamano intellettualismo, cerebralismo, meufis'ca, snobi,mo . Un equi,·oco da nulla. SAVINIO DEL VANTAGGIO DALLA PIAZZA d,lln àuà unfrtrll• taria ri scorgono ,n disparte alcunt t.:uchlt cmt. Una t:olta dot:n,ano ob/tarn impltgat, statali t pit:cob commercianti. Ora 1ono cast popolari. Hanno la facciata a colori t1iu1ci, alcunt ,out, altrt gtallt. ,\fa la loro t.lrncitd t molto dit.·trsa da qutlla d,gli tdifici dtl Palano dtl Comixlio Nazionalt dtllt Ricerche t degli altri cht portano scritto sui muri a g,nndi lttttrt mttallicht: ORTOPEDICA, ORTOPEDICA. Ntll'inttrno di qumi palaui ,· corridoi sono bianchi di calct, lt salt ampit e dtstrtt. ln alcune càjnta di. 11tdtre lampadari fatti a mo' di mannaia. Si tratta di una lunga lama di crùlallo Ofxuo t frtddo, apptsa al soffilto mtd,antt dut rotmt. A trot:arcùi 10/1, ,i nmant a dùagio. U pollront sono tantt, a primo 1,•,stocomode come t11lto di ptr si appare comodo in q,u,ti pala%zi; ma non 1m·1tano a udtre. IN. VI A dti Prt/ttti ci sono d11t lapidi, a pochi metri di dutan%a. Una al pr,mo piano del n. 17 d1u cht t.·i abitò Samutlt Fin/t"y Brttst, l'1nt1nrtort dtl ttltgrafo tltttromagnttlco-icrit.-nrtt. /.,'altra, al n. n, cht t:i sUltt Vinun:::o ,\fonti. Ammoz:::arono Bos1,;il/e,t qutl potta d, t•ariabllt umort s'imprtsn·onò a q11tllamortt. Tornò a r.a.sat si rniu a scrii·,rt 1/ canto ban:illiaflO. ,.\fa a .Monti in via dti Prt/~tti gli nacqut ancht Costnnza, • cht moglie a Giulio Ptrt1car1 - Pn- opua di lttttrt - Fu drgna del marito t dtl padre ,. Ora ,n qutlla caso c't un dilpnuan·o pu maiali d1 mtntt. Vi ho 1.'isto,l'altro giorno, mtntrt p1ow1.·aJortt, un povn-o Kiot·anl)ltOcon lt ,carpt biancht. MONS/EU. R DVPO,.\'T e,·olnido tr<11corrtrt un po' di umpo tranqu,1/o prtndt un b,glittto ~r Roma. Ila tirato futrr1 il tuo brrrttto sportn:o, contmto di pottrlo 11tilr:nart. Nfonsit11r Dupont cht ha paura dtl comunisti dtl 1uo patrt ha onch~ una 1q1,ù1ta cosciniza turisti&a Arrit·ato a Roma sught un albtrthttto modnto t pulito; dindt la ottd 1n :tQnt p,r tisrtarla tutta pn- btnt. J~ trattorit romane sono acco11litnti,pintt d1gmtt nlit/('O: gli osti non imbrogliano sul conto, t rion annacffl'IJnOil tino. I primi tempi ,\1onsitur Dupont urca con glt occhi , corabunrri ptr stntirii pirì neuro. P<nfinltu rol dm1mt1carli · tanto si ttntt ol sicuro lo sttuo. ,\,fa u,1a punto di disagio ruta; • ,\foniirur Dupont SI itntt 11n po' impncciato. t il tuo btrretto sporht·o .. Uonsitur Dupont si co,,tpra un capptllo, si Jt'1tt mtglro cht a cma wn td traila la frattllanza latina. Effetti del teatro borghese ln lo1t11tone. RICORDI UNA MISSIONE sovietica aeronautica bolscevica era di passaggio a Roma. Dal signor Potem ki n, allora ambasciatore dell'URSS presso il Quirinale, ricevemmo un biglietto d'invito sul quale si leggeva: « La S. V. è invitata alla rappresentazione dei film Contropiano e Salvataggio del Celiuskin la sera del 5 agosto 1934 alle ore ventuno. In un angolo appariva in corsivo inglese la scritta: «Vtston•. Nessuno di noi sapeva cosa fosse il vtston. Finalmente Antonio, che non conosce il francese, ci spiegò che veston era un qualunque abito da passeggio. Siccome ciascuno di noi in quel momento indossava un veston, decidemmo di andare all'Ambasciata sovietica. Un signore alto, dai capelli bianchi e ricciuti aperti a ventaglio, apparve sull'ingresso dell'ambasciata