Nord e Sud - anno XVI - n. 112 - aprile 1969

.. Rivista mensile diretta da Francesco Com·pagna Lanfranco Orsini, Lo scrittore, oggi - Girolamo Cotroneo, Il novissimo impegno - Giuseppe Di Vagno, Il cc punto,, sul Mezzogiorno - Manlio Rossi Doria, Per l'Irpinia: che fare e scritti di Francesco Caruso, Gabriele Catalano, Umberto Esposito, Antonio Nitto, Alfredo Testi. ANNO XVI - NUOVA SERIE - APRILE 1969 - N. 112 (173) EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - NAPOLI Bibliotecaginobianco

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NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO XVI - APRILE 1969 - N. 112 (173) DIREZIONE E REDAZIONE: Via Carducci, 29 - 80121 Napoli - Telef. 393.347 Amministrazione, Distribuzione e Pubblicità : EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via Carducci, 29 - 80121 Napoli - Telef. 393-346-393.309 Una copia L. 400 - Estero L. 700 - Abbonamenti: Sostenitore L. 20.000 - Italia annuale L. 4.000, semestrale L. 2.100 - Estero annuale L. 5.000, semestrale L. 2.700 - Fascicolo arretrato L. 800 - Annata arretrata L. 8.000 - Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 Edizioni Scientifiche Italiane - Via Carducci 29, Napoli Bibli~tecaginobianco

SOMMARIO Editoriale [ 3 J Lanfranco Orsini Lo scrittore, oggi [9] Girolamo Cotroneo Il novissimo in1pegno [29] Note della Redazione « Chiacchierocrazia » e ricerca scientifica - Leggiadrie sociologiche - Natura, speculazione, citltura [35] Argomenti Umberto Esposito e Un Piano itgitale per tutti [ 42] Alfredo Testi Antonio Nitto I residui dello Stato [55] Frontiere Francesco Caruso La pianificazione in Africa [70] Documenti Giuseppe Di Vagno Il « piLnto » sill Mezzogiorno [82] Manlio Rossi Daria Per l'Irpinia: che fare [96] Letteratura Gabriele Catalano La Scapigliatura, veicolo di protesta [ 113] Bibiiotecaginob_ianco

Editoriale Non sono stati gli stitdenti contestatori i primi ad esprimere e a diffondere un duro giitdizio sui tradizionali comportame11ti ed atteggiamenti dei prof es sori universitari. « Talvolta credete di assi,stere a un dibattito scientifico, e, guardando a fondo, vi accorgete che non si tratta d'altro che di una promozione da ' straordinario ' a ' ordina,rio ' o di un desiderato passag-gio da una cattedra ad un'altra, da una un.iversità ad un'altra. S'in1dice un congresso di psicologia, dove si discute di metodi e di risultati, e dei rapporti della psicologia con la filosofia: voi ingenuamente prendete parte al dibattito: ahimé, il fatto reale era u-na réclame, messa su abilmente da medici delle malattie nervose, o un tentativo per ottenere dal ministro delle finanze, -per tre nuovi aspiranti, quattro nuove cattedre. E nell'ambiente universitario si aggirano avventurieri senza ca-scienza, pronti a difendere qualunque tesi, purché appoggiata da personaggi che ab-- biano efficacia, se non morale, pratica; pronti ad aggiredi1re can,agliescamente cose e uomini che reputano ostacolo al'le proprie mire private. E vi sono manipolatori di scienza, che alla scienza sono stati chiamati da quella stessa vocazio:ne per cui tanti indoss·ano la cocolla o la zimarra. E vi sono coloro che han.no conquistato la loro ' posizione scientifica', che hanno definitivamente arredato i1lloro cervel1lo come una casa nella quale si conti di passare comodamente tutto il resto della vita; e costoro, a·d ogni minimo accen,no di -dubbio1 e •di d,iscussione, vi fanno il viso dell'armi, vi diventano nemici velenosissin1i ». Ecco, questo duro giudizio sui prof es sori ordinari dell'Università italiana ha dato, parecchi anni or sono, Benedetto Croce (Scienza e Università in Cultura e vita morale, 3a ediz., 19.55, pagg. 72 sg. ). È lecito domandarsi, quindi, se - da quando Croce si esprimeva con tanta seve ... rità, e caricava i prof essorz della 110s tra università di così sferzanti pennellate di sarcasmo - l'ambiente dei professori universitari possa dirsi migliorato. Certamerzte 110, è la risposta. Così che oggi lo stesso giudizio che aveva dato Benedetto Croce, lo hanno dato gli stitdenti: diffondendolo dentro e fuori delle u.niversità e trovando il consenso dei. ·giornalisti e degli strati più sensibili e più informati della pubblica opinione. 1Vé il corpo accade,nico italiano - nel corso di tutte le vicende che hanno preceditto ed accompagnato l'esplosione del movimento studentesco - ha dato l'impressione di essere maturo per l'autocritica, di 3 Bibiiotecaginobianco

• Editoriale essere consapevole della necessità di risalire dal fondo di una sua crisi etico-politica, che si è aggravata. Del resto, la misura del discredito che circonda la categoria dei prof es sori di ruolo, la si può desumere, come altra volta abbiamo già rilevato (« Nord e Si,d » di settembre), dal fatto che essi hanno richiamato sit di sé la convinta ostilità dei giornalisti, e in particolare di giornalisti che fanno onore ai giornali siti quali scrivono: basti pensare alle corrispondenze, ai servizi, alle note di Felice Froio sit « La Stampa » e di Gii1seppe Barillà su « Il Messaggero »: eloquenti e siste1natiche denunce dei comportamenti e dei privilegi, degli atteggiamenti e degli abiLsi di potere onde ai professori ordinari è stata assegnata la squalificante e generalizzata etichetta di « baroni delle cattedre ». Ed è significativo che anche su giornali collocabili assai più a destra della « Stan1pa » e del «Messaggero» capiti che l'editorialista ·si compiaccia di variazioni polemiche intorno al tema dei « baroni delle cattedre ». Quali sono gli addebiti specifici siti qi,ali si fondano le generalizzate accuse di abuso d'el potere accademico a carico di questi « baroni»? Anzitutto quella di aver fatto perdere alfuniversità italiana l'originaria sua natiLra di univers.itas di docenti e discenti, in quanto i discenti sono stati dai docenti degradati da soggetti ad oggetti degli studi superiori. E più in particolare si addebita aì « baroni » di aver adoperato e di adoperare la cattedra come « fonte di reddito, conseguibile con ogni mezzo, dalla percezione dello stipendio· senz.a insegnare alla imposizione di libri e dispense che cambiano spesso pur essendo spesso insufficienti come testi scientifici o impari alle modeste e non coltivate capacità di studenti abbandonati a sé stessi ». Qi1esti addebiti specifici non. li abbian10 ricavati da un articolo di « Paese-sera >;, ma da un editoriale del « Globo » ( 13-2-'69). lvla tanti altri rze avremmo potuti ricavare dalle più diverse fonti giornalistiche, oltre che, natitralmente, da ordini del giorno di assemblee studentesche e di assemblee dei cosiddetti « do-- centi subalterni ». E co,nurzque, se anche dai giornali moderati si muovono qiLesti addebiti ai prof es sori itniversitari, risulta provato a sufficienza che non si tratta di orchestrata diffamazione, ma di oggettivo discreditn. In effetti, il professore di ruolo è oggi nella so~ietà italiana, o, meglio, nella communis opinio, un personaggio quanto mai screditato, mal visto non solo dagli studenti contestatori e degli incaricati, tenuti in .una co1zdizione odiosa ed_ oltraggiosa di subalterni, ma anche da altri che non appartengono alle cosiddette componenti dell'Università. Si direbbe che il professore di ruolo sia quasi altrettanto screditato, ed altrettanto isolato, di quanto lo fosse il proprietario latifondista del Sud 4 Bibiiotecaginobianco

