Nuova Repubblica - anno III - n. 11 - 22 maggio 1955

nu.ava repubblica LUCI '1 1 ELE VISIONE LINGUAGGIO SEGRE1 1 0 di LUDOJIICO ZORZI N EL PRECEDENTE ARTICOLO si è cercato di inda– gare sommariamente _18: nat~ra_ d_eglieffetti psicologici dello spettacolo telev1s1vo, individuando nel carattere intorio1·e o «intimistico» dell'immagine riflessa dal tele– schonno l'origine di un dialogo che sembra stabilirsi nel– ranima stessa dello spettatore, posto quasi nella condizione di chi immagina e rivive il prodotto figurativo del proprio fantasticare. E si è riconosciuto in questa singolare pro– prietà del nuovo mezzo di espressione un dato di fonda– mentale importanza per l'elaborazione cli una futura poetica ciel teleteatro. e per le caratteristiche cli linguaggio che la televisione viene man mano e insensibilmente ad assumere. Tralasciando pe1· ora Ie complesse funzioni informative, didattiche e ricreative che la TV potrà assolvere nei suoi imprevedibili sviluppi, fermiamoci alla qnestione se esista o no la possib!lità di un linguaggio televisivo, capace. di dare vita a una forma di spettacolo autonoma. Costretta finora allo sfrutta.mento parassitario di una produzione arti,5tica che le è estranea, come quella originariamente destinata alla narrativa, al teatro o al cinema-, la TV ha già dimostrato di possedere una notevole capacità di assi– milazione ai propri schemi espressivi delle opere che le sono state affidate. E d'altra parte gli sporadici esempi di « o,;ginali televisivi >, cioè di soggEltti scritti appositamente per le rappresentazioni TV, non possono dirsi tali da fare testo circa la definizione di regole e qualità peculiari, ri– spondenti al mezzo usato e al fine proposto. In generale, i t11sti teatrali o narrativi cui si è fatto finoi-a 1·icorso, hanno paleseme11te dimostrato l'esigenza di un lavoro di trasposizione secondo determinati canoni, sulla natura dei quali molti si sono provati a rispondere; ma le idee restano ancora tutt'altro che chiare. Anche nel caso della TV, l'espe– riem,a pratica si rivela più utile di molte indicazioni e fo1·,irnlazioni teoriche. - Tuttavia, dai 1·isultati di questo primo periodo di tras1nissioni, possono già 1·icavarsi nun1erosi e non trascu– rabili dati orientativi .. Anzitutto l'opera di teatro, assai meglio del film, ha dimostrato di poter resistere senza troppi danni al trapasso dal boccascena al teleschermo. Tra le trasmissioni dedicate, anche di recente, alla lirica, alla rivista, alla prosa, si possono già contare parecchi esempi che, sotto diversi aspetti, sarebbe ingiusto non considerare riusciti. Ma la sperimentazione che è stato possibile ricavarne dovrebbe superare -l'importanza intrin– seca dei risultati. In primo luogo si è visto che il tele– schermo. determina forzatamente un nuovo e più ristretto arco drammatico, che il testo deve seguire nel suo passaggio dal teatro alla TV per non uscirne impoverito o comunque lesionato rispetto al valore originario; nuovo e più ristretto non soltànto nel senso letterale dèl rimpicciolimento dell'im– magine, ma dell'indispesabile equilibrio tra immagine e parola in cui si risolve la mutata dimensione dello spet– tacolo. Si è notato, in secondo luogo, specie nelle trasmis– sioni di film prodotti in origine esclusivamente per il cinema e passati di peso alla TV, come la sintassi cine– matografica non sia affatto applicabile al linguaggio tele– visivo: le riprese in distanza, i cosiddetti campi lunghi e rriedi, appaiono quasi ·sempre sfocati, privi di mordente figurativo; mentre, per naturale selezione tecnica, si im– pone la necessità imperiosa e funzionale del primo piano. Viceversa la parola (e in ciò sta la sostanziale differenza dal teatro) assume un valore meno determinante, risulta spesso un duplicato