Nord e Sud - anno VIII - n. 16 - aprile 1961

Rivista mensile diretta da Francesco Compagna GIUSEPPE CIRANNA, Dopo Milano UGo INDRio, L'articolo 39 e l'unità sindacale VIRGILIOANDRIOLI, L'agitazione degli avvocati SERGIOBERTELLI, Incunaboli del nazionalismo - VINCENZOToMEO, Problemi comunitari e atteggiamenti individuali LA REDAZIONE, Una « nuova » Università nel Mezzogiorno e scritti di VITTORIO DE CAPRARIIS, FRANCESCO COMPAGNA, FEDERICO FRASCANI, GrosEPPE GALAsso, ERNESTO MAZZETTI, PIERGIOVANNI PERMOLI, STEFANORonoTÀ, ANTONIOVITIELLO ANNO VIII • NUOVA SERIE • APRILE 196.1 · N. 16 (77) EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE • NAPOLI Bibliotecaginobianco ·

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NORD ESUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Bibliotecaginobianco

Giuseppe Ciranna Ugo Indrio La Redazione Virgilio Andrioli N.d.R. Ernesto Mazzetti Antonio Vitiello Stefano Rodotà SOMMARIO Editoriale [ 3] Dopo Milano [6] L'articolo 39 e r unità sindacale [ 18] Una a 1iuova » Università nel Mezzogiorno [ 25] PROPOSTE E COMMEN'rI L'agitazione degli avvocati [ 41 l GIORNALE A PIO VOCI Dopo la legge sulle aree i1idustriali [ 47] l « misteri >) del sottosuolo e i crolli a N apoli [ 49] Evasione e sottosviluppo (52] Cronaca delle istituzioni [ 55] Francesco Compagna' Ricciardetto e la questio1ie m.eridio11,ale [59] INCHIESTE Giuseppe Galasso Istruzione professionale e iridustria in provin.- cia di Napoli (II) [61] GIORNALI E RIVISTE Sergio Bertelli lricunaboli del naziotialismo (75] RASSEGNE Vincenzo Torneo Problemi com·uriitari e atteggiamenti individuali [94] CRONACHE E MEMORIE Federico Frascani Corraclo Alvaro a Napoli [1101 Uoa eopia L. 300 - Estero L. 360 Abbonarnenti Sostenitore L. 20.000 llalia annuale L. 3.300 1emeatrale L. 1. 700 E,tcro annuale L. -1.001 1eme1trale L. 2.200 Effettuare i vcraamenti auJ C.C.P. 6.19585 intc,tato a Ed. Scientifiche Italiane S.p.A. Via Roma, •o, Napoli Bibiiotecaginobianco CRONACA LIBRARIA [ 122] DIREZIONE E REDAZIONE: Napoli - Via Carducci, 19 - Telef. 392.918 Abbonarnenti, distribuzione e pubblicità: EDIZIONI SCIENTIFICHE rrALIANE - S.p.A. Via Roma, n. 406 - Napoli .., telef. 312.540 - 313.568

Editoriale In un intervento alla « tavola rotonda>>promossa da « Tempi moderni » per vagliare fino a che punto nel corso degli ultimi venti anni si sono « modificati » in Italia ideali e valori, dopo aver cercato di interpretare le « modificazioni » intervenute rispetto alle posizioni dei meridionalisti democratici, quali erano nell'immediato dopoguerra e quali so·no oggi, siamo ancora una volta tornati sul problema del meridionalismo come chiave dell'apertura a sinistra. E in,fatti, se l'apertura a sinistra rappresenta a Milano e a Firenze itn considerevole passo avanti, essa è urgente e indispensabile a Napoli e a Palermo. I guasti recati nel Mezzogiorno da un'apertura a destra, della quale si potrebbe dire che dura da un, secolo, sono tali che fra non molto ne potrebbe derivare una situazione irrimediabile: sia nel senso di una definitiva sterilizzazione dei mezzi fin qui destinati alla politica meridionalista, sia nel senso che risulterà impossib·ile il raddrizzamento di realtà amministrative locali gravemente pregiudicate. Quariti sono i democratici che si rendono conto di tutto ciò? Non tutti, e forse rion molti, a giu,dicare da ciò che si è detto, e da ciò che non si è detto, prima, durarite e dopo il Congresso dei socialisti: dai socialisti e non soltanto dai socialisti . . Per quanto concerne i socialisti a congresso, non si può non deplorare che intorno alla crisi in Sicilia non si sia farmata una relativa -unanimità ci-intenti per facilitare i apertura a sinistra nell'isola. Ct è stato perfino un congressista, deputato del PSI alf assemblea regionale, che non ha trovato nulla di meglio da proporre e ha parlato quindi di rilancio del milazzismo. Nè sembra che, fra le molte preoccupazioni espresse dall'on. Lombardi e dai suoi amici, vi fosse anche quella di indicare, per oggi e non per domani, una· via d:u, scita democratica al Mezzo·giorno che si dibatte nella palude dell'apertura a destra. D:,altra parte, in campo democristiano, per Palermo, dove r apertura a sinistra sarebbe fin. d'ora possibile, si pensa a una soluzione di 3 Bibliotecaginobianco

\ tipo più o m.eno doroteo (apertura a destra senza dirlo), mentre per Napoli, dove si tratta di lavorare per preparare l'apertura a sinistra, si lascia che i dirigenti locali si sbizzarriscano a trafficare nei corridoi municipali, alcuni per addivenire, in vista dei fondi della legge speciale, a una vantaggiosa combinazione con Lauro e la sua consorteria, altri per condurre a buon fine una vasta retata di consiglieri-squillo,, ai danni del PDI, ulteriorrnente indebolito dopo le non edificanti vicende del suo congresso romano (quando invece è ormai evidente che, ad una chiara presa di posizione delle forze democratiche e ad un comportamento coerente della DC napoletana, non potrebbe non seguire, più prima che poi, un ulteriore e definitivo declino del cosiddetto « fenomeno Lauro· » ). Ma cosa significa in realtà clie la questione meridionale oggi si pone più che mai sul piano politico? Cosa significa che una svolta politica nel Mezzogiorno è urgente e i1idispensabile ai fini di una eff ettiva stabilizzazione della situazione politica e ai fini di un « balzo in avanti>>,come suol dirsi, di tutta la società italiana? Significa anzitutto che bisogna rendere inoffensivi i liberisti che dal centro bloccano la politica di sviluppo e che pretendono di far valere l'indirizzo del « tempo lungo>>,se non addirittura i punti di vista espressi dalla signora Lutz. Ma significa anche che si devono rendere inoffensive le destre che operano ancora nel Mezzogiorno; e che la situazione politica meridionale, sia ai livelli delle ammi1iistrazioni locali, sia ai livelli del sottogoverno, deve essere bonificata, deve essere spostata a sinistra, deve essere corretta in modo tale da risultare assai più omogenea di qua.nto non lo sia stata finora nei confronti della politica meridionalista: non si è mai rifiettuto abbastanza sul fatto che ravvio della politica meridionalista negli anrii cinquanta ha più o meno coinciso con I'apertura a destra nel Mezzogiorno; non si è mai voluto prendere atto dell'impossibilità di poter condurre avanti una politica di sviluppo se il potere locale è distribuito fra gruppi e correnti politiche la cui caratteris!ica, quando non consiste nel camaleontismo politico e nella malforrnazione civile (Lauro, Maiorana, ecc.), consiste nella tenace volontà di limitare malthusianamente il costo dello sviluppo ( « franchi tiratori >>, « uomini di coscienza >>, ecc.). Quando si parla di destra nel Mezzogiorn.o, è necessario uno sforzo di chiarezza. C'è la destra ufficiale - tipo PDI - che è in liquidazione dal punto di vista elettorale. Si deve evitare che - com, è avvenuto tante altre volte - essa possa salvarsi dalla liquidazione anche 4 Bibliotecaginobianco

