Nord e Sud - anno XVI - n. 109 - gennaio 1969

I Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Rosellina Balbi, Essere socialisti è difficile -- Felice Ippolito, La crisi dell' Euratom - Giovanni Coda Nunziante, Consorzi e Federconsorzi - Gian Giacomo dell'Angelo, Enti di sviluppo, an1io zero - Massimo Galluppi, La sinistra non comunista in Francia e scritti di Adriana Bich, Francesca Borin, Marisa Càssola, Girolamo Cotroneo, Sebastiano Di Giacomo, Francesco Farina, Antonio Jannazzo, Ugo Leone, Antonio Pellicani. ANNO XVI - NUOVA SERIE - GENNAIO 1969 - N. 109 (170) I ED I z I o·N I s e I E N T I F I e H E I TAL I AN E - N A po L I Bibliotecaginobianco

LIBRERIE PRESSO LE QUALI È IN VENDITA LA. RIVISTA TORINO Libreria PARAVIA Via Garibaldi, 23 MILANO Libreria FELTRINELLI Via Manzoni, 12 Libreria FIORATI Francesco Piazzale Baracca, 1O Libreria S. BABILA Corso Manforte, 2 VENEZIA Libreria CLUVA S. Croce 197 VERONA Libreria SCIPIONE MAFFEI Galleria Pellicciai, 12 TRIESTE Libreria PAROVEL EUGENIO Piazza Borsa, 15 BOLOGNA Libreria FELTRINELLI Piazza Ravegnana, 1 Libreria NOVISSIMA Via Castiglione, 1 Libreria PAROLINI Via Ugo Bassi, 14 FERRARA Libreria TADDEI Corso Giovecca, 1 MODENA Libreria RINASCITA Piazza Matteotti 20/1 FIRENZE Libreria degli ALFANI Via degli Alfani, 84/86 r Libreria DEL PORCELLINO Piazza Mercato Nuovo, 6/7 r Libreria FELTRINELLLI Via Cavour, 12 Libreria MARZOCCO Via Martelli, 22/R Bibiiotecag inobianco PISA Libreria VALLERINI Silvano Lungarno Pacinotti, 10 SIENA Libreria BASSI Via di Città, 6/8 VIAREGGIO Libreria GALLERIA DEL LIBRO Viale Margherita, 33 PERUGIA Libreria LE MUSE Corso Vannucci, 51 ROMA Libreria ADRIANI Via del Tritone, 194 Libreria AI DIOSCURI Via del Corso, 293 Libreria CONDOTTI Via Condotti Libreria CUCINELLA. Viale Europa, 270 Libreria ERCOLI Piazza del Popolo, 11/ E Libreria EURO LIBRO Viale Europa, 122 Libreria FELTRINELLI Via del Babuino, 39/40 Libreria GREMESE Via Cola di Rienzo, 136 Libreria KAPPA Viale Ippocrate, 113 Libreria MODERNISSIMA · Via Mercede, 43 Libreria PAESI NUOVI Via Aurora, 85 Libreria RINASCITA Via Botteghe Oscure, 1 Libreria RIZZOLI Largo Chigi, 15 Libreria RIZZOLI Via Veneto Libreria SFORZINI Via della Vite, 43 Libreria TOMBOLINI Via IV Novembre, 146 Libreria TREVI Piazza Poli, 46 LATINA Libreria RAIMONDI Via Eug. di Savoia 6/10 NAPOLI Libreria Fausto FIORENTINO Calata Trinità Maggiore Libreria LEONARDO Via Giovanni Merliani, 118 l..ibreria DEPERRO Via dei Mille, 17/19 Libreria A. GUIDA & FIGLIO Via Port' Alba, 20/21 Libreria FIORILLO Via Costantinopoli, 76 Libreria TREVES Via Roma, 249 Libreria GUIDA MARIO Piazza Martiri, 70 Libreria MACCHIAROLI Via Carducci 57/59 Libreria MINERVA Via Ponte di Tappia, 5 PALERMO Libreria DOMINO Via Ron1a, 226 Libreria S. F. FLACCOVIO Via R. Settimo, 37 CATANIA Libreria CASTORINA Via Etnea, 67 Libreria LA CULTURA Piazza Vitt. Emanuele, 9 CORIGLIANO CALABRO Edicola FRANCESCO COSENTINO CAGLIARI Libreria FRATELLI DESSI' Corso Vitt. Emanuele, 30

I I I I I I I I 1 I I I I I I I I I I I I I I I NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO XVI - GENNAIO 1969 - N. 109 (170) Spett. E.S.I. NAPOLI Vi prego volermi abbonare D rinnovare l'abbonamento O a 1/2 e/e p. N. 6/19585 D con pagamento a mezzo fattura □ D alla Rivista << Nord e Sud» • • prezzo annuo L. 4.000 D alla Rivista « Nord e Sud» (estero) » » D alla Rivista « Nord e Sud» e alla« Rivista Storica Italiana» >> » indirizzo ben cl1iaro .................................................................................................... .................................................................................. --...... ------................................ --................... . Firma del richiedente » 5 .000 » 8 .600 ......................... -.................. -. -.................................. . La richiesta non sarà evasa se non completa in ogni sua parte □ Sbarrare con un segno il quadretto relativo alla offerta prescelta. Via Carducci, 29 - 80121Napoli - Telef. 393-346-393.309 Una copia L. 400 - Estero L. 700 - Abbonamenti: Sostenitore L. 20.000 - Italia annuale L. 4.000, semestrale L. 2.100 - Estero annuale L. 5.000, semestrale L. 2.700 - Fascicolo arretrato L. 800 - Annata arretrata L. 8.000 - Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 Edizioni Scientifiche Italiane - Via Carducci 29, Napoli Bibiiotecaginobianco

LIBRERIE PRESSO LE QUALI È IN VENDITA LA. RIVISTA TORINO Libreria PARAVIA Via Garibaldi, 23 MILANO Libreria FELTRINELLI Via Manzoni, 12 Libreria FIORATI Francesco Piazzale Baracca, 1O Libreria S. BABILA Corso Monf orte, 2 VENEZIA PISA Libreria VALLERINI Silvano Lungarno Pacinotti, 10 SIENA Libreria BASSI Via di Città, 6/8 VIAREGGIO Libreria GALLERIA DEL LIBRO Viale Margherita, 33 cedola di commissione libraria bulletin de commande de librairie-blicherzettel Edizioni Scientifiche Libreria TOMBOLINI Via IV Novembre, 146 Libreria TREVI Piazza Poli, 46 ·LATINA Libreria RAIMONDI Via Eug. di Savoia 6/10 NAPOLI Libreria Fausto FIORENTINO Calata Trinità Maggiore Libreria LEONARDO~--~-~ Italiarie • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • I ' . Affrancare ' ' ' ' ' ' S. p. A. con L. 40 Via Carducci, 2.9 FIRENZE Libreria degli ALFANI Via degli Alfani, 84/ 86 r Libreria DEL PORCELLINO Piazza Mercato Nuovo, 6/7 r Libreria FELTRINELLLI Via Cavour, 12 Libreria MARZOCCO Via Martelli, 22/R Bibiiotecag inobianco v 1a l\.urora, o.:> Libreria RINASCITA Via Botteghe Oscure, 1 Libreria RIZZOLI Largo Chigi, 15 Libreria RIZZOLI Via Veneto Libreria SFORZINI Via della Vite, 43 80121 N A P O L I CORIGLIANO CALABRO Edicola FRANCESCO COSENTINO CAGLIARI Libreria FRATELLI DESSI' Corso Vitt. Emanuele, 30 .....

I NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO XVI - GENNAIO 1969 - N. 109 (170) DIREZIONE E REDAZIONE: Via Carducci, 29 - 80121 Napoli - Telef. 393.347 Amministrazione, Distribuzione e Pubblicità : EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via Carducci, 29 - 80121 Napoli - Telef. 393-346-393.309 Una copia L. 400 - Estero L. 700 - Abbonamenti: Sostenitore L. 20.000 - Italia annuale L. 4.000, ~emestrale L. 2.100 - Estero annuale L. 5.000, semestrale L. 2.700 - Fascicolo arretrato L. 800 - Annata arretrata L. 8.000 - Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 Edizioni Scientifiche Italiane - Via Carduéci 29, Napoli ibiiotecag Inobianco

SOMMARIO Rosellina Balbi Felice Ippolito G. Coda Nunzian-te Girolamo Cotroneo S. Di Giacomo Ugo Leone Antonio J annazzo Editoriale [ 3 J Essere socialisti è difficile [7] La crisi dell'Euratom [25] Co11sorzi e Federconsorzi [36] Note della Redazione Taviani alla prova - Le Province - Le « gabbie salariali » [ 49] Giornale a più voci La democrazia senza partiti [56] Una bottiglia piena d'acqila [60] Il calcolatore e il Mezzogiorno [ 62] La sociologia alla scoperta del Mezzogiorno [64] Argomenti G. G. dell'Angelo Enti di svilitppo, anno zero [67] Adriana Bicl1 Il rilancio della « scuola dei padroni» [75] Frontiere Massimo Gall11p1Ji La sinistra non comunista in Francia [ 86] Marisa Càssola Francesco Farina Antonio Pellicani Recensioni La morte dell'airone [96] Industriali stranieri a Napoli [100] Leopoldo granduca e imperatore [103] Regioni Francesca Bori11 I pescatori del Delta padano [ 109] Bibiiotecag inobianco

I .... Editoriale Gravi preoccupazioni ispiravano il nostro editoriale nel numero di novembre della rivista: eravamo « ad un passo dallo scioglimento delle Camere »; e ritenevamo che soltanto la possibilità che l'on. Rumor riuscisse a formare il Governo ci separasse « dalla constatazione che gli eletti del 19 maggio 1968 non sono in grado di esprimere una maggioranza, quella maggioranza che gli elettori del 19 maggio hanrzo indicato come la sola possibile e la sola auspicabile ». D'altra parte, i contrasti e le tensioni nel paese. hanno raggiunto negli ultimi tempi una temperatura critica, onde l'incapacità dei partiti a colmare il cosiddetto vuo-to di potere dava il senso di una propensione dei partiti stessi all'autolesionismo, se non addirittura al suicidio. Perciò, noi possiamo ora scrivere con un sospiro di sollievo che l'on. Rumor è riuscito ,a formare il Governo e che quindi non siamo più a(l un passo dallo scioglimento delle Camere, poiché gli eletti del 19 maggio sono riusciti finalmente ad esprimere la maggioranza indicata dagli elettori come la sola possibile e la sola auspicabile. Si trattava di ricomporla, la maggioranza, e di dare al paese un Govertzo rappresentativo di questa maggioranz.a, senza disimpegni dell'una o dell'altra componente, o sub-componente, e animato da un vero e proprio spirito di coalizione, da una volontà di fare e di durare, da itn impegrzo risoluto di portare avanti una politica. Fino a che punto si pitò dire che fra novembre e dicembre tutto questo si è realizzato? Dobbiamo dare atto all'on. Rumor di avere dato prova di coraggio politico: certo, egli aveva compreso che per lui era questione di « ora o mai più »; ma in pari tempo egli ha dimostrato, durante tutto il corso della crisi, di saper trattare e di voler concludere: nella consapevolezza che i difficilissimi problemi posti dalla crisi interna dei socialisti e dalla crisi interna dei democristiani si sarebbero potuti affrontare soltanto quando fosse stata risolta la qitestione del Governo, del suo programma, della sua composizione. Al tempo del Congresso di Milano della DC, questa rivista non è stata benevola nel giudicare l'on. Rumor come segretario della DC. Ma ora il nostro giudizio sul Presidente del Consiglio è un giudizio di attesa; e dovremmo dire che questo giudizio è confortato dai buoni titoli di credito che l'on. Rumor si è conquistato in questi giorni. Naturalmente ha ragione « The Econo1nist », che h·a scritto: « è difficile dire se 3 Bibliotecaginobianco

.. Editoriale questa nuova edizione del centro-sinistra sarà più dinamica della coalizio,ne che ha governato l'Italia per cinque anni sotto il signor Moro ». Ma a noi è lecito sperare in qitesto maggiore dinamismo; e riteniamo che esso dipenda in parte dalla capacità del Governo e del Parlamento di far fronte in tempi relativamente brevi agli sviluppi legislativi e in parte dalla capacità dei leaders della DC e del PSI di ritrovare il senso dell'orientamento e di recuperare i più alti valori di una coscienza eticopolitica che negli ultimi tempi ha subìto un preoccitpante appannamento. Per quanto riguarda i socialisti, si dovrà verificare nei prossimi mesi fino a che punto resta in piedi e si può consolidare il risultato di cui Mauro Ferri ha parlato in sede parlamentare, durante il dibattito sulla fiducia al governo: « il raggiungimento dell'unità del partito socialista su_ u_naprospettiva di Governo è stato forse il dato più rilevante, oltre alla ricomposizione del centro-sinistra, nel periodo che va dal Congresso del nostro partito ad oggi ». Ma non è la crisi interna dei socialisti cl1e desta le maggiori preoccupazioni: è la crisi dei de1nocristiani e più ancora i contraccolpi, sulla crisi interna dei democristiani, delle difficoltà insorte nei rapporti fra la DC e gli ambienti più irrequieti, e a nostro giudizio più confusionari, d'ella sinistra cosiddetta conciliare, esterna alla DC e anche ostile alla DC. Questa sinistra conciliare ha una concezione caritativa della politica, del tutto estranea alla vocazione laica ed europea dell'Italia moderna. - Essa protesta e contesta, magari anche contro la gerarchia ecclesiastica, ma soprattutto contro i partiti e contro il Parlamento, soprattutto contro la democrazia rappresentativa e quindi contro il centro-sinistra. Si dirà che i cosiddetti gruppi spontanei dei cosiddetti cattolici del dissenso non_ contano gran che dal punto di vista elettorale, come si è visto il 19 maggio; ma è anche vero che, in quanto si proclamano di sinistra o in quanto si proclamano cattolici, sotzo capaci di creare una sconcertante confusione tra valori religiosi e valori politici, e di portare questa co11fusione anche negli ambienti politici che a loro volta, in quanto di sitzistra o in quanto cattolici, risultano più sensibili alla loro infiitenza. E poi ci sono le ACL/. Gli aderenti alle ACL/ hanno sempre votato per la DC, anche il 19 maggio. Ma i dirigenti delle ACL/ sembrano di giorno in giorno diventare più inquieti; ed anche dalla loro inquietudine . deriva quella delle sinistre interne alla DC, specialmente dei sindacalisti. D'altra parte, quando questi ultimi hanno deciso di aderire all'invito di Rumor e sono entrati nel Governo, i dirigenti delle ACL/ - sempre piiì eccit_ati dai discorsi dei convegni di Vallombrosa, dove mediocri sociolog·i si esibiscono in ermetiche e sofisticate teorizzazioni sulla società del benessere e fanno sentire molta nostalgia per i convegni ~emocristiani di 4 Bibiiotecaginobianco

