Nord e Sud - anno X - n. 44 - agosto 1963

Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Aldo M. Sandulli, Stato di diritto e Stato sociale - Enzo Golino, I delfini rampicanti - Luigi Mazzillo, La programmazione necessaria - Raffaello Franchini, Europa intelligente, Italia astratta '' Sicano '', Lo zolfo sicifiano e la CEE. e scritti di Ettore De Giorgis, Laura Fabbri, Marcello Fabbri, Gianni Giannotti, Ernesto Mazzetti, Giuseppe Neri, Mario Pacelli, Antonio Vitiello. ANNO X - NUOVA SERIE - AGOSTO 1963 - N. 44 (105) EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - NAPOLI Bibl'iotecaginobianco

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NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO X - AGOSTO 1963 - N. 44 (105) DIREZIONE E REDAZIONE: N a p o 1i - Via dei Mille, 47 - Telef. 393.346- 393.347 Amministrazione, Distribuzione e Pubblicità: EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via dei Mille, 47 - Napo 1i - Telef. 393.346- 393.347 Una copia L. 400 - Estero L. 500 - Abbonamenti: Sostenitore L. 20.000 - Italia annuale L. 4.000, semestrale L. 2.100 - Estero annuale L. 4.000, semestrale L. 2.200 - Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 Edizioni Scientifiche Italiane - Via dei Mille 47, Napoli Bibliotecaginobianco

SOMMARIO Aldo M. Sandullj Luigi Mazzillo Raffaello Franchinì Marcello Fabbri Antonio Vitiello Gianni Giannotti Laura Fabbri Mario Pacelli EditoriaJe [ 3] Stato di diritto e Stato sociale [8] La programn1azione necessaria [24] Note della Redazione Gli amici degli amici - Vecchi e nuovi voti del PCI nel Sud - Dieci anni dopo Stalin: i successori del n1ito [ 38 J Giornale a più voci Europa intelligente, Italia astratta [ 49] Pianificazione in appalto e intervento dello Stato [51] Neo-dadaismo e critica del consumo [ 56] Scuola e sviluppo del Mezzogiorno [58] Fine della vandea [61] Urbanistica e politica [65] i\rgomenti « Sicano » Lo zolfo siciliano e la C.E.E. [ 69] Inchieste Enzo Golino I delfini rampicanti [78] Lettere al Direttore Ettore De Giorgis Un cattolico e la «moderazione» [119] Bibliotecaginobianco Cronaca Libraria (a cura di Giuseppe Neri, Ernesto Mazzetti e Antonio Vitiello)

.. Editoriale La destra sta vin.cendo in Italia una grande battaglia, quella battaglia per la liquidazione del centro-sinistra che essa ha condotto avvalendosi di tutti i mezzi di cui poteva disporre, ma soprattutto avvalendosi della stampa, di giornalisti che conoscono il mestiere e che instancabilmente si sono dati da fare per seminare la discordia tra i fautori del centro-sinistra. Diamo atto a qitesti nostri colleghi della consumata abilità di cui hanno dato prova. Ma aggiungiamo subito che, se davvero dovesse risultare alla fin,e, dalla battaglia che essi hanno condotto P, che stanno vincendo, una crisi di regime, essi ne sarebbero tra i principali responsabili: per avere ostinatamente e servilmente spalleggiato le forze che per la logica dei loro interessi sono ovviamente portate a negare, eventualmente ancl1e contro l'evidenza, che il centro-sinistra possa rappresentare una soluzione democratica al problema della continuità e della stabilità di governo. E così, se i voti comunisti dovessero aumentare ancora, malgrado la crisi internazionale del comunismo, non ci vengano poi a dire che la colpa è del centro-sinistra, di Fanfani, del presidente degli USA o del papa: la colpa sarebbe in tal caso proprio di chi si è dato tanto da fare per liquidare il centro-sinistra. D'altra parte, dobbiamo pure aggiungere che uomini del centrosinistra hanno fatto di tutto per consentire alla destra di vincere almeno questo round postelettorale della sua battaglia contro il centro-sinistra. Ma non vogliamo fare il processo a nessuno, né a Saragat, ad esempio, per le sue sortite all'indo1nani del 28 aprile, né a Lombardi per la sua condotta nella « notte di S. Gregorio ». Saremmo portati, anzi, a voler trovare giustificazioni così per l'atteggiamento dell'uno, come per l'atteggiamento dell'altro, rischiando di essere annoverati fra coloro che vogliono dare un colpo al cerchio e un colpo alla botte. La verità è che anche in questa occasione, come in tante altre del recente passato, e di un passato meno recente, la nostra preoccupazione dominante è, come deve essere, quella di non inasprire., e se possibile di sanare, i contrasti che la destra è pronta, con le sue abili campagne di stampa, a suscitare o ad aggravare fra le correnti, i gruppi, gli itomini della sinistra democratica. Così a noi sembra che abbia ragione Nenni e torto Lombardi nella valutazione dell'accordo della Camilluccia (almeno nel senso che, come ha detto Reale, i lombardiani hanno aperto l'ombrello quando era 3 Bibliotecaginobianco

