Nuova Repubblica - anno V - n. 28 - 14 luglio 1957

(t 7.1) nuowa repubblica Si pronuncerà la sfinge? (Dis. di Dino Bosclli) I LUCI ])ELLA RIBALTA I U~BRICIOLO DIE~TIJSlf\SMO di FERNA.LDO DI GIAMMATTEO :"'t'o I L PREMIO Saint Vincent per il cinema italiano è giunto alla quinta edizione distribuendo quindici grol– le d'oro ad altrettanti registi e attori. Le tre di· que– st'anno sono toccate ad Alberto Lattuada (per Guenda– lina), a Giovanna Ralli (per H momento più bello) e a Vittorio Gassman (per Kean). La giuria ha fama di es– sere severa e arcigna; il sottoscritto, che ne fa parte, può tranqtiillamente dire che si tratta di una fama immeri– tata'.. L'unico elemento che differenzia questo premio dagli altri è 1a motivazione, che a noi è sempre parsa indispen– sabile: dare un premio senza dire perchè non ·ha molto senso. Motivando ci s·i impegna in un giudizio. E i giu– dizi si cerca di farli nascere dalla Situazione obiettiva. Così, può accadere che non siano osannanti, come vor– rebbe la regola dei premi. Ecco tutto. La severità è nelle cose, non certo nella testa della giuria. Ma il nostro mondo cinematografico è buffo. Sta at– traversando una crisi penosissima, e lo ar11mette anche, ma non sopporta che lo si dica forte. Dovrebbe ralle– grarsi della chiarezza, che serve a sgombrare il terreno dagli equivoci, perchè questo è l'unico modo per salvarsi. Invece no. Blasetti ha detto: « La motivazione è d'una durezza che rasenta la scortesia». Gassman, spiritoso agrodolce, ha ritirato la grolla dichiarando: << Ho sef(lpre guardato al cinema con disprezzo. Ora cambierò idea ». Giovanna Ralli non ha detto niente, ha solo pianto (un pianto adorabile, al quale è andato il nostro affetto). Lat– tuada ha ringraziato la giuria (troppO ·buono; si.amo noi c;he ringraziamo Lattuada pe1: aver fatto Guendalina) e sua moglie Carla Del Poggio. Questo premio, e queste reazioni, si prestano a defi– nire il tono psicologico tutto particolare che avvolge il cinema italiano 1957. Un cinema che non sa più quel_lo che vuole. Fertili ingegni e cuori sensibili ne esistono ancora 1 la simpatia del pubblico non è del tutto sva– nita, la struttura industriale, quantunque pericolante, non è crollata -come si -poteva temere. Andiamo avanti, dun– ~ue. E' possibile. Ma come? Con quali idee? Con quali speranze? Eccola qua la crisi che perdura e si aggrava. In ,una situazione del genere, è naturale che la censura iompa le scatole più del necessario, secondo le consuete i;egoJe anticostituzionali e paternalistiche. Non è nemme– no colpa sua, ha troppo buoh gioco - in mezzo a tanti sfiduciati - per rinunciare alle sue pretese. Siamo in w1 cerchio chiuso e soffocante. Il produttore che ha rischiato decine di milioni in un'impresa difficile (oggi ogni film è un'impresa tremendamente difficile) non ha H coi•aggio di rischiare ancora, schierandosi contro la censura; se quella gli impone dei tagli, li accetta, purchè il film esca· nelle condizioni economiche migliori (senzà" il divieto per i minori, senza la diffidenza delle autorit4, senza ravver– sione degli esercenti cattolici, dei vescovi e dei parroci, ecc.). Non può concedersi il lusso della 'difesa della li– bertà culturale, ammesso che sappia che cos'è questa li– bertà e gliene importi qualcosa. Un cinema che fosse in fase ascendente e trovasse forti impulsi ideali e pratici a metterlo in moto, si di– fenderebbe assai meglio. A parte la diversa (enorme– mente più .favorevole) situazione politica dell'immediato dbpoguerra, il cinema cosiddetto neorealistico si espanse nonostante tutto, e resistette bene per un certo tempo. Ma oggi, come potrebbe resistere? E quali. prodotti potrebbe sfornare se nessun prodotto (nè il film realistico nè quel– lo dialettale, nè quellÒ intimistico nè quello di grande respiro spettacolare) offre una garanzia sicura? I cineasti italiani hanno in mano un pugno di mosche. Nessun mo– dello li conforta. Guendalina rimarrà il caso isolato di un buon regista in vena, non indica alcuna strada che altri possano percorrere. Il nostro cinema ha perduto del 'tempo prezioso, lo sappiamo tutti. Non si è attrezzato. Ha peccato di pre– sunzione è di ingenuità. Tutti pensavano che l'ispirazione venisse dal cielo, insieme ai soggetti, alla vena dei re– gisti, alle doti degli attori, alla preparazione tecnica degli sceneggiatori. Così non abbiamo attori, per esempio. Se si deve cercar qualcuno da premiare si «inventa>> un'at– trice in erba come Giovanna Ralli, una buona promess~. o si nomina d'ufficio attore di cinema un formidabile teatrante che del film quasi si infischia, Vittorio Gass– man. Non ce ne sono altri? Pressapoco. Si attendono le ri– velazioni e si dimentica che le rivelazioni occorre pre– pararle e istruirle, poco alla volta, di anno in anno. Ma, nelle