.. I Editoriale S. Pellegrino (che erano una cosa seria), e sempre più sensibili alle suggestioni conciliari e caritative dei cattolici del dissenso - hanno sparato per colpirli nella schiena: « questo Governo non può aspettarsi dalle forze reali che agiscono nella società civile, e in particolare da quelle del movimento operaio, un atteggiamento di attesa acritica e una fiducia pregiudiziale ». Questo può essere anche giusto e comu.nque può valere come duro incitamento al Governo perché la fiducia se la conquisti sul campo. Ma le ACL/ affermano pure che « la stessa restaurazione dell'alleanza di centro-sinistra, se così si può dire, né rassicura né accresce le speranze »: già la parola « restaurazione » mal nasconde una disposizione n1alevola; e comunque, il fatto che si dichiari non rassicurante, e tale da non alimentare nuove speranze, la formazione di un governo di centro-sinistra corL la partecipazione dei democristiani e delle sinistre interne alla DC, è un fatto che testimonia come da parte delle ACL/ non ci sia tanto un atteggiamento di attesa vigilante e di fiducia co11dizionata, quanto un atteggiamento di sfiducia pregiudiziale: contro il centro-sinistra e contro la DC in particolare (salvo poi a votare ancora e senipre, tutti gli aderenti alle ACLI, per la DC). Conie si spiega questo atteggiamento? Certo lo si spiega anche in termini di reazione sindacalista al moderatismo della DC e del centrosinistra moroteo; e lo si spiega in termini di « riconosciuto decrescere della t:redibilità delle forze politiche, parallelo anche al lamentato ulteriore deterioramento del costume politico generale». Ma c'è indubbiamente, in a1nbienti come quelli delle ACL/ e all'origine di certi loro atteggiamenti, l'antica avversione clericale per i modelli europei cui si sono sempre ispirate le minoranze democratiche e socialiste che hanno fatto progredire l'Italia dal Risorgimento in poi e che bene o male, molto o poco, hanno pure influenzato una certa evoluzione della Democrazia Cristiana verso concezioni più laiche della politica: è iln'antica avversione, nobilitata da buone intuizioni sociali; e tuttavia, la sua vera natura, dietro gli accenti di una polemica che richiama a volte echi savonaroliani, si manifesta, più ancora che nella propensione ad una repubblica conciliare, e comunque al dialogo con i comzinisti, 11ella vera e propria denigrazione dei socialisti. In sostanza, la sinistra cattolica è ancora per molti aspetti una sinistra reazionaria; quale che sia il suo grado di impegno sul piano sociale, e anche se crede di essere più a sinistra dei socialisti, sul piano politico è, forse, addirittura più a destra dei dorotei, quanto meno di certi dorotei. Ora, uno dei problemi che si pongono in questi anni è proprio quello di recuperare ai valori democratici, laici, europeisti, le sinistre democri5 Bibliotecaginobianco

Editoriale stiane, fra le quali, oggi, soltanto i « basisti », e neanche tutti, danno seri affidamenti in questo senso. Si tratta di un problen,za della DC, ma non soltanto della DC; è un problema di rafforzamento quantitativo e più ancora qualitativo dello schieramento di sinistra de1nocratica in alternativa e in concorrenza rispetto a quello della sinistra· totalitaria. Come lo si risolve, questo problema? Anzitutto con una riqualificazione degli obiettivi politici del centro-sinistra; ma anche, e forse soprattutto, con una riqualificazione del discorso sulla democrazia, in termini culturali, storici e non sociologici. Questo è un discorso che comunque riprenderemo nei prossimi numeri della rivista. Intanto, possiamo ben dire che per il Governo dell'o-n. Rumor è indispensabile, da tutti i punti di vista, arrivare al prossimo Congresso della DC i11 condizioni tali che si possa dire di esso che ha fatto molto, presto e bene, onde il centro-sinistra, passato dalle esagerate illusioni del '62-63 alle non infondate delusioni del '67-68, possa, per affrontare gli ulteriori suoi compiti, contare su una sempre più ragionata fiducia del paese. E ricordino tutti, i contestatori di sinistra in primo luogo: l'alternativa al centro-sinistra non è al centro e non è a sinistra; è a destra, rappresentata non dai fantasmi che attualmente da destra si oppongono ancora al centro-sinistra, o dai moderati che frenano il centro-sinistra, ma da forze ben più consistenti e ben più rabbiose, che proprio i contestatori di sinistra potrebbero chiamare in vita e che potrebbero anche, se proprio necessario, darsi un qualsiasi camuffamento di sinistra sociale. Quando si crea l'occasione per la controffensiva reazionaria, e lo spazio per farla passare, questa controffensiva trova sempre il modo di selezionare i suoi capi e di reclittare le sue truppe anche a sinistra, e comunque fuori degli ambienti politici che ufficialmente e più o meno debolmente rappresentano, la destra. 6 ...... Bibiiotecaginobianco

·' I Essere socialisti ' e difficile di Rosellina Balbi Potrà sembrare un paradosso, ma credo proprio che, negli anni a cavallo del secolo, essere so1cialisti fosse infinitamente più facile. Certo, a quel tempo un militante socialista correva il rischio quotidiano .di perdere il proprio lavoro, e qui11di di morire più o meno letteralmente di fame insiem.e con la famiglia. Cerito, ogni scio·pero, ogni agitazione potevano condurre a1la perdita della libertà personale (quan,do non si metteva a serio repentaglio 1 la propria incolumità fisica, e ciò acca•d-eva assai spesso). Certo, proclamarsi socialisti equivaleva, agli o•cchi dei benpensanti - che poi costituivano, come s·empre, la maggioranza dell'opinione pubb,lica - a confessare di avere v,enduto la propria anima al demonio: e se ne subivano, come è logico, tutte le conseguenze. Senza dire che, quando si lavorava per dodici o quattordici ore al ·giorno, e in con,dizioni p·roibitive, era ben faticoso trovare il tempo e !'-energia per frequentare le riunioni 1di partito e partecipare alile ,discussioni che vi si tenevano; e quando si guadagnava appena il necessario per la sopravviv-enza, era un sacrificio ben duro trovare il danaro per le sotto-scrizioni all'« Avanti! », per le collette in favore dei compagni infortunati sul lavoro o per sostenere gli scioperi; e non solam.ente gli scioperi che riguardavano· la pro-pria fabbrica, ma anche le lotte dei lavoratori delle altre fabbriche e delile altre categorie. E tuttavia, la contropartita di tutto questo era immensa. Nella coscienza .del militante socialista di allora non v'era posto per il dubbio né per l'avvilimento. Tutto era limpido e chiaro come l'acqua ,di fonte. La società era ,divisa in classi: di là gli sfruttatori, di qua gli sfruttati. La radice di ogni ingiustizia, di ogni sopraffazione, di ogni vergogna .era da ricercarsi nel sistema capitalistico; anche le guerre nascevano dalla degenerazione imperialistica deI capitalismo. Unito, il proletariato avrebbe finito con l'impadronirsi del potere; e quan 1do il sistema borghese fosse crollato sotto la spinta delle sue stesse contraddizioni, ogni specie di sopruso sarebbe cessata e gli uomini si sarebbero ,dati una società nuova, pacifica e giusta: una società in cui il lib-ero ·sviluppo di ciascuno sarebbe stato la condizione per il libero sviluppo di tutti. Per questa so,cietà valeva la pena di lottare e di soffrire; anche di mo.rire, se necessario. 7 Bibiiotecag inobianco

