Nord e Sud - anno X - n. 41 - maggio 1963

Rivista m·e n si I e dir et t a da Frane es e o Compagna Paolo Leon, Programmazione e consumi - Giuseppe Galasso, La "società opulenta ,, - Marcello Dell' Omodarme, I laburisti alla vigilia delle elezioni - Virgilio Andrioli, La don1ia e i pubblici uffici - Vittorio De Caprariis, L'interpretazione economica della Costituzione americana. e scritti di Luigi Amirante, Guido Azzolini, Rosellina Balbi, Ennio Ceccarini, Carlo Maggi, Clemente Maglietta, Mario Pacelli, Nicola Pierro, Rocco Palestra, Franco Rizzo. ANNO X - NUOVA SERIE - MAGGIO 1963 - N. 41 (102) EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - NAPOLI .. B~bliotecaginobianco ,

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NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO X - MAGGIO 1963 - N. 41 (102) DIREZIONE E REDAZIONE: Napo I i - Via dei Mille, 47 - Telef. 393.346- 393.347 Amministrazione, Distribuzione e Pubblicità: EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via dei Mille, 47 - Napo I i - Telef. 393.346- 393.347 Una copia L. 400 - Estero L. 500 - Abbonamenti: Sostenitore L. 20.000 - Italia annuale L. 4.000, semestrale L. 2.100 - Estero annuale L. 4.000, semestrale L. 2.200 - Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 Edizioni Scientifiche Italiane - Via dei Mille 47, Napoli Bibliotecaginobianco

SOMMARIO Editoriale [3 J Giuseppe Galasso Problemi e prospettive della « società opulenta» [6] Paoilo Leon Programmazione e consumi [20] Virgilio Andrioli Rosellina Balbi Rocco Palestra Domenico De Masi Mario Pacelli M. Dell'Omodarme Note della Redazione Federconsorzi e legge urbanistica - Il PSDI e il Mezzogiorno - La repubblica dei partiti [37] Giornale a più voci La donna, i pubblici uffici e le professioni [ 45] Il chierico irrequieto [ 48 J Le colline abbandonate [52] Brinclisi e la Mo11tecatini [57] Programmazione eco11omica e pianificazione urbanistica [ 60] Frontiere I laburisti alla vigilia delle elezioni [ 65] Argomenti Guido Azzolini Un piano per i porti [77] Paesi e città Clemente Maglietta Problemi di un'area metropolitana [88] Cronaca Libraria a cura di Luigi Amirante, Ennio Ceccarini, Carlo Maggi, Nicola Pierro e Franco Rizzo [106] Saggi Vittorio de Caprariis Beard e l'interpretazione economica della Costituzione americana [ 113 J Bibliotecaginobianco

Editoriale Non si può disconoscere cl1e le elezioni del 28 aprile non hanno sortito un esito particolarmente felice per il governo, per i partiti, per i gruppi e per gli uomini che dal 1960 ad oggi hanno prodigato fatiche e sforzi nell'intento di dare definitivamente corpo, nel nostro paese, ad una grande e moderna politica democratica, la politica di centro-sinistra. Certo, nessuna catastrofe elettorale si è verificata: i risiLltati delle votazioni socialdemocratiche sono stati anzi brillanti e quelli delle votazioni repubblicane insperatamente buoni. Ma, altrettanto certamente, il paese non ha espresso, nei riguardi del nilovo corso politico, quel consenso che i risultati delle elezioni an1mitzistrative del 1960 e del 1962, l'evoluzione generale del paese e - diciamolo pure - l'audacia e la intrinseca bontà della politica svolta negli itltimi anni della legislatura ora chiusa lasciavano sperare. L'incerta tenuta elettorale dei socialisti e il regresso democristiano assumono, però, un ben diverso significato a secondo che li si guardi da destra o da sinistra. Un denon1inatore comune si può solo ravvisare nel fatto che la nuova articolazio11e elettorale dei partiti del centro- ~ sinistra appare depurata, da un lato, dei voti della borghesia liberista e conservatrice e, dall'altro, dei voti dell'ala massimalista del proletariato e del sottoproletariato italiani. È anche presumibile che a destra i neofascisti, conie a sinistra i comunisti ( e più i secondi che i primi in termini quantitativi), si siano giovati del prevedibile e inevitabile crollo delle posizioni monarchico-sanfediste. Questo in linea generale, naturalmente. L'esame dei risultati in sede circoscrizionale dimo#O stra poi che nella realtà la circolazione dei voti è stata ancora più complessa e che il gioco delle reazioni, emotive e politiche, della pubblica opinione è stato fortemente condizionato dalle tradizioni, dagli uomini e dai problemi che dominano la vita locale. Ma, a parte ciò, resta il fatto che il successo dei liberali e dei fascisti, a destra, significa un obiettivo rilancio dell'opposizione al centro-sinistra e della politica conservatrice, mentre il successo dei comunisti a sinistra non ha alcuna forza di condizionamento e di rottura, incamera un altro 1nilione di voti nel frigorifero di un'opposizione preconcetta e sterile che si avvia a diventare ventennale e avrà atzzi la sola virtù di offrire una nuova 3 B_biiiotecaginobianeo

