Nord e Sud - anno VII - n. 10 - novembre 1960

Rivista mensile· diretta da Francesco Compagna IGNAZIOWEISS, L' cc ordine » dei giornalisti VITTORIODE CAPRARrrs, Ricordo di Adolfo Omodeo ALBERTOAQUARONE, Prospettive di riforma per le comunità metropolitane VITTORIOFROSINI, I fratelli Parondi in città TULLIO TREvEs e CLAUDIORisÈ, La stampa studentesca milanese e scritti di LUISA CALOGEROLA MALFA, RENATO CAPPA, FRANCESCO COMPAGNA, GIUSEPPE GALAsso, ENZo COLINO, ANTONIOMARANDo, LUIGI PREVIALE, ALBERTOSENSINI, GIOVANNITERRANOVAN, ICOLA TRANFAGLIA ANNO VII • NUOVA SERIE • NOVEMBRE 1960 . N. 10 (71) EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE • NAPOLI Bibliotecaginobianco

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NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna , ibliotecaginobianco

Ignazio Weiss Alberto Aquarone N.d.R. Giovanni Terranova Luigi Previale Alberto Se11sini Vittorio Frosini SOMMARIO Editoriale [ 3] L' « ordirie » dei giornalisti [7] Prospettive di riforma per le comunità metropolitane [21] GIORNALE A Plù VOCI La presenza delle cc minoranze » liberali [ 54] La gilda mercatoria [ 58] Esami di aria. fritta [ 61] La satira e la società italiana [ 65] I fratelli Paroncli in, città [ 68] L'archivio della necropoli [73] CONVEGNI E CONGRESSI Nicola Tranfaglia· La DC a Bari [76] DOCUMENTI Vittorio de Caprariis Ricordo di Adolfo Omo1 deo [81] Tullio Treves e Claudio Risè Una copia L. 300 • Estero L. 360 Abbonamenti Sostenitore L. 20.000 Italia annuale L. 3.300 semestrale L. 1. 700 Estero annuale L. 4.000 scme8t rale L. 2.200 Effettuare i versamenti eul C. C.P. 6.19585 intestato a Ed. Scientifiche Italiane S.p.A. Via Roma, 406 Napoli Bibliotecaginobianco INCHIESTE La stampa studeritesca milariese : 1945-1960 [95] CRONACA LIBRARIA [112] DIREZIONE E REDAZIONE: Napoli - Via Carducci, 19 - Telef. 392.918 Abbonamenti, distribuzione e pubblicità: EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via Roma, n. 406 - Napoli - telef. 312.540 - 313.568

Editoriale Nel momento in cui scriviamo i risultati delle elezion·i amniinistrative sono stati resi n,oti in modo cliiaro e defiriitivo da poche ore soltanto; e sono appena usciti i giornali che interpretano quei risultati. Come era prevecl1Jbilel'interpretazione di gran lunga prevalente è quella. genericamente « ce-ntrista >>.· salvo qualche loclevole eccez1:one, i più · autorevoli osservatori politici italiani, capi degli uffici romani o direttori dei principali quotidiani: non, si sono per ora s-f orzati di andare al di là della sonimaria e imprecisa indicazione ricavabile dall'aumento di voti liberali e cli voti socialdemocratici. Vediamo pure che c'è chi si è spinto fino al punto di arrischiare iriterpretaziorii analitiche, sia nel senso dei voti che si sarebbero trasferiti da un partito all'altro, sia nel senso dei mu,tamenti che si sarf3bbero verificati nelle vari;e regioni del paese o nei differenti tipi di comune.· e anche in, questo caso si deve deplorare l'atteggiamento superficiale, e spesso tendenzioso, del giornalismo quotidiano in Italia, perchè non basta·no certo 24 ore di affrettati co1ifronti e l'esperienza di sala stampa per arrischiare interpretazioni analitiche di qu,esto genere. E infine vediamo che la stampa comunista e paracomunista corifuta in 1nodo grossolano e aggressivo le interpretazioni «centriste>> della stampa governativa, lasciando in sosta1iza l'impressione che, pure per i comunisti, eccezion fatta per i voti che essi hanno portato via ai socialisti, le cose sono rvmaste allo stesso pun.to in cui erano prima del 6 novembre: è insonima la solita interpretazione « frontista >>, non meno insufficiente di qiiella « centrista. >> se si vogliono interpretare politicamente i risultati delle elezioni e soprattutto le conseguenze delle elezioni. Fino a che punto l'interpretazione «centrista>> - e naturalmente anche quella « froritista » - è non solo superficiale, ma anche, come 3 Bibliotecaginobianco

dicevamo, insufficiente, anzi sba1gliata? Certamente c'è stata, in conseguenza dei fatti di luglio, una parziale riquali-fìcazione del « centrismo >>n: el senso che le soluzioni provvisorie che in luglio - grazie però anche a Nenni, che ha coperto il fianco di Saragat - sono state trovate per consentire al paese di superare il momento critico, clie era stato creato da alcurii irresponsabili di destra, avevano un loro valore proprio nella misura in cui non erano dirette a impedire l'apertura a sinistra, come il «centrismo,>> di Malagodi e di Pella, ma erano dirette a salvare tempestivamente le istituzioni dalle conseguenze dell'apertura a destra. Si trattava i risomma di soluzioni antifasciste, non di soluzioni antisocialiste. È questo un punto di partenza dal quale non si può prescindere, come ne prescindono coloro i quali affermano : nulla è cambiato e nulla deve cambiare dopo il 6 novembre, dal momento che la maggiorariza dell'elettorato si è pronunciata per un consolidame1ito clelle ali clel «centrismo>>, dei liberali e dei socialdemocratici. L'interpretazione «centrista>> è dunque a riostro giudizio ins-ufficiente, anzi sbagliata; sia perchè forza il signi-fìcato del successo ottenu-to dai socialclemocratici, i quali lianno impostato in termini tutt'altro che « ce,ntristi )> la loro campagria elettorale (e lo stesso deve dirsi dei rep,ubblicani, che, pur non avendo potuto presentarsi in tutte le pro-· vincie e pur non ave,nclo avuto il concorso dei voti radicali, hanno con,- servato i voti del 1958); sia perchè non tiene conto clel principale dato politico creato dal 6 novembre, non tiene conto, cioè, del fatto che è stata lacerata la foglia cli fico monarchica. E da questa laceraziorie rleriva appunto il dilemma che si pone ora alla DC nelle principali città italiane: MSI o PSI. È un dilenima cui l'on. Moro e i suoi amici potranno sfuggire solo se ripiegheranno sulla soluzione - che dovrebbe essere eccezionale - dei com1nissari prefettizi. È vero perciò che si sono avuti limitati spostamenti complessivi fra l'una e l'altra forza politica, e che, a co1ifroritare i dati del '56, clel '58, del '60, si ricava l'imp1·essione che la grandissima maggioranza degli italiani ha sempre votato per gli stessi simboli; ed è vero altresì· che, se gli spostamenti complessivi risultano tanto esigui, anche maggior rilievo acquistano gli aumenti dei voti liberali e dei voti socialdemocratici. Ma è a1iche vero che per guadagnare questi voti i socialderriocratici hanno dichiarato a tutte lettere che essi propongono al paese soluzioni di centro-sinistra e aprono al PSI per mettere il PSI di fronte alle sue responsabilità; mentre i liberali hanno proclamato 4 Bibliotecaginobianco

