Nord e Sud - anno XV - n. 107 - novembre 1968

Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Enzo Vellecco, L' a1ino zero della politica dei redditi - Michele Benson, · La scalata di Bernabei - -Mario Pendinelli, Il declino di Bonomi - Antonino Répaci, IL potere e · la piazza - Leo Solari, L'impresa pubblica in una politica comunitaria e scritti di Francesco Barbagallo, Franco Chiarenza, Girolamo Cotroneo, Virginia Gangemi, Ugo Leone. ANNO XV - NUOVA SERIE - NOVEMBRE 1968 - N. 107 (168) EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - NAPOLI B.bi iio·ecaginobianco ,..

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.. I NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO XV - NOVEMBRE 1968 - N. 107 (168) DIREZIONE E REDAZIONE: Via Carducci, 29 - 80121 Napoli - Telef. 393.347 Am,ministrazione, Distribuzione e Pubblicità: EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via Carducci, 29 - 80121 Napoli - Telef. 393-346-393.309 Una copia L. 400 - Estero L. 700 - Abbonamenti: Sostenitore L. 20.000 - Italia annuale L. 4.000, semestrale L. 2.100 - Estero annuale L. 5.()00, semestrale L. 2.700 - Fascicolo arretrato L. 800 - Annata arretrata: L. 8.000- Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 Edizioni Scientifiche Italiane - Via Carducci 29, Napoli Bibiiotecaginobianco

SOMMARIO Editoriale [ 3] Enzo Vellecco L'anno zero della politica dei redditi [7] Michele Benson La scalata di Bernabei [16] Mario Pendinelli Il declino di Bonomi [27] Note della Redazione La paralisi socialista - I con1unisti e gli ebrei - Porti, superp·etroliere e Mezzogiorno [37] Giornale a più voci Girolamo Cotroneo Un calcolatore per la gii,stizia [ 46] Franco Chiarenza Protesta giovanile e crisi dello Stato [50] Ugo Leone Il nuovo aeroporto di Napoli [56] Virginia Gangemì L'urbanizzazione classi~ta [58] Argomenti Francesco Barbagallo Parla111enti: struttitre e funzioni [65] Saggi Antonino Répaci Il parere e la piazza [86] Bibiiote.caginobianco Documenti Leo Solari L'impresa pubblica in una politica comunitaria [ 118]

I Editoriale Dopo un paio di settimane di polemiche, precisazio·ni, d'ichiarazioni, conferme e smentite, lo scalpore sollevato il 1° ottobre dalla presentazione di un docutnento del Segretariato per i non credenti sul « dialogo » fra ad~pti di fedi o convinzioni diverse si è sedato. Era natitrale che f asse così. Titttavia, il significato dell'episodio resta perché esso è stato rilevante in sé e perché si inserisce in tutta una serie di episodi, di sintomi e di fenomeni vari ma cospiranti a rendere il panorama politico del mondo cattolico italiano sempre piìt tormentato e complesso. È noto che il documento del quale parliamo, dopo d'i aver distinto tre diversi tipi d'i dialogo possibili fra credenti e non credenti, proclamava il dialogo in sé « no11 solo possibile, ma raccomandabile » ed estensibile ad una collaborazione pratica in vista del perseguimento di determinati obiettivi. Veniva, bensì, riconosciuta uria certa d'ifficoltà nel caso di dialogo fra credenti e marxisti, dato lo stretto rapporto posto da questi ultimì fra teoria e prassi, per citi lo stesso d'ialogo dottrinale viene subito trasformato in un fatto pratico, ossia politico; ma il riconoscimento della difficoltà non led'ev.a la tesi di fondo sostenuta nel docun1ento. Infine, veniva rivendicato alla gerarchia ecclesiastica il cotnpito di vigilare sitllo svolgimento di qualsiasi dialogo, affinché le condizioni stabilite nel doctlmento non si trovino a subire inauspicabili violazioni; e ciò pitr « nel rispetto· della legittima autonomia e delle competenze proprie dei laici ». Ad accrescere l'interesse o, da altri punti di vista, le preoccupazioni sollevate dal documento intervennero le risposte date da un ecclesiastico, collaboratore del cardinale Koenig, segretario per i non credenti, e presente alla conferenza-stampa del 1° ottobre, il padre salesiano don Vincenzo Miano, il qitale - a specifica domanda sulle prospettive di collaborazione politica fra cattolici e comunisti in Italia che il documento avrebbe pòtuto aprire - rispondeva che una tale collaborazione era possibile sol che sussistessero le seguenti tre condizioni: « 1) un accordo ben chiaro sugli obiettivi da perseguire, che non compromettano mai i valori irrinunciabili della fede, 2) una analisi CC'11cordante delle situazioni, 3) un accordo sulla metodologia da applicare >>. L'indomani « l'Unità » si precipitava a proclamare, con caratteri da scatola e con adeguati commenti, che « il dialogo è possibile »; e di qui 3 B~blioecaginobianco

Editoriale seguiva la lunga serie di opposti commenti che per una quindicina di giorni ha mantenitto vivo l'interesse della stampa nazionale sull'avvenimento. Che cosa ne rimane ora? Cominciamo col dire che s'impone la constatazione di una persistente ma-ncanza di limiti nelle prese di posizione delle autorità ecclesiastiche sui problemi, diremo anche noi per amor di sintesi, d·ez « dialogo ». Naturalmente, le auto1rità ecclesiastiche sono, nel toro ordine, sovrane; e il nostro giudizio non ha 1 alcuna presunzione di fare l(l lezione· ad alcuno. Tuttavia, quando quelle prese di posizione concernono campi co,me quello delle relazioni tra forze politiche che sono particolarmente presenti nel nostro paese, ·e per giunta con riserva, da parte ecclesiastica, di un ptoprio diritto permanente di vigilanza, chi assume ·tali posizion-i deve bene aspettarsi i commenti e le reazioni altrui. I rapporti- fra· Stato e Chiesa non so1io mai stati facili in Italia: non lo furono prima della Conciliazione, non lo furono dopo in regime fascista, non lo sono stati e non lo sono nell'attuale, e già ventennale, esperien.za di democrazia repubblicana .. Sarebbe difficile negare, però, che .negli ultimi vent'anni le difficoltà sono quasi sempre nate da esorbitanze, non di rado veramente pesanti, . delle autorità ecclesiastiche fuori di qitei limiti che la prudenza e il diritto vorrebbero sempre rispettati in un paese, con1e l'Italia, in cui il problema dei rapporti fra Chiesa e Stato si pone, per O•vvie ragioni, in modo tutto particolare e non del tutto conforme alle esigenze di una moderna democrazia o addirittitra, talvolta, della vita politica moderna tout court. Sappiamo bene che ciò accade perché da vent'anni a questa parte la vita della nostra democrazia repubblicana fa perno, in maniera ,e misura preponderanti, sit itn grosso partito cattolico. Sappiamo, quindi, anche bene che u,na situazione d.i tal. genere ~ destinata a mutare,. nelle sue caratteristiche essenziali, soltanto il giorno in cui muterà il rapporto di forze tra laici e cattolici nell'arco d'ei partiti démocratici. Del resto, abbiamo sempre riconosciuto ohe questo grosso partito cattolico, nonostante tutte le sue eno_rmi deficienze, che sono ben lontane dal limitarsi al solo ca.mpo dei rapporti con le autorità ecclesiastiche, al proprio compito di sostegno e difesa delle istituzioni democratiche fino.ra non è venuto meno; e, perdurando questa condizione, non c'è ragione di mutare verso di esso il no-· stra atteggiamento. Ma, tutto ciò premesso,. ne deriva forse, come cosa opportuna o ne- ~essaria, che la vita p·o.Ziticaitaliana debba sempre essere esposta alla sorpresa .di vedersi condizionata, in modi talora veran1ente repentini e impensati, come appunto nel caso dell'episodio del 1° o·ttobre, anche su problemi sui quali i cattolici italiani dividono oneri e responsabilità con 4 Bibiiotecaginobianco