Editoriale arma di ricatto e di speculazione - odiosa. e stupida arma, certamente - alla destra e ai circoli democristiani non allineati o decisamente avversi al centro-sinistra. Su questi punti è inutile farsi illusioni, checché da destra si andr~ predicando di « ritorno alla ragione » e da sinistra di " decisivo " successo comunista. Anche per questo il centro-sinistra deve, quindi, resistere. Il centro-sinistra non è stato e non può essere una coalizione ai fini elettorali, e nemmeno uno schieramento parlamentare inteso a tenere nelle proprie mani una precaria amministrazione della cosa pubblica. Esso voleva essere, e deve essere, una svolta storica nello sviluppo politico e civile del nostro paese. Esso può andare fiero delle realizzazioni attuate o preparate in un solo anno di vita. Nulla di più ingeneroso, da questo punto di vista, dell'acre polemica comunista. Ma nulla, anche, di meno intelligente ed ittile delle incertezze ostentate dai democristiani (e, in misura minore, dai socialisti) durante la campagna elettorale, delle scuse (vien fatto di dire) presentate dai democristiani per quanto si era fatto e della promessa di non .far nulla di ... peggio per il futuro, così come della svalutazione (vien fatto ancora di dire) operata dai socialisti, negli ultimi mesi precedenti le elezioni, rispetto all' efficacia e alla consistenza della politica sviluppata dal governo di centrosinistra. I risultati elettorali stanno lì a dimostrarlo. Dopo tutto, non è un caso che i soli partiti del centro-sitiistra che abbiano ricevuto un premio, relativamente parlando, dall'elettorato siano stati il socialdemocratico e il repubblicano: i soli che sul tema del centro-sinistra si siano impegnati a fondo e bruciando i ponti alle spalle. Ed è naturale, perché una politica come quella di centro-sinistra richiede che si adotti il linguaggio franco delle grandi lotte e dei grandi momenti della vita politica, non già le calcolate reticenze degli indecisi, dei timorosi, dei furbi. Il centro-sinistra non potrebbe, d'altronde, né resistere nell'attuale difficile momento, né durare, se tutti coloro che ne sono responsabili non mantengono i nervi a posto. Ci appelliamo perciò al senso di responsabilità dei leaders politici che devono tenere unita la maggioranza perché gli strascichi polemici della campagna elettorale non abbiano a compromettere ciò che i risultati non hanno affatto compromesso. I preoccupanti accenni di interne polemiche e divisioni devono essere sedati sul nascere, e tutti i buoni democratici debbono cooperare a un tale effetto. All'indoma11i delle elezioni il centro-sinistra rappresenta ancora l'unica formula politica che apra al paese prospettive realistiche di sviluppo e di consolidamento den1ocratico; ma è bert facile prevedere che il ritorno offensivo della destra non si farà attendere. La destra 4 Bibliotecaginobianco

Editoriale non ha ottenuto ciò che per essa poteva essere più importante: un successo liberale che deter1ninasse la possibilità di un governo a due tra PLI e DC. Ma essa dispone di molte ottime carte, per un'azione di tipo negativo ( impedire il centro-sinistra o svuotarlo), e si può essere sicuri che non mancherà di giocarle tutte. Dall'interno della DC, dai tanti gruppi di pressione e di potere verrà certamente una ripresa delle richieste liberiste e conservatrici. Bisogna essere preparati a respingerle sulla linea di un grande e chiaro impegno politico, con le parole dell'on. Moro dell'ulti1no congresso DC di Napoli (che scontava la perdita di un milione di voti come costo della scelta di centro-sinistra operata dal suo partito) e non con le parole dell'on. Moro, che alla televisione porgeva, come s'è detto, le scuse per quanto il centro-sinistra aveva osato di fare. Resistere, dunque, e poi riprendere con decisione l'iniziativa del centro-sinistra. Il lavoro non n1anca né per gli intellettuali, né per i partiti democratici. La cultura democratica ha almeno il triplice compito di approfondire l'elaborazione dei dati sociologici ed economici sulla base dei quali è stata articolata la politica di centro-sinistra; di continuare e sviluppare la più democratica e moderna interpretazione possibile del concetto di libertà da opporre a quello comunista della forza risolutrice della storia; di predisporre la linea di difesa contro la prevedibile offensiva dei circoli liberisti e conservatori che verniceranno a nuovo, sotto il pretesto dell'ultimo mito, quello dell'efficienza, le loro vecchie istanze. I partiti democratici hanno almeno il duplice compito di studiare nuove e più efficaci maniere di far valere di fronte al paese l'opera positiva realizzata; e di articolare in una piena e moderna disponibilità di quadri periferici la propria battaglia contro il tuttora efficientissimo apparato comunista e contro la palla di pio1nbo di un sottogoverno ereditato dal vecchio centrismo e che ha svitotato e tradito siste, maticamente la politica di questo governo. Se tutto ciò sarà fatto, l'anno o gli anni di passione del centrosinistra saranno superati felicemente; la grande spinta riformatrice e liberatrice avviata nell'ultimo anno potrà essere proseguita; le insidie ordite dalla destra potranno essere sconfitte e rese vane; le pretese di condizionamento avanzate dai comunisti potranno essere dimostrate per quello che sono: pretese in mala fede di chi non è, e non può essere, àmico né della libertà né della democrazia; e il centro-sinistra potrà confermarsi per ciò che esso, senza dubbio alcuno, è, e deve essere: la svolta risolutiva della storia democratica italiana. 5 Bibliotecaginobianco

Problemi e della "società • prospettive opulenta,, di Giuseppe Galasso 1. Si può accettare senza difficoltà, e anzi, tenuto conto dello stato obiettivo delle cose, si deve accogliere come pregiudiziale e assiomatica la recente affermazione di Franco Rodano secondo la quale « la " società opulenta " è molto verosimilmente il problema nodale della nostra epoca, la realtà che condiziona, in misura determinante, il periodo in cui ci troviamo a vivere» (cfr. Il processo di formazione della "società opulenta", in « La Rivista Trimestrale, I (1962), pp. 255-326). Si deve accogliere questa affermazione anche se essa è valida in particolar modo o, meglio, è già pienamente attuale soltanto per quel ristretto numero di paesi (paesi anglosassoni, in primo luogo, e poi paesi scandinavi, paesi del Benelux, Germania Occidentale, Francia, Svizzera e, grosso modo, anche Austria e Israele) nei quali l' « opulenza » è un fatto certamente di oggi, se non addirittura di ieri; mentre per un gran numero di altri paesi (paesi comunisti dell'Euro,pa, da un lato, Italia, Giappone e qualche paese latino-americano, dall'altro, e, assai più da lontano, qualche altro paese come la Grecia, la Spagna, il Brasile e così via) essa si prospetta come una realtà parziale più o meno prossima e per tutti gli altri paesi del mondo, infine, ~ cl1e raccolgono p,oi la maggioranza della po,polazio11e del glo,bo - appare come una meta lontana e di difficile e incerto raggiungimento. La si deve accettare., dicevamo, perché, come in tanti altri momenti della storia dell'uomo, quel che qui co,nta non è l'ampiezza geo·grafica del fenomeno e neppure, al limite, la varia intensità con la quale esso si manifesta là dove appare in vigore; ma è, invece, più _semplicemente e più radicalmente, la profondità e la irrevocabilità - - - del mutamento che esso denuncia ris etto a determinate « costanti » da - -----L- -- - -- - - -- cui il corso della storia è stato in pre~edenza caratterizzato. Grazie a ì tale profo·ndità e irrevocabilità è lecito affermare che la storia del i mondo non potrà che seguire, domani e per tutti i giorni avvenire ai j quali il nostro sguardo può estendersi, la logica imposta, alla vita in6 Bibliotecaginobianco.

