Nord e Sud - anno XI - n. 56 - agosto 1964

. .; ... - R iv i s t a me n s i l e d i r-e t t a d a F r a n e e s e o C o m p a g n a Giuseppe Galasso, Il P. C. I. e la « nuova u1zità » - Giuseppe Sacco, Le irtcognite del postgollismo - Giulio De Luca, L'asse attrezzato e l'area metropolitana di Napoli - Calogero Muscarà, La geografia e le Facoltà di Economia e Commercio - Nicola Pierri, Giulio Pastore. e scritti di Mario Albertini, Marisa Càssola, Vittor -Ivo Comparato, Nicola De Domenico, Cesare De' Seta, Augusto Graziani, Alberto Pascale, Leonardo Sacco, Franco · Sansone .. Altiero Spinelli. EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - NAPOLI .. Bibliotecaginobianco

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NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO XI - AGOSTO 1964 - N. 56 (117) .DIREZIONE E REDAZIONE: N a po I i - Via dei Mille, 47 - Telef. 393.346 - 393.309 Amministrazione, Distribuzione e Pubblicità : EDIZIONI SCIENTIFICI-IE ITALIANE - S.p.A. Via dei Mille, 47 --Napo I i - Telef. 393.346 - 393.309 Una copia L. 400 - Estero L. 500 - Abbonamenti: Sostenitore L. 20.000 - Italia ann.uale L. 4.000, semestrale L. 2.100 - Estero annuale L. 5.000, semestrale L. 2.700 - Effettuare i versamenti· sul C.C.P. 6.19585 Edizioni .Scientifiche Italiane - Via dei Mille 47, Napoli Bibliotecaginobianco

SOMMARIO Editoriale [ 3] Giuseppe Galasso Il PCI e la « nuova unità » [ 6] Giuseppe Sacco Le incognite del postgollismo [30] Note della Redazione La vecchia frontiera - Le « autorevoli voci » - Il tempo breve [ 45] Giornale a più voci Alberto Pascale Pai1ra del Gattopardo [53] Franco Sansone L'alba amara di Milano [57] Leonardo Sacco Cronache amministrative: Gravina [60] Documenti Giulio De Luca L'asse attrezzato e l'area metropolitana di Napoli [65] Discussioni Calogero Muscarà La geografia e le Facoltà di Economia e Commercio [79] V. Ivo Comparato Augusto Graziani Marisa Càssola Nicola De Domenico Cesare de' Seta Recensioni Le origini del socialismo in Italia [ 86] Il _piano fatato [91] Gli svaghi di Fonzi [95] Il ritorno di Fiedler [98] L'urbanistica e la sinistra europea [ 102] Profili Nicola Pierri Giulio Pastore· [106] Mario Albertini e Altiero Spinelli Bibliotecaginobianco Lettere al Direttore Unificazione· eitropea e « radicalismo astratto» [126]

... Editoriale Il secondo governo Moro ha sostituito, con lodevole tempestività, il primo. I mittamenti apportati alla compagine governativa, e concretatisi nell'allontanamento dell'on. Giolitti e dei fanfaniani dalle resp·o-nsabilità precedentemente detenute, e le contemporanee dimissioni dell'on. Lombardi dalla direzione dell'Avanti!, e - a nostro avviso - la stessa discitssione svoltasi al Contitato Centrale del PSI, sono fatti politica- ·mente importanti, che debbono essere considerati, nel loro insieme e nel l(?rOvario singolo significato, come momenti importanti non già di quella assai equivoca e poco accettabile « chiarificazione » che la destra richiedeva da mesi, bensì del necessario sforzo clie la maggioranza di centrosinistra ha il permanente dovere di compiere per rendere in ogni momento la sua azione pienamente congruente con le esigenze del paese. L'attitale configitrazio11e del governo Moro dev'essere perciò considerata non già co1ne un'edizione più a destra o più a sinistra della medesima formula, ma solo come l'articolazione dello schieramento di maggioranza clie prorriette di essere più efficiente nell'arrrionizzare nel prossimo avvenire lo sforzo riformistico e l'i11dispensabile azione congiunturale che ci si aspetta dal centro-sinistra. Ciò non significa auspicare per il governo scadenze vicine o lo11tane, a11che se, conie in regùne dernocratico-parlarnentare è perfettamente normale, ness,,,tn goverrio può essere ritenuto eterno e, se si -dà il caso, si deve procedere a crisi e a rimpasti. Significa, invece, c·he l'elemento più importante di tittta la situazione deve essere ritenuta la scelta stessa di centro-sinistra. Nessun dubbio deve essere consentito sul fatto che i partiti e gli uomini della maggioranza considerino questa scelta come un dato permanente della lotta politica italiana per tutto il futuro prevedibile. Il centro-si11istra e le possibili variazioni di compagini go_vernative in. cui esso possa eventualmente esprimersi non possono essere considerati come giochi parlamentari continuamente sovvertibili per il prevalere dei personalismi o per lo scatenamento di passioni politiche elementari, incompatibili co11 qu,ell'autocontrollo e quella misura che rivelano una democrazia adulta. In caso contrario, sarem1no bell'e giunti a quel grado di disfacimento della democrazia che caratterizzò l'Italia nel periodo 1919-1922 e la Francia sotto· la IV Repubblica con quelle conseguenze che tutti conoscono. Non si parli, perciò, con corriva leggerezza, di monocolori o altre formule che do3 BibHotecaginobianco