dell'immagine, dotata di possibilità espressive assai più ·sottili. L'elemento fondamentale dell'in– q1tadratura e quindi del ritmo del racconto televisi~'ò viene ad essere, con frequenza preponderante, il personaggio, l'at– tore, l'uo1no. E' facile scorgere in questi limiti tecnici imposti dal mezw, un impulso a volgersi a tipi di racconto iìitimamente ·e sottilmente psicologico. Con ciò non escluderei (come qualcuno recisamente ba già fatto) che nella dimensione del mezzò televisivo non possàno trovare posto formule di ampiezza e respiro più vasti, come il paesaggio, la molti– tudine, la voce della natura; né oserei condannare senz'altro la TV a un genere di teatro intimistico-psicologico,. come quello cui si è finora più largamente attinto, con la quasi · totale esclusione dei classici. J; grandi sentimenti, gli orrendi vizi, le eccelse· virtù, gli implacabili odii, i travolgenti amori, espressi da personaggi-simbolo, avrebbero dimo– strato, secondo alcuni, di mal sopportare la riduzione televisiva. Si tratta, in:vece, anche in questo caso, di seguire J)ress' a ·poco lo stesso cammino percorso dal nostro cinema (cui si debbono in gran parte. i successi del dopoguerra), di applicarsi cioè, con pazienza e con metodo veramente sperimentali, alla costituzione di quadri tecnici selezionati: attori, 1·egisti, operatori, scenografi e soprattutto sceneg• giato,·i specializzati, affinati alla segreta sensibilità del linguaggio televisivo .. Solo allora sì potrà decidere se· nel 1:i~pct~o integrale. c!ei testi, e in virtù di un sapJente e cÒ•aggiosò · làvoro di' seencggiatura, anche i classici, dai 7 DELLA RIBALTA j/ ' -__:- . . . rlr. /,,,, /.·/ /°/ '// ~-". . f1u I 1V(,.._, 1/. I I . I ft !,l ,I I I\'. - ·-r-r" ~L I- . t--i- . , -\- ~, I PROBLEMI DEL MEZZOGIORNO: Capri o Taormina? ( Dis. di Dino Boschi) tragici greci fino alle grandi personalità del Rinascimento, possano ci no trovare il loro adattamento al mezzo TV. L'ambivalenza della televisione, nei confronti del teatro e del cinema ha infatti già segnato un punto fermo a favore del primo, in quanto è sempre il dialogo a sugge– rire e a condizionare l'immagine e nqn - come ;,el cinema - -l'immagine a ·suggerire e a· condizionare il dialogo. L'inquadratura insomma, se usata con coscienza critica e sensibilità registica, risulta il naturale equivalente visivo di un determinato ritmo dialogico. D'ALTRA PARTE NON SI PUO' DIRE che nel settore delle· trasmissioni di prosa la 'fV abbia già esauri– to l'eccezionale varietà degli aspetti con cui presentarsi al pubblico dei telespettatori. Senza considerare la ripro– dnzione di film destinati ai normali circuiti cinemato– grafici e le esplorazioni nel campo della rivista, del bal– letto, della pantomima, dell'opera lirica ecc., il teleteatro ha già a disposizione molteplici formule: tra.~missioni di opere del normale repertorio teatrale, con pochi indispen– sabili adattamenti; riduzione delle stesse opere a una minore durata di tempo, più conforme al margine cli resi– stenza dell'interesse televisivo, o rielaborazione della loro struttura fino a farle coincidere con la diDamica propria del racconto TV; teledrammi desunti da opere narrative, racconti, novelle, romanzi e soggetti cinematogrnfici ; tele– drammi originali, concepiti cioè esclusivamente per il mezzo TV; teledrammi registrati su film; ripresa diretta di rappresentazioni dai pubblici teatri; fusione di telecro– nache e di rappresentazioni sceniche, che riprendano al momento sia il pubblico che assiste allo spettacolo sia lo spettacolo stesso. Quest'ultimo tipo di trasqussione può essere accompagnato da commenti e spiegazioni di uno « speaker >, che in speciali occasiolli si rivelano non solo preziose, ma essenziali: come per es. si è constatato