Problemi e prospettive della « società opulenta» terna delle parti più avanzate del mondo e ai loro mutui rapporti, dal trionfo in atto dell'« opule11za », anche se questa dovesse restare confinata nei suo,i attuali limiti geografici o anche se essa dovesse, ad absurdum, registrare qualche arretramento. Vuol dire· che quelle parti del mondo alle quali, per avventura, il fenomeno non si estenderà o nelle quali esso non perverrà a completa maturazione seguiranno in posizione subalterna il corso generale delle cose e saranno costrette, per risolvere i loro problemi e non rimanere troppo staccate dal gruppo dei paesi più avanzati, a subire, in una qualsiasi forma, la direzione tecnica e morale di questi ultimi. Non diversa1nente è accaduto, circa due secoli or sono, per la cosiddetta « rivoluzione industriale », della quale la « società opulenta » costituisce il trionfale coronamento e che ebbe essa pure una diffusione geograficamente e cronologicamente simile a quella con la quale si manifesta il nuovo fenomeno. Né diversamente accadde alcuni secoli or sono per quel complesso fenomeno che vide il trionfo del commercio, della borghesia e del pensiero moderno e di cui fu a lungo antesignano, come è noto, il nostro paese. E del resto, se ancora si avessero dubbi al riguardo, proprio quello che è accaduto in Italia dal momento in cui il capitalismo e l'industria moderna hanno messo saldamente piede nella parte settentrionale del paese e, sulla base di questa penetrazione geograficamente assai limitata, hanno fondamentalmente mutato il ritmo e la direzione della vita del paese in tutte le sue manifestazioni; proprio questa vicenda italiana dovrebbe bastare a persuadere almeno noi italiani di ciò che siamo venuti finora dicendo. 2. Come sempre, anche nel caso della « società opulenta » la rilevanza del problema ne rende urgente l'analisi, quali che siano i rischi di approssimazione e di incertezza derivanti dalla ancora imperfetta genesi del fenomeno·; e come in tutte le analisi, anche in questa è assolutamente indispensabile mettere a fuoco un punto di vista centrale partendo dal quale si possano investire tutte le articolazioni del problema. Ora, nel caso della « società opulenta », un siffatto punto di vista emerge chiaramente dalla definizione stessa che di quella società vien subito fàtto di dare. La « società opulenta » può essere, infatti, definita come il momento terminale di una lunga serie di trasformazioni della vita sociale a loro volta provocate da un lungo processo di trasformazione della scienza applicata e della tecnica, che hanno finalmente consentito di liberare i paesi nell'ambito dei quali il processo si è svolto• dalle 7 Bibliotecagi.nobianco

Giuseppe Galasso angustie della cronica insufficienza o addirittura privazione di beni materiali in cui l'umanità era solita dibattersi fin dalla sua origine. Questa definizione si può ritenere come la communis opinio in materia e proprio perciò non ha nulla di originale. Di solito, tuttavia, gli auto~i che se ne interessano o indugiano a descrivere in tono panegiristico le meraviglie della nuova società co1ne il palazzo principesco che ha sostituito la vecchia catapeccl1ia di Cenerentola o (e ciò accade più spesso e ai migliori) danno per scontate alcune rilevanti implicazioni della definizione e si affrettano all'analisi degli aspetti più propriamente e complessamente sociali del problema. Noi vorremmo, invece, fermarci qui un attimo proprio ad esaminare codeste implicazioni. Che ci sembrano, poi, sostanzialmente due: a) la « società opulenta» ha alla propria origine una complessa evoluzione tecnico-scientifica; b) essa è, innanzitutto, per l'uomo singolo e per la comunità, una vittoria sulla povertà di beni materiali e sulle sofferenze che sono connesse alla povertà. Cerchiamo, perciò, di svolgere a fondo queste due implicazioni. E precisiamo, innanzitutto, che il richiamo alla matrice tecnicoscientifica della « società opulenta » non va inteso qui come riconoscimento de11a primazia o del ruolo determinante di una particolare dimensione dell'attività umana. Se c'è t1na conquista della filosofia e del pensiero moderni che continuamente venga perduta e che perciò valga la pena di continuamente riaffermare e ribadire, essa è, per l'appunto, il riconoscimento della inscindibile globalità dell'esperienza umana, e perciò anche del movimento storico. Sta qui il senso di ql1elle correnti variamente irrazionalistiche o spiritualistiche che dalla fine del secolo scorso ad oggi hanno combattuto l'egemonia ottocentesca della ragione celebrata dall'idealismo e dal positivismo; sta qui anche il significato delle molte revisioni che, nello stesso periodo di tempo, hanno subito sia l'idealismo che il positivismo. Certo, ancor oggi sussistono resistenze notevoli alla retta intelligenza della globalità dell'esperienza. Quanta parte del pensiero marxistico, ad esempio, nonostante tutte le revisioni post-marxiane, è disposta a disconoscere il posto centrale nella genesi dell'esperienza assegnato dal caposcuola al momento economico e dell'organizzazione dei rapporti rispetto ai mezzi di produzione? E per stare più vicini alle nostre vicende italiane, a che punto è pervenuta, nel~a discussione e nella continuazione del pensiero crociano, l'analisi del significato che il Croce attribuiva al momento etico-politico come momento centrale ed eminente della generale vicenda storica? D'altra parte, si deve pur convenire che, specialmente nel marxismo e nel crocianesimo, la preoccupazione di fissare un punto di riferimento univoco e circostanziato nell'analisi dell'attività e dell'esperienza umana non è 8 Bibliotecaginobianco