I Editoriale forze laiche alle quali 110,nè possibile e non si deve chiedere itn' eguale sensibilità alle prese di posizione delle autorità ecclesiastiche? · C'è, poi, il merito della questione. « L'Osservatore Romano» triburza certamente autorevole - ha drasticamente ed energicamente ridimensionato il senso a torto o a ragione attribuito al documento, prese11tato dal cardinale Koenig e alle dichiarazioni di don Miano, osservando che, in particolare 11elle parole di quest'ultimo, « nella fattis_pecie iu1a collaborazio•ne tra cattolici e comunisti in Italia viene condizionata a tali e tante garanzie che, concedendole sinceramente e senza disegni strumentalizzatori, il partito co1nunista non sarebbe più tale». Non è itna bella precisazione. Se il partito comunista, come è ovvio, non può . . cessare di essere se stesso, a quale scopo ipotizzare le co,ndizioni di una collaboraziotze per la quale non lo si ritiene, nella sostanza, disponibile? E che significa, in politica e (nella fattispecie) in u11 confronto cl1e oppone democrazia e totalitarismo, garanzie da concedersi « si11ceramente e senza disegni strun1entalizzatori »? La politica resta, male o bene che sia, quel campo in cui l'andamento delle cose è determinato dal rapporto lii forze ideali e materiali che sono presenti nel gioco; e correre l'alea di modificare il rapporto delle forze a vantaggio dell'avversario sen,za I adeguati vantaggi è sempre stata e sarà sen1pre una cattiva politica. Una proposta di « dialogo » coi con1unisti estensibile al pia11·0della collaborazione di partito è, per l'appunto, un'alea in questo senso, perché rende possibile ai co1nunisti di affermare che i11sedi ecclesiastiche qualificate il triangolo politico dei « democristiani del dissenso » trov,a non solo eco benevola, 111asollecito incoraggiamento, e di accentuare così i motivi dì divisione e di· crisi in un partito che, co1ne la De1nocrazia Cristiana da alcitni a11ni in qua, proprio non ne ha bisogrio di altri. Il fatto è che la linea politica generale della Chiesa dalla n1orte di papa Giovanni ad oggi è diventata sempre meno f ernia e chiara. Alla vigorosa spi11ta giovannea nel se11so del « dialogo » ha fatto seguito un ri-- pensamento evidente.· Ma questo ripensamento appare soggetto alle mutevoli, e talora molto ampie, oscillazioni delle passioni e dei sussulti delle varie corre11ti e frazioni del mondo ecclesiastico e curiale piuttosto che ispirato ad un organico rilancio di temi e di metodi rivisti e riprese11tati i11uria 11uova veste. Il docun1ento del cardinale Koenig e le dichiarazio11i di don Miano, · con la successiva riduzione ·della lo.ro importanza al solo piano religioso da parte de « ·L'Osservatore Romano >~, sen1brano obbedire i11 pieno a questa logica oscillante. Ora non dobbiamo dire che il problema dei rapporti tra comunisti e maggioranza democratica, così come il prob.lema di ogni eventuale modi~ fica dell'attuale posizione del Partito Co1nunista Italiano nello schièra5 !?ibiioteca_ignobianco

Editoriale nzento parlan1entare e di governo, soltanto in 1naniera marginale può ess~re affrontato parte11do da u11'impostazione religiosa del « dialogo ». Per questa via sarà forse possibile arrivare a quella che si è convenuto di chiamare « repubblica conciliare », verso la qu<:1-lenon abbiamo che da ribadire qui tutta la diffidenza rip·etutamente ed energicamente espressa da Ugo La Malfa. Certo, non si arriverà ad un rafforzamento etico-politico e istituzionale in senso autenticamente democratico. Abbiamo nel nostro im1nediato passato l'esperierzza del centro-sinistra, che è nato, attraverso una lenta maturazione di spiriti e di forze autentica1nente clenzocratiche, attraverso u11 processo difficile e, in alcuni settori, no11 ancora conc.luso, ma in,iziato ben prima che negli ambienti ecclesiastici si cominciasse a parlare di « dialogo ». Noi rivendichiamo la laicità essenziale e imprescindibile di qiLesto processo, e di ogni altro analogo processo che si potesse auspicare o pron1uovere. E qua11do parlia1110 di laicità, non intendiamo affatto riproporre vieti e superati motivi di contrapJJosizione frontale tra le forze storiche del n1ondo politico italiano. Intendian10 s0ltanto ricordare che non solo nella vita politica, 1na anche nella società civile tutta del mondo contempora11eo l'autonomia di iniziativa delle forze politiche rispetto ai custodi di qualsiasi ortodossia è una conquista troppo preziosa perché vi si possa rinunziare. Ricorderen10 sempre la profonda osservazione che Mario. Ferrara fece una volta su « Il Mondo »: per la breccia di Porta Pia, egli diceva, no11 sono passati soltanto i laici, è passata anche la Democrazia Cristia11a. Pensare diversamente, promuovere dialoghi non nascenti dalla realtà delle cose e dalla autono111a elaborazione delle forze politiche presenti in can1po, no11 solo ..t-istorce i11una direzione pericolosa e inaccettabile, come potrebbe essere quella della « repubblica conciliare », l-ln processo assai delicato di evolitzione del n1ondo politico italiano, n1a significa ancl1e ritenere questo 111011dopolitico incapace di autoreg·olarsi e dirigersi nel rispetto delle proprie ispirazion,i ideali e morali. Un'itltima osservazione. Perché ta11ta fretta dei comitnisti e tanta insisten~t1 nell'appropriarsi di tesi di anzbienti vatica11i, senza preoccuparsi in questo caso ( ma i11 quanti altri casi!) delle « prevaricazioni clericali »? La risposta sembra chiara. L'isolamento politico dei comunisti rimane - nonostante i socialproletari, nonostante le note frange del PSI, nonostante le ACL/ e i « cattolici del dissenso)> - sempre con-!- pleto. Perciò ogni spiraglio di nitova luce su questo problema viene subito e cupidamente colto. Ma i comunisti debbo110 convincersi che anche su questo problema qualsiasi modifica della situazione non può fare a meno di passare, come già il centro sinistra, per una ntediazione pienamente e aittonomamente clemocratica. 6 Bibiiot~caginobianco