. ' E'ditoriale negli anni '50.' E tu.ttavia, tra qu.ei proprietari fondiari, latifondisti, non c'erano tan.ti uomini di cui si potesse dire quanto meno cl1e fossero eccezioni alla regola: tanti, quanti certamen.te se 11e possono incontrare tra i professori di ru.olo. Ma, tra quei proprietari fondiari, non c'erano neanche tanti uomini dei qitali si potesse dire cfle avessero un'influenza diretta o indiretta sull'azione di governo e itz generale sitgli orienta11·1entidella classe politica: tanti, quanti certamente ve ne sono fra i JJrofes sori di ruolo, parla1nentari o a,nici di parlamentari, militanti ai vertici delle organizzazioni dei partiti, di tutti i partiti, anche di sinistra, e comunque infiuenti direttamente o indirettame11te sui policy makers. In questo sen.so i professori di ruolo sono 1neno isolati di quanto non sen1bri quando ci si limiti a registrare l'orienta1nento della communis opini o. E grazie alle eccezioni alla regola di cui si diceva, che c'erano al tempo di Benedetto Croce (Oniodeo, De Ruggiero, Russo, Einaudi, Solari, per fare solo dei gra11di no,ni) e ci sono oggi ( i firmatari del manifesto contro il « docente unico»), i professori hanno ancl1e la possibilità di presentarsi con un volto decente e con qualche no1ne onorato, invece che con il volto osceno e con i nonii discreditati di coloro che conditssero la battaglia per l'insabbiamento della proposta di legge nunzero 2314 ( la riforma universitaria fallita nella IV Legislatura). Ma qitesto discredito che ha investito la casta dei 11ostri professori di ruolo investe tutti, anche coloro che 1neritano di essere considerati eccezioni alla regola; e, anzi, sono proprio costoro che devono perciò gridare alto e forte in faccia degli altri: « tu. l'as voulu, Georges Dandin! », e non prestarsi a coprire con i loro volti decenti quello osceno della casta co1zsiderata riel suo cornplesso. La riforma itniversitaria, quindi, dev'essere una riforma contro i professori di ruolo. In che niisura lo è il progetto che dovrebbe essere portato al Consiglio dei Ministri in qitesti giorni? Nei confronti della riforma itniversitaria, quale si configura in base agli accordi tra i partiti cli centro-sinistra, sono state avanzate molte critiche ed anche proteste, co,ne se in qualsiasi su.a parte tale riforma rappresentasse una concessione alle ragioni della conservazione accademica. Ma norz si può negare che, per qitanto se ne è potuto apprendere, e non è poco, il progetto di riforn·La recepisca soluzioni che non erano state intraviste al te1npo non lontano del progetto di legge n. 2314 e nemmeno dalla proposta di legge che i comunisti contrapposero alla 2314 ( prese11tata dagli on.li Berlinguer e Rossanda ). E sono soluzion.i che caratterizzano la rifortna co1ne z,tna riforma cl1e è chiaramente orientata contro i professori di ruolo. Incompatibilità, tempo pieno, dipartimento: le soluzioni date dall'accordo fra i tre partiti di centro-sinistra a questi fondamen5 Bibiiotecaginobianco

Editoriale tali problen1i della riforma ttniversitaria · sono tali da non poter certo incontrare il consenso dei « baroni »; e tali da colpire dura1nente il potere dei « baroni ». Nella rinnovata università dipartimentale non dovrà, d'altra parte, essere consentito a nessuno- di detenere il monopolio di un insegnamento («la cattedra», il famigerato « istituto monocattedra »! ). Così come a nessilno - e questo è l'aspetto nuovo della «garanzia dell'ina,novibilità» e soprattittto della libertà di irtsegnanzento - potrà essere imposto, senza il suo co11senso, di svolgere i1n insegnamento diverso da quello che corrisponde ai suoi interessi ed alla sua personalità cultilrale. Infine - e qitesto è il proble111a che alcuni di noi hanno sentito come degno di it11 particolare impegr10 - gli accessi all'insegnamento superiore, da parte di chi si è formato e si forrnerà fuori degli alleva,nen.ti degli istituti e, doma11i, dei diparti111enti, devono risultare, nella nuova università dipartimentale, più aperti, rnolto più aperti, di quanto non lo siano nella università dei « baroni »: siamo convinti che le carriere irregolari sono spesso le più interess.anti e che dagli accessi laterali possono entrare nell'università uomini preziosi per l'università; sia1110convi11ti che l'itniversità tzon debba risentire, come finora ha risentito, di chiusure corporative. Fi-no a eh.e punto è corporativistica la tesi del cosiddetto « docente llnico »? È su questa tesi che si sono divise e scontrate le forze migliori dell'itniversità. Ed è certamente la preoccupazione anticorporativa, e non un atteggia111ento co-nservatore, che ha spinto uomini come Garosci, Venturi, Giugni, Rodotà (socialisti), La Penna e Cesa (comunisti) e tanti altri (de1nocristiarti, socialisti, repubblicani) a firmare il manifesto contro il « docente unico ». Così come non 'sono stati certamente intenti corporativistici a spingere uomini come Giorgio Spini e altri a fir1nare un nianifesto per il « docente unico ». Se 11epilò dedurre clze la tesi del « docente unico » presenta pericoli di degenerazione in senso corporativo e suggestioni in senso democratico. Ma se si pretende di giudicare il valore complessivo della rif arnia dalle concessioni che essa elargisce o non elargisce ai fautori della tesi del « docente unico », si fornisce a posteriori la. prova di quanto siano insidiosi i pericoli di degenerazione in senso corporativo di questa tesi. E si deve ammettere che molti fautori del « docente unico » hanno chiaramente din1ostrato di esserlo in un senso corporativistico, di avere itna visione angustamente corporativa della carriera universitaria . .Si è detto che resporzsabili o meritevoli del rifiuto della tesi del « docente unico » sono stati i repubblicani. Ed effettivamente i repitbblicani si sono battuti allo scoperto contro il « docente unico »: dopo es6 Bibiiotecaginobianco