Problemi e prospettive della « società opulenta» dovuta soltanto a mero spirito dog1natico, ma anche - ed è in ciò giustificata e da condividere - all'esigenza di non disperdere in un eccletismo vacuamente onnicomprensivo la carica critica e creativa che a quelle due filosofie è assicurata dal poter disporre, grazie al principio dialettico cui si ispira il loro n1etodo, di un formidabile strumento di aggressione e di dominio della realtà. Quando, dunq~e, diciamo e ricordiamo che la « società opulenta » ha alla propria origine una complessa evoluzione tecnico-scientifica, tale affermazione va intesa come mera constatazione di un fatto che ha caratterizzato questo momento dell'evoluzione dell'area di civiltà alla quale apparteniamo. Così intesa (e perciò non come affermazione di determinismo economico), la constatazione ha peraltro una grandissima rilevanza. Essa si traduce, infatti, 11el riconoscimento di una « logica dell'opulenza » avente propria autonomia e propri caratteri distintivi nell'ambito più ampio dell'esperienza civile alla quale appartiene. Il ' progresso tecnico-scientifico ha assunto, nell'età contemporanea, un ritmo caratterizzato essenzialmente dalla s~a prevedibilità e program- } mabilità. Per la prima volta nel corso della loro lunga storia gli uomini \ si trovano nella condizione di potersi porre l'obiettivo di avanzamenti periodici del loro patrimonio scientifico e della loro capacità tecnica, concependoli come successivo sviluppo dei dati di cui sono in possesso Grosse équipes di ricerca hanno _così ~sostituito la ricerca individuale o di gruppi ristrettissimi, a cui il progresso tecnico-scientifico era stato finora affidato; e l'organizzazione della ricerca ha finito con l'assumere un ruolo almeno pari a quello del suo fondamento concettuale e sperimentale. L'opulenza ha tratto origine, da questa complessa trasformazione del lavoro tecnico-scientifico, pressappoco come un sottoprodotto, come un risultato non previsto, cl1e ha cominciato a diventare importante per se stesso, e di cui si è presa quindi coscienza chiaramente, solo quando la consistenza ne era ormai tale da non potersi più prestare ad equiv~ci. È probabile che la problematica posta oggi in essere dalla solare evidenza della « società opulenta » sarebbe nata già trent'anni fa, se la grande crisi del 1929 110n fosse intervenuta a gettare un'omb1·a oscurissima sulla realtà del progresso economico e sociale, così esaltata già negli anni '20 del nostro secolo. Comunque, il nesso tra progresso tecnico-scientifico ed opulenza appare oggi indiscutibilmente e definitivamente confermato. Anche nei modi piì1 indiretti, applicandosi ai problemi di esplorazione e di conquista dello spazio extraterrestre o a problemi di carattere militare, la scienza e la tecnica fini-- scono sempre col contribuire all'incremento ~ell'opulenza, a rendere cioè la vita dell'uomo più facile, più agiata, più umana, più ricca di 9 Bibli.otecaginobianco

Giuseppe Galasso beni e di servizi di vecchio e nuovo tipo. Alla Junga, .nessuna volo-ntà politica o sociale appare in grado, in una società moderna, di rimandare indefinitamente o di evitare l'opulenza. Bisognerebbe che quella società rinunziasse, per far ciò, ad andare avanti sulla via del progresso tecnico-scientifico; a perdere cioè una delle prime ragioni del suo essere, \ appunto, moderna. Ed è questa quella che abbiamo definito la_<0.Qg!Ea autonoma » dell'opulenza. -------:::-----------;-, Quanto alla seconda implicazio11e che dalle definizioni correnti e più comuni di « società opulenta » direttamente discendono, e che di sopra abbiamo accennato, essa è certamente quella destinata a più fortemente e immediatamente colpire la fantasia e i sensi degli uomini. Chi poteva, appena un secolo fa, pensare possibili e imminenti la realizzazione così rapida e la diffusione così vasta co-me oggi vediamo in atto di tanti beni di consumo, di tanti mezzi di trasporto, di tanti nuovi farmaci, loisirs, comforts? Cl1i poteva allora pensare ad una estensione dei servizi assistenziali e previdenziali, ad un progresso igienico-sanitario, ad una disponibilità .di vitto, abbigliamento e arredamento quale oggi si è realizzata? La curva e l'evoluzione dei consumi so,no state certamente, nel corso di un secolo, tali da rendere incomparabili i bilanci familiari di cent'anni or sono con quelli di oggi. Quantità e qualità sono radicalmente cambiate perfino nel lavoro dell'uomo e per la prima volta nella storia l'identità di lavoro e fatica si è andata felicemente e positivamente sciogliendo. In tal modo, e in tutti i sensi, le società investite dal fenomeno sono diventate più ricche. Anzi la ricchezza stessa - cosa forse sfuggita all'osservazione - ha cambiato di significato. Una volta il primo e s11premo vantaggio della ricchezza consisteva appunto nel potersi procurare i beni e i servizi che permettevano di sfuggire alle durezze del vivere, a cui una tecnologia/ incomparabilmente meno sviluppata di quella oggi, in vigore) solo aa. altissimi costi consentiva di evadere in modo parziale e insoddisfacente, mentre la possibilità di procurarsi beni, piaceri e servizi superflui era un vantaggio che la ricchezza offriva in linea subordinata. Oggi, nelle società che hanno raggiunto l'opulenza, il primo e supremo vantaggio che la ricchezza una volta offriva ha pressocché perduto ogni validità: dalla produzione di massa di ogni tipo di beni di consumo all'aria condizionata per l'estate o al riscald~mento centrale per l'inverno, dall'alleviamento della fatica ai danni della sovralimentazione, tutto congiura in questo senso. E quanto ..all'~ltro vantaggio che ~na volta la ricchezza offriva in via sub~~dinata, _ quello cioè di procurare_ il superfluo_, ~sso è certarr1ente passato --oggi ad esser~ il connotato rinci ale della ricchezza stessa, e in ciò sta il '-- mutamento di cui si diceva; ma già ci sono accenni chiari un po' dap10 • Bibliotecaginobianco

Problemi e prospettive della « società opulenta» pertutto che, tra la massa di medie condizioni e la ricchezza, la differenza a questo riguardo non si mantiene per la disponibilità nella seconda di un superfluo che mancherebbe nella prima, bensì unicamente pet il ti120 di sup_erfluo di cui la ricchezza consente di disporre. D'onde il declino dell'invidia sociale di cui parla il Galbraith e, anche, la resistenza progressivamente più elastica, se non meno intensa, che il mondo della ricchezza offre al pareggiamento della media delle condizioni ai diversi livelli sociali in cui il processo in corso complessivamente tende a risolversi. Non è, infatti, una vera e propria eguaglianza quella che si viene delineando. Al contrario, semmai, è una differenziazione progressiva e crescente e quale forse non si~ mai av~ta, ma caratterizzata in modo decisivo dalla spontanea e incessante proliferaziolle dì gradi 1, iÒ.termedi tra i livelli tradizionali della ricchezza. Sicché, mentre una Il _. volta fare il paragone tra se stessi e coloro cl1e si trovavano al gradino immediatamente superiore della gerarchia socio-economica significava, nella stragrande maggioranza dei casi, misurare una distanza tanto impressionante quanto evidente, oggi la stessa operazione si traduce in un bilancio che per riuscire chiaro deve far perno più sulla qualità eh~ sulla quantità poiché a determinare la differenza è assai spesso un tipo di automo6Ìle invece di un altro, la abitazione nel quartiere residenziale all'ultima moda, e così via. Ma quel che in tutto ciò è maggiormente da sottolineare non è né il pareggiamento della media delle condizioni ai diversi livelli né la crescente differenziazione, bensì il fatto che l'aumento generale di ricchezza verificatosi nella società ha operato soprattutto , elevando in misura incomparabilmente maggiore di ogni altra la soglia inferiore della ricchezza e determinando la pratica sparizione dell'indigenza, questa sgradevole e onnipresente componente dell'esperienza umana dai primordi fino ad ieri. Lo spostamento delle fortune minori su un livello impensabilmente superiore a quello antico si è accompagnato, come si è detto, ad uno slittamento generale in senso positivo di tutti i livelli di ricchezza. J\.1aciò è assai meno importante della novità rivoluzionaria offerta dalla diffusione - dovuta al progresso tecnico e scientifico - di un tenore di vita mi11imo superiore a quello di cui poteva una volta disporre solo chi fosse considerevolmente ricco. Una buona parte delle proteste e delle dissidenze sociali hanno così perduto .il loro stimolo più immediato e nessuna predicazione dell'odio di classe appare in grado di rilanciarle alla passata virulenza. La classe stessa ha, infatti, perduto la fisionomia tradizionale: era una volta una connotazione etico-sociale tendenzialmente fissa, che si traduceva, sulla base della logica delle grandi spaccature della società, nella possibilità o nella impossibilità di disporre dell'essenziale; ed è invece oggi una 11 Bibliotecaginobianco