di Via Gaeta. Era l'Ambasciatore. Egli stava impettito e s'inchinava militarmente a mano a mano che gli invitati entravano. Ripeté l'inchino al nostro passaggio. Entrammo. Le sale dell'ambasciata erano ancora quelle del tempo dello Zar, così ci disse Antonio che le aveva viste prima della guerra. Difatti sui soffitti si notavano le aquile dei Romanoff, in porporina su fondi azzurri, e l'arredamento del luogo era fastoso come certi interni dei film di Lubitsch. Si vedevano i tendaggi di velluto con nappe d'oro, tappeti persiani, poltrone dorate e guide di panno rosso. Già le sale erano animate da una strana folla, la folla che di solito è attratta dal miraggio di un buffet abbondante e gratuito. L'ambasciatore, accompagnato da un giovane vestito di bianco, introdusse gl'invitati nel giardino, dov'erano grandi panche allineate. fin sotto uno schermo appiccicato al muro di fondo. Un campa• nello che aveva quel misterioso suono che si ode all'arrivo dei treni nelle stazioni di provincia, annunziò l'inizio dello spettacolo. Si fece buio. Con timidi sorrisi anche noi prendemmo posto sulle ultime panche del giardino. Nella luce stinta di una vecchia pellicola piov-igginosa apparvero Stalin e Vorosciloff nella piazza del Kremlino. Poco dopo furono proiettate alcune scene del film documentario sul salvataggio del Celiuskin. Infine ecco il film autentico sovietico, Contropiano, uno di quei film nei quali una colossale officina interrompe il lavoro perché un operaio disonesto getta un sasso negli ingranaggi. Il cattivo operaio era additato all'umanità con gesti di amaro sdegno; la stessa madre gli toglieva il saluto. Il poveretto, ormai agli ultimi gradini della scala sociale, si dava all'llcool. :via un altro operaio, vero figlio del popolo, lo scopre innocente e rivela i nomi di alcuni ingegneri che avevano artatamente sabotata l'officina. ROMANI In questo momento ci voltammo per vedere l'effetto che il film produceva sui giovani aviatori russi che erano dietro di noi. I giovani ufficiali dormivano appoggiati alla spalliera delle panche. Come Dio volle, Contropiano finì. i\'el boschetto in fondo si illuminarono : t.mpioncini giapponesi e la folla .;Ì sparse alla ricerca delle aranciate. Nel frattempo nella sala illuminata echeggiarono le prime note del valzer Danubio Blu. Chi aprì le danze fu un addetto militare francese che indossava la giubba azzurra del tempo di Napoleone III. Egli volteggiava sul lucido pavimento stringendo galantemente fra le braccia una grassa nanerottola, vestita di taffe-t.à viola, con le scarpette di raso rosso. Chiedemmo a un ufficiale giapponese chi fosse la nana ballerina. « ~ l'Ambasciatrice•, ci disse cortesemente il nostro interlocutore. La coppia saltellava, ma non ebbe tempo di finire l'ampio giro, che la folla degli impiegati e degli addetti commerciali, con le mogli e le cognate, invasero letteralmente la sala. Noi restammo in un angolo a fumare sigarette russe che erano state messe negli astucci sui tavoli. In quella, sopraggiunse l'Ambasciatore. La sua faccia aveva il sorriso di un caro zio vedovo. In un buon italiano1 con gesti amabili, e sempre inchinandosi leggermente, ci sussurrò: fl Così giovani e così appartati? ... :s'on ballano? con tante belle ragazze? 