Omnibus - anno I - n. 1 - 3 aprile 1937

TENDENZE DELLA MODA Il L tentativo di far indo~c.arc alle donne I pantaloni, non ha avuto surcc,'O. Di tanto in tanto "> inC'Ontra qualche svagata ,;ignora con k brache ampie a gonnella, ma ,i;j tratta di apparizioni rapide e un po' timide. Oramai la moda femminile abbandona lo e stile ma\colino » che ha dominato l'abbigliamento della donna per dif"ci anni e 3\"Ì~tiamo alla lenta ma \Ìcu.ra restaurazione della vanità muliebrr, che è sempre la stC'ì\a, Fino all'anno s,roNO, ci si compiaceva della ,;;cmplicità e della povertà degli abiti, ,;i prediligeva l'impennt"abile 1 il ba..co, il co~t.:o di lana, la gonna di panno e il tacco ba,;;.so; le donne avevano tutte un po' l'aria di chi non ha tempo da perdere e deve fare 1n fretta; ed era un gu'lto che nascondeva qualche pretesa 1,ocialc a sfondo comunista. Non tutte le donne ne erano co- ~ienti, ma, sotto sotto, qualche ragazza. ind~va quell'uniforme pen~ando ai nuovi orizzonti del collettivhmo. Per variare un po' la monotonia di una dìvi'-3.così povera, si Ja,ciò il ba,;co per il feltro alla montanara, e vedemmo c~ì spuntare le penne di fagiano e i fiocchi di lana <ul <appello: fu quello il segno. il primo -.egno della ri\'olta della vanità. 1 • Il sogno di tutte le donne è quello di non pa,,are inos,crvate, di non re- '>tare anonime; e la restaurazione di una penna aprì il gu.'ito alla fanta~ia dei colori ..,-ivi, dei ricami, degli ornati. Già ,i annunzia una ma'{giore rii.:- C'he:zzanell'abbi~liamento; le linee rictide, le tinte morte, il disadorno. hanno perduto ogni fa\Cino: lo stile inglese 5ta tramontando; dopo un decennio di stile razionale '-i torna al barocco, anche nella moda. Qutit'anno vedremo il C'a'C:emir,le stoffe trapunte, i !umetti d'. specchio, le stelle di argento e le foglioline di brillanti. Permane ancora la linea otto«nte!-ca, ma corretta da una scioltezza moderna, e da una maflPiore vivacità di tinte e di bizzarri di~egni orientali. ORSOLL"'IA ) , APRllE 1937-XV D ■ NIBUS PAGINA I f '2t(l,;ro eia /tctJ.J7yeo La conn& à di tessuto di&gon&lecolor tabacco scuro; la giacca di lana. & quadrati IDfl'l'Onee 1t&lli. Con questo gra.zto10&bi· to da paase1rto, si porta una 1ciarp& di la.n.&pettin&ta rtallo-p&llido e marrone, e un ca.prlccloao ca.ppellp scuro ornato con penne di fagiano. Un modello confezionato in lAn&azzurr& e crespo a dise1ni. La. 1onna e la eia«& sono •"suite In un rru:to1i11imo te11uto ,. ma.rgheritine bianche, ro1ae e verdi, Lo stesso tessuto aerve a. !c,àer&re la cappa. La ciacc& à orlata d1blu. a con /r /e/4, de' cytt'd O SAPETE già, influssi oscuri quanto quelli che reggon le fioriture, le marce e l'amore, variamente, attraverso l'anno e le stagioni trasportan le Belle, a ciascuna dando il sicuro istinto dell'ora e del luogo, obbligandole ad essersi fedeli, ad ornarsi per ornare. Squisite, brillano ora per il riflesso di un ballo, ora per un giardino, o anche per un re; e che faremmo senza di loro? Le amiamo molto, queste donne decorative e segrete, limpide e misteriosissime, che dappertutto s'incontrano, e sempre son nuo,·e, docili all'atmosfera e al desiderio di una folla sconosciuta. Ecco, le vedremo a Firenze, pcl :\laggio :\lusicale: troppe melodie, troppe rose ccntifoghe, la città ronzante come un alveare sonoro, le faranno assorte, inaccessibili. Se, in giugno, il glorioso pensiero della signora Simpson, i prati verdi cd il Derby le attirano in Inghilterra, come volete che non siano snob, tra tanta foresta di cilindri inglesi? Il Lido di Venezia dar.