.. Editoriale sere passati per itn serio travaglio (anche fra i repubblicani c'erano uoniirzi autorevoli, co1ne Buzzati Traverso e Ferrara, tra gli altri, che propendev.ano per il « doce11te unico»). Ma la posizione dei repubblicani è stata responsabil111ente dettata, appunto, dal prevalere di preoccitpazioni anticorporative, e non dal prevalere di preoccupazioni conservatrici. E co1nunqiLe, a voler attribuire ai repubblicani tutta la colp·a o tittto il 1nerito della solitzione prevalsa negli accordi fra i partiti di centro-sinistra, si dimentica che la tesi del « docerzte unico», fra i socialisti, è stata sposata dai tanassiani e avversata dai den1artiniani, sia pitre non ve11endo allo scoperto conie responsabilmente sono venuti i repubblicani. Se dovessimo dire quali prese di posiziorze abbiano avuto maggiore infliterzza per orientare den1ocristiani e socialisti in un senso piitttosto ch,e in un altro, citere11Lmo un articolo di Leopoldo Elia sit « La Stampa» e itn articolo di Stefano Rodotà sit « L'altra Italia», periodico che si dice demartinia110. Ma questi articoli esprin1ono proprio le preoccupazio11i che ha11no spinto i repubblicani a prendere come partito una posizione che può avere un costo di impopolarità. All'attenzione dei molti che si danno un gra11-da fare in qitesti giorni per addebitare ai repubblicani, co111e posizione conservatrice, una posizione che è soltanto dettata da preoccupazioni anticorporative, vorremmo sottoporre qitesta lu11ga citazione dell'articolo che Stefano Rodotà ha pitbblicato sitl de,nartiniano « I/ altra Italia »: « ... Il necessario superamento del1e d·isparità attuaili [ ... J non deve offrire il pretesto per la costituz,ione di n,uove situa~ioni di privilegio o per facil 1i sanatorie. Un ragio,nevo]e co11senso può essere sollecitato intorno alla co1stituzione d1i un rt1olo unico dei docenti, articolato in due livelli, al secondo dei quali si possa accedere soltanto attraverso un rigo,roso co·ncorso nazionale aperto a tutti in condizio,ni di piena p·arità. Sap•piamo che una distinzione di due livelli, che compo 1 rti controlli effettivi e non mistificati giu,dizi di « ido,neità », non è desti 1 nata ad incontrare il favo1 re dii coloro i quali solleoitano la via facile all'università, disposti a pagare incoscientemente il prezzo dello scadimento e della burocratizzazione della funzio,ne docente. Ma cr diamo, con altrettanta convinzione, cl1e l'accesso controllato al seconido livello, in condizione di p·arità per tutti i co,ncorrenti, no,n rap,p,resenti so,ltanto una necessaria forma ·di garanzia della maturità scientifica dei docenti, n1a so1prattutto l'unico modo per sollec 1 itare l'interesse degli stu,diosi 01 p•eiranti fuo,ri dell'università. A quest1i ultimi deve es,sere rivolta particolare attenzio·ne, se11za scoraggiarili adottando una logica che privilegi in modo s01stanziale chi si tro,vi già ad oip·erare all'interno d1 eill'università: sugli interessi di coripo è necessario far prevalere le esigenze di una istituzione di cui 7 Bibiiotecaginobianco

Editoriale nessuno disoute più il valore fo1 ndamentale, e la cui sopravvivenza è legata proprio aJl1 a sua cap,acità 1di ricostituire un rap,po1 rto corretto con tutti gli altri momenti del1 1'01 r:ganizzazio.ne sociale. E non si dimentichi che una sostanziale apertura verso, l'esterno rap 1presenta anche l'unico modo di recuperare quegli studiosi che una selezione di cla,sse h·a scacciato dalle università ». Bene: si pitò discutere sul fond.anzento di queste preoccupazio11i, non sulla loro rispettabilità. Ma poiclié se ne è voluta discutere proprio la rispettabilità, si è data una prova di i11tolleranza corporativistica e quindi si è dimostrato che sono prcoccitpazioni fo11date. Non vorre1n1no, tuttavia, che alla fine risultassero tanto fondate da provocare contro la riforma un'allea11za più o meno n1ilazziana fra i « baroni» e gli aspiranti « baro11i », gli itni interessati ad impedire ogni rinnovamento che comporti l'impegno .al tempo pieno, l'incompatibilità, la ristrutturazione dipartimentale, gli altri pure interessati ad impedire questo rinnovamento nella misura in cui non co111porti la carriera facile, il posto sicuro, l'accesso gratuito al recinto barotzale e sia pitre ad un recinto baronale allargato. Che sia stata insabbiata la 2314 pilò essere stato un bene, nella misura in cui non abbia a fallire questa riforn1a, che è imminente e che porta soluzio11i molto piit avanzate di quelle della 2314. Quanto al discredito che ha investito la categoria dei professori, e che ora rischia di estendersi alla categoria degli assistenti, questo è i,n problema di redistribuzione dei poteri, ma è anche e forse prima di tutto un problema di coscienza etico-politica dei professori, e magari degli assistenti: sembra lecito pretendere dagli uni che sappiano e vogliano essere più degni di quanto finora non lo siano stati della funzione di cui sono stati investiti e dagli altri che sappiano e vogliano esercitare questa funzione con una dignità ed una scrupolosità che è mancata a coloro che li ha11no preceduti; sen1bra lecito pretendere che gli uni non sappiano e non vogliano passare per « manipolatori di scienza », « avventitrieri senza coscienza », e che gli altri no11 vogliano dive11tarlo. 8 Bibiiotecaginobianco