' Rosellina Balbi Naturalmente, neppure allora mancavano le polemiche e le discordie al,l'interno del movimento socialista. Ma i contrasti nascevano sui meto·di da adottare per consegt1ire il risultato fi11ale, cioè sulla tattica che meglio poteva a1ccelerare quello ~he, in ogni caso, era un processo storico oggettivo ed inarrestabile. Sui temi di fondo, non c'era discussione: lotta di classe, abolizione della pro·prietà privata dei mezzi di produzion-e, internazionailismo o.peraio. Non v'è dubbio che il linguaggio di un socialista riformista di settanta anni or sono fosse spesso più aspro del linguaggio di un comunista di oggi. ·Quanto ai massimalisti, essi erano, co,me ha giustamente osservato Gaetano Arfè, jntransigenti più che rivoluzionari; e il loro discorso era privo di venature libertarie, giacché il fallin1ento delle iniziative bakuniniane costituiva una esperienza troppo vicina nel tempo, per non imporsi al,la riflessione (e difatti i massimalisti non si confusero mai con il sindacalismo anarchico). Tutto sommato, riformismo e ma·ssimalismo 1 potevano considerarsi co1 me due aspetti co,mplementari di uno stesso fenomeno, come due momenti di una stessa lotta. Dal tempo della Seconda Internazionale ci separano due guerrè mondiali, la rivoluzione russa, il fascismo, la fine del ,dominio coloniale. In questo perio 1do, il movimento socialista ha conosci11to molte sconfitte; soprattutto, ha visto morire l'illusion-e di un proletariato mondiale pronto a sentire le sollecitazioni della classe più vivamente che non le sollecitazioni della nazione: mai si è ,dato il caso di una cla,sse operaia ,che abbia spinto la propria solidarietà con i lavoratori degli altri ,paesi al punto di rifiutarsi di combatter-e per il proprio. Le frontiere « verticali » si sono rivelate molto pi1ì solide delle frontiere « orizzontali »; la tesi di Marx: « i rivoluzionari no·n hanno patria», si è dimostrata una tesi sbagliata. Ma ciò non significa che il socialismo, come idea, sia fallito. Al contrario, esso ha finito con il permeare ,di sé ogni altra dottrina politica; ha trasformato dovunque strutture ed istituti; ha condizio11ato lo stesso processo capitalistico, imponendogli - contro ogni previsione - alcuni dei propri contenuti; ed oggi - sia pure in versioni diverse - rappresenta per miliardi di uomini il punto di riferimento per la costruzione di una vita migliore. E tuttavia, di fronte a questo ,dilagare dell'idea socialista nel mondo e nella società, assistiamo al contemporaneo dilagare della confusione, del disorientamento e dell'incertezza nelle file del movimento che al so,cialismo si richiama. In Italia, per motivi storicamente ben definiti, questo stato di cose è più a·ccentuato che altrove 8 Bibiiotecaginobianco

Essere socialisti è difficile ed ha portato ad una serie di lacerazioni e di scissioni; né sembra che la spinta centrifuga sia per in,debolirsi, ma si direbbe anzi che vada acquistando nuovo vigore per effetto 1della cosiddetta contestazione (che pure, come cercherò di chiarire più oltre, non ha, se non in misura limitata, diritto di cittadinanza nel movimento socialista). All'origine della confusione e del disorientamento ritroviamo in primo luogo quella che purtroppo è stata la costante del socialisn10 italiano: l'insufficienza ct1lturale. I maggiori teorici del movimento, come è stato 1più volte rile,rato - lo ha fattb, ,di recente, anche G. D. H. Cole 1 - « furono in generale imitatori più che creatori di nuove idee ... Gli italiani tradussero e pubblic'arono moltissimi scritti classici del socialismo europeo, ma il loro contributo fu limitato e non di rado confuso ». Ho avuto o-ccasione di scriverlo altre volte: sotto questo aspetto, non si può dire che '1a situazione sia migliorata. Al contrario, essa si è addirittura aggravata, se si tiene conto dei grossi mutamenti intervenuti sia a livello della società italiana, sia a livello della situazio·ne internazionale: le esperienze di taluni paesi che si definiscono socialisti; ]e esperienze ,di altri paesi, nei quali governi che pure si ,dicono socialisti hann·o realizzato il cosiddetto Stato assistenziale; le esperienze di altri paesi ancora, in cui la società opulenta, con le sue spinte consumistiche, ha provocato il sorgere di problemi di tipo nuovo, oome il ridursi della sfera della libertà individuale di scelta; la particolare situazione dell'Italia, dove si è registrato l'avvento 1della società industriale senza che scomparissero gli antichi e pesanti squilibri. Tutto ciò avrebbe richiesto un grosso sforzo di ripensamento, una approfondita revisione del bagaglio ideologico socialista. Si sono avuti, è vero, i tentativi effettuati da qualche rivista - ad esempio « Critica Sociale », « Tempi moderni », « Problemi del socialismo » e qualche altra - per impostare un discorso critico; ma il pro·blema non è questo. Il problema è che, al giorno d'o.ggi, i quadri dirigenti di un partito politico, specie di sinistra, non possono permettersi il lusso di ,delegare ad altri - sia pure all'Ufficio Studi o alla Commissione Culturale del partito: troppo spesso questi Uffici e queste Commissioni procedo,no per conto proprio, in una autonomia che poi si risolve nell'isolamento - l'esame dei meccanismi sempre più co1nplessi dell'economia e, generalmente parlan-do, delle linee ,di sviluppo della società di oggi; solo attraverso questo esame è possibile ridefinire la collocazione e la fun1 G. D.H. CoLE, Storia del pensiero socialista, voi. IV, parte I, Laterza, 1968. 9 Bibiiotecaginobianco

