Nord e Sud - anno XI - n. 51 - marzo 1964

Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Jean Gottman, Le prospettive dell'urbanizzazione - Giulio De Luca, Napoli - regione - Marco Cesarini Sforza, Roma - regione - Clemente Maglietta, Testimonianza di un ''Garibaldino,, di Spagna - \ I Atanasio Mozzillo, 'Arangio Ruiz - Alberto Bertolino, Il turismo ali' Università. e scritti di Girolamo Cotroneo, Franco Cuomo, ,,- Mario Di Bartolomei, Luigi Fruttero, Mirella Galdenzi, Renato Perrone Ca:p~no. • ANNO XI - NUOVA SERIE - MARZO 1964 - ·N. 51 (112) EDIZIO·NI SCIENTIFICHE ITALIA NE - NAPOLI Bibliotecaginobianco

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NORD E SUD • I Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ... \ ANNO XI -- MARZO 1964 ·- N. 51 (112) DIREZIONE E REDAZIONE: Napo I i- - Via dei Mille, 47 - Telef. 393.346- 393.309 ' Amministrazione, Distribuzione e Pubblicità: . . . EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via dei Mille, 47. - Napo I i -· Telef. 393.346- 393.309 Una copia L. 400 - Estero L. 500 - Abbonamenti: Sostenitore L. 20.000 - Italia annuale t. 4.000, semestrale L. 2.100 - Estero annuale L. 5.000, semestrale L. 2.700.- Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 Edizioni Scientifiche Italiane - Via dei Mille 47, Napoli Bibliotecaginobianco r'

SOMMARIO J ean Gottmann Giulio De Luca Marco Cesarini Sforza Editoriale [ 3] Le prospettive dell'itrbanizzazione [7] Napoli - regione [33] Roma - regione [ 48] Note della Redazione C'è itn limite per tutto - La cultura in rotocalco - I chiostri accaden1ici - Una scelta napoletana [62] Discussioni Mario Di Bartolomei La trappola dei moderati [ 63] Cronache e Memorie Clemente Maglietta Testimonianza di un « Garibaldino di Spagna » [77] Atanasio Mozzillo In memoria di ~4rangio Ru_iz .[93] Girolamo Cotroneo Mirella Galdenzi Franco Cuo.mo Luigi Fruttero Renato Perrone Capano Recensioni Filosofia e politica nel XVI secolo [100] Il « miele » romano di Sandro De Feo [ 103] Un poeta senza ca1'zto [107] Una scienza avversata [113] L'i11gloriosa caduta [ 116] Saggi Alberto Bertolino Il turis~zo all'Università [ l,20] Bibliotecaginobianco

Editoriale Si dice che, per venire a capo delle crescenti difficoltà economiche e finanziarie, il paese debba essere spinto risol1,1,tamente sulla i1npervia strada dell'austerità. La crisi che stiamo attraversando sarà forse ricordata, fra qualche mese o fra qitalche anno, soltanto come una più o meno difficile crisi di crescenza dell'economia italiana. Ma intanto, per uscirne, « l'austerità è -veramente la necessità del momento». Su questo punto sembra che tittti siano _più o meno d'accordo. Non c'è , accordo, invece, come è nat11rale, per quanto riguarda i sacrifici che devono essere richiesti ai vari ceti sociali per co-prire il costo della politica di austerità: da un lato Cicogna e Merzagora, dall'altro Lonibardi, certi ambienti sindacali, l'opposizione di sinistra in genere. Ovviamente noi non siamo dalla parte di Cicogna e di Merzagora, e concordiamo, invece, con Enzo Forcella e con altri quando affermano che l'austerità non può essere « a senso unico ». Ma concordiamo soprattutto con La Malf a quando invita i sindacati a « ferma re le agitazioni disordinate che essi conducono in ogni campo » e a « portare l'esame del problema salariale al tavolo della programmazione, discutendolo e risolvendolo in funzione delle condizioni congiunturali che si andranno _configurando nel paese ». E vorremnio subito aggiitngere che oggi. la 11-ostraprincipale preoccupazione non è quella di coloro che temono - un po' per demagogia, un po' per semplicismo, iui po' per dottrinarismo, o per un modo convenzionale di guardare alle cose - di vedere accollati alle classi lavoratrici ge11-ericamenteintese i sacrifici dell'austerità. Noi temiamo, infatti, a_ncoradi più che in, definitiva, i sacrifici dell'auste:rità siano accollati alle regioni meridionali: alle regioni più deboli, che è quanto dire alle classi veramente piìt povere. Certo - come ha scritto Enzo Forcella sul «Ci.orno» del 26 febbraio -:-- « ognuno deve pagare un prezzo, governo, sindacati, iniprenditori, e ognuno deve dire sino a che punto è disposto a pagarlo ». Ci sembra, tuttavia, che sia già in atto una tendenza per cui il prezzo più alto rischia di essere pagato dal M·ezzogiorno: e questo sia che alla fine prevalgano coloro che tirano pregiudizialmente da sinistra per addossare alle forze -padronali, capitalistiche e neocapitalistiche, la più gran parte dei sacrifici imposti dalla politica di austerità, sia che pre3 Bibliotecaginobianco

Editoriale valgano invece gli altri, coloro che tiran,o altrettanto pregiudizialmente da destra per addossare a11cora u.na volta alle classi lavoratrici i costi che si devono pagare per il risanamento della congiuntura. In base a quali considerazioni, o impressioni, è venuto acquistando un rilievo sempre più allarmante questo rischio, che il prezzo più alto per la politica di austerità possa essere addossato al Mezzogiorno? In primo luogo, è vero ciò che ha scritto Gerardo. Chiaromonte sull'« Unità» del 25 febbraio: « i 60 miliardi stanziati per aumentare il fondo d.i dotazione della Cassa per il Mezzogiorno non sono, a quanto pare, nemmeno sufficienti a coprire la metà degli impegni di spesa che la Cassa ha già preso per lavori che o non sono iniziati o sono stati fermati a metà ». In secondo luogo, è vero anche ciò che si dice degli istituti di credito. speciale: che essi, cioè, non sono più in grado da tempo di soddisfare le richieste di finanzian1ento che sono state presentate per centinaia di miliardi. Sf dirà che ora si è provveduto, nel senso che, pescando fra le nuove entrate fiscali, 35 miliardi per cinque anni saranno concessi a questi istitu,ti, per finanziare medie e piccole iniziative nel Mezzogiorno e nelle Isole; ma non ·si potrà negare che, se siamo di fronte a richieste di finanziamento vàlutabili, secondo « l'Unità », a centinaia di miliardi, i 35 miliardi. promessi dal governo per i prossimi cinque anni sono appena un brodino ricostituente. Può darsi, naturalmente, che l'« Unità» esageri; ma per quanto possa esagerare, il rapporto quantitativo fra le richieste di finanziamento ecl i fondi promessi agli istituti. di credito speciale per l'industrializzazione del Mezzogiorno e delle Isole resterebbe sempre ·itn rapporto tale da far pensare che nei prossimi cinque anni molte richieste di finanziamnto, per iniziative anche importanti, non potranno essere soddisfatte. C'è, infine, la questione dei programn1i pluriennali di opere pubbliche: come abbiamo rilevato in una nota della redazione dell'ultimo numero di « Nord e Sud», seri motivi di apprensione per gli ulteriori sviluppi della politica meridionalista. derivano dalla aff er1nata necessità di contenere la spesa pubblica. Noi naturalmente riconosciamo che . c'è qitesta 11-ecessità. Ma si deve pure riconoscere che la spesa « ordinaria » dei Ministeri, per quanto riguarda il Mezzogiorno, risulta già ridotta al di sotto di certi lin1iti, onde l'intervento della Cassa è diventato in parte sostitutivo, e non in tutto e per tutto aggiuntivo, come dovrebbe essere perché possa. riuscire veramente efficace. Qualora il contenimento della spesa pubblica dovesse risolversi in una sempre più marcata caratterizzazione dei programmi della Cassa come programmi sostitutivi rispetto a quelli dei Ministeri,, la politica meridionalista sarebbe gravemente, e forse irrimediabilmente, compromessa. 4 Bibiiotecaginobianeo