Editoriale vrebbero segnare monienti di pausa in attesa di edizioni più progressive o meno progressive - a secon.da dei desideri - dell'orientaniento di maggioranza. Questo era ancora possibile (ed ~ discutibile se sia stato del tutto saggio) quando tra l'ultimo governo Fanfani e il primo governo Moro si consentì il monocolore dell'on. Leone, perché allora la partecipazione det PSI al governo non era ancora iniziata. Al punto in. cui siamo oggi in Italia u1-zasoluzione di continuità nel consolidamento di una formula di maggioranza, che si va rivelando ancora più difficile del previsto, significherebbe esporre il paese a rischi imprevedibili. È nostra impressione che nessuno oggi in Italia possa giudicar-e con sicurezza fino a qual punto la situazione potrebbe precipitare _verso destra o verso sinistra. La giovane democrazia italiana Jia già attraversato, del resto, momenti del geriere. Nel .1947fu possibile organizzare, intorno all'on. De Gasperi, itno schieramento che p~r alcuni anni resse, nel complesso, positivaniente alle sue responsabilità. Perclié non dovrebbe essere possibile ottenere anche oggi un eguale sitccesso, su una linea politica e sociale tanto più avanzata, tanto più rispondente alle necessità permanenti del paese, tanto più storicamente significativa, tanto più suscettibile di non essere co•nsiderata (al pari del centrismo) come un espediente dettato dalla forza co11tingente delle cose? Non comprendiamo, perciò, il contiriuo anatemizzare di 1nolti ambienti della stessa magg·ioranza verso questo o quell'uomo sol perché egli appare in contrasto con una determinata possibilità di realizzazione del centro-sinistra. La deniocrazia it_aliana non ha tanti uoniini da potersi permettere di bruciarne in continuazione sugli altari dello spirito di parte. E, del resto, chi - come l'on. Nenni e altri autonomisti det PSI - affronta con tanto coraggio e senso di responsabilità una battaglia così difficile, e re·ndendosi ben conto dell'u.sura che ne deriva alla propria posizione personale, merita il rispetto, se non l'a1n1nirazione dei buoni democratici. Lasciamo un diverso atteggiame11to ai comunisti e all'on. Malagodi o, se vogliamo, all'estro dell'on. Fanfani; ma la democrazia italiana deve imparare - sotto pena di un prezzo che non si può prevedere - a noi1 far degenerare in irreparabili divisioni personali e a non tradurre in roboanti questioni morali le naturali divergenze di opinione che si possono dare nel suo ambito,_ e ciò tanto più quando permane addirittura un accordo sulla linea di fondo. Comprendiamo, invece, benissimo il richiamo che da tante parti si leva allo spirito di iniziativa di cui il centro-sinistra ha inderogabile bisogno, al dinamismo di cui esso non ha dato finora prove molto brillanti, alla concretezza e tempestività della sua azione, finora, sotto questo riguardo, carente. Il dinamismo non va certo confuso con l'agi4 ' Bibliotecaginobianco

Editoriale tarsi a vuoto o con il rnero spirito attivistico. Ma bisogna rendersi conto che c'è ben poco nel centro-sinistra (se lo si vuole con1e dev'essere) che possa essere pensato in termini di ordinaria amministrazione, si tratti delle rifornie o della congiuntura. L'on. Moro (e il centro-sinistra con lui) ha fatto ormai il suo noviziato. Ogni ulteriore appesantimento e attardamento dell'azione di governo 11ella ricerca di irnpossibili perI ezionismi o di banali compromessi non potrebbe essere perdonato più da nessuno e, quel cl1'è più grave, aprirebbe la porta a tutti i fattori di disgregazione che questa formula di n1aggioranza porta, come tutte le altre, in sé. Se poi il problema era quello di guardagnar te1npo, se n'è .guadagnato, a nostro avviso, anche troppo. 5 Bibriotecaginobianco

Il P. C. I. e la «nuova . ' unita>>·· di Giuseppe Galasso L'inopinata caduta del primo governo IVloro alla fine dello scorso mese di giug110 ebbe, tra gli altri suoi effetti im1nediati di maggiore e di minore rilievo, la sospensio·ne della riunio-ne del Co1nitato Centrale del PCI dopo appena due giorni di lavori. Si era, infatti, cominciato - nel pomeriggio del 24 giug.no - con una lu11ga relazione introduttiva dell'on. Longo che portava, secondo l'uso comunista, un titolo interminabile: « Unità e autonomia del movimento operaio nella lotta per una politica di riforme e di programmazio-ne ». La relazione riprendeva e ripeteva i noti giudizi degli organi direttivi del PCI sugli sviluppi della lotta politica e sociale in Italia durante gli ultimi due o tre anni. Il centro-sinistra vi veniva presentato come un illusorio_ disegno politico volto a promuovere e a realizzare «alcune importanti riforme eco.nomiche e sociali», senza tuttavia «modifi- . care radicalmente e organicamente il meccanismo, ·il sistema_ di potere, gli orientamenti produttivi del sistema che regge l'economia italiana ». · La « sostanza conservatrice » di questo disegno sarebbe però emersa a poco a poco, a partire dal momento- in ct1i, alla vigilia delle elezioni del 1963, la DC avrebbe fatto segnare una « battuta d'arresto » rispetto agli impegni da essa presi in precedenza. Gli ultimi discorsi parlamentari dell'on. Moro, nei giorni che precedettero la crisi del suo governo, avrebbero poi smascherato del tutto l'equivoco sul quale la formula di maggioranza si reggeva; e, attraverso la richiesta, rivolta dal Presidente del Consiglio ai sindacati, « di accettare stabiln1ente una subordinazione della loro lo_tta ai livelli di produttività », avrebbero addirittura denunziato un'aperta mano-vra tesa « a trasformare il tipo di democrazia, che, be])e o male, ha regolato, finora la nostra vita nazionale, per aprire la strada a un nuovo tipo di potere, autoritario nella sua struttura e corporativo per il suo atteggiarsi nei confronti degli interessi economici e sociali ». Tutto ciò, naturalmente, non accadeva senza ragione. Il centro-sinistra in tanto si era potuto attuare in quanto era stato chiaro fin dapprincipio che « la direzione reale » ne sarebbe stata assicurata ai gruppi moderati e co-nservatori della DC; e per questa ragione i comunisti avevano guardato « con grande scetticismo » a quanto i socialisti « avrebbero voluto e saputo fare » nel ---quadro della nuo-va 6 \ Bibliotecaginobianco