dnrante la ripresa ciel più importante spettacolo del Festival tea– trale di Venezia dello scorso anno, i No giapponesi, la cui teletrasmi§sione, tecnicamente eccellente, è stata forse, da un certo punto di vista, superiore allo stesso spetta·colo (per chiunque di noi occidentali di difficile comprensione letterale ed artistica) : rispetto allo spettatore di Venezia, il telespettatore godeva infatti del duplice ausilio dell'iso– lamento, che gli consentiva il massimo della concentrazione, e delle spiegazioni sugge,·ite di continuo durante lo svol– gersi dell'azione scenica. Senza dubbio l'efficacia della trasmissione diretta è impressionante, specie se effettuata sul vivo e non su spettacoli frettolosamente montati negli studi. E' perciò augurabile che i dirigenti della TV pren– dano in· serio esame l'opportunità di affiancare sempre più strettamente ai propri· la ripresa cli spettacoli pro– dotti dai migliori complessi e teatri d'arte italiani. A questo punto è superfluo aggiungere che un simile discorso prescinde radicalmente dallo stato attuale dei programmi televisiv.i. Basti dire che anche qui, come in molti altri settori della vita nazionale, si assiste a una imponente manifestazione def trasformismo confessionale che va rapidamente producendosi nel corpo ancora gracile del nostro regime parlamentare, dietro cui premono le organizzazioni cattoliche, che desidererebbero- vedere im– prontata l'intera vita pubblica ai propri paradigmi morali. Insistere sulle goffaggini e sulle stupidità di tale sfrontata manovra e annessiçmistica > è un fatto così evidente da costituire ormai un luogo comune. Ma basterà che queste poche riflessioni, scelte un po' a caso e approssimativa– mente annotate, sollecitino nello spettatore l'avvio di un rinnovato interesse, percbè la TV non si cristallizzi nella sua funzione di costoso balocco per borghesi di provincia, e compia altri passi in avanti nel processo di -chiarifica– zione e di assestamento clèi suoi problemi artistici ·e orga– nizzativi. SCALJ?AllO E IL CINEMA Lasciafoci diverti I L CIRCOLO ROMA '0 DEL CINEMA, riunito in assemblea straordinaria il 29 aprile u. s., ha app1·0- vato un manifesto di protesta contro la politica cine– matogrnflca del governo, divenuta ancor più intollerabile durante il sottosegretariato dell'on. Scalfaro. Il manifesto è sottoscritto da uomini di diverse tendenze ideologiche, tra cui Antonioni, Blasetti, Chiarini, De Santis, De Sica, Fellini, Flaiano, Lattuada, Lizzani, Zamf,a e Zavattini. La ribellione degli uon!ini c)el cinema all'ultimo giro di vite clell'on. Scalfaro è ormai in atto. Se la situazione con&-entirà uno sbocco legislativo e politico, non è materia di prnfezie; se nella fattispecie potrà esse1·e approvata in tempo la nuova legge sul cinema è molto dubbio, percbè il governo, dopo un anno di promesse da marinaio e dila– zioni tartufesche, sembra intenzionato a riproporre il rin– novo della vecchia legge d~l '.49. Su un punto comunque non bisogna stancarsi di battere e cli suscitare sempre più larghi consensi: il govemo delle discriminazioni vuole sof– focare ogni forma di cinema libern, precipitare la produ– zione in una. crisi paurosa, che già anzi si sviluppa come una macchia d'olio, per eleva.re quindi sulle macerie un edi6cio di telefoni bianch i, tma s chidionata di sorrisi Dur– ban's, una pattumiera cli retoriche mezzo nazionaliste - e mezzo pantofolaie, che non suscitino pensieri molesti e solle– vino dalle fatiche della _giornata lavorativa . ., Lasciateci .di– vertire» è il motivo rondamentale (e letterale) della linea Scalfarn, che prosegue la linea andreottiana, di contro ai « panni sporchi >, per « un ottimismo sano e costrnttivo >; diciamo no al « tormento dei complicati stati d'animo» e sì a una « visione più allegra della vita». Ora sappiamo bene che questa è la « logica > di ogni conformismo: una produzione apologetica, fumettistica, canagliesca, che aiuti appunto a dimenticare la realtà delle strutture e il carattere meta:fisico delle sovrastruttme, il triste e arruffato mondo in cui il popolo vive e di cui il popolo è vittima, le case– tana, la vergogna ciel vestito lucido sul retro, la libertà di morire tranquillamente in un letto di corsia, la galer.a per le donne che muoiono di lame e l'ossequio per i signori che vanno a letto con loro (con il pretesto magari di offrire ·la ricompensa cli un posto: v. episodio ciei fonzionari della Necchi, denunciato dallo stesso Malaparte su 'L'empo), e via cli questo passo. L'on. Scalfaro e i suoi colleghi degnissimi che siedono sui banchi del governo e dietro re scl'ivanie dei ministeri si propongono un ritomo ai valori « immarcescibili ,;, la religione, la famiglia, la patria. Bene. Il massimo rispetto per la religione, la famiglia, la patria. Ma, e proprio da loro dovremmo accettare i « paterni » consigli? Da una accolita cli fuDzionari, che perpetua gli ordini e la men– talità del Minculpop? Da un brigadiere cli P. S. che, a permesso ottenuto, può far togliere cli circolazione un film con lo specioso motivo dell'ordine pubblico? Il massimo ri. petto per la religione. Ma un Don Abbondio, con quel piagnone di Scalfaro, non apparirà mai sugli schermi: lo si esporrebbe alle risate dei materialisti. E tuttavia i fìlms americani possono presentare un sacer– dote che gargarizza canzoncine attorniato da avvenenti fan– ciulte. Perchè due pesi? Pernhò due misure? Del resto, che canti pure, farà piacere a molti, specialmente se dop– piato da un Fi-ank Sinatra, e tuttavia si lascino in pace produttori e registi che abbiano da presentare un sacer– dote inserito in una situazione significante, anche se puta– caso quel sacerdote non sia davvero un cuor di leone. Il massimo 1·ispetto per "ia la.miglia. Ma la famiglia per cui domani non è mai troppo tardi, o màgari la famiglia in cui la ragazza corre su una fuori serie e si precipita verso il quarto telefono della sua nababbiéa abitazione in tecluùcolor, o Don piuttosto un modello di famiglia operosa, evidentemente mggiungibile solo attraverso la de~u1 ,1.ci ~..la rivelazione cli .squilibri tabù-larve, in •'ùna interre lazìo ne con il mondo della scuola, della fabbrica, della città'' che vive e che dorme mentre ogni giorno si consu,,.;a' il _·;;.cl'Ì- ficio agli dei di una educazione bngiarda? · · · Il massimo rispetto per la patria. Ma non per contrab– bandare apologia di fascismo e cli guerra, sotto gli occhi imperturbabili dei censori, che agli uomini usciti dalla tem– pe1-ie della resistenza negano ogni giorno di più la libertà di critica e cli espressione. Chi è contro la legge? Chi tra– disce il paese? Corto, anche se dovesse passare un progetto di legge che abolisca la censura preventiva_; che riassetti la questio– ne dei ri..torni erariali; che nella commissione di revisione introduca una maggioranza di critici e di lavoratori dello spettacolo, cioè cli categorie interes.%te; e al governo sot– tragga il controllo sulle sale cinematografiche per affidarlo alle amministrazioni regionali, provinciali e comunali ; e precisi i limiti di tempo per la concessione dei permessi, e le modalità del ricorso e la sua miglior sede giuridica, e -la irrevocabilità delle decisioni, ora rivedibili in virtii' del T. U. di P. S.; e garantisca la libertà di esportazione; ·e distrugga la casistica impressionante e goffa della legge del '23: non per questo ~olo il cinema troverà con5'lguente la via dell'arte e della -moralità di suoi uomi1ù e di sue cose. GIUSEPPE FAVATI

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