Rosellina Balbi zione di un partito politico. Non è più questione ,soltanto dei mezzi cl1e meglio garantiscono la conquista del potere, ma è questione anche e soprattutto di ·ciò che si avrebbe intenzione di fare, una volta che il potere fosse co11quistato. . Si obietterà che il fine del socialismo è ancora e sempre quello di una volta: la libertà, per l'uom·o, di potersi realizzare co.mpiutamente. Ma le espressioni generiche non bastano. Bisogna dire in che cosa co,nsiste oggi questa libertà, come questa libertà si traduce, come si realiz~a concretamente. Per ·esempio: si considera tuttora valida la tesi che risolve tutto, o quasi, nell'abolizione della proprietà privata dei mezzi di pro,duzione? Si è riflettuto sul revisio-~ nismo econo·mico che va facendosi strada nei paesi dell'Est, e quali deduzioni se ne so·no· tratte? Che co,sa si pensa cl-ella auto·gestione operaia? Quale deve essere la funzione dello· Stato in una società socialista? Si è meditato sulla p·ersistenza del sentimento nazionale, anche là do.ve non esiste più u·n regime capitali,stico? Ed è ancora lecito affermare - dopo tante esperienze - che la« ragion .di Stato » è legata all'esistenza d-el capitalismo? Sono interrogativi, questi, che non preten·dono certo di esaurire la problematica sulla quale la classe dirigente di un partito so·cialista moderno ,dovrebbe soffermarsi; m·a ne rappresentano un nucleo importante. E tuttavia, tranne qualche lodevole eccezione, i quadri del socialismo italiano nC?·nsi sono affatto posti questi, o altri, interrogativi; -e la « base » - che n1 on consiste esclusivamente dei militanti, ma di tutti ·coloro che guardano al movimento so1 cialista come ad un irrinunciabile punto di riferimento - la base, dicevo, assiste smarrita alle diatribe sottili ed ermetiche tra- gli esponenti dei vari gruppi, alle accuse - per nulla ermetiche, queste - che i « fratelli sep1arati » vicendevolmente si lanciano, alla dissa,crazi,one· di ·questo o di quel « modello » straniero; e non può astenersi -dal riievare che, di co-ntro all'affermazione - sulla quale, almeno in apparenza, tutti 1conco,rdano - secondo la quale soltanto un « modello » italiano, è in grado di risolvere il problem 1 a ·del socialismo in Italia, la più fitta o-scurità e il più assoluto silenzio avvolgo110, poi, questo stesso· « mod-ello ». *** Per quanto riguarda il PSI, nel suo ultimo Congresso nazionale si è parlato di tutto meno che di queste c,ose. D'accordo: c'era il grosso pro·blema delle scelte politiche (e c'era anche il problema del cosiddetto « organigramma», degli equilibri tra le correnti, del b,rac'cio ,di ferro tra i leaders). Ma proprio il ,problema 10 Bibiiotecaginobianco .....

I Essere socialisti è difficile delle scelte politiche andava inquadrato in una precisa ed approfondita analisi della situazione in terna e in ternazio,nale, con l'occhio rivolto non solamente al breve termine, ma anche alla prospettiva più lunga. I11 altre parole, se il PSI, se la stragrande maggioranza del PSI ha optato per un certo, comportamento, ritenendolo il più confacente all'interesse dei lavoratori italiani, perché no•n elab·orare culturalmente questa scelta, perché no1 n cercare di dimostrarne la validità al di fuori delle considerazioni d•ettate •da un empirismo spicciolo·, o magari dalle necessità con ting.en ti? E non n1i riferisco semplice·mente alla formazione del governo di centrosinistra, ma alla strategia globale di un partito socialista moderno, ·che miri a realizzare i valori dei quali è, o dovrebbe essere, por,tatore, in un determin,ato •paese ·e in una ,determinata società. Ha scritto• Antonio Landolfi 2 , a pr.oposito .della ,classe dirigente del PSI, cl1e questa, rinun·cian 1 do ad intessere sul telaio di comportamenti politici giusti « un retroterra culturale originale ·ed autono,mo, della propria azione politica, ha finito per indebolire notevolmente la sua pres·a ... pur facendo una politica revisio,nistica, ha mancato di difende·rla sul piano teorico e culturale nell'unico modo esatto e•d efficac·e: quell'autoriconoscimento del valore intrinseco del revisionismo socialista. Si è così dato s,pazio alla protesta psiuppina, prima e do·po la scissione. Si è contrastato troppo debol,mente le contraddizioni profond~ della situazione comunista. Non si è così n.eppure riusciti ad influire sul terreno culturale e politico d,el movimento cattolico, prop,rio nel momento più favorevole alla revisione degli indirizzi della Cl1iesa ». E inoltre, aggiungo io, ha provocato una non trascurabile ·emorragia di forze operaie ,dal PSI ,,erso il PSIUP, col risultato che una parte •della classe lavoratrice socialista, nella convinzione _ 1 che le aocuse di cedimento, formulate nei confronti .del PSI, non siano infondate, contribuisce ad indebolire le possibilità di successo di una autentica politica riforn1atrice; mentre, per altro verso, gli stessi quadri dirigenti del partito, •dovendo rispond•ere ad una base che non è più prevalentemente o•p.eraia, ma è costituita in larga mist1ra da piccoli borghesi (spesso soltanto alla ricerca di una « sistemazione » ), sono trascinati a mettere acqua nel vino della loro volontà riformistica, ra,sse,gnandosi troppe volte ad uno stanco e scolorito piccolo cabotaggio. Dove non mi trovo -d'accordo con Landolfi è sulla ,conclusione del suo discorso,. Egli infatti sostiene che il revisionismo socialista dovrebbe proporsi essenzialmente « come attività pratica, adesiva 2 A. LANOOLFI, Il socialismo itaNano, Lerici, 1968. . ' 11 Bibiiotecaginobianco

Rosellina Balbi al reale, e pertanto indifferente, anzi o·ppo-sto, ad ogni sistematica di valori prefabbricati ». Certo, quella che Lan,dolfi d,efinisce la « ossificazione dogmatica » è da superare; ma altro è la ossificazione dogmati·ca, ed altro sono le idee-forza. Non mi se·mbra perciò che siia « banalmente intimidatoria» l'obiezione ·che un revisionismo il quale respingesse un sistema di valori per1nanenti, quale punto di riferimento p,er il suo stesso elaborarsi, si tra 1durrebbe inevitabilmente in uno· scadimento della tensione etico-politica. Su questo tema ebbi già tre anni or son-o - forse qualche l1 ettore se ne ricorderà -- una discussione con Fabrizio Onofri e Marco Cesarini; non ripeterò dunque le •cose che dissi allo:r,a, e mi limiterò a un'osservazione che a quel tempo non ero in grado di fare, perché non si era an1cora verificato il fenomeno della« contestazione » gio,vanile. Voglio dire ch,e alla ,radice dello scontento dei giovani ·c'è an·che - come del resto è stato osservato più volte - la constatazione del vuoto morale e ideale nel quale ci muo, 1iamo; la scelta tra vecchi miti ormai in disarmo• e il nuo·vo mito di una arida efficienza fine a se stessa, è una. scelta che i giovani rifiutano; e no·n è tutta ·colpa loro se, muovendo al1a ricerca di valori-guida, :finiscono talora col ritornare indietro di cento anni, rispolverando formulazioni concettuali che appartengono al p,erio,do del paleo-socialismo e sono ancora più ammuffite dei « feticci » e delle cristalljzzazioni ideologiche che essi respingono (lo spontaneismo, il potere assembleare e via discorrendo). * * * E qui il discorso si allaccia a quanto si è· ascoltato e a quanto si è visto nel recente Congresso del PSIUP. Dico subito che, se il P'SI sta pagando sul piano elettorale, politico ed anche organizzativo le conseguenze .del suo ritardo- culturale, le acque nelle quali naviga il P1 SIUP sono più agitate e so·prattutto più torbide; e la situazione e peggiorata dal fatto che i timo·nieri non sembran10 affatto sicu1ri della rotta da seguire. Chi ha assistito ai lavori •del Congresso ,di Napoli si è potuto rendere conto non solamente della disparità ,di po·sizio,ni all'interno del partito (qualcuno ne ha contate addirittura una dozzina) e della eterogeneità, -per così ,dire strutturale, del partito stesso; ma ha potuto toccare con mano le contraddizioni e le incoerenze all'interno delle singoie posizioni, e quindi la loro mancanza di credibilità. E questo è fo,rse ancora più grave di quanto no•n lo sia il fatto che nessuna di queste posizioni sembra in grado di prevalere sulle altre e quindi di poter ispirare una coe12 Bibiiotecaginobianco