Il P.C.l. e la « nuova unità » formula. Senonché le loro previsio,ni pessimistiche erano state superate « dai continui cedimenti della delegazione socialista al governo e dello stesso P.SI », che avrebbero rafforzato « l'ipoteca conservatrice sulla nuova maggioranza»; e perciò era ancl1e mutato il tipo di o•pposizione del PCI al centro-sinistra, che inizialmente intendeva tener conto· « degli elementi positivi che potevano essere espressi dalla nuova formula ». A questo punto la relazione di Longo si allargava a considerare ·i mutamenti strutturali che avevano determinato la situazione economica e politico-sociale di fi11egiugno, e li individuava nella « rottura dell'equilibrio capitalistico italiano e del suo meccanismo di sviluppo ». Il precedente « sviluppo, abbandonato alla anarchia del profitto·, co11 la totale assenza di una seria ed organica politica economica », aveva impedito « la creazione di un sistema stabilmente autopropulsivo » e aveva creato « ostacoli sempre maggiori all'ulteriore sviluppo, frenando la modernizzazione degli stessi settori produttivi più avanzati »; e, d'altro canto, il contemporaneo raggiungimento di una quasi piena occupazione delle forze di lavoro aveva determinato la rapida e repentina espansione salariale degli ultimi tempi e reso con ciò più difficile il processo di accumulazione e di autofinanziamento delle imprese. Di. questa situazio·ne di difficoltà intendevano avvalersi le forze conservatrici, cl1e avevano perciò elaborato la « teoria dei due tempi » (prima il risanamento co·ngiunturale e poi le riforme) e la « linea Carli » (compressione dei salari, dei consumi e della spesa pubblica), senza rifiutare del tutto le riforme, ma trasformandone il contenuto e il significato, e soprattutto - attraverso il ricorso all'aiuto finanziario del MEC, ossia, in pratica, della Francia e della Germania - allineandosi al « processo di degenerazione autoritaria e di logoramento della vita democratica » in atto negli altri paesi del MEC, e specialmente nella Francia gollista. Un quadro così fosco, ancor più accentuato dalla ostentata sicurezza nel proporre il proprio giudizio e le proprie interpretazioni, non poteva, tuttavia, dar luogo ad un vivo senso di frustrazio•ne sia per il passato che per l'avvenire? L'on. Longo· dichiarava di non « chiudere gli occhi din~nzi ai pericoli di demoralizzazione e di qualunquismo·»; riaffermava « il valore positivo » delle lotte sindacali e dell'azione politica comunista svolte fino ad allora; sosteneva addirittura che « il giudizio sullo stato del movimento· operaio poteva essere largamente positivo, sia per il valore materiale delle conquiste realizzate, sia per il fatto che pesanti manovre politiche e la sempre più. aperta contrapposizion~ delle varie posizioni dei partiti che hanno una diretta influenza sulle classi lavoratrici, finora, non hanno sostanzialmente intaccato i rapporti unitari nelle lotte sindacali e l'unità della CGIL ». 7 Bib.liotecaginobianco

Giuseppe Galasso Per il futuro, poi, il compito era chiara1nente quello di i1npostare un'azione di massima capace di far « saltare » la linea Moro-Carli-Colombo. Bisognava evitare tanto la tentazione di raccogliere e incanalare il malcontento delle masse, dando ad esso espressione in un movimento immediato, ma « ignorando la necessità di orientare questa lotta su una prospettiva più complessa e organica e di elaborare perciò una piattaforma e un'azione unitaria per la formazione d~ u11a nuova maggioranza », quanto il pericolo opposto di trascurare la lotta delle_ masse per dedicarsi interamente alla elaborazione di una linea politica e propagandistica. Allo stesso modo, mentre 110n esisteva « una linea più arretrata di quella a:pnunciata da Moro che abbia possibilità di essere in1posta al paese », non c.'era però alcun dubbio cl1e il g.overno Moro dovesse essere rovesciato « perché... giunto a un grado tale di involuzione da costituire ormai un ostacolo a ogni pro·gresso sociale e politico ». Il problema di una nuova maggioranza era reale e poteva ricevere soluzione concreta, comprendendo anche i comunisti : era questo il discorso che i co·munisti dovevano proseguire con i loro interlocutori. Le reazio-ni del Comitato Centrale alla -relazione Lo11go nell'unico giorno di _d~battito furono svariate, ma denunciarono chiaramente alcuni punti essenziali per la valutazione della posizione· attuale del PCI in. Italia. Nella relazione, ad esempio, nessun accenno, sia pure _vago e lontano, era stato fatto al significato che l'azione del partito- e l'auspicata costituzione di una nuova maggioranza potevano avere nei riguardi del proolema di realizzare l'istanza dell'avvio alla realizzazione della società socialista in It~lia. Il senatore Scoccimarro sollevò, tuttavia, il problema e dette ad .esso una risposta non perfettamente ortodossa dal punto di vista dell'impostazione direzionale. Il senatore comunista manteneva ferma la distinzione tra lotta per la democrazia e lotta per il socialismo, e ribadiva con fermezza quel carattere strumentale della prima rispetto alla seconda, nel quale consiste « in concreto la via democratica al soci~lismo ». I due pericoli maggiori, secondo Scoccimarro, erano, da un lato, quello- che il partito si lasciasse trasportare dalle sue propensioni attuali verso il riformismo democratico, a rimorchio di iniziative e realizzazioni politiche disegnate e deliberate da altri; e, dall'altro lato, una insufficiente valutazione del carattere stretto e vincolante che il principio dell'unità operaia e democratica deve avere dal punto di vista classista e che deve essere riaffermato, perciò, senza indulgenze di nessun genere verso i socialisti. All'impostazione di Longo, tutta tesa a raggiungere un equilibrio funzionale tra linea politica e azione organizzativa di massa, nella presunzione di essere nella giusta posizione in entrambi i settori, Scoccimarro contrapponeva perciò ri8 \ Bibliotecaginobianco

Il P.C.I. e la « nuova unità » chiami indiretti e un po' ermetici, n1a tuttavia ben compre11sibili, ad una problematica sulla quale il partito chiarame11te dimostrava, attraverso la relazione Longo, di non gradire il discorso. Dall'altro lato si poneva, invece, il si11dacalista on. Scl1eda. Questi, pur accogliendo formalmente, e talvolta addirittu.ra testualmente, le posizioni fatte valere dall'on. Longo, non mancava di rilevare come a11che la linea (moderata, secondo Scocci1narro) della relazione introduttiva ai lavori del Comitato Centrale non potesse faciln1ente e integralmente essere accettata dalla stessa CGIL. Dire di no alla politica dei redditi 11011 poteva significare, a suo avviso, rinunciare « a portare avanti un discorso unitario» sul terreno sindacale. Qui la situazione appariva difficile non solo per l'irrigidimento padronale, ma anche per « alcL1ne incrinature interne che il movimento sindacale, nel suo complesso, ha registrato in questi ultimi tempi, e non poteva non registrare per la difficile situazione politica ». Così, aggiungeva l'on. Scheda, « da parte di settori cattolici e anche di certi settori socialisti vengono talvolta proposte al movimento sindacale scelte che implicano uno spostamento rispetto all'impegno unitario delle grandi lotte dal 1960 al 1963. Queste posizio11i creano incertezze sulle effettive possibilità di portare al st1ccesso le lotte in corso, incoraggiano il padronato nella sua offensiva ». Ma la conclusione dell'autorevole sindacalista era che, nonostante tutto questo, « sarebbe astratto concepire un rapporto sindacato-lavoratori, che superi, che travolga la necessaria dialettica tra le correnti all'interno della CGIL e nei rapporti con gli altri si11dacati »; e cl1e restava ferma « la necessità della partecipazione autono1na del sindacato - nel rispetto assoluto del sistema democratico e delle prerogative del Parlamento - - al dibattito, a tutti i livelli, e alle lotte per la programmazione democratica ». Così l'on. Scheda presentava un sindacato di sinistra messo in condizione difensiva piuttosto che (come aveva fatto l'on. Lo·ngo) offensiva; e soprattutto faceva valere (chi vuol capire, capisce) anche nei riguardi del PCI quella esigenza di autonomia dell'azione sindacale che l'on. Longo aveva avanzato a senso unico verso democristiani e socialdemocr~tici, non esimendosi neppure dall'impartire alla CGIL una di~ screta lezione sulla maggiore prLtde11za e differenziazione che essa dovrebbe sempre mantenere anche quando co·nclude accordi u11itari co·me quelli degli ultimi mesi. Ma forse ancor più insidiosa e centrata era stata l'osservazione di •altri, e precisamente di D'Alema, che rilevava la contraddizione in cui il PCI cadeva nel giudizio sul centro-sinistra. « Ponemmo l'accento », egli disse, « sul fatto che al centro-sinistra si giungeva sulla base di un grande movimento popolare, che la nuova formazione st1scitava viva 9 Bibliotecaginobianco