.. Lo • scrittore, • oggi di Lanfranco Orsini::• In un articolo sui problemi psicologici dello scrittore, Emilio Servad_io (Bol1lettin10 drel Sindaca,to nazionale scrittori, anno XIV n. 2) ha esaminato la condizione sp·ecifica dell'artiista che, punta11do tutte le proprie difese sopTa un.a sola p•edina, qu·ella de1l'atto creativo, è quotidiainamente in bali 1 a di vicen.de psicologiche particolari sulle qua,li la volontà non sempre o del tutto fa pre·sa, e p·er le qualj può essere messa in pericolo la su.a stessa ragione di vivere, appunto la capacità di creare ( è quello che psica,naliticamente si chiama « il cramp 1 0 dello scrittore » ). L·a·scio da parite 1a co,nsiderazione che in una società letteraria come l'o:diern.a si stenter-ebbe a tro-vare qualcuno co,sì inteTamente ed esi,stenzialmente homme à plume da far coincidere la propria ragione di esser,e con la sua p.ro,duttività intellettu·ale·; per l'uomo che è nel poeta, comunque, •no.n si dà cosa più tiriste che assistere all'inaridirsi e al morire d·ella pro'p•ria vena creativa. P•ericolo continuamente in agguato, questa è per lui, verame·nte, la più amara e umiliante del'1e sopravvivenze; e non co-nosco in pro,poiSito fraiSe più triste di quella cl1e Gabriele d'An·nunzio ormai vecchio mormorò ad u.n amico (I.a riferi 1sce Ugo Ojetti) a-ssisitendo a una prova della * Crediamo sia difficile negare che la dominante della vita pubblica e culturale dei nostri giorni è quella della confusione. Una confusione che, se trova la sua appariscente evidenza nei vari movimenti contestatorii (e nei conseguenti stati d'animo repressivi), con tutto il carico di giuste esigenze e di irrazionali estremismi e di intimidazioni verso ogni forma di ragionamento, ha probabilmente la sua princ~pale motivazione nell'essere gli uomini di cultura, per primi, fautori e pedine di un dibattito in cui al pacato confronto delle idee si sostituisce troppo spesso l'enunciazione violenta e sterile di formule dogmatiche e di schemi acritici. Né si può tacere delle tante strumentalizzazioni di parte che quotidianamente sono tentate, anche sotto l'insegna del « disimpegno», e che finiscono con l'aggravare paurosamente il disorientamento e l'incertezza dilaganti. Di ciò gli uomini di cultura sono, come si diceva, ad un tempo responsabili e vittime. Ecco perché abbiamo voluto aprire questo numero di « Nord e Sud » con due scritti nei quali la problematica dello scrittore e dell'intellettuale, con i dilemmi e i disagi specifici della situazione presente, fa risaltare forse all'origine le ragioni della confusione e, implicitamente, la via verso una più equilibrante chiarezza. 9 Bibiiotecag inobianco

Lanfranco Orsini . Figlia di Iorio allestita nel Vittoriale: « N,o.n l'ho scritta io. L'ha scritta uno di me, che è morto ». Gli esempi si potrebbero mo1tip1icare. Ma se per i gra.ndi l'aridità è quasi sempre un.a passeggera stanchezza o l'incubazione sofferta di nuo,vi fermenti creativi, o giung·e alla fine di un'opera cl1e pur da sol1 a var,rebbe a giustificare un.a vita, che cosa può invece giustificare per gli altri il proprio stesso lavoro, allo,rché al p.aragone dei riiS,u1tati si aggiunga que1'la sensazio,ne sgomenta di aridità e di torpore, per cui d'u11 tratto se1nbra non solo di aver anche p,erduto la più ·artigianale capacità sulla pagina, ·come pe.r effetto di un « blocco » o di un « crampo » mentale (per usare la definizj on·e di Serva,dio) paralizzante ogni germinazione in terio re d-elle idee e de·Lle fra·si? Avviene allora che non .solamente si tema di non sapeir scrivere più, ma che ci si chieda ad un tratto a che valga, addirittura, scrivere. Ed è una domanda cl1e p•er cia,scuno si rip·ropone og11i volta quando il lavo1 ro procede male e svo.gliato, magari per essere poi, il giorno dopo, ,dime1 nticatja e respinta nell'euforia di 11na particolare riuscita di invenzione o di ,stile. « Ma io, p,erché scrivo? ». A questa frase cosi perentoria e precisa, che più spesso che no,n si creda egli rivolge a se stesso nel suo segreto, lo scritto.re non saprebbe il più del1e ,,olte ri,sp·ondere se non vagament,e, con ragio,ni contraddittorie ed alogiche, o che suonerebbero i,ngenuamen,te retoriche, di quella retorica che è tale all'aridità dei mo-derni ma che in tem·pi non tanto remoti avrebbe permesso di usare ,senza ar·rossire parole qualj ispirazio,ne e passione. Diciamo-lo con quella umiltà che diventa, come p·er il Virgilio dantesco a1 saluto dei suoi col1eghi nel Limbo, rivendicazion.e e fierezza: scriviam,o, chi più chi meno, per vivere. La carriera interiore di uno scrittore, sia rom,a:nziere o p,o,eta, no1n è altro, in fondo, che aljmenta·re con linfa più prepotente o più debo,le, a seconda della sua forza creativa e del suo potere di concentrazione fantastica, una fattizia rivincita su una realtà dalla quale, talvolta senza neppure saperlo, è alienato. Perché lo scrittore, in e·ffetti, anche quando ci sembra borghesemente « in·serito », o quando ha ragg,iunto il s.uicces,so, e ,le redazioni e i salotti s,e lo conte11,dono, è sempre, nella parte più vera di sé, un isolato e un rinunciatario, che per la pro,pria creazio 1 ne - sia essa grande o mo,d,esta - ha op-erato irirevocabilmente una soelta per cui i piaceri e le so,ddisfazioni degli altri - il denaro la fuo,riserie le donne - po1 trann.o magari servirgli come vanità o stimolanti ma no·n sap·ranno d,a so,Ii 10 Bibiiotecaginobianco

