Nord e Sud - anno XVI - n. 111 - marzo 1969

Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Augusto Graziani, Gli investimenti pubblici: logica o in~uizione? - Antonio Ghirelli, Che cosa offre Berlinguer - Enzo Vellecco, Una politica per l)occupazione - Gian Giacomo dell'Angelo, Perché i piani zonali - Mario Pannunzio, Senza illusioni, . ma se1iza rassegnazione e scritti di Girolamo Cotroneo, Sebastiano Di Giacomo, Vittorio Frosini, Franco Libonati) Antonio Palermo, Antonio Pellicani, Rocco Palestra, Pier Aldo Ro\ 1 atti. ANNO XVI - NUOVA SE'R.IE - MARZO 1969 - N. III (172) EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - NAPOLI Bi biiotecaginobianco

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NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO XVI - MARZO 1969 - N. 111 (172) DIREZIONE E REDAZIONE: Via Carducci, 29 - 80121 Napoli - Telef. 393.347 Amministrazione, Distribuzione e Pubb·licità : EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via Carducci, 29 - 80121Napoli - Telef. 393-346-393.309 Una copia L. 400 - Estero L. 700 - Abbonamenti: Sostenitore L. 20.000 - Italia annuale L. 4.000, semestrale L. 2.100 - Estero annuale L. 5.000, semestrale L. 2.700 - Fascicolo arretrato L. 800 - Annata arretrata L. 8.000 - Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 Edizioni Scientifiche Italiane - Via Carducci 29, Napoli Bibiiotecaginobianco

., SOMMARIO (G ì \ Editoriale [ 3] Augusto Graziani Gli investimenti pubblici: logica o intuizione? [5] Antonio Ghirelli Che cosa offre Berlinguer [29] Enzo Vellecco Una politica per l'occupazione [ 48] Girolamo Cotroneo S. Di Giaco·mo Vittorio Frosini Note della Redazione Lo squilibrio universitario - L'« area della ricerca » nel cassetto - La riserva del 30% [ 63] Giornale a più voci La controcultura [ 68] Il dirigente nuovo [73 J L'epopea provinciale de «I Viceré» [79] Argomenti G. G. dell'Angelo Perché i piani zonali [ 82] Mario Pannunzio Franco Libonati Cronache e Memorie Per Pannunzio Senza illusioni, ma senza rassegnaiione [96] Borse d'i studio « Mario ?annunzio » [ 103] Frontiere Rocco Polestr,1 L'imposta sul reddito negli Stati Uniti [105] . Antonio Palermo Pier Aldo Rovatti Antonio Pellicani Bibiiotecaginobianco Recensioni Un Alvaro« aperto» [118] La lezione della corsa atomica [ 121] Autorità e libertà nel pensiero di Gramsci [ 123]

. ' I , Editoriale Delle sempre più gravi disfunzioni che si avvertono nello svolgimento dell'àttività parlamentare si parla co11se1'npre ,naggiore insistenza e sono molti coloro che si chiedono se il punto d'arrivo della crisi che investe il funzionamento delle Camere non sia ormai chiaramente ravvisabile, tanto vicino da non poter essere più scansato: la paralisi del « sist~ma ». Ma si può dire che la crisi delle Camere sia soltanto la proiezione di un'altra e più grave crisi, quella che investe i partiti? Noi non crediamo che si possano semplicisticamente addebitare ai partiti, soltanto ai partiti, tutte le disfunzioni che ritardano ed appesantiscono i lavori parlamentari. Ci sono disfunzioni che derivan,o dall'in,vecchiamento di quei regolamenti dei quali si invoca giustamente la riforma e ce ne sono che derivano dall'eccessivo carico che la legislazione n1inore comporta, congestionando i programmi di lavoro delle Camere. Di qui due esigenze: quella di snellire e semplificare e aggiornare le « procedure » che regolano i lavori parlamentari; quella di accelerare l'attuazione dell'ordinamento regionale e quindi il decentramento della legislazione minore dalle Camere alle assemblee regionali. Quando ci si domanda « a che cosa servono le Regioni », la risposta può essere appunto questa ( tra le altre, che si riferiscono all'articolazione territoriale della politica di programmazione): la legislazione minore può e dev'essere in gran parte decentrata. Ne deriverebbe l'eliminazione di talune tra le cause che determinano le disfunzioni lamentate nello svolgimento dei lavori parlamentari. D'altra parte, ci sono serie preoccupazioni che devono essere tenute prese11ti: per non creare tante Sicilie quanto sono le Regioni a statuto ordinario previste dalla Costi• tuzione, con governi regionali impotenti e bersagliati dal cecchinaggio dei « franchi tiratori» tutte le volte che si intravede la possibilità, per alci,ni consiglieri regionali, di essere promossi assessori al posto di altri assessori; p·er evitare che l'ordinamento regionale decada nelle forme deteriori del parlamentarismo regionale, invece di correggere le disfunzioni derivanti dal parlamentarismo nazionale, e costituisca un incentivo nuovo alle degenerazioni della democrazia in partitocrazia e correntocrazia, è necessario garantire la stabilità dei governi regionali. Non sarà possibile forse attuare quel disegno di «_Regione presidenziale» di cui proprio « Nord e Sud» ha sollecitato la presa in considerazione; ma 3 Bibliotecaginobianco

Editoriale almeno si stabilisca che l'assemblea regionale elegga il presidente della Regione e che questo possa scegliere anche fuori dell'assemblea, e magari soltanto fuori dell'assemblea, i suoi collaboratori. Inoltre, si stabilisca che l'assemblea non può provocare l~ dimissioni del governo regionale se non accompagna la manifestazione della sua sfiducia nei confronti del governo stesso con una precisa indicazione di soli1zione alternativa. G Pare che in sede di governo siano allo studio proposte interessanti, orientate appiLnto nel senso cui ora abbiamo accennato. Ci auguriamo che queste proposte interessanti siano approfondite e portate avanti. Sarebbe certamente una grave colpa dei partiti se essi non si rendessero conto dell'esigenza di creare tlna Regione con governo stabile, se non si preoccupassero di evitare che la Regione diventi un fattore di aggravamento, invece che di correzione, dei mali che li affliggono e che insidiano la nostra democrazia. Lo stesso discorso vale per quanto riguarda l'altra esigenza d'i citi abbiamo detto, quella di aggiornare e razionalizzare i regolamenti delle Camere. I partiti, e per essi i gruppi parlamentari, non possono non rendersi conto di questa esigenza; e se vi è una colp·a che può e deve essere addebitata ai p·artiti, tale colpa consiste pro-prio riell'aver tardato a prendere coscienza delle disfunzioni tJ,erivanti dai regolamenti invecchiati e magari nell'aver cercato di approfittare, taluni partiti, delle disfunzioni parla1nentari, per darsi un più o 1neno accettabile alibi tutte le volte che sono stati tentati di eludere l'impegno democratico a mantenere entro certi limiti di correttezza funzionale la dialettica dei rapporti tra maggioranza e opposizione. Ecco perché i partiti, tutti i partiti, debbono riflettere sulla necessità di riformare i regolamenti delle Camere. È questo un impegno - autorevolmente sollecitato, del resto, da Pertini e da Fanfani - al qitale non ci si può e non ci si deve sottrarre. In caso contrario, si aggraverebbe non soltanto la crisi del Parlamento, 1na anche, e forse pizì ancora, la crisi degli stessi partiti. 4 ...... Bibiiotecaginobianco