Giuseppe Galasso attesa nelle masse socialiste, in quelle cattoliche e fra i lavoratori in generale, e che lo sviluppo della situazione sarebbe stato condizionato dall'esistenza di un fitto tessuto d'organizzazio:Qi e da una forte tradizione unitaria »; mentre poi si affermava che i governi di centro-sinistra aveva110 sempre un contenuto conservatore e che la forza di co11diziona1ne11to di cui ci si era vantati non aveva impedito l'asserita involu- . zione non solo democristiana, n1a anche socialista. D'Al~ma poneva così il dito su 11no degli aspetti pii.1 sorprendenti del discorso politico ~omunista in Italia dal dopoguerra ad oggi. Nel quadro di questo discorso tutto ciò che di positivo, e sia pure di parzialmente positivo, accade nel paese è dovuto alla presenza e all'azione del PCI, di cui viene costantemente vantata la forza di_retta e indiretta; e, d'altra parte, tutto ciò che di positivo, e sia pure di altamente positivo, accade nel paese non ha alc11n peso quando i comunisti non ne possono essere tra i protagonisti, e i gi11dizi di fondo che essi pronunciano sono ispirati costantemente ad u11a radicale negazione. Il lettore della stampa com11nista (non parliamo del militante) si trova perciò sottoposto a pressioni psicologiche e dialettiche di ordine e se11so affatto opposti: da un lato, gli viene suggerita l'immagine di un movimento comunista e popolare che riporta, per così dire, una yittoria al giorno e costringe alla resa o a patti sempre nuovi nemici; dall'altro, apprende che la situazione generale del paese e i suoi mille riflessi particolari sono in continu·o deterioramento e giustificano le pii1 pessimistiche previsioni sulle sorti della democrazia italiana, sul livello di vita delle_ masse, sulle possibilità del paese di continuare a partecipare in qualche modo della civiltà moderna. Nella misura_ in cui ciò risponde alle esigenze demagogiche e propagandistiche di un partito che è all'opposizione ormai da quasi vent'anni, lo si può anche capire; ma è indubbio che in ciò si rifletta anche il dramma di un grande movimento che, dopo vent'anni di attiva partecipazione alla vita italiana, vive ancora sospeso tra l'ossessione di una esclusione definitiva e il bisogno di sentirsi prossimo ad una grande rivincita. Il Comitato Centrale del PCI è poi ripreso il giovedì 23 luglio e si è protratto sino al po-meriggio dell'indomani. Nell'intervallo tra le due sessioni si era dispiegata l'azione svolta dal partito in occasione della crisi del primo governo Moro. Formalmente, furono proprio i comunisti a provocare il voto per cui il governo Moro si dimise, sollevando- in Parlamento la nota questione del capitolo 88 del bilancio preventivo presentato per il Ministero della Pu-bblica Istruzione. L'on. Amendola avrebbe potuto perciò rivendicare al suo intervento al Comitato Cen10 Bibliotecaginobianco

Il P.C.I. e la « nuova unità » trale che « la crisi stessa è sorta sulla base di una no·stra iniziativa, nel momento in cui abbiamo voluto impedire che il cambia1ne11to- della politica g·overnativa avvenisse, come Moro e alcuni gruppi della maggioranza intendevano, in modo 'indolore ' senza pagare per questo alcun prezzo ». Ma in effetti,· a prescindere dalla q_uestione, che qui per il momento non ci interessa, se ci fosse stata realmente la grande involuzione del centro-sinistra da esso de11unziata, quel che è vero è _che· è stato proprio l'orientamento politico generale nel PCI a mostrare tra la fine di giugno e la fine di luglio tin importante e sintomatico m1..1tamento. Non si è trattato, certo, di un mutamento improvviso. A prepararlo le gerarchie del partito si erano assai le11tamente avviate mano a mano che, tastando, durante l'ultimo an110, il polso del centro-sinistra, lo avevano trovato progressivamente più debole sia nella capacità .di concrete realizzazioni, sia nella chiarezza della propria linea d'azione, sia an_cora nello spirito unitario della coalizione e nell'emergere di frazio·nismi, personalismi e pressioni di gruppi di potere e di interessi. L'ottima riuscita della mossa parla1nentare contro il primo governo Moro ha fatto precipitare l'evoluzione del PCI verso il suo nuovo orientamento. La relazione dell'on. Ingrao, con la quale i lavori del Comitato Centrale si riaprivano, è, in questo senso, altamente significativa. L'on. Ingrao passa per essere un esponente delle giovani leve, se è lecito dir così, « riformiste » e « democratizzanti » del partito. L'anno precedente, a~la V Conferenza nazionale organizzativa del partito (sulla quale avremo modo di tornare) aveva pronunciato un discorso che era stato salutato da alcuni osservatori come una specie di rivoluzionario rap- -porto co11tro il « centralismo democratico » e altri aspetti totalitari e dogmatici del PCI. La realtà è assai più modesta. L'on. Ingrao è soltanto un esponente delle giovani leve del partito a cui la costante osservanza della disciplina togliattiana, nelle sue mutevoli esigenze di impostazio-ne della lotta politica e ideologica, ha rapidamente aperto la via a ruoli di grande responsabilità nell'azione del partito. La sua scelta era, dun~A que, sig~ificativa solo in ragione della volontà del partito di lanciare u11 appello <<democratico» e «unitario» di particolare vigore; e così è stato. Nella relazione di Ingrao la valutazione comunista di una progressivamente più rapida involuzione del centro-sinistra - che nella relazione dell'on. Longo alla prima sessione non era andata esente da contraddizioni e incertezze chiaramente emerse nel successivo dibattito - si precisava in un giudizio più lineare _e, soprattutto, in un disegno politico ormai evid~·nte e preciso. I comunisti distinguono ora tra le prospettive del centro-sinistra nel 1960 e quelle attuali. Le prime avreb-. f 11 Bibliotecaginobianco