·' Essere socialisti è difficile rente ed omogenea azione politica (la maggiora·nza, che fa capo al segretario d-el partito Vecchietti, rappresenta infatti, come è stato detto, non già la sintesi delle contraddizioni, ma la loro somma). L'attenzione dell'opinion 1 e pubblica è stata attirata da alcuni episodi verificatisi a Napoli, in particolare dal cartoccio di panna gettato in faccia al telecronista Brancoli e al successivo pestaggio di un paio di «contestatori» ad opera degli «stalinisti» (usiamo queste espressioni tanto per intenderci); quanto ai ·commentatori politici, essi ne hanno tratto lo spunto per osservare come il tentativo del PSIUP di trovare un proprio spazio, e quindi di collocarsi alla sinistra del PCI, lo abbia portato a cavalca•re sconsideratamente la tigre della contestazi 1 one: ciò che si è rivelato un vero e proprio boomerang. Gli stessi delegati al Congresso si sono resi conto della situazione caotica nella quale il partito si dibatte; significativo è in proposito l'ammonimento di Biondi, membro della direzione e responsabile dell'Ufficio lavoro di massa: « Stiamo attenti, perché lìischiamo di ,diventare l'Armata Brancaleone ideologica del socialismo italiano ». Mi pare che Biondi abbia centrato il problema di fondo: che no.n è quello .di una crisi ideologica - come è la crisi del PCI - ma quello della confusione ideologica. Di qui deriva la imprevedibilità dei co•mportamenti ,politici del PSIUP e la s11a natura di elemento di disturbo nel quadro della sinistra italiana; anzi, per la sinistra italiana. Vorrei perciò soffermarmi su alcuni tra i discorsi che si so·no ascoltati a Napoli; e proprio su quelli cl1e sono stati definiti da taluni o,sservatori « lucidi e rigorosi » (a11che se astratti) e che a me, vice·versa, sono apparsi viziati da contraddizioni di fondo più o meno vistose, o quanto meno da non lievi pecche st1l piano della logica. Prendiamo, a,d esempio, il discorso di Foa. Foa, per un verso, ha sostenuto che « gli operai non accettano più di essere guidati come peco,re dai loro pastori » (e ha fatto un esplicito accenno alla rivoluzione culturale cinese, che, com,e ognuno sa, si è tradotta in un'azione scardinatrice delle strutture del partito); ma 11ello stesso tempo ha affermato che « il momento dell'organizzazione è nec,essario », tanto, vero che spesso « ciò che semb,ra spontaneismo è in realtà un feno·me11,odi aggregazione a nuove organizzazioni ». Poi ha polemizzato con la tesi (avanzata, sia pure con angolazioni profondamente ,diverse, da Lin Piao, ,da Fidel Castro e dai neo-l1egeliani) seco11·do la quale la classe operaia dei paesi occidentali non avrebbe modo di sfuggire all'integrazione. Per lui, viceversa, il 13 Bibiiotecaginobianco ..

Rosellina Balbi potenziale rivoluzionario cl-ella classe operaia occidentale sarebbe intatto. Il problema consistere·bb-e n-el liberarsi tanto dei modelli logori (come quello stalinista), quanto dei mo·delli romantici (co-me quello cubano), e soprattutto nel dare contenuti politici alla lotta sindacale (e qui risuonano echi della concezione· anarco-sindacalista). Soprattutto, ha d·etto Foa, non bisogna lasciarsi intimidire dallo spauracchio della •crisi economica o da quello del fascismo, che sono appunto gli spauracchi agitati dalla « socialdemocrazia » per giustifica,re i propri ,cedimenti. Si potrebbe 1dedurre, -da questo discoirso, che a giudizio di Foa il pericolo di un rito·rno fascista non esiste. E tuttavia egli ammonisce, subito do,po, rche non bisogna iLlu,dersi che non vi saranno « reazioni vi1olente » da parte della bo,rghesia italiana. Non solo: ma ricorda quello che, secon,do lui, ci si deve aspettare dagli americani: « se no·n si riga diritto, si finisce c-ome in Gre,cia ». E allora, come può sostenere che « una prospettiva rivoluzionaria è realistica »? S-e il grande capitale - che oggi opera a livelVo internazionale - non è dispo·sto ad arrendersi senza ricorrere alla violenza; se l'imperialismo· americano ha semp·re p1ronta la soluzione dei colonnelli; se nojn si può contare sulil'appo,ggio sovietico, visto che « la coesiste,nza pacifica è definita dall'ordine interno ·ai du-e blocchi e dalla disciplina verso- la potenza dominante » ( e l'Italia si trova per l'appunto• nella sfera di dominio americana); allora non si comprende bene quali siano le possibilità di successo delle lotte rivoluzionarie ,di massa, a salti successivi, auspicate da Foa; c'è anzi da temere, st1lla base dell,a sua stessa analisi, che la classe lavoratrice andrebbe inco-ntro ad una vera ,e pro·pria catastrofe. Quanto a Libertini, egli ha se non altro il merito di avere affermato che bisogna avere il coraggio di sce·gliere tra due concezio·ni dell'internazionalismo .socialista. La prima sostiene la priorità del momento statale, rivendicando all'Unione Sovietica la funzione di guida del movimento operaio internazionale. La seconda punta sullo sviluppo o·rizzontale della lotta di classe attraverso gli Stati. Per Libertini, la prima co-ncezione è da respingere: « come può la politica di uno Stato, sia esso il m:aggiore e il più ,potente, il pit1 progr,essivo, del mondo, contenere in se stessa la risp·osta valida ai mille. pro·blemi e ai •profondi m,oti che insorgo,no in ogni parte del mondo? Una co·ncezione della politica internazionale dominata ·dal rapp-orto tna Stati ha necessariamente un carattere -st_atico, conser14 Bibiiotecaginobianco