Editoriale tornato il sereno); ma ci auguriamo che le operazioni di ricucitura che sono in corso diano come risultato un'effettiva ricostituzione dell'unità fra gli autonomisti del PSI. E naturalmente ci auguriamo che la recente iniziativa dei f anf aniani abbia successo come reazione alla tracotante invadenza dei dorotei, ma che essa non si risolva in un contrasto irri-· mediabile fra Moro e Fanfani. A quest'ultimo proposito, comiLnque, deve essere rilevato che degno della più positiva valutazione è l'atteggiamento dei sindacalisti e dei basisti, di non altro preoccupati, gli u,ni e gli altri, che di sanare le ferite dello schieramento di centro-sinistra, di trovare una via d'uscita dalla crisi che è cominciata con il disimpegno di gennaio, si è aggravata con i risultati elettorali di aprile, si è rivelata in tutta la sua asprezza fra giugno e luglio. Questa preoccupazione dominante, di evitare che diventino irrimediabili i contrasti fra correnti, gritppi, iton1ini del centro-sinistra, no11 può d'altra parte, nella situazione in cui siamo ora, indurci a eludere certi argomenti che la crisi postelettorale ha drammaticamente proposti all'attenzione degli osservatori politici. E il primo di questi argomenti è quello del comportamento, durante la crisi, del Presidente della Repubblica. La più grossa disavventura del centro-sinistra è stata certamente quella dell'elezione di Segni. E Fanfani ha pagato adesso il prezzo del suo errore di allora, quando condusse un gioco ambiguo e velleitario, invece di recare il suo contributo all'elezione di Saragat. Questo va ricordato. Segni è il padre nobile dei dorotei e non si è lasciato sfuggire l'occasione del 28 aprile (altro che Granchi, a suo tempo bombardato dalla stampa moderata per le sue « interferenze » nella crisi di governo!) per consentire ai dorotei di condurre fino alle ultime conseguenze possibili quel regolamento di co11ti con Fanfani che è, per così dire, la loro ragione sociale. Di qui, naturalmente, reazioni a catena, fra i socialisti prima, fra i democristiani subito dopo: è tipico di un gruppo di potere come quello dei dorotei di provocare, per fini che non sono di interesse generale e che non si iscrivono in una coerente azione politica, situazioni di crisi che non possono poi essere più controllate. C'è tuttavia un'ala di dorotei che sembra piit responsabile, che sente la forza d'attrazione delle posizioni tenute da Moro, che non sembra disposta ad i4entificarsi sempre e del tutto con quello stato maggiore della corrente - i Rumor, i Colombo, i Piccoli - che ha tirato troppo la corda dopo il 28 aprile, anche più di quanto non l'avesse tirata fra l'ottobre del 1962 e il gennaio del 1963. È al senso di responsabilità degli uomini che formano quest'ala della corrente dorotea che si deve fare appello. Ma per quèsto è necessario non indebolire le posizioni di Moro, non 4 Bibliotecaginobianco

Editoriale indebolire la loro forza d'attrazione a sinistra nei confronti dei n1igliori fra i dorotei. Altro argomento che la recente crisi ha proposto è quello dell'eventitale costo della « pausa » che si è voluta inserire nella politica di centrosinistra, prima per i11iziativa dei dorotei, poi per la reazione dei « gregoriani ». Senza dubbio Tristano Codignola ha ragione quando parla di una « trappola dorotea » e descrive il n1odo secondo cui essa avrebbe dovuto fiLnzionare. Ma Codignola ritiene cl1e siano stati i « gregoriani » a impedire che la « trappola dorotea » scattasse. A noi sembra, invece, che, qilando c'è stata la levata di scildi dei « gregoriani », la « trappola dorotea » era stata gia stnontata pezzo per pezzo da Moro. Tanto è vero che da dile giorni era n-zu.tato l'atteggia,nento della stan1pa 1noderata nei confronti del governo eh.e Moro si apprestava a formare: affioravano, sulle colonne di giornali che avevano applaudito Moro nei pri1ni giorni della crisi, perplessità e riserve, anche vere e proprie ma11ifestazioni di dissenso; e si tornava ad accusare Moro di « arrendevolezza». Proprio nella giornata che ha preceduto la « notte di Scu1 Gregorio», del resto, si era letto che Ministro del Bilarzcio sarebbe stato ancora La Malfa e che Fanfani avrebbe avuto 11el 111inistero di Moro iLna posizione preminente. Risultava chiaro, dunque, c!1e ftAoro aveva rin1ontato posizio11e su posizione e che certe rivendicazioni dei dorotei, applaildite dalla stampa di destra, era110 cadute: principal,nente qLLelle relative agli uon1ini, onde il centro-sinistra di Moro non sarebbe stato il rovescio del centro-sinistra di Fanfani e di La Malfa, 111aJJoteva essere il centrosinistra di Moro, di Fanfani e di La Malfa, in attesa del « secondo · stadio», in attesa, cioè, di un ingresso a breve scadenza dei socialisti nel governo e di un vero e proprio « accordo di legislatura». Risu.ltava chiaro tutto qilesto, dicevan10, JJerché la questione degli uomini si era risolta proprio nel modo in cu.i la clestra non voleva che si risolvesse: si era risolta, cioè, senza che le teste di Fanfani e di La Malfa rotolassero a terra, offerte in pasto alla voracità di Ritmar e di Colombo la pri111a, alle faiLci di Panfilo Gentile e di Enrico Mat t ei la seconda. Si è detto - sembra che lo abbia detto Saragat, e forse lo ha detto per comprensibili niotivi tattici - che il problema degli itomini, quando si tratta per un governo di coalizione, è secondario, perché « ciò che importa è il contenuto programmatico e l'in1pegno di tutti i partiti ad attuarlo». Noi siamo, invece, dell'opinione che una politica si .fa con gli uomini che in essa credono, e non, all'italiana, con uomini che non ci credono e vogliono una politica diversa: la questione degli uomini è, cioè, fondamentale; e nessun programma di governo può essere garantito altrimenti che con la presenza di certi uomini nel gabinetto e l'as5 Bibiiotecaginobianco

Editoriale senza di altri. È proprio per questo che non ci convince la reazione dei « gregoriani » alle pretese dorotee, venuta quando queste pretese erano dovute rientrare, stando alla cronaca ufficiale della crisi. E sorge allora il dubbio che, a determinare la levata di scudi dei « gregoriani », sia stato in definitiva un ritorno di fiam1na dell'antica, paralizzante, propen-. sione socialista ad essere contro tutti i governi, a preferire i banchi dell'opposizione, a cercare su qitesti banchi una mitica purezza che le contaminazioni del potere non consentirebbero di n1antenere in_alterata. Lo stesso CodigrLola, come Santi, aveva « invitato gli aittorlomisti a valutare l'opportunità di una cura di opposizione» dopo il 28 aprile, « sia per rilanciare più tardi il centro-sinistra, sia per consentire al partito una pausa, necessaria al chiarimento interno, alla riorganizzazione dei quadri e delle strutture, al superamento delle cristalli.zzazioni di corrente » ( si veda « Il Ponte » del mese di giugno). Si tratta, con1e si vede, di preoccupazioni che possono avere un fondamento e che potevano condurre alla conclusione che ilna « pausa » e una « cura di opposizione » fossero utili nelle circostanze date. Senonché si doveva pure tenere presente che it11a « citra » del genere, applicata a un organismo come il PSI, non pilò essere proposta che come un rimedio estremo a mali estremi, percl1é essa i111plicache si interrompa la continuità della politica che si vuole seguire, senza la certezza ch,e poi vi si possa effettivan1ente ritornare in condizioni migliori; e implica pitre il pericolo del ritorno di fiamnza di cui si diceva e dei gravi guasti che esso può provocare in un partito che l1a la storia e le tradizio11i e le debolezze del PSI. La « notte di S. Gregorio » eravamo veramente di fronte a questi mali estremi o essi, profilatisi nel corso della settiTnana precedente, erano stati oramai scongiurati? Né può convincere l'argomento di Codignola, quand'egli afferma che, grazie al tempo g·uadagnato nella « notte di San Gregorio », il PSI potrà scaricare sulla DC la crisi che inizialmente ha travagliato le stle fila. Non pitò convincere, ed aiLspica - comunque - un processo che, se si mettesse in n1oto (e le note vicende dello sco11tro tra Moro e i fanf ania11i hanno provato, se 1101'al ltro, quanto f acilmente la cosa potrebbe sopravvenire), difficillnente JJotrebbe essere giitdi-- cato positivo per la democrazia italiana. La situazione pu,ò piacere o non piacere, ma è tale - ci se1nbra - che, per la riitscita del centro-sinistra, tanto la maggioranza della DC che quella del PSI hanno bisogno di restare unite e di conservare tutta la loro forza, almeno fi110 a qila11do il gioco delle rispettive interne divisioni e contraddizioni non risultasse davvero paralizzante. Un'altra considerazione, infine, pure doveva essere tenuta presente e deve essere tenuta sempre presente qua11do da considerazioni tattiche 6 Bibliotecaginobianco