la loro disponibilità per soluzioni di centro-destra, con, il PDI al posto del PSDI e senza neanche escludere tassativamente e perentoriamente accordi, magari sottobanco, con il MSI. Ed infine è anche e soprattutto vero che in queste elezioni del '60, polverizzato il PDI, è caduto il grosso equivoco per cui si era così spesso parlato di « mezze ali )) e di « ceritro-destra )>, come se il partito borbonico e qualunquista di · Lauro e di Covelli non fosse la più tipica espressione delle e< sabbie mobili >> meridionali, una forma di fascismo peculiare del nostro Mezzogiorno, una accolita di ex gerarchi del regime e di consorterie locali capeggiate da più o meno illustri esponenti del camaleontismo politico meridionale. Ora non è più possibile quindi parlare di combinazioni e di alternative fondate su maggioranze di ceritro-destra, con il PDI affiancato al PLI di Malagodi e alla DC di Pella; ora non è più possibile parlare disinvoltaniente di un « allargamento dell' area democratica >> verso la mezz' ala monarchica, la quale, secondo coloro che sono sempre zelanti servitori di tutte le maggioranze che « allargario )> a destra, si sarebbe staccata dal MSI in modo più netto di quanto il PSI rion si sia staccato dal PCI; ora non sono più possibili i maneggi per cui ci si può servire dei consiglieri-squillo eletti nelle liste monarchiche per completare e rifinire raffinate con1binazioni intorno alla DC e per co1isentire a quest'ultima di rion scegliere: coloro i quali si oppongono a negoziare r apertura a sinistra per alcu,ne importariti cc giunte difficili >> devono oramai gettare le maschere e preseritarsi in tutta la loro o.scenità di fautori co1ifessi,e scoperti della collusione col MSI in quelle città che una tale collusione non potrebbero sopportare. Si tratta inso1nma di scegliere tra il ricorioscime11to della possibilità di una democratica apertura a sinistra e la formazione di una maggioranza di tipo tambroniano là dove la presenza del MSI, quando varca un certo limite, suscita soltanto, e giustamente, reazioni di indignaziorie morale e di rivolta civile; là dove il PSDI è arbitro della situazione (a Milano, a Venezia, anche a Torino); là dove il PSI è notoriamente dominato da una rrtaggioranza autonomista (a Genova con Barbareschi e a Firenze con Pieraccini, per esempio; e a Roma, dove i carristi non sono nemmeno entrati nelle liste dei candidati). -~ I problemi che immediatamente si pongono sono quindi assai semplici, ma anche più impegnativi, di quarito lo f assero i problemi che si ponevano al tempo del Congresso di Firenze della DC o addirittura al tempo del Congresso di Napoli del.PSI. Per eludere la scelta di cui 5 Bibliotecagino~ianco

si diceva sarà ch-iesta a gran voce la soluzione commissariale; ma il PSDI, forte del successo ottenuto, potrebbe tentare. di opporsi a questo ripiego e potrebbe chiedere che il PSI venga messo alla prova. Tanto più che mai come in questo momento conviene a.l PSDI di m~tte1·e il PSI di fronte alle sue responsabilità. Cosa succederà a questo punto nella DC e nel PSI? Avranno gli autonomisti del PSI imparata la « lezione delle co·se )) e capito clie non si può pretendere di guadagnare suffragi quando si rimane in una posizione ambigua come quella in cui è rimasto il PSI e che non si può pretendere di fare grandi operazioni politiche senza essere disposti a pagarne il costo e a rischiarne le conseguenze? Sarà ancora la destra della DC o saranno i carristi, questa volta, come già l'anno scorso in Sicilia, a porre un veto determinante nei confronti dell'apertura a sinistra nelle « giunte difficili))? È stata veramente liquidata in luglio la stolta finzione « dorotea )), degli « stati di necessità>)? Tocca ora ai partiti di centro-sinistra, ai nostri partiti - che peraltro hanno visto premiata proprio la chiarezza delle posizioni con cui si sono presentati agli elettori - di costringere DC e PSI, Fanfani ·e Moro come Nenni e Lombardi, ad assumere posizioni più chiare di qitelle che l'elettorato del 6 novembre ha giustamente ritenute equivoche, o per lo meno sibilline. 6 Bibliotecaginobianco

.. .. L' « ordine » dei giornalisti di Ignazio W eiss Presso la commissione Giustizia della Camera dei Deputati erano in discussione nei primi mesi del corrente anno due disegni di legge, presentati rispettivamente dall' on. Pintus (il 10-4-1959) e dal Ministro di Grazia e Giustizia, on. Gonella (6 settembre 1959), relativi all'istituzione ~ell' cc ordine » dei giornalisti e all'ordinamento della professione di giornalista. Come è noto, le norme provvisorie sulla stampa in generale non hanno trovato ancora una forma di legge organica che contempli la intera materia per l'esercizio della professione giornalistica, degli organi professionali, della tenuta degli albi ecc. Molte delle leggi fascistiche sono tt1ttora in vigore, compresa quella del 24 febbraio 1928, n. 384, sulle« norme per l'istituzione dell'albo professionale dei giornalisti ». Mentre invece la legge 31 dicembre 1925, recante disposizioni sulla stampa periodica e che, nel suo art. 7, istituiva l' « ordine » dei giornalisti, non ha avuto effettuazione, essendo stata annullata dalla legge 3 aprile 1926 sulla disciplina giuridica del lavoro che provvide a dare alla categoria dei giornalisti un'organizzazione conforme all'assetto delle nuove associazioni sindacali, vietando, per essa come per qualsiasi altra, la costituzione di nuovi cc ordini » o cc collegi » professionali. Dopo la fine della guerra è la legge 8 febbraio 1948, n. 47, che reca cc disposizioni sulla stampa »; ma questa legge, tuttora la più in1porta11te nel suo settore, non porta nessuna modifica per quanto riguarda gli albi professionali, nè fa accenno all'istituzione di un « ordine » dei giornalisti. Cosicchè la tenuta degli albi è ancora regolata dalla legge fascista del 1928, rientrata in vigore dopo l'abolizione delle associazioni sindacali fasciste e parzialmente modificata dal decreto legisla7 ~Bibliotecaginobianco