-. . L'anno zero della politica dei redditi di Enzo Vellecco Il di,battito intorno alla politica dei re·dditi ristagna. Dopo essere stato per alcuni anni uno· cl-egli argomenti più trattati in tanti discorsi di politica e -di economia e do-po aver costituito uno dei temi più richiamati nel corso dell'ultima cam,pagna elettorale in Italia, il pro-blema ,della distribuzione del re·ddito sembra essere stato lasciato improvvisamente da parte. Si tratta, molto p·ro,babil,mente, soltanto di una p·ausa. Ed è da augurarsi che sia una pausa di utile rjmeditazione, della quale, in verità, si sentiva il bisogno. Perché, se della politica dei redditi si è parlato molto in ,passato, no·n si può ·dire •che ne ab1 biano sem·pre guadagnato in pro,porzione l'approfondimento e la chiarezza del discorso. Com'è noto, il pro·ble-ma del controllo sulla distribuzione del red;dito si è posto co-n particolare •evid-enza nelle mo,derne economie occidentali altamente industrializzate e con regimi di piena occupazione. Esso nasce dalla ne·cessità ,di evitare che il reddito· distribuito sia sup-erio,re a quello •Co-nsentito dagli incrementi di pro,duttività del sistema eco·nomico: -donde l'insorgere ,di pressioni inflazionistiche co·n possibili squilibri della -bilancia dei ·pagame·nti. Fe·nomeni ai quali si è costretti a fare fronte -con misure di fr,eno mon-etario che determin.ano, quasi sempre, .pause e·d arresti, se non addirittura vere e pro-prie crisi ,di recessio-ne. Delle esperienze tentate in vari paesi, sia pure co·n metodi div-ersi, per a·pplicare misur.e di controllo -edi ,disciplina nella distribuzione -dei redditi, e tra le· quali si possono in,cludere q_ue1ledell'Olanda, della Francia e -de-gliStati Uniti, la più interessante e ,degna di consid-erazione è ap,parsa senz'altro quella 1 britannica. Va detto, anzi, che è soprattutto con l'inizio di questa esperienza, avvenuta nel 1964, che il tema della ·politica dei re·dditi è entrato direttamente· ne1 nastro dibattito politico ed economico. Pressappoco dallo stesso periodo, intanto, cominciava a ,delinearsi anche sul piano più strettamente tecnico-scientifico un_ ap·profon:dimento dell'arigomento· eh-e 1 raggiunge in un certo senso· il suo· -culmine nel co-nvegno indetto 7 eiblioteca.ginobianco

E'nzo V ellecco nella primav-era del 1966 a Fiuggi •dalla Conifederazio11e Generale dell'Industria. Su questo pia,no, però, i risultati ai -quali si giunse .furono alquanto modesti e le conclusioni fin tro1 ppo: semplici. Riconosciuta la necessità di un co·ntrollo 1 dei red-diti, e assunta come· misura-li1nite consentita del loro increm-ento quello registrato 1dalla pro·duttività ( « linea-guida »), risultava difficile la scelta fra l'adozione di una « linea-guida » m·e•dia per tutto il sistema e quella di un-a serie di « linee-guida » valide ciascuna per un singolo settore o comparto pro·duttivo. Nel primo caso, alcune •categorie 1di lavoratori avre 1 bbero potuto ben-efìciare di un in-cremento -di reddito sup·erio·re all'aume11to di produttività effettivamente realizzato nel settore ·di a:p,partenenza; e ciò avrebbe di necessità determinato aumento n•ei -costi. Nel secondo caso, si sareb·b-e accentuata la spere·quazione retributiva tra i lavoratori dei settori più dinamici e gli altri, con la consegt1enza di -condann.are, in un certo senso·, al ristag110 una parte delle forze pro 1duttive, op·pure di incoraggiare una rin-corsa ,di tutte le retribuzioni ,dietro quelle -più remunerative. Queste erano, per grandi li11ee, le co11clt1sioni più sig11ificative alle quali si giunse. Ma si trattava in re·altà della elabo·razio-ne di. « modelli » teorici, m,entre nessuno sforzo, o ,quasi, ven~va com·piuto nella ricerca di strumenti più idonei per avviare ad a,p,plicazione quella che -do-veva e voleva essere so1 prattutto· una nuova co·ncezio•ne di politica ,economica. In.vece le maggiori -difficoltà, si deve riconoscerlo, venivano sorgendo, e .più anco·rçi si sarebbero rese evidenti, proprio nella strumentazione, e quindi r1ella realizzazione ,di questa politica. La stessa esperienza britannica, dalla quale non si .p·uò, in ogni caso, prescindere, si veniva rivelando sem:pre più elo1quente al riguardo·. Si direbb-e, anzi, che è pro 1 prio dall'esame di qu-esta esperienza, ormai giunta al suo ·quarto anno di vita, ch,e si deve partire, se si vuole tentare di veder chiaro nelle co·se ,di casa nostra. La politica d-ei redditi è stata caratterizzata in Gran Bretagna da -due elementi. Anzitutto ,essa ha cercato di porre sotto· controllo· e disciplinare non soltanto l'andamento dei red·diti, ma anche quello dei prezzi. Inoltre, il ·go·verno- si è potuto avvalere di strumenti tecnici, come il N.B.P.I. (National Board of Prices and lncomes), che si so-no· rivelati di ·prezioso ausilio. Do,po una prima fase di ap,plicazio-ne, su bas.e· volo·ntaria, delle misure di contenim·ento -d-eisalari e· dei prezzi, durata fino al 1966, 8 Bibiiotecaginobianco

