Omnibus - anno I - n. 1 - 3 aprile 1937

3 Ai>RHE 19a7-XV OMNIBUS Sul campo di golf dell'Acquasanta, a Roma: l'ex-regina di Spagna. EPICA DELLO SCI •no .. E SOTTUONAVALANGA RAN SASSO degli Abruzzi, domenica, albergo della funivia, quota 2000 circa. Mattinata. <li bufera tremenda. Bisogna rassegnarsi a starsene tappati in albergo. Ore 10. Il tempo non cambia. Ci ~i annoia. Usciamo sullo spiazzo del colle che guarda verso la valle. Il vento fa turbinare la neve e acceca; congela le guance. Impossibile muqversi, ma uno dei nostri, con gli sci ai piedi, s'è porta tQ gualche metro sotto il colle pQr sentire se il vento è minore. Trova neve ghiacciata a lastroni, scivola, indietreggia. li vento sembra raddoppiare. Lo sciatore tenta risalire, ma la tormenta e il ripido pendio ghiacciato lo ricacciano in basso. Lo chiamiamo, cerchiamo cli aiutarlo, ma a un certo punto lo vediamo proseguire su un pendio migliore, verso ia valle. Forse pcma di scendere fino alla stazione intermedia della funivia. Conosciamo la sua abilità e la sua forza, e non c'è motivo di ~rcoccuparsi. Rientriamo all'albergo, ma ci coglie un timore: il nostro compagno è solo, e con tutta la neve fresca che è caduta e sta cadendo, può correre qualche rischio. Decidiamo di partire e lo raggiungiamo ali' imbocco del vallone, mentre sta per sbarazzarsi di una « slavina> che l'ha investito. JJ maltempo continua, la visibilità è quasi nulla, cascate di neve polverosa si succedono sul nostro passaggio. Il compagno raggiunto ha guanti insufficienti, è intirizzito dal freddo, e benedice il nostro arrivo. La tomba di ghiaccio Verso le 11 e 30 finalmente s'intravede il punto da cui bisogna piegare verso de::stra, per raggiungere, in alto, la stazione della funivia. Precedendo gli altr1 mi fermo per vedere più chiaro, quando 5ento un soffio, e subito dopo una massa di neve morbida che mi blocca fino alle cosce. Faccio per chinarmi, sbarazzarmi al più presto degli sci e pa~sare al pendio di fronte, ma una successiva ondata mi investe e cado bocconi, con le mani in avanti, già lìbere dai bastoni. Subito ho il buio intorno a me; odo distintamente wpra la mia testa la neve ammas~ata che s'insacca contro la roccia. Grido. Mi sembra impossibile che Ettore, il più vicino a me mentre scomparivo, non mi debba sentire; cerco di dibattermi, di fanni largo, ma braccia, spalle, testa, gambe urtano contro la neve che, già foggiata a parete, sembra dura come il manno; allora mi accascio con un'angoscia indicibile, mentre rifletto tra il pianto e il terrore che la mia voce non ha potuto e~sere udita, e che forse è toccata anche agli altri la mia stes$3 sorte. Cerco di calmarmi; con le mani ancora libere, mi scavo a fatica due buc-he, per aver l'illusione di aumentare il vano d'aria. Respiro bene: la « slavina > non ha spostato il mio corpo di un ~lo centimetro, dato l'ancoraggio degli sci, ai quali le gambe sono di- ~peratamente inchiodate. Sopra di me, devo avere ancora non meno di tre o quattro metri di neve imaecata. Bi-;ogna preparar"Y. dunque a morire. Ogni spreco di energia è inutile: solo un miracolo può salvarmi. tra me e le pareti che mi serrano; il cappuccio impermeabile della giacca a vento e i guanti di lana e tela mi riparano la testa, il collo, le mani da ogni contatto congelante. Non sento ancora il freddo. Riprendo la calma. Mi tolgo il berretto da sotto il cappuccio, e me lo accomodo a mo' di cuscino; finalmente qualcosa che assomi• glia aJ sonno mi coglie; si succedono tutte le immagini care della mia vita, Q&I,\Ì tanto P.rorompo in balbettii $<:Onne"i, in grida d'« aiuto», ma sen7..a speranza. Quanto tempo sarò rimasto così? Forse un paio d'ore; non avevo orologio, né la possibjJità di consultarlo se l'avessi avuto. Tutto è buio intorno a me. Ma una sensazione come di gelo che si stende mi riscuote a un tratto. Respiro: l'aria passa! Se potessi... Ho un lampo di speranza; penso a mia madre. Se potrò