politica, grazie alle operazioni-squillo che la destra non ufficiale, la destra meridionale della DC, dorotei spesso non esclusi, va già macchinando: come operazioni di salvataggio, appunto, nei confronti di un personale politico che invece deve essere messo da parte perchè irrimediabilmente infetto. Circolano non poche voci di operazioni-squillo in corso e sembra che qua e là molte situazioni amministrative minori si vadano risolvendo proprio con trasferimenti di elementi eletti in liste monarchiche (e magari perfino del MSI) nei gruppi della DC; si parla perfino - e sarebbe per la destra della DC una copertura che poi autorizzerebbe ogrii audacia trasformistica - di un eventuale ingresso nella socialdemocrazia degli esponenti di u.na presunta corrente di sinistra del PDI. È appena necessario dire che una operazione come quest'ultima, anche se fasse sollecitata dalla creazione di qualche nuova possibilità di carattere parlamentare, recherebbe un grave discredito alla socialdemocrazia; onde sarebbe auspicabile una presa di posizione pubblica da parte del PSDI, per impedire che continuino a circolare voci che denunciano l'esistenza di pressioni, se non addirittura di sondaggi; tanto più clie tali voci potrebbero essere fatte circolare proprio allo scopo di coprire i tentativi di operazioni-squillo che la destra meridionale della DC va promuovendo anche al fine di reclutare rinforzi per certe battaglie di partito. È necessario che i democristiani, da Moro_ a Donat Cattin, da Fanfani a Colombo, dai fiorentini che fanno capo a « Politica » ai milanesi che hanno condotto in porto la prima apertura a sinistra, si pongano seriamente il problema di questo tumore che la destra meridionale della Democrazia Cristiana rappresenta all'interno del partito di maggioranza. Non vale dire clie è una questione che riguarda soltanto la Democrazia Cristiana; è una questione che deve risolvere la Democrazia Cristiana, ma che r-iguarda tutti i democratici. Non si fa una politica meridionalista quando il potere locale è nelle mani di Lauro o di Maiorana; ma non la si fa. neanche quando è nelle mani di De Martino e di Foderaro. 5 Bibliotecaginobianco

Dopo Milano di Giuseppe Ciranna Alla vigilia del 34° congresso del Partito socialista italiano abbiamo sentito spesso affermare - da parte dell' on. Nenni e di numerosi osservatori politici - che l'assem-blea di Milano non avrebbe riservato novità o sorprese; e la previsione era fin troppo facile, nel senso che si potevano tranquillamente ritenere scontate, dopo i rjsultati dei congressi provinciali, tanto la vittoria della corrente autonomista che l'acquisizione definitiva ,del partito tra le forze democratiche. Non per questo, tuttavia, era minore l'interesse degli ambienti politici italiani per la grande assise di Milano, chiamata a giudicare, in t1n'atmosfera meno drammatica del solito, ma non perciò priva di tensione e di vivaci contrasti, due anni difficili della vita del partito e del paese. Si sapeva, infatti, cl1e la maggioranza avrebbe dovuto non solo approfondire ulteriormente, in polemica con gli oppositori di sinistra, la posizione ideologica del partito, bensì anche chiarire il significato di certi atti politici, di certe scelte compiute dopo il congresso di Napoli; e ciò bastava a richiamare su Milano l'attenzione del n1ondo politico e della stampa, degli ambienti amici •e di quelli avversari. Per i socialisti si trattava di far sapere come giudicano, nella prospettiva dell'azione politica futura e in rapporto con i problemi della realtà italiana, i 1Jrimi risultati del cosiddetto dialogo con i cattolici, e che significato attribuiscono alle prime prove di collaborazione con gli altri partiti democratici sul terreno amministrativo e st1 quello parlamentare (dall'atteggiamento assunto dopo i fatti di luglio nei confronti del governo delle cc convergenze parallele » alla qt1estione delle giunte difficili); si trattava, in definitiva, di precisare se, e in quale misura, il PSI considera queste prove come l'inizio di un processo irreversibile; se, e in quale misura, essi propon6 . Bibliotecaginobianco