.. I L'anno zero della politica dei redditi nel corso della lotta che il governo conduce p•er rimettere in sesto l'economia del paese e sanare la bilancia d.ei pagamenti, si è dovuti passare a misure legislative di congelamento pressoché totale di tutte le retribuzioni. Ora il governo inglese si trova nella ne,cessità di richiedere una proro·ga di questi ,provv,edimenti, sia pure con sensibili attenuazioni, mentre le fo·rze produttive ap•paiono più o meno •decisamente contrarie. È anco·ra •difficile, quindi, stabilire fino a che punto questa politica .possa essere· ·co,nsiderata un successo. Qui interessa, però, rilevare che la politica dei redditi è riuscita, nel corso della sua ~pplicazione, ad affinare gli strum.enti e le tecnicl1e n•ecessari e a cam1 biare gli atteggiamenti delle forze che sono, protagoniste della vita econo:mica. Inoltre, si è potuto a·ccertare che, se a1ìche un blocco generalizzato e totale .dei livelli retributivi non ,poteva essere a lun·go sopportato, tuttavia il principio di una .disciplina dj tutti i redditi, co·m·prese le retribuzioni d,ei professionisti e dei diri,genti, e i dividen,di azionari, è entrato definitivamente n.ella pra-- tica consueta. In sostanza, giunti a questo punto, si ha la sensazione che il governo britannico si è forse •Comportato un po' come quel me·dico che, non conoscendo l'esatto dosaggio di un farmaco, ne prescrive una dose abbondante per evitare di rimanere al disotto di u11 minimo di efficacia, salvo poi a ridt1rla successivamente: tuttavia la scelta del farmaco è risultata opportuna. Ma veniamo al nostro paese. Tra le forze politiche italiane, solamente una parte della sinistra ha recepito il problema, face11dolo proprio. Oltre alle ben note posizio11i assunte dall'on. La l\tlalfa, non va dimetic·ato, tanto per far.e un esempio, che al convegno dell'Eliseo, in,detto nell 'otto,bre del 1966 dagli intellettuali a.d.erenti alla Costituente socialista, uno storico dell'economia, oltre che attivo militante -della sinistra, Leo Valiani, nel corso ,della sua ampia esposizione delle esperienze economiche della sinistra europea al potere, tra le due guerre, sostenne con efficaci accenti la necessità di av·viare anche in Italia una seria politica dei redditi. Prima di entrare nel merito di un discorso su questa politica in riferimento alla situazione italiana, appare opportuno, però, tener conto di qualch-e considerazione. La politica dei redditi è nata, come si è ,detto, in paesi con regime di pieno· im·pie,go e tende soprattutto a superare uno squilibrio perman·ente della bilancia dei pagamenti. In Italia, siamo ben lungi ·dal pie,no impiego e per fortuna non esiste un deficit dei conti 9 Bi bi iotecaginobianco

Enzo Vellecco con l'estero. Una politica dei redditi andreb·be quin,di orientata diversamente e utilizzata per altre finalità: per individuare le quali non ,ci vuole molto. Anzitutto essa dovreb·be tendere a contenere· lo sviluppo eccessivo di alcuni consumi e ad accrescere gli in11estimenti. Vale a dire che una politica dei re1 d1diti in Italia dovrebbe essere intesa come strumento che imp·edisca alla crescita del sistema e,conomico di risolversi unicamente in un vantaggio per determinate categorie sociali, per certi setto•ri e per alcuni territori, lasciando indietro una parte e magari una grande parte del paese. L'incremento del reddito nazionale dovrebbe essere, cioè, impiegato, in maniera assolutamente prioritaria, ad accrescere in profondità ed estensione il potenziale produttivo per assorbire le larghe fasce di disoccupazione e sottoccupazione esistenti. Inoltre, nelle sfere pubbliohe •dell'economia, il controllo dei redditi dovrebbe consentire più cospicui investimenti anche ai fini della •dotazione del paese 1di beni di utilità collettiva. Una politi,ca ·dei redditi assumerebbe ·perciò da noi un interesse ·di ordine· so,ciale preminente, ch,e investirebbe ancl1e la solt1zione di alcuni pro·blemi strutturali •dell'economia italiana. Tuttavia no·n sarebbe, questa politica dei redditi, così drasticamente e in,discriminatamente ne·cessaria in tutte le ,dir-ezioni, come· ad ese.mpio in Gran Bretagna; e non avrebbe, comunque, quel carattere di immediata e quasi dra.mmatica urgenza. In effetti le finalità di una politica dei redditi i11Italia appaio110 larga.mente coin·cide·nti con quelle che si sono assunte alla base della programmazione. E malgrado le cose più •Contrastanti che sono state dette e scritte al riguardo, sembra inne·gabile che una politica seria di progran1mazione no11 possa ignorare le mo·dalità di formazione e ·distribuzio•n.e del reddito. Se non si è giunti ancora, su questo argomento, a delle conclusioni definite e p·acifìche, è forse so1tanto perché il dibattito al riguardo non è stato se·mpre con.dotto ·co·n la serenità e la .profondità necessarie. Le fasi attraverso le quali esso si è sviluppato sono fin troppo note perché possa apparire necessario richiamarle. Sembra invece essere ,giunto il momento di fare il punto sulle posizio11i di arrivo .delle div·erse parti. Tralasciando, i sostenitori convinti d,ella politica dei red-diti, il campo si è diviso nettamente in due. Le forze ,politiche ed eco·nomiche legate al mondo imprenditoriale hanno manifestato un atteggiamento· di tiepida adesione senza nascondere un· più o meno 10 Bibliotecaginobianco

