l APRILE 1931•XV O ■ NIBIIS 1Ji'ar10 ~m =-~~- del colonnello ·--- ·-russokus!ef./ L 19 MARZO,,le ar_mate sconfitte Verso sera l'imperatore e il suo stato <l1 ras Cassa e ras ~eJum, dopo una maggiore erano ad Ada Aia e le truppe si penosa ntirata d1 tre settimane, sparpagliavano ovunque. Una caverna da raggiungevano Quoram. li 29 mar- 12 a 14 m. di lunghezza che sembrava tazo, all'alba, scorgemmo le alture a gliata appositamente n:lla roccia, fu adsud della valle di Quoram e l'az- dobbata con tappeti sontuosi, mentre da7.urro lago Ascianghi. Verso mez- vanti all'ingresso gli operai del Ministero ,v.,;io~o, dopo avere attraversato vallate dei Lavori. Pubblici erigevano un muro di e c~ll.mc, cal~mmo per una ripi?a discesJ., media altezza, con la porta chiusa da una avv1cinandoc1 alle caverne dell'1mperatorc tenda d1 seta bianca. e del suo stato maggiore. Subito dopo l'arrivo dell'imperatore nelIl quadro abituale del seguito di un alt_o la caverna, fu offerto un gran gebir, al ~apo abissino si prcsentb ai nostri occhi: quale parteciparono a turno tutte le perun grande numero d1 muletti, soldati ne- sonalità di scorta del sovrano. gri sparsi dappertutto, e il fumo dei fuo- 11 Negus, assiso su una specie di trono chi e delle cucine dell'accampamento. improvvisato, aveva ai suoi lati ras Cassa Seguendo uno stretto _sentiero, arrivam- e_ras Sejum, e un po' più in basse, appamo alle caverne, dove s, ammassava tutto nvano gli altri capi. Due gratu..'- collo11seguito_ dell'imperatore. Fummo intro- catì su bastoni fungevano da tavoli. dotti,_ noi tre europei con ras Cassa, in Quando entrai, i convitati già stavano una p1cçola tenda a padiglione, dove ave- mangiando la vivanda preferita - carne va alloggio l'imperatore. cruda - tenuta davanti a ciascun tavolo Dimagrito, ma sempre altero nella sua da un servo della casa imperiale. Altri sertenuta di campagna, egli_ci ricevette gen- vitori offriv_ano il t~ idromele, in piccoletilmente. M'interrogò sui particolari della caraffe di zinco. nostra ritirata, sulle difficoltà della mar- Finito il pasto, l'imperatore esaminò il eia e sullo spirito dei soldati. nostro piano e, fatte alcune note sul roSiete persuaso che ras Cassa non po- vescio dei dis~gni, dette le disposizioni teva resistere nel Tembien? Perché è stato per la battaglia. PAGINA S costretto a retrocedere?• mi domandò. La decisione dell'imperatore, la sua inEra difficile rispondergli. Agendo come tenzione di vepire a confronto con l'avras Cas!IB, senza decisione e senza alcuna versario, metteva in giuoco la nostra foresperienza militare, era impossibile intra- tuna quella stessa notte, ma ... dopo avere prendere qualunque iniziativa convocato I vecchi capi, apparve chiaro che Battaglia del lago Ascianghi. - Il Negus impressiona l'obiettivo. È mancata l'occasione di fare qualche le truppe non erano preparate all'attacco cosa. ed ora sono gl'italiani a prendere il e che mancavano ancora molte cose. 1 sopravvento•, risposi. vecchi capi volevano rimandare e pro- ~on volevo addolorare l'imperatore, ma ponevano di attendere l'attacco italiano. l'inett1tudme dei capi, la mancanza di or- L'imperatore era assai malcontento e inganizzuione, la sfiducia dei soldati che, sisteva per attaccare subito gli italiani. nonostante fossero decine d1 migha1a con- ti mattino del 23, appena la caverna fu tro migliaia, abbandonavano sicure posi- riordinata, una trentina di preti la rìem- .t.ioni per ricoverarsi ncgh accampamenti pirono, e, dopo che ciascuno ebbe estratto lontani e nelle ca"erne, mi mostravano il proprio messale, cominciarono a borcon certezza la inevitabile disfatta. bottare a mezza voce le preghiere. Poco • E qual è la situazione generale, Mae- dopo, in una tenda alzata non lontano stà?