I ( Gli investimenti pubblici : logica o intuizione ? di Augusto Graziani ::• Gli investimenti pubblici acquistano un peso crescente ne]- l'economia nazionale. Ma i criteri con i quali nel settore pubblico le decisioni di investire vengono prese restano vaghi e difficili da interpretare. Nel settore delle partecipazioni statali, si deve ritenere che le singole imp1rese p•rocedano mediante criteri simili a quelli applicati dal settore privato; nel settore dell'amministrazione statale, si sa che i calcoli ,di e,co·nomicità vengo,no eseguiti solo occasionalmente, seguen:do criteri che non vengono resi regolarmente di pubblica ragione e comt1nque non costituiscono una prassi no·rmale e costante. Ancora oggi si de,re riconoscere che nel nostro paese non è stata elaborata una logica dell'investimento pubblico. In un paese come il nostro, nel quale il settore pubblico assorbe una fetta crescente dell'economia nazionale e in molti rami dell'industria ha ormai acquisito posizioni di dominio, questa situazione dovrebbe essere considerata paradossale. Essa viene invece accettata come normale, e solo di rado accade ;di imbattersi in qualche voce isolata di protesta. Le ragioni che inducono l'opinione pubblica, qualificata e non, a considerare normale una situazione che per molti aspetti risulta priva della più elementare razionalità, s0110 le più svariate. In parte, è forse ancora possibile invocare la tradizionale spiegazione di natura storica, secondo cui, nei tempi andati, la spesa statale, essendo in prevalenza concentrata nel campo delle spese correnti, non avrebbe dato luogo ai problemi di valutazione che sorgono in relazione alle spese per investimento. Non si può escludere che tale elemento al;,bia contribuito in parte a nascondere la necessità di elaborare principi di scelta per l'investimento pubblico. Ma non si può nemmeno negare che, in buona parte le ragionj che anco·ra oggi rendono diffidenti i più di fronte all'adozione ·ai criteri di scelta predeterminati, sono di ben altra natura e rifletto,no * Questo scritto riproduce in parte il testo di una conferenza tenuta il 6 dicembre 1968, p,resso la Società Italiana di Economia dei Trasporti, in Roma. 5 Bibiio_tecaginobianco

Augusto Graziani l'intero spettro dell'o,pinione politica, dall'estrema destra all'estrema sinistra. ( t Da un lato, la sinistra economica sostiene che l'investimentrJ pubblico non deve essere gestito me·diante çriteri di e·conomicità, ma deve essere utilizzato come strumento politico per il raggiungimento di obiettivi so-ciali; sarebbe quindi pienamente corretto sottrarre l'investimento pubblico al vaglio del calcolo economico, calcolo che potrebbe distoglierlo dalle sue funzio·ni specifiche. All'estremo opposto, la destra economica parte dal presupposto che l'unico vero banco di prova è il mercato, e che di conseguenza gli sforzl dello Stato :devono essere rivolti ad assicurare il funzionamento corretto del meccanismo di mercato; se questo obiettivo fosse raggiunto, non occorrerebbero, per il settore pubblico, criteri di investimento diversi da quelli propri del settore privato. Non mancano poi le posizio-ni intermedie, di coloro che accettano il principio ma ne discutono le possibilità di applicazione. È ben vero, sostengono costoro, che l'investimento pubblico dovrebbe essere retto da criteri diversi :da quelli seguiti dal normale imprenditore privato; ma è purtroppo· anche vero che la pubblica amministrazione non è sempre ligia ai propri doveri, per cui se coloro che amministrano il pubblico da·naro venissero auto,rizzati a distaccarsi dalla regola del massimo profitto· aziendale, la consegt1enza sarebbe di rende·.ce legittimo Io spre·co di risorse, e per di più di introdurre un elemento di arbitrio nella gestione dei fondi pubblici. La regola dell'efficienza secondo il mercato, per la sua natura di regola obiettiva, resterebb,e l'unico b·aluardo contro l'arbitrio e la tendenziosità della pubblica amministrazione. , Non è nostra intenzione di discutere quest'ultima posizione. Si può solo osservare che, se si parte dal principio che la pubblica amministrazione sia comunque corrotta, è ovviamente superfluo introdurre nuove regole di condotta, perché esse saranno eluse come quelle dapprima vigenti; ma è anche illusorio credere che la regola dell'efficienza di mercato sia la regola migliore, perché agli occhi di un amministratore corrotto, il mercato non è uno spauracchio più temibile di una legge o di un regolamento, specialmente quando esso, nej confronti della grande impresa viene di fatto priva.to della sua sanzione maggiore che è quella della bancarotta. È quindi chiaro cl1e tutta la discussione intorno alle rego1e di utilizzazione dei fo-ndi pubb1ic, deve essere condotta nell'ipotesi che la pubblica amministrazione sia disposta ad a-pplicare tali regole con un minimo di buona fede e di lealtà. 6 Bibliotecaginobianco