Giuseppe Galasso bero contenuto in sé la possibilità di ·una grande svolta democratica del paese; le seconde sono chiaramente conservatrici e si legano addirittura ad una generale esigenza· del capitalismo europeo di serrare le fila e procedere alla massima concentrazio-ne finanziaria e al massimo ammodernamento tecnico per resistere alla aggressività denunciata negli ultimi tempi dal capitalismo americano e mantenere la propria in-. dipendenza verso quest'ultimo. Nella crisi economica ~ politica che ne deriva, o - come diceva l'on. Ingrao - nella conseguente « stretta » politico-sociale, non si è logorato solo l'attivismo di lin Fanfani, ma anche, cosa più importante, « la politica che ha tro"'vato un suo appassionato sostenitore nell'on. La Malfa: politica che sperava di inserire alcune rilevanti riforme settoriali nell'ambito di un sistema pur dominato dalle scelte e dalle convenienze del mercato ». La programmazione e· le riforme, di cui il secondo governo Moro continua a parlare, sono perciò una mera lustra, ché anzi esso « non ha nemmeno la forza e la decisione per colpire determinati interessi corporativi e per imporre una disciplina di classe alle forze borghesi »; e tutto diventa incerto e aleatorio per la portata di un'offensiva di destra che- « comincia a chiamare direttamente in causa la sorte degli istituti democratici, il posto delle assemblee elettiv~, dei partiti, la sorte dei sindacati » e . « mette in discussione le strutture della nostra eco,nomia, la sua indipendenza e collocazione internazio11ale ». Senonché - ed è questo il lato più nuovo - c'è anche un potenziale democratico, di cui il PCI fa addebito a Nenni e al PSI di non aver tenuto conto, sopravvalutando, invece, le po·ssibilità di pressione e di vittoria della destra politica ed economica. Questo potenziale democratico- è fondato sulla lotta economica (il corsivo è dell'on. lngrao·) delle classi lavoratrici, che « pur non essendo da sola... sufficiente a risolvere lo scontro di classe che è en1inentemente politico, ha acquistato un peso e un'incidenza tali da mettere in crisi l'equilibrio conservatore ». Il sindacato deve, dunqu.e, dar luogo ad un'azione pro-gressiva1nente accelerata e intensificata di lotta rivendicativa a tutti i livelli e in tutte le possibili occasioni. Beninteso, esso deve mantenere la sua autonomia; ma il PCI ha verso di esso. t1n compito, che non è di mero appoggio, ma di « partecipazione dall'interno alla costruzione· della lotta e dell'unità necessaria », partendo· « dal dibattito e dalla conoscenza dei contenuti rivendicativi anche per poterne meglio sviluppare tutte ·le implicazioni sul piano eco-nomico, sociale, statale ». Su q11esta base sarà possibile organizzare « un discorso da proporre a tutte le forze che oggi non trovano· una risposta nella politica di questo governo .,- e che resistono alla prospettiva di una politica di nazionalizzazione ca12 Bibliotecaginobianco

Il P.C,.l. e la « nuova unità » pitalistica che porta .con sé l'autoritarismo e probabilmente il sacrificio di quel tanto di indipendenza che il paese si è conquistato ». Quali fossero queste forze lngrao non specificava in dettaglio, ma sarebbe emerso nel successivo dibattito. I1nportanti erano, comunque, le sue conclusioni, articolabili in due punti principali: 1 ° « La crisi della politica di centro-sinistra ha creato un'area di forze deluse, incerte, in parte scoraggiate, ma disponibili, forze non riducibili ad un solo partito né a questa o quella corrente di partito. Questa area tenderà ad estendersi mano a mano che le questioni di indirizzo generale si faranno più stringenti »; 2° « In questa prospettiva va effettuata una verifica dell'analisi e del giudizio già dati sulla DC e sul movimento cattolico, al fine di rendere più incisivo il dialogo e di far giungere l'iniziativa là dove le masse cattoliche fanno esperienza di vita associata e dove i quadri cattolici hanno un certo tipo di contatto con le masse. Fattore essenziale di un incontro tra la sinistra operaia e il movimento cattolico - che si realizzi su una base di autonon1ia e spinga le forze cattoliche democratiche a superare i limiti conservatori dell'interclassismo - è l'unità delle forze di orientamer1to socialista ... La nuova unità vogliamo costruirla su contenuti reali di portata immediata e di prospettiva ». La prontezza con la quale il Comitato Centrale del partito ha raccolto il discorso sulle opportu11ità di allargamento dell'azione comunista dischiuse dalla crisi del centro-sinistra e sulla « nuova unità » è st~ta veramente impressionante; e le espressioni un po' stilizzate dell'ordine del giorno conclusivo non la re11dono appieno. Più nt1lla, comunque, in questa seconda sessione, dei dubbi e delle esitazioni affiorate hella prima sessione. Se - come abbiamo n1otivata ragione di credere - il più deciso impulso preso dall'azione del PCI negli ultin1i due mesi circa è dovt1to particolarmente a Togliatti, bisogna convenire che il leader comunista ha dato un'ulteriore prova della sua perizia nel manovrare il partito e della sicurezza con la quale può disporne. Negli interventi della seconda sessione del Comitato Centrale si è tornati a quel linguaggi<? fatto di presuntuosa certezza delle proprie affermazioni e di untuosa autocritica su dati di fatto ed elementi assolutamente secondari che caratterizza il partito nei mome11ti i11 cui esso è più « in fase ». « L'esigenza di evitare conseguenze economiche e sociali negative per le classi lavoratrici e medie, costituisce oggettivamente un. forte punto comune tra comunisti, socialisti, cattolici democratici », ha detto Ferri; « la classe operaia, i co,ntadini e i ceti medi, con le loro espressioni nei partiti e nelle organizzazioni della società ciyile, propongono 13 Bibliotecaginobianco