• domandai. dalla caverna, m presenza dell'imperatore, Tutto si svolge normalmente, Sino ad cominciò la messa. ora noi resistiamo, e nulla ci minaccia . fntanto un grande trimotore apparve daCi vennero serviti vino e mele. vanti a noi. Volava alla stessa altezza della i=:. molto tempo, probabilmente, che non caverna. Dopo aver fatto un largo giro, sì avete mangiato di queste frutta,, mi disse avvicinò e lanciò tre spezzoni. li rumore l'imperatore, col suo sornso più grazioso. dei motori, lo scoppio delle bombe, il crepitìo della fucileria e delle mitragliatrici, tutto si confondeva 1n un rumore infernale. Per un momento sembrò che l'aereo entrasse nella caverna. Poi, a un tratto, si udirono da ogni parte grida di gioia. Misi fuori la testa dal mio rifugio e vidi che la parte centrale dell'aereo era avvolta da un fumo giallo. Il fumo usciva da un lato dell'apparecchio, che, dopo aver gettato in una volta tutte le bombe, ritornava verso le proprie linee. Strategiasul taccuino Cr,l quartier generale e la sua guardia er ., aveva già avanzato a nord del lago Asciangh1. Ho deciso , mi coniunicò, di attaccare gli italiani nel loro campo di :'\1ai Ceu, prima che essi abbiano riunito forze considerevoli . Ed estratto il suo taccuino dorato, aggiunse: Ecco dove si trovano. lo non sono ingegnere ed il mio disegno vi sembrerà assai primitivo . Sul foglio del taccuino scorsi il profilo delle montagne viste m prospettiva. Vi prego•, continu'ò l'1mperatore,•di recarvi su queste montagne, con tre dei nostri ufficiali di Samt-Cyr, e di preparare un rilievo completo della re~ione occupata dal nemico e un piano esatto delle nostre posiz,om •. Accompagnato dai tre ufficiali abissini, mi recai nella regione di Aia. Dall'alto della montagna si scorgeva il passo Dabur, 11 valico del Tagale, e la linea delle colline Mecan, occupate dagli italiani con piccoli tnncc-ramenu. Su una montagna molto elevata e isolata c'era il loro posto di osservuione e un osservatorio d1 artiglieria. Si poteva scorgere a nord-est, dietro la prima linea delle montagne che quasi confinano con !I deserto degli Azebù, un secondo raggruppamento di italiani, giuntivi per un altro passaggio. ~folto distinto appariva nel mio cannocchiale il quadro delle tende ordinate e 11movimento della gente e dei quadrupedi nel campo italiano. Queste truppe si erano aUontanate d1 200 chm.dalconfine dei loro possedimenti, col compito di provocare al combattimento le ultime forze armate di cui l'impero disponeva nel nord, e ci()(: l'armata dell'imperatore. Qual era la forza di questa armata? A fianco dei 5000 soldati della guardia d'onore imperiale, si trovavano ancora le truppe di ras Chebbcdé, di ras Ghettacc1ù, l'armata del ministro della guerra, fitaurari Beru, il capo del protocollo lhgadà, e una serie di degiac. Tutto ciò rappresentava una forza complessiva d1 40-50 mila uomini. Avevamo all'mcirca 300 mitragliatrici, 8 cannoni da 37, un cannone francese da 75 mm., 6 mortai Hramt e 8 nuovi contraerei Oerltkon. Era evidente che gli italiani stavano pre• parando quakhe manovra. Il gmppo, che s1 tro,·ava du.:tro la montagna a nord, a\'eva un facile cammino chr gli permetteva d1 evitare le montagne in d1re?.ionc del lago Ascianghi e di piombare dietro le no• ,tre spalle sulla hnea di ritirata; le informazioni dicevano, inoltre, che gli italiani a~~inwano da Socotà anche la nostra 1in1stra. Fu trasportato nelle nostre posizioni ogni ,.orta d1 materiale: fucili di tutti t modelli, vestiario, tallen d'argento, provvigioni, vitto in c<m!lìerva, legname, ecc. Brucia! Brucia