gono nel presente la propria « disponibilità » per le grandi riforme di struttura. L'attesa per le risposte a cui era chiamato il congresso era quindi vivissima; e benchè si potesse facilmente prevedere che la maggioranza autonomista avrebbe dif.eso la sua azione passata per inserire il partito nello schieramento di centro-sinistra e porlo a contatto con i problemi immediati della realtà italiana (su questa azione si concentravano le critiche degli oppositori con maggiore intensità), ci si attendeva una indicazione più precisa non tanto circa l'atteggiamento attuale del partito nei confronti •dei comunisti quanto circa l'atteggiamento nei confronti della Democrazia cristiana: che è come dire sulle prospettive dell'azione politica futura. Su questo punto, ci sembra, il congresso ha fatto conoscere la sua opinione in maniera chiara e convincente; e l'indicazione che se ne ricava è da ritenersi senz'altro positiva se si considera che è stato compiuto un decisivo passo in avanti rispetto al congresso di Napoli dove, come è noto, i socialisti si fermarono a 1nezza strada, tra l' affern1azione dell'autonomia del partito e della sua volontà di partecipare alla responsabilità della direzione politica dello Stato e il rinvio dell'assunzione diretta di questa responsabilità a te1npo indeterminato, al momento in cui il PSI avrebbe potuto porsi come ((a]ternativa » alla DC. I socialisti, a quanto se1nbra, non intendono ripetere l'errore di Napoli e dimostrano di aver capito la lezione delle cose: la loro riluttanza a favorire subito - come si chiedeva dai gruppi della sinistra democratica più consapevoli ai tempi del congresso di Napoli - l'incontro con le altre forze democratiche, laiche e cattoliche, su di un terreno di franca intesa politica, l1a già giovato una volta alle manovre della destra reazionaria, ha già fatto correre trop1)i riscl1i al 11aese perchè i dirigenti del partito non avvertissero ln necessità di correggere certi atteggiamenti passati, massimalistici e astratti. Ha rilevato l' onorevole Oronzo Reale, commentando su cc La Voce Repubblicana » i risultati del congresso di Milano, che ormai, da parte dei socialisti, « dall'alternativa si passa a una prospettiva di collaborazione con altre forze democratiche; cioè si passa concretamente all'accettazione, anche teorica, della politica di centro-sinistra »; e su questo giudizio si può tranquillamente concordare, tanto più che l'on. Nenni per giustificare l' evoluzione dei socialisti, ha voluto ricordare proprio i rischi a cui il paese andò incontro, nell'estate scorsa, per il fatto che non tutti i democratici 7 Bibliotecaginobianco

(e taluni ambienti socialisti fra questi) erano consapevoli della necessità di non lasciare sguarnito il campo del centro-sinistra. L'autocritica, quando serve a correggere gli errori, è sempre un fatto positivo; al congresso di Milano ci si è resi finalmente conto che non si poteva rimanere a lungo irretiti nell'astrattezza di una formula, quella dell'alternativa, che prometteva molto per un futuro ipotetico e lontano, e si disinteressava di un presente incalzante con i suoi mille problemi e i suoi mille pericoli, e che a questa formula bisognava dare un contenuto nuovo e un nuovo significato. Ora, dopo quanto si è detto e deciso a Milano, nessuno, ci sembra, può dubitare che ci sia stata una evoluzione dell'atteggiamento dei socialisti circa il dovere che è proprio di ogni gruppo o partito politico di assumersi subito la responsabilità del presente. Il PSI, o meglio - se si preferisce - la sua maggioranza autonomista, ha resistito alla tentazione, tradizionale per i socialisti, di suggerire soltanto mete finalistiche, schemi di azione futura, malgrado non abbia saputo rinunciare, nella definizione della svolta politica operata, al termine « alternativa >>, consacrato dall'uso e dall'abuso che se n'era fatto nei ,due congressi precedenti, e sul quale - a quanto parerisulterebbe più facile ristabilire almeno a parole una certa unanimità fra le varie correnti del partito. Ma, tant'è, si tratta di un termine che cambia di significato e di contenuto da un congresso all'altro, da una corrente all'altra. Al di là del terrnine, pertanto, e delle so,ddisfazioni forma li che un politico accorto come l'on. Nenni ha ritenuto di dover concedere ai suoi oppositori e alla nuova classe dei chierici che si disloca un po' dovunque nel PSI, rimane il fatto che a Milano la linea del segretario del partito, senza perdere molti consensi, si è potuta attestare responsabilm,ente su di una piattaforma di realismo politico, depurata di quanto di astratto, di velleitario e di massimalistico essa ereditava dal congresso di Napoli. E in politica, si sa, quel che conta è di sapere che cosa un partito intende fare e in che direzione cammina rispetto ai problemi che via via vengono posti dalla realtà del paese. All'attenzione del congresso, infatti, era stato posto un problema di definizione del posto dei socialisti rispetto al processo in atto nel paese e che spinge irresistibilmente le forze democratiche verso uno schieramento di centro-sinistra, considerato a ragione come l'unico strumento capace di avviare, nell'attuale congiuntura politica e nel futuro, un progresso effettivo della società politica e civile a tutti i livelli. Perciò bisognava che il congresso, più che porre le condizioni per una politica 8 Bibliotecaginobianco

di centro-sinistra - cosa del resto legittima e necessaria per un partito che ha da far valere aspirazioni e interessi della sua base proletaria - desse una indicazione sulle alleanze ritenute idonee a realizzare una tale politica. La risposta ora è venuta, pur circondata dai « distinguo » e dalle cautele suggerite dalla situazione interna del partito, ed è venuta proprio sulla questione delle alleanze, sul punto cioè che interessa di più le altre forze democratiche. All'indomani del congresso, infatti, gli ambienti politici italiani e la stampa hanno dovuto esaminare i risultati del congresso socialista alla luce dei riflessi che potranno avere sulla situazione politica italiana; e, come era prevedibile, c'è stato chi, preoccupato della sorte del governo e della politica delle « convergenze parallele », ha argomentato che proprio su questo punto non si potevano registrare dopo Milano novità sostanziali, o comunque tali da suggerire che si accorciassero i tempi delr operazione politica che deve portare ad uno schieramento di centro-sinistra. Ma anche da parte dei critici più prevenuti nei confronti dei socialisti non si è potuto mettere in dubbio che ora esistono tutte le premesse per un dialogo, promettente di sviluppi, tra il PSI e le altre forze democratiche ivi compresa la Democrazia cristiana. Questa convinzione, generale fra gli osservatori politici e gli ambienti della sinistra democratica, ha esasperato le critiche dei nostalgici del centrismo, del PLI e della destra democristiana; e si è tentato di svalutare la portata di quello che a noi sembra il dato più positivo dei risultati del congresso: il riconoscimento, da parte di un'assemblea socialista, che il « dialogo » con i cattolici non può prescindere dall'esistenza della organizzazione politica delle masse cattoliche, con la quale in definitiva bisognerà fare i conti, senza velleità di appellarsi direttamente alla base. Si è tentato di giustificare, inoltre, la necessità di un ritorno al centrismo col pretesto che il PSI non avrebbe posto scadenze precise per un suo eventuale inserimento organico nella maggioranza o addirittura nel governo. Ma, a nostro giudizio, da parte degli ambienti democratici, ci si deve ritenere paghi del fatto che il PSI abbia ribadito la· propria volontà di fornire un appoggio esterno - sul terreno parlamentare - a quella nuova maggioranza che scaturisse dalla evoluzione della situazione politica del paese e che intendesse impegnarsi « su di un programma costituito da obiettivi concreti e da precise scadenze, tali da giustificare una svolta a sinistra nella politica del paese J) (sono le parole della mozione finale). In sostanza, il PSI non 9 Bibliotecaginobianco