liberare i piedi dagli sci, servirmene per scalciare all'indietro e rompere così la crosta dura ma superciale delle pareti che mi immobilizzano, avrò un primo vano, da cui potrò iniziare, a furia di scavo nella neve interna più malleabile, un disperato tentativo di disseppellimento. Quanto tempo avrò messo a strappanni dalla morsa degli sci? Certo alcune ore. Comincio con lo sci sinistro. Torsione. Trazione. Torsione. I muscoli si impennano, forzano, cedono, si spossano. La speranza è fragile, non basta a sorreggere la volontà. Ma intanto un po' di e giuoco > s'è formato. Avanti: se riesco, son salvo. Torsione, trazione, scuotimenti furiosi, a denti stretti. E a un tratto la scarpa si stacca dallo sci, con la dolcezza di un miracolo. Dalla po~izione riversa riesco a pas- ~are alla posizione supina ; a furia di scalpellare coi piedi, le mani, i gomiti e i ginocchi, arrivo a scavarmi, prima coi piedi, una vòlta sufficiente ad accogliere il volume del corpo, poi, strisciando con le spalle, a mettermi in po• sizione seduta, da consentirmi ormai lo scavo con le mani verso l'alto e l'appoggio -dei piedi verso il basso. Non ho dubbi d'orientamento. Ora sono rtvo)\o \'C)'SO il monte. e in questa posizione che mi accingo a proseguire il mio lavoro. La speranza di riuscire subito a sfondare in senso perpendicolare ha breve durata. Ore e ore passano così, ma, come ho detto, ho smarrito la nozione del tempo. Non riesco a valutare gli effettivi progressi del mio lavoro, e passo altri momenti terribili, perché le dita e i polsi si stancano e intorpidiscono, obbligandomi a sforzi sempre più brevi, e a soste allucinanti e affannose. Le forze mi reggono solo per pochi minuti; poi bisogna che mi Ialiti scivolare verso il fondo per recuperare un po' di energia, e sbarazzarmi della Sto lungo disteso come in un letto; una piccola camera d'aria si è formata Ricordo di Cortina d'Ampezzo (fot. GiacomeUl) 1 •;;t:I ~ • spruzzaglia di neve che mi ricopre. Non sento la fame, per quanto sia digiuno dalla mattina. A un certo punto, mentre son fenno ginocchioni alla base del mio buco, iinmerso in una sona di angoscioso torpore, odo sopra di me un rumore caratteristico (l'unico udito in tutto il tempo), che mi atterrisce e mi rincuo• ra: il fruscìo di una e slavina> che scorre alla superficie. Mi atterrisce, per• ché rifletto che altre ne potranno cadere, aumentando così lo spes~re del diaframma; e mi rincuora, perché dal rumore m'è parso che la superficie libera non debba essere distante. Riprendo lena, mi costruisco a denti stretti una specie di piattaforma di sostegno a livello della massima altezza raggiunta, e di lì mi rimetto a scavare verso l'alto 1 col corpo in posizione orizzontale e il cap1>uccio tirato sugli occhi per proteggermi dalla pioggia di neve. Lo scavo prosegue ancora, accanito, paziente; prima un buco dove passano le mani, poi un buco più grande, per le braccia, la testa, le spaJle. Sfinimento e sfiducia, grida vane cacciate ogni tanto senza speranza, soste e riprese, momentanei annebbiamenti e fluttuamenti di coscienza, poi, a un tratto, ecco che la mano smuove qualche cosa che gli occhi stanchi non percepiscono subito: è la luce. Santo Dio, luce bianca che mi illumina! t <:ome un incantesimo; mi acca~cio esausto e beato, e finalmente alzo una mano, infrango l'ultimo strato di neve, ed ecco l'aria e la luce viva; ecco sopra di mc, in una nitida lucé crepuscolare di cielo sereno, la più bella stella che abbia mai vista. Ancora qualche sforzo per allargare il varco ed is.sarmi su; e son fuori, vivo, intero. Mi guardo intorno. L'aria è fredda e calma; la neve dura, vellutata, sicuri-;sima. Possibile che ieri fo,-,e qucll'inf erno? «Ieri> lo dico ora. Uscendo di sotto terra, anzi di ~tto neve, ero convinto, lì per lì, che fosse ancora il crepuscolo '-Crale della domenica. Solo alla luce del !!ioleche stava per nascere da oriente, mi convinsi che si era già all'alba