.. Lo scrittore, oggi costituirigli quel glllsto e quella ragione di vita, quel trag.uardo splendidamente volgare e tangibile, nell'appetito de.J quale il mondo si riconosce, pur nella gara spietata, solidalmente a1leato. Perciò lo scrittore è così suscettibile di depressione e co,s1 espostamente egocentrico qu.ando il lavoro va ma,le e di conseguenza egli teme di avere sbagliato la po'Sta: uno sbaglio che ha comprom.esso la vita. Perché come un amo·re no1 n corrisposto ma illuso (a·nche dopo lo scacco: un amore quando non spe·ra più nulla e già morto,) impedisce a colui che ,lo soffre la p,ossibilità di altri amori più facili il cui possesso sarebb,e insipido infin.e, co1sì eh~ cos'altro r.imane ,alilo scrittore che non può sorivere più, se pro·prio per scrivere, per questa disoesa negl'inf.eri da riscattare in paro1e, ha p·erduto l'amore 1e il disinvolto dominio della reaJta, quel dominio che agli altri riesce così facilmente normale? Diversità ed elezione, r.ipudio e pur nostalgia .del « comune », volgarità e dolore per dirla con Elémire Zolla: p·arabola indubbian1ente romantica, e su cui i negatoiri ferrigni dell'arte come interiorità e·d umanesimo (avanguardisti, sperimentali e compagni) faranno abbondanti risate; 1na r,iperco·rribile in p·ropr.io, almeno da qu.anti portano ancora nel loro spirito, invano mimetizzata e nascosta, que~l'ano,malia esiste·nziale che è indissolubile dall'essere artista. Decadentismo, sia pure: m·a che in un tempo i,n cui ,I'a·rte va sempre piu tiraisfo,rmando'Si in friigida e mercificata sperim1 en,tazione di « operato·ri di gruppo » sembra acqui,staire al confronto la positività di un antido,to, poiché, com·e Theo,dor Adorno ha p·ur detto, il decadentismo, in un mondo industrializzato e alien,ato come il nostro, no,n è eh.e l'estre1no baluar·do i,n cui si asserragliano i migliori. Parabo'1a che nel Tonio Kroger manniano h·a la più profo•n.da e struggente e diagnostica formulazion:e, e che ai giorni nostri cl.aCesare Pavese fu ripercorsa modernamente e tragicamente scontata. S1 criviamo, dunque, per vivere. M·a questa è una giustificazion~ privata, che non b,asta a legittimarie da ,sola u,n'aperazione che per la sua stessa natura di comunicazione con gli altri ambisce di uscire dall'am.bito individu,ale e proporsi, se non come fatto so,ciale, come esemplarità di valori ·da p,a!rtecip,are ·ad un pubblico: se questo non fosse oggi .di1 stratto, e sfug·gente 1 come non m.ai, e utilitaristicamente con.dizion.at,o, e tra le canzoni e la televisione .d,a un lato, e l'infatu·azio·ne tecnologica e la confusione con,ti·nt1a di imbonimenti che l'industria culturale gli v,a p·ropinando dall'.ailtro, no1 n diventasse incapace ogni giorno di più di discernere e di pensare. Scrivere p,er uscir dal p·rivato: ora al cattiv,o scrittore o poeta non si può, certo, 11 Bibiio.tecaginobianco

Lanfranco Orsini vietare di po·rre anche lui n.el suo scrivere la propria ragione di vita, ma qu·esto è un -caso assai raro, per lui la letteratu·ra, alila fine, sarà un hobby e non veramente lo scopo ed il ce·ntro dei giorni: ché le sue p1 agine avreb·bero allora quel timbro di autenticità necessaria che le farebb,e non più malformata effusione ma verità esistenziale. Ho detto « i'1 cattivo scrittore »; ma si può essere, pur senza toccare le sog,lie -della grandezza, dignitosamente scritto,ri, ed allora la giustificazione p,rivata trova conferma e· conforto nella dignità del « mestiere »: e a conti fatti sarà so1tanto quest'ultima a legittimare la prima. (Ricordiamo la frase feroce di Shakespeare nel Giulio Cesare, allo,rché i cittadini minacci 1 ano Cinna il poeta: « Fatelo a p·ezzi per i suoi cattivi ve,rsi, fatelo a pezzi pe·r i suoi cattivi versi! » ). Sicché per giustificarci in u•n modo che non adduca unicamente le nostre private ragioni ma abbia un minimo di fondamento sociale e di plausibilità letteraria, bisognerà stabilire con una certa ap·p·rossimazione fino a che punto chi scrive possa sentirsi legittimato e sorretto nel pro,prio lavoro dalla coscienza di non limitarsi, co1 n esso, a qualcosa di meramente privato: fino a eh-e punto, cioè, si sia veramente scrittori. La questione, s'intende, riguarda essenzialmente la qualità e, in secondo luogo solta.nto, la quantità. A una nota scrittrice che con,siderava con lui com-e dopo Dante e T'olstoj non altro si possa, mettendosi a scrivere un libro, che avvertirne l'inutilità presuntuosa, molti anni fa Enrico Pea traccio con l'indice un cerchio sul tavolino davanti al quale sedeva e soggiunse: « Eppure, ciò nonostante si scrive. E, vede, si può e'ssere piccoli o grandi ma qu,ello che ·conta è star dentro. S,i puo scrivere un solo libro ed es~ere autentica1nente s·crittori, essere dentro del cerchio. Se ne p·osso,no scrivere venti, riempirne un p,alchetto ,di biblioteca, e rimanere al di fuo1ri ». Ma non tocca a noi, né potremmo, decidere di essere dentro o di fuo,ri. Ol1tretutto, sarebbe ancora ambizio·ne, condizionare a un giudizio un'operazione vitale. E forse vale la pena di scrivere unicamente se scrivere, per chi lo fa, è respirare. (Ovviamente si allude allo scrivere del,l'a,rti,sta e non a q_uello, ben più sociale e politico, dell'intellettuale. Ma sono poi separabili?). *** La soluzione non è tuttavia così semplice, in un'epoca in cui il lavoro dello scritto·re è co,ntinuamente allarmato e condiziona,to 12 Bibiiotecaginobianco

Lo scrittore) oggi da sempre nuove querelles, l'impegno ed il disim,pegno, la lette.ratura i,ndust 1 riale e l'industria cultt1rale, avanguardia e non avangu·ardia, la fru'Strazione della cultura umanistica (um·an·a) nel tecnicismo e i mass-media. L'impegno .ed il disimpegno: m•entre si o•de ripetere che l'umanesimo è il grande sconfitto di questo secolo, che lo scritto.re per sop1ravvivere deve imp•egna,rsi po1iticam.ente, o, all'opposto, la letteratura viene ridotta ad un gioco1 , il problema dell'umanesimo, cioè della difesa e dello sviluppo dell'interio 1 rità dell'uo,mo .di fronte alla massificazione e alla tecnica, rimane un problema aperto·, ainzi il problema dell'arte come dell'uomo. È p·ro,prio su questo punto, ci semb·ra, che tutti gli appelli all'impegno, a che gli sorittori aderiscano più concretamente a.Jla propria epo,ca e riflettano nelle loro opere la realtà che li ci,rcon,da sono destinati a un equivoco fondame·ntale, lo stesso da cui, nella maggior p1 arte dei casi, traggono origin•e. L'im·pegno come adesio,ne al prop·rio tempo può equiv·alere tailora al disimpegno verso le ragioni profo,nde •di uno scritto·re, poiché anche tale adesione può darsi in ,due modi, uno esteriore ed uno interiore, ed è p·ro,prio quest'ultimo a ·cui lo scrittore è tenuto e che attua, p·ur senza proporselo, p.er i,I fatto stesso di 1 essere uomo spiriituale (come un tempo era lecito di1 re, e non lo è più oggi per il deterioramento subito da.Ila paro.la, che ha assunto sapor ,di reazione): l'adesio.ne di un Kafka e· di u.n M1 a.nn, per intenderci, che ,ci hanno detto su1la loro .e sulla no,stra epooa assai più di ta·nti altri che apparente- . mente « a,derivano ». Bisogna dunque badare che l'impegno come « adesiùne » alla 1 realtà contingente, alla vita politica e'cc. non si muti, p·er avventura, in di.simp1 egno verso ciò cl1e fa indispensabile lo sorittore in quanto tale e che nel suo stesso espli,carsi ha la sua giustificazione e la sua eticità, cioè l'in1tervento1 su1'l'uomo per sempre più ap,p•rofondirne il mondo m,orale - intendo l'aggettivo in se11so tutto laico - attraverso l'illuminazio·ne e l'indagine della propria umanità, na.turalmente in tutte ,le sue implioanze di i,nteriorità ma an:che di socialità e ·convivenza. Non si tratta .dunque del solito sloga.n che unico dovere dell'artista è quello ,di .essere atrtista. Bisogna anzitutto intendersi su quello .che signifi,ca « ar,tista », che non è gio·coliere o calligrafo; e bi·sogna poi distinguere tra 1'·artista quando dipinge o scrive o compone - e allora sì che suo unico do·vere è quello di essere artista - e l'artista .nella vita quotidi,ana, e ,allora sì che l'im.pegno nella p,olitica e nella socialità gli si p~ò e gli si deve richiedere in quanto egli sia uomo degno di tal nome e di tale res·ponsabilità, 13 Bibiiotecag inobianco