Giuseppe Galasso ., N connotazione puramente economica assai mobile, ed inoltre estrema- (' mente ambigua a seconda del punto di riferime11to che si adotta. 3. L'insistere sulla matrice tecnico-scientifica della « società opulenta » e sulla scomparsa che essa segna dell'indigenza era una premessa indispensabile per introdurci in quell'analisi delle valutazioni finora offerte della nuova società che è forse la via migliore di tracciare un rapido panorama delle prospettive e dei problemi che ne derivano. Quando si parla di « società opulenta » il pericolo primo e maggiore è certamente quello di cadere in una visione avveniristica delle cose non più consistente di un miraggio o di una fantasia. L'idillio di una società umana che affidi ad un esercito di schiavi meccanici il compito di servirla in tutte le sue materiali esigenze e non abbia altro problema che di organizzare e di vivere una vita di delizie e di godimenti è stato ampiamente diffuso sulle terze pagine e i rotocalchi di tutto il mondo fin dalle prime volte che si cominciò a parlare di automazione. In realtà, una tale idillica prospettiva del futuro degli uomini è frutto di una veduta gretta e, insieme, utopistica. La « società opulenta » non fa che risolvere alcuni dei problemi sociali e. umani; altri non risolve; altri ancora fa nascere ex novo o per lo stesso fatto di una parziale soluzione .dei problemi passati. Già l'avvento stesso della « società opulenta » è , t contraddistinto da crisi drammatiche, da lotte, da contrasti penosi. Ha J 'i giustamente notato Jean Fourastié: , « Eliminazione progressiva del lavoro servile, riduzione della durata del lavoro, allungamento del periodo scolastico, aumento della durata media della vita, miglioramento del tenore e del genere di vita: ecco una serie di sviluppi estremamente favorevoli nel loro complesso, per tutta l'umanità. Ma questi sviluppi sono accompagnati, nei loro dettagli, da sofferenze gravi. Essi sono, infatti, imposti dalla disoccupazione e dalle crisi economiche, poichè coloro che hanno un mestiere non lo cambiano, per lo più, volentieri. Il passaggio dalle attività primarie a quelle terziarie si realizza perciò mediante una serie di rotture. È stato necessario che uno dei nostri avi decidesse di uscire dal suo ambiente tradizionale e ciò ha comportato per lui, e spesso per i suoi discendenti, un grave disorientamento intellettuale e morale, e non di rado grandi sofferenze fisiche, e la perdita del suo patrimonio. È stato necessario che alcune generazioni finissero miserabilmente, come tante ne abbiamo visto finire noi nelle campagne, in casolari cadenti, rovinati dall'evoluzione dei consumi, dalla 1naggiore produttività ottenuta in certe terre o con determinate tecniche, eliminate insieme con la loro produzione tradizionale che ha cessato di essere redditizia» (Le grand espoir du XX siècle, Gallimard, Paris 1963, p. 329). / Ma non è soltanto il processo di sviluppo della « società opulenta » 12 Bibliotecaginobianco

Problemi e prospettive della « società opulenta» ad essere condizionato, e profondamente condizionato, da crisi, rotture, lacerazioni morali e materiali della vita sociale e di quella individuale. È nel trionfo stesso dell'opulenza, quale già possiamo vedere in atto qua e là nel mondo, che vecchi e nuovi problemi si affollano. Questa società tecnica e meccanica abbisogna di un profondo sforzo di razionalizzazione: chi sarà deputato a compierlo? dove lo si dirigerà? come si potrà ottenere che esso riesca tempestivo ed equilibrato? In questa società il trionfo della macchina consente una disponibilità di tempo ed una possibilità di movimento senza precedenti: che faremo del crescente tempo libero? quali sedi eleggeremo per mete dei nostri trasfe- 1 rimenti? In questa società, come si è già accennato, la rapida molti-/ plicazione della ricchezza ha consentito, e consentirà sempre meglio, 1 una stratificazione sociale estremamente differenziata, assai mobile: > - ' come si potrà fare per conciliare tali note positive col rischio di una società invertebrata per la estrema labilità ed incertezza delle sue zone medie? E questi non sono che pochissimi tra gli interrogativi i quali ci diffidano dal considerare l'umanità dell'opulenza come un'umanità priva di problemi. L'abolizione della miseria non è tutto, anche a non voler ricordare che la miseria può essere, offreclie un fatto materiale, una condizione psicologica. Una società nuova significa bisogni nuovi. Il progresso c'è e si vede dappertutto; ma, come ha ricordato il Rostow, « la fine di tutto questo non è rappresentata dall'interesse composto in /, eterno: è invece la ricerca avventurosa di ciò che l'uomo vuole e può y( ; fare quando sia decisamente alleviato dalla pressione del bisogno » ( Gli stadi dello sviluppo econo1nico, Einaudi, Torino 1962, p. 236). Alla visione idillica della « società opulenta » si contrappone __qJJ.ella moralistica, che in_parte, però, dalla prima discende. Secondo i soste- . ..._. .... - - - -~- .. - - nitori di questa veduta gli agi e i piaceri che la società opulenta ha già largiti e, soprattutto, quelli che essa largirà agli uomini nel prossimo ..I. futuro sono strumenti e occasioni di una grave crisi morale, dalla quale l'umanità uscirà depauperata di alcuni dei suoi più preziosi valori. Ciò che in genere si riferisce ai nuovi modi di vita viene gratificato di attributi che fanno riferimento alle diverse gradazioni comprese nell'arco tra immoralità ed amoralità. È però opportuno notare che in seno a questo indirizzo di critica moralistica alla società opulenta si debbono 'distinguere due orientamenti del tutto diversi fra loro nella rispettiva ispirazione. Per alcuni, infatti, la crisi morale cui darebbe luogo l'opulenza è da imputare essenzialmente alla quantità e alla qualità dei piaceri di cui quest'ultima darebbe la possibilità. Dal conflitto tra l'edonismo e le sue tentazioni, non resistibili<'flelle presenti e, soprattutto, nelle future condizioni della società, da un lato, e l'impegno di severa 13 Bi•bliotecaginobianco