ha fornito gli alibi che sarebbero serviti agli oppositori del centrosinistra per perorare la causa di un ritorno al centrismo. Va da sè che le cautele del PSI - riscontrabili nella mozione approvata dal congresso - non sono state .dettate tutte ed esclusivamente dalla delicatezza dell'attuale congiuntura politica, la qt1ale comunque consiglia, anche alle altre forze democratiche, di rinviare ad altra data il problema del governo e della nuova maggioranza (il problema non è maturo neppure per la Democrazia cristiana, divisa com'è fra la politica di Moro e di Fanfani e quella dei dorotei, degli andreottiani e dei tambroniani, fra una sinistra e una destra parimenti agguerrite e parimenti decise a non cedere agli avversari interni, fra una prospettiva di centro-sinistra e i ritorni di fiamma per esperienze e soluzioni anacronistiche e condannate dalla coscienza popolare); ma i te1npi di un rilancio della grande operazione politica di centro-sinistra, sempre su) punto .di concretarsi e sempre rinviata da due anni a questa parte, e t tempi di un processo di inserimento organico del PSI nella nuova maggioranza (poco importerebbe se tale inserimento dovesse avvenire nelle forme suggerite dall'assemblea di Milano) potranno ormai benissimo coincidere, dal momento che a Milano sono cadute molte di quelle preclusioni che limitavano la libertà di movimento del Partito socialista. Perchè ciò avvenga, molto dipenderà dall'atteggiame11to e dalla volontà della Den1ocrazia cristiana e degli altri partiti della sinistra democratica, molto dipenderà, soprattutto, dalla capacità di manovra della nuova direzione socialista, dal modo in cui interpreterà il mandato conferitole al congresso: sono cose ovvie e risapute, ma ogni tanto giova ricordare ch·e certe decisioni non spettano ad un congresso, ma all'organo che dovrà tradurre in concreta azione politica le scelte di indirizzo che si fanno in quella sede; e gìova ricordare altresì che negli ultimi due anni la direzione socialista ha dimostrato di saper fare l'uso più largo del man·dato congressuale, di saperlo interpretare oltre la lettera e in rapporto con le mutevoli esigenze della sitt1azione politica generale. Avverrà la stessa cosa anche per il futuro? È la domanda che abbiamo sentito ripetere spesso in questi giorni. A volte è una domanda retorica, ed implica già una risposta negativa; ma, quando non è avanzata da persone che nutrano una avversione pregiudiziale nei confronti del PSI, essa rivela una persistente preoccupa~ione per la situazione interna del Partito socialista. Chi la formula non si na10. Bibliotecaginobianco

sconde che alla mozione finale si è giunti dopo cinque giorni di acceso dibattito, e che nel corso della discussione congressuale il divario ideologico tra maggioranza e minoranza è apparso più profondo che mai; ed ha più di un motivo per ritenere che la maggioranza autonomista non sia tutta omogenea, non intenda sempre le stesse cose alla stessa maniera, sia divisa nell'interpretazione di certi fatti e nel giudizio sulle altre forze politiche che dovrebbero concorrere alla attuazione di una politica di centro-sinistra. Molti, in sostanza, temono che ad un pragmatismo nenniano una parte della maggioranza opponga una linea ideologica più rigida, con conseguenze ritardatrici sul processo di inserimento del PSI nel movimento cli centro-sinistra: tra gli aspetti positivi del congresso, questo sarebbe il lato negativo, l'elemento nuovo che consiglia di andar cauti nel prevedere gli sviluppi della politica socialista. Certo, a guardare il congresso oltre il risultato immediato, e considerando le -discussioni che lo hanno preceduto e i discorsi dei singoli esponenti, non si può dire che questa preoccupazione sia ingiustificata. D'altro canto non vogliamo esagerare sulle differenze di tono e di atteggiamento - peraltro facilmente rilevabili - che esistono tra i principali esponenti della maggioranza autonomista, differenze su cui insistono per un verso i comunisti, per ragioni evidenti, e, per un altro verso, all'estremo opposto, la destra clericale e moderata, che ha tutto l'interesse a dimostrare una pretesa « immaturità » dei socialisti per ricacciarli nell'isolamento e nell'immobilismo dell'opposizione insieme con i comunisti. Se però si trascurasse del tutto che ancora troppo esiguo è il margine di cui dispone per la sua maggioranza la corrente autonomista, e se non si tenesse presente che una eventuale frattura - una incrinatura, se si vuole - nella maggioranza potrebbe ritardare lo svolgimento coerente dell'azione politica - di inserimento nello schieramento di centro-sinistra - auspicata dal congresso, si peccherebbe evidentemente di eccessivo ottimismo e si rischierebbe di trovarsi impreparati, in un futuro più o meno lontano ad eventualità che potrebbero essere improbabili, ma non impossibili. Donde prendono consistenza le preoccupazioni per una eventuale incrinatura della maggioranza autonomista? Anzitutto da alcune battute della discussione ideologica che ha occupato gran parte dei lavori del Lirico. Perchè è vero che nel quadro della evoluzione del socialismo italiano talune affermazioni del congresso devono considerarsi decisive (il distacco dai comunisti è stato ribàdito, efficacemente, 11 Bipliotecaginobianco

non solo e non tanto per ciò che riguarda le differenze di metodo, di tattica e di strategia della lotta politica, bensì per ciò che attiene soprattutto ai fini propri del socialismo, al suo contenuto libertario e democratico che lo rende inconciliabile con le dottrine comuniste, con la teoria della dittatura del proletariato e dello Stato-guida); ma è vero anche che troppe voci si sono levate ad echeggiare residui massimalistici e una persistente inclinazione alle formule e alle analisi astratte. Molte di queste voci non appartenevano al settore della sinistra carrista e dell'on. Basso; ed ha destato perplessità il modo in cui taluni esponenti autonomisti hanno svolto l'analisi, l'autocritica se si preferisce, della politica del partito nel periodo entre-deux-guerres e nella fase frontista del dopoguerra. La quale autocritica è stata convincente e quasi senza residui nella relazione e nella replica finale dell'on. Nenni; non è stata altrettanto chiara negli interventi di altri qualificati leaders della maggioranza. La differenza di toni e di atteggiamenti che si è potuta notare nelle posizioni di alcuni uomini della maggioranza potrà ' esorbitare dal terreno della lotta per il potere nel partito (su cui pongono l'accento gli osservatori meno imparziali del congresso), e ripercuotersi a svantaggio dell'azione politica futura per ciò che riguarda la scelta delle alleanze e l'adesione del PSI alla politica di centrosinistra? Porre il quesito è già un po' preoccuparsi di una simile eventualità. E in verità abbiamo sentito l'on. Lombardi insistere sulle tare della Democrazia cristiana e sulla incapacità del maggior partito italiano a svincolarsi dalle posizioni di immobilismo conservatore a cui lo costringono le pressioni interne ed esterne della sua ala conservatrice e dello schieramento più reazionario del mondo cattolico. Il leader autonomista ha tenuto a precisare che nei riguardi della D. C. deve adottarsi una impostazione diversa da quella che andava sotto il nome di « apertura a sinistra». L'apertura era la piattaforma dei tempi in cui il PSI scontava le conseguenze delle varie sconfitte subite dalla classe operaia (nella fase frontista della politica del partito, specialmente); in una fase di rafforzamento del PSI, quale sarebbe secondo Lombardi quella attuale, i socialisti devono invece chiedere di più alla DC : devono condizionare una eventuale collaborazione a una impostazione programmatica di contenuti tali che costringa la Democrazia cristiana a rompere con le forze conservatrici interne ed esterne allo schieramento politic(? cattolico. In ciò sarebbe il senso della « .svolta 12 Bibliotecaginobianco