tivo luogotenenziale 23 ottobre 1944, n. 302, che affidava, in via transitoria la tenuta dell'albo a una Com.missione Unica nazionale nominata , . dal ministro per la Grazia e Giustizia, sentito il sottosegretario per la stampa e le informazioni e la Federazione Nazionale della Stampa Italiana. Le due proposte di legge ora in discussione presso la commissione di Giustizia si riferiscono a due oggetti diversi, ma strettamente collegati tra di loro: l' cc01:dine » dei giornalisti e l'albo dei giornalisti. Gli oggetti sono diversi in quanto il secondo può sussistere senza il primo, mentre il primo non avrebbe senso senza il secondo. Ma quali sono gli scopi, le funzioni degli ordini professionali e degli alibi? Come e perchè sono sorti? Quali sono le cclibere» professioni che consentono o meglio rendono indispensabili gli albi? E quali sono i requisiti essenziali per poter essere iscritti in un albo professionale? Non cercheremo certo di rispondere esaurientemente a tutte queste dornande: occorrerebbero dei volumi. Ma forse non sarà del tutto inutile una disamina sintetica di questi punti per poter dare un giudizio sull'opportunità e sull'utilità della creazione dell' cc ordine » dei giornalisti e sulla necessità di ma11tenere l'albo dei giornalisti. L'istituzione di albi ed elenchi è contemplata nell'art. 2229 del Codice Civile che parla delle « professioni intellettuali» : secondo tale • disposizione ccla legge determina le professioni intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria la iscrizione i11 appositi albi o elenchi. L'accertamento dei requisiti per l'iscrizione agli albi o negli elenchi, la tenuta dei medesimi e il potere disciplinare sugli iscritti, sono demandati alle associazioni professionali, sotto la ·vigilanza dello Stato, salvo che la legge disponga diversamente. Contro il rifiuto dell'iscrizione o la cancellazione dagli albi o elenchi e co11troi provvedimenti disciplinari che importano la perdita o la sospensione del diritto all'esercizio della professione è ammesso ricorso in via gil1risdizionale nei modi e nei termini stabiliti dalle leggi speciali ». Il Codice Civile parla quindi di cc ~ssociazioni n professionali, 110n di « ordini»; ma, soppresso l'ordinamento corporativo, col D.L.L. n. 382, veuivano ripristinati gli ccordini » che esistevano prima del 1926. l Gli «ordini» professionali, a differenza delle « associazioni >> e \ dei « sindacati », sono degli enti pubblici, associazioni obbligatorie, uniche per ciascuna professione; gli « ordini » sono disciplinati dalla legge, mentre per i sindacati basta che essi siano ordinati su base democratica. L'iscrizione agli albi non è discrezionale da parte dell' « or8 .Bibliotecaginobianco ,I

dine », ma solo subordinata a certi requisiti di capacità e di moralità, talvolta di cittadinanza. La funzione principale degli « ordini » è quella della tutela del decoro della professione, ma anche della cc indipendenza » giuridica ed economica: l' « ordine» insomma ha cc la tutela degli interessi professionali, di natura morale, culturale ed economica degli iscritti all'albo ». « Naturalmente, data la natura pubblica dell' 'ordine', occorre che tali interessi economici siano solo quelli, ancl1e quantitativamente intesi, che coi11cidano con l'interesse pubblico ». In questo senso è ammissibile la coesistenza di cc ordini » e « sindacati », sia per la diversità costituzionale e giuridica delle due istituzioni, sia per la loro complementarietà nel campo degli interessi economici. Tanto storicamente, quanto nella prassi attuale, l' « ordine» può riferirsi soltanto a una professione cosiddetta libera; e per libera professione s'intende, secondo la definizione di Carlo Lega, « quell'attività lavorativa prevalentemente di carattere intellettuale posta in essere senza vincoli di subordinazione e con ampia discre~ionalità tecnica da certe categorie di lavoratori intellettuali i quali, per poterla legittimamente esplicare, devono essere iscritti in speciali albi o elenchi » • Si può considerare la professione del giornalista una cc libera » professione, e si può parlare di una professione di giornalista omogenea per tutti coloro che prendono parte alla creazione di un giornale? Il direttore di un giornale è generalrr1ente vincolato da un contratto di prestazione d'opera con l'editore. Normalmente è data al direttore ampia libertà per la sua funzione di coordinatore çlel lavoro giornalistico, per la cc regia » che deve svolgere su un gruppo frequentemente numeroso di redattori, cronisti, corrispondenti, inviati speciali, collaboratori esterni. Ma anche questa sua libertà ha naturalmente dei- vincoli: l'indirizzo politico del giornale è definito dalla proprietà più che dal di1ettore. È vero che la proprietà assume il direttore che fa per lei, che interpret~ la tendenza politica, sociale, cult'urale che intende dare al suo organo di stampa, ma è anche logico che se cambia, durante l'esercizio di questa libertà, uno dei due termini, la proprietà licenzia il direttore o il direttore lascia spontaneamente il giornale: ciò che può avvenire sia se il direttore non si trova pi1ì•d'accordo, nella sua linea politica, con la proprietà, sia quando il giornale, cambiando di proprietà, altera la sua tendenza politica. Fatti di questo genere awengono abbastanza spesso e basti ricordare, recentemente, il caso della « Gazzetta del Popolo» a Torino o quello del cc Giorno » a Milano o di cc Telesera » a 9 Bibliotecaginobianco

Roma. Si può in queste condizioni parlare dell'attività di un direttore di giornale come di una « libera » professione? Se confrontiamo la libertà di cui godono gli altri « liberi » professionisti, gli avvocati, i medici, gli ingegneri, gli architetti nell'esplicazione del loro lavoro professionale, certo si deve riconoscere che quella · del direttore di un giornale è assai più vincolata all'apprezzamento e alle decisioni <lell'editore che non le altre all'apprezzamento e alle decisioni dei rispettivi clienti: per i liberi professionisti infatti, che generalmente non hanno un ' datore di lavoro' cui siano legati da un contratto, i datori di lavoro sono i clienti, per un direttore di giornale, il datore di lavoro è l'editore. In situazione assai più vincolata si trovano i redattori e i cronisti di t1n giornale di fronte al loro direttore che rappresenta praticamente . il loro datore di lavoro. È davvero assai disct1tibile che nell'attuale orga- . · nizzazione dell'impresa giornalistica, articolata come l1n'impresa industriale i11vari settori coordinati tra loro, si possa considerare la professione, benchè intellettuale, clel redattore o del cronista come una « libera » professione. I redattori devono seguire le istruzioni del capo-redattore, i crorlisti quelle del capo-cronaca; altrettanto dicasi per i corrispondenti dall'interno o dall'estero nelle loro collaborazioni politiche o di altro genere. Redattori e cronisti i11oltre sono vincolati al giornale con t1n vero e proprio contratto di prestazione d'opera esclusivo, che i11realtà no11si differenzia per niente dal contratto d'impiego che può avere u11funzionario dipendente di t1na qualu11que casa editrice. In che consiste allora la libera professione del giornalista? Ci sono sì dei casi in cui un giornalista di fama lavora per due o più testate, cl1e manda collaborazioni a diversi organi di stampa, ma normalmente il giornalista è anche i11 questi casi legato da uno o più contratti a tempo indete1minato, che rendono i suoi rapporti con le direzioni dei vari giornali alquanto diversi da quelli che normalmente non legano un avvocato o un medico o un architetto con coloro per i quali presta la sua opera. A un « ordine >> dei giornalisti dovrebbero appartenere, secondo le norme proposte, i direttori e i redattori, i cronisti e gli inviati, i corrisponde11ti e i collaboratori in un unico organismo che risulterebbe così assai poco omogeneo per qt1anto riguarda· l'attività e sopratutto i rapporti intercorrenti tra i suoi membri; rapporti che non possono essere alla pari, tra collega e collega, come avviene negli altri ordini o collegi professionali, ma che metterebbero fianco a fianco persone che, dal 10 Bibliotecaginobianco •