I Essere socialisti è difficile vatore: ·apre necessariamente una frattura tra gli Stati e il mo·vimento .rivoluzionario, e poi tra gli stessi Stati so,cialisti ... In questo quadro ci spieghiamo l'inte,rvento ,dei paesi del patto di Varsavia irt Cecoslov,acchia ». E ancora: « una p,olitica internazionale che dia priorità al momento statale comporta .poi all'interno l'esaltazione di questo momento statale, con tutto quel che ciò significa: esercjto, burocrazia, ·accentramento dei poteri ... C'è un nesso· organico tra la crescita dell'ap,parato statale e l'involuzio,n-e della .democrazia so,cialista ». Libertini è dunque per la seconda prospettiva, quella che rico~ nosce al movimento operaio internazionale la capacità « ,di ro·mpere le b·arriere statali e di seguire la linea della lotta di classe prima che la contrap-posizione tra potenze statali ». Il -che - egli sostien·e - non inde·bolireb,be « la solidarietà generale con gli Stati socialisti ». Ora, a parte la validità della tesi relativa al1 la plossibilità di una lotta a livello orizzontale, internazionale, della classe operaia di tutto il mon,do (e dunque anche della cla1 sse operaia americana e di quella nord-europea, che francamente non si riesce a vedere nella veste di forze eversive), a parte questo, le contraddizioni ,da rilevare nel discorso di Libertini sono più d'un.a. Anzitutto, le due concezioni da lui illustrate non sono soltanto diverse: sono antitetiche, e la storia lo ha dimostrato più di una volta. Se l'Unione Sovietica - o magari la Cina - giudicheranno che una certa lotta rivoluzionaria, in un certo paese, contrasta con la sicurezza dello Stato sovietico - o di quello cinese - non solamente criticheranno quella lotta, ma si opp·orranno ad essa con tutti i mezzi a loro disposizione. Lo· ha ammesso lo stesso Libertini, accennando agli avvenimenti del maggio francese. Di più: se i collegamenti fossero « di base », orizzontali, come Libertini auspica, è chiaro che la stessa classe ,operaia dei paesi comunisti dovrebbe muoversi di con·serva ·co·n le lotte operaie d-egli altri paesi, il che la •portereb.be su posizioni a·utonome, e dunque anche di opposizione, se necessario, nei confronti dei propri governi. Altro che « solidarietà con i paesi so,cialisti », dunque! C'è un altro punto ,debo,Ie, nell'analisi di Libertini. Egli sostiene che « occorre decidere se l'equilibrio atomico ,della nostra epoca impone che ogni ,cosa sia ricondotta al ra,ppo·rto tra le grandi potenze, o se invece lascia spazio a una autono,ma iniziativa rivo·- luzionaria nell'area imperialistica ». N·aturalmente, la sua sc·elta è per la seco·nda tesi e ·a sostegno di tale scelta egli addt1ce l'esempio del Vietnam; ,dirfatti « i guerriglieri di O· Ci Min hanno· sfidato con 15 Bibliotecaginobianco

Rosellirta Balbi succ·esso il ric·atto militare .e atomico americano». Qui vi so·no due osservazioni da fare. In primo luogo•, ·c'-è ,da chiedersi fino a che punto i vietnamiti, per decisi e coraggiosi che siano, avrebbero potuto resistere agli americani, se alle loro spalle non ci fossero state, per l'a·ppunto, due grandi potenze, come l'Unione Sovietica e la Cina. In altri termini, se l'iniziativa autonoma rivoluzionaria di cui parla Libertini non dovesse co-incid·ere, per un qua'lisiasi motivo, con gli interessi di una delle grandi potenze, difficilmente i rivoluzionari ·potrebbero, contando unicamente sulle proprie fo·rze, pe:rvenire al successo. In secondo luogo, l'esperienza ,del Vietnam non può non avere insegnato qualche cosa; per cui è altamente improbabile che in futuro possano .determinarsi situazioni analoghe a qt1ella vietnamita, nel senso .che la strategia politica americana batterebbe, probabilmente, strade diverse. Quanto al mo1vi,mento studentesco, Libertini afferma ch·e « la grande ondata di lotta eh.e pervade l'area avanzata - da BerkeleJ, a Chicaigo, -da Parigi a Torino - ha una sua ragione diretta ne.Ila logica del capitale ». Ma noi sap,piamo che le cose no'n sono così semplici, perché !',ondata stt1dentesca non si limita affatto all'are·a capi 1talistica, ma investe un p,o' tutti i paesi, anche quelli ,dell'area « socialista », anche quelli del Terzo. Mondo. Il fattore comune alle agitazioni studentesche è costituito da1lla contestazione del prin-. cipio di auto,rità, il quale non è necessariame·nte legato al regime capitalistico. Ciò spiega perché il movimento studentesco sia acctlsato di sovversivismo in taluni ,paesi e di mire controrivoluzionarie (magari sioniste) in altri pa.esi; e ciò spiega anche perché nel mo-vimento studentesco possano convivere orientamenti ·per nulla o·mo-- genei, e perché il movimento stesso, che si definisce rivoluzionario, respinga poi la guida dei partiti politici e p·referisca richiamarsi a concezioni spo·ntaneistiche eh.e l'esperienza storica ha liquidato da molto tempo. Lo· stesso Lib·ertini ammette ,di non credere nello spontaneismo\ e .di non ritenere « che si possano •riesumare espe .. rienz·e che il movimento operaio ha conosciuto nella sua storia »; egli si dice p·ersuaso che il ruolo dei partiti operai è decisivo .e ironizza sul « pullulare di fantomati,che terze, quarte o quinte organizzazioni socialiste più o meno ' au tonarne ' (con1e se noi fossimo dipendenti) e dall'invenzione gratuita di personaggi ... ». In realtà, di 011ganizzazioni rivoluzio-narie « autonome » che operano all'ip.terno del movimento studentesco ce ne sono ben più di quattro o ci11.que: « l'Espresso » recentemente ha contato cinque filoni principali (anarchici, bordighiani, trozkisti, o•peraisti, marxisti-leninisti) 16 Bibiiotecaginobianco