I• gridavano da ogni la• to. L'imperatore interruppe il servizio re• ligioso e uscì dalla caverna. Al mio fianco, alcuni capi abissini dice• vano d'esser decisi a rinunziare a due anni del loro st1pend10, o, se fosse necessano, a una concessione di 40 ettan, per acquistare aeroplani e assoldare aviatori. Tutti i presenti erano d'accordo su questo punto. Il giorno dopo, l'aviazione italiana manifestò una grande attività. Gli abissini si rifugiavano rapidamente ovunque potessero trovare un rifugio; dietro le rocce tagliate a picco, fra i mucchi di pie• tre, sotto le radici degli alberi, nei rico• veri scavati per terra. Questi luoghi venivano mascherati con rami, e soltanto i muli e gli asini che pascolavano nei pressi tradivano la presenza delle truppe. Il diritto delleferite Il bombardamento aereo, in quel giorno, ebbe come risultato molti morti, e molti feriti che furono portati verso la caverna dell'imperatore, proprio prima della colazione. Perché Il, dove vi era tanto movimento, e non 1n un altro luogo? Soltanto perchè potessero mostrare le ferite e avere poi il d1ntto di ricevere qualche cosa dai capi, od ottenere un regalo dall'imperatore. Questi feriti, sudici, denudati, sangumanu, furono trascinati, sul terreno davanti alla caverna, ove 1I medico abissino doveva medicarli. li 25, il bombardamento fu nperuto. S, sparse la notizia che due aerei erano st.1 1 colpiti. Gli abissini affermavano di aver visto coi loro occhi gh apparecchi che fumavano e bruciavano. L'attacco che volevamo iniziare contro le colline di Mai Ceu venne rim1ndato; si discutevano 1 particolari e i preparativi. Il capo della iuardia imperiale mi disse che il cannone da 75 mm. era necessario, che do• veva arrivare, e che senza questo cannone l'irnperatore non voleva intraprendere Je operaz,om. Il 26, un grande aereo poco mancò che non entrasse nella nostra caverna. L'av1az1one italiana rischiava più di quello che fosse necessario. L'imperatore, presso il quale m1 trovavo durante questo volo, volgendosi dalla mia parte disse in francese: • Sono temerari!• Cadeva una pioggia fine e c'era nebbia. :\1a queste condizioni non arrestavano il lavoro metodico degli italiani. Si vedevano sbucare dalla nebbia i grossi apparecchi che sfioravano con le ruote gli alberi. li 2.7 e il 28 marzo, l'imperatore ordinò di fare le osserv1:1.zionicon grossi strumenti ottici. L'attacco italiano era imminente. Si fece l'appello; vennero distribuite lunghe camicie di seta e cappe di raso nero, abito che si regala ai piccoli capi. Vennero distribuiti armi e denaro. Una parte della truppa era già armata con buoni fucili italiani Mannlicher e Manini. Per tre o quattro giorni, questi selvaggi riempirono la caverna e la terrazza davanti alla caverna, e circondarono l'imperatore, stringendo nel pugno i 10 o J s talleri che avevano ricevuto. Ricordo lo strano aspetto dèlle loro camicie bianche sui loro sporchi abiti di cotone. Fummo informati poi che il mattino dell'attacco questi guerrieTi avrebbero dovuto sorprendere il nemico alle spalle. Preparativiper l'attacco Dagli osservatori si seppe che le forze italiane aumentavano. Il momento propi2io sembrava nuovamente perduto; ma 1•impcratore, molto agitato, persisteva nella sua decisione di attaccare, malgrado sorgessero ogni giorno nuovi ostacoli. L'attacco fu fissato per il 2.8, ma ras Ghettacciù e il ligabà Tasso dichiararono di non essere ancora pronti. Gli Azcbù avevano promesso il loro aiuto per il lunedl... Occorreva aspettarli ... E il sabato ebbe luogo un grande bombardamento nel nostro campo, da parte dell'avihione italiana. La domenica è, secondo il costume del paese, giorno