punto di vista sindacale, potrebbero essere qualificate come ' datori di lavoro' (direttori) e dipendenti (redattori e cronisti), dirigenti e impiegati, collaboratori e consulenti. Gli albi o elenchi sono una diretta conseguenza degli << ordini » : se esiste un cc ordine», ci devono essere delle liste di coloro che vi appartengono~ e poichè gli « ordini », come già detto, sono enti di diritto pubblico, la legge stabilisce che solo coloro che vi sono compresi possono esercitare la libera professione; ma l'iscrizione all' « ordine » non ha, nella generalità dei casi, il carattere di tLna decisione discrezionale lasciata alle autorità dell' « ordine » stesso: cl1i ha ottenuto, attraverso un titolo di studio specifico (laurea per gli « ordini », licenza di scuola media specifica per i « collegi »), il diritto di esercitare una professione deve, appunto per esercitarla, ottenere l'iscrizione in un albo: è un suo diritto, non è una concessione da parte delle autorità dell' cc ordine ». Ma oltre al titolo ,di studio e all'accertamento di determinati requisiti (cittadinanza, mancanza di condanne penali, residenza ecc.) per l'iscrizione all'albo è necessario valutare, ovviamente con discrezionalità, che l'aspirante abbia cc specchiata condotta morale e politica » ( così l'art. 2 della legge 26 aprile 1938 n. 897, rimasto ancor oggi in vigore per la parte non politica). L'albo professionale è all'origine cc uno strumento mercè il quale l'autorità giudiziaria e quella amministrativa possano. conoscere coloro .che esercitano una determinata professione, al fine di giovarsi, su richiesta dei professionisti, oppure obbligandoveli, della loro opera, di applicare le sanzioni penali a cui essi frequentemente possono andare incontro per l'esercizio della loro prof essione e in genere di vigilare sulla loro attività »• Si può dire che oggi, attraverso l'a1nmissione all'albo cc lo stato inserisce il professionista in un ordinamento settoriale, di pubblico interesse». cc Perciò - afferma il Piscione - l'iscrizione nell'albo non può essere considerata una concessione nè da parte dello stato, a mezzo dell' cc ordine », nè da parte direttamente di quest'ultimo, considerandola come delega di esercizio di funzioni in origine statali, essendo ciò contrario allo sviluppo storico ... Nemmeno si può parlare, almeno attualmente, per le stesse ragioni, di esercizio non statale di servizio pubblico, attribuito in titolarità per concessione professionale, ovvero attribuito in esercizio, in via istituzionale, a privati, come avviene invece per il cosiddetto ' servizio di Stato ' sanitario in Inghilterra ». Ci sembra abbastanza chiaro che_per la professione di giornalista -11 ·- Bibliotecaginobianco , . ...

non si possa110 applicare questi concetti cl1e pure stanno a fondamento I I dell'istituzione degli « ordini» e dei relativi albi od elenchi: attualmente f i I' attività del giornalista non può essere inquadrata in una cc libera pro-_ \/ fessione » e pertanto diventa assai dubbia l'opportunità di istituire un ~ cc ordine » dei giornalisti. Ancora più dubbia e discutibile ci sembra l'esistenza di 11n albo dei giornalisti, anche se, di fatto, questo esis'te da oltre trent'anni: non per questo può essere giustificato il suo permanere in una società democratica. Desideriamo esaminare i due progetti di legge ora in discussione solo per quanto riguarda due punti cl1e ci sembrano essenziali per dare una valutazione sull'opportunità o no della conservazione degli albi dei giornalisti. I dt1e punti si riferiscono all'iscrizione dei praticanti ali' albo e alla direzione dei giornali. Secondo l'art. 29 del disegno di legge Gonella, nell'albo dei giornalisti professionisti possono essere iscritti coloro che abbiano esercitato al1neno per diciotto mesi la pratica professionale. Questa pratica, secondo l'articolo 33 dello stesso disegno di legge, deve svolgersi presso un quotidiano o un periodico di particolare importanza che, l)er la sua attrezzatura redazionale e il suo carattere nazionale, dia garanzia di .. assfcurare una seria preparazione professionale del praticante e che abbia almeno sei giornalisti professionisti alle sue dipendenze. La pratica giornalistica non può durare più di tre anni. Per il passaggio nell'albo dei professionisti è richiesto - aggiunge il disegno di legge - al compimento del IJeriodo di praticantato un attestato motivato di idoneità rilasciato dal direttore del quotidiano o del periodico o dell'agenzia di stampa. L'iscrizione nell'albo può avvenire solo dopo un giudizio motivato di merito, espresso in base alla valutazione dei titoli e ad un accertamento generale di idoneità, da parte del Consiglio regionale o interregionale dell' « ordine » . Per l'iscrizione sul registro dei praticanti - dice l'art. 31 - è necessario altresì il requisito di aver conseguito una licenza di scuola media superiore o di possedere titoli culturali, anche non scolastici, che siano giudicati equipollenti dal Consiglio dell' <<. ordine » chiamato a provvedere sulla domanda di iscrizione. In sostanza, per poter essere qualificati giornalisti professionisti bisogna: - aver compiuto 18 anni di età; 12 Bibliotecaginobianco