Editoriale Pértanto, se proprio non fosse possibile scongiurare del tutto l'eventualità che certi programnii di opere pub.bliche abbiano a subire riduzioni, o quanto meno rallentamenti, sarebbe comunque necessario non ridurre .e non rallentare i programmi che interessano il Mezzogiorno, anche se questo dovesse richiedere un supplemento di sacrifici per altre regioni del paese e, nell'ambito di queste, per la classe imprend~- toriale o per quella operaia. In altri termini, dopo che si è tanto parlato di una politica di piano che abbia come suo primo e fondamentale obiettivo la riduzione degli squi?ibri regionali, è la concreta e moderna preoccupazione per questi squilibri che deve prevalere nei confronti delle astratte pregiudiziali classiste quando si tratta di decidere quali 1nisure devono essere predisposte per superare le difficoltà della· congiuntura. Pertanto, certe agitazioni rivendicazionistiche dei sindacati (e, naturalmente, al Sud non meno che al Nord), come quelle che La Malfa ha denunciato nel suo articolo sulla « Voce repubblicana » del 27 febbraio, devono essere condannate come sostanzialmente antinzeridionalistiche, altrettanto antimeridionalistiche delle interviste di-Merzagora e dei discorsi di Cicogna. I Merzagora ed i Cicogna, infatti, sembrano voler ignorare deliberatamente che sono stati certi problemi insoluti, e quindi aggravatisi, a provocare una serie di fenomeni negativi, onde, all'« eufo-ria » ~egli anni del « miracolo », è sitbentrata la « sfiducia » degli ultimi mesi. E fra questi problemi vi è certamente quello della congestione demografica in· q,ree ristrette dell'Italia nordoccidentale. Ha ragione Lombardi quando accitsa Merzagora di non dimostrare alcuna preoccupazione per gli .squilibri territoriali, per la « prospettiva scientificamente accertata di un'Italia ridotta in un decennio, ove le cose contiriuassero nel verso attuale, a un Mezzogiorno divenuto deserto di attività e di energie e ad un triangolo industriale divenuto un campo di concentramento per mano d'opera industriale». Ora, è proprio questo il momento di prendere decisioni coraggiose per dirottare verso il Mezzogiorno, e comunque fitori dalle aree di piena ocèupazione, le nuove iniziative industriali. Certo, decisioni del genere incontrerebbero subito l'opposizione della Confindustria e forse susciterebbero contrasti nella CGJL e nello stesso Partito comunista. Ma se si vuole fermare il processo di congest!ona1nento nelle aree me;. tropolitane della Valle padana e il processo di dissanguamento del Mezzogiorno, ci si deve orientare nel senso della proposta formulata - tra le altre - da La Malfa, nella sua lettera al Presidente del Consiglio: identificare le· aree nelle quali sia stato conseguito il traguard_o della piena occupa~ione e vietare che in queste aree abbiano ad essere 5 Bibliotecaginobianco

Editoriale localizzati nel prossimo futuro nuovi impianti inditstriali, provocando il ricorso a manodopera immigrata e quindi un'u~teriore congestione demografica urbanistica industriale. Si potrebbe ricorrere, cioè, a « provvedime11ti di tipo inglese », e stabilire che, per creare uno stabilimento nelle aree di raggiunta piena occupazione, sia necessario ottenere dai pubblici poteri un « certificato di idoneità all'insediamento », da rilasciarsi soltanto nei casi in cui risulti chiaramente che lo stabi~imento in questione non potrebbe essere localizzato altrove. Provvedimenti come questi potrebbero avere una doppia efficacia: arrestare direttamente taluni processi di congestionamento nel Nord, frenare indirettamente l'esodo dal Sud. Chi si vedesse rifiutato il « certificato di idorieità all'insediamento » nella provincia di Milano, o di Genova, o di Torino, a Mestre o in Val d'Aosta, ·ad Alessandria o a Bolzano, dovrebbe, infatti, orientarsi verso la scelta di un'altra loca.;. lizzazione, e si orienterebbe preferibilmente verso una provincia nella quale siano disponibili riserve di manodopera e per l'industrializzazione della quale siano stati predisposti congrui incentivi di natura fiscale e creditizia: in gran parte dei casi, cioè, si avrebbe-un dirottamento delle decisioni d_i investimento industriale dalle provincie caratterizzate da intensi fenomeni di immigrazione alle provincie caratterizzate da altret.:. tanto intensi fenomeni di emigrazione. E ne deriverebbe, -quindi, u11a spinta considerevole a favore dell'industrializzazione di provincie dell'Italia meridonale, una spir7,ta che potrebbe compensare i rallentamenti che per altri versi la politica meridionalista potrebbe essere costretta a subire e che comunque devono essere contenitti ,zei più ristretti termini possibili. Come si vede, in ultima analisi, le preoccupazioni che ci sem_brano da tener presenti a pro' del Mezzogiorno nel difficile momento attuale non sono di natura settoriale e, tanto meno, campanilistica. Oggi come oggi, l'analisi serena dei problemi che sono sitl tappeto dimostra una volta di più che la politica meridionalistica è di per sé un pùnto d'incontro obbligato tra le esigenze della progran1mazione, quelle del sollevamento delle aree depresse e quelle del co11trollo delle aree sovrasvilitppate. Ancora una volta, quindi, il Mezzogiorno è il vero punto nodale della vita politica e sociale del nostro paese. Non lo dimentichi nessuno: né il governo, né le opposizioni; né le pu·bbliche amministrazioni, né i partiti; né la Confindustria, né la CGIL. 6 Bibliotecaginobianco

