Nord e Sud - anno XI - n. 53 - maggio 1964

.. .) - ._ - - - - - --- - - - -- - . . - -- - - - . - - - -- --- - Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Giovanni Ferrara, La nuova frontiera del centrosiriistra - Rosellina Balbi, Lo spettatore libero - Aldo Garosci, Kennediani in Italia - P. A. Allum, Il voto di preferenza e l'elettorato napoletano - Antonio Vitiello, Sociolog.iadel/' otganizzazione scolastica, e scritti di Luciano Caruso, Marisa Càssola, Mario ·Chiari, Luigi De Rosa, Giorgio Granata, Bruno Lauretaµo, Clemente Maglietta, Luigi Picardi, Rocco Palestra, Antonino Répaci, Alfonso Scirocco. ANNO XI NUOVA SERIE ~... EDIZIONI SClE-NTIFICHE ITALIANE - NAPOLI Bibliotecaginobianco

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NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO XI - MAGGIO 1964 - N. 53 (114) DIREZIONE E REDAZIONE: N a p o I i - Via dei Mille, 47 - Telef. 393.346- 393.309 Amministrazione, Distribuzione e Pubblicità: EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via dei Mille, 47 - Napo I i - Telef. 393.346- 393.309 Una copia L. 400 - Estero L. 500 - Abbonamenti: Sostenitore L. 20.000 - Italia· annuale L. 4.000, semestrale L. 2.100 - Estero annuale L. 5.000, semestrale L. 2.700 -· Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 Edizioni Scientifiche Italiane - Via dei Mille 47, Nap91i Bibliotecaginobianco

SOMMARIO Giovanni Ferrara Rosellina Balbi Mario Chiari Rocco Polestra Bruno Lauretano Clemente Maglietta Editoriale [ 3] La « nuova frontiera » del centro-sinistra [7] Lo spettatore libero [ 16] Note della Redazione Il professore a vita - Le società nazionalizzate e il Mezzogiorno - Saggezza porcina [29] Giornale a più voci Un progetto ed un libro [34] Malati di me·nte, rimboschimenti e laterizi [37] Il processo all'alunno [ 42] Echi del tempo presente [ 45] Documenti Aldo Garosci Kenne•diani in Italia [50] Inchieste P. A. Allum Il voto di preferenza e l'elettorato napoletano [58] Paesi e città Luigi Picardi La « sistemazione » del Molise [79] Marisa Càsso,la· Luigi de Rosa Alfonso Scirocco Giorgio Granata Luciano Caruso Recensioni Un nuovo Bassani [92] 40 anni di economia unitaria [95] I liberali e la questione romana [98] Il Papato fra liberali e socialisti [101] La questione spagnola [106] Lettere al Direttore Antonino -Rèpaci Il « Ministro della buona vita » e il « padrino del f ascisnio » [ 11O] Saggi Antonio Vitiello Sociologia dell'organizzazione scolastica -[ 115] Bibliotecaginobianco

.. Editoriale Centro-sinistra irreversibile o centro-sinistra reversibile? L'on. Fanfani non avrebbe potuto escogitare un punto polemico più peregrino per l'attacco che ha improvvisamente e inopinatamente portato al governo attuale e alla formula sulla quale esso si regge. Sarebbe, infatti, u1t far ·torto all'acume ben nolo dell'on. Fanfani il ritenere che egli volesse unicamente stabilire, per amore della logica... e dell'arte, che anche quella di centro-sinistra, come tutte le formule sulle quali i governi parlamentari di coalizione si reggono, è reversibile, quando le condizioni irrefutabili di nuove e diverse coalizioni si pongo,no nella realtà dél paese e si impongono- all'azione delle classi politiche. Uno scopo così banale e formale non può essere stato quello dell'on. Fanfani; e, di conseguenza, è la validità attuale del centro-sinistra quella che egli deve aver voluto mettere in discussione. Se ne è avuta, del resto, l'evidente controprova nelle reazioni che dai diversi settori dello schieramento politico sono venute alla sua iniziativa: esultanza e gratitudine della destra, alla quale non è parso vero di po.fer ravvisare tanta discordia nel campo di Agramante; fredda approvazione per le cose dette ed esplicita diffidenza per l'uomo che le diceva nel settore di centro-destra che va dai liberali dell'on. Malaga-di ai democristiani dell'on. Scelba; repliche dure e taglienti da parte dei settori democristiani e della sinistra democratica e laica impegnati nel sostegno al governo in carica; solito e cauto attendismo da parte dei comunisti, intesi contemporaneamente a sfruttare la divergenza di vedute di uno dei massimi leaders democristiani con l'attuale direzione del suo partito e a tenere sempre· in caldo la poltrona di leader del « vero » centro-sinistra per chi del centrosinistra fu tra i primi più convinti, pertinaci ed autorevoli sostenitori. La speculazione comunista era, tuttavia, questa volta assai più difficile, per il fatto· che la po,Zemica dell'on. Fanfani non ha fatto perno, come era accaduto sei o sette mesi or sono, su una pretesa caratterizzazione più moderata dell'attuale governo di centro-sinistra rispetto al primo che fu presieduto dallo stess9 on. Fanfani; bensì, precisamente all'opposto, sulla necessità di tirare tutte le conseguenze dalla pretesa inefficacia dell'attuale governo dinanzi ai problemi estemporanei e a quelli di fon-do, che in questo inizio di legislatura sono venuti alla ribalta della vita italiana. Bisognava, dunque, a parere dell'on._Fanfani, tornare 3 Bibliotecaginobianco