di tregua. Nuovo ritardo. L'imperatore mi domandò a quale cifra si potevano valutare le forze italiane riunite a Mai Ceu. Risposi che la mancanza completa d1 informazioni rendeva la risposta difficile, ma che, a mio parere, il numero era da cinque a ottomila. « Non da dodici a quindici.mila?t domandò l'imperatore. Il numero delle truppe imperiali preparate per l'attacco, che era prim1 d1 10 m1ht uomini, fu portato a z5 mila. La sera della domenica, l'imperatore si spostò sulla montagna coperta di alberi, in faccia alle colline occupate dagli italiani. Una pianura di circa tre chilometri ci separava dal nemico. Il Negus sall sulla vetta della montagna, fece il giro delle posizioni della sua artiglieria, e chiese: • Non si potrebbe trovare qui un ricovero per me?•. Senza perdere tempo, incominciai ad aprire un blindamento e, dopo un lavoro durato tutta la notte, mi fu possibile approntarne uno. L'imperatore discese dalla terrazza sulla strada Mai Ceu-Quoram. La luna piena rischiarava la terrazzai le pendici delle montagne deserte erano ancora coperte dai lugubri cadaveri dell'armata d1 ras Mulughietà. Venne innalzata una tenda per l'imperatore. Egli era visibilmente commosso e cambiava continuamente luogo. 1 capi maggiori che lo circondavano domandavano di rinviare ancora l'attacco di un giorno, adducendo che tutti I cannoni non erano ancora stati trasportati, che le strade non erano ancora libere e che non si sapeva quale direzione prendere per avv9lgere il nemico. , Forse è giusto~. mi disse l'imperatore, è preferibile decidere tutto domani•· Ma si vedeva eh 'egli era stanco e che i suoi nervi avev1910 bisogno di riposo. Si improvvisò un consiglio di guerra, ma era impossibile discutere o ascoltare. r soldati, eccitati dal prossimo attacco, sparavano in aria colpi di fucile. Vennero af. ferrati e fustigati i più vicini, ma il crepitio delle fucilate durò ancora parecchio tempo. Il consiglio decise d1 rinviare l'at• tacco a martedì. Risalii la cresta della montagna. Tutte le pendici verso il nemico erano guarnite da soldati che dormivano uno accanto all'altro, coperti di stracci, sfiniti dopo la lunga marcia. Il lunedl mattina, l'imperatore col suo seguito e coi suoi capi maggiori, sall sulla montagna cd entrò per un momento nella trincea, molto imperfetta, che avevamo costruito per lui durante la notte; poi usd, e, appoggiatosi a un albero, volse gli occhi veno il nemico. Io, ch'ero dietro, osservavo quel suo aspetto ancor giovanile, quella sua cura nel vestire, e quella sua aria vaga che non sembrava affatto di un abissino. I I viso pensoso, senza movim..-nto.,rivelvva che un grande travaglio avveniva nel suo animo. A che pensava? Ricordai che un giorno mi aveva detto: « La disfatta della mia armata personale sarà la fine di tutto, e in quel momento bisognerà essere prudenti•· L'imperatore rimase qualche tempo im~ mobile in quella posa. Gli accampamenti italiani, che erano nei pressi di Mecan il giorno prima, avevano cambiato luogo, dopo che gli abissini, per ordine dell'imperatore, avevano avuto l'imprudenza di sparare qualche colpo da 75. I trinceramenti nemici erano stati rinforzati, ma le tende erano ancora ritte. Dietro l'accampamento e la linea delle montagne fortificate, si vedeva un andirivieni di trasporti che ritornavano e di convogli pieni di soldati che giungevano. Sulle cime vicine ah'ri accampamenti erano visibili. Il lavoro metodico degli italiani continuava. :-lclle buche scavate a caso,mascherate da rami e da verdure, si nascondono i dirigenti delle sorti del popolo abissino. Due cannoni italiani sparano sulla strada che è dietro di noi, già piena di cadaveri. Per