Giuseppe Galasso \ disciplina e di razionale controllo della vita sensibile e appetitiva, che sarebbero richiesti da ogni forma di moralità, dall'altro, nascerebbe così una crisi da non interpretare come mera crisi di costume (e perciò 1 più o meno duratura e più o meno profonda), bensì come crisi della· stessa energia che alla vita morale presiede (e perciò radicale, irreparabile e gravida di imprevedibili conseguenze). Per altri, invece, la crisi morale cui darebbe luogo l'opulenza è da imputare a tutt'altri fattori: ,essa nascerebbe, cioè, dal carattere di 1nassa della civiltà al cui avvento : 1 ,stiamo assistendo. In -r~a-g-=-io_n_e_d-q,..i.........,...ta-1-e-c_a_r_a-:-'.tt:-e-rè utti i v lori relativi ali l'autonomia della persona, all'originalità dell'individuo, all'energia morale e pratica che scaturisce dall'interesse e dalle convinzioni del singolo, al gusto irripetibile di ciascuno per il bello sarebbero destinati ad una più o meno lenta, ma inesorabile sparizione. La nuova società - preda dei « persuasori occulti », dei pianificatori, dei tecnici della produzione in serie, di un conformismo democratico e demagogico - segnerebbe il trionfo di un anonimato sociale, sensibile ai soli valori (o pseudo-valori) dell'utilità e della funzionalità. Anche a questo proposito una più attenta considerazione dei fenomeni in atto può servire, tuttavia, a ridimensionare le prospettive. Nel seno della società che prima fra tutte ha visto l'avvento dell'opulenza, quella americana, proprio negli anni più vicini a noi, abbiamo constatato l'insorgere di una tendenza del tutto contraria a ciò che ci si l sarebbe attesi: messi dinanzi alla possibilità di utilizzare i loro redditi / crescenti in nt1ovi loisirs e comforts, gli americani hanno invece preferito incrementare la loro produzione ... di bambini. Non è ammonitore questo esempio collettivo, che si può ben definire clamoroso, di preferenza delle responsabilità morali e dell'impegno materiale derivanti dalla formazione di famiglie più numerose alla malthusiana soddisfazione dell'assoluta sicurezza e del più alto reddito possibile? Ed esso è tutt'altro che il solo. Tanto per restare in Italia e per passare a tutt'altro campo, non abbiamo visto di recente i nostri quotidiani rinverdire la tradizione della vecchia terza pagina di élite con nuove pagine settimanali di argomento letterario o, più largamente, culturale? E perché lo avrebbero fatto i giornali, se no-n avessero creduto così di venire incontro alle esigenze di un vasto pubblico? E non conferma questo dato la contemporanea e da tutti riscontrata espansione del nostro mercato librario? Vuol dire, insomma, che (come prova l'esempio americano) la vita morale è assai relativamente condizionata dall'opulenza, se pure non si vuol dire che ne è agevolata nel suo più libero dispiegarsi; e vuol dire (come dimostra l'esempio italiano) che i piaceri 14 Bibliotecaginobianco

~ Problemi e prospettive della « società opulenta» della « società op·ulenta » non debbono necessariamente essere dei più volgari. Non più persuasive riescono, d'altro canto, le argomentazioni di coloro che vedono l'opulenza (con tutti i disvalori che sarebbero ad essa connessi) come un annullamento della vita individuale (con tutti i relativi valori). In realtà, :ooi siamo ancora agli inizi della realizza- \ zione di t1:tti i valori eti_ci, estetic~_ culturali eté~he pOs;ono- aver luogo j - in una società di massa e razie ad una società di massa. Dal disegno 1 --- --- iriaustriale al progressivo elevarsi della cultura media, dalla partecipazione di tutti alla vita politica richiesta nelle democrazie occidentali e per lo meno esibita in altri regimi al progressivo elevarsi del livello tecnico in tutte le attività di lavoro, non è breve l'enumerazione delle -:> possibilità che la civiltà di massa offre alla vita individuale, di tutti e (. a tutti i livelli, di attingere una pienezza che può non avere nulla da invidiare all'analoga pienezza realizzata, in ambiti ben più ristretti, du-1 rante i precedenti periodi storici. Una concezione sottilmente economi- IA cistica si rivela al fondo del punto di vista qui discusso: i valori sareb- f \ :. bero tanto più alti e preziosi quanto più rari e meno diffusi. E questo economicismo riesce ancor più corrosivo (e deludente, quando lo si scopre) della facciata aristocratica, e non di rado reazionaria, con la quale le relative osservazioni vengono avanzate. Con tutto ciò non vogliamo - ovviamente - dire che edonismo e anonimia non siano pericoli obiettivi e gravi della « società opulenta ». Essi lo sono certamente, e per di più non sono i soli. M~ quando mal la...~.,ita morale dell'uomo si è po1uta giovare dell'assenza di pericoli? e come, anzi, sarebbe essa possibile se non fra i pericoli? non è proprio essa la più necessariamente dialettica tra tutte le attività umane? Nella moralità i progressi e i regressi non riguardano la assenza o la presenza di ostacoli, ma semplicemente la diversa loro natura e il margine (peraltro sempre rimovibile) che essi lasciano alle possibilità dell'iniziativa morale. E veniamo, infine, ad una terza e più insidiosa forma di discussione dei problemi e delle prospettive della « società opulenta ». Essa è fondata sulla constatazione di un assoluto determinismo a cui quest'ultima obbedirebbe nella sua genesi e nella sua logica. Di questa ·tesi si è fatto recentemente portatore in Italia il già citato· Rodano. Secondo questo autore, da un lato, « il processo genetico della ' società opulenta' non è certo caratterizzato dalle drammatiche alternanze della dialettica, poichè anzi è intieramente compreso, secondo l'intima logica del suo sviluppo, sotto la legge di una graduale e meccanica espansione produttiva » (art. cit., p. 257). Dall'altro lato, sulla base della espan15 Bibliotecaginobianco