Editoriale indietro sul terreno della politica economica ed anche, per poco che si fosse rivelato opportuno, su quello della formula di governo. Reversibile come tittte le altre, la formula di centro-sinistra: poteva e doveva essere abbandonata subito, perché così esigevano l'onesto riconoscimento della sita inefficacia e la necessità di raddrizzare violentemente il corso della vita economica del paese. Uomini del suo partito (come gli onorevoli Rumo.r e Zaccagnini) e di altri partiti (co-me gli onorevoli Saragat, Lombardi e La Malfa) hanno egregiamente ribattuto all'on. Fanfani che la irreversibilità del centro-sinistra nelle attuali co,ndizioni della vita politica italiana non nasce dal p,untiglio dei partiti e degli uom1ni che lo co·mpo-ngono e lo sostengorio, né dalla pretesa di aver individi1ato la pietra filosofale per la soluzione déi problemi politici italiani; ma tlnicamente e semplicemente dalla assoluta mancanza di alternative valide non solo nel:e aule parlamentari, ma anche, fuori di esse, nello schieramento attuale delle forze politiche e sociali del nostro paese. È per questa reale e totale mancanza di alternative clie si parla di irreversibilità del centro-sinistra e si pretende, da tutti quelli che possono darla, una · incondizionata solidarietà (che è anch'essa senza alternative, perché, negata, si risolve in un indebolimento del ceritro-sinistra senza alcun contributo alla costruzione e al sostegno di posizioni diverse). Certo, l'astratta qritmetica dedotta dalla com_posizione dei gruppi parlamentari può suggerire la possibilità di maggioranze diverse da qitella attitale di centro-sinistra. Ma sarebbero esse egualmente rispondenti alle necessità di difesa e di espansione dell'area democratica? E certo, con la stessa maggioranza di oggi, uomini diversi degli stessi partiti potrebbero dar vita ad un diverso governo di centro-sinistra. Ma che cosa cambierebbe ciò nella sostanza dei problemi che il governo attuale si trova oggi a dover affrontare, nelle dure necessità imposte dalla congiuntura, nelle linee fondamentali della politica di centro-sinistra a suo tempo da tutti abbastanza concordemente individuate? Dinanzi alla logica stringente e alla decisione di coloro che gli hanno rispo$tO, l'on. I? anfani ha rettificato, come suol dirsi, il suo tiro; ha attenuato molte delle sue pzlnte polemiche più aspre; ha dissolto qualcuna delle ambigitità più preoccupanti nelle sue argomentazioni:· sem .. brerebbe oggi che tutto abbia tratto origine dalla tensione e dalla eccitazione della atmosfera e della battaglia pre-congressuali in cui la Democrazia· Cristiana si trova impegnata. Ciononostante sarebbe, a nostro avviso, errore gravissimo il sottovalutare la gravità dell'attacco al centrosinistra di cui l'on. Fanfani ha voluto farsi protagonista. E, dicendo ciò, non vogliamo tanto sollevare la questione della imprevedibile volu4 Bibliotecaginobianco

.... Editoriale pilità politica dell' on. Fanfani (non abbiamo di1nenticato l'invito alle destre in occasio-ne del suo primo incarico di governo nel 1954 ); o sottolineare il pericolo dello sfrenato personalismo in un regime di democrazia parlamentare a molti partiti (anche se taluni com1nentatori hanno creduto di dover ripetere, in questa occasione, che l' on. Fanfani nutre una evidente passione per il potere considerato in se stesso); e neppure esprimere il nostro rammarico per il pericolo di involttzione denunziato da una delle maggiori figure della vigilia e d'el primo centrosinistra (pur essendo stati noi tra coloro che, a suo tempo, e per lungo tempo, individuarono nell'on. f.,anfani l'uomo di pu,rita, in can1po democristiano, della svolta democratica di cui il nostro paese aveva ed ha bisogno). Vogliamo piuttosto richiamare tutti (e noi stessi per primi) alla considerazione di un punto essenziale che non ci è sembrato adeguataniente fatto presente nelle polemiche svoltesi int9rno all'o·n. Fanfani: e cioè al fatto che, proprio per la irreversibilità, giustamente aff ernzata, del centro-sinistra, ogni colpo dato oggi al centro-sinistra è un colpo dato alla stabilità delle stesse istituzioni democratiche nel nostro paese, è un pericoloso o provocatorio avallo di coloro che invocano la « nuova repubblica » o la « seconda repubblica », è un ulteriore fattore di confusione e di intorbidamento delle prospettive politiche e sociali del paese che hanno invece bisogno assoluto e immediato di chiarezza e di linearità. È stato forse per la istintiva percezione di questa realtà che, a quanto ci consta, le reazioni all'iniziativa dell'on. Fanfani sono state num.erose e vivaci anche nell'ambito dei suoi più tradizionali e fedeli seguaci. La delicatezza del momento attuale della vita politica italiana solo surrettiziamente potrebbe essere considerata come un capo d'accusa a carico del centro-sinistra e, in particolare, dell'attuale governo. Si tratta, inveceJ di una delicatezza che nasce da fattori numerosi ed occasionali. Possono essere considerate contingenti le difficoltà che nascono dalla congiuntura e dalla protratta adozione di una linea di politica economica suscettibile di far mutare o evolvere più rapidamente la congiuntura stessa. Ma debbono- essere considerate di fondo le difficoltà che nascono dalla portata dell'operazione politica intrapresa nella seco,nda metà del 1962 e giunta a piena maturazione un anno dopo. Il centro-sinistra, per il fatto stesso della sua presenza, si sta rivelando un fattore estremamente dinamico della vita nazionale; e ciò non è un motivo di sorpresa per coloro che lo hanno auspicato. Vecchi equilibri e. sistemazioni politico-amministrativi, tutto un modo di concepire i rapporti sociali e l'azione sociale del governo sono entrati in crisi. Il processo di «conversione», per così dire, della vita nazio-nale dall'antico al nuovo si rivela lento e faticoso, forse anche più lerJ,toe più faticoso 5 Bibliotecaginobianco

Editoriale di quanto i pro,motori del centro-sinistra potessero pensare, forse - ancora - più lent9 e faticoso per insufficienze e pesantezze delle forze che guidano la trasformai.ione. Ma la mancanza di alternative politiche e sociali che possano essere prese in seria e realistica considerazione - ciò che giustamente e correttamente viene definito « irreversibilità» del centro-sinistra - non consente scelte per coloro che nelnostro paese vogliono servire la causa delle istituzioni repubblicane e del rinnovamento politico e sociale. L'on. Fanfani sa bene che una linea politica non vale per le intenzioni da cui è dettata, ma per gli interessi ai quali obiettivamente essa può rispondere; e le sue tesi sulla « reversibilità » del centro-sinistra non sfuggono alla regola: esse sono servite e, se l'on. Fanfatzi insistesse, co·ntinuerebbero a servire solo a coloro che hanno interesse ad un indebolimento o ad una caduta del centro-sinistra. 6 Bibliotecaginobianco

.. .... La del '' f . nuova ront1era,, • • centro -s1n1stra di Giovanni Ferrara Le interpretazioni che si dànno dell'attt1ale governo di centrosinistra sono svariate e spesso contraddittorie. Più o meno, tutti quelli che sono interessati ad una evoluzione pacifica e costituzio·nalmente normale dello stato e della società italiana conco,rdano· in una constatazione negativa: che al centro-sinistra non si posso-no contrapporre alternative, a meno di non voler tornare indietro o di non pretendere cose impossibili. È evidente, però, cl1e su una simile coristatazio·ne non si costruisce una politica significativa e duratura, non si dà una base ad un governo che vorrebbe e dovrebbe rappresentare una svolta decisiva nella storia del nostro Paese. Questa nuova maggioranza ha mo1 lti amici: amici ammiranti, che si limitano a goderne i frutti e a ripetere che s'è finalmente imboccata la strada giusta; amici critici, che per molto amore (si spera) moltiplicano ad ogni passo le riserve; amici-nemici, che l'appoggiano in attesa di v_ederla cadere. per le difficoltà interne ed esterne, e intanto preparano i loro giochi. Né i primi né gli ultimi ci interessano qui, ma solo gli amici critici. Tra questi, ovviamente, quelli che chiameremo critici di - sinistra; e tra gli amici critici di sinistra ci interessano qui esclusivamente i « laici », poiché le posizio,:ai dei critici di sinistra catto-- lica, strettamentè integrate co-n quelle della DC, possono essere esami~ate solo in una analisi dell'attuale situazione interna di questo partito. Dicono dunque molti di questi amici critici del centro-sinistra: perché abbiamo voluto, per anni, questo governo? Quale è stata l'esigenza che ci ha spinto durante l'ultima fase del centrismo- (ma anche prima) a ricercare il modo d'ottenere il distacco pòlitico dei socialisti dai comunisti e l'accettazione, da parte della DC, dell'idea di condividere con un forte partito socialista, non più solo con i « partiti minori », il governo del Paese? Quale era il senso politico ultin10, per noi, di questa operazione? Era un,0, e semplice: ottenere un efficace condizio-na~ento della potenza della DC, una drastica limitazione d.el potere di governo e 7 Bibliotecaginob~anco