del lunedì, ciò che si{!nificava che ero rima,;to sotto un tempo incredibile : circa diciotto ore. Mentre mi accingo a ~ccndere a valle, un pensiero tremendo torna a sconvolgermi : se anche i miei tre compagni fossero rimasti sepolti? Al mio arrivo alla stazione della funivia, giù a valle, dove giunsi incrostato di ghiaccio dopo un'ora buona di marcia e dove apparii come un fantasma, sepoi che i miei compagni erano salvi e ~•avevano dato per morto, dopo essersi trovati nella tragica situazione di non poter fare a-;solutamente nulla per me. Fu co,;ì che mi misi a letto trasognato, esausto e felice. FRANCO CIVININI CORSE CAMPESTRI S'JNIZIA la stagiont quando t pauato l'autunno, con le ulhmt riunioni atleticlu ntgli stadi e quando l'ultima cor~a di chiusura ha rimandato 1 Clc/llti a n·trnart mila rii:itra. Q,u.. sto sport 1tmbra1.•ariun.:ato finora agli optraz parign,i, cht vedeuamo corurt ntllt fotografie dri g,ornali francesi, 1n un ntbbioso pat1aggio d, larghe fogl,t 1m1idtptr t sentieri dtl Boii dt /Joulogne, o agli studenti dti collegi ingltsi. A farsi" popolare, oggi da noi, ha stentato un Jxxo. Sono s,au da Jmncipio le pianure lombarde t pinnontt11 a t:tdtr corrru. qualche gruppo d,_ atlttr attraverso gli_ argim ugnah dai piopp, t i calmi fossati. S, è cosi formato un numero, non molto grande in 11uitd, di ,puialisti, a cui si aggiungono parecchi atleti eh• ti ded,iano norma/nuntt alle maratone o alle corse di gran fondo ru pilta o su str,da. Ma ormai q11t1tosport ha tr0tiato il ruo grandt campo d'a::lrmt nti giooani appartentntì ai Farci Gi01Janili. La pr0fll,u:ia0 dd i c:ampiorti atlrat,a-so un sisttma ,stt.10 di suc:c:tssivt tliminatone. Lo stadio, gli spogliatoi t lt docc:t, sono tutte btllissrmt cost, ,na non strvono ai nostri c:om'dori. Si spogliano all'aperto, fanno un pacchetto dei loro t:estrti, cht constgnano all'amico, partono in gruppo strrato, facendosi largo dapprima, st non possono con lt gambt, a forza d, gomiti. Al fosso, saltato sen:za scioolart mila l11cida scarpata d'nba, ahbandonanq il loro gruppttto e arcano di non perdtre di t·ista la maglia bianca di quello cht co11duc:tla corsa 1.-nso ,I traguardo. Qualamo arrfoa traftlato, qualche altro, a mttd pn-corso, prtfnisce alla gara una pruugg1ata mattutina; 1/ ttù1c1torearriva con un buon passo elastico. C'J poca luu, poco pubblico, pochi fotografi. 1 dir1gt11t1dtl suo gruppo ahln-acc:ianoil vin~ citort poco cont'lnti, a n1tno cht non si tratti dr un campionato nazio,ralt; a loro scwa si pu6 dire cht la pioggia, il fango t il sudort hanno lasciato poruchit tracce sull'atleta. Cosi "M' quattro o c,nque domrnicht. La fi· nalt t 1/ campionato. A Roma, qut1t'anno, c'ero un dUcrtto pubblico, sui prati di Montesacro; anche le autoritd sportit.•et militari nano prtstnti: lo corsa camptltre non titnt conto dtl fisico eccezionale di qualche campione, no,1 t cm mtz::o per dar /m;oro, anche in int:trno, agli atlttt, su ttrreno soffice, ma t quasi una pr01,·oper i gi0t:oni cht saranno soldati. Vi,ic:ltore t risultato, quest'anno, Parodi, del, Gomando di Gtnot:a. Trllti hanno mostrato una grande J)(Utiont. Una P<mione che non i qutlla di vinctre, "1,D. 1· 1/ p,acnt sttsto dti ca1t1pi.Credo che il CQr'TÌdort d, corsa c:amptttre dn1t ouomighare un po' al cacn"atort, Pn questa gente dt:Vt at:ere lo stesso t.·alort colpire il lepre o tagliare il trng11ardo, Ma /)tr entrambi non i questo che conta. CiiJ cht conta è il piacnt di urcare la propria t·ia tra gli sterpi, aprirsi (a ttrada fra lt foglie mortl' t l'e-rbn bagnala, odorart la urra umida, infa,warsi e r01,·inar11le scarpe senza P.'J11ra. BAR DEGLI SPORT I N CERTI giorni il Prater non ~ più il paradiso dei ~!dati, dei _bambini, delle donne di aervu:io, degli innamorati, nt vi circola portato dal vento quel profumo di acacc, che Liliom aspira a piene nari con la sua donna sulla panchina illuminata dal pallido fanale. Al profumo delle acace