1. Conoscemmo cosi personalmente il terribile Potemkin, colui che og~i è dato come il successore di Litvinoff. Chi l'avrebbe mai detto? Entrammo talmente nelle grazie di quel buon uomo eh ~gli volle accompag~arci nella sala del bufftt, dove apparivano at• taccati alle pareti alcuni paesaggini dalle false cornici di stucco dorato. Egli ce li additò dicendo: • Olio, fatti a mano. lo stesso li ho comprati a Napoli n. E ci confessò che egli amava molto la grande pittura italiana, In quel mentre non udimmo più il violino tzigano che suonava i I valzer di Strauss. Si aprì la vetrata e l'orda degli invitati raggiunse finalmente l'ultima trincea della festa, il buffet. Rammentiamo un impiegato del :\linistero delle Finanze, che dietro la pressione della folla cadde coi gomiti sul buffet, immergendo la barba bianca nel vassoio del caviale. Ricordiamo ugualmente la bionda dattilografa della Ghepeù, sconciamente palpeggiata da un ufficiale cinese. Sparsi qua e là sui divani per tutta la sera, vedemmo ospiti con cosce di pollo in bocca e caviale nelle narici. Verso la mezzanotte il vecchio impiegato del Ministero delle Finanze, sperduto nel giardino, cantava a voce spiegata: «Vodka Vodka ... » Grazie a Dio, le prime note del valzer giunsero nella sala del buffet e strapparono dagli ultimi avanzi dello storione la folla dei commensali. !vla la danza, ahimé, proseguì lenta, tra i sussulti delle coppie satolle. Mentre noi raccoglievamo dagli astucci ormai vuoti le ultime sigarette, vedemmo comparire dal fondo della sala alcune nere figure dagli occhi scintillanti. Rimettemmo le sigarette negli astucci. Forse era la Ghepeù in agguato. Le danze si protrassero fino al mattino. Fu verso l'una che noi potemmo vedere per la prim~ •.•olta l'ambabasciatore dell'Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste, il bolscevico Potemkin, il futuro candidato alla successione di Litvinoff, il nemico del capitalismo, estrarre dal taschino della giacca nera un pettine di ceHuloide rosa e ravviarsi pubblicamente i capelli. Quel gesto egli lo ripeté fino all'alba. Filippo, ch'era il più candido fra di noi, esclamò quando uscimmo: « Otto milioni di morti, milioni di esi• !iati, migliaia di orfani, peste, carestia, riforme, fucilazioni e piani quinquennali: e poi si scopre che l 'ambasciatore della più sanguinosa rivoluzione che ricordi la storia, va ai balli col pettine di celluloide in tasca ... ». PRIMO ZEGLIO Musica in piazza, «Fontane di Roma, ( ILSORCNIOELVIOLINO ltrt!l MAGICO al Tmtro Realeddl' Opera LE CIRCOSTA~ZE, il caso unico al mondo di quest'opera cosi singolare, senza ombra di sensualità e s.traordinariamente ngida, ci coglie d1 sorpresa e ci mette nell'imbarazzo di capire e di non capire. Denti-O c'è un'aria di sortilegio, un'atmosfera di vetro che turba e soggioga stranissimamente. Ieratica e celestiale quest'opera è l'opera del triangolo, del dogma laico, delle forze occulte, della cabala, delle logge, dello spionag~io cosmico, dell'assurdità settaria, delle perplessità euforiche, della verità rivelata, dei misten delle formule e dei riti venerandi, dei sacrifici, del Ku-klux Klan, e finalmente delle prove dell'iniziazione: fra le quali quella (a fin di bene) chiamata • la consegna di tacere • ... .. d1 tacere, per esempio, a un tenore come Schipa? • ... A Schipa come agli altri•· • Cosa gli rimane allora? La bocca chiusa, le mani vuote, cosa può fare un tenore alla ribalta?