I L'anno zero della politica dei redditi velato scetticismo. Esse hanno detto sì alla politica dei redditi anche senza crederci tro:ppo, ma per non perdere 110,ccasione di utilizzare una possibilità eventuale di contenim.e·nto dei salari e delle retribuzioni in genere. La sinistra politica e sindacale, e non solo quella di opposizione, si è schierata in larga parte co·ntro la politica dei redditi perché vi ha visto un sistema, p.er giunta generalizzato e automa-- tico, di blocco ·d.elle retribuzioni: un. rimedio· di politica economica deflazionistica, di sottile ispirazione conservatrice e padronale. Soltanto quando il dibattito ha cominciato ad articolarsi sufficien{emente, e alcuni co·ncetti si sono venuti -chiarendo, la sinistra ha cercato di far valere, so,prattutto, la difficoltà di applicare 1nisure di controllo ai redditi ,di capitale e ·di lavoro· indipendente, per questo ribaden-do •Che la politica dei re·dditi si sarebbe risolta in un contenim-ento a senso unico. Q·ueste prese di •posizione, talvolta vivaci ed accese, non hanno impedito, tuttavia, che della politica dei red,diti si fa,c.esse menzione in documenti ufficiali di gov,erno, in relazioni e dichiarazioni dei responsabili della condotta economica del paese. Ma, come spesso acca•d.e in Italia, è difficile distinguere l'omaggio rituale, che si rend.e a·d un problema, dalla volontà e capacità di affrontarlo seriamente, fino al punto da verificare la possibilità di una ,piena assunzione o di un rifiuto. Soltanto in corrispondenza -della campagna elettorale politica d~lla •primavera scorsa si è avuto modo di cogliere· su questa materia, tra il battage propagandistico, qualche affer1nazione con un carattere più impegnativo ed autentico. Chi si provasse a sfogliare la collezione del settimanale « L'Espresso » d,ei mesi di aprile e maggio, troverebbe gran parte di queste affe·rmazioni. Attraverso una serie di interviste, dibattiti e tavole rotonde che hanno chiamato in causa esponenti autorevoli della vita politica si è potuta manifestare sulle colonne di quel settimanale una contra,pposizione sufficientemente puntuale ed esplicita delle diverse posizioni i11torno ai problemi del paese. E la politica dei redditi ha avuto la sua parte. Anche soltanto a titolo ,di esempio si potrebbero citare diverse dichiarazio·ni fatte in quella sede, tutte di notevole valore; ma motivi di particolare interesse è dato cogliere in alcune affermazioni dell'on. Mancini: « È il mio partito » - ha replicato l'ex ministro dei l.,avori Pub-blici ad una precisa -domanda - « che deve dare una risposta alle sollecitazioni di La Malfa sulla politica dei red·diti. A 11 ~ibiioteca.ginobianco

Enzo Vellecco me pare· che questa risposta i so,cialisti l'abbiano già data qualche anno fa, quando hanno· dovuto assumersi le loro respo-nsabilità durante l'avversa congiuntura e,conomica. Non abbiamo· temuto, in quella occasion-e, i pe·ricoli dell'impo·polarità, :i quali, per un partito di massa com'è il nostro·, son b-en più ip,esanti eh.e pe·r un partito di scarso peso numerico. La situazione è o·ggi_,pe·r fortuna, diversa da quella di allora. Non mi pare che l'Italia abbia bisogno di una soffocante austerity che rischierebbe anch-e di alterare il suo svilup•po. Ab-biamo bisogno soltanto -d'impiegare bene le nostre risorse, senza dispersioni, sprechi, i11iziative anti-econo·miche. A qu-esto serve la programmazione». Da questa ,dichiarazio 1 ne sembra e·mergere· t1na piena consapevolezza del pro·blema, ma anche, se vo1gliamo, la convinzione di doverlo affrontare e risolvere in materia implicita -e, starei per dire, tacita. È forse la posizione che molti, anche senza avere il coraggio di ·dirlo ape·rtamente, hanno -di fatto assunto. Ma questa posizione, se è in un e-erto· senso la più facile, è anche la più pe·ricolosa e, fo·rse, alla lunga, la m-eno efficace. L'·esame di qualche caso concreto potrà apparire più conveniente. In un articolo apparso ne « Il Mulino » del marzo scorso a firma di Giuliano Mazza, nel quale si commentava una lunga vertenza sin-dacale •da po·co -co-nclusa, do-po av-e·r lamentato che le organizzazioni dei dirigenti alla vigilia di ogni lotta sbandierano sulla stampa di non avere alcuna riven-dicazione da fare alle aziende, mentre a risultato acquisito godono gli aumenti ,percentualmente maggiori, si affermava: « n,ella dialettica delle· contrattazioni si è avuta l'impressio-ne ch·e alle spalle ·delle· aziende vi fosse la pres•- sione del governo· per -cercare ,di limitare le richieste in vista delle esigenze della programmazione. Si sare·bbe dovuto fare un discorso sincero ad una catego·ria responsabile ,ed evoluta come qu-ella dei bancari. Si sarebbe dovuto indicare chiaramente e senza reticenze il prezzo da pagare p•er la programmazione e non tenere· in agita-- zion-e per un inte·ro· anno un settore così delicato per la vita della nazione. La programmazione e il p·rogresso e-conomico e pro,duttivo si otterranno responsa·bilizzando i lavo·ratori e non tenendoli all'oscuro ,dei co·mplessi pro,blemi dei quali verranno investiti, altrimenti una così lodevole iniziativa della parte più sensibile e responsabile della classe politica al governo sarà in,evitabilmente destinata al fallimento ». La considerazio11e di questo caso, che vuole essere solo un esempio, consente di constatare tutta la debolezza intrinseca e an12 Bibiiotecaginobianco

" I L'anno zero della politica dei redditi che il cattivo esempio di una politica dei redditi che venga applicata •dove e quando si ,può, tacitamente e unilateralmente. Si entra, per questa via, a •contatto con le im·plicazio·ni sociali, politiche e perfino psico1o•giche del problema: aspetti che non sono da sottovalutare se lo si vuole affrontare concretamente e risolverlo·. Non si può parlare in nome di una politica generale dei re·dditi lasciandola ,disattesa e facen-dola valere soltanto nei punti deboli dello schieramento· sindacale. Non è su qu,este basi che si .può impostare se·riamente 1 una nuo•va politica economica. F'orse, al punto in cui siamo, sarebbe o·pportuno cominciare col riconoscere che esistono innegabili difficoltà per affrontar,e globalmente e· co11 efficacia il pro·b1ema del controllo sulla distribuzione· del re1ddito. Sono diffi,co1tà molteplici eh.e ·derivano dalla mancanza di istituti ade·guati e forse di una volontà decisa, ma anche, non dobbiamo dimenticarlo, dalla man·cata attuazione di alcune riforme basilari ,ed indispensabili. È lo stesso on. Colombo che, in una delle interviste apparse su « L'Espresso » e delle quali si è detto, afferma: « per realizzarla (la politica dei redditi) dobbiamo anzitutto attuare seriamente il piano e su questa base ricercar.e un impegno politico delle organizzazioni sindacali, perché nella loro autonomia valutino l'opportunità di una crescita equilibrata ,dei re1dditi di lavoro. Infine, per controllare i redditi di capitale, dobbiamo attuare 11na riforma tributaria seria ed ·approvare una legge efficace sulle· società per . . az1on1 ». Non si può, quindi, onestamente pretendere di applicare una politica dei redditi generalizzata, quando mancano gli strumenti indispensabili per applicarla in tutte le ,direzioni. Va ricordato, inoltre, che una politica dei redditi non può andare d-el tutto disgiunta da una politica dei prezzi. E in fatto di possibilità nel controllo dei prezzi, il nostro paese no11 appare certo molto dotato. Il riconoscimento di qu,este difficoltà costituisce forse la via più i1donea per intrap·ren,dere un -cammino sicuro, an,che se lungo, e di giungere alla possibilità di un co·ntrollo effettivo e totale del red,dito ·distribuito. Si impone, quindi, il riesam 1e di tutta la tematica che è stata alla base del dibattito sulla politica dei redditi. La ·discussione va incentrata sugli strumenti che· siano in gra,do di realizzare ·quella politica. Una ricerca condotta in •questa direzio•ne potrebbe essere ,quanto mai proficua e troverebbe sul suo cammino forse anche dispo·nibili forz.e politiche e sindacali che ·finora .hanno preferito trincerarsi ,die13 ~ibliotecaginobianco