·a~sinistra,,, del passaggio dalla politica di apertura a sinistra,· interrotta a Venezia e non più sufficiente, alla nuova impostazione socialista. Così formulato, il pensiero dell' on. ·Lombardi (anzi la « posizione Lombardi », di cui parlano non solo gli avversari, ma gli stessi amici ·del leader autonomista) non si discosterebbe di molto· da quello del1' on. Nenni e della segreteria del partito, salvo che per una più· accentuata preoccupazione, a cui il deputato siciliano si mostra sensibile, di offrire una ·interpretazione della politica seguita negli ultimi due anni dal partito che non sia pregiudizialmente respinta dalla minoranza. Sul piano della tattica, questo atteggiamento si spiega come rispondente alle necessità della convivenza fra le varie correnti e alla preoccupazione di far avanzare un partito che trascina con sè una pesante eredità di risentimenti, senza che esso perda i consensi e la fiducia di tutta una parte della base sensibile alle pressioni del Partito comunista e senza che si verifìcl1ino lacerazioni profonde con la si~ nistra; cercando, in definitiva, di mantenere ir1tatte le forze socialiste per non indebolire il nuovo corso scelto dalla maggioranza. E dal punto di vista della legittimità della richiesta sui contenuti progra1nmatiéi nuovi ed avanzati che dovrebbero garantire e qualificare il rapporto politico con la Democrazia cristiana, si può senz'altro esser. d'accordo con l'on. Lombardi, quando si considerino i rischi di un'alleanza con la DC, partito troppo composito su cui convergono troppi interessi della destra economica. Del resto la sinistra democratica laica - e, possiamo aggiungere, la stessa sinistra cattolica - non ha mai ritenuto che l'apertura dovesse ridursi ad una mera operazione di schieramento, bensì l'ha sempre concepita come una svolta politica da caratterizzare con nuovi programmi e con la necessaria rottura con le forze conservatrici del paese, laiche o cattoliche che fossero. Vi sono, per la sinistra democratica non meno che per i socialisti, delle condizioni irrinunciabili, delle richieste da far valere senza cedimenti e senza ulteriori concessioni perchè l'inçontro con i cattolici su di una piattaforma di franca intesa democratica abbia significato e si' traduca in effettivo progresso per il paese. Sul piano della opportunità tattica all'interno del partito, e sul piano della serietà e della ragionevolezza delle richieste per la « svolta a sinistra », nulla, dunque, da obiettare. Mà se la posizione dell' on. Lombardi e le sue cautele vengono interpretate alla luce di quella operazione di cui alla vigilia del congresso si diceva che fosse nei.suoi disegni, operazione la quale, a quel che ne ha scritto a: L'Espresso », un setti13 Bibliotecaginobianco

manale che non ha mai nascosto le proprie simpatie nei confronti del partito socialista, avrebbe ispirato la strategia della maggioranza e condizionato i rapporti fra il segretario del partito e l'autorevole leader autonomista, l'accentuazione da parte di quest'ultimo del pessimismo sulla capacità dell'attuale gruppo dirigente democristiano a contrastare le pressioni della destra, nonchè l'aumentato prezzo che i socialisti do- . vrebbero richiedere per una politica, non più di pura e semplice apertura, ma di autentica svolta a sinistra, acquisterebbe un diverso significato. L'on. Lombardi avrebbe mirato sempliceme11te a porre le premesse per rilanciare a scadenza più o meno lunga i tennini di un' operazione rientrata al congresso di Milano: l'operazione con la quale si vorrebbe favorire il recupero di almeno una parte della sinistra socialista alla politica della maggioranza. Insomma avrebbe fatto capire che la m~ggioranza autonomista dovrebbe porsi pri1na un problema di allargamento della propria influenza nel partito, in un secorido tempo le questioni di schieramento e di collaborazione verso le quali si mostrerebbe troppo sollecito l'on. Nenni. In una tale prospettiva si giustificherebbe la propensione di una parte degli autonomisti per una direzione unitaria, nonchè il più rigido « neutralismo » i11politica estera. Non sappiamo fino a che punto si può far credito a coloro che pongono l'accento sui contrasti di opinione che esisterebbero tra i leaders autonomisti e che preluderebbero a divergenze circa i compiti ,e le scelte future della direzione; nè quindi è facile rendersi conto se ha ragione « La Voce Repubblicana 1>, la quale non dà eccessivo peso a quel che si è detto e scritto in proposito (pur rilevando, molto opportunamente, l'astrazione romantica del « neutralismo di Lombardi », contrapponendolo alla più moderna e concreta posizione di Nenni circa il · dovere della partecipazione del PSI ai movimenti europeistici e a quegli organismi europei che - val la pena di ricordare - sono istituzioni del mondo occidentale), o quegli altri interpreti - alcuni di parte radicale - i quali hanno insistito su di un possibile « rimescolamento di carte ,, all'interno del PSI, attribuendo l'intenzione di farsene promotore all'on. Lombardi. È certo però che se taluni leaders autonomisti si ··propongono _di perseguire il raggiungimento di un diverso equilibrio interno fra le correnti socialiste, magari per recuperare la fiducia di una parte della minoranza, sarà opportuno valutare fìn d'ora il probabile costo di una tàle manovra non soltanto sulla base degli equivoci che introdurrebbe nel seno della stessa corrente autonomista, bensì anche 14 Bibliotecaginobianco