I Gli investimenti pubblici: logica o intuizione? La necessità di un criterio di scelta. Un buon punto di partenza per la discussione è rappresentato dalla posizione di coloro che sostengono che, se non fosse per la mancanza di conco,rrenza perfetta, il mercato sarebbe un banco di prova adeguato per saggiare la bontà degli investimenti pubblici. Coloro che sostengono questa posizione, e che di conseguenza propongono, di affidarsi al mercato per la valutazione degli investimenti pubblici, non sostengono certamente la possibilità di adottare alla lettera i criteri di valutazione elaborati dal settore privato; essi considerano però certamente i criteri di scelta del settore private> come .una utile b.ase con,cettuale, ,della quale è possibile avvalersi dopo avere intro·dotte alcune correzioni rese necessarie dal mutamento· di prospettiva che il passaggio dal settore privato al settore pubblico necessariamente comporta. Vale la pena di aggiungere qualche parola per chiarire meglio la natura di questo orientamento. Tanto per citare un esempio, la modificazio,ne maggiore che i sostenitori di questa corrente dottrinale ritengono di dover applicare ai criteri di scelta elaborati dal settore privato, prima di applicarli a scelte concernenti il settore pubblico, riguarda la -definizione dell'obiettivo. Nei criteri di scelta elaborati per gli investimenti privati, l'obiettivo viene comunemente inteso come quello di massimizzare il profitto azie11dale. Secondo i sostenito·ri del « criterio privato corretto », l'obiettivo dell'investin1ento pubblico deve essere ridefinito come quello di massjmizzare il co·ntributo che l'investimento reca alla formazione del reddito nazionale, do.po di ché la valutazione economica d·ell'investimentò può procedere lungo le stesse linee seguite dall'impresa privata. Questa mo,dificazione di obiettivo, dal massimo reddito azien,dale al massimo reddito n,azion-ale, viene talvolta espressa in forma lieve·men,te -diversa, ma ·del tutto equivalente nella sostanza, allorché si di,ce che an,che il settore pubblico, così come il settore privato, deve fare in mo,do di massimizzare il rendim.ento dei p·ropri investimenti, ma ,che, nell'analisi economica -degli investimenti pubb,lici, costi e ricavi devo·no essere mi1sur-ati non dal punto di vista dell'ente ,che gestisce l'investimento, ma ,d,alpunto di vista ,del1 l'in.tera collettività. L'impos,tazio·ne del « criterio privato corretto » è stata largame,nte adottata ,dalla pubblica amministrazione degli Stati Uniti, p•aese nel quale fi·n dal 1930 è stata intro·dotta la prassi della scelta degli investimenti p-ubblici basata su una valutazio,ne eco- • nom1ca. Non si- deve credere che il « criterio privato corretto » rappre7 Bibiiotecag inobianco

Augusto Graziani - /1) senti una via facile per la valutazione degli inv·estimenti pubblici. Infatti, co,me avremo modo ·di vedere in seguito, anche la semplice riformulazione di obiettivo che è alla base di tale criterio rende necessarie non poche correzioni ai criteri :di scelta dell'impresa privata e presenta ostacoli di applicazio,ne di non trascurabile entita. Tuttavia, rinviando a:d un momento successivo i dettagli, dobbiamo dare fin da ora una valutazione sintetica di questo criterio. Due argomenti principali sono sufficienti per mostrare come il criterio privato corretto rappresenti una regola di condotta insoddisfacente. Il primo riguarda la natura degli investimenti pubblici. La dottrina tradizionale, che il « criterio del mercato· corretto » cerca di ringiovanire e· :di rendere applicabile all'investimento pubblico, era basata sulla dup.lice ipotesi che l'investimento venisse effettuato nell'ambito di un'economia stazionaria e che l'investimento stesso nov modificasse in misura sensibile l'equilibrio raggiunto spontanea1nente dal mercato. L'ipotesi di econo,mia stazionaria si trovava a volte accoppiata all'ipotesi di concorrenza perfetta; e, in tal caso, si sup·poneva che l'imprenditore si trovasse ad agire in mercati nei quali il livello dei prezzi era dato e immutabile. Altre volte, l'ipotesi di economia stazionaria veniva accoppiata all'ipotesi di monopolio; e allora si supponeva che l'imprenditore si trovasse dinanzi ad un'intera curva di domanda, nel cui ambito egli poteva scegliere il punto più conveniente, con l'intesa però che la posizione della curva di domanda, l'ammontare di risorse disponibili, e il sisten1a dei prezzi nel suo insieme venivano considerati come elementi immutabili. , In virtù della seconda ipotesi, la teoria tradizionale supponeva che l'imprenditore effettuasse solo inv·estimenti n1arginali, investimenti cioè che rappresentavano piccole aggiunte alla dotazione di capitale preesistente, e che non modificavano sensibilmente la struttura economica ereditata dal passato. Questo naturalmente non significa che l'ipotes·i corrisponda alla storia, e che gli imprenditori del passato intraprendessero effettivamente soltanto investime11ti margi11ali; una proposizione simile, oltre che rappresentare una palese ingenuità, sarebbe facilmente contraddetta citando i molti investimenti vistosi nel ·C•an1podelle opere pubbli,che, del c.apitale fisso sociale, delle ferrovie, dell'apertura di canali, citando cioè tutti gli investimenti di natura strutturale e no,n marginale che nel passato vennero intrapresi con capitali e per iniziativa del s,e,ttore privato. Ma è certamente una cir,costanza rilevante che la· teoria dell'in8 Bibliotecaginobianco

I Gli investin1enti pubblici: logica o intuizio11e? vestimento· sia stata m1 odellata sul caso ,dell'investimento marginale. Quando viceversa ci si volge ad esaminare i casi rilevanti di inve·stimento pu·bblico, ci si accorge facilmente che il caso dell'investimento marginale passa in seconda linea. I casi rilevanti di investimento pubblico, al giorno d'oggi, non sono quelli del piccolo investime·nto destinato a lasciare i11tatta la struttura economica della regione nella quale viene eseguito. I fo11di pubblici destinati all'investimento al giorno d'oggi vengono utilizzati proprio là dove la struttura eco1 nomica risulta, per qualche aspetto, non soddisfacente. La funzione tipica e preminente dell'investimento pubblico è d11nque quella di alterare la struttura dell'economia, ·e l'investimento tipico del settore pubblico deve essere consjderato q11ello strutturale, non quello marginale. È chiaro quindi che la lo·gica delle scelte basata sul controllo del mercato e modellata sui problemi dell'investimento privato non può trovare applicazione nel campo dell'investimento pubblico se non in misura molto limitata. Il secondo punto, di rilevanza anche maggiore, riguarda la definizione degli obiettivi. Nell'opinione di coloro che vorrebbero applicare all'investimento pubblico i criterii di efficienza del mercato, l'obiettivo dell'investimento pubblico è quello di accrescere il reddito nazionale. Questo obiettivo, chiaramente derivato dall'obiettivo priivatistico di massimizzare il profitto aziendale, risulta tuttavia inadeguato a rappresentare i fini dell'azione pubblica. È ormai largamente riconosciuto che l'azione pubbljca n 1 campo dell'economi,a non può essere concepita come finalizzata ad uno scopo singolo. Caratteristica dell'azione pubbljca è quella di rispon 1dere ad una moltepl,icità di fini, di natura economjca e sociale. L'azion~ dello stato tende sì ad accrescere il livello del reddito nazionale, ma ten·de anche ad eliminare la disoccupazione, a stabilizzare la congiuntura, a ridurre le diseguaglianze nella distribuzione dei redditi, a comprimere i consumi ritenuti superflui, a stimolare quelli considerati giovevoli, a migliorare l'istruzione, a diffondere la cultura, e via dicendo. Tutto questo insieme di 1obiettivi conferisce all'investimento pubblico un carattere di multidimensionalità e fa si che gli obiettivi dell'azione pubblica non possano essere sintetizzati in un o,biettivo unico, ma debbano essere rappresentati come un coacervo di scopi dive·rsi. Se gli obiettivi fossero tra loro compatibili, la molteplicità ,degli obiettivi non sarebbe fonte di alcuna difficoltà. Ad esempio, l'obiettivo di accrescere il reddito nazion.ale e quello di migl1iorare l'istruzione pubblica rappresentano un caso di obiettivi concomitanti, in quanto perseguendo il secondo e formando 9 Bibi io~ecag inobianco