Giuseppe Galasso sione produttiva, vista come il fatto centrale· e determinante, nel suo ritmo graduale e meccanico, egli deduce che « illimitato e onnicomprensivo dominio dello sfruttamento e pienezza, razionalità, del fenomeno totalitario sono. . . le connotazioni decisive del mondo moderno . . . le due caratteristiche necessarie e sufficienti a contraddistinguerlo e a definirlo nella sua struttura essenziale» (ivi, p. 307). Con alcune importanti deviazioni, l'analisi del Rodano ripete, dunque, i canoni classici delle interpretazioni marxiste: la particolare natura dei mezzi di produzione e la loro attribuzione sociale determina inevitabilmente il tipo di civiltà politica e di vita morale possibile ad attuarsi i11 una data epoca; e intorno ai concetti di sfruttamento e di lotta di classe sono ordinate tutte le altre variabili dell'indagine e del giudizio storico e politico. Nella « società opulenta » la classe egemone deve tollerare e le classi subalterne possono conseguire il massimo di benessere collettivo compatibile con un ordinamento non socialista. Non è la liberazione dallo sfruttamento, ma una situazione « in cui tutti godono dello sfruttamento di tutti» (ivi, p. 322); non è il regno della libertà socialista, ma quello della integrale e totale democrazia, di un totalitarismo egualitario che procede ad una pubblicizzazione f armale ( cfr. p. 317) della proprietà. La necessità storica di un tale tipo di società, che come tale abbraccia sia il mondo occidentale che quello orientale, destinati in ciò ad incontrarsi a mezza strada, procede - come s'è detto - dall'avvento di una particolare tecnica e di un particolare ordinamento della produzione, caratterizzata, secondo il Rodano, dal fatto « che si è entrati nella fase, disperatamente disumana, della produzione del superfiuo, ossia, e nel modo più pieno, della produzione per la produzione » (p. 320). Avendo fatto scattare la molla dell'incentivo alla massima produzione, la borghesia e il capitalismo hanno determinato un processo irreversibile per cui anche i loro avversari proletari debbono sotton1ettersi al dominio di una produzione crescente con la logica di un processo accumulativo spontaneo. Solo organizzandosi nella forma di una democrazia egualitaria e totalitaria, l'umanità riesce a conservare un minimo di controllo di questa reazione a catena della produttività. Così facendo, essa consegue anche una serie di inestimabili progressi sociali. Ma le contraddizioni strutturali dell'epoca fanno sì che questi progressi abbiano un carattere estremamente ambiguo, sicchè nessuna valutazione incondizionatamente positiva di essi, come di tutto l'insieme sociale al quale appartengono, è veramente possibile. In ultima analisi, la società opulenta si restringe a significare un compromesso tra la rovinosa volontà di dominio della borghesia e la inevitabile resistenza di 16 Bibliotecaginobianco

Problemi e prospettive della « società opulenta» coloro che da essa sarebbero oppressi. Nel compromesso nulla si salva, tranne la possibilità della materiale conservazione della società, che altrimenti perirebbe nell'urto violento delle classi contrastanti giunte a un livello di potenza tecnica senza precedenti e ad un'opposizione ancor più radicale che per il passato. Tutti gli altri valori, anche quando siano formalmente riconosciuti, vengono meno. E a questo punto mette conto di riferire le parole stesse del Rodano nella sua conclusione (art. cit., pp. 325-326): « Al termine di questo nostro lungo cammino, lo sfruttamento, origine prima e norma condizionatrice dell'intero processo storico-sociale quale si è svolto sino a oggi, ci appare - in linea di principio - come la conseguenza diretta dell'esaltazione spiritualistica dell'uomo, che ha comportato necessariamente il misconoscimento della sua dimensione materiale come puramente disumana. La « società del benessere » ha .costituito e costituisce, di quest'errore tremendo, di questo vero e proprio peccato, la risposta storica, inevitabile, spontanea. Come tale non ha certo potuto trascenderlo, non ha potuto cioè superarlo criticamente; ma ha impedito e impedisce che esso possa esprimere sino in fondo la sua capacità distruttiva, la sua divorante carica di catastrofe: e in tal senso si può ben dire che rientra, come sempre in generale la storia, in un disegno provvidenziale: che è insomma, se così ci si vuole esprimere, una n1anifestazione concreta dell' « astuzia della ragione». In ogni caso essa squaderna in tutta la sua gravità, in tutta la sua portata, la questione dello sfruttamento, mentre, almeno in linea obiettiva, permette di cominciare a intendere che il problema della rivoluzione è quello stesso di una ricot struzione dei valori, che sia capace finalmente di assumere, come qualcosa di : eminentemente positivo, la vita animale dell'uomo, la sua materialità, il suo lavoro». ' Non è qui possibile discutere in tutte le loro implicazioni i singoli punti dell'articolo del Rodano, nè è possibile fermarsi a rilevare tutti i casi in cui le sue affermazioni cozzano contro la realtà storica presente e passata o tutte le numerose brillanti intuizioni e i numerosi acuti giudizi da lui offerti al lettore. Ci limitiamo pertanto ad alcune notazioni di carattere generale. Il Rodano interpreta la «società opulenta», così come ogni altro tipo di società, alla stregua di un principio, quello dello sfruttamento, che sarebbe « origine prima e norma condizionatrice dell'intero processo storico-sociale»; e si intende che, nelle società ordinate sullo sfruttamento, ogni valore ed ogni connesso giudizio vanno riportati allo sfruttamento stesso. Non ci sono valori esterni sulla base dei quali un tipo di società possa essere giudicato; e le co,ntraddizioni attraverso le quali si passa dall'una all'altra forma di sfruttamento non scaturiscono da un'opposizione di valori, ma da una incompatibilità materiale tra alcune sorpassate forme d'ordinamento dello sfruttamento e alcune tecniche della attività produttiva che rendono possibile uno sfruttamento • 17 Bibliotecaginobianco