\ loro un incanto trasandato che si ammira al bar di Harry; e Salisburgo, con Mozart, le farà più civette del solito, sfringuellanti; via via i mesi si sgraneranno, in riva ai laghi, tra nevi azzurre o su deserti biondi, e le Delle rinnoveranno le vesti. gli atti, le bugie. :-.:oi intanto, su questo calendario rutilante e mondano, accogliamo l'aprile. Perché in aprile le Belle ritornano a Roma, per festeggiar la primavera, la loro grazia compiuta qui come non mai, ed anche un candore perduto, uoa dimenticata verità. Pare impossibile, qui dimenticano di comporsi, di studiarsi, vivono senza pensarci su, felicemente, e forse il merito è della luce, calda e chiara luce romana, corsa da nuvole bianche, da nebbie aurate, da lontanissimi odori di terra: le Belle ne divengon bellissime: ve le ricordate, riunite da una mattina di sole, in Via Veneto? Strada perfetta, dove nulla manca, non il bar provincialeuo, con gli elegantoni che occhicggian le ragazze, non le bancarelle fiorate, e poi le mimose. gli allori: che vorreste di più? Appunto, non si desidera altro. Paghe, le Belle lente passeggiano, e ci son tutte. Ecco le Principesse che nello stemma portano un'ape, una colomba, un volante drago; le Indossatrici della Palmer, che di araldico hanno un cagnolino soltanto, ed è un grifone; le Straniere, con Ruskin in mano, o un tulipano giallo; le Campionesse, che, vestite di renna mordorata, ne traggono una fierezza barbarica; c1è anche la Spagnuola, gigantesca, perlata, e noi speriamo che si chiami Angustia. O Pilar. La Strabella, conscia di una perfezione riconosciuta e timbrata, ne arrossisce, e, se sorride, con la mano si vela la bocca: grazie, lo fa per non abbagliarci. Tutte sorridono, tanto teneramente da dare l'illusione di un sorriso unico, prolungatissimo, per la strada lucente: parata delle Belle! Sagge, non fingon neppure di interessarsi, come donne frivole e sciocche farebbero, ai passanu o alle vetrine, ma graziosamente camminano, fino all'angolo estremo della via. Là si fermano, per subito tornare indietro, quasi che il mondo, con il marciapiede, in quel P.unto finisse: fin Villa Borghese, ritrovo di mattinali delizie, divicn inaccessibile foresta. Il vigile, ignorando d'essere il limite estremo della passeggiata, rapito le ammira, mentre quelle rivanno, quiete, verso la luce e il trionfo, verso il bar di Rosati. :\1a non crediate che 1e Belle stiano in Via Veneto soltanto, scenario fisso. Quale più commovente di questa, che tra i pini aspetta il suo cavallo, misteriosamente scomparso? Fine di caccia: la volpe s'era rintanata, i cani ne guaivano, cd i vecchi gentiluomini delusi. La Bella, agitando un suo frustinello, in disparte raggiava, una felicità segreta le brillava negli .occhi: pensava forse alla lotteria, all'amore? i\eanchc per sogno, lo capimmo poi. Era una cacciatrice affezionata alle volpi. che, per dovere elegante, cacciava. Ora tranquilla, si rallegrava della coda salvata. Questa, al Concorsino, mise una mantelletta di leopardo. Donna amabile, bonacciona, ma le macchie brune e gialle, il selvaggio odore, la fecero crudele, e con unghie laccate si carezzava le spalle, simulando artigli, graffii; sbadigliò, denti feroci; spalancò gli occhi, eran verdi; che perfidia! Ce ne andammo in fretta; e l'indomani, ma non lo dite a nessuno! la rivedemmo, barbara, ocellata e fosforescente, in una gabbia dello Zoo. E quella che, all 'Excelsior, volse, sulla variegata folla, sguardi opachi, di fascino cinematografico e spietato? Ci parve favolosa, ma no, non era vero niente, povera donna anche lei: sul tavolo, tra un cocktail smeraldino ed un piattello di patate, aveva posto una minaudière, una di quelle borse intitolate alle smorfiette: aperta, ci spiegava tutta la Bella, le sue iniziali, le sue sigarette, 11colore delle guance, degli occhi, delle labbra; c'era perfino, candida Bella! la fotografia del suo dolcecuore. Sapevamo ora