Augusto Graziani una classe lavoratrice meglio preparata, si persegue implicitamente anche il primo. Il problema sorge invece allorché gli o-biettivi sono contrastanti, e, nella misura in cui si persegue il primo, si sacrifica necessariamente il se·condo. Il problema del Mezzogiorno rappresenta un caso tipico a questo pro.posito e costituisce un ottimo esempio di un possibile conflitto fra obiettivi. Da molti anni a questa p,arte, tutti i governi che si sono suoceduti nel nostro· paese hanno incluso nei pro,pri pro.grammi, fra gli altri, due obiettivi espliciti: assicurare lo sviluppo del reddito nazionale e, al tempo stesso, ridurre il distacco fra Nord e Mezzogiorno. Molto si è discusso a pro·posito di questi due obiettivi, per stabilire se si trattasse di fini concomitanti o contrastanti. Ma ciò che conta di notare è ,che, al di là di o·gni contrasto di opinioni, i sostenitori delle ,due tesi avverse avevano un'idea in cornune: che la politica di sviluppo del Mezzogiorno meritava di essere perseguita solo se si fosse previsto •che lo sviluppo del reddito nel Mezzogiorno no·n avrebbe danneggiato· lo sviluppo· del reddito nazionale; e che, se, viceversa, si fosse accertato, che lo sviluppo del red·dito nel Mezzogiorno avrebbe rischiato di andare a detrimento dello sviluppo del reddito nelle altre regioni, la politica meridionalistica avrebbe perduto buona parte della sua giustificazio,ne. Con ciò rimaneva implicitame·nte sottinteso che l'obiettivo dell'.azione pubblica era uno solo, quello ,dello sviluppo del re,ddito nazionale totale, e cl1e il perseguimento di ogni altro fine, come quello de1la riduzione delle 1di,sparità regio·nali, do·veva intendersi subordinato al fine p,rincipale dello sviluppo globale del paese. Questa impostazione unilaterale, se poteva apparire ragionevole agli occhi di alcuni, rappresentava in realtà la trasposizione inconscia, sul piano dell'azione pubblica, dell'obiettivo privatistico del massimo profitto•. Ciò che si può dire a suo favore, è che essa aveva il merito di un certo realismo, in quanto solo su un'impostazione simile era possibile coalizzare una maggioranza politica. Ma certamente non aveva il pregio del rigore lo,gico. Supponiamo infatti, sia pure a titolo di ipotesi, che sviluppo del Mezzogiorno e sviluppo del reddito nazionale debbano essere intesi come fini contrastanti. Suppo,niamo, tanto per fare un esempio, che, concentrando l'intero investimento pubblico nel Nord, il reddito nazionale possa crescere al 6% all',anno, mentre concentrando l'intero investimento pubblico nel Mezzogiorno, il tasso di accrescimento cada al 3% all'anno, e ripartendo, l'investimento fra Nord e Sud, si possano realizzare tassi di sviluppo intermedi. Ci troveremmo qui di fronte ad un caso 10 Bibiiotecaginobianco

.. I Gli investùnenti pubblici: logica o intuizione? di obiettivi chiaramente in conflitto. L'applicazione del criterjo dell'efficienza di mercato porterebbe, come si è detto·, a concentrare l'intero investimento al Nord; soluzione questa, che risulterebbe però corretta solo se lo sviluppo del reddito nazionale fosse l'unico obiettivo dell'azione pubblica. Supponiamo invece di trovarci nella situazion,e in cui, come accade nel nostro paese, il governo intende perseguire due o,biettivi diversi, quello dello sviluppo nazionale e quello dello• sviluppo regionale. Come procedere in questa situazione? Di fronte a,d una molteplicità di obiettivi, la collettività si trova in una situazione simile a quella del singolo consumatore che intende spendere il pro,prio reddito per la soddisfazione di una molteplicità di bisogni. La soluzion·e di questo .problema, che rappresenta uno dei teo,remi cardinali della teoria economica, è possibile solo conoscen-do due elementi base: in che mist1ra le risorse disponibili co-nsentono di soddisfare ciascuno d-ei bisogni, e in cl1e misura la soddisfazione di ogni bisogno contribuisce al benessere del consumatore. La stessa regola vale per la collettività. La solt1zione corretta del problema dell'ottima utilizzazio-ne cl-elle risorse p·er la sod:disfazione di un insieme composito di obiettivi sociali, può essere indicata solo conoscendo in che misura le risorse produttive disponibili consentano di soddisfare l'obiettivo di svilup1-10 nazionale e l'obiettivo di svilup-po regionale, e conosce11do in che misura la soddisfazione dei du·e obiettivi contribuisce al benessere nazionale. Il primo è un elemento di natura tecnologica, e spetta agli eco,nomiisti di acoertarlo. Nel no,stro es-empio, abbiamo immaginato che lo spostamento degli investimenti pubblici dal Nord al Sud possa quasi ra,ddoppiare o -dimezzare il tasso ,di accrescimento del reddito nazio1 nale·; in casi ,con·creti, cifre del genere -dovrebbero essere accertate co1 n un ,dettaglio ed una precisione assai maggiori. Problema più delicato è quello di accertare il secondo punto, e cioè in che misura si possa considerare che la realizzazione di ciascun obiettivo contribuisca al benessere della collettività. È chiaro che solo la conoscenza di quest'elemento può consentire una soluzione efficiente .dal punto di vista economico. Ma è anche chiaro che qui siamo al -di fuo.ri degli accertamenti tecnici, e ci muoviamo nel campo delle scelte di natura sociale e politica. Non è questo il caso di adde·ntrarsi nella folta discussione intorno alla natura del benessere collettivo -e into.mo ai modi di analizzarlo. Possiamo però citare, a titolo di esempio, alcuni procedimenti che possono di fatto trovare applicazione in casi simili a quello che abbiamo ipotizzato. Una prima soluzione, di natura piuttosto sbrigativa, può 11 Bi bi iotecag inobianco