Lanfranco Orsini senza dire che ogni esperienza non farà altro che accrescere la riochezza di comprensione e di problematica che egli possa tradur,re nell'arte. Se infine dallo scritto.re in qua·nto intellettuale si può e si d·e·ve esigere questa posizio·ne impegnata· e contestativa, è altretta,nto indisp-ensab,ile non ip.ot1 ecare l·a libe11tà dell'artista col prescrivergli p,articolari tematiche. Lo stesso Sa,rtre, che è stato uno dei princip·ali asisertori dell' engagement letterario, e che negli anni recenti è giunto ·ad affermare la gratuità ·d'elio scrive·re in un mondo in cui milioni .di ·persone muoiono di fame, opera un,a netta disti,nzione tra lo, scrittore, che deve esse1 re impegnato,, e i,l po-eta, l'artista, il musicista a cui 1nega ogni possibilità e do.v·e,re, sul piano de}l'arte, di engagement. Ma osiamo ade,sso, affermare che l'artista in quanto tale (m.agari senza volerlo o ·sap,erlo) è co,ntestatore. Il contrasto, scoperto dal Romanticismo, tra artista - co,me dicevano al,lora - e borghese ha necessariamente adattato i suoi termini alla mutata realtà so·ciologica e persiste, sostanzialmente il mede 4 simo, tra apooa,littici ed integrati. È u,n contrasto costituzionale, biolo,gico, di p,er se stesso contestatario. Chi non lo avverte non è in tellettua1e né artista. Che un·a tut 1ta esteriore e contingente adesione al proprio ten1po equivalga in sostanza ,a un disimpegno• v,erso le ragioni profonde di uno scrit,to,re, 10 1 dimostrò il po1stulato della letteratura industriale, reolam,ata into,rno agli anni sessa·nta da quella rivista; il « Menabò », che fu tra le p·rime a lanciare gli speri,ment,alismi e gli aless,an,drini,smi formali degli ultimi anni. Dichiararo·no, allora esser quella l'uni 1 ca letteratura 01 ggi ,,ali,da, in qu·~·nto· oggi sa.re·bbe il rapipo,rto tra l'individuo e l'industria a co,stitui·re il pro,ble·ma fo·ndamentale dell'uomo•; e.d essa si rivelò i,nvece be·n p,resto un fatto quasi so.Jtanto- di moida, sup,erato in ·appena qualche stagione, e di lì a poco qualcuno dei suoi stessi fauto,ri a·mmetteva che que.l conclamato rap 1 porto n,o:n fosse (così ·all'imp:rovviso) più attuale e che la narrativa ,dovesse tornare all'interio·rizzazio,ne dei perso,n,aggi e dei temi, mentre prima qualche altro era giunto 1 a chie•d·e'.rsip1 aradossalmente se uno scrittore che non avesse avuto la ventura di vivere in una fabb·rica non dovesse smettere di scrive 1 re. Carlo Bo parlava di « nuov•a Arcadia scientifica », altri aincora di feiticiismo verso il mon,do industriale e di frenesia di ricerca e parossismo definitorio che si ris,contravano in quel famoso 1 n,umero 4 de,l « Menabò » (l'UJltim·o numero - 9, 1966 - avanzò quale p•roposta di turno la « letteratura come storiografia » ). Seguire di voilta in volta siffatte susseguentisi istanze non solo comporta il rischio, esiziale 14 Bibiiotecag inobianco

Lo scrittore, oggi per un a·rtista, .del conformismo e della strumenta,lizzazio,ne, ma anche di con,side·rarne il lavoro, che esige sop,ra ttutto, per essere autentico, disinteressata obbedienza alla pro,pria vocazio 1 ne, come artigianato do·cilmente rivolto a bandire di stagio 1 ne in stagio 1 ne i temi corre·nti di una realtà quanto mai contingente, deterministica, meccanizzata. La quale, ovviamente, non può non esser prese11te nell'opera di u,n nàrratore se i suoi personaggi vo,rranno avere una ·dimensione co,ncreta, ma si .dovra sempre vederla non più nel suo dato meramente documen,taristico ma rielaborata dalla fantasia, come mezzo di cui questa si serve per attuarsi liberame·nte. Ciò che fa di Verga un poeta, ciò che lo rende vivo ancor oggi e per sempre è quanto di soggettivo, di lirico nel senso più am,pio della parola, egli ha infuso nella sua rappresentazione della realtà; né il realismo esclude~ aocanto all'interpretazione del reale, quella, più alta, del vero (e il vero, nell'arte, è l'oscuri,tà de1l'umano in cui p,enetrare per trarla tutta vivente alla luce), o della visione e del sogno. Kafka no,n è meno realista di \Terga. Per l'artista comunque - e so bene di affermare qualcosa che suonerà eretica a molti - il realiis,mo è un linguaggio, mezzo e non fine ( « ma,dame Bovary c'est moi_ ») magari contro ]a sua stessa intenzione. Tutto questo non toglie la responsabilità sociale dello scrittore, il suo impegno di intellettuale ,che si vorrebbe assai più intensamen,te p,artecipe nella vita politica e civile, soprattutto come presenza morale. Sicché dovrebb'essere chiaro che il disimpegno e per lui postulabile unicamente davanti alla pagina bianca se esso gli giovi ai fini di un più profondo, sincejro e libero impegno verso la propria interiorità e quindi verso l'indagine e la conoscenza de'1l'uomo; a questo deve servire il disimpegno, e non certo a un gioco formaile tanto peggiore ed ambiguo quando pretende di avere, median,te le nuove strutture (o, meglio, disintegrazioni) nar .. rative e poetiche, una funzione di critica e contestazio·ne all'interno del sistema, insomma di rottura o eversione sul piano so,ciale e politico: nel quale è necessaria anzitutto la comunicazione, e i linguaggi delle nuove avanguardie non sono certo i più idonei a comuni 1 care. La loro esperienza rimane meramente fo·rrr1a'1istica, in molto ·casi epi,dermica e ricreativa anche sul piano della ricerca da laboratorio, ·d'altronde utilissima se può servire a mostrare (n1a lo sa•p·piamo) che a rendere un contenuto un fatto di letteratura è essenzi,a,lmente e unicamente il linguaggio. La letteratura come gioco è davvero il più negativo dei .disimpegni nella sua ambivalenza letteraria e s,ociale: in questo senso le nuove avanguardie sono una 15 Biblio ecaginobianco