- aver conseguito una licenza di scuola media superiore o possedere titoli non scolastici equipollenti; aver svolto pratica giornalistica per 18 mesi aln1eno presso u11 quotidiano o periodico, o un'agenzia d'informazioni; aver ottenuto un attestato motivato di idoneità rilasciato dal direttore del quotidiano o periodico, o agenzia presso la quale si è fatta la pratica; aver ottenuto un giudizio motivato generico da parte del Consiglio regionale dell' « ordine » . Ci sembra chiaro che, a differenza di quanto avviene per tutti gli altri cc ordini » o cc collegi )), si può appartenere al progettato « ordine » dei giornalisti anche senza che l'aspirante abbia un titolo di studio qualsiasi. La decisione sull'idoneità del candidato a far parte dell' « ordine » diventa discrezionale da parte de] suo « datore di lavoro » durante il periodo di praticantato, e del Consiglio regionale dell' cc ordine » stesso. A parte ogni considerazione sulla sufficienza di tn1 periodo di pratica presso un giornale per la limitata durata di 18 mesi, a parte la non indispensabilità di un titolo di studio qualsiasi, ci sembra gravissima la a·ffermazione del principio che gli stessi organi direttivi dell' « ordine » siano alla fine coloro che ammettano o non ammettano il candidato all'albo e quindi all' cc ordine ». È questo un principio corporativo nel senso più ottuso del termine. decisamente contrario allo spirito e alla prassi di un sistema democratico e libero. A chi può giovare un sistema di questo genere? Non certo all' editore di un giornale, il quale non avrebbe veramente nesst1na garanzia, dalla sempliçe isc1izione all'albo e dall'appartenenza all' « ordine », per ritenere il giornalista preparato e idoneo a esplicare la stia specifica mansione. Qt1ale garanzia di preparazione professionale può dare l'at- -testato di idoneità di un direttore di giornale il quale al limite, potrebbe essere a11che lui a st1a volta appena entrato, dopo diciotto mesi di praticantato, a dirigere un quotidiano di provincia? quale attitudine e quali possibilità concrete di giudizio su un praticante può avere viceversa un direttore di un giornale quotidiano per concedere il suo sì a un candidato? e quale autorità e concreta possibilità di giudizio può avere il consiglio regionale dell' cc ordine» per avallare e confermare il giudizio del direttore del giornale? Nè giova al pubblico, ai lettori di giornale, una disposizione corporativa del genere di quella proposta, per assicurarlo che l'organo di stampa al quale ricorre per ottenere le informazioni che lo interessano 13 Bibliotecaginobianco ,,,

e i commenti che in esso legge e mentalmente discute, sia affidato a persone che sanno il loro mestiere e Io compiono sotto la garanzia di un'adeguata preparazione sanzionata da un git1dizio obbiettivo di organi riconosciuti proprio per questo scopo. Nè è garanzia per il direttore di un giornale il fatto r)uro e semplice che il candidato alla professione giornalistica abbia avuto t1n attestato d'idoneità da un suo collega, e dal Consiglio regionale, il quale nella migliore delle ipotesi non potrà se non convalidare il giudizio di cl1i già appartiene all' ((ordine » e che domani potrebbe far parte del Consjglio stesso. Ma giova almeno al giornalista l'istituzione dell' « ordine » e il mantenimento dell'albo? La risposta sembrerebbe ovvia, tanto sono state pressa11ti le richieste della Federazione Nazionale della Sta1npa Italiana per ottenere l'istituzione. In realtà un istituto corporativo stretto come quello progettato ora per i giornalisti dà certamente dei vantaggi a chi , ne fa parte: se teoricamente non si ammette il « numerus clausus », ~ praticamente, con la limitazione del numero dei praticanti presso i singoli giornali (v.. contratto· collettivo di lavoro per i giornalisti) o con la discrezionalità data al giornale stesso di assumere o non assumere un praticante, l' « ordine » può diventare in poco tempo una corporazior1e chiusa con tutti gli inconvenienti cl1e un sistema di qt1esto genere può procurare per la libera prassi di una professione che negli ultimi anni richiede un sempre più 11umeroso stuolo di appartenenti sia per la diffusione del giornale e periodico, sia per l'aggiunta di altri i1nportanti strumenti pubblicistici come la radio, il cinema, la televisione. Soprattutto pericolosa ci sembra per la stessa posizio11e dei giornalisti la pretesa inevitabile di limitare l'iscrizione dei professionisti senza che, co11temporaneamente, si provveda a una seria preparazione culturale e tecnica, oggi richiesta ogni giorno di più 110nsolo per l'estendersi dei temi trattati dalla stampa periodica, ma anche per una coscjente valutazione della responsabilità che gli strumenti di comunicazione di massa si assumono dal pt1nto di vista sociale. È veramente strano che nel progetto di legge Gonella non si faccia parola dell'istituzione di scuole per giornalisti, nè di cattedre t1niversitarie relative alla tecnica pubblicistica, nè in genere si spenda un solo cenno per toccare il problema della preparazione professionale per un compito così delicato e importante come è senza alcun dubbio quello del giornalista, sia che si serva dello strumento giornale vero e proprio, sia che si valga degli altri strumenti p1-:1bblicistici.Le vecchie corpora- • 14 Bibliotecaginobianco

zioni medievali si preoccupavano del problema del praticantato in maniera assai più incisiva che non l'attuale progetto Gonella non faccia per i giornalisti. Nel disegno di legge invece di iniziativa dell'on. Pintus, cui abbian10 accennato in principio, sebbene non venga affrontato il problema della preparazione professionale, si propone almeno che, in ottemperanza all'art. 33 della Costituzione ( cc È prescritto un esame di stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l' a1 bilitazione all'esercizio professionale »), cc l'iscrizione nell'albo dei professionisti è riserbata ai praticanti ... che abbiano superato l'esame di Stato per l'abilitazione professionale». cc L'esame di Stato - continua il disegno di legge - consiste in prove varie di cultura .. generale ed in esercitazioni pratiche di giornalismo sostenute davanti a una commissione composta dal presidente, dal vice-presidente e dal segretario di ciascun Consiglio regionale od interregionale dell' ' ordine' e da due magisb·ati designati dal Presidente della Corte d'appello ». _Il Pintus nello stesso art. 27 della sua proposta di legge aggiunge che cc il praticante, per partecipare agli esami, deve aver compiuto gli anni 21, .deve presentare un certificato di laurea_ o, se ha meno di 23 anni. un certificato di frequenza presso una università e la dichiarazione del ~ Consiglio dell' ' ordine ' di essere iscritto da almeno diciotto mesi ne _- registro dei praticanti » . La comn1issione esaminatrice quindi deve dare un giudizio di merito perchè il candidato possa entrare nell'albo. È necessaria una laurea, ma basta anche l'iscrizione presso una università : dunque la commis- l,. sione di esame di Stato si sovrappone a una laurea (e questo sarebbe . normale se la commissione fosse formata da professori universitari); ma può anc11e decidere positivamente per l'iscrizione all'albo prima che ! I i_l candidàto abbia ottenuto la laurea. Non è chi no11 veda l'assurdità J 1 di una tale proposta. Ma ancora più assurdq è il fatto che si parli di 1 una laurea in genere, una laurea qualsiasi, anche in chimica o fisica pura, o in veterinaria! non occorre una preparazione, se non specifica, almeno affine, basta un titolo di dottore! Ma tanto il progetto Gonella, quanto il disegno di legge Pintus la1sciano intatta l'altra disposizione che vogliamo ora esaminare: quella inerente al direttore e al vice-direttore responsabile di un giornale quotidiano. Dice testt1almente l'art. 44 del progetto Gonella (ripetuto alla lettera in quello di Pintus) : cc Il direttore o il vice-direttore di un gionale quotidiano o di un periodico o agenzia-stampa, di cui al primo comma 15. Bibliotecaginobianco J

