Nuova Repubblica - anno III - n. 16 - 26 giugno 1955

SAVONA - La vecchia darsena. Nel fondo le ciminiere dell'ILVA LA CRISI DI SAVONA M·ALAlTGURATE COINCIDENZE L 'ECONOMIA SAVONESE versa, ormai da anni, nella più grave delle crisi e l'opinione pubblica locale, senza distinzione di classi e di partiti, non esita ad attri– buirne la re~ponsabilità al governo. Naturalmente a tale unanimità non corrisponde uni– formità di giudizio. Qualche democristiano mi ha detto, infatti, che a creare questa cattiva disrosizione degli ambienti governa– ti vi nei confronti della città hanno contribtùto non poco gli elettori savonesi, ostinandosi da nove anni a mandare in municipio una maggioranza socialista e comunista. Altri (democristiani « per timore del peggio ») ritengono sia col– pa dei locali parlamentari troppo preoccupati di non alie– narsi le simpatie (e le preferenze determinanti) del capo– luogo regionale. Socialisti e comunisti sono naturalmente unanimi nel gettare tutte le colpe sul governo, mentre i socialdemocratici sono abbastanza ottimisti. Ogni tanto, attraverso un telegramma del ministro Romita, si annun– cia l'approvazione di qualchè modesto lavoro pubblico; o si conferma che il piano per la risoluzione organica del problema ferroviario savonese (trasferimento della stazione viaggiatori al di là del Letimbro e conseguente abolizione della « cintura di ferro» che soffoca l'abitato cittadino) sta per essere realizzato e che verrà al tempo stesso varata la legge per la creazione della « zona industriale » con la re– lativa speranza di afflusso di capitali attratti dalle facili– tazioni tributarie. Allora i socialdemocratici savonesi fanno provvista di ottimismo almeno per un mese, salvo a prote– stare anch'essi contro il governo, o contro i ministeri fi– nan,,iari che negano a Romita i fondi occorrenti per la tra– duzione in atto delle sue promesse. I repubblicani sono pochi, ma attivi quanto discordi. Per contro sono esasperati i liberali, in maggioranza « malagodiani > (senza però difendere il latifondo come Tasca, perchè il problema non li interessa). Il loro atteg– giamento nei confronti della crisi savonese è venato di « qualnrtquismo >, mentre la giovane sinistra vive estra– niata dalla sezione. Da molto tempo è sorto un « Comita.to cittadino per la rinascita economica di Savona.>, nel quale sono rappre– sentati tutti gli enti locali e tutte le correnti politiche. Il prefetto vode però di· mal occhio i contatti diretti tra il Co– mitato e i ministeri e ha praticamente .impedito il suo funziona.mento, pretendendo che segua la via gerarchica, pena l'arrosto delle delegazioni che volesse1·0 1·itornare a Roma, dove sono state già dive,•se volte. A questo Comitato non partecipano gli amici di UP, perchè, quando esso fu promosso, il nostro Movimento an– cora non esisteva e i nostri amici erano degli indipendenti senza organizzazione e senza rappresentanza negli organi– smi locali. Sono loro che mi hanno peraltro fornite le informazio– ni più serene, senza preconcetti e prevenzioni nei confronti di uomini e partiti. Essi dicono che l'economia savonese è soprattutto vittima di una serie di malaugurato coinci– denze: non tutte casuali, certo,. ma nemmeno da attri– buirsi tutte a malizia di uomini e di i~tituti. Bisogna anzitutto osservare che, con· un'econ~mia fon– data su due pilastl'i: l'industria e il porto, in realtà Savona viveva attorno all'Ilva; e ciò per ragiòni comprensibilissime. Settant'anni fa il m1micipio savonese concedeva, a condizioni veramente di favore, a due pioniel'i svizzeri, i sigg. Tardit e Beneck, una vastissima area di proprietìi co– munal.e sulla quale doveva essere costruito uno stabilimento siderurgico. In seguito ad una grave crisi, la societi, Tardit e Benock cedeva, sulla fine del secolo scorso, la propria azienda alla Terni che la gestiva con buoni risultati per parecchi anni, sotto 'il nome di « Siderurgica di Savona >, finchè l'Ilva assorbiva ,l'erni e Siderurgica e tante altre attività, · Si può veramente-dire che durante questi settant'anni lo stabilimento siderurgico abbia dominata e condizionata quasi tutta la vita economica della città, dando luogo con il suo sviluppo all'espansione demografica, edilizia, econo– mica del vecchio comune marinaro, trasformatosi in qual– che decennfo in una città industriale; e provocando· con le sue crisi altrettanti periodi difficili per l'economia savonese, fino a quest'ultima, che .