Nuova Repubblica - anno V - n. 13 - 31 marzo 1957

(156) 11uol'a repubblica I LUCI DELLA HIBALTA I l~'lJIJTIM(, 'LATTU ADLt L I RECUPERIAMO tutti, poco alla volta, i nostri re– gisti. Dopo Visconti (Senso e, fra breve, Le notti · · bianclie), dopo Germi (lt feTroviere), dopo De Sica (µt tetto), tocca ora a Lattuada. Li recuperiamo, si vuol dire. nella serietà con cui affrontano gli impegni della loro ~ducazione borghese, senza più grilli rivoluzionari ·per il capo: Ci voleva la crisi per farli meditare, questi incor– regg~bili dissipatori del proprio talento e delle possibilità c.ult~urali de] cinema italiano. Quando ognuno avrà ricono– sciuto se stesso, potremo respirare di sollievo: avremo un c'inema davvero realistico. Realistico borghese, intendiamo, in attesa della rinascita (o nascita?) del realismo popolare. Bastà solo non spaventarsi delle parole. La situazione della società e della cultura italiana apre, in teoria, due strade al cinema: il film-inchiesta di carattere popolare e socialista (quello che furono per esempio LadrÌ 'di bici– clette o La ierra • t·rem.a, ma solo in p!ccola parte), e il film di indagine psicologica e di ispirazione borghese. La prima è obiettivamente bloccata dalle resistenze conser– vatrici (chi potrebbe oggi sognarsi una inchiesta a Parti– nico o a Palermo come quelle realizzate da Danilo Dolci?); la .seconda è libera e sfruttabile. Si aggiunga che la mag– gior parte dei cineasti italiani ha assai più vocazione per ):a seconda che per la prima. Il giorno in cui muteranno i rapporti di forza nella politica nazionale, si faranno avanti anche quelli che preferiscono la prima; a comple– tare il quadro Lattuada, fautore di un cinema riflessivo e ragionato. ha scoperto nella storia di Guendalina (da un soggetto di Valerio Zurlini) pane per i suoi denti. E' un regista scru– poloso e onesto, colto e fine come pochi. Ama i ritratti di derivazione letteraria, non nasconde le sue tendenze di moralista e Jè sue aspirazioni di «satirico» (La spiag– gia), si sforza d1 vincere in sé. la freddezza de1 tempera– mento e jl pericolo della meccanicità narrativa, talloni d'Achille che lo insidiano sempre. Guendalina gli dà ra– gione per una buona metà, anché sull'u1timo punto. Le storie d'amore fra adolescenti - rare nel nostro cinema, numerose nel cinema francese - presentano molte difficoltà. Richiedono grazia, pudore, sensibilità (si pensi ai romanzi di Colette o si pensi ai Giochi proibiti di Clément), duttilità e gentilezza di ispirazione. Possiamo dire che nella storia di Guendalina, ragazza ricca, e di pberdan, figlio del popolo viareggino, c'è un po' d1 tutto questo, a cominciare dalla gita .a Pisa. Oberdan, già inna– morato deJla ragazza con la quale ha passato un intero pomeriggio, solo nella casa di lei, ha uno « scarto » im– provviso: si concede una scappata con gli amici nella pineta di Migliadno, dove li attendono alcune squallide (e « letterarie ») puttanelle. Ne prova rimorso, sente il bisogno di confessarsi con Guenda1ma. E Guendalina si offende e si ingelosisce, un'assurda, deliziosa e pungente gelosia di donna appena sbocciata. Sul tetto di un pull.man stipatissirrio, di ritorno da Pisa, i due ragazzi trascorrono \l momento più bello del loro amore, fra la prepotenza istintiva e trepida <li Guendalina (« Sono io la tua ragaz– za») e l'abbandono commosso di Oberdan. Di questi mo– menti il film ne ha parecchi, durante la seconda parte, òalla notte in cui i ragazzi stanno insieme (a far nient'altro Che studiare: Oberdan deve prepararsi agli esami) al.la loro ultima corsa felice sulla spiaggia, prima della separazione. Tutto ciò nasce non tanto dalla validità «eterna» di ,un motivo come quello del primo amore, quanto dalla Precisa intuizione del carattere di Gutndalina, figlia viziata di una famiglia borghese. Viziata e, ciononostante, pura -e limpida come può esserlo la giovinezza dinanzi alla sco– perta dell·amore. Lattuada non è partito dall'astratto ma si è tenuto costantemente al concreto, alla realtà d.i una famiglia (< milanese » in cui padre e madre pensano ormai a dividersi come all'unico mezzo per poter continuare a vivere. Da qui sboccia Guendalina e il suo·primo amore. Ma sboccia, bisogna anche dire, con molta difficoltà. 