Giovanni Ferrara di sottogoverno di questo partito, ideologicamente, sociologicamente, fin moralmente poco adeguato ai compiti della costr_uzione d'uno stato e d'una società mo-derna (e come· tale, religio·ne: o non relig~one, intimamente « laica », perché fondata sulla libertà di coscienza e sulla spregiudicatezza ideale, sull'apertura a tutte le tecniche di progresso e sul rispetto e la ricerca d'o·gni novità). Mentre dunque noi laici ricono-- scevamo una volta per t11tte i cattolici come forz~ politica democratica di primissimo piano - e ciò non solo per l'evidenza di ripetuti verdetti elettorali, ma anche per l'effettivo apporto che i cattolici dànno allo sviluppo della democrazia -, chiedevamo ormai una autentica contropartita: sia diviso il potere, sia sottratta a tutte le forze che stanno dentro e dietro la DC la possibiìità d'imperare senza controlli e d'imprimere il loro st1ggello al destino del nostro Paese. E ciò era possibile solo se accanto alla DC si fossero· schierate forze politico-sociali co1 nsistenti numericamente e qualitativamente, per la loro storia e per la loro rappresentatività. Da ciò l'idea di una nuova maggioranza parlamentare e po1litìca, nella quale il Partito Socialista - cui si offriva per infinite ragio,ni l'occasione di definire in termini nuovi il suo atte·ggiamento verso, lo· stato e la classe operaia - assumesse piena responsabilità di potere. Non dobbiamo mai dimenticare questo disegno, che era alle origini della nostra battaglia per il centro-sinistra. . Ma l'attuale maggioranza e il governo che essa esprime, la politica che il governo fa, sono essi ciò che. volevamo? Il condizionamento della DC è stato realmente ottenuto, il suo potere è stato davvero . limitato? A queste doma11de che, lo ripetiamo, sono essenziali, la risposta che oggi temiamo di poter dare è: no. In verità, la DC ha mantenuto nelle sue mani, e intende e può mantenere, se non tutte le leve di comando, almeno tutte quelle che contano realmente; mentre i ·suoi alleati, compresi i socialisti, non sembrano rendersi conto che questa realtà priva in gran parte il centro-sinistra del suo significato. Non se ne rendono conto, o, comunque, non sono in condizioni di esprimere in modo politicamente valido le loro riserve; essi debbono accettare lo stato di fatto, sì che il timore da molti espresso (per es. dalla sinistra del PSI, oggi PSIUP), che in realtà il centro-sinistra avrebbe rafforzato la DC e « catturato » i suoi .alleati in una posizione estremamente difficile, se non può dirsi realizzato non può dirsi neppure fugato. Che cosa dobbiamo fare, allora? Dobbiamo mantenere verso questo governo un atteggiamento favorevole, sì, ma critico: dobbiamo giudicarlo per quello che fa, in quanto quello che fa testimoni o meno --- la reale possibilità degli alleati della DC di farsi valere, e la reale 8 Bibliotecaginobianco

La ~< nuova frontiera » del centro-~inistra buona volontà della DC di non subordinare tutta la sua azione al proprio esclusivo interesse di partito che maggioritario è stato, è, e intende in assoluto di rimanere. Dobbiamo cioè stare nella maggioranza, ma anche fuori di essa; starci per stimolare, e star fuori per attaccare, quando sarà neces- . ' . sar10, se sara necessario. Questo è più o meno il discorso degli amici critici del centrosinistra. È un discorso sul potere attuale della DC, ed è una proposta di atteggiamento politico di riserva critica: discorso e proposta che ci appaiono poveri di prospettiva e corti di fiato. Noi partiamo invece da una constatazione, della quale non possiamo qui portare le prove obbiettive, ma che ci sembra difficile da contestare nel suo valore generale. La DC non ha perduto, se non in minima parte, questo è vero, le sue posizioni di potere: ma la DC ha perduto in questi ultimi anni molto della sua potenza politica. Non si tratta solo . del fatto che questo partito ha registrato importanti flessioni elettorali e per la prima volta s'è trovato contro alcuni dei suoi grandi elettori, dalla Confindustria a Bonomi, da certi Cardinali al « Corriere della Sera ». Si tratta soprattutto di ciò, che il grande disegno di trasformare la Democrazia Cristiana in partito « moderno » nel se11sù pi 1 ù co~pleto e complesso della parola, e di mantenere, così, la leadership della democrazia, non è se no·n parzialmente riuscito, nonostante che grandi sforzi siano stati compiuti e si compiano in questa direzione. La grande massa degli strumenti nelle mani, totalmente o parzialmente, _ direttamente o indirettamente,. della DC e degli ambienti cui essa è -legata - dalla TV alla Università, dalla Scuola alle m_olteplici associazioni culturali, para-culturali,· ecc. -, non sono stati e non sono sufficienti a garantire a questo partito la conquista ideologica e ideale del nostro Paese. Non bastano, evidentemente, p-er importanti che siano (e noi siamo convinti cl1e siano importantissime) iniziative com.e i « convegni di San Pellegrino » a fornire alla DC quella tensione interna, quell'impegno, quella rappresentatività che invece, per esempio (e non è certo esempio casuale), il Partito Comunista possiede, nonostante tutto, da sempre. Non è davvero questo il luogo per affrontare il discorso, sulla validità generale e particolare, rispetto al mondo in cui• viviamo, del cattolicesimo, della sua filosofia della yita, della sua sensibilità per la realtà effettuale del nostro tempo, co;n la sua mondana eticità e tragicità. Ma non vl è dubbio che l'incapacità sostanziale dimostrata dai cattolici di far proprie in qualche modo vero le tradizioni del 9 Bibliotecaginobianco