Editoriale di partito o di corrente affiorano tentazioni come quelle di ro,npere per il momento, di inserire una « pausa » in una politica, di riparare all'opposizione per sitperare un 1nomento difficile, di preparare magari le condizioni di un rilancio della politica buona sotto la protezione di un governo scolorito: titt to qitesto h.a un prezzo e si tratta di un prezzo che può essere molto alto per il paese, costretto a [Jagarlo in ter-n1ini di rallentamento dei tempi con cui si vogliono e si devono realizzare certe cose, il su,peramento degli sqitilibri region,ali, per esempio. La crisi, che ci aitgztriamo temporanea, della politica di centro-sinistra si risolve certo in iu1 clanno assai grave per il Mezzogiorno. V'erano decisioni urgenti da prendere, per quanto rigitarda il finanzia111ento della Cassa in particolare e la definizione dei li111iti e dei ten1pi entro i quali la Cassa avrebbe potilto definire una sua nuova politica, conforn1e ai fini generali della politica di centro-sinistra: ora queste decisioni devono essere rinviate. Ma intanto i tenzpi entro i quali la questione 111eridionale pitò essere avviata a soluzione trascorrono ,nolto in fretta e i lin1iti entro i quali pilò agire la Cassa _ i fanno se111.pre pit'1 ristretti. È un argomento, questo, nei confronti del quale, naturalnzente, sia1no quanto n1ai se11sibili; e ci se111bra che cli e so non i sia tenuto conto affatto, né da parte dei dorotei che lza11110tirato la corda, 11é da parte dei «gregoriani» che hanno creduto di proporre co111e soltLzione, sia pllre te111poranea, una « ci1ra di opposizione». 7 Bibliotecaginobianco

Stato di diritto e Stato sociale di Aldo M. Sandulli . Da oltre quindici an11i l'Italia si regge secondo la sua nuova carta costituzionale. Quindici anni nel corso della storia di un Paese non sono molti; sono però abbastanza per Lln giudizio - sia pure non definitivo - circa la rispondenza di un sistema giuridico alle esigenze e alle caratteristiche attuali della società della quale esso è chiamato a regolare la vita. Orbene, l'esperienza di questi quindici anni ha dimostrato che, nel con1plesso, il sistema vige11te l1a favorito, e non ostacolato, l'ascesa del nostro Paese verso condizioni di prosperità e di progresso, destinate ad affiancarlo a quelli che occupano, 11el co11sesso delle nazioni civili, posizioni di primo piano. È 11oto che IQ Costituzione vige11te 11acque dal compromesso tra opposte tendenze e che molte disposizioni di essa furono intese e volute con spirito diver _o_ dalle varie 11arti dell'assemblea cl1e le consacrò nella carta fondamentale. No11dime110, cosi come l1a « vissuto », essa e stata in grado di consentire al Paese di st1perare momenti delicati, di affrontare nell'ordine prove difficili, di realizzare progressi economici, sociali e civili in un clima generale di libertà e di sicurezza. Dopo un primo periodo di consolidan1ento delle posizioni di partenza - il periodo di completamento della ricostruzione, che si può far coincidere col quinquennio della prima legislatura repubblicana -, passato il Paese a una ridi1nensionata e più vivace articolazione delle forze politiche, e sotto la spinta di queste, lo Stato conobbe quella fase di rinnovamento di istituti fo11damentali, in attuazione della Costituzione, le cui pietre miliari furono l'entrata in funzione della Corte costituzionale, del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e del Consiglio superiore della magistratura, il riordinamento delle partecipazioni ·statali nell'economia, l'apertura della radio e della televisione alla voce delle minoranze, la parità di diritto pubblico della donna, la nazionalizzazione di un settore di base dell'economia, quale quello della produzione e d.istribuzione dell'energia elettrica. Si tratta di una fase tuttora in atto, le tappe della quale non sono 8 Bibliotecaginobianco