.. C!! Giuseppe Galasso più razionale. La coerenza vorrebbe perciò: che anche nel caso della « società opulenta » questo assoluto riferimento dei valori alla loro matrice tecnico-sociale venisse pienamente e incondizionatamente riconosciuto. E, invece, il Rodano punta tutta la sua interpretazione sulla asserzione che nell'opulenza i valori vengono meno, tranne quel solo valore che sarebbe la produzione e che è, in realtà, un non-valore; e sull'asserzione che solo da una « ricostruzione dei valori » può trarre origine il superamento delle contraddizioni che minano la « società opulenta ». In un corso storico caratterizzato dalla assoluta immanenza del suo principio a sé stesso vengono così surretiziamente introdotti I elementi esterni di spiegazione e di valutazione che generano una infinità di difficoltà logiche e metodologiche. Noi non sapremmo dire (e, al limite, non importa neppure) in quale misura questa sovrapposizione possa essere dovuta al tentativo di conciliazione,· evidente nel Rodano, tra i moduli interpretativi del pensiero marxistico e le esigenze di uno schivo e un po' cupo spiritualismo. Ci sembra, tuttavia, chiaro che l'interpretazione del Rodano denunci in modo evidente le contraddizioni di un pensiero che, nello sforzo di instaurare un'assoluta razionalità del discorso storico, non r ha la precauzione di storicizzare (e perciò razionalizzare) innanzitutto L · se stesso; l'insufficienza di una dialettica, costretta entro uno schema (inizio dello sfruttamento, sfruttamento, fine dello sfruttamento) di cui sono prefissati tutti i termini; la persistenza di moduli teleologici aventi un significato squisitamente metafisico. Onde si spiegano le aporie e gli errori più gravi: come, ad esempio, il giudizio che il tipo di uomo espresso dal signore nella società medioevale, per quanto storicamente meno avanzato, sarebbe stato, tuttavia, più organico e perciò, dal punto di vist~ dei valori, più « omogeneo e conforme all'intera natura dell'uomo » (p. 286) di quanto possa accadere per il tipo d'uomo esprimibile nella società moderna; o l'altro analogo giudizio secondo il quale « nella soluzione borghese della crisi del mondo signorile c'è una perdita secca, la quale non è affatto riscattata in misura sufficiente dalla necessità storica del suo verificarsi », e ciò per il fatto « che la grande protesta dei servi, condotta in nome della legge di natura, non viene affatto interpretata dalla borghesia in tutta la sua profondità, in tutta la sua estensione, in tutto il suo reale significato, e che anzi questa protesta viene deformata e distorta, anche perchè, in definitiva, la si adopera al fine particolaristico, sebbene storicamente obbligato, del trionfo di una classe determinata» (p. 290). Tutte affermazioni (come quelle che, nelle stesse pagine, le precedono e le • 18 Bioliotecaginobianco

Problemi e prospettive della « società opulenta » seguono) nelle quali il connubio tra critica marxista e metafisica agostiniana non potrebbe essere nè più gratuito nè più infelice. Valeva, tuttavia, la pena - crediamo- - di soffermarsi piuttosto a lungo nell'analisi delle tesi del Rodano, perchè in essa i diversi motivi di una visione deterministica della « società opulenta » sono pressocchè tutti presenti. In questo, co-me in tutti gli altri casi, determinismo non vuol dire necessaria e approfondita comprensione delle ragioni storiche dei fatti; vuol dire instaurazione di un ordine estrinseco che non obbedisce alla razionalità instrinseca e alla libera attività creatrice che si dispiegano nella storia, ma ad una razionalità astratta predeterminata (poco importa poi che essa sia quella della proprietà 1 o quella del peccato o quella del bisogno), la quale si risolve in un dover essere perennemente in conflitto co·n l'essere fino all'ultima risoluzione dell'intero processo in una eventuale escatologia (e anche qui poco importa che essa sia quella del giudizio universale o quella della fine dello sfruttamento e dell'avvento di una società senza classi). Se 'j stiamo ai canoni del determinismo, la « società opulenta » è un mo- I mento di uno sviluppo obbligato, che avrà comunque il suo corso e 11 di cui il bilancio del bene e del male è già fatto in anticipo; se 11 · stiamo, invece, ai canoni di uno storicismo liberale e di un umanesimo{ 1 _;, democratico, la « società opulenta » è, nelle sue implicazioni, un'altra occasione che si offre agli uomini di estendere il proprio dominio sulla ) t" natura, di produrre nuove ricchezze, di creare nuove opere d'arte di elaborare nuove concezioni di sè e del mondo, di organizzare un più libera e civile convivenza, di fare ciò che, per i tempi, sarà bene o male, e insomma di essere quello che sono, uomini. GIUSEPPE GALASSO 19 Bibliotycaginobianco

Programmazione e • consumi di Paolo Leon INTRODUZIONE Si parla ormai da tempo, in Italia, di programrr1azione economica. La necessità di razionalizzare l'attività dello Stato nell'economia e, più in generale, il processo di sviluppo economico, è oggi affermata a tutti i livelli, sia nel campo politico sia. in quello economico. Nella recente esposizione del problema a livello governativo 1 sono stati posti con chiarezza alcuni degli obiettivi da realizzarsi nel campo della programmazione e sono stati indicati alcuni dei mezzi di cui ci si intende valere per il raggiungimento di quegli obiettivi. Si sono, inoltre, rinnovati gli sforzi per la creazione di un organo che provveda non solo alla esposizione degli scopi, ma anche alla elaborazione della necessaria politica di attuazione. Queste brevi 11ote voglio110 essere un contributo analitico ad alcuni dei problemi che tale orga110 dovrà affrontare nel campo puramente economico. Il programmatore, in queste pagine, ha sia un ruolo tecnico che un ruolo politico. Per quanto è possibile, tuttavia, si cercherà di tenere distinte le due funzioni. Si parlerà, qui, di un sistema economico ad economia di mercato. Anche se, nell'esemplificare, si ricorrerà più volte al caso italiano, le osservazioni contenute in queste pagine l1anno carattere più generale. TIPI DI PROGRAMMAZIONE ECONOMICA Vari tipi di programmazione sono oggi usati in molti paesi ad economia di mercato. Di questi, verranno trattati qui solo i casi più rappresentativi. A grandi linee, si possono individuare tre principali forme di programmazione 2 • a) P,:_ggrammoz.ione di breve periodo. Si vuol chiamare in tal ~ modo il sistema seguito principalmente dalle nazioni anglo-sassoni, in 1 Ministero del Bilancio, Appendice alla Relazione Generale sulla Situazione economica del Paese, 1962. 2 Una esposizione completa dei vari metodi di programmazione si trova in J. Tinbergen, Economie Policy: Principles and Design, Amsterdam, 1956. 20 Bibliotecaginobianco

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