Giovanni Ferra·ra pensiero moderno, il loro oscillare continuo tra il bisogno d'essere all'altezza dei tempi e la mancanza di coraggio perfino d'essere integralmente cristiani nella cultura e nelle idee, tutt9 ciò ha inciso ed incide in senso negativo anche nella presenza politica del partito cattolico. e limita decisivamente le sue possibilità di incarnare l'anima di una democrazia moderna, diciamo pure di una « democrazia cristiana ~> moderna; nonché di assolvere fino in fondo il grande impegno, democratico della nostra epoca, la sfida al co1 munismo. Poiché l' « argine » contro il comunismo non può evidentemente essere costruito solo coi voti, con la fedeltà della polizia e dell'esercito, col possesso dei maggiori canali propagandistici, col ma11tenimento perpetuo di certi ministeri, e ' . COSI via. Tra gli stessi democristiani, pur se, com'è natt1rale, non in questi termini (che sono, del resto, è inutile dirlo, estremamente sommari), s'è fatta strada la consapevolezza di questo mezzo fallimento storico. La famosa frase attribuita ad Aldo Moro (al tempo della crisi Tambroni), ormai passata nella legg.enda e pertanto come tale significativa (la sua storicità è quanto meno dubbia), - « se· continua così finiremo per mendicare un posto nel nuovo CLN » - simboleggia abbastanza bene in una forma pc;1radossalmente ed irrealisticamente cata-. stra-fica la coscienza infelice della DC. E se si rileggono i di~corsi dello stesso Moro si troverà che questo complesso personaggio- della nostra vita politica ha tro-vato la sua « originalità » proprio nell'essere stato l'unico grande capo democristiano a problematizzare la possibilità del permanere d'una posizione maggio,ritaria della DC, e nell'aver impostato la propria azione politica proprio sull'ipotesi che fosse venuto· per la DC il momento- di condividere le responsabilità del potere e della potenza politica con altre fo,rze: non solo e non tanto per le cautele « giurisdizionalistiche » d'un De Gasperi, quanto e soprattutto perché la DC non è in grado di sostenere da sola il peso della battaglia ideale e politica della democrazia occidentale in Italia, nel nostro tempo. Nella posizio,ne \ dell'on. Moro· s'è espressa (non certo in fo,rma aperta, ma tuttavia :chiaramente) - la più alta consapevolezza finora raggiunta in quel / partito delle difficoltà e dei limiti necessari della presenza cattolica f _· in Italia - e perciò anche della effettiva forza di questa presenza. Qui I • ! sta il significato del discorso « moroteo » sulla « irreversibilità della I !- formula dell'attuale governo », ed è ben comprensibile che la democrazia \ integralista e le forze decisamente reazionarie, in strano e mirabile ~ connubio, si oppongano a questo discorso: che è invero, anzitutto e soprattutto, un discorso sulla DC. .,,- Si ricorderà bene che al tempo della campagna elettorale politica 10 Bibliotecaginobianco

La « nuova frontiera » del centro-sinistra del 1963 Giuseppe Saragat mise assai pianamente sul tappeto una questione di· principio, che era un giudizio storico ed una indicazione politica al Paese. Disse piì1 o meno così: in un Paese civile, in una società moderna come quella c.he in Italia si sta delineando, no·n è possibile continuare ad ammettere pacificamente l'esistenza d'un enorme ed informe partito cattolico, accanto al quale le forze socialiste e democratiche siano costrette in posizione minoritaria. 111 una società com-e quella che la nostra deve diventare e sta diventando, è assolutamente fatale che le forze socialiste e democratiche crescano, e non solo elettoralmente. Perché così dev'essere fatto un grande stato- moderno) o-ccidentale: dev'essere fo·ndato su quelle gra11di forze del lavoro 1 che della .storia di due secoli di rivoluzioni e di riforn1e ereditano i più alti contenuti ideali, nei quali pure i valori etici ultimi del messaggio cristiano si risolvono: libertà laica e democrazia socialista. Naturalmente, l'on. Moro fu parecchio scottato da questo- discorso, e ci fu qualche battuta aspra. Concedendoci una ipotesi romanzesca, diremo che ne fu tanto più scottato in quanto di questa tesi era ed è più o meno convinto egli stesso (sia pure, naturalmente, a mo-do suo). Comunque, la cosa fu poi messa a tacere. Ma il giudizio e l'indicazio-ne di Giuseppe Saragat rimangono: non sono discorsi questi cl1e si chiudano con la mezzanotte del venerdì precedente la do,menica elettorale. Il giudizio è che la DC in quanto tale è destinata a perdere sempre -più di potenza politica; l'i11dicazione è che le forze di quello ch'egli chiama, giustamente dal suo- punto di vista, il socialismo democratico, e ·che noi preferiamo chiamare il vasto e complesso arco delle forze laiche e socialiste, debbono costituire in qualche mo1do· il futuro della --vita politica italiana. Da tutto ciò viene un'importante obiezione agli amici critici dèl centro-sinistra: non basta guardare preoccupati all'infinità delle posizioni di potere mantenute dalla DC, alla sua sempre rilevantissima fo·rza elettorale (che potrà certo essere ancora mantenuta), alle molte ed ottime carte in mano di cui essa continua a disporre nel complicato gioco della politica italiana. Bisogna rendersi conto del fatto, assai più importante e più grave, che la DC è una· forza in declino. Diciamo più grave: il centro-sinistra è infatti gravemente indebolìto, nelle sue prospettive, pro·prio- da ciò, che la DC oggi conta per la sostanza assai meno nella vita .italiana di quel che, per la grossolanità della conquista quasi barbatjca del potere, ha contato e conta. È la sto•ria del nostro Paese e le esigenze profonde d'una società che pur tra mille remore- e· contraddizioni cresce, si rin.- 11 Bibliotecaginobianco ·----