Stato di diritto e Stato sociale state tutte facili, né, forse, tutte perfette, e in cui il cammi110 da percorrere è ancora non breve e tutt'altro che pervio. Basti pensare che tra gli adempimenti della Costituzione che attendono di esser soddisfatti vi sono - e non a caso - proprio quelli in relazione ai quali maggiore è apparso il disagio del superamento dei punti di frizione tra precetti costituzionali e realtà storica: le regioni, la contrattazione collettiva del lavoro, lo sciopero dei servizi pubblici, la revisione delle giurisdizioni speciali. Basti aggiungere che leggi importanti come quella di pubblica sicurezza, quella comunale e provinciale, quelle sulla giustizia amministrativa e tributaria attendono ancora di essere adeguate alla Costituzione. Ebbene: è proprio lo stato di insoddisfazione che deriva dall'incompiutezza ad autorizzare ad appuntare lo sguardo anche in altre direzioni, per chiedersi se e quanto n1anchi an.cora al nostro Stato per poter esser considerato veramente - e non solo co11 una certa, sia pur notevole, approssimazione - uno Stato democratico: uno Stato basato sull'imperio di regole giuridiche - sostanziali e processuali -, scritte e fatte osservare da genuini e indipendenti rappresentanti del Popolo e nelle quali siano sempre, e prima di tutto, presenti (co111e oggetto fondamentale di ogni rispetto e di og11i tt1tela) le libertà inviolabili, la dignità e l'uguaglianza degli uomini. Lo Stato di diritto, idealizzato e perseguito dagli uomini del Risorgimento, deve rappresentare - in una civiltà come la nostra, cl1e dichiaratamente si ispira al rispetto dell'individuo e allo sviluppo della perso11a umana (artt. 2 e 3 Cast.), considerando l'uomo, quale che sia la sua ' condizione, come soggetto e non come oggetto della storia, e configt1rando l'organizzazione sociale come strumentale rispetto all'uomo e no11 l'uomo come strumentale rispetto a quella - una conquista definitiva e irrinunciabile. La conquista dello Stato sociale, che è il problema del nostro tempo, non deve esser realizzata col sacrificio dello Stato di diritto. Progresso civile, sicurezza e benessere per tutti, perequazione sociale sono beni, il conseguimento dei quali può e deve compiersi senza minima1nente abdicare alla civilta del diritto e anzi perfezionandone gli strumenti. Sarebbe sommamente grave e imperdonabil1nente antistorico che l'uguaglianza di fatto venisse realizzata a spese dell'uguaglianza di diritto e che il benessere materiale avesse con1e prezzo la rinuncia ad alcuna di quelle che la nostra Costituzione definisc.e come libertà « inviolabili ». Se i poteri pubblici potranno e dovranno con maggiore intensità penetrare in rapporti che fino a ieri - i11 diverse co11dizioni di civiltà - erano considerati dominio esclusivo dei privati, e incidere (talvolta fino 9 Bibliotecaginobianco

Aldo A1.. Sandulli a sacrificarli del tutto) in diritti patrimoniali relativi a beni, l'utilizzazione dei quali condiziona il benessere collettiv-o, questa espansione del momento dell'autorità dovrà aver luogo sempre e soltanto sulla base del diritto· e nel rispetto delle garanzie sostanziali e procedurali volute dalla Costitt1zione e assicurate dalla legge a protezione dell'individuo~ E, se l'espansione della loro sfera giuridica renderà più vasto il campo d'azione dei pubblici poteri, l'osservanza dei canoni di uguaglianza e di imparzialità, che la Costituzione impone ad essi (artt. 3 e 97), esigerà dal legislatore l'impegno di predisporre - ancl1e quando l'azione dei pubblici poteri debba esplicarsi secondo le regole del diritto privato - adeguati strumenti, validi ad assicurare (sia pure ex post) che nei nuovi settori i poteri stessi si faccia110 guidare unicamente dall'intento della migliore realizzazio11e dello scopo istituzionale e non lascino influenzare le proprie determi11azioni e le proprie scelte da spirito di parte o comunque da criteri non obbiettivi. * * * Sia consentito, dopo questa breve premessa, segnalare, alla luce dell'esperienza dei quindici anni trascorsi - senza la pretesa di esaurire l'argomento, e anzi col dichiarato proposito di no11 trattare, tra l'altro, quei punti in relazione ai quali è da tutti riconosciuto che la Costituzione è in sofferenza per la rnancata emanazione delle sue norme di attuazione, e con la piena coscienza di esporre delle idee framrr1entarie -, taluni delicati ingranaggi della dinamica dei poteri, dove potrebbe essere particolarmente provvido, in vista del consolidamento e del rafforzamento dei presìdi della democrazia e dell'efficienza delle istituzioni, un intervento del legislatore. Comincio dal vertice delle posizio11i di potere: l'argo1nento è di attualità. Come altra volta ho avuto occasione di notare, non è il caso di menare scandalo per il fatto che nella nostra vita pubblica i partiti sono diventati elementi determinanti delle decisioni politiche, e persino dell'apertura e della risolt1zione delle crisi di governo, dei programmi e degli indirizzi governativi, e talvolta addirittura della formulazione di testi legislativi. Questi gruppi attivi - che svolgono un importante e insostituibile ruolo di intermediazione tra i singoli e lo Stato, caratterizzandosi come enti esponenziali, settorialmente, del Popolo; che consentono ai cittadini di dibattere direttamente, nelle proprie assise, i problemi politici, irrobustendo in tal modo gli istituti democratici, e di partecipare alla designazione dei rappresentanti della Nazione nel Parlamento_ e negli altri centri di potere - costituiscono elementi di 10 Bibliotecaginobianco

Stato di diritto e Stato sociale vitale e decisiva importanza nella vita del Paese, data la loro partecipazione alla dialettica del potere, e quindi la loro naturale sensibilità ai problemi che interessano la preservazio11e e la difesa di tale dialettica, e perciò, indivisibilmente, le libertà di tutti. Se n'è avuta la più valida dimostrazione durante la non lontana e 110n felice esperienza del periodo di soppressione delle libertà, quando, sia pure nella clandestinità, furono appunto i partiti a mantenere viva la fiamma della fiduciosa attesa e della preparazione dei tempi della restaurazione democratica. Onde con co11sapevole realismo storico, e implicito senso di riconoscenza, la Costituzione afferma il diritto dei partiti di concorrere a « determinare la politica nazionale» (art. 49) e attribuisce rilevanza giuridica ai gruppi parlamentari (art. 72), che sono, in modo esclusivo o quasi, organismi esponenziali dei partiti i11 seno al Parlan1ento. Ma è appunto e proprio perché, di diritto oltre che di fatto, i partiti sono associazioni « di interesse generale », in quanto influenzano in modo determinante le supreme scelte politiche della Nazione, condizionando le risoluzioni del Parlamento e, indissolubilmente, quelle del Governo, e, in sostanza, dominando a un tempo Parlamento e Governo (onde non a torto è stato sottolineato, da chi più ha approfondito la tematica di questo delicato argomento, che in un sistema siffatto tra Legislativo ed Esecutivo non può dirsi operante la divisione dei poteri), è appunto e proprio perciò che si rivela indispensabile e urgente presidio della democrazia l'attuazione di quella disposizione della Costituzione, la quale vuole che il concorso dei partiti alla determinazione della politica nazionale abbia luogo « con metodo democratico » (art. 49). · Disposizione, la q11ale non significa soltanto cl1e i partiti non devono operare impiegando il metodo della viole11za e non devono proporsi il sovvertimento delle istituzioni attraverso il metodo della violenza: a ciò provvedono infatti altre disposizioni della Costituzione. Essa significa altresì che le determinazioni in ordine alla politica nazionale devono essere adottate, in seno ai partiti, con 1netodo democratico; e cioè che deve essere assicurata la « democrazia interna » dei partiti. Se sono i partiti a designare i candidati al Parlamento, se sono essi a dettare le direttive alle quali, una volta eletti, questi, e gli esponenti del partito in seno al Governo, devono attenersi, se essi possono avvalersi, nel caso di inosservanza di tali direttive, di persuasive sanzioni, le quali giungono fino alla esclusione dalle liste dei ca11didati per la prossirpa legislatura e alla espulsione dal partito, se sono essi a suscitare e a risolvere le crisi di governo, è evidente che la democrazia del regime statale rischia di ridursi a un fatto puramente formale, quando non esistano garanzie idonee ad assicurare che le porte dei partiti siano aperte a tutti 11 Bibliotecaginobianco