c;iuseppe Galasso con forza un'alternativa democratica ». L'azione del partito nelle ultime settimane, ha detto a sua volta Rossitto, « ci ha permesso di verificare, là dove siamo stati capaci di realizzare iniziattve articolate, serie possibilità di collegamento con vasti gruppi di ceti medi produttivi co-me artigiani, piccoli industriali, oltre che con masse di coltivatori diretti. .. È evidente che ci avviamo verso un aggravamento della situazione so-. ciale ed econo·mica e verso lotte difficili ed aspre. Ma proprio questa prospettiva e la necessità di ancorare saldamente l'i'niziativa politica all'azione e alla lotta delle masse pongono il problema di indicare agli strati del ceto medio produttivo colpiti dalla politica del governo e dei monopoli una prospettiva diversa ». Così pure Occhetto ( « Uno dei dati sui quali è necessario so-ffermare la nostra attenzione, ad esempio, è la situazione di malcontento esistente in vaste zone di ceto medio ») e, assai più acutamente, Coppola ( « In questa situazione possiamo noi mantenerci su una posizione difensiva, cercando semplicemente di indebolire il centro-sinistra e limitandoci a ricercare un'unità con gli sconfitti, co11 le forze che la logica del centro-sinistra ha battuto? No. Occorre andare più avanti, costruire un'alternativa unitaria offensiva ... con tutte le forze che vengono en1arginate dal sistema. Bisogna cioè f riuscire ad istituire con queste forze un'alleanza, in cui, certo, esse non avranno una funzione subalterna, per gettare le basi di u11a democrazia nuova, di un nuovo blocco di potere che esca, appunto, dalla logica del centro-sinistra » ). Particolarmente importante è stato, poi, per la piena accettazione della direttiva del partito, l'intervento di un responsabile sindacale della CGIL del peso dell'on. Novella. « Co,me ha osservato il compagno Ingrao », egli ha detto, « l'azione sindacale e l'azio·ne politica dovranno svilupparsi in forma articolata ed avere un carattere· di contem-poraneità. È un'esigenza molto avvertita, questa, anche dal movimento sindacale. Il sindacato è pienamente consapevole dell'importanza politica dei contenuti rivendicativi che esso avanza, del valore politico· oggettivo di molte lotte ... Decisivo sarà il contributo delle lotte economiche e sindacali delle masse e quello della loro iniziativa politica, decisiva sarà la nostra capacità di aprire una prospettiva politica nuova e avanzata ». La seconda sessione del recente Comitato Centrale del PCI ha m_esso, dunque, in luce un partito completamente rinnovato nel suo spirito offensivo e attivistico. Com'è ovvio, questo mutamento in tanto ha potuto rivelarsi così rapidamente e in tanto ha potuto rispondere così prontamente alle intenzio11i dei dirigenti del partito in quanto una crisi politica e sociale è effettivamente in atto nel paese ormai 14 Bibliotecaginobianco

Il P.C.l. e la « nuova itnità » da tempo. Ci si sbaglierebbe, tuttavia, di grosso se si pensasse che questo rinnovato spirito attivistico e offensivo del PCI non sia stato acquistato e non sia mantenuto a costo di pesanti contraddizioni. La contraddizione fondame11tale sta in ciò: che, da un lato, il PCI giudica l'offensiva della destra italiana di oggi di una portata tale da essere suscettibile di alterare addirittura la struttura del potere pubblico; e, dall'altro lato, invece, posiula carne assiomatico che l't1nio1ie delle forze socialiste e di una parte di quelle cattoliche basterebbe non solo a fronteggiare l'offensiva della destra, ma addirittura a determinare la sconfitta decisiva di quest'ultima. In un giudizio di questo genere non si rivela soltanto la solita drasticità e semplicismo di un tipo di analisi politica sostanzialmente astratto e dottrinario, 1nalgrado le sue vistose articolazioni (o velleità) dialettiche; si rivela anche - ed è più importante - la deliberata volontà ài estron1issione dal gioco politico di ttrtte quelle forze, variamente attestate sulla linea di centrosinistra, sulle quali la democrazia italiana può e deve contare per le sue reali possibilità di sviluppo. Senza questa deliberata volontà non si spiegherebbe l'artificiosa campagna contro Nenni alla quale l' « Unità» (passata dai toni radicaleggianti della direzione Ingrao a quelli populistici e demagogici della direzione Alicata) in particolare si è dedicata; non si spiegherebbe l'accento posto sulle manifestazioni di dissenso radicc1 le e socialista all'interno del centro-sinistra e il silenzio quasi assoluto mantenuto nei riguardi del PSDI e del PRI; non si spiegherebbe no11 solo la ripulsa (pur comprensibile) ad una rivalutazione dell'on. Fanfani, ma anche la costante svalutazione (e si dovrebbe forse dire denigrazione) dell'on. Moro; non si spiegherebbe la puntigliosa insistenza -sulle divisioni di cui la DC è suscettibile nella sua base sociale ed elettorale più che su quella di cui è suscettibile al suo vertice. E qui si innesta una seconda, profonda contraddizione dell'analisi della situazione politica italiana di oggi offerta dal PCI. I comunisti lanciano oggi lo slogan della« nuova unità ». Ma, quando al lancio di questo slogan si unisce l'anatema scagliato contro le dirige11ze democratiche più qualificate, quale può essere la sostanza della « nuova u11ità » se non un rinnovato frontismo a direzione comunista quasi apertamente dichiarata? In che può consistere l'autonomia riconosciuta verbalmente ad altre forze politiche e sociali, quando il PCI non sì perita di dare alla stessa CGIL direttive pubbliche ~on una impudenza raramente toccata altre volte e quando, per bocca di uno dei suoi più q~alificati esponenti, la CGIL si dichiara sostanzialmente pronta ad accettarle? E quale reale valore democratico si può annettere all'impostazione politica di un partito, che mantiene puntigliosamente le sue professioni di fede classista e 15 Bibliotecaginobianco