sulla base delle difficoltà che potrebbero sorgere nel dialogo con la Democrazia cristiana e con altri partiti della sinistra democratica. Non ci si deve nascondere, infatti, che, in questo caso, la maggioranza autonomista dovrebbe caricarsi di buona parte della eredità di durezze ideologiche, di inibizioni, di sentimenti e di risentimenti che è caratteristica della sinistra del PSI; dovrebbe, per venire incontro alle esigenze della minoranza, far mostra di ap.prezzare il fondamento di certe vocazioni abitudinarie che quest'ulti1na reca con sè dai tempi in ·cui il partito vegetava nell'immobilismo dell'alleanza frontista e resisteva alla prospettiva di prendere il proprio posto nel movimento - per "Usarel'espressione di Nenni - di rinnovamento della vita democratica ·del paese: dovrebbe, insomma, continuare ad indulgere a quel massimalismo ostile soprattutto alla socialdemocrazia di cui si è fatto abuso ·al congresso di Milano un po' da tutti, e assumersi il peso permanente di un certo dottrinaris1no astratto, inadeguato a capire i termini reali i~ cui si pongono, nella società moderna, i problemi dello sviluppo degli istituti di libertà, 110npiù soprastruttura borghese n1a conquista e garanzia di progresso del movimento operaio (Diremo, fra parentesi, che al passivo del congresso è da ascrivere la timidezza con cui sono state ·affrontate fond_amentali questioni ideologiche malgrado lo sforzo di alcuni di apparire « moderni »; timidezza forse dovuta alla preoccupazione di distinguere a tutti i costi quello che è stato chiamato il carattere « terzo » del socialismo italiano, di giustificare l1na linea di sviluppo nella politica del PSI, il quale ha invece più errori da correggere che meriti da rivendicare almeno per ciò che co11cerne un passato non tanto lontano, e di rendere meno evidente l'anomalia di un socialismo nostrano estraniatosi troppo a lungo dalle fondamentali esperienze del socialismo democratico europeo). Ma, in tal caso, se la polemica interna potrà risultare attenuata. non si potrà evitare un appesantimento della situazione. generale e un indebolimento dell'azione socialista verso l'esterno, proprio quan-do il PSI dovrebbe marciare con maggiore speditezza e recuperare gran parte del tempo perduto. Percl1è non avrebbe senso parlare ,di co1lo- ·cazione autonoma del socialismo in una linea generale di sviluppo delia ·società italiana se non venissero compiuti, e subito, quei passi che ·possono consentire il superamento della crisi attuale e in concreto, la soluzione di centro-sinistra al problema del governo e della direzione politica del paese. Del resto, il pericolo di una involuzione del partito socialista (nel i5 Bibliotecaginobianco

senso che esso potrebbe trovarsi ancora una volta paralizzato e impossibilitato a dare prospettive politiche alla sua linea ideologica) è reale e rimane anche dopo la conclusione dei lavori del congresso di Milano; ed è stato ricordato recentemente anche dall'on. Nenni, il quale, in un articolo di « commento ai commenti» sul congresso, ha posto l'accento sul processo critico ed autocritico iniziato col congresso· di Venezia e conluso - com'egli ritiene - a Milano; ma, ha poi aggiunto, un tale processo « non è stato facile, e naturalmente quanto è stato fatto non è al riparo di sempre possibili ritorni di fiamma di posizioni ormai superate e liquidate ». Ora, se questo pericolo esiste, è chiaro anche a chi spetta il compito di evitarlo: e sarebbe grave se l'on. Lombardi e i suoi amici sulla base delle reazioni seguite al congresso di Milano, non se ne fossero resi conto e non agissero in conseguenza. D'altra parte la parola ormai è alla nuova direzione socialista, la quale dovrà provare in concreto quale uso intenda fare della riconquistata autonomia ai fini della stabilizzazione della vita democratica del paese e dell'avanzata generale déi ceti operai. Il vero « dialogo ", si può dire, comincia soltanto ora. Ma se il compito non è facile per il PSI, non è detto che esso non presenti difficoltà anche per gli altri partiti democratici. Le prime battute del dialogo all'indomani del congresso socialista risentono troppo delle preoccupazioni di ciascun gruppo perchè possano risultare indicative di quelle che saranno le linee di sviluppo futuro della politica di centro-sinistra. A proposito della quale non bisogna dimenticare che v'è un'azione che i partiti della sinistra democratica devono esplicare nei confronti del PSI come della Democrazia cristiana, e che, se questi partiti hanno delle esigenze proprie da far valere, devono anche evitare degli errori. Nei confronti della DC va svolto fino in fondo il dialogo chiarificatore con le correnti più moderne ed avanzate, va esercitata senza soste la pressione sul gruppo dirigente che fa capo agli onorevoli Moro e Fanfani. E se ci è lecito dire ancora la nostra opinione st1 questo punto, aggiungeremo che per i gruppi della sinistra laica non vi sono problemi di definizione della propria prospettiva politica: per essi non v'è che da svolgere un'azione costante per favorire l'incontro tra tutte le forze democratiche del paese, dalla DC al PSI; in sostanza, non v'è che da facilitare l'apertura a sinistra, a tutti i livelli della direzione della cosa pubblica. Ma un simile compito impone una condotta responsabile e intelligente: non deve pertanto accadere che, per tenere eccessiva16 Bibliotecaginobianco

mente conto delle esigenze interne del PSI, si perdano di vista le esigenze, altrettanto legittime della DC e della socialdemocrazia, nonchè le proprie istanze politiche e programmatiche che non è il caso di ricordare ancora una volta. E per quel che riguarda infine l'atteggiamento da tenere nei confronti del PSDI, interlocutore necessario della politica di centro-sinistra, va sottolineata l'opportunità di abbandonare definitivamente quella pregiudiziale al tempo stesso morale e politica con la quale hanno preso ormai l'abitudine di parlarne gli esponenti del Partito socialista italiano: se1nmai c'è da ricordare a questi ultimi, tutte le volte che sia necessario, cl1e la pri1na concreta cc svolta » del socialismo in Italia, sulla via del superamento delle posizio11i massimalistiche e del rivoluzionarismo astratto, della definizione antitotalitaria della natura del socialismo e della comprensione dei problemi dello Stato e del potere in una società politica moderna, è stata segnata, in questo , dopoguerra, proprio dal movimento che fa capo all'on. Saragat, anche se per avventura spesso si è dovuto lamentare in questo movimento una deficienza di accortezza nell'impostare la propria tattica in ordine alle mutevoli circostanze della congiuntura politica e una non sufficiente preoccupazione di dare ai propri atteggiamenti tutta la necessaria dimensione ideologica in sede dj dibattito culturale. 17 Bibliotecaginobianco