Le prospettive dell'urbanizzazione di J ean Gottmann ::• Dai due lati dell'Atlantico, in America del Nord e in Europa occidentale l'urbanizzazione progredisce a passi di gigante. Le città crescono a vista d'occhio; le città antiche si estendono alla loro periferia e, spesso, rinno·vano in parte i loro vecchi centri e le loro periferie pure alquanto invecchiate; piccole città o semplici borgate prendono improvvisamente l'area di grandi città; nuove città si creano. Mai senza dubbio le industrie di costruzione hanno conosciuto un tale sviluppo e una così grande prosperità su questi due continenti come da una quindicina d'anni a questa parte. Mai si è avuto tanto bisogno di architetti e d'urbanisti. E mai, nel corso di lunghi secoli, si sono visti in questi paesi evolvere così velocemente e profondamente i modi di utilizzazio·ne del suolo e i modi di vita delle po·polazioni. I tre fenomeni sono connessi: essi esprimono in segni esteriori una riforma radicale della struttura della società. Perchè il bisogno di rimuovere terra e materiali di o·gni tipo, di pensare e agire in base a nuove esigenze urbanistiche, di rifare tanti paesaggi, tutti questi biso·gni non fanno che tr_adurre le pressioni create dal fenomeno sociale dell'urbanizzazione, cioè il passaggio della grande maggioranza di ciascuna di queste nazioni * Jean Gottmann è professore di geografia all'« École Pratique des Hantes Etudes »: noto studioso dei problemi dello sviluppo urbano è autore, tra l'altro, del volume Megalopolis che tanto interesse ha suscitato al di là e al di qua dell'Atlantico. Le connessioni fra questo suo articolo e i due articoli che seguono, , di Marco Cesarini e di Giulio De Luca, sono evidenti. Pubblichiamo insieme questi tre articoli anche nell'intento di sottolineare ancora una volta e più che mai la rilevanza politica che, nel quadro degli interessi cui si ispira la nostra rivista, attribuiamo ai problemi della valorizzazione e sistemazione del territorio, del rapporto fra città e regioni, <;1,ellpaianificazione aperta. Sono contributi a una discussione di grande attualità che appassiona sempre più numerosi circoli intellettuali del nostro paese: in questo senso, l'articolo di Gottmann, che si riferisce in generale ai problemi e alle forme dell'urbanizzazione moderna, e gli articoli di Cesarini e De Luca, che illuminano particolari aspetti e questioni dello sviluppo « tnetropolitano » rispettivamente di Roma e dei poli di sviluppo della Campania, forniscono diversi punti •di riferimento per approfondire la discussione_ di cui si diceva o quanto meno per verificare i termini, così sul piano di ciò che avviene in generale al di qua e al di là dell'Atlantico, come sul piano di quanto · si va facendo, o non facendo, nel nostro paese, in due regioni del nostro paese che sono fra le più interessanti dal punto di vista dell'urbanizzazione in corso, dei problemi che ne derivano, delle possibilità di volgere al bene o al male i fenomeni che l'accompagnano. 7 Bib.liotecaginobi·anco

Jean Gottmarin dagli antichi generi di vita, sopratt~tto rurali, al nuovo genere di vita . . urbano. L'urbanizzazio·ne risulta dalla accresciuta capacità della tecnica moderna di produrre la maggior parte delle derrate agricole in quantità crescenti con sempre minore impiego di mano d'opera. L'esodo rurale non si verifica soltanto nei paesi che riducono la loro· produzio-ne agricola, come avvenne in Gran Bretagna· nel XIX Secolo·, ma _anche nei paesi la cui agricoltura è in espansione ed in via di modernizzazione, come è anco-ra il caso degli Stati Uniti, dove una percentuale debole e decrescente della popolazione attiva (8 % nel 1961) non solo risulta sufficiente per approvvigionare pienamente 190 milioni di co-nsun1atori, ma produce anche considerevoli ecce·denze rispetto al fabbisogno alimentare del paese. Inoltre, elemento .nuovo, ed ancora· poco conosciuto. in Europa, le forme contemporanee della urbanizzazione, risultano anche dalla rottura con la vecchia tradizione che considerava la città -come un nocciolo molto denso, un agglomerato di edifici contrastante con l'abitato rurale più o meno sparso. Le tecniche moderne di manifat~ura e di trasporto permettono· all'abitato. urbano ed anche ,agli stabilimenti industriali ·e commerciali di disperdersi. La città si è quindi estesa sulla campagna circostante, anche perchè il numero dei cittadini è in costante aumento e· conta già più del 90 % della popolazione attiva dei paesi economicamente avanzati. . . Lo studio delle forme e delle tendenze dell'urbanizzazione -moderna -deve naturalmente farsi dapprima nei paesi -dove l'industrializzazione è più avanzata -e dov~ più alto -è il livello di vita, cioè nei paesi da una parte e dall'altra del Nord dell'Atlantico. Per il loro livello· di vita, per la .loro civiltà. detta « occidentale », per la densità della loro popolazione e l'intensità _della loro attività, questi paesi presentano forme di urbanizzazione e problemi di urbanesimo più complessi di" quelli: che possono essere osservati alt_rove. Da un paesè all'altro rl'urbanizza·zione · si svolge· seco·ndo ritmi vari e si adatta a terreni differentissimi. Nella· stessa Europa, 1a spinta urbana in Gran Bretagna, paese già molto urbanizzato ·nel 1911, pro·cede secondo vie differenti rispetto a quelle che sono state se_guite in Francia ed in Italia, dove l~_maggio-r parte ~elle città so.no_ereditate da una rete formatasi nel Medioevo e nel Rinascimento e la cui insufficienza per la nostra epoca non è stata riconosciuta- che recentemente. Se vf è una gamma molto varia di· aspetti della urbanizzazione nell'interno dell'Europa occidentale, il paragone .più fruttuoso è ancora da stabilire fra questo· continente e gli Stati Uniti .. Fin dal 1945 gli europei hanno capito che i metodi ed il genere di vita _americani avevano preso su 8 Bibliotecaginobianco