ti sostituisce un vecchio, dimenticato odore di sego, ai pad.iglioni rotanti delle giostre una vegetazione di funghi 10tto cui covano gli umori più maligni, al cinguettio delle rondini un coro iroso di• pfui •· E allora inutilmente l'azzurro di undici maglie gira disperatamente per ricondurre il sereno. • Di tutto quel cupo tumulto, di tutta quell'aspra bufera a~ restato molto lavoro per gli avvocati del calcio e un notevole conaumo di • linimento sloan a. Le società, a radiotrasmissione finita, sono S\.bito rientrate nel loro • particulare a cd hanno pcntato sospirando ai pou:1bili vuoti nelle formazioni di campionato. Il fattaccio del Prater ha origini abbastanza lontane, che i nostri giornalisti sportivi, tutti intenti a fare della psicoanalisi sul caso 01110n, non si sono curati di mettere in luce. Le escandescenze dei viennesi sono la conseguenza di uno •scandalo• avvenuto sotto i loro occhi esterrefatti, in altra occasione, ad opera di un ragazzo di Vercelli. Per compreodere come sia appropriata la parola •scandalo• bisogna sapere cosa ~ il gioco del calcio per gli austriaci. Prima della. guerra l'Impero aveva egualmente uno squadrone. Se fosse possibile oggi, come allora., riunire il fior fiore delle squadre di Praga, Vienna e Budapest, le nazionali degli altri Paesi potrebbero portare in permanenza il lutto al braccio. Dopo la guerra il bel castello tembrb crollato per sempre. Ci sarebbe voluto un mago, percM la sola Vienna potesse difendere nel conti.nente il prestigio calcistico dell'Impero. Il mago fu trovato, ma con la nascita del • Wunderteam a nacque uno ttato d'animo pericoloso, Come noi esportiamo gli agrum! e le_ • Fiat •• ~ france-si i profumi e gli articoli d1 moda, gl~ austriaci esportavano la loro nazionale d1 calcio, merce preziosa che non trovava rivali in tutti i mercati del continente. Il nostro torto fu allora quello di lanciare un prodotto di eguale valore, con in più_ il fucino della novità., della velocità, della giovinezza. La calvizie di Sindelar dovette inchinarsi alla folta chioma giovanile di Piola. Cosl si spiega il coro di • pfui • di domenica 21 marzo. t il risentimento di un esportatore in declino di fortuna. Ma anche il fattaccio servirà a qualcosa. Ogni volta che la squadra italiana va a Vien~ na (e anche a Praga; anzi dovremo andarci molto presto) i nostri dirigenti si preoccupano per gli umori del pubblico e per l'incolumità dei nostri giocatori. Questo senso di pericolo non deve più sussistere. In Italia le squadre ttraniere giocano sempre in un clima di cavaJleria e abbiamo diritto di esigere che a Vienna e a Praga aia lo stesa~. Se a questo risultato porterà la burrasca d1 domenica 21 (l'arbitro ha ritenuto che potesse diventare la • burnsca dei morti!•) essa sia la benvenuta. Qualcuno prevede la ripetizione della partita in campo neutro. Ma per noi lo sport non ~ fine a se stesso, non giochiamo a Vienna soltanto per il punteggio della Coppa Internazionale. Ci auguriamo che la partita sia ripetuta ma al Prater, con un orizzonte perfettamente ripulito dal tempora.le, Non pretendiamo i valzer straussiani, ma non vogliamo neppure udire quell'odiosisaimo • pfui • che appartiene non all'Aust1ia di Dollfusa che noi amiamo, ma a quella di Radetzky, tanto lontana nella memoria che non pos.sìamo neppure odiarla. Al casirtO •"unicipale. llJ. .ncoh · spet ... traordi Jl,etrt n - galet s chestr--, d'arte, or RIBASSIFERROVIARDIEL50¼ O un nuovo nome del notissimo rimedio (acido acetilsalicilico purissimo). O ~a~anzi~ ~i qualità e di italianità. O 11r1med10 insuperato contro: INFLUENZA· RAFTREDDORI- REUMATISMI.NEVR,.LGIE • • .. , tanto per I c(ffalleri flalcl • cblmlcl cruanto pu U eomportamen10 Jarmacolocrlco, la RODINA • t' ASPIRINA .ano prodotti tdenlld ... 14• ""• Il•·•• ...... •e•,.- ~•Il 4..i:/rl,..,. O•I••"• •• ~I•~•• '""'•c•l.. ,c/rl.•. N 6 O•c•"'·•• ltJ6 ltV

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