Giovanni Ferrara nova e ringiovanisce, ciò che grava sempre più sul mo-ndo cattolico italiano nel suo complesso e sulla DC come realtà politica. Diciamo subito che sarebbe davvero da << laicisti » nel senso deteriore della parola compiacersi di questo fatto. Ciò su cui occorre meditare, infatti, è la dura realtà: alla perdita l~nta di prestigio e potenza della DC ciò che oggi, come tendenza e co-me prospettiva immediata! corrisponde, è la crescita di potenza e prestigio del Partito Comunista, non la crescita delle forze di democrazia laica e socialista. Si possono dare disparati giudizi sui successi elettorali comunisti, resta comunque un fatto: la diminuzione degli iscritti al PCI e l'aumento dei voti elettorali indicano che questo partito diventa sempre meno una « sètta », sia pure enorme, e sempre più una forza politica, sociale, culturale, normalmente integrata nella vita politica italiana. Ciò potrà no·n piacere ai comunisti puri angosciati per il « partito», ma non può piacere neppure a chi pensa che non è per nulla normale e funzionale, ne]la prospettiva d'una crescita civile della democrazia italiana, questa tendenza dell'elettorato e dell'o-pinio,ne ad accettare sempre più apertamente come punto di riferimento politico un partito intimamente non democratico come il PCI. Ché se il lin1ite invalicabile che tiene il partito· cattolico al margine della civiltà democratica occidentale e dei suoi valori ultimi sta nel suo rappresentare la politica d'una religione, il limite opposto del comunismo è d'aver fatto della politica una religione; una società ed una civiltà democratica non possono fondarsi su tali premesse ideali. Tre gravi problemi si pongono perciò a chi è realmente impegnato - criticamente impegnato - nel centro-sinistra, e guarda all'attuale governo come all'inizio (un vero inizio, non una soluzione provvisoria, una tesi, non un'ipotesi) d'una nuova fase storica della formazione della democrazia nel nostro· paese: valutare esattamente il dato del declino o del ridimensionamento della DC (l'abbiamo detto, non solo in senso elettorale, ma in più_ ampio senso politico); valutare fino in fondo il significato della crescita e della crisi del PCI; valutare fino in fo-ndo le possibilit~ d'un rilancio effettivo e totale del mondo laico e socialista democratico. A questo punto, è però evidente che né il problema della ·oc né quello del PCI posso-no essere posti in mo1 do settario. Le forze cattoliche costituiscono, infatti, e costituiranno sempre una componente fon·damentale della vita italiana: e il problema di indirizzare la lotta politica nel senso, d'un sempre più efficace dimensionamento ed adeguamento di queste forze ai loro effettivi compiti e possibilità] si risolve tutt'altro che in una settaria lotta al cattolico, bensì nella costruzione di un nuovo 12 I Bibliotecaginobianco

La « nuova frontiera » del centro-sinistra equilibrio politico complessivo, d'una nuova società politica nella quale il cattolico si trovi più realisticamente inserito e possa operare come tale. E un discorso analogo, pur con senso politico ben diverso, oggi, vale per i comunisti. Di fronte al crescere o al persistere potente della forza politica generica dei comunisti, la chance della democrazia è, a f lunga scadenza, l'evoluzione in sen_so democratico di quella struttura· j - che tale forza politica generica direttamente può plasmare e dirigere, /1 il PCI stesso (evoluzione, o rivoluzione interna, o riforma, o rottura: questo è un altro discorso). Ma sul Partito Comunista non possiamo qui dire se non pochissime cose. La prospettiva a lunga scadenza della democrazia italiana non può non essere quella d'uno schieramento politico mutato nel profondo - uno schieramento nel quale uno sforzo sostanziale di rinno·vamento delle idee, dei programmi, dei metodi, dello stile politico apra nuove possibilità di partecipazione al potere dei gruppi sociali che ne sono tuttora esclusi. Ma se questo è vero, è vero altresì che proprio per salvaguardare questa prospettiva è assolutamente necessario evitare gli incontri equivoci, che invece oggi i comunisti continuano con tanta inutile e poco intelligente costanza ad invocare. La democrazia italiana non sa realmente che farsene d'un incontro• con il PCI di O•ggi,e del resto lo stesso PCI non saprebbe che farsene d'un incontro con le forze democratiche, la cui storia e la cui problematica sono tanto distanti dalla sua - a meno che la concezione della~ lotta politica del PCI non fosse davvero ancora fondata sullo schema del « cavallo di Troia ». _ L'impegno di fondo sta nel garantire efficacemente il quadro · istituzionale e costituzionale e nel rinnovare profo,ndamente i termini della vita sociale, _economica, culturale del Paese: nel cambiare, cioè, le carte del gioco. Quando· queste saranno cambiate, il PCI non avrà più ! i di fronte a sé l'astratto e realmente insolubile problema di una « posi- i zione da prendere » di fronte al centro-sinistra; avrà invece da fare i i conti con se stesso fino in fondo, così come i conti con se stesse fino in ! f fondo avranno intanto dovuto fare le forze democratiche, laiche e / socialiste, ·e anche quelle cattoliche. Questo, certo, è un discorso sull'avvenire (con tutti gli ovvii inconvenienti di un discorso del genere): ma l'attuale maggioranza di centrosinistra; che ·pure è tutta viva nelle cose che fa e si propone di fare, non si giustifica pienamente se non esprirp.e la .presa di coscienza, da parte della classe dirigente democratica, d~ll'imporienza dei problemi d'avvenire che ad essa son posti. I nuovi ceti si muo·vo-no, i giovani son qui che si affacciano; la lungimiranza oggi è compito specifico dei politici, 13 Bibliotecaginobianco

Giovanni Ferrar a perché c'è u11 problema di « nuova frontiera ». L'epoca delle ':j1come ordinaria amministrazione di uno stato e d'una società ' 1 mente placati non è, purtroppo o per fortuna,: ancora venuta. riforme intimaPresentarsi di fronte al centro-sinistra con la màtita rossa e blu vuol dire non rendersi conto fino ìn fondo della reale portata del gioco. Ciò che davvero vale la pena di fare, non .è di correggere i compiti di Mo,ro e Saragat, di Giolitti e Reale, di Colombo e Tremelloni; è di maturare una interpretazione del centro-sinistra che sia all'altezza della situazione attua-le e dei compiti futuri. Poiché noi viviamo ancora, in fondo,, nelle interpretazioni del centrosinistra quali furono elaborate, più o meno chiaramente, prima che esso si facesse, e che portano i segni - incertezza, tatticismo, cautele e audacie inutili - di quel tempo di transizione. Oggi si deve lavorare sul terreno politico, su quello dei partiti come su quello dei gruppi di opinione, a livello sindacale come a livello culturale, dovunque sia cioè il campo dell'azione politica democratica, partendo dal semplice dato di fatto che la nuova maggioranza è costituita e funzio.na (le sue difficoltà interne so-no quelle di qualsiasi maggioranza di coalizione in un sistema parlamentare). È superfluo ripetere quello che sanno tutti, . e cioè che i pericoli e le minacce di destra so,no· tutt'altro· che sco,mparsi, così come tutt'altro· ·che scomparso è il fondo demagogico della politica comunista. Ma, appunto, l'opposizione· interna ed esterna della destra, così come la demagogia· comunista, si combattono ormai provando ed additando· le prospettive del do·mani. Sarebbe dunque ora di dare a questo paese una immagine plausibile e coraggiosa della società e dello stato che si vogliono- attuare. Si dirà che non è compito dei governi, né delle direzioni dei partiti, "predicare la società a ve11ire. Ma la vita di una democrazia politica f moderna è un intrecciarsi continuo, ed un reciproco alimentarsi, di · programmi ideali e di realismo po1itico: la democrazia no-n è arnata, difatti, da chi sogna solo ideali e da chi crede solo nel realismo· politico. Il modello ultimo di un tale senso della demo·crazia è stato J o,hn Kennedy: e naturalmente qualcuno ha provveduto a farlo sparire, acciocché nessuno 1 al mo,ndo si facesse troppe· illusioni. Sarà perciò compito anche del governo e dei partiti prospettare e riprospettare gli ideali di fondo che portarono all'attuazio·ne della nuova maggiora.nza e che, a loro volta, da questa attuazione risorgo-no e si proiettano in avanti. Ed è i11 primo luogo compito, di quelle forze politiche, d'opinio·ne, di cultura, che sono rappresentate nei partiti / della sinistra democratica, laica e socialista. La consapevolezza d'una 14 Bibliotecaginobianco