Enzo Vellecco tro comodi dinieghi. Inoltre, t1na volta- sgon1berato il campo dalle generalizzazioni e dai miti, che vorrebbero fare app·arire facile .e possibile ciò che no·n è, si potrà scoprire che quanto· sembra per ora arduo sostenere nei co·nfro·nti di tutto il sistema econon1ico è possibile realizzare, con approcci sem·pre più efficaci, in alcuni settori. Non può sfuggire, a questo· punto, quanto ha ,dichiarato Sylos Labini 1 : « la politica 1dei redditi de·ve essere fatta direttamente dallo Stato, in primo· luogo attrav,erso la politica retributiva verso i suo-i dipen.denti; in secondo luogo attraverso la politica creditizia, rilanciando· l'edilizia -che dà lavoro alla gran massa degli o·pe·rai non qualificati o po·co qt1alificati; in terzo luogo attraverso una contrattazione più sistematica dei valori, a livello ,del Ministero del Lavoro: qui si tratta di indivi 1duare volta p•er volta le in,dustrie più produttive, da cui partono i maggiori impulsi agli aum.enti salariali, no·n solo per contenere questi aum-enti, ma anche per ridurre in una ·certa misura i prezzi». Questo sembra veramente il mo,do idon,eo a far compiere alla politica dei redditi un passo in avanti. Si indica, co·me suo possibile campo di applicazione concreta e immediata, il settore del pubblico impiego e non si dimentica di segnalare che, nelle contrattazioni collettive, si debbono anche tenere d'occhio i prezzi. Perché il destino della politica dei redditi è proprio questo: o si hanno effettive possibilità di applicarla. seriamente o non se ne fa niente. Si tratta di una politica « scomoda » che non concede benefici diretti a nessuno e che chiede, anzi, dei sacrifici. La sua 11tilità è soltanto « obbiettiva» e si riferisce all'economia del paese in generale. Ora, nell'ambito ,del settore pub·blico, inteso questo termine nella accezione .più lata, includendo•vi cioè lo- Stato- e il parastato, le aziende nazionalizzate e municipalizzate, gli enti mutualistici e previdenziali, le aziende a partecipazio·ne pubblica, gli enti pubblici economici e le aziende auto·nome, una politica d,ei redditi è eff~ttivamente attuabile, an,che subito. E non vi so·no rischi di creare squilibri e sperequazioni. Bisogna essere co·nsapevoli, p,erò, del fatto che il punto da cui si parte è estremamente arretrato·. Certe « superliquidazioni », avvenute te·mpo fa a beneficio ,dei di.p,endenti di aziende municipalizzate e di istituti previdenziali, hanno dimostrato, con effetti cla1 Cfr « L'Espresso » Anno XIV n. 23. 9 giugno 1968. 14 Bibiiotecag inobianco

I L'anno zero della politica dei redditi morosi, a quali livelli ci troviamo in fatto di disciplina delle retribuzioni. Quanto poi agli strumenti, o.gnuno ricorderà la nota ve·rtenza tra previdenziali e statali pe·r stabilire il rispettivo livello retributivo e per acce·rtare }'.esatta applicazione di una legge varata n•ell'immediato dopo1guerra. Ci vollero mesi di lavoro di una speciale commissio·ne per stabilire a -quanto ammontavano effettivam,ente le retribuzio-ni ,degli impie·gati delle ,due categorie. Appare superfluo ribadire che una politica dei r•e·dditi non significa assolutamente bloc-co dei salari e degli stipendi. Ovviamente essa non deve neanche comportare assurdi liv,ellamenti delle retribuzioni, che urtano· oltre tutto contro il principio della sempre più articolata e specializzata qualifica dei dipen•denti. Ma p•er poter avviare una ·disciplina ,d.ei redditi, anche soltanto nel settore pubblico, appare in,dispensabile partire -da presupposti ben definiti: conosoere lo• stato· attuale della situazione, determinare gli obiettivi da raggiungere .e renderli noti, con chiarezza. Viceversa si determinano confusione e incomprensioni e le opposizio-ni di principio ten•dono· inevitabilmente ad aum,entare. Si deve poter riuscire a dare ad o-gnuno• la sensazione precisa e inequivocabile che si agisce su tutti. Quan·do si saranno poste queste prem,esse, allora i sin·dacati dovranno anch'essi asst1mersi le· proprie responsabilità. Da parte loro si rende sempre più nec.essaria la piena ·consapevolezza •dei fini -che intendono perseguire, senza a·bbando·narsi ad un generico rivendicazionismo. Sarebbe ora, ad •esempio, che almeno nel settore pubblico i sindacati si rendessero conto di non avere, dall'altra parte, nel corso· ,delle vertenze, il << capitalista », ma lo Stato e il capitale pubblico. Ci .possono esser.e pro-ble·mi ·di perequazioni, talvolta molto seri, che interessano settori e categorie di dipendenti pubblici. Per questo· le rivendicazioni vanno impostate dive·rsamente, in maniera più articolata, magari per singole categorie, non per determinare « beneficiate » generali. Sarebbe un utile esercizio di responsabilizzazione del sindacato, per il quale i tempi sembrano ormai maturi. E sarebbe, per la politica dei redditi, un ·primo valido banco di .prova. ENZO VELLECCO 15 Bibiiotecaginobianco