è la più g.rave ed ha avuto tragi– che ripercussioni in quanto si è vel'ificata contemporanea– mente alla generale crisi postbellica. E qui s'innesta l'errore - forse è meglio dire la colpa - del governo, che sembra abbia dato troppo ascolto ai diabolici suggerimenti di un ministro di origine savonese vittima del proprio odio contro i partigiani e conseguente– mente maldisposto verso Savona, città partigiana per ec– cellenza, che alla lotta di Liberazione ha-dato larghissimo contributo d\ sofferenze e di sangue con il sacrificio dei suoi figli ri;;ìif;ori: dall'avv. Cristoforo Astengo - affet– tuosamente chiamato da tutti i savonesi « Cristofin » - fucilato con sei compagni di m.artii-io nel Natale del 1943, a.i magistrati Panevino e Drago, savonesi di elezione, e ad una schiera innumere di operai, studenti, commercianti, professionisti. Dai diabolici suggerimenti di cui sopra nacque - sem– bra - il piano di la.sciar fare la direzione dell'Ilva (men·– t,·e attrave,·so l'IRI il governo avrebbe potuto evitare l'at– tuazione ottusa e controproducente dello smantellamento della Siderurgica di Savona) in modo da 1·ica.ttare l'elet– tornto opera.io , occupato in maggioranza nella stessa Ilva e politicamente guidat9 da comunisti e socialisti. . Si ottenne invece, come era logico prevedere, per le– gittima reazione, l'aumento dei voti a favore dei partiti di sinistra, passando fn seconda linea il concomitante errore commesso dalle organizzazioni operaie di tutte le tendenze, dalle amministrazioni loca.li e dal Comitato cittadino: di punta.1·e soltanto sulla conservazione dell'ormai condannato stabilimento, anzichè proporsi l'alternativa della sua sosti– tuzione con altri complessi industriali. 'La situazione para.dossale cui si è giunti è questa: l'Ilva ha ridotto lentamente il numero dei propri dipen– denti da quasi cinquemila unità ad un migliaio (per l'e– sattezza a 1005) e continua. ad occupa1·e tutti i terreni dì proprietà comunale che i padri coscritti savonesi di set– tant'anni fa avevano, con ilh1111inato giudizio, concesso ai signori 'l'ardit e Beneck a condizioni di eccezionale favore, tanto da provocare non poche discussioni supera.te soltanto per la saggia considerazione che si trattava di crea.re una fonte di lavoro e di ricchezza per la città. E con i terreni comunali occupa a.ltresì vaste aree demaniali e poco terre– no di sua proprietà. Corsi di riqualificazione, cantieri di rimboschimento e di lavoro, qu,alche piccolo progetto di lavori pubblici - in attesa della realizzazione del grandioso programma Ro– mita - non hanno rimediat~ a nulla, per cui è sempre viva la preoccupazione dei savonesi pel' l'immediato avvenire. 'Nel momento più drammatico dell'agitazione che, come si è visto, ha sempre unito tutti i cittadini senza distin– zione di classi e di partiti, il governo si decideva a promet– tere la creazione di una « zona industl'iale > che, grazie allo previste facilitazioni fiscali, av1·ebbe dovuto favorii-e l'afflusso di capitali e l'apertura cli nuovi stabilimenti in sostituzione della smantellata Ilva. Ma fino ad oggi nulla si è fatto di concreto: non si è nemmeno ponsa.to a far sgombrare dall'Ilva i terreni comunali e demaniali divenuti per essa assolutamente superfhù in vista della sua ridotta attività. Il « Comitato cittadino per la rinascita dell'economia. savonese > abhia.mo visto come sia stato scoraggiato ed esautorato; e intanto la crisi continua e si aggrava. FURIO PONTI FAME POLITI di ANNA GAROFALO e HE LA FAME sia una cattiva consigliera., oltre che una iniquiti, ·sociale, lo ha dimostrato _Josué de Ca– stro, presidente del Consiglio· della FAO, presen– tando, nella sede della· Sociotù Italiana per l'Organizza– zione Internazionale, l'edizione italiana. del suo libro Geografia della fame, uscito di recente per i tipi della « Leonardo da Vinci» di Bari, con prelazione di Carlo Levi. Il libro fu pubblicato nel '52 da Gollancz di Londra e fece molto rumore perchè poneva al lettore, in manie,·a semplice e drammatica, un problema che fo1-se nessuno s'era ancora prospettato, con tanta suggestiva evidenza: quello deila donut1·izione della maggior parte del mondo, soprattutto dei ·paesi del Medio ed Estremo Oriento e del!' Africa. Nella prefazione al volume inglese, Lord Boyd Orr dice, infatti, che il libro potrebbe anche intitolarsi Fame e politica, tanti e così gravi sono i problemi politici che esso pone e