La « nuova frontiera » del centro-sinistra unitarietà fondamentale delle esigenze e delle prospettive politiche dei 1 .. tre partiti della sinistra de1nocratica, PSI, PSDI, PRI, è tutt'altro che : maturata, e non maturerà, verosimilmente, presto. Ma è certo che, si · rendano essi conto o no della necessità d'unificare al massimo le loro 1 . forze nel comune compito di dare un nucleo di forza e d'ideologia alla r ' formula di centro-sinistra, oggi, e all'Italia democratica, do·mani, è un .i fatto che a questo compito essi sono chiamati di fro·nte alla debolezza · irrimediabile del partito cattolico ed alla incapacità del PCI di racco-'· gliere più che a parole la « bandiera delle libertà borghesi ». Si deve a questo p11nto riconoscère che non tutto. va co1me dovrebbe andare: poiché si ha l'impressione che i partiti della sinistra democratica non si rendano co,nto che v'è una certa fiacchezza nel loro atteggiamento verso la DC e verso i comunisti (fiacchezza, non « corrività » come suona l'assurda accusa delle sinistre estreme e delle destre). Poiché le fo,rze della sinistra democratica, è inutile nasconderselo·, hanno sempre l'aria delle eterne minoritarie. E invece, aveva ragione Giuseppe Saragat: a loro, o quanto meno a quelle forze di sinistra democratica che nasceranno dai mutamenti imposti alla società ed allo stato italiano dal centro-sinistra, spetta il futuro. Ma è ovvio che questo non è un tema di simpatiche riflessioni, bensì di lotta politica., ideolo,gica e culturale. GIOVANNI FERRARA \ 15, Bibliotecaginobianco

Lo spettatore libero di Rosellina Balbi Una perdita secca di undici milioni di spettatori': ecco, per quanto riguarda l'Italia, il bilancio teatrale degli ultimi tredici anni. Nello stesso giro di tempo, il numero delle rappresentazioni si è praticamente dimezzato, scendendo da settantaduemila a trentasettemila; e i biglietti venduti, che nel 1950 erano ancora ventuno milioni, si sono ridotti, secondo le statistiche ufficiali, a meno di dieci nel 1963 1 • Non crediamo di essere troppo lontani dal vero affermando che molti, i quali pure amano dilungarsi sull'argomento della crisi del teatro, resteranno sbigottiti di fronte alla crudezza di queste cifre: tanto più gravi e significative, quando si consideri che il diradarsi del pubblico è fenomeno lamentato un po' in tutti i paesi (quantunque esso si manifesti in termini meno clamorosi là dove il gusto del teatro affonda le proprie radici in una tradizione più vigorosa e continua di quella italiana). E tuttavia, se po·niamo mente al significato etimologico. della parola « teatro» - che è quello·, come ognuno sa, di « luogo dal quale si guarda» -, saremmo portati a credere ad una preminenza assoluta dell'istituto teatrale nella civiltà moderna, se è vero - e chi potrebbe negarlo? - che essa è la cìviltà dell'immagine. Al giorno d'oggi, peraltro, esisto-no molti luoghi i quali, ben più delle sale di teatro, possono dirsi consacrati al rito della comunicazione visiva; e per quanto la tesi della « concorrenza vittoriosa » del cinema e della televisione nei confronti del teatro pecchi, a dir poco, di semplicismo., pure è di là che deve prendere l'avvìo· qualsiasi discorso serio sulla crisi del t~atro: dall'assalto, per l'appunto, che l'immagine ha scatenato contro di .noi. « L'organo col quale capisco meglio è l'occhio»: è stato Goeth.e a dirlo. Di fatto, il linguaggio mimico ha rappresentato il primo alfabeto dell'umanità; e molti studiosi lo considerano, a confronto del linguaggio verbale, più vicino al significato delle cose e dei sentimenti. Pòi l'umanità si è data la parola, e, con quella, la possibilità di scambiarsi le idee, i co·ncetti, tutto, ciò, insomma, che appartiene al dominio della ragione. Già la parola scritta co,stituirebbe, agli occhi di Socrate, un . pericolo per l'umanità; e ciò per la sua somiglianza con la pittura. « I 1 Cfr. « Lo Spettacolo», luglio-settembre 1963, pag. 171. 16 Bibliotecaginobianco

Lo spettatore libero prodotti di questa, infatti, non si presentano co,n1e esseri vivi, per poi tacere maestosamente quando li si interroga? Lo stesso accade coi discorsi scritti: si crede che ciò che· dicono, essi lo pensino; ma se, al fine d'istruirsi, li si interroga su un punto particolare di ciò che dicono, dànno una risposta sola, sempre la stessa ». Nel riportare questo, passo del Fedro, Nicola Chiaromonte osserva che esso è rimasto incomprensibile per ventiquattro, secoli, e· che soltanto oggi, « quando l'immagine e la successione di immagini si sostituiscono sempre di più -al discorso coerente, sia parlato, che scritto » 2 , il suo significato torna ad essere chiaro. Anche Umberto Eco cita ìl brano di Platone, sia pure con intendimenti diversi; egli vuole infatti « ricordarci come ogni modificazio-ne degli strumenti culturali, nella storia dell'umanità, si presenti come una profonda ·messa in crisi del ' modello culturale ' precedente, e non manifesti la sua reale portata se non si considera che i nuovi strumenti agiranno 11el contesto di una umanità profondamente modificata, sia dalle cause che hanno provocato l'apparire di quegli strumenti, che dall'uso· degli strumenti stessi » 3 • In effetti - e qui Chiaromonte ed Eco concordano - noi abbiamo eJaborato una coscienza_ largamente positiva del discorso scritto: il quale non è altro, in fo-ndo, che parola comunicata attraverso la vista anziché attraverso l'udito, e capace pur sempre di istituire un rapporto razionale tra gli uomini (senza dire che « la rapida crescita del repertorio di ' cose ' da sapere e da ricordare ha reso improbabile l'utilità della memoria come unico strumento di sapienza» 4 ). Oggi, peraltro, da ascoltatori che erano (e non soltanto. mediante l'udito, ma anche, come si è detto, mediante la vista), gli uomini sono divenuti essenzialmente spettatori. Siamo dunque tornati a servirci di uno strumento• cultt1rale arcaico, se pur raffinato dalla -tecnica moderna? . . La superiorità dell'immagine sulla parola, o,sserva Jean Bloch-Michel, sta in questo: che l'immagine ha un potere di suggestione, mentre la parola richiede di essere compresa. « Quando ci sediamo, al tavolo per leggere, possiamo astrarci da tutto quel che ci circonda, ma ciò richiede un atto di volontà al principio e uno sforzo in seguito. Riuscita questa prima o·perazione, non c'è lettura, per quanto semplice, che non richieda uno· sforzo di comprensione, tanto· più grande quanto me110 siamo abituati a leggere; comunque, dovremo impedire all'attenzione di disperdersi. Al cinema, invece, occorre soltanto la volontà iniziale, 2 NICOLA CHIAROMONTE, Parola e convinzione, « Il· Mondo», 22 maggio 1962. 3 UMBERTO Eco, Cultura di massa ed evoluzione della cultura, in « De Homine » Ed. Sansoni, 1963, pp. 288-289. ' 4 Ibid, pag. 288. 17 Bibliotecaginobianco