- v .. Augusto Graziani -. essere quella di fissare arbitrariamente un livello minimo di soddisfacimento di un obiettivo, lasciando poi che le risorse rimanenti siano destinate a soddisfare l'altro nella misura maggiore possibile. Una seconda soluzione, anch'essa di natura più amministrativa che strettamente economica, •consiste nel ripartire rigidamente le risorse fra i due obiettivi, riservando·si di realizzare separatamente il più alto livello di ciascuno di essi, compatibile con le risorse assegnate. Una soluzione -di questo genere è quella adottata nel nostro paese rispetto alla ripartizione degli investimenti pubblici fra Nord e Sud; una disposizione legislativa stabilisce infatti che il 40% degli investimenti del settore pubblico debba essere lo·calizzato nel Mezzo·giorno,. So1uzioni di questo genere suscitano non poche perplessità. Sotto il profilo dell'efficienza, non si vede come una cifra stabilita in via amministrativa, in base ad una ricognizio,ne sommaria della situazione e dei bisogni ,delle due regioni, possa assicurare una buona utilizzazione delle risorse disponibili. Sotto il profilo dell'informazione dell'opinione pubblica, cifre di questo· genere, anche se formalmente rese di pubblica ragione, non forniscono alcuna info·rmazione ·concreta al cittadino interessato, in quanto non palesano l'unico elemento che sarebb·e importante conoscere, e cioè quale sacrificio un provvedimento simile compo-rta in termini di redd·ito nazio,nale, e quale beneficio esso reca alle regio,ni meridio,nali in termini ,di a11mento del reddito locale. Esiste infine un terzo procedimento possibile che sup·era in parte gli inconvenienti dei primi due, anche se esso risulta di applicazione non facile, e per questa ragione n?n viene di frequente raccomandato. Il procedimento consiste nel distribuire le risorse disponibili fra le due regioni in base ad un generico criterio di efficienza, e cio,è in modo ,da massimizzare il reddito nazionale, con l'intesa però ·che, nell'eseguire i calcoli di convenienza, i redditi prodotti nelle due regioni non devono ricevere la medesin1a valutazion·e, ma valutazioni differenti, commisurate al peso che la collettività annette .allo ·sviluppo, del reddito in ciascuna delle regioni. Torniamo al nostro esempio ,del duplice obiettivo dello sviluppo nazionale e dello sviluppo del Mezzogiorno. Se gli investi1nenti pub·blici vengono amministrati secondo un criterio di efficienza basato sulle segnalazioni del mercato, il reddito che scaturisce dall'investimento riceverà esattamente la stessa valutazio 1 ne, sia che esso venga prodotto al Nord, sia che esso venga prodotto al Sud: per il mercato, infatti, una lira di re:ddito vale sempre una lira, che essa venga prodotta a Milano o che venga p1 rodotta a T·aranto. 12 - Bibiiotecaginobianco

I Gli investimenti pubblici: logica o intuizione? Se il pro•dotto dell'investimento riceve una valutazion·e unica, l'investimento risulterà più conveniente là dove la produttività è maggiore, il che, nel nostro esempio, avviene nelle regioni del Nord. Ma supponiamo ora che le autorità pubbliche stabiliscano che, ai fini della valutazione degli investimenti pubblici, una lira prodotta nel Mezzogiorno valga quanto una lira e venti centesimi prodotti nel Nord. Applicando questa valutazione, anche un semplice criterio di efficienza che, ricalcando il criterio privatistico, miri alla massimizzazione del reddito nazionale, non condurrà a concentrare gli investim·enti interamente al Nord, ma farà sì che gli investimenti pubblici vengano ubicati anche nel Sud, nella misura in cui il rendimento minore viene compensato dal maggior valore che viene attribuito al prodotto realizzato in quelle regioni. Si dirà che anch.e questo sistema contiene un elemento di arbitrio, in quanto la valutazione ,da attribuire ai redditi dell'una o dell'altra regione non può essere fissata che attraverso un procedimento amministrativo. Questo è perfettamente vero,; ma di fronte al sistema delle assegnazioni rigide, il metodo delle valutazioni comparative presenta il grande vantaggio della chiarezza. Se, tanto per restare nel nostro esempio, le autorità governative attribuiscono ad ogni lira prodotta nel Mezzogiorno, un valore che supera del 20% il valore di ogni lira prodotta nel Nord, e perseguono rigorosamente il criterio di massimizzare il reddito· degli investimenti pubblici rispettando queste valutazioni, il cittadino saprà che, nella posizione di equilibrio, la produttività delle risorse investite nel Nord supera del 20% la produttività realizzata nel Mezzogiorno, per cui sarebbe possibile, al margine, ottene·re un aumento di rendimento del 20% su ogni lira che venisse disinvestita nel Sud e reinvestita nel Nord. In tal modo, il cittadino viene a sapere con chiarezza quali sacrifici la collettività richiede da lui per realizzare l'obiettivo del livellamento regionale, e può stabil,ire se il prezz() pagato gli sembra accettabile o eccessivo. Vantaggi analoghi si hanno sotto il profilo dell'efficienza, in quanto, se il criterio viene perseguito •con coerenza, la ripartizione delle risorse fra le due regioni viene eseguita non alla cieca, ma commisuratamente al sacrificio che la collettività ha stabilito di affrontare per il perseguimen,to dei singoli obiettivi. Infatti, il riconoscere l'esistenza di ~n obiettivo di sviluppo regionale, accanto all'obiettivo di sviluppo nazionale, non significa che le risorse disponibili debbano essere dedicate per intero, o in misura arbitraria, al soddisfacimento di questo obiettivo, così come i sostenitori del· criterio politico sembrano 13 Bibiio~ecaginobianco •