Lanfranco Orsini fabbrica di vuoto sul vuoto, ammantata di presunzioni intellettualisti1che e cul turalistiche. Si è accennato alla proposta di una letteraJtura industriale avanzata sugli anni ses,santa dal « Men·abò »; ma qu·ante altre sono seg11ite dopo di qu·ella? Abbiamo a.ssistito all'enunciazion.e dei più vari ,pro.grammi, da quello •che fo·ggi,a poetiche di « opere aperte » e consimili alla scuola dello sguardo, dal mistilinguismo a,lla letteratura come storio,grafia e a qua,l altro si voglia sperimenta 1 li,smo. Tutto questo, a parte le fumiisterie di stagion·e (la poesia visiva, o quel romanzo· 1 p·resentato in una •specie di scatola, co·n le pagine sciolte eh.e si possono ·a prop,rio piacere mischiare e la storia, di volta in volta diversa, filerà sempre) tutto questo, dicevo, è un dissodare· 1e possibilità del linguaggio e può aver senza dubbio, su un piano di esperimento, la sua utilità: lamentarne l'intellettuali,smo importerebbe condanna di tutta l'arte moderna, che è arte di cri,si fo,rmale e di esasperato intellettualismo. Ma ciò eh.e semb·ra preoocup,ante, e causa alla finie di quella confusione che diventa distorsion,e e sovvertimento dei va1ori su cui si fonda il giudizio, è la mancanza di sistematicità, di una posizione estetica chiara da cui .anche gli oppositori possano mutuare, non foss'altro che per ribatt,erle, quelle idee-guida, quei termini di discorso ,che costituiscono i necessari elementi per intendersi e per fare, della discussione e .della polemica, un mezzo di avanzamento e di fecon,da riceoca. Si vuol dire u~ ·co,ncetto del,l'arte preciso, e accettabile al lume di un'estetica seria e· storicamente consapevole dei punti fermi raggiunti. Non è che si voglia cro,cianamente restare su certe posizioni ormai rivedute e integrate nel se·nso di una storicizzazione m·aggiore, e certamente più ri,cca, dell'o,pera letteraria; m·a quan·do si trova, ad esempio, risfoglian.do una rivista sperimentale che è stata bussola e .diap.a1 son del dibattito letterario (ancora una volta il « Menabò ») la definizione di « sa,ggio in ve·rsi », il qu.ale tradurrebbe in « profondità lirica il rigore di una inchiesta sociologica », ,così discop·rendoci « non esservi aspetto della cultura che non possa tradursi in poesia», si resta perplessi •come dinanzi a u1 n'affermazio,ne per lo meno azzardata, in quanto il « saggio,» e il « rigore dell'iI11Chiesta sociologica » (e chi non lo avv.erte secondo Croce lo avver.te, se h.a senso di ciò che sia l'arte, d'istinto) sono di p•er se stessi il contrario del discorso poetico, della natura e della cellula prima della poesia. 16 Bibliotecaginobianco

·' ' Lo scrittore, oggi Polemica i•niutile e ritardata, si obietterà, in qu·anto l'e'fro,re, pur allignando anch1e altrove, nel Della Volpe e segua.ci, si è vanificato da solo e co1 n una ben gra,cile eco; ma p,er cedere il p•osto a altri nuovi, 1come l'impiego dei c·ervelli elettro 1 nici per studiare lo s,tile e le struttu.re lin,guistiche dei p,oeti. Sicché accettare o respinge·re la probabilità ,di una simile critica dovrebb'essere un atto di respo,nsabilità lettera-ria che p·rima o poi •dovirà compiersi, p·er riportare il disco.rso su uno scrittorie a b·asi più solide ed a criteri che resteranno 1 confusi e gratuiti se non ricavati da un'estetica sto,ricam,ente e fi101 so:fìcamente convalidata. I1l che giovereb·be anche ai criteri d.i sel,ezio,ne del1 le case editrici, ove è 1 certo impos·sibile, per la n·atura stessa delle colse umane, evitare del tutto quanto di extra..Jletterario· p,ur gioca a ·determinarli, ma in cui tuttavia do1 vrebbe alla fine co,rreggersi I.a dittatura del gusto e l'obbJigatorietà di una particolare tend,enza. Sarà già un primo passo, sembran,do per il momento difficile, e lo sarà fo11se più di an·no in anno, per un certo perio,do, poter spez, zare la prepotenza ,dell'industri·a culturale, che pur è, no,n bisogna dimenticarlo, un necessario adegu·a:rsi dell'editore ·ai suoi tempi p·er il diff on,dersi comme.rciaJ.e - e non v·ed,oaltro mo,do di diffusion•e - di quel pro,dotto che è il libro. *** A questo punto non sa,rà inutile domandarsi quanto influisca sw risultati di un·o scrittore, nell'attuale produzione letteraria, il comp1esso di gruppi redazion 1 ali, direttori di collana, consule11ti, « l,ettori » delle 1 case editrici, e determini no,n soltanto la fortuna di questa o quell'opera m•a ad·dirittura la stessa compo,sizione .di u·n rom,anzo,, la sua struttura, i suoi temi, la loro realizzazione form.ale. Il problem.a è p•a.rticolarmente importante, investendo no·n più gli aspetti esclusivamente esteriori della vita letteraria, che sono poi sempre i più effimeri e futili, ma qualcosa di fondamentalmente essenziale come la lib.ertà e l'autenticità della letteratura, che va rischiando .di traisform•arsi ogni giorno .di più da opera di cre·azio,ne (che no,n può es.sere a1 ltro che p,rotervamente auto,noma e in.dividuale) in prodo 1tto in·dustriale e, in quanto tale, necessari,amente ·di comp,rom1 esso, di gTillppo. Fino a che punto un ro,m1 anzo può essere o,ggi con·siderato di uno scrittore, esp·r.essione atten.dibile del suo stile, del suo mondo, delle sue capacità? La doman,d·a semb·rerà p1 arados•sale so,ltanto al « fruitore » che si limita a recarsi in· ,libreria, ad ac·quistare il 17 Bibiiotecag inobianco