L'articolo 39 e l'unità sindacale di Ugo Indrio Nelle abituali conferenze-stampa d~inizio d'anno, le confederazioni dei lavoratori hanno fornito anche quest'anno 1e cifre dei loro iscritti, secondo il tesseramento del 1960: la CGIL l1a dichiarato 3.745.000 iscritti;. la CISL 2.357.000; la UIL 1.495.000; la CISNAL 930.000. Il Segreta'rio della UIL, Viglianesi, ebbe la franchezza di aggiungere una divertente an11otazione alla cifra dichiarata: disse pressappoco: cc le mie cifre sono vere nella misura in cui lo sono quelle degli altri » . Non vi era bisogno, in realtà, della franca ammissione di uno degli interessati per nutrire il dubbio che le cifre degli iscritti alle confedera'zioni sindacali fossero tutte, quale pit1 quale meno, inflazionate. Nessuno è in grado, però, di controllare j dati sul tesseramento che forniscono i sindacati: dovrebbe farlo lo Stato, attraverso i suoi organi competenti (il Ministero del Lavoro), qualora i sindacati avessero personalità giuridica, a·cquisita attraverso la « registrazione » prevista dall' articolo 39 della Costituzione; e lo Stato dovrebbe farlo per attribuire nella composizione delle rappresentanze cc unitarie » dei lavoratori, agli effetti della stipulazione dei contratti collettivi, a ciascuna organizzazione una rappresentanza « proporzionale » ai propri iscritti. Ma, come ognun sa, l'articolo 39 della Costituzione non è mai stato tradotto in legge ordinaria. Secondo le dichiarazioni soggettive dei sindacati, i lavoratori iscritti ai sindacati stessi ascendono dunque, globalmente, a 7-8 milioni, pari ad un terzo circa delle forze di lavoro italiane. Ridimensionando - come è ra'gionevole - tale cifra, essa potrebbe scendere a 4-5 milioni di tesserati, pari ad un quarto circa delle forze di lavoro italiane: ciò significa che i lavoratori partecipano in misura relativamente scarsa alla· 18 Bibliotecaginobianco

vita sindacale, ma non significa che i sindacati non influiscano profond.amente sulla vita dei lavoratori. I sindacati dei lavoratori sono forze potenti, in Italia, come nelle altre nazioni moderne: il loro ruolo è un ruolo di prim'ordine, non solo sul terreno strettamente sindacale - della difesa degli interessi materiali dei lavoratori rappresentati - ma anche sul terreno p-olitico - come incidenza nella soluzione dei problemi di interesse generale. Ad onta di tutte le denegazioni di principio, c'è una continua interdipendenza, un continuo frammischiarsi dei due aspetti dell'attività dei sindacati, nella realtà della vita sociale italiana: non diciamo se ciò sia un bene o un male; è un fatto. Ora, sempre in linea di fatto, a tutti è noto che la CGIL, la quale è tuttora, tra le organizzazio11i sindacali, la confederazione maggioritari~ (di maggioranza però più relativa che assoluta), è un'organizzazione i cui dirigenti sono comunisti e socialisti, come sono comunisti e soci~- listi i suoi iscritti. La CISL, i11teoria, è un' orga11izzazione libera e apartitica; di fatto, essa milita all'ala sinistra: della Democrazia Cristiana, nella sua base operante, e questa coincide, grosso modo, con le ACLI, · le associazioni dei lavoratori cristiani che svolgono attività parasinda·- cale, lasciando alla CISL l'attività sinda·cale propriamente detta. La UIL è una org.anizzaione socialdemocratica e repubblicana, con acute aspirazioni a trasformarsi in sindacato socialista, una volta che i socialisti lasciassero la CGIL. La CISNAL è un sindacato di estrema destrcr, neofascista, assai povero di forze effettive, e abitualmente escluso dalle contratta:zioni collegiali. La legge sindacale non si è fatta in Italia - e non si farà ancora per un pezzo - ma il fenomeno della istituzionalizzazione dei sindacati si va allargando ogni giorno di più, in diverse forme, non sempre chiare, non sempre positive. Una' di queste è la partecipazione dei sindacati al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, prevista, nella legge istitutiva del CNEL, sotto forma di rappresentanza per settori di attività produttiva: tanti rappresentanti dei lavoratori per l'industria, tanti per l'agricoltura, tanti per il commercioJ e così. via. In totale, 23 rappresentanti dei lavoratori, i quali, così nel 1957 - prima formazione del CNEL - come nel 1960 - al suo rinnovo triennale -, sono stati distribuiti dal Governo, che aveva facoltà di vagliare le designazioni delle organizzazioni sindacali, nel 1nodo seguente : 9 membri alla CGIL, 9 alla CISL, 3 alla UIL, 1 alla CISNAL, 1 agli Autonomi (Bancari). Il Governo, valendosi del principio della rappresentanza per set19 Bibliotecaginobianco

tori, il qu.a'le esclude quello della rappresentanza globale della massa dei lavoratori dipendenti, ha potuto così pareggiare nel CNEL la rappresentanza della CISL con quella della CGIL. Che cosa accadrebbe se si attuasse l'articolo 39 della Costituzione? In quante categorie o in quanti settori non dovrebbe essere riconosciuta alla CGIL una rappresentanza proporzionalmente superiore a· quella della CISL e della UIL, separate o messe insieme? Sta i11questa domanda la ragione vera, di fatto, della scarsa sollecitudine del Governo (di tutti i governi finora succedutisi) verso la emanazione di una: legge sindacale conforme alle linee prescritte dall'articolo 39 della Carta, e la ragione dei vari tentativi di emanare leggi sindacali non conformi all'articolo 39. Ed è qui, ancl1e, la vera' spiegazione dell'accanita lotta della CISL contro l' applicazione dell'articolo 39, che per altro - è onesto rico11oscerlo - la CISL riesce a motivare con ragioni che trascendono i suoi interessi particolari e rispondono ad una concezione democratica e pluralistica della vita pubblic~, contraddetta in linea di principio dalle norme dell'articolo 39, le quali hanno un acuto sentore di retaggio corporativo, o comunque erano tagliate su misura per la CGIL unitaria, quale esisteva a11cora nel 1947, quando si discusse la· Carta Costituzionale. Lo scorso anno, la CISL ha dovuto combattere una dura battaglia proprio i11seno al CNEL, essendo rimasta in minoranza sul problema della legge sinda·cale, sul quale non la seguono nè la CGIL, nè la UIL, nè la CISNAL. Essa è arrivata ad affermare, in più di un'occasione, che chiederà la revisione costituzionale dell'articolo 39: ma è guasta una posizione disperata, per non dire che la CISL non si rassegnerà ma'i ali' attuazione dell'articolo 39. In realtà, non vi è alcuna probabilità che l'articolo 39 venga attuato, nell'odierna situazione politica e parlame11tare. La DC dovrebbe volerlo a dispetto della CISL, col rischio di una scissione nel suo seno, ed evidentemente non ha interesse a farlo. Le Sinistre, nè da sole, nè in unione - per assurdo - con le Destre, sarebbero in grado a loro volta di promuovere l'emanazione della legge sindacale. Le cose si trascineranno dunque per un pezzo, nell'attuale condizione, fino a quando non interverranno fatti nuovi, modificativi delle situazioni esistenti: e non si vede, per il momento, quali potrebbero essere. È facile capire che sia la CISL sia la UIL pensano, a questo riguardo, ad una possibile scissione della CGIL, con l'uscita dei socialisti dalla confederazione « rossa », e con la forma1zione di una nuova confederazione in cui potrebbero confluire gli attuali iscritti alla CISL, 20 Bibliotecaginobianco