dell'art. 33, devono essere iscritti nell'albo dei giornalisti prof essionisti, salvo qt1anto stabilito nel successivo art. 4,5 ( e cioè: cc la direzione di un giornale quotidiano o di altra pubblicazione periodica, che siano organi di partito o di movimenti politici o di organizzazioni sindacali, può essere affidata a persona non iscritta all'albo dei giornalisti»). Come è noto l'albo dei giornalisti è attualmente diviso in diversi elenchi; una prima distinzione si fa tra cc professionisti » e cc pt1bblicisti » : la distinzione sembra, a prima vista, assai netta: cc professionisti » sono coloro cl1e esercitano come unica professione quella giornalistica; cc pubblicisti » coloro che - oltre alla prof essione giornalistica retribuita - esercitano altre professioni retribuite. Oltre a questi dt1e elenchi, l'albo prevede un elenco dei praticanti, e un ele11co speciale in ct1i vengono • iscritti coloro cl1e, pur 110nesercitando l'attività gior11alistica, assumono la qualifica di direttori responsabili di periodici o riviste a carattere tecnico, professionale o scientifico, esclusi però quelle sportive e cinematografiche. Ora la distinzione fra cc professionisti » e « pubblicisti » può dare luogo a diverse interpretazioni; e basta scorrere superficialmente l'elenco dei professionisti di Roma o di Milano, di Torino o della Sicilia, per . accorgersi che tra i cc professio11isti » sono compresi dirigenti di cc uffici stampa >> d'im1Jortanti jndustrie, inquadrati regolarmente nel contratto d'impiego di dirigenti industriali: possono costoro essere considerati cc professionisti» secondo le norme che presiedono alla tenuta dell'albo, o devono invece esserne esclusi e entrare nella categoria dei cc pu bblicisti »? L'aggiunta dell'ele11co speciale dimostra ancora u11a volta che la materia o meglio l'ordinamento della cc professjone giornalistica » è assai difficile. E infine l'eccezione per i giornali organi di partiti o movimenti politici o di organizzazioni sindacali i quali possono avere come direttori persone non iscritte tra i cc professionisti », ma cl1e entrano provvsoriamente e cc pro tempo re » nelr elenco dei professionisti, din10stra come in pratica si sono dovt1te ammettere molte eccezioni a quella 11orma così assoluta che il direttore di un quotidiano deve essere iscritto nell'albo dei gior11alisti professionisti. Ma c'è di più: mentre nel R.D. 26 febbraio 1928, n. 384, l'art. 19 diceva: « Il direttore o redattore di un\ giornale quotidiano deve essere iscritto nell'elenco dei professionisti» ,I il diseg110 di legge Gonella, senza accennare nelle motivazioni a una modifica di qnesto articolo, estende anche ai periodici e alle agenzie di stampa la clausola che il direttore e il vice-direttore responsabile deve essere iscritto nel!' albo dei prof e~sionisti. Senza entrare nella disa16 Bibliotecaginobianco

mina delle ragioni che hanno indotto il legislatore fascista ad includere una prescrizione di questo genere (che non trova riscontro analogo nelle disposizioni di nessun altro albo), a noi sembra che questa clausola sia in netto contrasto con l'art. 21 della Costituzione ora vigente. In genere tutte le limitazioni al libero esercizio di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione, tra cui la stampa e la stampa periodica in particolare è stru1nento principale, deve essere considerato a nostro avviso in netto contrasto col precetto costituzionale accennato. Il prescrivere l'iscrizione a un cc ordine », subordinata a certe condizioni, limita l'esercizio della libertà di pensiero e d'opinione: quando una norma costituzionale ha in sè tutti gli elementi per una sua concreta applicazione, cioè non necessita di disposizioni più dettagliate per consentire tale applicazione e in particolare essa riguarda i « diritti di libertà », cioè quelli considerati fondamentali e connaturali alla stessa personalità umana (e questo è il caso dell'art. 21), allora la norma stessa deve considerarsi precettiva, con conseguente abrogazione di tutte le altre precede11ti norme legislative in contrasto con quella. Se, per ipotesi assurda, la costituzione affer1nasse che tutti hanno 1 il diritto di curare la salute del prossimo, non sarebbe compatibile un i « ordine » dei 1nedici, secondo il quale solo chi vi è iscritto possa eserci ~ tare la prof essione di curare le malattie dei suoi simili! . Sotto questo aspetto ci sembra cl1e in linea generale l'istituzione di t1n « ordine » dei giornalisti e relativo albo sia in contrasto con l'art. 21 della Costituzione, ma che in particolare le disposizioni sul direttore di un quotidiano o di un periodico siano manifestamente inconciliabili con le garanzie offerte a tutti i cittadini dalla Costituzione. Se questo atteggiamento è stato espresso da parecchi studiosi, non è stato invece confermato dalla magistratura. Abbiamo sott'occhio una, sentenza della Corte d'Appello di Roma del luglio 1958, in cui si afferma perentoriamente che non è in contrasto con l'art. 21 della Costituzione l'ob~ligo in1posto ai direttori di gjornale di esercitare esclusivamente la professione di giornalista; dice la se11tenza, in risposta all'assunto del ricorrente cl1e aveva citato il disposto costituzionale suricordato: cc rassunto è manifestamente infondato, perchè l'imporre al direttore del giornale di esercitare esclusivamente la professione di giornalista non significa violare il richiamato precetto costituzionale, inquantochè il bene colpito con la detta disposizione non è la libertà di stampa, di parola, di pensiero, ma bensì la libertà di esplicare altre attività pro17 Bibliotecaginobianco