_Le prospettive dell'urbanizzazione loro· un certo vantaggio e che conveniva raggiungerli. Essi hanno desiderato elevare i loro livelli di vita al fine di eguagliare gli Stati Uniti. La maniera americana si è trovata alla moda in Europa e ciò si nota nei nuovi aspetti dei paesaggi urbani. Al tempo stesso gli americani, assetati di conoscenza e sempre pronti a impo:çtare idee e prodotti di qualità, cercavano in Europa le formule che potessero aiutarli a risolvere le difficili situazioni che si creavano nelle loro cit~à e regioni urbane. Risultando da questa inter-penetrazione dei due continenti, la nuova città dell'occidente è in pie11a gestazio,ne. Certo, malgrado le so·miglianze crescenti nel disegno degli edifici e nel modo di costruire, persistono da paese a paese profonde differenze. Ma gl_iaspetti materiali, ai quali troppo spesso gli urbanisti fanno riferimento, non fanno altro- che riflettere la scala variabile dei problemi e lo spirito particolare con cui si affronta la loro soluzione. Volume dell'urbanizzazione moderna. - La popolazione urbana si accresce molto velocemente dai due lati del Nord Atlantico. Da molto tempo negli Stati Uniti questa crescita si contava a milioni ogni anno. Dal 1910 al 1960 la perce:r;ituale di popolazione ufficialmente definita urbana è passata dal 45,7 al 70 %, e cioè in cifre assolute da 42 a 125 milioni di persone, e anche a 139 milioni (77 % della popolazione totale) nel 1960 se si includono i 14 milioni che risiedono nella « regione metropolitana », benchè fuori dai luoghi urbani, ossia nelle grandi periferie articolate in abitazioni sparse. Questo significa in cinquant'anni u11 _aumento di 91 milioni, uguale al totale delle popolazioni della Francia, dei Paesi Bassi, del Belgio, della Svizzera, della Norvegia, della Svezia, della Danimarca· e dell'Irlanda riunite. Il ritmo di aumento medio in cinquant'anni fu vicino ai 2 milioni all'anno, fra cittadini veri ·e propri e abitanti della periferia; ma nel corso della decade 1950-60 questo ritmo annua~e di crescita urbana superò i 3 milioni. Le regioni urbane degli Stati Uniti si accrescevano ogni anno quasi dell'equivalente di una Norvegia. Nèssun paese dell'Europa Occidentale ha mai conosciuto, nemmeno in proporzione, un ritmo e un volume di continua urbanizzazione così impressionanti . .Si tratta di dati relativi a un processo. le ct1i conseguenze pratiche s~no di una immensa portata. Il volume di urbanizzazione ha obbligato l'economia americana ad un'espansione rapida e ad elaborare i. mezzi per provvedere adeguatamente ai bisogni· molteplici di tanti cittadini in più ogni anno. Si. immagini che cosa ciò significa come_.capacità di costruzione di edifici differenti, come equipaggiamento di base delle 9 Bibliotecaginooianco

Jean Gottmann città e dei loro accessi, come· produzio-né di beni di consumo durevoli, di differenti qualità. La crescita. urbana non ~i è v~rificata senza provocare, come altrove, tutta una serie di sit11azioni inattese nei campi più disparati: ripartizio·ne delle industrie, fiscalità, amministrazione del credito, necessità di trasporti, amministrazione mt1nicipale, rapporti fra collettività locali e governo 1 centrale; e, infine, teoria politica ge_nerale·~ Paese a legislazione -molteplice, complessa, in movimento·, gli Stati Uniti hanno dunque riflesso in molti ambienti, e sul piano di preoccupazioni molto diverse, gli effetti delle pressioni dovute al processo di u-rba• nizzazione massiccia e prolungata da cui essi sono stati investiti. Queste preoccupazioni si sono ritrovate a livello universitario e di ricerca, nelle scienze sociali più differenti. Ed è grazie a questo processo che essi sono, nel campo del pensiero e dello studio, molto più avanti dell'Europa Occidentale nel suo1 insieme. L'E11ropa aveva, tuttavia, conosciuto, ben più presto in certe sue regioni una crescita urbana in1pressionante, e talvolta divorante. La crescita della Grande Londra fu, prima del 1914, la più. spettacolare del mondo atlantico. La congestione di Parigi e ·1a qualità estetica del suo paesaggio urbano, mantenuta malgrado· la densità della popolazione, e l'espansione della regio·ne parigina, ne fecero per _molto tempo un mo-· dello, di urbanismo sotto molti aspetti. Interi paesi conobbero in seguito_ a gravi crisi storiche situazioni in cui i bisogni materiali delle po-polazion_i urba11e potevano essere paragona te a bisogni descritti per gli Stati Uniti: così negli anni 1945-50 la Germania occidentale dovette far fronte simultaneamente a un compito urgente e massiccio di ricostruzio·ne delle sue città devastate dalla guerra e alla installazio-ne, soprattutto nei ce11tri urbani, di parecchi milioni di rifugiati o profughi provenienti dall'Est; verso la stessa epoca i Paesi Bassi dovevano ricostruire parecchie delle loro città devastate dai bombardamenti, sistema11do conterriporaneamente un nuova numerosa generazione di olandesi che diveniv~no adulti e l'ondata dei profughi dell'Indonesia.· Il volume- dell'urbanizzazione in ·questi periodi critici ha potuto dar luogo in questi paesi a uno sforzo e a pressioni sulla economi~ nazionale chiaramente comparabili, tenendo conto delle proporzioni, alla spinta urbana nord a1nerica11a. Ma - in questi paesi europei - si trattava di crisi eccezionali che, si dava per scontato, non si sarebbero più riprodotte in avvenire, e che derivavano più da un incidente della storia che dall'evoluzione generale permanente, e più dalle necessità della ricostruzione che da quelle dell'urbanizzazior1e. La durata e la costanza della cr~scita urbana negli Stati Uniti ave10 Bibliotecaginobianco

Le prospettive dell'urbanizzazione vano suscitato varii studii e ricerche che si sforzavano di analizzare e di chiarire i diversi fenome·ni economici e sociali il cui insieme costituiva il processo d'urbanizzazione. Econo·misti, sociologi, geografi, git1risti, psicologi, specialisti di scienze politiche e di medicina sociale hanno esaminato i diversi aspetti di questi problemi, così come architetti, urbanisti e ingegneri civili. La letteratura su questi temi è, ~unque, abbondante e diffusa negli U.S.A. fin dall'inizio del secolo. Tuttavia la parte che i problemi della città 1noderna tengono nel campo generale delle scienze sociali no•n l1a fatto che crescere. Ci si è sempre di più convinti della necessità di considerare l'ambiente urbano nel suo insieme; e per questo compito nessuna delle discipline diverse che si occupavano della città era veramente preparata. Nel corso dell'anno ac- ·cademico 1962-63, però, si sono viste diverse istituzioni america11e (particolarmente qualificate per occuparsi delle questioni urbane, come le grandi organizzazioni di architetti e le grandi scuole di medicina sociale), far posto tra le loro preoccupazioni più urgenti allo studio dell'ambiente urbano 1 • Sviluppando gli studi sui problemi dell'urbanizzazione, gli americani non avevano smesso di far appello alle idee e agli specialisti europei. L'urbanistica americana ha largamente fruito di t1omini e di idee provenienti dalla scuola inglese della « Garden City», da quella tedesca della « Bauhaus », da quella di Le Co,rbusier o da quelle degli architetti finlandesi e italiani; e per lungo tempo è sembrato che queste scuole d'architettura e d'urbanistica riassumessero il pensiero essenziale dei contemporanei sulla nuova città. Sociologi, economisti e geo-grafi non - sembravano interessarsi che ad aspetti particolari, ai sotto-prodotti che sembravano accidentali, ed erano comunque. in generale· spiacevoli, dell'urbanizzazione~ Era convinzione generale in Europa, tran11e forse che i11Gran Bretagna e in Olanda, che la città avesse raggiunto la sua forma definitiva, già troppo pes~nte, troppo sporca, tro·ppo invadente all'inizio del XX secolo; _e che la sua crescita co·ntinua era in certi casi, e soprattutto nel caso delle grandi capitali, un fenomeno nefasto e quindi da combattere. Alcuni saggi di H. G. \Vells e la teoria spèngleriana del « tra-- monto dell'Occidente » ( 1915.) avevano riassunto o ispirato questo atteg-- 1 Vedasi in particolare il mensile « Journal of the American Institute of Architects », Washington, D. C., The Octagon, annate 1962 e 1963 e soprattutto ·il numero di aprile 1963, pagg. 80-94. L'autore del presente articolo ha riscontrato preoccupazioni analoghe alla Graduate School of Public Health cli Pittsburgh e altrove. 11 Bibliotecaginobianco