1 La conclusione riuscita non è sufficiente per salvare il. preambolo. Al cbntrario. La prima parte di Guendalina risente della elaborazione a freddo, è schematica, dura, talvolta impacciata e goffa. Se la figura del padre è ancoi·a credibile (grazie ad un Vallone piuttosto acuto), il perso– naggio della madre (per il quale· Sylvia Koshina non ha la minima inclinazione) scivola irresistibilmente verso una piatta banalità. La stessa Guenda1ina (di cui Jacqueline Sassard offre un ritratto sensibile, ma discontinuo) si muove male in principio, nel suo ·ambiente di amici ricchi e scialbi: i1 quadro è sfocato da una serie di dialoghi abba– stanza falsi. anche qui come in famiglia. Solo più. avanti, il tono sale e la verità si fa strada, come abbiamo detto. Le complessità della situazione borghese sfuggono ancora a Lattuada, almeno in parte. Non gli sfuggono invece i toni delicati e tristi del paesaggio viareg– gino alla fine della viHeggiatura, né gli sfuggono le possi– bilità del linguaggio cinematografico adoprate in qualche ·caso egregiamente (vorremmo solo ricordare i due lunghi primi piani di Oberdan e di Guendalina nel pomeriggio in casa, e il primissimo piano di Guendalina quando, giunta a caSa ·dopo la notte con· Oberdan, ascolta non vista il dialogo dei genitori preoccupati). Questo è, in breve, Guendalina, frutto acerbo ma assai interessante dell'u1timo Lattuada borghese. · FERNALDO DI GIAMMATTEO 7 Mobi1ismo e immobilismo BIBLIOTECA . -1 LE POESIE DI CABLO PORTA D OPO alcuni anni di lavoro Dante !sella congeda la attesa edizione critica delle Poesie di Carlo Porta. Questa edizione, veramente definitiva per compiu– tezza' e rigore filologfco, era stata precedut:a nel 1954 aa' un'altra edizione, sempre curata dallo stesso !sella_, che già accoglieva il testo criticamente accertato de1le poesie. ma senza intr~ione e soprattutto senza apparato (Le poesie di Carlo ·Porta, Firenze, La Nuova Italia, 1954, volt 2). Ora, invece, abbiamo tutto quanto •occorre non solo per leggere con tranquillità i ~ testi del grande scrittore mi1anese, ina anche per controlJare da vicino il lavo_ro compiuto da !sella e verificarne, ove occorra, 1'ec– cellenza dei criteri seguiti. Dopo le edizioni accurate de11e opere di Gioacchino Belli e di Salvatore Di Giacomo, anche il nostro terzo eccezionale poeta « diéilettale » ha dunque la sua degna e compiuta raccolta filologicamente e linguisticamente accertata (Le pc•2sie di Carlo Porta, Firenze, La Nuova Ita~ia, Biblioteca d. Studi superiori, Sezione di filologia italiana ·e romanza 'diretta da Gian– franco Contini, 1955-56, voll. 3). Non erano mancate anche in passato buone edizioni delle poesie portiane, ma mai sino ad oggi ci si era preoc– cupati di assicura.re al lettore un testo veramente tran– quillante nella lezione e linguisticamente ortodosso. Da grande scrupolo fiiologico era certo mosso Carlo Salvioni, l'unico portiano d'abito e mentalità rigorosi, quando s'ac– cinse, molto tempo addietro, a studi.are tutto il materiale manoscritto e le stampe allo scopo di allestire un'edizione assolutamente critica delle poesie del Porta. Purtroppo la morte lo colse Ì:>rima che egli venisse a capo dell'imp·resa che aveva assai ben avviata. A distanza di qualche decen– nio, dopo le volenterose ma insufficienti iniziative d'altri studiosi, il disegno del Salvioni è stato ripreso e condotto felicemente a compimento da Dante !sella, giovane filologo che già si è palesato specialista provetto nel campo << mila– nese » ( come attestano i suoi studi sul Maggi e sul Dossi). !sella si è, infatti, proposto di offrirci la prima raccolta critica di tutte le poesie portiane, con gli abbozzi e i frammenti, e un'appendice di poesie italiane, di poesie dubbie, di poesie apocrife. A questo scopo ha esaminato e interpretato manoscritti e vecchie stampe, ha stabilito il testo autentico di ogni componimento, ha ordinato le poesie nel modo più ragionevole, ha identificato e siste– mato redazioni e varianti, ha ripristinato l'originale veste linguistica. Ogni altra· stampa, da questo momento, è da considerarsi perciò inservibiJe ai fini ·ai