~ •• ! f essionali, in concomitanza con quella giornalistica professionale » . Ci • ~ sembra che in questo ragionamento vada persa. l'essenza della cosa. Il ·:contrasto con la Costit11zione è dato dal fatto che cl1i vuol dirigere t1n ·:giornale debba essere sottoposto a determinate condizioni per poter . .esercitare questo compito, non dal fatto che il giornalista professionista l non può esercitare contemporanea1nente un'altra professione. Se ciascu- ,. ~o ha il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la stampa, q11estovuol dire che lo può fare anche con la stampa periodica , e questo implica che, se lo vuole, può anche assumersi la responsabilità di firmare un giornale quotidiano o periodico. Se la legge istitutiva del1' albo professionale obbliga a sottoporsi a certe pratiche per avere il diritto di firmare 11n organo di stampa e, sopratutto, se un gi11dizio anche motivato, esposto da chi fa già parte dell'albo, ne impedisce l'iscrizione, la libertà di esporre le proprie idee e firmare un periodico non è più effettiva. Qualsiasi condizione posta all'esercizio cli questa libertà è in contrasto con la Costituzione, anche quella di non poter esercitare u11'altra professione accanto a quella giornalistica. A noi sembra che il ragionamento fatto dalla Corte d'appello di Roma sia manifestamente lontano dall'essenza del quesito a tale Corte sottoposto. È un sofisma porre come premessa quanto è app11nto in discussione: si premette la legittimità delle disposizioni dell'albo, mentre invece sono proprio queste in contrasto col precetto costituzionale. La progettata istituzione di un cc ordine » dei gior11alisti e il conseguente mantenimento dell'~lbo, anche se modificato in quanto concerne la sua autonomia da interventi del potere esecutivo, a nostro avviso porterebbe dei vantaggi soltanto a coloro cl1e vi fossero iscritti, ma costituirebbe un pericolo non immaginario per l'avvenire della professione di giornalista e per la libertà di espressione in generale. Il problema delle com1111icazionidi massa, l'importanza del ruolo che nella moder11a società assumono gli strumenti pubblicistici, devono far pensare non a una regolamentazione corporativamente chi11sa,ma obbligano ad affrontare con serietà i problemi inerenti alla capacità e alla preparazione dell'esercizio di una professione che oggi non può essere ritenuta 11na cc libera professione » nel senso in cui si parla della professione forense o medica. È assai più importante, nella società, assicurare la libera discussione e la più a1npia libertà degli strumenti ad essa inerenti; la tendenza deve essere quella di moltiplicare gli strumenti d'informazione aprendoli alla collaborazione di tutti coloro che hanno qualche cosa da dire nei più diversi rami dello_scibile, per cc informare » sempre 18 Bibliotecaginobianco

di più e sempre meglio la cosidetta opinione pubblica. Qualunque restrizione o limitazione a questo necessario sviluppo quantitativo e qualitativo dell'informazione pupblicistica <leve essere respinto. A noi sembra che la proposta istituzione dell'ordine dei giornalisti e il mantenimento dell'albo non rappresenti un progresso su questa strada, ma al contra·rio costituisca un intoppo. Del resto i paesi certamente all'avanguardia nel tentativo di orgai1izzare nel miglior modo possibile il problema della informazione pubblicistica non l1anno adottato sistemi restrittivi nè corporativi per quanto riguarda la tutela e l'affermazione della professione pubblicistica. In nessun paese europeo o americano esiste qualche cosa di simile a un cc ordine » dei giornalisti, come ente di diritto pubblico obbligatorio per la professione giornalistjca. Noi non condividiamo le idee di Luigi Eina·udi per quanto riguarda l'inutilità • di una preparazione alla professio11e giornalistica, Noi siamo persuasi che oggi, per fare bene il mestiere del giornalista, che è una tecnica tra le più complesse e difficili, occorra un'adeguata preparazione. Non siamo del parere che il giornalismo sia solo un'arte, non crediamo che basti l'ingegno o una naturale predisposizione e vocazione per esercitare bene e con successo la professione giornalistica. Noi siamo per- I suasi che una preparazione specifica sia necessaria e indispensabile per ; risolvere in maniera· adeguata il problema del1a corretta informazione l del pubblico su tutti i fatti dell'attualità di interesse generale. / Ma condividiamo invece il parere dell'~lustre economista e uomo di Stato per quanto concerne l'albo dei giornalisti e il progettato « ordine » dei giornalisti. cc L'albo dei giornalisti diventerà una cosa tollera- . bile e potrà anzi diventare una fonte di onore quando l'iscrizione, aperta a tutti, sia fatta volontariamente e quando la non iscrizione non produca alcun, benchè minimo, effetto legale». « L'albo obbligatorio è immorale perchè tende a porre u11 limite a quel che limite non l1a e no_n deve avere, alla libera espressione del pensiero ~>. « La legislazione sulla stampa deve essere riveduta in questo unico senso; che ogni giornalista sia chiamato a rispondere di quel cl1e scrive; che la diffamazione, l'ingiuria, l'invenzione consapevole di notizie tendenziose, perchè tutte le notizie sono tendenziose quando sono date da un cervello pensante, siano punite se commesse a mezzo della stampa alla pari della diffamazione, dell'ingiuria a'ltrimenti commesse; e che anzi il mezzo usato della pubblica stampa sia un'aggravante del reato commesso. Fuor di lì, nulla, Giudice della dignità od indegnità del giornalista non può ess~re il gior19 Bibliotecaginobianco

nalista, neppure se eletto membro del Consiglio dell'' ordine' od .altrimenti chiamato a dar sentenza sui colleghi » . Vorremmo che coloro che saranno chiamati a discutere il disegno di legge Gonella, tenessero ben presenti queste parole di Luigi Einaudi, scritte quindici anni or sono. BIBLIOGRAFIA ARTURO AssANTE: Il giornale. Libertà di stampa e giornalismo in Italia e nella legislazione mondiale, Napoli, 1949. PIERGIOVANNI PISCIONE: Ordini e collegi prof essionaH, Milano, 1959. CARLO LEGA: La libera professione (art. 2229-2238 Cod. civ.) Milano, 1952. Annuario della stampa italiana, 1954-55, Milano, 1954: RENATOLEFEVRE: La legislazione sulla stampa. Annuario della sta1npa italiana, 1957-58, Milano, 1957; RENATO LEFEVRE: La legislazione sulla stampa nel triennio 1955-57. LUIGI EINAUDI: « Il Buongoverno », Bari, 1955. Giustizia Civile, IX, aprile 1959, p. 733-4. Camera dei deputati - Atti parlamentari, ·n. 1563. Camera dei deputati - Atti parlamentari, n. 1033. 20 Bibliotecaginobianco