Giuseppe Galasso insiste con dichiarata finalità eversiva sulla necessità di una grande e generale offensiva economica ·e politica del sindacato, ma che insieme intende spingere il suo co-ntrollo e far perno :anche sul « ceto medio produttivo » nel quadro di un'alleanza di classi e di ceti a carattere semi-rivoluzionario? La realtà è che, ancor oggi, il con1unismo sta a rappresentare uno dei maggiori problemi dello sviluppo democratico in_ Italia; e, se nei momenti di maggiore forza della democrazia italiana il pro·blema appare accantonabile o addirittura superato, nei momenti di « stretta » (per usare lo stesso termine comunista) esso si ripropone in tutta la sua dram1naticità e il con1unismo italiano ripropone la sua alternativa (sia pure indirettamente, attraverso le inesauribili variazioni della formula frontista) con rinnovata virulenza. Allora il PCI dimentica di aver tenuto verso il centro-sinistra, a dir poco fino alle elezioni del '63, un atteggiamento equivoco e possibilista, percl1é non sapeva in nessun modo osare di disconoscerne apertamente il carattere democratico; dimentica di aver tenuto verso il PSIUP un atteggiamento di una freddezza unica fin quasi ad ieri e verso i « lo-mbardiani » un atteggiamento di superiorità· e di disdeg_no; dimentica di aver in qualche occasione addirittura sconsigliato ai socialisti _di provocare crisi di governo; dimentica di aver dovuto più volte rinunciare allo sforzo di distinguer~, per separarli, la base e il vertice democristiani. Sono queste le occasioni in cui il PCI esce dal suo altrimenti incurabile complesso di persecuzione e risponde, come faceva l' « Unità » il 23 luglio, a chi gli contesta di aver « messo in frigorifero » molte grandi forze popolari italiane, affermando con sicumera che ad esso, e solo ad esso, si deve se in Italia vige ancora un regirne democratico. La risposta è assolutamente infondata: infondata sul piano storico, perché (anche a prescindere dal fatto che, a dir poco, in alcu11i momenti la democrazia italiana ha dovuto difendersi precisamente e soprattutto dal PCI) il ruolo svolto dagli 11omini dei partiti democrati~i (quelli laici e quello cattolico) nella difesa e- nel sostegno del regime, con u11 logorio personale in molti casi grandissimo, e la volontà clemocratica degli elettori cl1e a questi partiti hanno dato la possibilità di restare al potere col consenso popolare e nelle più ampie e garantite condizioni di libertà non possono essere disconosciuti da nessu110; ed è infondata anche sul piano dell'occasio-ne polemica specifica, perché ciò che i Nenni e i La Malfa e i Saragat contestano al PCI ·(di aver messo, cioè, in frigorifero così grandi forze popolari) è confermato proprio dal PCI, nel momento in cui l'« Unità» rivendica co-me sostanza del ruolo svolto dal partito il mantenimento del regime democratico e non sa addurre, al di là di questo discutibilissimo contenuto 16 \ Bibliotecaginobianco

Il P.C.I. e la « nuova unità » difensivo, nessuna indicazione positiva della sua azio-ne, nessuna grande conquista o serie di conquiste, che è appunto ciò a cui i Nenni, i La Malfa e i Saragat si riferiscono. Il recente Comitato Centrale del PCI ha, dunque, soprattutto. precisato le posizioni del partito relativamente ai grandi problemi politici e sociali del paese in questo momento; e, da tale punto· di vist~, si può dire ·che esso ha avuto una grandissima importanza. Nel fondo, naturalmente, nulla di nuovo, né la cosa ci sorprende. A dispetto dell'impressione di continua evoluzione politica e ideologica che chi la legge ricava dalla stampa del PCI quando- essa parla delle cose del partito, è invece vero e perfettamente dimostrabile che il PCI è uno degli organismi politici e di massa che in Italia si sono dimostrati più lenti, durante gli ultimi venti anni, nel prendere atto non già delle mutevoli circostanze ed occasioni, ·bensì dei mutamenti profondi c;lella realtà italiana e internazionale sia in ciò che riguarda le tendenze della società contemporanea, sia in ciò che riguarda le esigenze di libertà e di democrazia che essa pone.' E c'è, del resto, un sintomo esterno di ciò, che è estremamente significativo. A che cosa si richiamano, infatti, i comunisti quando credono opportuno riaffermare che le loro scelte democratiche sono sincere e reali? All'azione da essi svolta tra il '44 e il '47 e al contributo da essi dato all'elaborazione della Costituzione italiana. A che cosa si richiamano quando desiderano dare un'idea co11creta dello schieramento politico che a loro avviso segnerebbe· una vittoria decisiva della democrazia nel nostro paese? Alla maggioranza di governo della quale essi fecero parte fino al '47. Il peso di questa che potrebbe essere definita la « tradizione del '44 » è tale che per molti versi le pro-poste comuniste di azione politica e di alleanze hanno un sapore di restaurazione, con il semplicismo connesso a tutte le mentalità di questo genere, per cui basterebbe restaurare un qualsiasi qualcosa e ci si ritroverebbe pari pari al punto desiderato. E un effetto di questa lentezza con la quale il PCI ha subito parzialmente il _necessario adeguamento i1nposto ad esso da due decenni di storia italiana e internazionale particolarmente intensa, il fatto che i documenti più impegnativi delle sue elaborazioni politiche si pongono l'uno dopo l'altro in una serie contraddittoria tale da destare in chi li ripercorre, più che sorpresa, stupore. In quale d.ocumento « borghese » abbiamo letto una ammissione del « miracolo » italiano più aperta di quella che qui segue? In Italia « si sono· avute negli ultimi anrii profonde trasformazioni oggettive. Lo sviluppo delle forze produttive ha portato a notevoli modificazioni strutturali e a una nuova posizione del 17 Bibliotecaginobianco '

Giuseppe Galasso nostro Paese nella competizione economica internazionale. L'Italia è diventata, da paese agrario-industriale, un paese industriale-agrario, può affrontare con successo, in moltì settori, la con.correnza sui mercati stranieri, ha quindi conquistato· maggiori possibilità di sviluppi economici autonomi e incomincia ad affacciarsi sul mercato internazionale dei capitali. In concreto, il reddito nazionale, nel corso di un decennio, è raddoppiato ... Al migliore livello tecnico- corrisponde un _più elevato i11dice di produttività, un certo elevamento del livello di benessere materiale, una larga diffusione di nuovi consumi, di tipo più elevato ». Pure, non si tratta di altro che di brani delle Tesi per il X Congresso del PCI, che risalgono ad appena due anni fa, quando del « miracolo » si cominciavano ad avvertire i prim_i scricchiolii, e che, peraltro, sopravvenivano dopo una più che decennale interpretazione negativa e catastro.fìca di tutto ciò che accadeva in Italia, accompagnata da un'opposizione dura e preconcetta. Ed oggi, per converso, si coglie già sulla stampa comunista l'abbozzo della tesi che il « miracolo » o non è mai esistito O· è stato una malvagia impresa di prevaricazione e di profitto dei soliti monopoli. Ma, se le cose prendessero una certa piega, non. ci stupiremmo più di leggere in qualche documento comunista che la crisi attuale è stata solo la prova del fuoco e una .gagliarda malattia di crescenza del sistem~ econo.mico italiano. Fisicamente la tradizione del '44 è impersonata da Togliatti. In tutti gli altri partiti italiani le lotte e i contrasti di questi ultimi venti anni sono stati anche lotte e contrasti di persone, che si sono avvicendate ai vertici delle rispettive organizzazioni e, quando vi sono ritornate dopo un periodo di allontanamento, vi sono apparse mutate e diverse. Questa dialettica semplice e umana, che in regime democratico è più naturale e più rapida che in ogni altro tipo di regime, è ignota al PCI, che Togliatti dal 1944 in poi ha guidato senza interruzione, anche se altri capi e gregari del PCI hanno visto alternamente variare la loro fortuna. La « presa » di Togliatti sul partito ha anch'essa attraversato momenti di maggiore e di mino·re solidità, ma non si è mai allentata di molto e la si può giudicare oggi in uno dei mo.menti migliori. Quando il partito e molti dei suoi uomini più rappresentativi apparivano sconfortati per le prospettive politiche ed elettorali che il « miracolo » e il centro-sinistra sembravano riservare al PCI, Togliatti fu tenace nel manifestare un deciso ottimismo. Il risultato elettorale del 1963 e le successive vicende della politica e dell'economia nazionale gli hanno dato ragione; egli può oggi ripetere ai suoi compagni che le direttive da lui suggerite fin dal '44, e in seguito solo tatticamente e assai lentamente mutate, sono- pur sempre quelle giuste. .,. 18 · Bibliotecaginobianco