condizioni attuali, nessuno ha voglia di farlo. Per questo, Lattuada, Giovanna Ralli e Gassman so– no tanto più meritori. Meriterebbero non solo una grolla ma un monumento. Sono forze vive che hanno fiducia. La passiozie che Lattuada mette nel suo lavoro è com– m6vente; la precisione e la verve della Ralli indiscuti– bili, il .vigore di Gassman (nel Kean) evidentissimo. L'essenziale è che l'atmosfera stag'nante del cinema ita– liano non li corrompa. E non corrompa que1le altre po– che forze che hanno conservato, in un cantuccio deBa coscienza, un briciolo di entusiasmo. ·7 BIBl,IO'f.ECA * Storia della crilica moderna N ON CREDO di commettere una grave indiscre– zione nell'anticipare ai lettori di Nuova Repub– blica una notizia fot·nitami da uno dei giovani del Mulino, la rivista bolognese che da qualche tempo ha iniziato una sua interessante attività editoriale. La notizia è questa: presso il M-u.lino si sta già allestendo la traduzione dell'opera piU. importante e più recente ai René Wellek A history of modern criticism di cui ~-OP-~ usciti sinora due volumi, pubblicati ~n America dalla Yale University e relativi al settecento e all'età roman– tica, mentre a1tri due volumi sono annunciati come im– minenti, a compimento dell'opera stessa e con parti- 1 cola,re riguardo all'ottocento .e al novecento. Questa nuova « storia della critica moderna », pér quel che si può chiaramente vedere daHa parte già ecHta, è destinata a sostituire mQlto vantaggiosamente l'or11:1ai invecchiata, e tuttavia per tanto tempo utilmente con– sultata, History of Criticism del Saintsbury che ha ormai più di mezzo sec;olo di vita. Pochi studiosi erano meglio indicati di René Wellek ad affrontare un'impresa del ge– nere, nella quale vengono passate in rassegna - al va– glio della moderna coscienza critica - tutte le più vive correnti del J?ensiero; dal 1750 al 1950, di fronte al fatto artjstico. Wellek, infatti, possiede come pochi altri storici della cultura moderna una conoscenza profonda e lar– gamente sperimentata della letteratura critica francese, inglese e tedesca. Formatosi in quel vivacissimo centro culturale che è stato il circolo di Praga e quindi tra– piantatosi in America, Wellek ha saputo innestare certi procedimenti tipici della cultura anglo-sassone ~sul fon– damento ben saldo del suo illuminato europeismo. Lo dimostrapo la chiarezza e ravvedutezza, ovunque ben in– dirizzate e nello stesso tempo ricche di problematica aperta, con cui ha saputo delineare, nei due primi vo– lumi della sua opera, la posizione di Voltaire' e Diderot, di Johnson e di Lessing, di Herder e di Goethe, di Kant e di Schiller, deili Schlegel e del gruppo dei romantici tedeschi, di Jefirey e di SheUey, di Wordsworth e di Co– leridge, di Lamb e di Keats, della StaCl e di Chateau– briand, di Stendhal e di Hugo, dei Grimm e di Kliest, , sino a Schliermacher, Schopenhauer e Hegel. Fra le pa– _gine più intensamente originali, e perciò veramente frut– tuose, saranno da segnalare soprattutto quelle dedicate a Diderot, a Lessjng, a Coleridge e a Hegel. Un po' sa– crificata appare invece, nel quadro generale, sia per am– piezza di trattazione che per novità di risultati, la parte italiana, la quale comprende, nel giro di appena dieci paginette, Vico, C_esarotti e Baretti, oltre ad altri set– tecentisti, e nel secondo volume comprende, entro il ri– dottissimo e certo inadeguato spazio di venti pa_gine, Fo– scolo, Manzoni, e Leopardi, oltre ai romantici italiani minori. Può essere cl)e Wellek consideri il con tributo italiano del settecento e del primo ottocento, in merito allo sviluppo della coscienza critica dell'arte, come un contributo di li-mitato interesse nel quadro europeo, ma a me sembra che la sua fretta nei nostri riguardi abbia oltrepassato talvolta il segno e mi auguro che nel terzo e quarto volume della sua opera voglia concedere un'at– tenzione più generosa alla critica letteraria italiana che va da De Sanctis a Benedetto Croce e quindi alla nostra critica contemporanea, la quale non mi sembra oggi tanto inferiore a quella degli altri paesi europei e non europei. L'opera è fornita di un'ampia bibliografia, generale e particolare, della quale riusciranno utili al pubblico italiano le sezioni straniere molto ricche e perfettamente ag"giornaie. C'è, dunque, da rallegrarsi dell'iniziativa as– sunta da] gruppo del Mulino che già aveva pr-ovve– duto a tradurre l'altra opera di We11ek, scritta in colla– borazione con l'americano Austin Warren, Theory of Hte1·ature. LANFRANCO CARETTI MEMORIE PARTIGIANE di NARDO DUNCIII LA NUOVA ITALIA 1957 Quest'opera è i-1 n. 5 della Collana l'! Quaderni def Ponte» (nuova serie). Volume del formato 13X21, di _pagine VIII-336, in vendjta al prezzo di L. 1300.

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