l'attacco, prepar ..to per domani mattina, nulla ancora è stato predisposto. Nessuno dei partecipanti còno,ce il proprio compito. Dappertutto, intorno a noi, sparsi su una grande supÙficie, sono imboscati diecinc di migliaia d1 uomini che domani dovranno arrampicarsi sulle fortificazioni sconosciute del nemico. Per miracolo gli aerei italiani non ci hanno ancora scoperti. Il planoabissino A mezzogiorno scendemmo dalla montagna per entrare in un riparo, ove l'imperntore fece colazione con noi, sotto il rumore continuo degli aerei e il fischio dei proiettili che erano diretti oltre la nostra lmea. L'imperatore è nervoso, attende il con• centramento dell'armata che, fin dalla sera precedente, doveva passare attraverso il bosco ed avvicinarsi al luogo dell'attacco. La sua decisione è di avanzare con tre colonne: quelle dei ras Cassa, Sejum, Ghcttacciù. i=:. impossibile per l'imperatore dare il comando ad altri capi più energici e più capaci. È obbligato a fare affidamento sui più grandi signori dell'impero, malgrado la loro incompetenza provata durante tutta la campagna. Il piano è di affrontare le posizioni italiane con l'intera massa destinata all'attacco, la quale doveva passare a destra fra la montagna conoìdale, nei pressi della carovamera, e le colline coperte di frumento e di granoturco. Gli abissini dovevano attaccare le posizioni a tergo degli italiani, probabilmente meno fortificate di quelle di fronte. Noi possiamo vedere coi nostri binocoli 11campo del nemico aperto da questo lato, la casa signorile del degiac Aberrà Taclé, capo di questi luoghi, e una collina circondata da un muretto di pietre, che costituisce un trinceramento. Una piccola parte dell'armata deve, con un attacco frontale, distogliere l'atten• zione del nemico. Solo alla sera l'imperatore ha avuto la possibilità di riunire i suoi capi e, dall'alto della montagna, indicare le posizioni avversarie. Durante la guerra, è la prima volta che un capo abissino sa quello che deve fare e vede il luogo dell'attacco. Però, nessuno conosceva né le forze del nemico, né la disposizione delle sue fortificazioni. , Il mio posto sarà davanti alla montagna dei cactus, manderò rinforzi dove vedrò affievolirsi l'attacco•. disse l'imperatore, volgendosi verso i capi che l'ascoltavano in silenzio. Vestito all'europea, corretto, con quella sua aria assente, barba e baffi ben tagliati, egli spiccava fra il suo stato maggiore. in cui ognuno era vestito a modo propno, avvolto nello sciamma o in una sciarpa. In un tempo non molto lontano, queste persone si erano rivoltate contro lo stesso imperatore. La sola parte dell'esercito sulla quale si poteva contare era la guardia imperiale e le truppe di ras Aberrà, che ammontavano a circa s mila uominil addestrati dalla missione militare belga. Il resto, circa zo mila uomini, non era che una folla di guerrieri abissini. Siccome l'attacco doveva essere condotto con molta rapidità, venne deciso che gli attaccanti dovessero essere fomiti soltanto di qualche decina di mitragliatrici, per non ostacolare il movimento. L'oUensiva A mezzanotte, l'imperatore ordinò l'offensiva. Io dormivo sulla montagna e dalle cinque attendevo il giorno. Alle 5 e 20, come per incanto, la linea dei monti davanti a noi,sino allora silenziosi, si animò. Migliaia di fuochi brillavano su tutta la montagna. Da più parti tuonavano i can• noni, e i nostri rispondevano a caso, col• pendo anche le fanterie abissine, che, in quel momento, tentavano di piombare sul tergo degli italiani. Vedendo quei fuochi, si poteva ritenere che gli abissini fossero riusciti a passare. Prima dell'alba, avevo rilevato che alla destra degli italiani