) Augusto Graziani inclini a ritenere. Le risorse ,debbono essere ripartite fra i due obiettivi in misura proporzionale al peso che la collettività attribuisce a ciascuno di essi. L'elaborazione di un criterio di scelta. Da q11anto si è detto, emerge con chiarezza che la formulazione di un criterio di scelta per gli investimenti pubblici rappresenta un'esigenza indispensabile per la buona amministrazion•e delle risorse. Dobbiamo quin,di chied·erci lungo quali linee tale criterio poiSsa essere elaborato. È chiaro che, allorché si discute l'elaborazione di un criterio di scelta. ,da suggerire alla Pubblica Amministrazione, occorre che tale criterio contemperi i requisiti della correttezza teorica e della applicabilità p·ratica, o quanto meno rappresenti un compromesso accettabile fra i due. Sotto il profilo teorico, abbiamo già indicato gli elen1,enti •Ch·esarebbe necessario conoscere per attuare una scelta corretta; in sintesi, la Pubblica Amministrazione dovre·bbe avere una valutazione preci.sa ,degli obiettivi e una nozio,ne altrettanto precisa delle possibilità •di utilizzazione delle riso·rse e·co1 no·miche disp,onibili (un econo,mista avvezzo al linguaggio tecnico direbbe che gli elementi necessari per una scelta corretta sono la funzione del b,enessere della co1le·ttività e la funzione ,di trasformazio•ne che col- ]ega gli obiettivi prescelti). Almeno due ordini di motivi impediscono alla Pubblica Amministrazione di a•cquisire questi elementi. Il primo ostacolo è la ·co.mplessità; per realiz~are i requisiti richiesti, sarebbe n,ecessario disporre di una valutazione accurata di ogni possibile obiettivo, nonché di una cono,scenza dettagliata delle funzioni di pro1duzio•ne setto,re per settore, regione per regione, industria per industria. Il secondo ostacolo è di natura organizzativa: l'int·era massa di conoscenz-e dovrebbe essere coordinata da un unico centro di decisione, che do.vrebbe effettuare le scelte relative agli inv,estimenti, in.dican1do per o·gni settore gli investimenti da eseguire, le tecniche da utilizzare, i fattori produttivi da impie·gare. Si tratta ovviamente di due ostacoli troppo grossi: da un lato, la Pubblica· Amministrazione non potrebbe acquisire una congerie di dati così estesa da co1 prire l'intera e•conomia nazionale, dall'altro un certo grado di decentramento delle decisioni è in pratica assolutamente inclispensabile. Occorre allora indicare un criterio di scelta degli investimenti che consenta anche ad organi periferici dello Stato di procedere 14 ..... Bibiiotecaginobianco

I Gli investimeriti pubblici: logica o intuizione? a scelte corrette, pur dispon·endo di un insieme di informazioni circoscritto. Quest'obiettivo viene raggiunto su·ddividendo il pro-- cesso di ·scelta in tre fasi distinte. Nella prima fase, si procede alla ripartizione del reddito fra consumi e risparmi, e si determina quindi l'ammontare complessivo degli investimenti. Nella seconda fase, si procede alla ripartizione dell'investimento globale p·er singoli setto•ri e per regioni. I criteri suggeriti per tale ripartizione sono assai svariati, e non possiamo qui soffermarci a discuterli; •ci limiteremo a notare che si tratta di uno dei cam,pi della politica economica dove la dottrina è ancora particolarmente inoerta e variamente orientata. Dobbiamo viceversa soffermarci a discutere i problemi che sorgono nella terza fase, allorché si discute l'utilizzazione delle risorse disponibili per l'investimento all'interno di ogni singolo settore. Qui si tratta si scegliere concretamente, per ogni singolo setto.re •produttivo, i singoli progetti che verranno effettivamente attuati. Prima di iniziare tale discussione, dobbiamo p·erò ricordare ancora t1na volta ch•e i criteri che prenderemo in esam.e sono destinati ad indirizzare le scelte all'interno di ogni settore; essi suppongono quindi che la ripartizione dell'investimento fra un settore e l'altro sia stata già effettuata. A) La 1Jalutazione dei rendimenti. I rendimenti di un investimento pubblico che .devono essere presi in considerazione sono quelli che affluiscono all'intera collettività; de1 pari i costi rilevanti sono quelli sopportati dall'intera collettività. Costi e rendimenti che rica1da110o vadano a favore dell'ente che gestisce l'investimento hanno rilevanza sotto il profilo azien,dal,e o finanziario, ma non devono essere determinanti nella scelta, dal momento che l'investimento viene eseguito mediante risorse pubbliche e la scelta deve essere presa in base alle sole conseguenze che l'investimento produce per l'intera collettività. Per sottolineare questo punto, i rendim•enti dell'investimento pubblico vengono talvolta denominati benefici, e cioè vantaggi che maturano a favore dell'intera ·collettività, in contrapposizione al termine aziendale di ricavi, o profitti. Consideriamo il caso di un investimento pubblico tipico, come potrebbe essere quello dell'apertura di un'autostrada o di un canale navigabile. Supponiamo di trovarci nel caso più semplice fra quelli possibili, e cioè nel caso in cui la _strada, una volta terminata, venga resa. accessibile mediante pagamento di un pedaggio. È evi15 Bibiiotecag inobianco