Rosellina Balbi nel senso che dovremo evidentemente decidere di andare al cinema, pagare il biglietto e sederci in una poltrona ». Do-po·_di che, « la nostra attenzione sarà requisita » 5 • · Per meglio convalidare la sua tesi, lo stesso J ean Bloch-Michel mette a confronto gli effetti delle trasmissio-ni radio.fo1 niche con quelli suscitati dalla televisione. La gente, egli osserva, adopera la radio no,n tanto per ascoltare qualche cosa di preciso, quanto 1 - per sentire una qualsiasi cosa. « Non ascoltano un'opera teatrale, un concerto, una co-nferenza : si servono della radio per aggiungere il rumore di voci o di musica ai lo,ro lavori quotidiani, co,me succede alla donna di casa che fa la pulizia, all'uomo• che va spostando da una stazione all'altra la manopo 1 la della radio, al co-nsumatore che mette una mo-neta nel jukebox del caffè, quasi sempre senza preoccuparsi della natura o della qualità del rumore che ascolta ... L'apparecchio televisivo, al contrario, raccoglie adulti e ragazzi attenti, incapaci di fare altro che guardare le immagini » 6 • Spettatori puri, dunque; uomini che sono « mo,bilitati altrove», secondo l'efficace espressio·ne di Edgar Morin, e cessano· quindi di essere presenti a se stessi. Non v'è dubbio che, di fro·nte alle tecniche delle informazio·ni visive, i nostri . sistemi di co,ntrollo sono1 « aggirati » e. « presi alle spalle ». Così, gli psicolo·gi sono giunti alla conclusione che il mezzo cinematografico 1 suscita nello, spettatore un'impressione di realtà che è radicalmente diversa da quella suscitata da ogni altra forma di arte figurativa, compresa quella teatrale ..Mentre la realtà di un'azio 1 ne teatrale, o-sserva Musatti, è una realtà rappresentata, quella dell'azio,ne cinemato·grafica è una realtà presentata . . Sul palcoscenico, gli attori non cessano di essere perso·ne reali, che recitano una loro· parte, ma conservano, ai nostri occhi, la loro individualità: siam.o perfettamente consapevoli del fatto- che il palcoscenico non è altro che un prolungamento della sala (e lo stesso sipario, aggiungiamo noi, ribadisce il carattere di finzio·ne scoperta che è connaturato, per l'appunto, alla rappresentazione teatrale). Lo schermo, per co1 ntro, ci o,ffre dei personaggi, anziché degli attori; al punto che « no1 n facciamo alcuna differenza tra il film documentario in cui, ad esempio, un membro del go,verno inaugura una mostra bovina, e il film di fantasia, do,ve un giovane uomo e una giovane donna riesco•no, do·po vari contrasti, a co,ronare il loro so-gno d'amore. E quel giovane uo,mo e quella giovane donna li sentiamo, finché ci abbandoniamo alla co·ntemplazione del film, altrettanto poco 5 JEAN BLOCH-MICHEL, L'immagine, in « Tempo presente », settembre-ottobre 1962, pag. 663. · 6 lbid., pp. 663-664. 18 Bibliotecaginobianco

Lo spettatore libero attori ed altrettanto personaggi reali, di quanto avviene per il suddetto membro del governo» 7 • Nel caso del cinema, dunque, occorre parlare di illusione, non già di finzione; tanto più che il ritmo- rapido· con il quale le immagini si succedono sullo schermo impedisce, per tutta la durata della proiezione, ogni meditato giudizio·. Di fro1 nte ad 11no spettacolo cinematogra-. fico, siamo indotti ad abbandonare il nostro mondo individuale, lasciandoci trascinare, più o meno passivamente, in quello che ci viene proposto,. Ma che specie di mo,ndo è quello che il cinema ci propo·ne, o meglio, ~ come abbiamo visto, ci impo·ne? Qui il discorso no·n può non intrecciarsi con qualche 01sservazione sul fenomeno, così tipico del nostro tempo, dell'industrializzazione culturale . . È indubbio che la cultura di massa è essenzialmente fo,ndata sùl piacere visivo. E molto acutamente Edgar Morin ne ha messo in rilievo la componente arcaica: « ... la cultura industriale non disintegra l'arcaismo.- Al contrario, i ritmi primitivi, quelli venuti dall'Africa attraverso il jazz e i ritmi tropicali, si impongono nella civiltà dei grattacieli; il simbolo primitivo rivive nei manifesti pubblicitari; le battaglie elementari tra uomini, le lotte feroci, i giuochi guerrieri sono presenti su tutti gli scherrmi del mo1 ndo; la musica è almeno tanto presente nella civiltà dei mass media ... quanto poteva110 esserlo i canti e i ritmi della civiltà arcaica. Si tratta, dunque, di una sorta di neo arcaismo » 8 • Per quanto riguarda più propriamente il linguaggio cinemato,grafico, da molti studiosi è stato messo in rilievo il carattere n1imico-pittorico che esso ha avuto all'inizio: carattere, per l'appunto, primitivo. E non è senza significato· il fatto che un grande regista cinemato,grafico, quale Eisenstein, abbia individuato negli ideogrammi cinesi una forma di linguaggio pre-cinematografico; e che, nel preparare le sue o,pere, egli abbia meditato sulla mentalità dei primitivi, leggendo· le opere di Lévy-Bruhl. Ad un gio,rnalista americano che lo intervistava, Eisenstein spiegò: « Mi interesso a questi libri, perché la mentalità del pubblico che vede i miei film è una mentalità primitiva » 9 • Questo neo-arcaismo è da mettere in rapporto, naturalmente, co11 la tendenza, caratteristica della cultura di massa, alla omogeneizzazione, e quindi con il suo slancio cosmopo,lita, « che mira ad attenuare le differenziazioni culturali nazionàli a vantaggio di una cultura delle grandi aree trans-nazionali » ( quale esempio, Morin accenna ai film di così detta 7 CESARE L. MuSAITI, Cinema e Psicoanalisi, in « Psicoanalisi e vita contemporanea », Ed. Boringhieri, Torino 1960, pp. 146-147. 8 EDGAR MoRIN, L'industria culturale, Ed. « Il Mulino», 1962, pp. 59-60. 9 Cfr. MARIO VERDONE, Sulle origini del linguaggio cinematografo, in« Film critica», febbraio 1963. · Bibliotecaginobianco