era cessata la fucileria di due fortini, il che lasciava supporre che già fossero in nostre mani. Con la loro leggerezza abituale gli abissini già mandavano grida di trionfo: 11 Abbiamv aggirato gli italiani I Gli italiani sono in fuga su tutta la fronte I• Verso le 8, la fucileria si calmò, e apparvero tre grossi aerei che cominciarono a bombardare le nostre posizioni. Cinque apparecchi più piccoli sopraggiunsero di lì a poco e mitragliarono le nostre truppe attaccanti, scendendo a bassa quota, fino a rasentare la terra. L'al1' destra degli italiani continuava senza posa il fuoco concentrato contro una colonna di qualche centinaio di uomini. Alla luce del giorno, vedevo distintamente i soldati abissini,grigi,immobih,na• scosti nei loro ricoveri. Gli italiani di fronte rimanevano termi sulle loro posizioni. A sera, mi incamminai veno il luogo dove si trovava l'imperatore, presso le riserve. Un locale molto pittoresco, nascosto tra verdi tuje, cactus giganteschi e terrazze di verdura; ovunque erano sdra• iati :;oldati. Acceso il fuoco, facevano arrostire, su certe piastre di ferro, pugni d1 granoturco. Finalmente tutto divenne quieto: né fucilate, né cannonate. Si poteva credere di essere nelle lontane retrovie dell'armata, e non a due o tre chilometri dal nemicq. Mormorio dì uccelli, acuto odore di foglie di tuja, allegri fuochi di bracieri e verdi alberi, tutto ciò dava un'impressione felice e confortevole. [ soldati abissini aveva.no dimenticato tutto; la battaglia era ormai terminata. Come sempre sognavano il ritorno. Essi non amano il lavoro: hanno ben gucneggiato ed a loro basta. Ma le ultime forze dell'armala dell'imperatore che restavano a nord, non avevano potuto vincere gli italiam. ~essuna delle posizioni investite era srata conquistata, Le truppe erano tornate presto sulle po_sizioni di partenza. Il riformatore europeizzato, l'imperatore,era solo. L.t notte di marudl, ritornammo sulla monta~na dove eravamo il giorno avanti. Pioveva e con difficoltà trovammo un rico\ero per passarù la notte. La mattina del mercoledì l'imperatore salì sulla cresta della montagna. Si credeva di poter continuare a fare qualch.: cosa, ma non si seppe far altro che trascorrere la metà della giornata a raccontare i fatti del giorno precedente. Fu soltanto dopo colazione che l'imperatore mi disse:, Possiamo con• ttnuare l'attacco? Io sono contento di avere avuto la possibilità di attaccare il nemico. Era indispensabile per il nostro onore, ma non speravo di poter vincere con un colpo gli italiam, varcare Passo Dabur, raggiungere Amba Alag1, ecc.•. Ritirata improvvisa Ci recammo al nostro posto dì osservazione e potemmo constatare che la linea degli avamposti, sulla nostra ala destra, era divenuta più rada di quella che fronteggiava gli italiani e, che, per contro, il numero delle forze della risen•a non era dimmuito. Era evidente che non era stato conseguito alcun successo. Dì quelh che avevano attaccato, parecchie migliaia erano stati uccisi, gli altri si erano dispersi. Parlando dell'attacco, era visibile che l'imperatore stesso non riteneva possibile continuarlo. Le nostre osservazioni lo pro• vavano; noi vedevamo il movimento degli italiani verso Mai Ceu, mentre i nostri soldati ripiegavano, senza averne ricevuto l'ordine. Maestà, non ci resta altro che retrocedere•, dis,i quando l'imperatore chiese la mia opinione. La ritirata infatti fu decisa immediata• mente, e accettata da tutti. La stessa sera ritornammo verso la caverna dell'impe• ratore. Durante la strada il figlio di ras Cassa mi disse: • Queste famose guardie imperiali I Il loro contegno è stato uguale a quello dei nostri semplici soldati, e pensare che ci sono costate cosl care!