così evidente la relazione c)'ie esiste fra il fenomeno della miseria e la ribellione all'ordine sociale che la provoca e la tollera. Josné de Castro, brasiliano, na– tivo di quelle desola.te terre dell'Amazonia cui fa riscon– tro l'opulenza delle grandi città della costa, nel quoti– diano lavoro presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite che si occ11pa, appunto, della nutrizione, ha visto da v~– cino l'iniquo dislivello della distribuzione delle materie prime, da cni nasce la fame cli quattro quinti del mondo e ne ha fatto, nel suo libro, un quadro agghiacciante. La coesistenza pi,, difficile e insieme più necessaria - egli ha cwtto a Palazzetto Venezia. - è quella del– l'uomo con l'uomo ed è il fine che ogni individuo ragio– nevole si propone di 1'8.ggiungere ai fini della pace. llfa la fa.me è il più violento degli squilibri .e crea tensione sociale fra le classi e le persone. Non c'è cosa più peri– colosa che vivere in un mondo diviso e dilaniato da con– trasti: da una parte un mondo sazio, sviluppato, tran– quillo, dall'altra un mondo arretrato, affamato, inq11ieto. Si sente dii-e che quello della miseria. è un vecchio e mai risolto problema. Risponderò con le parole del Pandit Nehru: « E' vero che il problema della miseria è vecchio, ma è nuova la coscienza che oramai i popoli hanno di questo problema». Abbiamo senza dubbio conseg,ùto grandi progressi tecnici nel mondo moderno, ma non ab– biamo saputo armonizzare tali progressi con quelli della struttura sociale. La ricchezza è mal distribtùta: ai 1500 dollari annui cli rendita per ogni individuo negli Sta.ti Uniti, fanno riscontro i 50 dollari dell'Africa, dell'Oriento, di certi paesi dell'America Latina. Anche gli indici biolo– gici accusano violenti dislivelli: la mortaltà infantile che è del trenta per mille nei paesi ben sviluppati è del due-. cento per mille in quelli a basso livello. La durata media della vita umana è cli sessantacinque anni nei primi e cli trenta nei secondi. Non bisogna credere a certe statistiche ufficiali che - facendo una media della ricchezza. e ri– pa.rtendola - non tengono conto del fatto che c'è una mino1·anza sfacciatamente accentratrice. In venti paesi fortunati si raccoglie l'ottanta per cento della ricchez1,a del mondo intero. Si dice che hanno fame quei paesi che non producono. Si potrebbe capovolgere la frase e dire che non producono quei paesi che hanno fame. Le macchine si muovono con il combustibile, solo la macchina umana dovrebbe muo– vei-si non alimentata. Si dice che i popoli miseri si riproducono troppo ed è vero: le lit de la misère est fecond, ma la fame è la· causa e non la conseguenza della sovrapopola.zione. Pearl Buck racconta. in un suo libro della pianta che dù il fiore prima di morire. All'appetito non saziato si sostituisce l'appetito del sesso, che anche il misero può appagare come compenso. L'uomo sottoalimentato - il cinese, ad e~empio - è estremamente prolifico, perchè sente il biso– gno di sopravvivere nei suoi discendenti. Ogni uomo trop– po debole per coltivare la sua tena desidera lasciare ai figli il compito di lavorarla. Nei paesi dove si è perdtita l'abitudine di mangiare - nell'Amazonia, ad esempio :– si ricorre agli stimolanti, all'alcool e si mettono a.I mondo troppi bambini. Si dice che in India lo sport nazionale è il sesso. E' vero. Ma potrebbe forse essere il tennis? I popoli e gli animali che hanno una dieta più ricca cli proteine, si riproducono meno, è un dato scientifico. La popolazione di Portorico, ad esempio, fino a.I 1947 aveva un ritmo di accrescimento impressionante, perchè gli uo– mini avevano fame; in quell'anno fec.e una rivoluziono che migliorò il suo tenore di vita e da quel momento la prolifìciti, diminuì. Occone dunque dar da mangiare meglio ai tre quarti del mondo . .La fame crea la paura e gli uomini che hanno paura sono inutili. Che cosa si può fa.re? La FAO la.vom in questa direzione, ma non riceve dalle Nazioni Unite sufficenti risorse e non ne riceve perchè, a loro volta, le Nazioni Unite non ne ricevono dai paesi che le com– pongono.' Gli Stati Uniti lo versano solo l'uno per cento de! bilancio stabilito per le ricerche sulla bomba atomica. Occorre lavorare per disa,·mare gli spiriti - concluso Josuè de Castro - e restitufre agli uomini la fìd11cia. Occorre - non sa,·à mai detto abbastanza forte - cacµ– biare politica,

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