•. SI, appunto: ecco perché gli diedero il flauto magico; e lo 3UOnòbenissimo. Mozart, il divino Mozart era dunque frammassone. Anche lui. Che ci volete fare? , ... E fervente•, m'assicura con foga un giovane e gran maestro (non della massoneria, ma del teatro Reale). Ebbene, tanto peggio. Ciò non gli ha impedito di continuare ad avere del genio, sufficie11te per sé, e i suoi discendenti, nipoti e pronipoti, fino a noi. I personaggi sorgono a cantare, tre alla volta, dalle viscere della terra, su una ascensionale piattaforma o guantiera metafisica. Cantano, poi rientrano sotterra lentamente nel trabocchetto. Nel limbo tutto è limpido, purificato, color dell'ametista portafortuna. E tutto vien su da un pozzo, alla superficie. Anche la musica. I quintetti vocali, gli accordi strumentali fioriscono improvvisi nel buio a rosa liquida: rigogliosi come una sorgente. Il colore burlesco e pauroso dei quadri, e ceni tratti limpidi, troppo limpidi, quasi surrealisti, ci fan venire in mente Freud, e il subcosciente. LI dentro, tenebre e scricchiolio del Passato. Un quid di specie eterna, un lampeggio di diamante riposto, del diamante nero Koh-i nur, crepita in questo teatro di Mozart, e ci guarda di straforo dal fondo dei tempi, con una potenza inaudita. • Rmttmbn-? • sembra chiederci e suggerirci pian piano quell'occhio di pietra preziosa. Sì forte e sì leggero, questo Flauto Magico, è l'anima, l'intelligenza stessa del Settecento europeo. t la mondanità di Cagliostro. L'ingenuità del Diavolo in persona, imbussolata a pezzi definitivi nel gabinetto estetico d'un baraccone da fiera. Guardate per esempio la « Regina della notte•· Che strano personaggio, staccato, ombroso, stridulo. Gorgheggia, appare, va, non lascia orme nelle tenebre come un uccello, una cicala.Questo essere non suppone un corpo: ma delle piume magnifiche e un involucro da celluloide. • Stona>, dicevano l'altra sera in teatro quei terribili amatori. 1 Stona, accidenti come stona quella tedesca, e l'han fatta venire dalla Germania Ebbene, stona? Un momento. Stona per noi che vogliamo le note in carne e ossa. Ma non per quei tédeschi che della voce non vogliono che l'osso, anzi il nocciuolo. Del resto questa parte spe-t~ tra.le, scheletrica, lunare e capricciosn, di « Regina della notte• va cantata cosi, echeggiando, e deve dare gli stessi suoni approssimativi e crìstallmi che dànno i lustrini di un vecchio lampadario. Il Maestro Tullio Serafin,direttore amoroso e inflessibile, prezioso e stupefacente di questa rappresentazione, depose ogni scena de11'opera in un clima di sonno anteriore, e di sogno. t tutto dire. Le feste sapienti di colore df'I pittore Efisio Oppo che disegnò e compose gli scenari e i costumi suscitarono, ad ogni cambiamento di quadro, l'amm1ra:r.ione sussurrante di tutto il teatro gremito. D'altra parte è impossibile descrivere i miracoli riu~c1ti della messa in scena affidata al regista Piccinato, e i prodigiosi meccanismi a sorpresa del principe dei macchinisti Ansaldo. Ben di rado abbiamo udito sulle nostre scenr- un insieme cantar.te sl sceho, omogeneo e preparato: degli artisti, vi dico, dei musicisti e degli atton perfetti. Alla fine dell'opera si rimase tutti sba• !orditi, fulminati dall'effetto del Flauto Magico come dopo aver guardato il Paradiso e l'Inferno dal buco della serratura. BRUNO BARILLI

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