• In verità, la guardia imperiale non meritava la fiducia dell'imperatore. Composta delle peggiori canaglie di Addis Abeba, senza alcuna selezione, messa sotto il comando di ..:fficiali usciti dagli stessi ranghi e senza alcuna capacità, questo corpo, cessata la guida degli ufficiali belgi, a,·eva "lùbito perduto l'aspetto di una truppa regolare. In marcia, desinammo nella caverna di ras Cassa, e al cadere della notte giungemmo ad Aia. li giorno seguente si aveva l'impressione che nulla fosse avvenuto, come se non avessimo mai abbandonato quel luogo. Soltanto quando l'imperatore sì mise al suo posto di osservazione, po• temmo vedere che gli italiani avanzavano. In schiere rade movevano dalle loro posizioni verso le montagne che noi occupavamo il giorno avanti; un piccolo convoglio di artiglieria era a. mezzo cammino; alcuni aerei, con miracoli di acrobazia, mitragliavano le nostre truppe in ritirata, che abbandonarono i loro cannoni e gli Oerlikon. Nell'ombra della notte, era usai difficile scalare le montagne, le cui caverne erano presso la cima. Bìsognava andarci a piedi. Finalmente vi giungemmo. L'imperatore entrò m una caverna, stanco e scoraggiato. Un dittaccamento della guardia imperiale rendeva gli onori al• l'ingresso, e sentimmo gridare in francese:• Pri:i.entt:r-armeJ! Repouz-armtJ!•. L'imperatore, cupo, non fec• attenzi.one 1 alle sentinelle, si avviò di un passo rapido; ma, entrato, si arrestò, e sembrò oricn• tarsi, avendo l'aria di essere ritornato dopo un viaggio penoso nella propria casa. Nulla era cambiato nella caverna: una sola cosa mancava, ed era quella che avevamo portato con 001 e che avevamo perduto irrevocabilmente laggiù sulle alte col• line davanti J1 Mai Ceu: la speranza. L'ufficialecol frustino Ho preso molto interesse alla condotta dei soldati italiani durante la battaglia, e ho molto conversato a questo riguardo. Gli abissini mi rispondevano in coro: • t: 1mpòssibde fare qualsiasi cosa contro di loro. Sono troppo gobas ,, vale a dire coraggiosi e forti. La persistenza e la freddezza degli italiani impressionavano gli abissini. In questo, gli italiani ricordano l'esercito tedesco. :-.;on abbandonano mai le posizioni e muoiono pìuttosto che lasciarle. I soldati italiani non dimenticano mai il loro dovere; nel combattimento non perdono tempo; le loro mitragliatrici vedono tutto e senta sosta portano 11fuoco dove è necessario. Gli ufficiali durante il combattimento dànno gli ordini restando in piedi. Uno di essi, con un casco bianco in capo, indicava con un frustino il bersaglio ai suoi soldati. 11 Noi abbiamo sparato contro di lui con tutti i fucili e con tutti i mezzi•, raccontavano gli abissini, « non una pallottola l'ha colpito•. Ora gli abissini non dicono più come prima: Noi li caricheremo come montoni, con le nostre sciabole•. Dicono: • Nulla da fare contro gli italiani•. Fra i capi, gli abissini per,:ero nella battaglia il degiac Mangascià Imma, il nipote dell'imperatore. Aberrà Taclè quarant'anni fa fu ferito al petto dagli italiani, ora è stato ferito nello stesso punto, ma u morte. ~ stato anche ferito il ministro di corte. Durante il giorno, l'imperatore ha avuto una conversazione con me. Si vedeva che egh comprendeva che la guerra era perduta, ed era necessario cercare una nuova soluzione: « Io non comprendo ]a posizione della Società delle Nazioni,, m1 disse. «Essa non può far nulla, e ciò nondimeno abbiamo pagato in questo tempo più dì un milione di talleri . COLONNELLO KUSTOFF Addetto militare al Quartiere Etiopico (la fint al proJJimo numtro)
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