Aldo M. Sandulli gli uomini di buona volontà che ne accettino il programma, e che le scelte di cui si è detto, decisive per la vita del Paese, vengano adottate, in seno ai partiti, 110n da uno o da pocl1i, né, tanto meno, in obbedienza a disposizioni ricevute dall'esterno, ma con metodo democratico, e cioè tale da assicurarne la conformità al volere della n1aggioranza degli iscritti. Condizio11i, per la realizzazione delle quali è però presupposto primo ed essenziale che il finanziamento dei partiti abbia luogo alla luce del sole e non attinga a fonti estranee. Una volta accettato il concetto che oggi i partiti sono elementi essenziali della società statale, l'ideale sarebbe anzi - come è stato da tempo autorevolmente consigliato - che il finanziamento dei partiti fosse riservato allo Stato e fosse effettuato in proporzione del]e forze politiche da essi rappresentate, quali risultano dalle consultazioni elettorali. Né si dica che a conferire al regime il cris111a della democraticità sarebbe, in ogni caso, sufficiente il conse11so accordato dai cittadini al partito in occasione delle elezioni politiche. Sarebbe invero una esangue democrazia quella nella quale la quinquen11ale scelta degli elettori non potesse consistere in altro che nel dichiarare se preferire di confidare la direzione del Paese nei prossimi cinque anni a uno o a un altro apparato di partito (e cioè, per avventura, - quando si tratti di partiti non governati secondo regole democratiche -, all'uno o ai pochi reggitori del partito prescelto, e a quelli che eventualmente siano capaci di abbatterli). U11avalida e robL1sta den1ocrazia, in uno Stato basato sui partiti. sussiste soltanto nella misura in cui gli apparati dei partiti siano effettiva espressione rappresentativa della volontà di tutti gli iscritti, e non espressione di forze o di gruppi di potere, esterni o interni, i quali siano riusciti a impadronirsene senza garanzie di democraticità, imponendo in tal modo nel partito, e di riflesso nel Paese, ai molti la volontà dei pochi o addirittl1ra di forze estranee. È evidente dunque la rispondenza a una suprema esigenza di democrazia, di una legge la quale definisca, in consonanza con la Costituzione, le condizioni perché un partito possa essere considerato come « democratico », in quanto governato, nella propria organizzazione, e nel proprio funzionamento, da regole ispirate al rispetto della volontà dei più. Ed è altrettanto evidente l'esigenza che la legge stessa sottoponga al co11trollo di un potere « neutro » ( sia esso il potere giudiziario, sia - come da taluno si è molto autorevolmente suggerito, e come viene praticato in altri Paesi - la Corte costituzionale) la provenienza dei fondi finanziari dei partiti e l'osservanza delle regole democratiche nei loro statuti, nell'ammissione e nell'espulsione dei soci, nelle elezioni degli organi. direttivi, nelle determinazioni riguardanti la politica nazio12 Bibliotecaginobianco

, Stato di diritto e Stato sociale nale. Fin quando una siffatta legge non vi sia, non potrà ancora dirsi con sicurezza se il nostro Paese sia governato secondo regole democratiche. Non è senza significato che in sensi non molto dissimili si è espresso, in più di un'occasione, l'allora Presidente della Camera dei deputati, on. Giovanni Leone, in compagnia, del resto, di altri eminenti giuristi ed uomini politici. Ed è singolare manifestazione di intolleranza, o quanto meno di incomprensione, quella di chi considera espressione di spirito reazionario il toccare questo argomento (come « parlar male di Garibaldi » ). *** Anche a proposito dell'ordinamento della funzione legislativa vorrei richiamare l'attenzione su un aspetto già toccato alcuni anni or sono, ma in relazione al quale sembra che in questi ultimi tempi si sia acuita la sensibilità generale, approssimando la maturazione dell'argomento e la necessità di affrontarlo in sede responsabile. Esso è quello della legiferazione minore. È ben noto il fenomeno per cui nel nostro tempo, per una molteplicità di cause, il bisogno di leggi si è enormernente dilatato; e ne sono note le ragioni. Sono altresì note le ragioni per c11i le assemblee dei corpi legislativi, più tagliate per i gra11di dibattiti politici che per la trattazione dei problemi tecnici, no11 hanno né il tempo né la possibilità di dedicarsi all'esame dei singoli testi legislativi che interessano problemi particolari e non hanno vasta risonanza politica. A parte la giustificata ritrosia del Parlamento a delegare al Governo l'esercizio della funzione legislativa, è da aggiungere la notevole difficoltà politica e giuridica di fissare nelle leggi di delegazione limiti e criteri direttivi idonei a soddisfare il precetto costituzionale, che esige che l'esercizio della funzione legislativa non sia definitivamente abbandonato al Governo, sia pure per singole ipotesi, senza un'adeguata e sufficiente defi11izione dell'ambito di discrezionalità. Tutto ciò ha condotto, da un lato, a una riduzione della frequenza delle deleghe legislative - con conseguente diminuzione della legislazione primaria del Governo -, dall'altro all'assoluta prevalenza della legiferazione a opera delle commissioni parlamentari, e cioè di ristretti corpi politici, più facilmente esposti a pressioni sezionali, e nei quali riesce non disagevole dare sfogo a iniziative individuali, giacché su di essi il controllo dell'assemblea è, per una molteplicità di ragioni, irrimediabilmente insufficiente. Ne è derivata (come viene comunemente riconosciuto) un'inflazione della legislazione di settore (le cosiddette 13 Bibliotecaginobianco