una leltura por– tiana che aspiri ad essere esatta e non vagamente impres– sionistica. Perché il vero Porta ora soltanto risulta ricu– perato per merito dell'intelligente fatica di Isélla, il quale ha esposto la storia esterna ed interna della raccolta ~ortiana in un'ampia e documentatissima introduzione (i)Justrando i quaderni autografi, l't( editio princeps », la tradizione postuma, le edizioni seriori, i manoscritti por– tiani e infine i criteri della presente edizione) e ha prov– veduto alle note ai testi (indicando di ogni componimento l'occasione, i riferimenti, la data certa o presunta) oltre agli indici accuratissimi dei titoli, dei capoversi e dei nomi. Di fronte pertanto ad un'opera così completa, c'è solo da chiedersi: come mai !sella non ha costruito• anche un glossario portiano e non lo ha inserito all3. fine del terzo volume? Questa domanda già la rivolgemmo a Vigolo a proposito della sua belJa edizione mondadoriana del Belli. Ci fu risposto che il glossario sarebbe seguito pre– stissimo. Ma sono passati alcuni anni, ormai! Vogliamo sperare che !sella ci soddisferà, invece, assai presto dando aUa luce un quarto volume con un glossario portiano del tutto sodclisfaciente. LANRRANCO CAJtETTI LUNGHI FUCILI e RJSTOFORO :r.-r. Negi·i, avvocato e medi(!O trentot– tenne, che fu comandante di compagnia alpina jn .• R1~ssi~, cl111·0Hte l'ultinio conflitto, prese~ta. Questo h,b 1·0 d1 r1c0t'di di •guen·a {I Z.Ungh:i /1witi Ei,rn 11 di 105G) in cui è narrata la• resisten;r,a e la rad:ita del ca: po:c;aldo di UkrnnSka Buil-owo, sul Don, del quale il Ne– gn era comandantP, e la successiva J·it:ii-ata italiana at– traverso la Russfa. ] I racconto, scritto in p1·ima persona e. senza inte11z:ioni lettera1·ie, è senato, intelligente e prc– c1s~, a volte st1·ao1·di11a1·ian~cntecommosso, ma più spe:-:so luc1damente documenta l'io; 8icchè il giudizio morale e la riflessione (che pu1·e sono la molia implicita della nana– z.io ~ie), anzichè e~ere di~piegate, S(!llO assiduamei1tP. s11g– gent e dalla semplice crnnaca dei fatti. ~<\I centro della tragedia guenesca, rautol'e scopre · giorno per gioi-no le atroci incongrnenze di quel conflitto e, di contl'O, pal'tecipa alla solidarietà me,•M·igliusa che nasce fra gli uomini. . ì L'inettitudine dei supcrioij («gente ben nutrita e si– Cul'a di sé> che « faceva conibattere ir\ condizioni sem– pre più assurde e senza risp!3ttO pf;r la vita dPgli uo- . mini>), la bl'ut:alità. dfJI tedesco: le (soffel'enze inutili e disuuiane dei soldati, insufficjentemente equi·paggiati e dotati di a1·mi antiquate («: le nostre bombe a mano non erano come le tedesche o le russe, facevano soltanto ru– mo1·e e pe1· di pili, sulla neve, molte volte non scoppiavano affatto:.), la l'Caltà. te1-rificante della guerra (« ogni bu1to qirnlcuno cadeva. Se veniva colpito in pieno o gli scop– piavano le bombe a mano che avevamo in gran numel'O, volavano intorno brnndelli d.i carne e di stoffa »), sono . i motivi che risaltano con più esemplare e macabra evi– de1iza. Su di essi, infatti, più eh~ su le cause e Je rngio11i del conflitto, l'Rutore punta la sua attenzione cd ese1·cita con chiarezza la m.emoria. La scrittura vivace e pl'iva ·c1i cincischiamenti rende interessante il racconto anche da un punto di vista fol'male. Sarebbé• utile condurre la let– tura di questo lib,·o pa.rnllelarnente a quella de Il se·roente nella neve, racconto om1ai famoso di un altro alpino, il Rigoni Stem, dil'etto s\1balterno del Negri e compagno delle stesse avventure. Mentl'e quest'ultimo rappresenta l'e~perienza immediate di un semplice soldato e la sna indignata pTotesta, nel primo libro,·quello che segnaliumo, si avvel'te la presenza dell'autore, intellettuale borghese, nella prngre$,jiva consapevolezza e responsabilità di cui, come tale, egli si sente investito; comandante in una guerra se,nza ideali. Un ultimo motivo che accomuna queste due opere, e le r·ende parimenti importanti, è che in esse l'uomo si presenta nella dimensione primordiale e gigantesca in cui viene ,a trovarsi quando è costretto a vivere avvenimenti e situazioni così trai::,r-iche. P. F. L.

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