ll P.C.l. e la « nuova unità » La direttiva togliattiana fondamentale del '44 fu quella della col- ~ laborazione e del pieno inserimento del PCI nella rinnovata democrazia italiana. Oggi può sembrare ai comunisti di avere buon gioco nel rivendicare questa lontana direttiva co,me la prova del nove della loro autentica vocazione e del loro impegno morale e politico alla democrazia; ed essi no·n 1nancarono (soprattutto non mancò Togliatti, del quale sarebbe tuttavia da rileggere il discorso pronunciato alla Camera dei Deputati in occasior1e della morte di .Stalin) di rifarsi a tale direttiva per sostenere che il processo allo stalinismo, esploso al XX Congresso del PCUS, li riguardava solo- 1narginalmente. Ma nessuno che abbia buona memoria e conservi una reale indipendenza di giudizio può minimamente disconoscere che, nel contesto internazionale di allora, nell'ortodossia stalinista integrale professata dal partito, nel quadro delle esperie11ze dell'Europa orientale che si ass11mevano a modello, la pretesa volontà democratica del PCI nel 1944 appariva ed era chifiramente strumentale. E come tale essa non solo fu sentita da tutti i democratici italiani, ma fu fatta temere dalla prassi di disordine e di violer1ze che fu instaurata dal PCI in tutti i luoghi in cui si sentiva abbastanza forte per farlo e che servì da incentivo e da giustificazione alla riorganizzazione delle forze di polizia iniziata sotto la guida dell'on. Scelba a partire dal 1947. Così, dopo di aver cessato di servire q11ale istanza ideologica in vista dell'affermazione anche in Italia di un fronte popolare del genere di quelli che tra il 1944 e il 1948 trionfarono in E~ropa orientale, l'inserimento del PCI nel sistema democratico italiano poté successivamente assumere il valore prima di mero strumento per la conservazione e l'espansione delle alleanze guadagnate -fino al 1948, poi di elemento di differenziazione postuma negli anni della prima e più intensa polemica antistaliniana, infine di massimo pretesto polemico per reagire all'isolamento in cui la progressiva realizzazione del centro-sinistra minacciava di far cadere il partito·. In nessuna di queste sue varie accentuazio11i la direttiva togliattiana ha dato tutti i frutti che ci si aspettava, ma non ha mai mancato di darne qualcuno.; ed è stato anche perciò che parte del partito ha finito con l'adottarla come materia non discutibile. Ideologicamente il valore di questa direttiva è assai scarso. È nella linea leninista che da un regime borghese si possa passare ad uno di preparazione al socialismo attraverso « scorciatoie », il cui rinvenimento è rimesso alle capacità polit~che dell'organizzazione .comunista, anche assai prima che si verifichi la contraddizione e dissoluzione finale e immancabile del mondo capitalistico. Nel pensiero e nella prassi leniniana, però, quest'affermazione ha un valore e un significato Bibliotecaginobianco

Giuseppe Galasso rivoluzionario pieno e immediato di cui non c'è assolutamente traccia nella direttiva togliattiana almeno a partire dal 1948, quando essa ha cessato di prospettarsi come una· libera interpretazione e un necessario adattamento del pensiero di Gramsci che aveva fornito al PCI le sue prime strutture ideologiche e che - esso sì - era effettivamente nella linea leninista. Quando, invece, la prospettiva rivoluzionaria a più o meno breve scadenza scompare e viene sostituita da~la prospettiva di un'azione democratico-parlamentare senza alcuna scadenza, -- azione che no-n solo si avvale delle opportunità offerte dalla democrazia per la conquista del potere, ma si spinge fino alla « affermazione dei principi della democrazia come base incrollabile dello Stato repubblicano e norma da osservarsi in tutti i suoi successivi sviluppi » (così Togliatti su «Rinascita» dell'll luglio 1964), - allora noi siamo indubbiamente fuori di ogni linea leninista e bolscevica. Viene, infatti, così decisamente rigettato quel concetto della dittatura di classe del proletariato (che è il « principe » dei nostri tempi e che deve necessariamente attuarsi come negazione integrale e violenta del democratismo borghese) senza del quale non è assolutamente possibile parlare di operaismo e di rivoluzione. Siamo allora approdati al socialismo democratico? La risposta è . inutile per chi conosce l'incessante e sprezzante polemic~ del PCI contro ogni socialdemocrazia (e socialdemocratizzazione) italiana e stra .. niera; ma è proprio l'inutilità di qu·esta risposta a dar conto della _« doppiezza » che su questo problema fo,ndamentale il PCI mantiene tutt'oggi, opponendo, a chi la fa presente, che la autenticità dell'impegno democratico. del partito va innanzitutto giudicata sul metro dei contributi effettivi che esso ha dato e si ripromette di dare alla vita politica del paese. La polemica sarebbe estremamente facile anche su quest'ultimo punto, ma sarà forse meglio ricordare che la « doppiezza » togl~attiana e comunista sul problema del rapporto tra lotta per la de- . mocrazia e lotta per _il socialismo è fortemente corroborata ed evidenziata da due circostanze di grande rilievo: la sudditanza assoluta verso il comunismo ~o,1ietico e il tipo di organizzazione politica realizzata nel PCI, che portano anch'esse una impronta tipicamente togliattiaria. Poco c'è da dire sul primo punto: dal piano Marshall al Mercato Comune, dalla condanna della Jugoslavia a quella della Cina e dell'Albania, dalla guerra di Corea alla irresponsabile avventura di Cuba, dalla repressione della rivoluzione ungherese al muro di Berlino, dallo stalinismo all'antistalinismo non c'è stata causa sovietica che il PCI non abbia sposato con totale dedizione_ e sempre dopo delle prese di posizio-ne sovietiche, che dal PCI, nel loro vario mutare, ~on sono mai state 20 Bibliotecaginobianco

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