Aldo M. Sandulli « leggine »): legislazione notevolmente dispendiosa e spesso non coordinata - o malamente coordinata -, accompagnata da un notevole scadimento della tecnica legislativa e dalla perdita di stabilità ed omogeneità del sistema normativo. Il fenomeno - il quale suole aggravarsi nell'imminenza delle elezioni, talvolta con tutt'altro che lievi conseguenze per il bilancio dello Stato - alimenta purtroppo la sfiducia nella democrazia. A parte ciò, esso è tanto più da segnalare e controllare in vista di una politica di progran1mazione economica nazionale, se si vuole prevenire il pericolo che i ris11ltati di questa vengano compromessi da uomini o gruppi dalla legge e dall'erogazione « facile ». È stato felicemente notato dal]'on. La Malfa, allora ministro del bila11cio, in un intervento al Senato nella seduta del 13 febbraio scorso, che « non si può continuare a legiferare in via frammentaria e settoriale, non coordinando le varie spese con l'entrata e non dando priorità ai vari tipi di spesa, senza contraddire la politica di programmazione che, per altro verso, il Parlamento ha fatto sua ». È chiaro che il principio di democrazia non potrebbe dirsi osservato ove si cercasse il rimedio nell'avocazione della legiferazione minore al Governo, così come si è fatto in altri Paesi, realizzando addirittura, in amplissimi settori, vasti campi di « riserva di regolamento », in con, trapposizione a quelli di « riserva di legge ». Peraltro in un regime come il nostro la legislazione dello Stato e il costume politico avrebbero tutto da guadagnare, senza nessun indebolimento del principio democratico, qualora si sopprimesse (naturalmente mediante una modifica della Costituzione) il sistema della legislazione in commissione e si stabilisse che, nelle materie nelle quali tale legislazione oggi è ammessa - magari, se del caso, co1 n ulteriori li1niti -, le leggi, indipendentemente da una delegazione, possano esser fatte anche dal Governo, sotto il controllo del Parlan1ento. Questo controllo potrebbe esser realizzato statuendo che la promulgazione delle leggi governative in tal modo autorizzate non possa aver luogo se non dopo trascorso 11n certo periodo (p. es., trenta giorni) dal deposito presso le Camere del relativo testo, e che durante tale periodo, con gli stessi qu.oritm oggi previsti per il deferimento all'assemblea dell'esame dei testi legislativi trattati in commissione, ne possa esser richiesto l'esame (in assemblea) da parte delle Camere. Ir1 tal modo, mentre rimarrebbe pienamente rispettata la preminenza del Parlamento in ordine alla funzione legislativa, si assicurerebbe a questa, da un lato un maggiore tecnicismo, e, da un altro, quella omogeneità, sistematicità, uniformità, stabilità e imparzialità, di cui frequentemente si sente lamentare il difetto. È stato constatato, in un recente, serissimo rapporto scientifico, che « il Parlamento fa poche 14 Bibliotecaginobianco

Stato di diritto e Stato sociale leggi, non fa le leggi di cui c'è bisog110 e urge11za, o di esse ne fa pochissime rispetto a quante ne occorrono », e che « la funzione legislativa non esercitata dal Parlamento non viene esercitata da nessun organo »; per contro il Parlamento « fa molte leggine, spesso non ben redatte » e non ordinate in un siste1na armonico. La via suggerita potrebbe ovviare ad entrambi gli inconvenienti. * * * Passando dall'attività legislativa a quella esecutiva, è il caso di osservare che, se è vero che una delle condizioni essenziali di una effettiva democrazia è l'uguaglianza, oltre che dei diritti e dei doveri, anche delle posizioni di partenza dei componenti della collettività sociale, non v'ha dubbio che l'imparzialità nell'esercizio dell'anzidetta attività da parte dei pubblici poteri è da considerare testimonianza fondamentale della democraticità di un regime. L'imparzialità, però, è tanto meno sicura e garantita, quanto più estesi sono i settori in cui i poteri pubblici siano in grado di operare discrezionalmente e quanto meno estesi e penetranti sono i controlli politici, amministrativi e giurisdizionali ammessi in ordine all'uso della discrezionalità. Il nostro tempo, col dilatare progressivamente l'area dei poteri pubblici, sottraendo ai privati campi vieppiù estesi, e, inoltre, col consentire sempre maggiormente ai poteri pubblici di operare nel settore dell'economia secondo gli schemi del diritto privato, è venuto ad ampliare enormemente le possibilità di libere scelte dei poteri stessi. Attri- 'buzioni di contributi economici a fondo perduto; assegnazioni di beni di produzione o di consumo; accollo totale o parziale alla finanza pubblica degli interessi su mutui; finanziamenti; scelte degli operatori privati coi quali contrattare e delle condizioni alle quali contrattare: ecco una serie di operazioni che i poteri pubblici compiono quotidianamente in proporzioni vistosissime. Si tratta di operazioni attraverso la maggioranza delle quali potrebbero, volendo, realizzarsi le più sconfinate disparità di trattamento e le più ingiuste discriminazioni, senza garanzia che le parzialità commesse (eventualmente con danno della collettività, oltre che dei diretti interessati e controinteressati) possano essere in qualche modo riparate se non dalla « grazia », diretta o indiretta, del Potere politico. Indubbiamente è, questo, un ambito, il quale non si adatta se non· in limiti ristretti all'apprestamento di garanzie di ordine giuridico.· Val la pena tuttavia di ricordare che la Corte costituzionale ha avuto occasione di precisare che, lì dove l'iniziativa economica pubblica si sosti15 Bibliotecaginobianco ..