.. · per Prospettive le comunità di riforma metropolitane '(. di Alberto Aquarone Al punto in cui siamo giunti, dovrebbe ormai apparire chiara a tutti l'insufficienza del presente sistema di governo locale in genere e dei particolari istituti amministrativi che vi si riferiscono, quando si tratti di far fronte a·gli innumerevoli, complessi e sostanzialmente del tutto nuovi problemi posti dalla nascita e dal continuo processo di espansione delle comunità metropolitane. Problemi nuovi, si è detto, in quanto è fuor di dubbio che non si tratta di t1n semplice fenomeno di accrescimento quantitativo, ma di una trasforn1azione qualitativa di strutture demografiche, sociali, economiche, urbanistiche e tecnologiche, cui non l1a corrisposto finora un parallelo processo di assestamento delle strutture amministrative. Questa persistente sfasatura fra ordina1nenti amministrativi ed effettiva situazione demografica, economica, sociale - ed urbanistica, è da attribuirsi in larga misura proprio al fatto che non ci si è ancora decisi, in linea generale, a prendere atto del carattere di novità radicale e profonda che le comunità metropolitane rappresentano ormai in tutti i paesi più progrediti, traendone quindi co., raggiosamente tutte le conseguenze che ne derivano, per attardarsi invece in vani combattimenti di retroguardia, vale a dire in tentativi, votati al fallimento, di fronteggiare problemi che non hanno precedenti nella storia della vita associata degli uomini con metodi e formule tra- · 0 L'amico Aquarone sta preparando uno studio sulle aree metropolitane in Italia. Di tale studio - che fra non molto uscirà in volume presso l'Editore Zanichelli, col titolo Grande città e area metropolitana in Italia - offriamo qui una interessante anticipazione. 21 • Bibliotecagnobianco

dizionali. <e Conservare il concetto di ' città' - l1a osservato sia pur un po' troppo impetuosamente il Gutkin,d - e attendersi da timide riforme un rinnovamento della vita cittadina è l'ultimo residuo, l'ultima perversione della concezione originaria della civiltà urbana. Dobbiamo cominciare di nuovo, come fecero i primi costruttori di città che aprirono un nuovo capitolo nella storia dell'umanità. La continuità è ormai un peso, un ostacolo che ci impedisce di procedere verso nuovi modi di vita, che minaccia la nostra stessa esistenza. Dobbiamo partire da capo, e con le materie prime delle esigenze e delle aspira-zioni fondamentali dell'umanità dobbiamo creare valori totalmente diversi e una totalmente diversa concezione dell'ambiente e dell'esistenza» 1. Questa invocazione, portata fino all'estremo, di valori totalmente nuovi e di una del tt1tto diversa· concezione dell'ambiente e dell'esistenza, è sotto molti aspetti poco persuasiva: ma è proprio al fine di salvare i valori tradizionali del concetto di cc città », che sono irrinunciabili in quanto uno dei fondamenti primi della civiltà umana come la intendiamo e come ormai non possiamo non intenderla, che si rende necessario operare coraggiosamente qt1ella trasformazione radicale delle grandi comunità urbane alla quale il Gutkind esorta. Dal pu11to di vista più strettamente amministrativo, che qui in modo pai-ticolare interessa, è ovvia l'impossibilità per il comune di una grande città, circondato da una miriade di comuni piccoli e medi, aventi ognuno i propri interessi ed il proprio egoismo particolaristico da soddisfare con una politica amministrativa del tutto autonoma e priva di qualsiasi coordinamento con quella delle amministrazioni vicine, di esplicare fruttuosamente la sua funzione direttiva nell' ambjto dell'area metropolitana di cui è il centro e di offrire il suo contributo determinante alla soluzione dei problemi economici, sociali, amministrativi ed urbanistici di quest'ultima. Soluzione che non sarà mai raggit1ngibile né affidando al comune capoluogo poteri di assoluta preminenza st1 quelli vicini, né lasciando mano libera all'iniziativa anarchica e disorganizzata di tutti i singoli centri dell'area metropolitana, ma che potrà diventare una possibilità concreta solo grazie all'azione unitaria e coordinatrice di un'unica autorità sopracomunale, in grado di elaborare ed attuare un organico e coerente programma di sviluppo per tutta ·1a zona, tenendo conto delle prospettive future ancl1e non immediate. 1 E. A. GuTKIND, L'ambiente in espansione. La fine della città. Il sorgere delle comunità, trad. it., Milano 1955, p. 23. 22 Bibli~tecaginobianco

« Sino a oggi - ha rilevato Levvis Mumford - la esplosione urbana ha gravato le autorità locali di compiti pressoché impossibili, che · che non c'è modo di eseguire anche se pro,vveduti delle più raffinate I abilità amministrative finché gli organi del governo municipale rimangono confinati entro le tradizionali funzioni e nelle vecchie aree. Dovrebbe essere chiaro, oran1ai, che i problemi sollevati dalla ' esplosione urbana'. non si risolvono nell'ambito delle città, o tramite uffici e funzioni esclusivamente municipali, anche se quella arecr metropolitana è tanto potente e così ben governata come la contea di Londra » 2 • E non si tratta soltanto, si badi bene, di un mero problema di coordinamento, risolubile sul piano dei contatti, delle intese, dei comitati misti fra' i vari comuni di un'area metropolitana, ed in particolare fra il comune capoluogo e gli altri. Per molti di questi ultimi, per i più "' poveri, i più piccoli, amministrati in maniera per così dire artigianale, si tratta ancora della concreta impossibilità di assolvere i compiti che loro imporrebbero lo sviluppo dell'area metropolitana in genera·le e la loro stessa crescita demografica ed edilizia in particolare. Quest'ultima, infatti, rende a sua volta necessaria la creazione ex ·novo, o per lo meno il potenziamento, di tutta una serie di servizi pubblici indispensabili i quali pongono problemi tecnici e finanziari di prima grandezza; tutto ciò significa infatti nuove strade, fognature, scuole, servizi assistenziali e così via, insomma tutto un multiforme complesso di esigenze, prjma sconosciute o meno urgenti, alle quali il più delle volte i comuni metropolitani, sopra tutto quando non sia110 già altamente industrializzati, non sono in grado da soli di far fronte in maniera adegu·ata 3 • Si far2 L. MuMFORD, La nascita della città regionale, in « Comunità», dicembre 1957, p. 74. Cfr. pure in proposito V. JoNES, Metropolitan government, Chicago 1942, p. 52 e W. A. RoBSON, The great city of today, in Great citiesi of the tvorld. Their government, politics and planning, 28 ed., London 1957, p. 62 e ss. 3 È da tener ben presente, a questo riguardo, che l'incapacità materiale di molti comuni a far fronte ai più urgenti problemi dello sviluppo metropolitano si man ifesta pure nelle aree co1nplessivamente più prospere, come ad esempio quella di Milano. Significative su questo punto le considerazioni svolte dal Chiodi in occasion e del primo convegno di studi per la « Provincia Ambrosiana » : « A chi percorre la campagna che circonda entro un largo raggio la nostra città si offre lo spettaco lo di una intensa fabbricazione residenziale minore tutta sorta nell'ulthno decenni o. Lo spettacolo è confortante come indice di spirito di iniziativa, di operosa attività, di cresciuto benessere nel nostro contado, ma lascia il rammarico della considerazione di come meglio si sarebbero potuti investire quei sudati risparmi se più atte nte e illuminate direttive delle autorità comunali locali, e, in loro difetto, di un ente supe23 Bibliotecaginobianco I

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