Jean, Gottmann giamento preoccupato: l'urbanizzazione porta ad una degenerazione della società. Per evitare la nascita di metropoli troppo· grandi, che d'altronde sembravano ostacolare una lenta e sana crescita delle città di provincia, basterebbe dunque adottare qualche regolame11to di decentralizz;azione. In Francia come in Inghilterra, si adottarono politiche destinate a li- · mitare la crescita di Parigi e di Londra, e si pensò ---- ancora all'indomani della seconda guerra mondiale - che questo fosse il principale problema urbano dell'Europa occidentale 2 • Dal 1945, è stato però necessario cambiare opinione e teoria, e riconoscere che l'urbar1izzazione era, soprattutto nei paesi ben industrializzati ed· in particolare in ·Europa, il fenomeno centrale di un- rimodellamento completo della struttura geografica, economica e profes-_ sionale della società, e della ripartizione dei « generi di vita ». E potuto sembrare a tratti che l'urbanizzazione prendesse un così rapido ritmo in seguito ali'« americanizzazione » dei modi di vita europei. Ma uno studio som1nario delle statistiche e dei fatti basta a capovolgere questo giudizio_: l'urbanizzazione è una marea montante che coglie l'Europa Occidentale quasi di sorpresa. Per risolvere i problemi che essa suscita, per provvedere organicamente ·alle situazio,ni che essa crea, si è fatto essenzialmente ricorso ai metodi americani perchè ·essi sono -a portata di mano, pronti, sperimen.tati e consigliati dagli americani. L' « americanizzazione » dei paesaggi urbani è dunque . una soluzione comoda, facile; e la sola pronta ad essere applicata. L'urbanizzazione dell'Europa è tuttavia in ritardo di parecchi punti su quella degli Stati Uniti: non solo essa è più nuova, e psicologicamente « sorprendente », ma anche cronologicamente sfasata; l'aumento improvviso della natalità, che è comune a parecchi pàesi, si è prodotto in Europa all'indomani della guerra, mentre negli Stati Uniti è iniziato verso il 1941; lo sforzo di costruzione d'un maggior numero di nuovi alloggi è comincia~o più tardi, quando le ferite della guerra erano state rimarginate e la ricostruzione er~ stata avviata a compimento~ Soprattutto a causa del fatto che il fenomeno era nuovo e meno co-nosciuto, si è tenuto meno_ conto, da un lato, dei bisogni creati dall'evoluzione .della piramide delle età, e, dall'altro lato, dei livelli e dei generi di vita. L'urba.nizzazione moderna, però, non si svolge più come si è svolta la crescita urbana pre2 Non sono mancati, in Francia, i libri che sostenessero questa tesi: il più noto di tutti è quello di Jean François Gravier, Paris et le •désert français. In Inghilterra, i principali piani di ricostruzione e di ristruttur;izione della regione di J.. ondra, conoscil!-ti sotto i nomi di Abercrombie Plan e di Barlow Report, adottavano una concezione analoga. / 12 Bibliotecaginobianco

Le prospettive dell'urbanizzazione 1920: i fattori tecnologici, economici e sociali sono molto differenti; e i gusti e le tendenz,e dei consumatori pure. Inoltre, nei paesi in cui la nuova generazione, nata dopo la guerra 1939-45, è più numerosa, i bisogni di questa generazione, accresciuti in quantità e modificati in natura, non si faranno sentire appieno che una volta che essa avrà raggiunto l'età di sistemarsi e di sposarsi. È meglio dunque diffid~re delle proiezioni matematiche semplici. · Il volume dell'urbanizzazione contemporanea comporta aspetti qualitativi che sarebbero senza importanza, se la massa non fosse così grande. Bisogna vedere cosa significano per le scienze sociali quattro ntiove tendenze: in primo luogo, le forme di ripartizione spaziale caratteristiche della nuova città; poi, l'organizzazione recente e ancora imperfetta dei servizi che la nuova ripartizione dell'abitato rende necessaria; in seguito, le esigenze estetiche di questa città dalle forme variabili ed in piena evoluzione che richiedono immaginazione e nuo,ri stili; infine, tutta questa evoluzione morfologica, socio-economica ed anche estetica (il che - in termini d'urbanistica - significa tutto il quadro della vita quotidiana), che impone una ripartizione nuova delle , responsabilità, e dei mezzi per fronteggiarle, in seno alla città. Si tratta quindi di nuove legislazioni non meno che dell'analisi obiettiva dei fattori in gioco e dell'interpretazione delle statistiche. Il compito della modernizzazione delle città, imposto dall'urbanizzazione dei nostri tempi, richiede, perché si possano fronteggiare i bisogni evitando catastrofi o rivoluzioni, una preparazione in cui il ruolo delle scienze sociali è già enorme, crescente e decisivo. Ciò che è stato realizzato _ negli U.S.A., nel campo dello studio come in quello dell'azione, costituisce come ~n laboratorio logico dal quale l'Europa occidentale e altri paesi possono attingere il più gran numero d'insegnamenti. L'uso che l'Europa potrà fare dell'esperienza nord-americana sarà signiiìcativo per giudicare della qualità dell'insegnamento di quest'ultima ~d anche per comprendere le sfumature interne della civiltà occidentale. Struttura a nebulosa della nuova città. - La città fu una volta un nucleo densamente edificato. Non sempre, d'altronde, perché, se questo· fu vero per la maggior parte delle metropoli d'un tempo, e se è vero che esse si circondavano di muraglie per proteggersi e meglio definirsi, vi furono, però, celebri eccezioni, come Sparta, che non aveva mura ed era una grande città costruita -in ordine sparso: basta· leggere Tucidide per ricordarsene. Ma, di regola,- la città è stata, fino all'inizio I di questo secolo, un nucleo denso e chiuso. L'abitato urban·o era sempre un abitato raggruppato, mentre l'abitato rurale poteva essere - secondo 13 Bibliotecaginobianco