I Essere socialisti è difficile i g_uali poi si su,d-divido,no in una trentina di gruppi (e ricordiamo che « l'Esp-resso » scriveva queste cose prima della scissione, ultima in ordine di te·mp·o, verificatasi in seno al Partito comunista d'Italia marxista-leninista, che ha visto la contemporanea pubblicazione, a Livorno e a Firenze, di due numeri - con la stessa data, ma con direttori diversi - dell'organo ufficiale del partito, la « Nuova unità » ). Non è dunque chiaro in qual modo la lotta del movim·ento studentesco si possa sal.dare, in una strategia unitaria, con la lotta de}I,a classe oper.aia. D'altronde, questa difficoltà è stata messa in rilievo proprio· da un delegato al Congresso del P'SIUP, un operaio della Pirelli, il quale ha denunciato come negativa l'interferenza di un ·gruppo -di studenti nell'agitazione portata avanti -dai lavoratori ,dell'industria milanese: « le lotte », egli ha detto, « non s'inventano». Di p·assata, osserverò come m1 olto ci sarebbe da dire sulla espressione « classe stude,ntesca », o sull'altra espressione, non meno discutibile, del,Ia « gioventù come classe ». Che i giovani negli Stati Uniti costituiscano il nuo,vo proletariato, dando il cambio alla classe operaia ormai integrata, è stato sostenuto in base alla considerazione che al -giorno -d'oggi le due principali industrie degli Stati U;niti sono la difesa e l'istruzione 3 • Valida o n1eno ,che· sia, questa tesi non può e-erto applicarsi alla situazione italiana. E poi, se la definizione -di « classe» dipendesse esclusivamente dall'oggettiva situazione di dipen-denza e di sfruttamento di un determinato gruppo umano da p·arte di un altro grup·po, dovremmo parlare delle donne dome di una « classe »; ta·nto più che - rispetto alla co·ndizio,ne giovanile -, la condizione ,di donna ha la caratteristica di costi-- tuire un dato permanente. Quanto ai negri - che pure vengono spesso citati, e lo si è fatto anche al Congresso del PSIUP, come combattenti per la cat1sa del Slocialismo - c'è da osservare che gli obbiettivi della loro lotta non coincidono necessariamente con gli ob·biettivi socialisti. Del resto, circa la possibile unità d'azione tra rivoluzionari negri e p-roletariato europeo (non ,dirò americano, perché è sin troppo noto che gli operai americani bianchi so•no tra i più risoluti avversari della emancipazione· negra), uno tra i più notevoli studiosi del m·ovimento negro, James Boggs, scrive 4 che la rivoluzione negra mondiale si inserisce « in una rivolta mondiale contro 3 J. e M. RowNTREE, La gi,oventù co1ne classe, « Problemi del socialismo», marzoaprile 1968. 4 J. BOGGs, Lotta di classe e razzismo, Laterza, 1968. 17 Bibiiotecaginobianco

.. Rosellina Balbi iJ colonialismo e l'imperi,alismo occidentale, nonché contro i lavoratori di questi paesi che hanno tratto profitto dall'imperialismo e dal colonialismo » (il oo·rsivo è mio); perciò, prosegue Bo·ggs, il movimento negro non ha niente .a che veder.e con .la Terza Internazionale, ·p-erché i negri, .essendo stati « sistematicamente privati di ogni possibilità di .diritto- dai po·poli dei paesi avanzati, non po.ssono co,esistere, nella stessa 'Internazionale', con coloro per cui il colonialismo è, seb·bene indirettamente, una fonte ·di vita ». E comunque, non si p,uò ignorare il fatto che, attualmente, la tendenza dominante nel pensiero del movimento rivoluzionario negro· è quella del separatismo ( o·ssia una tendenza nazionalistica): si pensi alle tesi del Black Power. Altri alleati discutibi1li, e proprio in base a considerazioni dettate ,dal rigo,re ideologico, sono, per la causa socialista, i paesi del TeTzo Mondo (i quali pure sono stati oggetto, al Congresso ,del PSIUP, di in.discriminate quanto con.vinte manifestazio·ni di fratellanza). E sono discutibili non soltanto pe·rché in molti di essi, come è stato messo, in rilievo -dallo stesso Vecchietti, al potere si trova non già il proletariato, ma la borghesia nazifonalista, la quale vi ha instaurato regimi militari (e ,spesso razzisti: si pensi alla Nigeria, oppure al genocidio perpetrato nel Su_dan meridionale nei confronti della po1 polazione negra ad opera degli arabi), ma anche perché l'esaltazione della lotta delle « nazioni proletarie» contro le « nazio-ni ricche » ricorda fasti,diosamente certi temi corradiniani, per n•on parlare -di Gio·vanni Pascoli (no·nché certe « deviazioni » socialiste .di sessanta anni or sono). Non si può tirar fuori la tesi della « lotta orizzontale » quando si tratta di certi pa-esi, e •poi dimenticarsene, in favore della lotta tra gli Stati, quando si tratta di altri paesi. Vero è che Lenin, nel 1916, scriveva ·che i marxisti debbo'!10 appoggiare i movimenti -di liberazione anticoloniali, quale che sia il loro carattere ,di classe: difatti « le po·polazioni dei paesi coloniali sono le inconscie ·alleate del proletariato dell'Occidente: la loro lotta per la li,berazione avvicinerà il giorno in cui i lavorato.ri inglesi e francesi p·otranno sbarazzarsi .dei p·ropri ,capitalisti » 5 • Ma già . nel 1916 questa tesi era discutibilie (come ha rilevato A. B. Ulam): affermando lo stesso Lenin c·he i ,lavoratori dell'Occi,dente « avevano indiretta,mente beneficiato dello sfruttamento dei loro fratelli. asiatici -e africani», ne consegue che questi lav•oratori avrebs A. B. ULAM, Lenin e il suo tempo~ Vallecchi, 1967. 18 Bibiiotecag inobianco

Essere socialisti è difficile bero dovuto essere ferventi ,difensori del oolonialismo, dal momento che questo assicurava loro un più alto tenore di vita. Tale rilievo conserva oggi la sua validità. Di più, v'è da osservare che la forza dirompente del Terzo Mondo affamato e depresso minaccia non solamente i paesi dell'area capitalistica, ma anche quei paesi dell'area socialista che hanno raggiunto un avanzato livello di sviluppo (il dissidio russo-cinese va visto anche sotto questa angolazione, né va din1enticato lo scontento dei cecoslovacchi per avere dovuto sacrificare un più alto tenore di vita all'obbligo di sostenere lo sforzo di guerra del Vietnam). D'altra parte, lo stesso Lelio Basso, che pure non manca di ravvisare nei paesi del Terzo Mondo « una grande forza contro l'imperialismo », dichiarava, al I Congresso Nazionale del PSIUP, che « per indirizzare questa potenza d'urto in una direzione socialista, non a parole, ma nei fatti, occorre la presenza attiva sia dei paesi socia1listi, sia del movimento operaio dei paesi capitalistici avanzati ». Il che è piu faci'le da dire, che da fare. *** Quello di Basso era, per l'appunto, il discorso che a Napoli si attenrl\.,va con maggiore interesse. Basso non è soltanto un vecchio militante socialista, è anche un uomo di cultura e di intelligenza; ed è tra i pochi che hanno sempre insistito sulla necessità dell'approfondimento teorico, per un partito socialista moderno, quale premessa per la definizione di una seria prospettiva strategica. Ebbene, l'analisi che Basso ha fatto della situazione italiana (no,n ha parlato, forse deliberatamente, della situazione internazionale, rispetto alla quale il suo dissenso con la maggioranza dei] partito è anoora più netto) è molto interessante; soltanto, si ha l'impressione che, arrivato a un certo punto, egli si rifiuti di procedere oltre, forse perché le conclusioni cui il discorso porterebbe non gli piacciono; e in mancanza di meglio elabori una soluzione astratta, che ha pera1 tro il pregio di essergli congeniale. Che cosa ci ha detto, Basso? Ha cominciato col criticare duramente la relazione di Vecchietti, denunciando l'immobilismo della direzione del partito (e, sia pure implicitamente, il suo atteggiamento filosovietico). Ha accusato Asor Rosa di essere fuori ·della realtà, quando rifiuta i cosiddetti « obbiettivi intermedi ». Ha polemizzato con l'a!la «contestatrice», rilevando come un movimento rivoluzionario serio non possa fare a meno dell'organizzazione; affermazion.e che non può certo stupire, considerato che fin dal 1946 19 Bibliotecaginobianco

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