-- t) Augusto Graziani dente a questo punto che la quantità di servizi domandati, e cioè il numero di chilometri/anno •che il pubblico chiederà di percorrere dipenderà dall'altezza del pedaggio. La gestione di un'autostrada avvien·e ovviamente in •regime di monopolio- p·arziale, ,dal momento che le alternative aperte all'utente (viabilità ordinaria, ferrovia, trasporto a•ereo) sono alternative aventi caratteristiche tecniche differenti. L'ammontare dei servizi domandati sarà presumibilmente funzione inversa del pedaggio fissato. Supponiamo a questo punto di valutare i benefici derivanti dalla presenza dell'autostrada in base al numero di chilometri perco•rsi dagli automobilisti, valutando ogni chilometro percorso ad un prezzo pari al pedaggio pagato. Questa proce·dura risulta perfettamente soddisfacente dal punto di vista dell'imprenditore privato, rispetto al quale gli t1nici ricavi sono costituiti dagli incassi derivanti dal pagamento dei pedaggi. Rispetto all'intera collettività viceversa, come si è più volte fatto osservare, la stessa procedura risulta insoddisfacente. Infatti, è facile osservare che il prezzo pagato dagli utenti misura non il beneficio ricavato da ciascun utente, bensì il solo ben.eficio ricavato dall'utente· marginale, .da quell'utente ·cioè che è dis•posto a p,agare esattamente quel prezzo e non una lira di più. Rispetto a costui, si può dire che il vantaggio tratto dal percorrere l'autostrada sia correttamente misurato, ·dal co·sto subito. Infatti, pro·prio perché egli non è disposto, a pagare nemmeno una lira di più, si può dire correttamente che il beneficio che egli trae .dal percorrere l'autostrada sia eguale al prezzo che egli paga (se infatti il ben·eficio fosse superiore, egli sarebbe disposto a pagare anche pedaggi più elevati; se fosse inferiore, non sarebbe disposto a pagare nemmeno, il p·edaggio corrente). Ma ris,petto. a tutti ghl uten,ti intramargin,ali, la misurazione risulta errata per difetto. Gli utenti intramarginali, per definizio,ne, sono coloro che sarebbero disposti a p.ercorrere l'autostrada anche pagando pedaggi più elevati; essi sono, in altri termini, coloro che farebbero uso della strada anche se l'ente che la gestisce decidesse di aum,entare il livello dei pedaggi. Tutti costoro pagano un prezzo inferiore a quello ·che sareb·bero di·sposti a pagare e godono quindi di UWl rendita del consumatore. Il beneficio costituito dalla rendita del consumato·re non presenta alcun interesse per l'imprenditore privato, dal mom·ento che esso non dà luogo ad alcun incasso monetario. Ma, agli occhi dell'imp,renditore pubblico, che deve tenere conto di tutti i ben·efici, a chiunque essi vadano, la rendita del consumatore è rilevante nella stessa misura in cui è rilevante il pedaggio ri,scosso; ambedue infatti sono benefici dell'investimento, 16 - Bibliotecaginobianco

I Gli investin1enti pubblici: logica o intuizione? e l'unico ele·mento che li distingue è che il pedaggio va a favore di chi gestisce la strada, mentre la rendita del consumatore va direttamente a vantaggio degli utenti. Una volta accettato questo principio sorgono ovviamente gravi problemi di valutazion 1e. Se si vuole includere I.a rendita d·el consL1n1atore fra i benefici dell'investimento, occorre disporre di un metodo che consenta di valutarne l'entità. Riferendosi alla rappresentazione grafic·a della rendita del consumatore che compare usualmentP· nei libri di testo, per misurare la rendita occorre misurare l'area che giace sotto la curva di domanda, e percl1é questa misurazione sia possibile, occorre conoscere la c11rva della domanda i11 tutti i. suoi punti. Nella generalità dei casi, la curva della domanda è sconosciuta nella sua interezza, e se ne possono conoscere tutt'al più aicuni punti corrispondenti alle combinazioni di prezzo e qua11tità effettivamente o,sservate sul mercato. Occorre quindi procedere per app,rossimazione, basandosi solo sui punti noti della curva di domanda e supponendo di poter ricostruire !'·andamento della curva fra l'uno e l'altro dei punti osservati in base a qualche criterio di interpolazione. Se, ad esempio, si conoscono due diverse combinazioni di prezzo e quantità domandata, e si ha ragione di riten·ere che tali combinazioni app·artengano alla medesima curva della domanda, e si suppone, a titolo di semplificazione, che la domanda abbia ar.1dam-ento rettilineo fra un punto e l'altro, l'area inclusa sotto la curva della domanda assum·e fo-rma triangolare, e può essere calcolata moltiplicando la variazione di prezzo per la variazione di quantità domandata e divide11do il risultato per due. 111 questo caso particolarmente semplice, la pratica spesso raccomandata di valutare i benefici dell'investimento pubblico ad un prezzc) pari alla media aritmetica fra il prezzo pagato dagli utenti prima che l'opera pubblica venisse eseguita e il p-rezzo minore reso possibile dall'esecuzione dell'opera stessa, risulterebbe perfettamente corretta. In casi meno semplici, in cui la don1anda non abbia and.amento rettilineo, o nei quali si abbia ragione di sospettare che le coppie osservate di prezzi e quantità non appartengano alla medesim·a curva della domanda, la regola vale ovviamente solo come approssimazione semplificativa. Fin qui ci portano• le correzioni alla teoria tradizionale suggeri te dalle formulazioni correnti della dottrina degli investin1e11tj pubblici. Si tratta però di correzioni che possono anche essere considerate non del tutto so,ddisfacen~i, e che pur discostandosi larg.amente. dalla dottrina tradizionale, •risentono ancora della im17 Bibiiotecag inobianco

, Augusto Grqziani postazione della teoria dei prezzi basata sul meccanismo d.el mercato. Quando infatti si stabilisce •che i benefici di un'opera pubblica vanno, valutati secondo quanto ogni utente sarebbe disposto a p-ag·are per essere ammesso a goderne, introduc~ndo ·gli acco,rgimenti necessari a far sì che nella valutazione si tenga conto di tutti j b.ene,fici, a chiunque essi vadano, si lascia sempre agli utenti stessi, e cioè a privati cittadini, il compito di esprimere una valutazione. Con questo• sistema, la pubblica amministrazione compie quindi una delega, e affida al settore privato il compito di valutare, attra verso manifestazioni individuali di preferenza, l'efficienza .dei p·ropri inteirventi nel settore della produzione. Questo mo•do di procedere· può anche essere co11siderato coerente, se si ritien-e che le valutazioni dei privati cittadini coincidano co.n lt: valutazioni della collettività, come vengono interpretate dalla classe politica -che è respon·sabile 1della gestione dei fondi pubblici. Ma se si ritiene viceversa che le valutazioni dei singoli consumatori non corrispondano alle preferenze della collettività e alle valutazioni della classe responsabile, il sistema di valutazione per delega non risulta più un sistema di scelta co·erente. Un esempio servirà a chiarir~ meglio questo punto. Restiamo, per semplicità, nel caso ipotizzato in precedenza della costruzione di un'autostrada. I fondi disponibili per !'·apertura di una nuova arteria potrebbero esse·re spesi divers,am,ente, ·an·ch1 e restan,do nel ca·mpo d1el]a viabilità; essi potrebbero, ad esempio, essere utilizzati per eliminare passaggi a livello o curve pericolose sulla viabilità ordinaria. Le due possibili utilizzazioni producono chiaramente benefici collettivi di natura I diversa. Se i fondi vengono utilizzati per costruire l'autostrada, il beneficio prevalente co•n·siste nella maggiore velocità dei servizi, mentre se si opta per i miglio·ramenti eseguiti sulla viabilità ordinaria, il bene·ficio consiste soprattutto nella m·aggio1re sicurezza del traffico. Se, di fro·n:te a questa scelta, venissero interpellati gli ute,nti, non sarebbe fonte di meraviglia il constatare che essi sono .disposti a finanziarie, attravèrso i pedaggi pagati, la costruzione dell'autostrada, ma non sono altrettanto disposti a pagare pedaggi per incrociare senza pericolo le linee ferroviarie e per vedere eliminati i rischi delle virate brusche lungo il percorso. Una rispo,sta simile non farebbe che ·confermare la natura spericolata dell'automobilista, senza fornire necessariamente un principio ragionevole di politica degli inv·estimenti. Può darsi quindi che le autorità responsabili preferiscano interpretare ,diversamente i biso,gni della collettività, e attribuire un valore sociale maggiore alla· sicurezza ed 18 Bibiiotecag inobianco