alla UIL e i socialisti della CGIL. Ma, in realtà, i soc.ialisti non sembrano, oggi, essere disposti ad uscire dalla· CGIL : nella CGIL, essi assumono di essere presenti per motivi di fedeltà alla classe lavoratrice, e di operare in guisa da mantenere l' azio·ne della confederazione entro il binario sindacale, contrastando la pressione dei comunisti a fare invece della CGIL una cinghia di trasmissione del PCI. i;: dubbio che i socialisti riescano in questi intenti, ma è importante che essi si sforzino di farlo. Uscendo dalla CGIL, oggi come oggi, i socialisti potrebbero rischiare di perdere il contatto con le larghe masse operaie e contadine, e di confondersi con i socialdemocratici, che non hanno alle spalle un forte sindacato. Supposto infatti che la CGIL abbia ancora oggi i 4 milioni di iscritti circa che vanta· quanti di essi seguirebbero i socialisti? Non si correrebbe il rischio di lasciare immutata la forza attuale della CGIL senza riuscire a costituire una forza adeguata di lavoratori organizzati fuori della CGIL? E come dimenticare che i contrasti tra CISL e UIL sono a volte più netti e profondi di quelli tra la CGIL e la CISL? In realtà, è probabile che l'avvenire ci riserbi una tripartizione delle forze operaie e contadine secondo il loro colore politico (comunisti, socialisti, cattolici), quale oggi si vede in Francia. Ma se ciò deve essere, è bene che avvenga quando il processo di autonomia dei socialisti dai comunisti sia pervenuto a piena maturazione e sia diffusamente sentito anche nella classe lavoratrice, in modo che il partito socialista non cessi di essere quello che deve essere, e cioè un partito di lavoratori, un partito di masse. A questo punto, è giocoforza ammettere che l'ardito proposito dell'on. Pastore, fondatore della CISL, di raccogliere intorno al sindacato libero la maggior parte delle forze lavoratrici italiane, distogliendole dalla CGIL, e organizzandole in un sindacato autonomo dai partiti, dal Governo, dai padroni, deve oggi considerarsi un tentativo fallito. Esso raggiunse il suo apice intorno al 1954-55, e poi entrò subito in fase declinante. Non si fa una insinuazione, ma un commento amaramente obbiettivo, se si dice che l'on. Pastore lasciò due anni or sono 1~ CISL, alla quale aveva dato il meglio di sè, non soltanto perchè Yindebolimento delle sue forze fisiche gli consigliava una attività meno intensa e dispendiosa ma anche perchè il suo compito « politico » di capo sindaca1le era ormai esaurito, La direzione della CISL è passata da allora in mani più giovani, quelle dell'on. Storti, attivo e dinamico organizzatore, il quale non ha però potuto evitare una serie di amare esperienze, non tanto dovute a suoi demeriti quanto alla nuova, più ·diffi21 Bibliotecaginobianco

cile fase che 1~ CISL ha attraversato nei due ultimi anni: l'arresto della marcia ascensionale della CISL, nella conquista dei seggi delle Commissioni Interne costringeva la CISL a mostrare la sua sopravvenuta insofferenza per questa forma di competizione, culminata con una mossa politicamente sbagliata, quella di opporsi alla trasposizione in legge dell'accordo sulle commissioni Interne. Alla Fiat - che era stata 1~ fabbrica fulcro delle battaglie elettorali della CISL e della politica della contrattazione aziendale - la CISL aveva intanto già dovuto subire la scissione del sindacato di Arrighi e Rapelli; al CNEL, il dibattito sulla legge sindacale esponeva la1 CISL all'isolamento; e infine, sul piano politico, la questione della incompatibilità tra cariche politiche e parlamentari e cariche sindacali - sollevate incautamente, talvolta, dallo, stesso on. Storti - denunciava lo stato di disa•gio della CISL nel1' orbita del partito di maggioranza, costretto in Parlamento ad alleanze con le destre, e, per definizione, partito interclassista, naturalmente in contrasto, quindi, con la politica di classe che il sindacato deve, per necessità, fare. Forse per reagire a queste dure e amare esperienze la CISL ha cercato compensi sul piano politico generale, proponendo ed infine ottenendo quella <e conferenza triangolare » cl1e ha fatto tanto parlare di sè lo scorso gennaio, ma che si è risolta - e non poteva essere diversamente - in una sterile accademia', nella quale hanno preteso di inserirsi (riuscendovi) anche organizzazioni di rappresentatività dubbia, per non dire nulla. Il fatto è che non si può, ad un tempo, postulare un sindacato libero e democratico, non vincolato d~ legami istituzionali, e poi pretendere di discutere col Governo quale politica economica esso deve condurre, in u11a cc conferenza triangolare » di inconscia ispirazione corporativa, che dovrebbe ripetersi più e più volte, fino a diventare permanente, senza per altro proporsi nè accordi, nè decisioni di alcun genere. La conferenza triangolare è stata voluta dalla CISL per ragioni politiche di carattere generale, ed è stata consentita' dal Governo Fanfani sempre per ragioni politiche, di carattere più contingente; ma, a ben vedere, non ha costituito che una inutile interferenza in quella che è l~ funzione primaria del Parlamento, agli effetti delle decisioni di carattere generale, e in quella che è la funzione secondaria del CNEL, sul piano consultivo (ed anche il CNEL, in fondo, non· è che un residuo corporativo). Se i sindacati intendono difendere veramente la loro libertà d~azione dai partiti e dal governo, occorre che essi accrescano la loro 22 Bibliotecaginobianco

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