Rosellina Balbi co-produzio·ne), facendo ricorso, precisamente, a temi antropolo·gici: ossia a quel « fondo mentale univ.ersale, che è_ in p~rte l'uomo arcaico che ciascuno- po·rta dentro di sé » 10 • · Qui non è più questio-ne solta11to di mezzo espressivo, dunque, bensì anche di contenuti. Non è no,stro intendimento entrare nel vivo della polemica sui mass media: polemica che, co-me sostiene giustamente Umberto Eco, è molto spesso male impostata (in quanto il giudizio viene esercitato in riferimento· a un modello umano che oggi, sia per effetto degli stessi mass media, sia a causa dei fenomeni che ne hanno reso possibile l'avvento·, non esiste più). Tuttavia, no-n si p1.1ònon prendere coscienza del fatto• che le comunicazioni di massa sono o-ggi concentrate nelle mani di grùppi economici (nel qual caso· esse assumono il carattere di veri e propri prodotti commerciali), oppure di gruppi politici (e diventano, allo,ra, semplici strumenti di propaganda): in entrambi i casi, comunque, i valori di co,nsumo sono press'a poco gli stessi. Uno tra i più significativi, è il « lieto fine »: la cui .pressione è tanto forte, « da giungere persino a mutare il finale della trama dei romanzi, che pure il rispetto, feticistico dell'opera d'arte dovrebbe proteggere. Naturalmente, non si ha il coraggio, di modificare la trama di opere grandi del passato,· quali Anna Karenina o I Fratelli Kara-· mazov (per quanto- le ultime immagini del film di Richard Brooks sottolineino fortemente la speranza di evasione di Mitia e Grùscenka), ma si modifica l'"epilo,go, di romanzi c·o-ntemporanei, pur co-nsacrati dal successo, come Il Ponte sul fiume Kwai" di Pierre Boulle, I Giovani Leoni di Irwin Shaw, Una Diga sul Pacifico di Marguerite Duras » 11 • La messa al bando· dell'infelicità: ecco una delle principali carat-· teristiche, dunque, del mondo che il cinema ci presenta. Parlando di cinema ci riferiamo, naturalmente, al grosso della produzione: le opere culturalmente più vive (quelle che no,n temono di affrontare i temi dell'inquietudine e della sofferenza) non ne costituiscono altro che una frangia. Saremmo tentati di dire che tra l'una e l'altra specie di filn1 esiste la stessa differenza che Pirandello·, per bocca di un suo personaggio, ravvisa tra le proprie commedie e quelle degli altri: assistendo alle prime, lo spettatore è costretto a partecipare, a lacerare la propria coscienza; mentre un teatro che rinunci ad essere, anche e sopratutto, ricercrr del vero, è soltanto una buo,na occasione per abbandonarsi comodamente nella propria poltrona. ·F: tuttavia, da molti si giudicherebbe azzardato un simile paragone. È stato osservato,, difatti, che il cinema - anche quello più impegnato 2() 10 MORIN, op. cit., pag. 60. 11 MORIN,. op. cit., pp. 90-91. Bibliotecaginobianco .,-

Lo spettatore libero ed esteticamente più valido - si limiterà pur sempre a far leva sulle emozioni del pubblico; mentre non potrà mai, per la stessa 11atura fenomenologica del suo linguaggio, porsi sul piano delle idee. Nessuno potrà convertire in immagini un concetto, un d11bbio,, un problema morale. Quando Olivier « gira » l'Amleto, egli ci propone u11 eccellente saggio di teatro filmato, ma nulla più che questo; « essere o non essere », come rileva giustamente Aldo Agazzi, no,n è, e no,n potrà 1nai essere, • cinema. Qualcuno ricorderà, forse, un articoTo di Nico1a Chiaromonte, che lasciò dietro di sé uno, strascico polemico. Si discuteva, a quel tempo, circa la ventilata ab·olizione della censura preventiva sul teatro, e da qualche parte si chiedeva che lo stesso provvedimento venisse adottato anche 11ei co,nfronti del cinema. Nell'artico,lo al quale ci riferiamo, Chiaromonte affermò che cinema e teatro sono due cose diverse, e diverso deve essere, pertanto, il discorso· cl1e li riguarda. Nel caso del cinema, la censura può riguardare al massimo le scene di nudità o di violenza (ossia le at1dacie di dettaglio), e non soltanto perché il cinema « è portato per sua natur·a a vio,lare il meno possibile i tabù sociali », ma sopratutto perché il pensiero, come tale, non è cinemato-grafabile. Il .teatro, per contro, anche il più frivolo, è fatto pur sempre di idee: ecco perché le audacie, a teatro, sono audacie di fondo (e tanto, più pericolosa, di conseguenza, la censura teatrale). Queste affermazioni di Chiaromonte suscitarono, co,me si è detto, ·nt.1:merose proteste; vi fu un lettore, tra gli altri, che rivendicò l'esistenza e la funzione del « cinema di idee », citando, a sostegno della sua tesi, il caso del film Non uccidere. Prendendo_ lo spunto da quella lettera, Chiaromonte ribadì il proprio giudizio,: « Io no·n ho mai visto cinematografate idee o questioni di coscienza; 110 tutt'al _più visto dei film che volevano illustrare idee o questio,ni di coscienza. Non è la stessa cosa... l'immagine cinematografica può mostrare con efficacia talora sconvolgente (ma anche labile) l'aspetto fisico delle cose, e anche l'equivalente fisico dei moti dell'animo, nella misura in cui i moti dell'anin10 comportano un equivalente fisico; ma no1 n può dare il pensiero, non può dare la coscienza, non può dare l'id.ea, per l'ottima ragione che non è secondo questi aspetti che l'o,biettivo coglie il reale, bensì secondo i modi dell'evidenza esteriore » 12 • Per meglio puntualizzare il suo pensiero, Chiaromonte portò l'esempio del film Siamo tutti assassini, che si proclamava film ~ontro la pena di mòrte, ed osservò che esso gli· era sembrato tutt'altra co,sa: « una serie di immagini che, mostrando nei più crudeli particolari com'è 12 NICOLA CHIAROMONTE, Teatro, cinema e censura, « Il Mondo», 3 aprile 1962. 21 Bibl_iotecaginobianco

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