La scalata di Bernabei di Michele Ben.son Nuovo terremoto alla Rai-TV? Gli ultimi venit'anni di attività e di ges.tion·e di questo fondam.entale servizio p,ubblico ci hanno a,bituati ad ogni gene·re di rivolgimen 1ti interni, di •colpi •di p1otere, 1di fatti compiuti. Non sorp,rende per,ciò il sen·so .delle in:discTezioni che circolano liberamente da u·n mese, n 1on .smentite e p.er:ciò de,gn.e di oredi,to: a viale Mazzini si tenta di ·aggiustare una situazione interna sconquassata .da rivalità politi 1 che e perso,nali con un'operazione in grande •sitile,·contrassegnata da un 1dup1ice sco•p,o: quello, ,prin,cip,ale, di raffo,rzare il piredominio del grup 1 po aziendale· ·di p,otere che fa cap10al1l',attuale direttore generale, Ettore Be,mabei; q,uello, complementare, ma necessario p,er realizz.are il primo, di salvaire1 gli interessi .degli altri grup·pi di potere in gio1co. E si tratt,a di interessi non semp,re facilment,e etichettabili, an.che ·se si pa,rla, di volta in volta, -di centri -di influe~a facenti capo ai clerioo~modera,ti, ai cattolici ,di sinistra, a questa o quell,a corrente· socialista. L' elemenito catalizzatore della vicen1d·a è anco·ra una volta il dott. Beirnabei, il quale ,app,are intento a dosare la Viarietà e la co·mplesisità .dei •con,dizionamenti interni ed este,rni in funzione dell'imp·ro1nta,che ha già imp1 resso all'ente in sette anni di direzio·ne e che, a giu:dicare dai fatti, i,ntende accentuare: u·n'imp,ro1 nta che ·h·a,c.aratteri,stich·e p,rieciise,sia •oo·meindirizzi gener:ali :di attività :dell'azienda, si,a come metodi di gestion·e. La direzione Bernab,ei, i·n verità, è semp·re stata 1aoco1 mpagnata da p,olemiche e co1 nte·stazioni. Principale accusa rivolta a Bern.abei è stata quella di usare dei suoi poteri per servire n•on già i fini gene:rali d.ell'ente, quanto piuttosto i 1fini partioola1ri della p1 airte politioa - 1a sinistra cattoli,ca - cui lo stesso Be:rnabei deve la propri,a ·ascesa alla RJai. Co,rollario, -di questa, è l'accusa di agire con estrema spregiu:dic·atezza. p,er impor,re .m.etodi e criteri, ,di super,are ,all'occorrenza i limi 1 ti statutari •delle sue com-· p·etenze, soprattutto di muo•versi più n,ell'·oscuro· gioco di potere e di sotto-potere che alla luce di un libero confronto· di p·o,sizioni. È ce~to che, anche n·ella presente occasio·ne, il p 1rimo rilievo che· viene spontaneo riguarda la circo 1stanza che, nell'affro,ntare un discorso, sulla Rai, ancora u 1n!a volta - in mancanza .di dati oerti, di di,chiairazioni, ·di p~oposte ufficiali - biso1 gna ricorrere alle in.du16 Bibliote.caginobianco

I La scalata di Bernabei zioni, alle indiscrezioni ,di p,arte, alle non disinteressate· fughe di n.otizie. Mentre si veniva ,apprestando il più grande ·riv0Igim1 ento interno dell'ente, •non v'è stato, all'interno o .all'este·rn.o, alcun ap·erto dibattito, alcun 1ibero, ,confiro,nto ,di idee e di tesi. Tutto avvie·ne nel1' om.bra, non diversamente .da qualsiasi altro c·entro di potere in cui siano a confronto· interessi p,artic.olaristici più che esigenze obbiettive, di fon,do. Ciò, n,aturalmente, no.n può che conferire particol,a·re :asprezza alle polemiche sulla Rai in co,rso nel paese, e insieme accentua·re il di,stacco tra ,due ordini cli polemiche· eh-e gira·no vo.rticosamente e semb1 ra1 no non doversi incrociare mai: quella generale, esterna alla Rai, -che riguarda i po,ssibili modi per migliorar.ne J' 1 attività e· la funzione; qu·ella particolare, interna, che -se 1 mb,ra continui a ·rigu·ardare solo l1 a distribuzione ,del potere, al di fuori ·di o·gni V'aglio obbiet,tivo. E se il gra:do della polemica generale sembra avere avuto al.meno l'effetto idi bloccare per il momento, l'operazione, tr•asferendola nel « p·a·c-cl1etto » delle prossime· trattative .di governo, non ·sem·b,ra •p:er il 1 resto ·che si sia fatto alcun p.asso avanti in ,direzion·e di un oh.biettivo dibattito criti 1 co sull'intero problema. Si p,uò i,ntanto cominci,are con il chied.e·rsi se l'attuale -cri,si sia un semplice episodio della febb·re endemica ,dell'ente radiotelevisivo, destinata a spegnersi ,e a riaccendersi in futuro, o se no,n ci si trovi ormai vicini all'oisso ·del ·problem·a. È certo che questa vo1ta il rivolgimento interno, l'ultimo ,di una fitta serie iniziata nel '47, presenta almeno· ,due aspetti in·soliti: le p1 roporzioni cl.ella rio·rganizzazione progettata dall,a ,direzione generale dell'ente e la pubblicità che è scoppiata intorno ad essa (co1n relative reazioni a catena) prima che si ,creasse il fatto compiuto nei riguardi sia degli organi ,di controllo della Rai, sia ,della classe politica no1 n « complice », sia dei comp 1 ete·nti organi .del Pa,rlamento, sia d1 el paese tutto. Per avere un qua.dro il ·più possibile esatto ,di ciò ohe è avve:nuto e del punto ,cuj son·o giunte le cose, esamineremo partitamente questi due· elem.enti. V1sto dall'esterno, il « terremoto» che il prin-cipale grup 1 po ·di potere della Rai si app,restava .a compiere si riso1ve in un -colossale piano di p·,ro•mozio 1 ne collettiva, attraverso un ,rivolgimento e una rotazione intern·a che, secon.do notizie ·attendibili, finisce, di co·ntraccolp.o, col riguard·are quasi cento .dirigenti •SU centottanta. Per quanto riguarda in particolare il vertice dell'azienda, il pro·g·etto prevede. una eccezio-nale p,roliferazio)ne ,di ,cariche .e funzioni. A1 l po,sto del1' attuale direzio-ne centrale sup,erio,re verrebbero create tre direzioni generali; le direzioni centrali passerebber9 da otto a quattordici; le vi,ce-direzioni da- trentadue a sessanta. Maggiore incertezza regna sui 17 Bibiiotecaginobianco