che i suoi sguardi non meditavan la fuga, né il disprezzo: perché i tanti oggetti che si era sparsa intorno l'imprigionavano, e, simili ai nostri, l'obbligavano ad amarci un poco. Ritratti: una ci fu, agli Ambasciatori, che portò eoJI petto la minuscola maschera di gesso: testina bianca, occhi cavi, pareva l'immagine d1 uno spettro, di un dio, di un eroe, su lei, drappeggiata nei velluti notturni e stellanti. Infine anche il caro Giofrè Borgia fu, dal Pintoricchio, ornato così, con il ritratto di un fratellino morto: ma certo l'eroe della Bella morto non era, lo amava troppo, e furuvamente lo carcziava, ogni tanto. Vedevamo le dita lunghe indugiar sulle labbra di gesso: aspettavano un bacio. AJl'alba, in una trasparer\7..a verdognola, le Belle bevono il latte in piccole latterie mutevoli, nascoste; stanche di musiche, di luci, parlano di sé. Raccontano infanzie stranamente simili, immaginano avventure sempre uguali, ed han nostalgia di cose assurde, un asine-Ho di stoffe, una casa australiana, una canzoncina dimenticata. E sono tristi, poiché son state gaie, finora, ballo, gala, fantasia. Ombre violette rendono i loro volti fragili, minacciati. Capiscono, improvvisamente, che forse, domani, non saran più le Belle: per questo si avvolgon, a quell'ora, nei gran burnus che in desolate pieghe ricadono: e i cappucci son pronti, per nascondere tanta decadenza. Belle scomparse. Furono tante, dominaron Roma dal Corso ai Balli in \laschera, parvero indimenticabili, poi tornarono in patrie lontane, mutarono, morirono, e chi ci pensa più? Ci pensano le Belle. Hanno, per le sorelle svanite, una soavità tacita e fedele: e la tomba di Rose Bathurst è, da loro, teneramente fiorita. Lei dorme nel Cimitero degli Inglesi, dalla primavera del 1824, e storia più romantica non sapremmo. avventurosa. Si, già suo padre Beniamino, in viaggio per Vienna, trovò il modo di sparire, quasi fosse andato al Turchcstan, né mai più stpptsi, dall'afflitta sua moglie, nflt•ella di sua vita o di sua morte, e non vi par d1 vederlo, diafano e biondo, l'eccentrico gentiluomo? Diafana e bionda fu Rose, e compit:a l'anno dtdmostslo quando per sorte funestissima sparì, cm•alcando sulle ritJt del Tnert, ed Il suo cavallo ombrO: bella Rose adolescente, in abito d'amanone, e ardita, degna di una romanza con musica, di una stampa colorata! La giovane duchessa d'Albany già da anni era morta così, e più tardi :\loussia Ba,,hkirtseff do,·eva invidiare questa fine d1 Bella, e portarle fiori. I Butteri l'avevan sognata, nella campagna, i Principi sul Corso: ORgi donne ignote la sognano ancora. Come quella, incontrata ieri, che accanto alla tomba, nell'alto silenzio, quietamente fra lo stormir degli alberi sedeva. Vestita di grigio, non giovanissima, di fulgore ricco e velato, autunnale, ma splendida, verAva sfogliando sul marmo un suo gran mazzo di viole. Pareva che, un poco curva, a Rose stesse raccontando di cavalli, di passeggiate, del fiume, dell'aria primaverile che fra le croci correva. Amica, intratteneva di cose felici un 'amica Poi, quando le fummo vicini, ci a\.'Vedc:mmo che non le violette soltanto cadevano adagio, sulla Bella di Jen: anche le lacrime tonde, cristalline e silenti della Bella di Oggi: che pensava al domani. MARIO t.. 1t,-oort, it.&llane pouono aeoprtn nel "burnu.a · delle no1tre truppe 1aba.rt&11eun eleganuma.nt.llo d.a tera. D "burDWI '' pQà NMrt, di PULDOt.ure:h.ino, oero o bianco, fUUUlLo d ·argento Un c&ppello d.1 Paella T1.ola, con se1&rP& d.1 muHola d.1 Mt.a rosa p&lJJ.doULDodaW. •uU• •Pa.lle. tin\ • M0DB OCCASI0KALI INGLESI. Abito mlUt.ar .. co, ldea.t.o da un •art.o dl Londra i,er J• pro 11Lm. fHt.e deU'lllcoronastooe.

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