Jea·n Gottmann i casi - raggruppato o disperso. La città era una unità ben distinta da ciò che la circondava, in te~ritorio, in politica _e in maniera di vita. La città si o·pponeva - sotto ogni riguardo - alla campagna circostante, benché le funzioni eco·nomiche dell'una e dell'altra fossero complementari. Se no11 distante da una città ve ne era un'altra, c'era una separazione estremamente netta tra le due: esse erano distinte · e avevano funzio•ni differenti, tàlvolta rivali. Così Lilla e Roubaix, Beaucaire e Tarascon, Edimburgo e Leith; Dallas e Fo:rth Worth. etc .. Anche all'interno della città, c'era una struttura ben determinata, abpastanza netta, co·n quartieri specializzati, zone d'età e di funzioni differenti, e defi11ite. Quando le città crescevano, le baulieues, i sobborghi erano egualmente differenziati e ben definiti. Se queste formazioni suburbane assumevano aspetto e funzioni di tipo veramente urbano·, la. banlieue veniva annessa, assorbita dalla città, che si accresceva spesso con l'acquisizione di zone fino ad allora extra muros: così Parigi, Vienna, Londra e molte altre città dal lungo passato metro·politano. Le più grandi città continuavano ad occupare poco sp~zio e potevano essere rappresentate con dei punti neri sulle carte geografiche.· La campagna, il territorio rurale, una volta chiamato plat pays o pays ouvert, perché no-n era circondato· da muraglie, occupava il resto del territorio. Tutto ciò è notevolmente cambiato· e il cambiamento è iniziato da lungo tempo, poiché fin dalla fine dell'ottocento Sir William Petty prevedeva il momento in cui la crescita di Londra avrebbe ricoperto tutta l'Inghilterra 3 ; ma fu negli Stati Uniti che, fin dai primi anni del _XXsecolo, diversi osservatori europei segnalarono- che le città si estendevano sulle campagne, su delle intere regioni~. Oggi, il fatto è accettato; l'urbanizzazio•ne ha rottç> i suoi tradizionali ormeggi; la città si è estesa ·al di là delle sue mura, penetrando profondamente nella campagna, mescolando aspetti una volta classificati come. rurali ad altri tipicamente urbani o quanto meno· suburbani. Il caso più curioso è senza dubbio, quello dell'urbanizzazione massiccia, immensa, del èom.- plesso che si stende lungo il litorale nord-est degli U.S.A., dalla « Grande Boston» alla «-Grande Washington», e che raggruppava (1960) 37 milioni d'abitanti su 125.000 k1nq. Questa vasta regione urbana che noi abbiamo proposto di chiamare Megalopolis è una catena di distretti che il censimento americano chiama ufficialmente << standard metropo3 SIR WILLIAM PETTY, Political Aritmetick, Londra, 1961. 4 La testimonianza più notevole è quella di Sir Patrick Geddes Cities in evolution Londra, 1915. Osservazioni analoghe erano state fatte fin dal 1910 da Vidal de I~ Blache e da altri geografi. 14 Bibliotecaginobianco

Le prospettive dell'urbanizzazione litan areas ». Essa è caratterizzata dalla sua struttura a nebulosa, dalla simbiosi profonda di urbano e di rurale, nelle sue fattorie, nelle borgate e perfino nelle foreste che circondano il vecchio nucleo delle città comprese in Megalopolis 5 • Una complementarità profonda esiste tra le diverse parti che co1npongono queste nebulose urbane. I distretti più evidentemente urbanizzati per la densità delle costruzioni non delimitano più le città nel nuovo senso della parola, dell'unità economica e sociale, dell'unità regionale. Restano. naturalmente molte differenziazioni locali all'interno della nebulosa, e perfino della « metropolitan area », ma la complementarità vi è più forte delle opposizio,ni. Ciò è ben acquisito negli U.S.A. dove le città, considerate nei loro· limiti municipali, perdono spesso in popolazione pur ·crescendo in attivìtà e spesso in importanza. Ciò che ieri fu uptown è oggi largamente extra muros, suburbano o perfino, per utilizzare le nuove espressioni americane, exurban o rurban. Per un certo· perio·do, il vocabolario degli statistici americani aveva aggiunto al concetto di « città » quello di « distretto urbanizzato » (urbanized area) ispirato alla conurbazione britannica. Ma questa nozione, già demodée, è ben poco utilizzata. Si preferisce la nozio,ne di distretto metropolitano o regionale, a cui si è aggiunto nel 1960 il concetto di gruppo di distretti metropolitani, a cavallo di una fro-ntiera tra due Stati: il « distretto consolidato » ( consolidated district) che non è stato ancora rico11osciuto che per New York e Chicago 6 • . È significativo che, se i Britannici preferisco,no il concetto di conurbazione, che definisce una regione edificata molto densame·nte ed occupata da un abitato fittissimo, gli americani hanno· preferito il « distretto metropolitano» fin da.prima del 1940, inglobante frazioni di territorio· rurale ed abitazioni disperse. Il Piano regionale di New York, preparato negli anni 1929-1935 dalla Regional Plan Associatio11 di New York, ed al quale si era cominciato a pensare ed a lavorare fin dal 1920, comprendeva già una più ampia parte di territorio che il consolidated district di New Yor~ nel 1960. Le categorie statistiche ufficiali, infatti, sono, spesso in ritardo sui concetti dei teorici. Ma teorici e statistici sono oggi d'accordo nel riconoscere che la città americana è molto più diffusa, più a ne·bulosa, più regionale che la città del continente europeo. Il caso della Gran Bretagna è in un certo modo intermedio: la sua evoluzione ha sorpassato, nel XIX secolo, s JEAN GorrMANN, Megalopolis, New York, Twentieth Century Fund, 1961. 6 Vedasi: U. S. Bureau of Census, Country and city data book 1962, Washington, D. C., 1962, particolarmente per quel che riguarda le definizioni contenute nella prefazione, pp. 11-36, e le statistich·e contenute nelle tables 3 e 4. 15 Bibliotecaginobianco