Aldo A1. Sandulli tuisca a quella privata, occo·rre che il legislatore specifichi, almeno per grandi linee, secondo quali criteri il potere amministrativo debba orientare le proprie scelte soggettive e oggettive. A parte ciò, nel campo di cui ci occupiamo, sempre che non vi ostino in modo inderogabile le esigenze della dinamica propria del singolo settore, dovrebbe, in via di principio, tendersi a una estensione al massimo grado della regola dell'esame delle aspirazioni concorrenti in contraddittorio (in modo analogo a quanto oggi avviene, a es., per le concessioni dei servizi auto111obilistici di linea). Dove, poi, non sia proprio possibile assicurare l'imparzialità delle determinazioni amministrative attraverso un siffatto sistema di garanzie (a loro volta consolidate dai rimedi giurisdizionali possibili nei momenti successivi), il massimo di imparzialità dovrebbe essere realizzato quanto meno attraverso meccanismi di controllo politico il più « neutrali » possibile, concretantisi nella sorveglianza del settore a opera di commissioni cui siano chiamate a partecipare, in proporzione della rispettiva consistenza, le varie [orze rappresentate in Parlame11to, analogamente a quanto oggi avviene, ad es., per il controllo parlamentare sulle trasmissioni radio-televisive. Un siffatto sistema - in un certo senso analogo a quelìo che si pratica nel Senato degli Stati Uniti - potrebbe riuscire, tra l'altro, particolarmente utile in relazione al conferimento di quelle cariche direttive di aziende pubbliche che oggi ha luogo secondo la più lata discrezionalità; e potrebbe fornire una garanzia abbastanza valida della capacità e moralità dei soggetti prescelti. Solo a tali condizioni vi sarà comunque la possibilità di diradare - anche se non di eliminare del tutto - quella cortina di prevenzione e di sospetto che generalmente circonda (pur quando ne manchino le ragioni) le operazioni di ct1i si è fatto cenno: possibilità da perseguire con fervida cura, giacché la sola supposizione che siffatte operazioni possano essere, nei singoli casi, ispirate da ragioni di favore, è in grado di contribuire a minare le basi dell'ordine democratico. * * * Dovunque possibile, occorrerebbe però non risparmiare alcuno sforzo per completare il sistema delle vere e proprie garanzie giuridiche nei confronti della pubblica Amministrazione, e in particolare di quelle giurisdizionali. A questo riguardo è il caso di sottolineare che i profili sostanziali del processo civile e di quello amministrativo avrebbero bisogno, dal punto di vista anzidetto, di esser sottoposti a una meditata rielaborazione. I criteri che oggi sono alla base dei profili sostanziali di tali 16 Bibliotecaginobianco

Stato di diritto e Stato sociale processi nei confronti della pubblica Amministrazione sono ancora quelli di un tempo in cui i rapporti di diritto sostanziale si ispiravano quasi esclusivamente al principio individualistico: di un tempo in cui la scena del diritto era dominata dall'individuo e dal diritto soggettivo, e non avevano rilievo se non gli interessi giuridicamente protetti propri degli individui e quelli degli enti personificati dal diritto. La società odierna, mentre è caratterizzata da un rafforzamento delle posizioni giuridiche individ-uali nel campo dei diritti di libertà, è caratterizzata però, ad un tempo, proprio in funzione di tale rafforzamento sul piano effettuale, da un fenomeno di attenuazione, degradazione e dissolvimento delle posizioni giuridicl1e individuali nel campo dei rapporti patrimoniali, nel quale si è venuto decisamente affermando il principio solidaristico. Nel contempo, e anche in correlazione con tale duplice ordine di fattori, si è venuta sempre più consolidando la rilevanza degli interessi" di gruppo, anche se i raggruppamenti sociali cui essi fanno capo non siano personalizzati - come i partiti politici, le associazioni professionali, le altre associazioni di categoria, religiose, culturali, sportive, ecc. -, o abbiano persino carattere occasionale e latente. Indebolite, o addirittura svanite, nel ca1npo dei rapporti patrimoniali, molte posizioni giuridiche individuali, in virtù dell'avocazione alla collettività dei corrispondenti beni e servizi, ne è risultato che molti degli interessi della collettività in ordine all'impiego socialmente pit1 utile di quei beni e servizi, che prima trovavano la loro compiuta disciplina e la loro sanzione nella ferrea legge della concorrenza e avevano tutela negli interventi pubblici preventivi, di stimolo e repres- '8ivi, sono venuti a trovarsi - in conseguenza della concentrazione nella mano pubblica sia del potere operativo che della funzione di controllo - non più presidiati dalle garanzie e dalla tutela originarie. Orbene, è paradossale che in concomitanza del trionfo sul piano sostanziale dei princìpi solidaristici vengano a subire degradazione le garanzie giuridiche di quegli stessi interessi della collettività che tale trionfo tende a soddisfare. La realizzazione del solidarismo sul piano sostanziale corre il rischio di restare frustrata e di essere sacrificata a interessi non coincidenti con quelli generali della collettività, quando non si avvisi ad adeguate garanzie giuridiche, idonee a far sì che la democrazia sia in grado di difendersi da sé stessa, così come prima ----:-quando sul piano effettuale era meno robusta - si difend~va, o almeno era organizzata per difendersi, dagli egoismi individualistici. Purtroppo nel nostro Paese - forse sopra tutto per via di un'educazione civile non ancora matura, e anche a cagione di una troppo tagliente divisione delle forze politiche - l'esperienza ha dimostrato finora che, 17 Bibliotecaginobianco

Aldo M. Sandulli lì dove manchino garanzie giuridiche e, in particolare, garanzie giurisdizionali, i pubblici poteri non riescono a trovare in sé stessi un adeguato freno. Quante volte assistiamo all'inottemperanza non soltanto dei comuni obblighi, ma persino dei giudicati, da parte della pubblica Amministrazione! Quante volte vediamo inosservati, in tutti gli ordin_i e a tutti i livelli dei pubblici poteri, i termini ordinatori, e persin~ quelli perentori! Come possiarr10 dunque contare che, lì dove non esistano altrui posizioni soggettive favorevoli correlate ai doveri dell'Amministrazione, e manchino mezzi giuridici, e in particolare mezzi giurisdizionali, alle regole del diritto venga puntualmente fatto onore? L'esperienza ci dà testimonianza che soltanto dove vi sian.o rimedi giurisdizio11ali - i quali presuppongono, di regola, interessi altrui giuridicamente riconosciuti e contrapposti a quelli dei pubblici poteri - i torti com1nessi da questi ultimi hanno sicura riparazione, sempre che gli interessati ne mettano in modo il meccanisn10. ·un'altra efficiente garanzia di legalità è indubbiamente rappresentata dal riscontro esercitato, d'ufficio, sugli atti del Potere esecutivo, in veste obbiettiva e neutra, dalla Corte dei conti, organo estraneo all'apparato dell'Esecutivo e collocato dai padri del Risorgimento in una posizione di notevole indipendenza. ì~on rappresentano, però, di massima, garanzie altrettanto valide e costanti gli altri controlli, che si esercitano all'interno dello stesso apparato amministrativo, dominato dal potere politico. Ecco perché è il caso di riaffermare che forse il mezzo più idoneo a consolidare le difese della de1nocrazia contro sé stessa sarebbe la realizzazione di un più vasto impiego dell'azione popolare sia correttiva che sostitutiva: forma di democrazia diretta, idonea a mettere i singoli componenti della collettività - e in particolare gli esponenti delle forze più consapevoli di essa - in condizione di far affermare in giudizio quei diritti e doveri dei pubblici poteri che vengano trascurati da questi e che nessun soggetto particolare avrebbe titolo a far affermare a proprio personale vantaggio. Oggi l'azione popolare - questa antichissima espressione di civiltà giuridica - è quasi negletta, anche perché ha contribuito a screditarla il fatto di essere stata impiegata non di rado, in tempi di scarsa educazione civica, come strumento di ricatto. Nella misura in cui essa sarà rivitalizzata e potenziata, si realizzerà una garanzia essenziale per bilanciare l'accentramento nella mano pubblica, e in particolare nella mano di organi ed enti non soggetti al sindacato della Corte dei conti, di compiti operativi e di controllo a un tempo. Al pericolo che l'azione popolare venga adoperata da elementi disonesti unicamente come strumento di ricatto non sarebbe difficile trovare dei rimedi (p. es., stabilendo che nel giudizio civile, 18 Bibliotecaginobianco