Gli investinzenti pubblici: logica o intuizione? un valore minore alla velocità, ritenendo preferibile tutelare le vite umane, anche se questo può costare qualcosa in termini di produzione m·ateriale. Nella valutazione .dei rendimenti non basta quindi corregge-re le valutazioni del mercato in modo da tenere conto anche dei vantaggi goduti dagli utenti intramarginali; occorre porsi un problema prioritario, e stabilire in che misura la valutazione ,dei benefici debba essere lasciata alle manifestazioni di preferenza dei singoli individui, e in che misura essa debba viceversa essere affidata al giudizio della classe politica. B) Il momento di esecuzione degli investin1enti. Il problema del tempo ottimo di esecuzione degli investimenti è stato discusso prev·alentemente in relazione agli effetti dell'investimento nel periodo breve. Nel periodo breve, come si è detto all'inizio, l'effetto più rilevante è costituito dalle conseguenze che essi esercitano sul livello della domanda globale. Sotto questo profilo, è essenziale -che gli investimenti pubblici vengano inte·nsificati nei momenti di depressione e rallentati nelle fasi :di esp·ansione; in caso contrario, invece di fare da stabilizzatori della congiuntura, gli inv·estim.enti agirebbero nel senso di accentuare le fluttuazioni. Sotto questo profilo, i p·roblemi connessi al.la co,llocazione degli investimenti nel tempo sono stati ampiamente dibattuti. Lo stesso problema è stato invece trascurato, almeno fino 1 agli ultimissimi ann'1, da tutti coloro che hanno a·nalizzato gli effetti di lungo periodo cl-egli investimenti, •come creatori non di domanda globale, ma di nuova capacità produttiva. Il pro,blem,a dell'esatta collocazione nel temp•o è vice-versa assai rilevante anche sotto il profilo del periodo lungo. Per rendersene conto, è sufficiente considerare che ogni investimento vie·ne valutato in base al valore presente del flusso di benefici e di costi sociali cui esso dà luogo, e che tale valore v·aria a seco,nda .del momento del tempo in cui l'investimento viene realizzato. Torniamo per un momento all'esempio dell'a.pertura dell'autostrada. Se la nuova arteria viene aperta in una regione in fase di sviluppo, nella quale si prev·ede che il reddito cresca nel corso del tempo, è chiaro che il va,lo.re presente dell'autostrada può risultare maggiore se la costruzione viene rinviata: infatti, ·anticipan.d·o l'esecuzione dell'investimento, il valo-re prese·nte risulta minore perché vengono inclusi alcur1i anni di ese-rcizio nei quali il traffico è ridotto, mentre ritar- ' dando la costruzio.ne, il valore presente può rist1ltare più elevato, 19 Bibiiotecag_ni obianco

... Augusto Graziani proprio perché l'autostrada entra in esercizio con un livello di traffico che è più e'1evato fin dagli anni iniziali. Si può dedurre che, in tutti i casi in cui il livello dei rendimenti e dei costi varia n,el corso del tempo, è possibile che il valore· presente vari al variare dell'anno di costruzione e che l'anno ottimo di costruzione non sia l'anno presente, ma un anno più o meno differito nel futuro. Il problema dellia scelta viene quindi a scindersi in dL1e. Non solo occorre sceglie·re l'investimento (o il gruppo di investimenti) cl1-e contribuisce di più a realizzare gli o.biettivi della collettività, rr1a occorre anche per ogni singolo investimento, stabilire quale sia l'ottima collocazione nel tempo. L~ soluzione di questo duplice problema presenta difficoltà sia di logica pura che di attuazione pratica. Supponiamo, in prima approssimazione, che gli investimenti fra i quali .deve cadere la scelta, siano indipendenti, nel senso che l'esecuzion-e di uno di essi nor1 influisca, né positivamente né negativamente, sui costi e sui rendimenti degili altri. In questo caso ipotetico, ogni investim-ento può essere considerato come una entità a sé stante. Per ogni investimento si può allora calcolare l'anno ottimo di esecuzione e, dopo avere determinato l'esatta collocazione nel tempo di ogni po•ssibile investimento, si può procedere alla scelta, limitando l'esame ai ~oli progetti che si possono considerare « ma turi », nel senso che hanno raggiunto l'epoca ottima di esecuzione nell'anno corrente. Tutti gli altri, qu-elli cioe per i quali l'esecuzione rist1lta meglio collocat·a nel tempo se eseguiti in un momento successivo, possono essere rinviati a considerazione futura. Purtroppo, ne1la normalità dei casi, la soluzione non è così semplice, perché l'ipotesi di indipendenza dei singoli progetti non pLlÒessere considerata accettabile. In genere gli investimenti risultano sempre interdipendenti. Si pensi al caso dell'inv·estimento nell'at1tostrada accoppiato ad un investimento industriale: è chiaro che i due investimenti si alimentano a vicenda, in quanto il fatto di poter disporre di trasporti più rapidi favorisce lo sviluppo dell'industria, 1n·entre a sua volta, lo sviluppo industriale alimenta il traffico stradale. In questo caso, che è ovviamente il più comune, non è possibile considerare gli investimenti isolatamente e fissare l'anno di esecuzione ottimo in relazione a ciascuno di essi preso isol~tamente. Se gli investimenti sono complementari, è necessario considerarli simultaneamente e individuare l'insieme ottimo di investimenti, così come un consumatore determina l'insieme ottimo di prodotti consumati. · 20 ..... Bibiiotecaginobianco

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