Jean Gottmatzn .. • • l'urbanizzazione americana, ma recentemente essa ha progredito di meno e, per mancanza di spazio e di volume, ha conservato molti caratteri già sorpassati rispetto all'attuale evoluzione urbana. Ma l'E~ropa continentale segue davvero il più avanzato dei modelli americani? ·La città europea, perfino la nebulosa prodotta dalla crescita urbana attorno a Parigi, attorno al complesso batavo-belga (che va da Amsterdam a Lilla), attorno al complesso renano-westfalico (Rupr, Diisseldorf, Colonia e ben presto Bonn), conserva, come tutte queste formazioni, più compattezza, più nuclearità di quanta non se ne osservi nelle im!Ilense regioni urbane di Megalopolis, della California, della costa dei Grandi laghi negli Stati Uniti. Perché la città europea è più compatta? L'europeo è dunque più gregario che l'am.erica110? O più conservatore nei modi di vita? O semplicemente in ritardo sull'evoluzione più avanz_ata dell'urbanizzazione america.na? C'è un po' di tutto questo- e dell'altro ancora. L'europeo è certamente meno mobile dell'americano. Negli U.S.A.· una famiglia su cinque sfratta (cioè a dire trasferisce la propria residenza in un altro fabbricato) nel corso di un anno: è quanto dire che tutta la popolazio·ne americana sfratta o·gni cinque anni. Le statistiche della popolazione in Europa Occidentale sono meno precise su questo punto, ma il ritmo degli sfratti è certamente molto inferiore. Parimenti, l'europeo in generale è refrattario agli spostamenti quotidiani dalla sua residenza al luo·go di lavoro, lunghi come quelli che l'americano accetta facilmente: la grande maggioranza dei cittadini europei l1anno· sempre· abitato vicinissimo ai luo-ghi di lavoro, mentre la distinzione tra downtown e uptown è già antica nelle città a1nericane. Attualmente il funzionario americano vive spesso in una f arm suburbana, a qualche decina di chilometri dal suo ufficio, e la maggioranza degli operai, nelle città medie, è costituita da commuters. La nozione di comniuting, cioè di mo-vimento pendolare quotidiano che porta a spostarsi ~a un territorio municipale (luogo di residenza) all'altro (luogo di lavoro), è anche una nozione di sociolo-gia urbana e di trasporti urbani originaria dell'America. La forma a nebulosa della città moderna non risulta solamente da una migrazione extra muros delle residenze cittadine, latgamente favorita, negli Stati Uniti, dalla generalizzazione dell'uso dell'automobile. Nei fatti, questa tendenza era massiccia, negli Stati Uniti; già prima del 1920: reti ferroviarie suburbane, linee tramviarie e la circolazione molto intensa delle vetture a cavalli avevano favorito queste correnti di spostamenti quotidiani. L'at1tomobil(! ha liberato completamente questa popolazione già così mobile, 1na, sotto la . forma del 16 Bibliotecaginobianco

Le prospettive· dell'urbanìzzazio11,e camion, essa ha facilitato anche la dispersione degli stabilimenti commerciali ed industriali un tempo più vincolati dalla necessità della vicinanza alle strade ferrate. L'automazione dei lavori di manifattura ha poi reso meno necessaria la concentrazione delle fabbriche intorno ai grossi mercati 4i mano d'opera. Mentre infine l'esodo rurale faceva convergere la popolazione sradicata dalle campagne verso le città, i due strumenti essenziali che avevano determinato la concentrazio-ne· urbana della prima fase della rivoluzione industriale - le fabbriche e i magazzini all'ingrosso e al dettaglio -- davano luogo ad un esodo di attività industriali, dalla grande città verso piçcole. città, o addirittura ·verso incrocj di strade in località rurali. Quest~ultima tendenza all'esodo fuori dai distretti più densamente occupati dagli stabilimenti industriali e commerciali s'è molto accentuata dal 1945 in poi e pro- . . mette d1 accelerarsi in molte città degli U.S.A. Per potersi muo·vere così, costruirsi tante case, fabbriche e depositi nuovi, è necessario che il sistema creditizio e fiscale sja favorevole. La politica del go·verno federale degli Stati Uniti ha molto favorito il diradamento della città. L'europeo non può, come l'ame~cano medio, ottenere una casetta individuale, con giardino in un quadro semirurale, ma anche vicina al suo luogo di lavoro, ad un prezzo ragionevole: da un canto il livello di vita dell'america~o è più elevato; e inoltre il finanziamento gli è offerto a basso iJ.J.teresse, e la fiscalità 19 incoraggia: la casa in grande banlieue si compra come un'automobile e si rivende-, nella maggior parte dei casi, con altrettanta facilità. Infine, l'industria della costruzione edilizia ha saputo essere generosa (e senza dubbio la politica governativa l'ha incoraggiata): l'offerta di alloggi o di costruzioni ad uso industriale è per lo ·meno eguale, e in gene~e ~upe_riore, alla do·manda nella maggioranza delle regioni. Il cliente ha dunque una certa possibilità di scelta. Egli non si stabilisce là dove è obbligato, I.i. - •.• forzato e costretto dai regolamenti o, dalla penuria di locali disponibili. Quest'ultimo caso è ancora troppo frequente in Europa,. soprattutto nelle regioni in espansione econo-mica. I popoli elaborano oggi, nella maggioranza dei paesi del sistema atlantico, ·una p·olitica economica particolare. Se es~i non accordano grande scelta ai singoli co,nsumatori in materia di locali, è_ perché essi, non hanno accettato l'urbanizzazio-ne attuale, il suo volume, il suo ritmo, la sua complessità, come caratteri permanenti o almeno dùrevoli del genere di vita della loro soçietà. In Europa, almeno sul continente, la città era ritenuta una istituzione e un paesaggio stabilizzàti, finiti, completi. Negli Stati Uniti, al contrario, essa non ha cessato •di essere considerata in costante evoluzione, in pi~na fluidità. 17 Bibliotecaginobianco

Jean Gottmann In primo luo1 go, laggiù essa è cresciuta troppo in fretta; inoltre la filosofia americana è stata sempre aperta nei confronti dei cambiamenti dinamici e della mo,bilità. Fin dalle sue oi;igini civili, l'America non ha mai smesso di pensare alle innovazio,ni dell'avvenire, che essa identificava col progresso, mentre l'Europa cercava la sua forza nel passato. Nella sua prefazione al noto saggio di Max Weber, La città, un sociologo· americano, Don Martindale, poteva osservare c~e la città moderna perdeva le sue strutture materiali e formali: l'età delle città nella storia gli sembrava finita e la grande regio-ne, la nazione sembravano rimpiazzare, sotto ogni riguardo, la tradizionale collettività urbana 7 • Era la vittoria definitiva del sistema di Sparta su quello, quanto più classico nella storia, d'Atene? La crescita a nebulosa non indica niente di simile, neanche negli Stati Uniti. Che divenga necessario rivedere, o addirittura riorganizzare integralmente buona p-arte dei servizi che danno alla vita cittadina il suo carattere urbano-, che occorra elaborare, per i nuclei e per gli spazi diffusi delle nebulose, nuovi stili estetici o nuove forme d'amministrazione, lo si crederebbe volentieri; ma che la collettività umana che ha rinunciato all~ sue muraglie abbia a11che abbandonato tutta la sua individualità e la cura di provvedere ai propri bisogni secondo i propri gusti, non sembra verosimile. In effetti, in Euro·pa come in America, un gran numero di fattori indicano una ripresa di responsabilità regionali, e si reclamano i mezzi per fro·nteggiare crescenti e sempre più co-mplessi problemi. Comfort e sicurezza urbani. - L'emigrazione verso le città, e la loro aureola s~burbanizzata, è stata da molto tempo determinata dal generale convincimento che nelle città si trovasse più sicurezza·, una volta intendendo la sicurezza fisica, o·ggi quella economica e il comfort. Nel XIX secolo la crescita urbana, largamente do·vuta all'afflusso del proletariato industriale, fu sovente accusata di accordare una certa sicurezza eco-nomicél in cambio di condizioni di vita molto poco confortevoli e spesso addirittura malsane. Da allora, la legislazione del lavoro, il progresso della medicina e dell'igiene, la generalizzazione della previdenza sociale, infine l'elevazione generale e straordinaria del livello di vita nelle città, hanno concorso a migliorare molto le condizioni di vita urbane. Ma l'afflusso 7 Don_M~rtindale, « Th~ th~ry of the city», prefazione_al libro di Max Weber tradotto 1n inglese sotto 11 titolo: The City, The Free .,Press, Glencoe, Illinois U.S.A., 1958, pp. 9-62. ' 18 \ Bibliotecaginobianco li