Michele Benson nomi ,degli uomini ,destinati ai nuovi posti e sull'avvicen-d·am-e,nto negli in·cari,chi lasciati liberi. Alcune in-dicazioni sembrano però sicure: ,così l'attribuzione .delle tr.e 1 nuo,ve ·direzioni generali a L.eone Piccio,ni (considerato· vicino· alla 1d·estra cattolica), al ,dott. Beretta (del gruppo « ·azie,n·dale » ,che fa ,capo a Bernab.ei) ·e all'ing. O·rsini; così la p,ro·mozione del « ,bernab,eiano » Pieremilio· Genna·rini .dall,a vice-direzione ·alla direzione gen.erale· dei programmi televisivi; così la creazione di una direzio·ne centrale che do·vr,ebbe unificare i programmi .educativi, da affi.d·arsi :al p.rof. Giusepp·e Rossini, p•roveniente .anch':egli ,dalla sinistra -cattolica; ·così soprattutto l'avvicendamento· alla :direzione del Telegiornale: Fabiano Ra·biani, .direttore di questo· delicato .settore da,l '66, p·asserebbe alla guida ,di una nuova direzione ,centrale, co·mp·ren,d-ente l'attuale segreteria centrale -e l;a progra 1 mmazione -dell'azien,da, lasciando il suo in-carico a Villy De Luca, sostenuto•, a quanto semb-ra, dall' ono,revole Pi,ocoli. « Vice » di De Luca ,diventerebb,e il so·ci:ali,sta « -demartiniano » Enrico Manca. Per quanto rigu·arda gli altri nomi, o almeno i più rapp 1 resentativi, le vo·ci so·no .diffi,cilm.ente verific·abili e le eti,ch.ette, le « p,ate1rnità »; in,cont1 rollabili. È ,certo1-comun,que c·he il p:ro,getto costituis,ce un opportuno- ,dosaggio - •sul piano degli ·equilibri p·o.Jitici interni ed esterini - di alm-eno tre -componenti:. quella « aziendale» che dal '61 (e p-er via ,di successive 1 affermazioni) fa ,capo alla direzio,ne generale di Ettore Bernab·ei, ·p1 roveniente ·dalla sinistra catto 1 lica, ma palesamente intenzionato a rafforzare un potere il più possibile autono·mo - ed è la -compone:nte -di gran lu·nga p·reminente; -quella, in veste -di comp,rim·a~io, ,che si può etic,hettare sotto la vo,ce « moderati cattolici» e che c·avalca sulle fortun-e 'politiche ;dell'onore·vole Colombo; quella, infin·e, socialista (a su·a. volta .no-n o•mog,en·ea), che è in una chiara e sistematica posizione ,di sub,ordine, a quanto se·mbra liberam,ente mercanteggiata .e accettata. Manip,olato 1 re del ,dosaggio, è il ,dott. Bernabei, uomo di spi,cc·ata personalità, che in sette an,ni di direzio·ne ,della Rai ha sap-uto concentrare nelle p,rop·rie m·ani poteri ma.ggio·ri ·di ·quelli p•revisti ,dallo statuto; oggi, a parte i ·co·ndizionamenti p•olitici esterni, .di cui ·an·che gli attuali avvenimenti sono, un ·riflesso·, B.ernabei è in posizione ,di pie·no controllo. Vedremo subito co1 me si è giunti all'attuale stato .di cose. È intanto interessante notare .che sbocco naturale della p-rogettata riorganizzazion·e è l'istituzionalizzazione ,dei po,teri già ,detenuti di fatto dal :direttore generale, attraverso l'acquisizione di una responsabilità diretta sui p·rincipali setto.ri dell'azien.da, in particolaTe di un co·ntrollo sul Telegiornale e in genere sui servizi giornalistici. 18 Bibiiote.caginobianco

I La scalata di Bernabei Il T'elegio·rnale è certamente il punto, nevralgico· del,l'attuale vice·n,da, tanto nelle o,rigini •co,me negli rsbo·ochi: u·n :servizio di tale vastità e p['ofondità di penetrazione (un1dici milioni ,di spettatori nella edizio·ne ·del.le 20,30) non p-uò, per s,ua natura, ·che essere al ce·ntro degli interessi e delle manovre di qualsiasi forza in grado di condizionarne il co·ntenuto. E1d è un disco,rso :che·va.le, anche se co·n minor rilievo ne,gli effetti, per altre trasmissioni giornalistiche·, a comincia1re da « TV 7 »; ma che per il Telegiornale raggiunge impoirtanza crescente, Te1 n:dendolo, centro 1di.laniato di p,ressioni. Quale funzio,ne debbono assolvere le prestazioni giornalistiche di un ·servizio .p·ubblico co,me la Rai? T'enteremo più oltre ,di re·gistrare lo, stato· ·delle polemiche, n.el paese, su questo punto: l'accentuata pressio,ne nel senso· di un'in.fo·rmazione o·bbiettiva e libera da vin·co.li e co,n.dizionamenti di parte, di una registrazione· non p·arziale della varietà e complessità -dei fermenti che agitano la no,stra epo·ca; insomma in direzione di un giornalismo ·radiotelevisivo che no·n sia suboridinato, come è .ed è stato, a questo o qu·el centro di potere. Se non affrontiamo subito il ·dis,corso, non è perché il no·do fonda,mentale d-el p1 ro,blema non sia lì: è perché non risulta che questo ordine gene·rale ·di co·nsiderazio•ni sia stato minimamente sfiorato nel corso delle vice,n,de che hanno po·rtato agli attuali rivolgimenti. L'o·pe·razione-Bernabei no•n ha ·alcuna proiezione « eisterna », nel senso· di un anche piocolo pa-sso verso un giornalismo mo:derno, di generRle impegno civile, più ·adeguato alla mutata realtà sociale del paese - ·né voleva averne; e se ne avrà, sarà solo co,me riflu·sso di un p1recario equilibrio interno, che può, di volta in vo,lta, rendere possibile qualsiasi soluzione, ,dalle più anodine alle più spre.giudica te: ma •CO·m.unqu·ien un arco di possibilità che co·m,pren·de solo le co·mponenti e gli interessi politici p·ropri alle forze -che giocano un effettivo ruolo· nella Raia In questo ,senso, l'operazione è esclusivamente « interna » e pienamente risp·ettosa delle regole della lotta tra centri .di potere, •Caratteristica non solo della Rai, ma della classe politica di cui le gerarchie della Rai sono, fìno,ra state· espressione. Il .di·scorso, a questo punto, non può ·che investire la direzione di Ettore Bemabei, l'uomo ·che, da sette anni, imp·ersona la Rai. Ex-diretto·re .del « Popolo », di osservanza fanfaniana, Bernabei giunge alila testa dell'ente radiotelevisivo ·come uo·mo· « di rottura » del vecchio equilibrio inte·iino, azien,dale, nutrito dal centrismo degli anni '50. La situazio·ne politico-sociale .del paese, agli inizi degli anni '60, è in via di p1rofondo m!utamento. L-a Democrazia Cristiana si volge a sinistra, il go·verno Tambroni ha segnato la fine dell'equili19 Bibliotecaginobianco

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