Lanf rane o Orsini volume suggeritogli ,d1alla recen·sione o, dalla pubb1i,cità dei settimanali, ed a leggerlo n,ella convinzion·e che quelle p·agine, dettate all'autore n,e1la solitudine del suo stu•dio dalla sua ,libe·ra ispirazione, sia110 giunte senz·a subire va·rianti o manipo 1 lazio·p.i ai tipografi d·el grande editore che le ha trasformate in o·ggetto v·end.ibile, confezionato co·n la tradizionale eleganza de1la sua sigla, e lo ha fatto arrivare a quel banco di libreria. Ma chi so101 un po•co è al1l'interno del1le « segrete (cose » h.a certamente sentito 1 alme,no un·a vo1 lta, da qualche « letto•re » suo amico, -co-me a questi fosse· affidato dall'editore o dal diretto,re di •collan·a un romanzo di prossi 1 m·a pubb,]icazione per rivederlo· eliminandone sovrabbo,ndanze e squilibri; e sa bene che in molti altri casi lo ,scrittore deve appo,rta,re egli stesso al suo manosoritto rìman,eggiamenti e ritocchi che più o meno ne alterano la fisionomia primitiva liveLlandolo ·a!l « tipo » che i consulenti letterari dell'editore ritengono meglio conforme (secondo la più favorevole ipotesi, e prescindendo da un o•biettivo meramente economi,co· e di mercato) a,ll'idea ,cultura-le ed estetica che essi perseguono e a cui vogliono ch1 e il loro scrittore si adeg.ui. Condizionamento che n•eces.sariamente farà sentire i suoi effetti sul risultato finale deill'o1 pe1ra, che in ogni modo non risponderà più interame·nte a1la personalità e al1'i1 n,tuizione dell'·auto·re, piegato·si, per ragioni di convenienza e t,ailora di so1 pravviv•enza - poiché oggi la fortuna e la fa,m.a di uno ,scrittore sono in massima parte affidate aJ battage e all'ap,poggio che l'organizzazione edito,ri,ale deciderà di con.cederrgli - a m.odifiche e a co,rrezio,ni non sempre, o non totalmente, condivise da lui. Ora è ovvio: nessun editore culturalmente respo·nsabile e che, dopo tutto, impegna i suoi soldi in un'attività certamente· assai più disinteressata e civil,e di tante altre, non ·deve e ·non può rinunziare a1la consuJenza di esperti, sop·rattutto per quanto riguarda la scop,erta e la p·ubblicazio 1 ne di autori nuovi: e se una simile consulenza valesse a o,perare una ,cernita effettivamente ma imparzialmente severa sì da ridurre di numero (e aumentare di qualità) la p·roduzione lib,raria sempre più elefantiaca •e inflazionata, avremmo tutti, lettori sc,rittojri critici, -da rallegrar.cene. E nessuno vuo1 l contestare il diritto di una politica cultu.:ra!le, per cui un testo anche valido P·UÒ non rientrare in una determinata collana o no1 n essere a,c.cetto· a un d·etermin·ato -editore, che p,ersegua a1t·ri fini latamente p·olitici O· di cultura. Siamo anzi convinti, nella situazio,ne letteraria contemp,oranea, del1la necessità dell'azio 1 ne di gru,ppo, sul pia·no dell'ideolo·gia e delle poetiche, per sfuggire da un lato al caos e 18 Bibiiotecaginobianco

Lo scrittore, oggi da1ll'altro all'isolam 1 ento che in una civiltà come l'attuale decreta a priori l'incomuni,c·abilità e lia sconfitta. Ma è as,su,rdo - e qui ooco1 11rerebb·e che gli scrittori insorgessero unanimemente a difesa delfa lo·ro autonomia - l'intervento del 1 consu 1 lente editoriale o del diretto 1 re di collan,a su quella che è la realizzazione e la forma artistica dell'o•pera, p·er c,ui l'autore che ha concepito il proprio ro·manzo in un mo,do e ha voluto dire in una determinata form·a certe cose che gli stavano a ,cuore ,si senta talvolta invitato a riscrivere o a modifi,care il suo libro: modifiche 1 che ·rispondo•no il più ·delle volte al gusto tutto p·eirsonale del ,consulente e che lo scritto,re, se può condividere· giudi 1 ca·ndone effettivamente miglio.rata la pro1 p·ria opera, deve anche poter rifiutare senza ·p,er questo vederla respinta, quando essa abbia, come ha tante volte - rivolgendosi tali interventi n,on solo su manos.critti di esordienti ma anche su quelli di autori già noti e verificati .dalla •Critica -, una indiscutibile validità letteraria. Chi scrive d'alt,ronde sa bene,· 1ungi dal riten,ersi infallibile, sollecitare egli stesso le oritiche ed i consigli n·ei modi che meglio sente op,port 1 uni all'interesse •del libro, che no·n dà pace all'·autore se questi ha il pur minimo dubbio -di aver sbagliato, un capitolo, un p·ersonaggio, una pagina. In certi nodi dell'o·pera, di fro,nte a certe difficoltà .di st,ruttura o soluzioni fo,rmaJi, avverte ciascuno il bisogno di u-na vision.e obiettiva necessariam-ente negata, soprattutto nel vivo del proprio lavoro, all'autore. Bisogno che o,gni scrittore soddisfa di .caso in caso, rivolgendosi al collega od a1 critico amico, a un lettore· che particolarmente egli stimi, al co·nsulente della sua casa editri 1oe (non ci sarebbe motivo di esc1t1derlo) ma sempre su un pi,ano strettamente privato e finché il suo lib·ro si trova, diciamo• co,sì, in formazione o, interamente già scritto, è dall'autore m-edes.imo ritenuto ancor p1 rovvi,sorio e bisognevole di un'ulteriore s1 tes.u,ra o rielaborazione. Della quale dev'essere lui, lo scrittoire, intera 1 mente e sol,amente ,responisabile, anche a costo di co·nservar dei difetti, p,oiché il 1ibro non è un prodot,to ,di •Co,nfezione a cui gio,vi il livellamento e lia p·ulizia -di uno statidard ,di per se stesso unifo·rme e condizionante, ma congenitamente vuol esse,re l'1 espressio,ne il più possibile liberia individuale e totale di chi lo ha creato e lo firma. E tra parentesi sarebb,e op·po·rtuno considerare, per un confronto che risulterebb·e, tra l'altro, altamente educativo, se scritto·ri anc·he mod·esti •di un tempo, p·recedenti comunque l'at-· tuale fase di industrializzazione culturale, sa•rebbero stati altrettanto dispo,nibili e docili a modificare in un senso o nell'altro le lo1ro opere· se,co'n,do1, e ri,chieste ed i gusti dei vari uffici editoriali. 19 Biblio ecaginobianco

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