Le prospettive dell'urbanizzaztone rapido delle popolazioni v~rso i distretti urbanizzati e la recente espansione di questi in superficie non hanno diminuito· le difficoltà derivanti dalla crescita: i servizi di una città moderna sono complessi, varii, e la loro organizzazione è costosa e volu1ninosa. Non sono facilmente estensibili. Il volume e il ritmo dell'11rbanizzazione contemporanea hanno reso perciò la città meno accogliente di quanto la tecnica ~ la ricchezza delle popolazioni potevano lasciare sperare. Le abitazioni, i trasporti, la qualità dell'aria e dell'acqua, il r11more, gli spazi verdi, la criminalità e le possibilità di ricreazione ·per i bambini lasciano a desiderare. Ognuno di questi sei punti, che sono tutti causa di molte proteste, ,, deve essere esaminato separatamente. . · Le abitazioni so·no state molto migliorate recentemente nei centri urbani: più negli Stati Uniti che in Europa occidentale quanto ai risultati per la massa. Questa differenza si spiega con il fatto cl1e il tugurio è in buona parte il risultato della vetustà dei locali. Negli Stati Uniti, nel 1960, il 27,5% delle unità di abitazione erano state costruite dopo il 1950. In Europa occidentale la percentuale delle unità di abitazione occupate nel 1955 e costruite dopo il 1945 non superava il 25% che in Germania occidentale, in Norvegia e in Finlandia; si teneva entro il 20 e il 24% in Svezia, nei Paesi Bassi· e in Svizzera; restava inferiore al 12 % in Francia e in Italia. Gli .Stati Uniti non erano stati distrutti dalla guerra; essi costruirono· pertanto, dopo la guerra a un ritmo· più rapido dei paesi di Europa che si dovevano ricostruire. Potremmo 1 moltiplicare queste statistiche per ottenere la stessa dimostrazione: gli Stati Uniti hanno saputo fare fronte alla loro domanda di abitazioni,- per quanto· i11molte città rimangano ancora quartieri di tuguri; i paesi d'Europa sono invece molto in ritardo in questo campo. Solo la Svizzera, i Paesi Bassi, la Svezia e la Norvegia sono fra i paesi euro-pei che hanno saputo assicurare nell'insieme alle loro popolazio,ni abitazioni decenti. Alcuni paesi più grandi sono invece molto in ritardo, soprattutto la Francia, dove la domanda di nuove abitazioni è destinata a gonfiarsi molto velocemente e in maniera continua a partire dal 1966, con l'avvento alla vita adulta della generazione del dopoguerra, che è molt~ più numerosa di quella che l'ha preceduta. La domanda francese di abitazioni, ancora tutt'altro che so·ddisfatta nel 1963, si raddoppierà probabilmente nel periodo 1966-70 rispetto al periodo 1961-65. Se gli Stati Uniti e qualche paese d'Europa hanno meglio di altri paesi previsto il fabbisogno di abitazioni e pro,vveduto in conseguenza, è· perché essi avevano di più l'abitudine all'espansione demografica_ e del consumo 19 Bibliotecaginobianco

Jean Gottmann pro capite. È per questo che essi .sanno n1eglio applicare l'analisi delle statistiche eco1 nomiche e sociali ai fini dell'elaborazione delle loro politiche 8 • Nel campo dei trasporti, le politiche europee sono· sembrate tuttavia fin qui più sagge di quanto non lo sia stata, in questi ultimi quindici anni, la politica americana. Gli Stati Uniti hanno nettamente favorito i trasporti automobilistici a spese dei trasporti ferroviari, e la vettura individuale a spese dei mezzi pubblici anche all'interno degli agglomerati più congestionati. Così la circolazio.ne automobilistica ha raggiunto un grado di saturazione che ha scoraggiato anche i fautori più ferventi della motorizzazione. .Sempre più numerose sono le città che adottano dei piani di creazione o di estensione di li11ee metropolitane e di strade ferrate suburbane: New York ha finalmente ammesso che le occorrevano nuove linee di metro·politana, San Francisco si è costruita una metropolitana che la collega alla sua periferia, Pittsburgh parla di farne una, Philadelphia sovvenziona 'le compagnie ferroviarie che migliorano il servizio sulla sua rete di periferia, i~ nuovo piano per i trasporti della regione metro·politana di Washington prevede una rete di metropolitane in parte sotterranea. Il paese che ha la più bella rete di autostrade del mondo riconosce che nelle zone a grande densità di popolazione e di attività economica l'automobile individuale non può fornire la soluzione definitiva. Tuttavia, essa viene mantenuta in onore e si continua a rico-noscerle una parte importante; ma incominciando già a canalizzarla sotto terra, in -particolare per il parcheggio, e ben presto, senza dubbio, per gli attraversamenti delle città in tunnel. -L'Europa ha meglio conservato la sua rete ferroviaria. La linea suburbana è un mezzo di comunicazione essenziale a Parigi, Amsterdam, Stoccolma, Copenaghen, Lisbona e nelle grandi città tedesche. Questo trasporto per ferrovia all'interno delle grandi città e n_ella loro periferia diviene rapidamente insufficiente alle ore di punta. La metropolitana di Parigi ne è un ~sempio. Le città antiche che sono state le prime ad organizzarsi, soffrono per l'insufficienza, a paragone dei bisogi1i presenti, dell'~redità del passato. Le metropoli più recenti spesso non riescono ad accettare l'idea di avviare sotto terra una parte della loro circolazione. Stoccolma_ tuttavia ha ben compreso questa necèssità e ha realizzato nel suo nuovo Centrum una circolazione a due piani che 8 Cfr. i capitoli dedicati all'housing nelle due opere di Frederic Dewhurst ed altri, pubblicati dal Twentieth Century Fund: America's Needf and Resources. A new surrey, New York, 1955,. e Europe's Needs and Res.,.ource, New York, 1961. Vedasi pure: JEAN GOTTMANN, A Geography of Europe, Third Edition, New York, 1962, soprattutto i capitoli 3 e 4. 20 ' Bibliotecaginobianco •

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