Stato di diritto e Stato sociale una volta promossa, l'azione venga proseguita, qt1alora l'attore popolare vi rinunci, dal pubblico ministero, il quale dovrebbe essere obbligato a partecipare al giudizio popolare; e che il giudizio amministrativo promosso da un attore popolare prosegua necessariamente nonostante la rinuncia di quest'ultimo). Probabilmente quel giorno vedren1mo meno di frequente durare per anni e lustri amministrazioni commissariali, che la legge consente soltanto per la durata di mesi, per il ripianamento di situazioni eccezionali; evitare di bandire i concorsi per i posti di pubblico impiego coperti per incarico da persone sprovviste dei titoli o della capacità per parteciparvi con successo; assumere ad libitiun in eccedenza impiegati pubblici; mancare di adottare le misure repressive imposte dalla legge per gli abusi edilizi, sanitari, annonari, professionali; ecc. Nella dinamica di un sistema nel quale sempre più imperiose ed esigenti diventano le voci dei gruppi particolari non sarebbe senza ragione e senza significato che fosse affidata agli individui singo,li - ai soggetti, cioè, più esposti a essere soverchiati dalla forza dei gruppi - la possibilità di stimolare i mezzi di difesa obbiettivi e neutri, apprestati dall'ordinamento a protezione degli interessi non di questo o di quel gruppo, ma della collettività nella sua intierezza, e quindi nei suoi singoli elementi, indifferenziati. La formula democratica trarrebbe da ciò sicura esaltazione, attraverso la implicita conferma del concetto che i gruppi devono operare in funzione del bene indivisibile dei singoli, al quale è rivolto, prima che a ogni altra cosa, lo sguardo protettore della collettività, e attraverso l'affermazione della regola che per la difesa dei valori più alti della collettività - quelli consacrati nelle leggi - l'impulso degli individui che la compongono rappresenta uno degli strumenti più vitali. * * * Nel quadro dell'esigenza di t1na tutela giurisdizio·nale per quegli interessi della collettività che oggi non l'hanno, rientrano anche taluni profili di giustizia costituzionale. A parte i conflitti di attribuzione legislativi fra Stato e Regioni, oggi in tanto una questione relativa alla legittimità di una legge può giungere all'esame della Corte costitt1zionale, in quanto si presenti come strumentale ai fini della decisione di un giudizio che si dibatta davanti a un tribunale comune, sia esso civile, penale o amministrativo. Ciò importa che le questioni relative alla legittimità costituzionale di leggi che non incidano in materia penale, e non investano interessi giuridicamente protetti di singoli soggetti giuridici, non potranno mai esser 19 Bibliotecaginobianco

Aldo 111..Sandulli deferite alla Corte. Anche senza riferirsi ad esempi vistosi, ma meno probabili (quali potrebbero essere una legge che ripristinasse gli ordini nobiliari o una legge che consentisse la riorganizzazione del partito fascista), ci si limiti a pensare ai casi, tutt'altro che infrequenti, di leggi che, in contrasto con l'art. 81 della Costituzione, importino per l'erario nuove e n1aggiori spese senza indicare i mezzi per farvi fronte. È vero che si ammette in dottrina - ma il caso non è stato ancora portato all'esame della giurisprudenza - che la questione della inosservanza, da parte di una legge, dell'art. 81 della Costituzione possa esser sollevata incidentalmente nei giudizi in cui debba avere applicazione quella legge, anche se dalla inosservanza del riferito precetto costituzionale non derivi immediato pregiudizio a nessuna delle parti in causa. Una possibilità del genere non sussiste però mai quando si tratti di una legge dalla quale non nascano, per i particolari, situazioni soggettive garantite dall'ordinamento giuridico, e come tali suscettibili di esser discusse in giudizio : si pensi a una legge che disponga lo stanziamento di somme da erogare in contributi a fondo perduto o in finanziamenti di opere pubbliche o di altre iniziative. Per siffatte violazioni della Costituzione l'attuale sistema di giustizia costituzionale non appresta rimedi di sorta: la Corte costituzionale non potrebbe mai essere investita di esse, per quanto grave e pregiudizievole agli interessi della collettività nazionale possa essere la trasgressione. Sopra tutto quando si rifletta all'abuso che, specialmente in certi periodi, si suol fare di dispendiose iniziative legislative da parte di singoli parlamentari in funzione di interessi particolari, vien fatto di chiedersi se anche e proprio in questo campo non sarebbe opportuno concedere ai cittadini, in difesa della finanza dello Stato e del programma economico nazionale, l'azione popolare, al fine di portare alla Corte costituzionale, sempre attraverso il filtro di un giudizio civile, le questioni di sua competenza che altrimenti non vi giungerebbero mai. È concepibile, in un ordinamento improntato a criteri di socialità, che gli interessi della collettività possano essere difesi, sul piano costituzionalistico, solo se e quando coincidano con qt1elli di un soggetto particolare, restando altrimenti abbar1donati al loro destino? O non è questa una incongruenza del sistema? *** In materia di giustizia costituzionale giova accennare pure a un altro argomento. In una società che si regge s11l principio democratico esistono certi 20 Bi liotecaginobianco

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